Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca
Istituto Professionale di Stato
PER I SERVIZI COMMERCIALI, TURISTICI E SOCIALI "L. MILANI" di MEDA (MB)
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LA PSICOLOGIA
NELLA VITA QUOTIDIANA
(CAPITOLI 1 – 7 )
TESTO SEMPLIFICATO
AD USO DEGLI STUDENTI STRANIERI
A cura di
LAURA POZZI (capitoli 1-2-3-4-5-7)
ADRIANA SPADA (capitolo 6)
Sede Centrale: Via Como, 11 – 20821 MEDA - Tel. 0362/70718-74508 – Tfax
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1
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INDICE
Capitolo 1:
PSICOLOGIA: SCIENZA DELL’UOMO
-
Siamo tutti un po’ psicologi pag. 1
Come è nata la psicologia pag. 3
La psicologia: definizione pag. 5
I tre temi filosofici della psicologia pag. 8
Gli scopi della psicologia pag. 15
I metodi della psicologia pag. 19
Distinguiamo pag. 25
Capitolo 2 :
PERCEZIONE: IL CONTATTO CON IL MONDO ESTERNO
-
Cos’è la percezione pag. 26
Leggi della Gestalt pag. 27
Le illusioni ottiche pag. 30
La costanza percettiva pag. 31
La percezione del movimento pag. 33
La lettura pag. 34
Le proprietà fisionomiche pag. 35
2
Capitolo 3:
ATTENZIONE: QUANDO LA PERCEZIONE E’ MESSA A
FUOCO
L’attenzione pag. 37
Benefici derivanti dallo stare attenti pag. 39
Quando l’attenzione è carente pag. 39
-
Capitolo 4:
APPRENDIMENTO: COME CAMBIAMO CON L’ESPERIENZA
-
L’apprendimento pag. 42
Ci sono quattro tipi di apprendimento pag. 43
L’apprendimento casuale pag. 44
L’apprendimento per modellamento pag. 45
L’apprendimento dovuto a condizionamento classico pag. 46
L’apprendimento per tentativi ed errori pag. 49
L’apprendimento per condizionamento operante pag. 51
L’apprendimento cognitivo pag. 54
Apprendere ad apprendere pag. 56
Capitolo 5:
MEMORIA: COSE RICORDATE, COSE DIMENTICATE
-
La memoria pag. 58
Ebbinghaus pag. 59
Vari tipi di memoria pag. 61
Memoria a brevissimo, a breve, a lungo termine pag. 62
Memoria episodica e semantica pag. 64
Modificazioni della memoria con il passare del tempo pag. 65
Modificazioni quantitative della memoria (dimenticanza quantitativa)
Modificazioni qualitative della memoria pag. 70
3
pag. 66
Capitolo 6:
LINGUAGGIO E PENSIERO: L’ARTE DI COMUNICARE E DI
RAGIONARE
-
Come facciamo a conoscere e a comunicare? pag. 75
I simboli pag. 75
Il linguaggio pag. 77
Il linguaggio degli animali pag.78
Il linguaggio umano pag. 79
Il linguaggio è un insieme di parole e di strutture grammaticali pag. 80
Il linguaggio del corpo pag. 80
La comprensione del linguaggio pag.81
L’uso della forma negativa pag.83
L’uso della forma passiva pag.85
La presenza di ambiguità pag. 86
I concetti pag. 86
Il pensiero pag. 89
La risoluzione dei problemi pag. 92
La creatività pag. 97
L’intelligenza pag. 101
Come misurare l’intelligenza pag. 103
Capitolo 7:
PENSIERO E LINGUAGGIO: IL DELICATO CAMMINO DELLO
SVILUPPO
-
Pensiero e linguaggio pag. 104
Come il bambino arriva a comprendere il mondo pag. 105
Le fasi dello sviluppo intellettivo pag. 109
Fase senso-motoria pag. 109
Fase pre-operatoria pag. 112
I limiti del pensiero nella fase pre-operatoria pag. 115
Fase delle operazioni concrete pag. 119
Fase delle operazioni formali pag. 124
Le fasi dello sviluppo cognitivo pag. 125
Gli stili cognitivi nel pensiero del bambino pag. 128
Lo sviluppo del linguaggio pag. 131
Fase non verbale pag. 131
Fase del linguaggio infantile pag. 132
Fase del linguaggio vero e proprio pag. 133
Pensiero e linguaggio pag. 133
4
INTRODUZIONE
Agli insegnanti
Questo lavoro è stato prodotto per facilitare lo studio della psicologia agli
studenti stranieri che frequentano il primo anno dell’indirizzo sociale.
Il lavoro di semplificazione è stato svolto a partire dal libro di testo in
adozione in tutte le classi prime dell’Istituto:
M. Farnè , F.L. Sacco - La psicologia nella vita quotidiana, Ed. Zanichelli.
Essendo la semplificazione legata ai concetti principali, non è da intendersi
come strumento sostitutivo, ma come supporto integrante al libro di testo.
Meda, giugno 2003
5
CAPITOLO 1°:
PSICOLOGIA: SCIENZA DELL’UOMO
SIAMO TUTTI UN PO’ PSICOLOGI
Noi facciamo sempre PSICOLOGIA.
Tutte le volte che noi cerchiamo di capire e di spiegare il comportamento di
una persona, facciamo psicologia.
Cosa è la psicologia?
La psicologia è la scienza che studia il comportamento dell’uomo.
La psicologia ci permette di conoscere meglio gli altri e noi stessi.
Conoscere noi stessi non è facile, ma è importante per adattarci alla realtà, al
mondo che ci circonda.
Adattarsi significa essere capaci di adeguarsi alle situazioni; significa avere la
capacità di risolvere i problemi che ogni giorno si presentano.
Chi non riesce a risolvere i problemi di ogni giorno e fa fatica ad accettare le
situazioni è disadattato.
Verifichiamo se hai capito:
La psicologia
è la scienza che studia la realtà
è la scienza che studia il comportamento dell’uomo
è una storia da raccontare
Una persona è adattata quando
sa parlare bene
sa ascoltare molto
sa risolvere i problemi della vita di ogni giorno
1
Una persona è disadattata quando
dimentica ciò che deve fare
non riesce a risolvere i problemi di matematica
non riesce a risolvere i problemi di tutti i giorni
2
COME E’ NATA LA PSICOLOGIA
La psicologia, in generale, è sempre esistita perché da sempre gli uomini
hanno cercato di capire e di spiegare i loro comportamenti.
La psicologia però è diventata scienza nel 1879 quando lo studioso Wundt ha
osservato i comportamenti dell’uomo utilizzando il metodo scientifico.
Significa che Wundt ha osservato il comportamento dell’uomo in modo
sistematico, preciso, rigoroso.
La parola psicologia deriva da psiche.
Psiche è la parola che Aristotele ( antico filosofo) ha usato per indicare
l’anima.
L’anima è quella parte dell’uomo che non riguarda il corpo; l’anima riguarda
la mente e lo spirito.
Oggi, questo modo di considerare la psiche ( mente e spirito = anima) è
cambiato: oggi la psiche riguarda solo la mente.
L’aspetto dello spirito è lasciato alla religione.
Verifichiamo se hai capito:
La psicologia (in generale)
è sempre esistita
non è mai esistita
è stata inventata
La psicologia è diventata scienza
quando Wundt ha scritto dei libri di psicologia
quando Wundt ha osservato il comportamento dell’uomo in modo
sistematico
quando Wundt ha usato la parola psiche
3
La parola psicologia deriva da
pepsi – cola
psiche
psora
La parola psiche è stata usata da Aristotele per indicare
il corpo
l’anima
il cervello
Oggi la parola psiche viene utilizzata per indicare
l’anima
la mente
lo spirito
4
LA PSICOLOGIA: DEFINIZIONE
La psicologia è la scienza che studia il comportamento dell’uomo.
scienza
comportamento
uomo
sono tre parole chiave (importanti, significative) per capire bene la psicologia.
* Quando diciamo che la psicologia è una scienza, vogliamo far capire che
tutto ciò che si afferma (che si dice, che si sostiene) è stato sottoposto a delle
ricerche per verificare che è vero.
Una affermazione è vera quando segue la regola della ripetibilità.
Questo significa che una ricerca è scientifica solo se può essere ripetuta da
altri studiosi (scienziati), con gli stessi metodi, in altre parti del mondo e i
risultati possono essere confermati, ossia possono essere uguali.
* Il comportamento è l’attività dell’uomo in risposta a quanto succede ogni
giorno.
Ogni persona ha un proprio modo d’agire, di comportarsi. Per questo motivo,
di fronte ad una stessa situazione si possono assumere comportamenti
differenti.
Prova a riflettere: se tu e il tuo amico perdete i soldi che vi servono per
comprare la merenda, vi comportate allo stesso modo?
Forse sì, forse no.
Forse tu rinunci alla merenda, mentre il tuo compagno chiede dei soldi in
prestito; oppure può succedere il contrario.
Il comportamento è personale ed è legato a come si agisce (a ciò che si fa)
nelle situazioni di ogni giorno.
*L’uomo è l’oggetto di studio della psicologia, anche se delle volte si
studia pure il comportamento degli animali per fare un confronto, un
paragone.
Devi sapere poi che la psicologia si divide in:
5
a) psicologia sperimentale che si occupa di fare esperimenti che
riguardano l’uomo, nei laboratori scientifici.
b) psicologia applicata che si occupa di applicare (= mettere in pratica,
in atto) alla vita di tutti i giorni i risultati delle ricerche fatte nei
laboratori scientifici.
Un esempio: in laboratorio si fanno ricerche sulla memoria (= psicologia
sperimentale), nella vita di tutti i giorni gli studenti possono utilizzare i
metodi trovati in laboratorio che permettono di migliorare la memoria
(=psicologia applicata).
Verifichiamo se hai capito
La psicologia è la scienza che studia
il mondo che ci circonda
il comportamento dell’uomo
ciò che accade
La psicologia è una scienza perché
tutto ciò che si afferma è verificato
tutto ciò che si afferma è immaginato
tutto ciò che afferma è pensato
Nella scienza, la “regola della ripetibilità” consente
di ripetere sui libri ciò che si è appreso
di ripetere a memoria, in tutto il mondo, ciò che si è scoperto
di ripetere lo stesso esperimento, con lo stesso metodo, per ottenere gli stessi
risultati.
Il comportamento è
Un tipo di attività particolare
l’attività dell’uomo in risposta a quanto succede ogni giorno
l’attività che si fa nel tempo libero
6
L’uomo è
l’oggetto di studio della matematica
l’oggetto di studio della psicologia
l’oggetto di studio della storia
La psicologia sperimentale si occupa di
pubblicare libri di psicologia
trovare formule scientifiche
fare esperimenti che riguardano l’uomo, nei laboratori scientifici
La psicologia applicata si occupa di
utilizzare nella vita di tutti i giorni i risultati delle ricerche sull’uomo fatte nei
laboratori
di mettere etichette alle persone
di scrivere i risultati delle ricerche di laboratorio
7
I TRE TEMI FILOSOFICI DELLA PSICOLOGIA
Abbiamo detto che la psicologia (senza essere scienza) è sempre esistita
perché sempre gli uomini hanno cercato di capire, di spiegare i
comportamenti.
Devi sapere che nei tempi antichi tutto ciò che era parte del pensiero
dell’uomo (osservazioni, indagini, riflessioni, intuizioni …) faceva parte della
filosofia.
Filosofia, come abbiamo già detto, significa “amore per il sapere”.
Così anche la psicologia, come tante altre materie (=discipline), faceva parte
della filosofia.
Se ti piace il paragone, possiamo dire che la filosofia è la “mamma” della
Psicologia
Verifichiamo se hai capito.
La psicologia (senza essere scienza) è sempre esistita perché
agli uomini è sempre piaciuta la psicologia
gli uomini non hanno mai cercato di capire e di spiegare i comportamenti
gli uomini hanno sempre cercato di capire e di spiegare i comportamenti
La psicologia ha le sue radici, le sue origini
nell’archeologia
nella filosofia
nella teologia
La filosofia è
espressione del pensiero, amore per il sapere
studio della filatura
ricerca della pietra filosofale
8
Ci sono tre temi (= argomenti) importanti che la psicologia studia in modo
scientifico che hanno la loro origine nella filosofia (=nascono dalla filosofia)
Questi tre temi filosofici riguardano:
1- libero arbitrio/determinismo.
Dobbiamo chiederci: l’uomo è dotato di libero arbitrio, ossia è libero nella sua
volontà di decidere, o il suo comportamento è determinato da fattori
(=elementi) che sfuggono alla sua volontà?
Considera (tieni presente) che:
* il principio del determinismo sostiene che tutte le cose hanno una causa.
Dunque, anche il comportamento dell’uomo è il risultato di elementi genetici
(= ciò che noi siamo per natura, perché siamo nati così), di esperienze avute
in passato e di fattori che provengono dall’ambiente in cui viviamo.
* il principio del libero arbitrio (= libertà di decidere, di scegliere) sostiene
che noi siamo liberi di comportarci come vogliamo e siamo responsabili del
nostro comportamento.
Tu cosa pensi?
Ritieni che il comportamento dipende da ciascuno di noi, o è influenzato
(= condizionato, determinato) da fattori che provengono dall’esperienza
passata, oppure da stimoli (= fattori) che provengono dall’ambiente che ci
circonda?
In generale noi pensiamo che il nostro comportamento sia (=è) libero,
che abbiamo cioè la libertà di fare scelte consapevoli e che di queste scelte
siamo responsabili.
Non dobbiamo dimenticare, tuttavia, che molte nostre scelte sono
condizionate, determinate dalle esperienze passate o da fattori esterni.
Ad esempio: sei tu che decidi se impegnarti o no nello studio scolastico e sei
quindi responsabile del tuo successo. (libero arbitrio)
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Se, invece, tu hai paura dei cani perché quando eri piccolo un cane ti ha
morsicato, ecco, la tua paura non dipende dalla tua volontà, non è una tua
scelta.
La tua paura è determinata dall’esperienza passata. (determinismo)
Verifichiamo se hai capito
Libero arbitrio/determinismo è
un tema di italiano
un tema filosofico
uno sport
Determinismo è:
un principio che si riferisce a una scommessa
il nome di un detersivo
un principio che sostiene che tutte le cose hanno una causa
In generale si ritiene che nell’uomo
c’è solo il libero arbitrio
c’è solo il determinismo
c’è sia il libero arbitrio sia il determinismo
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2 – Psiche / soma
(Ricorda che “psiche” é la mente e “soma” è il corpo”).
Noi dobbiamo chiederci: “La mente e il corpo sono due cose separate, oppure
la mente e il corpo formano una cosa sola?”.
La concezione (=l’idea, il pensiero) che considera la mente e il corpo come
due cose separate, si chiama dualismo.
La concezione che considera la mente e il corpo come una cosa sola si chiama
monismo.
Oggi gli psicologi sostengono che l’uomo è una unità (= una cosa sola) e che
quindi è sbagliato separare mente e corpo.
Prova a riflettere:
- se sei costretto a rimanere in casa perché hai rotto una gamba (corpo),
non pensi che anche la tua mente (psiche) soffra?
Probabilmente ti senti nervoso, irrequieto e ti arrabbi più facilmente.
Oppure:
- se sei contento (psiche) perché hai appena incontrato la persona che
ami, il tuo cuore (corpo) non batte più velocemente?
Questo dimostra che la mente e il corpo sono un insieme inscindibile, cioè che
non si può separare.
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Verifichiamo se hai capito :
Il “dualismo” è la concezione che considera mente e corpo
separati
uniti
lontani
Il “monismo” è la concezione che considera mente e corpo
separati
uniti
vicini
Oggi gli psicologi ritengono che psiche e soma
sono un insieme inscindibile
si possono separare
sono indifferentemente uniti o separati
3 - Natura / educazione
I filosofi ieri ( ma anche gli psicologi oggi), si sono fatti questa domanda:
“Ogni individuo diventa ciò che è perché per natura è destinato a diventare
così oppure è il risultato dell’educazione che riceve?”.
Per natura noi intendiamo tutto ciò che la persona eredita dai genitori, ossia
tutto ciò che fa parte del suo patrimonio genetico.
Il patrimonio genetico si acquisisce al momento del concepimento, ossia
prima della nascita.
Per educazione noi intendiamo tutto ciò che la persona riceve dall’ambiente
dove vive, ossia tutto ciò che impara grazie alla famiglia, alla scuola e a tutto
ciò che ci circonda ( cultura, televisione, esperienza...).
L’educazione comincia dopo che è iniziata la vita.
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La maggior parte degli psicologi è d’accordo che natura ed educazione sono
importanti nella stessa misura perché:
- la natura ci fornisce le potenzialità, le capacità, le doti per imparare.
- è grazie all’educazione, all’allenamento, all’apprendimento che
possiamo sviluppare in misura diversa le capacità che abbiamo dalla
nascita.
Il ricercatore William Greenough (USA) ha studiato i topolini di una stessa
figliata, (ossia tutti nati assieme da una stessa mamma) e che avevano dunque
lo stesso patrimonio genetico.
Ai fini dell’esperimento questo significa che tutti i topolini avevano, per
nascita, le stesse capacità.
I topolini sono stati divisi in tre parti. Ogni parte di topolini doveva fare
esperienze diverse:
- i primi topolini sono stati messi in gabbiette vuote, senza oggetti e da
soli (= senza stimoli)
- i secondi topolini sono stati messi in gabbiette vuote, senza oggetti, ma
uniti a piccoli gruppi (= pochi stimoli)
- gli altri topolini sono stati messi in gruppi di 10-12 in una gabbia
spaziosa che conteneva anche oggetti per giocare (= molti stimoli)
Dopo trenta giorni in queste condizioni, i risultati nel comportamento
erano molto diversi.
Sai dire qual è il gruppo che si mostrava più intelligente?
Sicuramente hai risposto che il gruppo che si dimostrava più intelligente era il
terzo, e hai ragione.
Anche la corteccia cerebrale (= la parte del cervello dove ha sede la ragione)
era più spessa (= più robusta), le cellule erano più grosse e funzionavano
meglio.
Tutto questo cosa ci dice?
Ci dice che il patrimonio genetico (=natura) è importante per le potenzialità
(=capacità), ma ci dice anche che queste potenzialità, per svilupparsi bene,
hanno bisogno di un ambiente ricco di stimoli (=educazione).
Quando noi parliamo di educazione e di ambiente, non dobbiamo dimenticare
di tenere presente la cultura. Perché?
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Perché la cultura ( o fattori culturali) è tra le cause più importanti del nostro
comportamento.
Cos’è la cultura?
La cultura è l’insieme degli usi, dei costumi, delle credenze, delle regole,
delle istituzioni e di tutto ciò che una società produce e che trasmette ai figli
(= ciò che si trasmette di generazione in generazione).
Perché dunque non possiamo dimenticare la cultura? Perché i fattori culturali
modellano il nostro comportamento …
…pensi che i comportamenti di un bambino che nasce in Africa siano uguali a
quelli di un bambino che nasce in Europa?
Verifichiamo se hai capito
Per “natura”, in psicologia, noi intendiamo
ciò che si eredita dai genitori e costituisce il patrimonio genetico
l’insieme di tutto ciò che ci circonda
ciò che fa parte della vegetazione
Per educazione, in psicologia, noi intendiamo
tutto ciò che la persona riceve dai genitori come patrimonio genetico
tutti gli stimoli che la persona riceve dall’ambiente dove vive
l’insieme delle belle maniere, del comportamento corretto.
Sulla base di quanto noi abbiamo detto, quando parliamo di educazione non
possiamo dimenticare
le belle maniere di comportamento
la cultura (fattori culturali)
l’uso dei premi e dei castighi
Per “cultura”, in psicologia, noi intendiamo
l’insieme dei fattori che provengono dall’ambiente in cui si vive (usi,
costumi, regole, istituzioni)
l’insieme delle conoscenze che noi acquisiamo studiando sui libri
l’insieme delle conoscenze che ci vengono insegnate a scuola.
La cultura (fattori culturali, ambiente culturale) è importante perché
contribuisce
a migliorare le conoscenze
a rendere le persone più intelligenti
a modellare il comportamenti
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GLI SCOPI DELLA PSICOLOGIA
Gli scopi della psicologia sono di due tipi:
1) scopi scientifici
Abbiamo detto che la psicologia è una scienza e, in quanto tale, ha le regole e
gli scopi della scienza.
Ogni scienza vuole descrivere e spiegare i fenomeni (ciò che succede nella
realtà).
La scienza vuole poi utilizzare i risultati delle sue ricerche e dei suoi
esperimenti per metterli in pratica (=applicarli)
Anche la psicologia vuole descrivere e spiegare i fenomeni psichici legati al
comportamento umano.
Vediamo cosa fa lo psicologo:
* nella prima fase del suo lavoro lo psicologo si pone queste domande:
“ Come si presenta questo fenomeno? Questa situazione?”
“Quali sono le sue caratteristiche?”
Lo psicologo raccoglie tutti i dati (= gli elementi della situazione) che sono
informazioni vere che emergono dalle sue osservazioni e riferisce con
precisione quanto vede.
Questo significa che lo psicologo “descrive” in modo oggettivo (quindi
senza fare interpretazioni) la situazione, ossia dice le cose come le vede lui
e come le possono vedere tutti.
Se, ad esempio, lo psicologo deve descrivere il comportamento di uno
studente, cosa fa?
Lo osserva e dice che vede lo studente ansioso, irrequieto, teso, che fa
fatica a rispondere in maniera corretta alle domande dell’insegnante, ecc.
E’ importante per lo psicologo fornire un quadro preciso, fedele, di ciò che
ha di fronte.
* Nella seconda fase del suo lavoro, lo psicologo vuole spiegare e si pone
queste domande:
“ Perché avviene questo fenomeno?” “Come può essere spiegato?”
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Lo psicologo dunque, per spiegare, fa delle supposizioni ragionevoli che si
basano (si fondano) su elementi accertati (N.B. le supposizioni sono le
ipotesi).
L’ipotesi è importante per organizzare le ricerche (o gli esperimenti).
Lo psicologo, successivamente, raccoglie tutti i dati della ricerca o
dell’esperimento e poi li analizza.
Può accadere che i dati confermino l’ipotesi oppure che i dati la smentiscano.
Se l’ipotesi viene smentita perché non era giusta, occorre riformulare una
nuova ipotesi.
Ecco l’esempio:
Ritengo che i topolini allevati in condizioni ricche
di stimoli diventino più vivaci e intelligenti
SI FORMULA UN’IPOTESI
Tre gruppi di topolini sono allevati con gradi
diversi di stimolazioni: da quello più ricco di
oggetti e di giochi ai più disadorno
SI ORGANIZZA UN ESPERIMENTO
Dopo tre mesi di questa esperienza si misurano la
vivacità e l’intelligenza nei topolini dei tre gruppi
SI RÀCCOLGONO I DATI
I calcoli statistici fanno concludere che c’è un
chiaro rapporto tra stimolazioni ambientali e
comportamento dei topolini
SI ANALIZZANO I DATI E
SI GIUNGE ALLA CONCLUSIONE
L’IPOTESI È CONFERMATA
È vero: i topolini allevati in condizioni ricche di
stimoli diventano più vivaci e intelligenti
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Verifichiamo se hai capito:
Gli scopi scientifici della psicologia sono:
fare ricerche sulle persone
raccogliere dati sulle persone
descrivere e spiegare i comportamenti
Per descrivere una situazione comportamentale (o fenomeno) occorre
raccogliere
tutti i dati (=informazioni vere) e riferire con precisione
tutte le impressioni che si hanno della situazione
tutte le notizie sulla salute delle persone
Per spiegare un comportamento (o un fenomeno psichico) occorre
fare delle supposizioni (ipotesi)
fare delle supposizioni (ipotesi) e verificarle attraverso la raccolta dei dati
organizzare degli incontri
2) scopi pratici e applicativi
La psicologia non si accontenta di descrivere e spiegare i fenomeni, vuole che
i risultati delle sue ricerche possano essere utilizzati da chi ne ha bisogno.
In modo particolare i risultati delle ricerche possono servire per
prevedere certi comportamenti, ossia cosa può succedere in certe
situazioni. Per prevedere un comportamento è importante scoprire i
rapporti o i collegamenti che ci sono tra due fenomeni.
Ad esempio, se noi sappiamo dalle ricerche che l’aggressività è la risposta
ad una frustrazione (= situazione che non soddisfa, che impedisce di fare
qualcosa), possiamo prevedere che una persona frustrata sarà aggressiva.
controllare il comportamento: questo significa riconoscere quali sono
le situazioni che favoriscono un buon comportamento e quali sono le
situazioni che invece portano a cattivi comportamenti.
Controllare il comportamento significa portare la persona
all’autocontrollo.
L’autocontrollo è la capacità di decisione e di dominio, fondata sulla forza
di volontà, che permette all’individuo di controllare emozioni, pensieri e
impulsi.
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Verifichiamo se hai capito:
La previsione del comportamento è per la psicologia uno scopo:
scientifico
pratico – applicativo
economico
Per prevedere un comportamento è necessario:
scoprire i rapporti e i collegamenti tra due fenomeni
sapere come funziona la mente
sapere come funziona il corpo
Controllare il comportamento è uno scopo della
psicologia scientifica
psicologia applicata
psicologia cognitiva
Il controllo del comportamento viene raggiunto dallo psicologo:
guidando la persona verso un maggior autocontrollo
guidando la persona verso l’istruzione
guidando la persona verso l’autodifesa
3) migliorare la qualità della vita
Gli psicologi applicano la loro scienza anche al progresso della vita umana.
Non vi sono allora solo gli psicoterapeuti che curano coloro che hanno dei
problemi comportamentali. Vi sono anche degli psicologi che collaborano con
gli architetti (che progettano case, quartieri a misura di persona); vi sono
psicologi che collaborano con i pedagogisti per creare programmi di
insegnamento più validi; vi sono psicologi che collaborano con i medici al
fine di educare le persone alla prevenzione delle malattie, ed altro ancora…
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Verifichiamo se hai capito
Migliorare la qualità della vita è uno scopo della:
psicologia scientifica
psicologia applicata
psicologia dinamica
Per migliorare la qualità della vita gli psicologi
studiano le pubblicazioni di tutte le discipline
collaborano con architetti, urbanisti, pedagogisti …
studiano come rendere felice la gente
I METODI DELLA PSICOLOGIA
Il metodo base di ogni scienza, e quindi anche della psicologia è
l’osservazione.
L’osservazione è un esame sistematico ( ossia rigoroso, preciso, costante)
di un comportamento allo scopo di acquisire nuove conoscenze.
L’insieme di tutti i soggetti (= individui, persone) il cui comportamento
interessa allo psicologo si chiama universo.
Un universo può comprendere ad esempio tutti i bambini che frequentano la
scuola materna quando si trovano di fronte ad un problema, oppure tutti gli
anziani che vivono nelle case di riposo e che vivono in determinate
condizioni.
Per motivi di tempo e di soldi non è possibile estendere l’osservazione a tutto
l’universo.
Così nella pratica è sufficiente studiare un campione, ossia un numero limitato
di soggetti che fanno parte dell’universo che si intende studiare.
Il campione deve rappresentare fedelmente l’universo, così che poi con i
risultati ottenuti si può generalizzare.
Esistono altri metodi importanti che sono:
a) il colloquio: è una forma di conversazione tra lo psicologo e una
persona che può essere “oggetto di studio” o “paziente”.
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Il colloquio viene utilizzato per la raccolta di dati, ossia per avere tutte le
informazioni utili sulla persona studiata ( ad es. i suoi rapporti familiari e
sociali, le sue attività, i suoi interessi, le sue opinioni, i suoi atteggiamenti
…)
A volte il colloquio è libero e non si seguono schemi stabiliti prima:
psicologo e paziente parlano come si parla durante una conversazione.
Altre volte il colloquio è a domande chiuse.
Diciamo che una domanda è chiusa quando le risposte che si possono dare
sono poche.
Facciamo un esempio:
Se chiedo: “Cosa pensi di questa scuola?” – questa è una domanda aperta
perché puoi dire ciò che vuoi.
Se chiedo: “ Pensi che questa scuola funzioni bene?”- questa è una
domanda chiusa perché puoi rispondere solo con un sì, con un no, oppure
con un “non so”.
Il colloquio è il metodo di base utilizzato dallo psicologo per curare il
paziente (= psicoterapia); attraverso il colloquio in paziente può scaricare
(liberare) le emozioni e le tensioni.
Lo psicologo sa che per capire il problema del paziente non sono
importanti solo le parole che il paziente dice ( tutto ciò che il paziente
racconta).
Lo psicologo sa che è importante osservare come il paziente racconta:
com’è l’espressione del suo volto, se fa dei gesti, se parla in modo lento o
in modo veloce, se deve far delle pause per riflettere, se dice le cose in
modo logico… )
b) l’esperimento: serve a dire se un’ipotesi (una supposizione) è giusta o è
sbagliata.
Cosa si fa con l’esperimento?
Con l’esperimento si fanno delle prove, dei test.
(E’ come dire: “ Queste sono le prove che dimostrano che quello che
voglio dire è vero”)
Facciamo un esempio:
Voglio dimostrare (=esperimento) che troppe emozioni e troppi problemi
fanno diminuire le difese del nostro corpo (= ipotesi).
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Ecco l’esperimento:
L’esperimento è stato eseguito all’Università di Bologna.
Si è analizzato un alto numero di studenti. Questi studenti sono stati sottoposti
a tre test e a un esame di laboratorio.
Il primo test serviva a misurare i problemi e i grattacapi (= fastidi,
preoccupazioni) che potevano causare stress agli studenti: per esempio
studiare in un ambiente rumoroso, correre per essere puntuali alle lezioni, non
riposare abbastanza, sostenere gli esami, assistere a lezioni noiose.
Il secondo e il terzo test servivano a misurare l’umore (irrequietezza, sfiducia,
noia, ansia) e i disturbi organici (disturbi del corpo) che si possono avere in
seguito a troppe tensioni e a troppi problemi. ( palpitazioni, sudorazione
abbondante, mal di testa ecc.). Gli stati di umore e i disturbi del corpo, di
solito sono dei segnali (= dei campanelli d’allarme) di uno stress eccessivo (=
esagerato).
L’esame di laboratorio, poi serviva a misurare, nella saliva
l’immunoglobulina A (che è una componente delle difese immunitarie e serve
a difenderci dalle infezioni nella bocca e nella gola).
Cosa hanno dimostrato i risultati?
I risultati hanno dimostrato che quanto più una persona incontra problemi,
tanto più numerosi sono i campanelli d’allarme. Tanto più numerosi sono i
campanelli d’allarme, tanto più basso è il livello delle difese immunitarie.
In genere l’esperimento ha due scopi:
1) verificare che l’ipotesi è vera (e questo l’abbiamo già detto)
verificare se, cambiando la situazione che c’è all’inizio ( nel caso
dell’esperimento erano le troppe emozioni e i troppi problemi), cambia anche
l’altra situazione che è collegata (nel caso dell’esperimento era la diminuzione
delle difese del nostro corpo).
La prima situazione, quella iniziale, in psicologia, si chiama variabile
indipendente e corrisponde al “soggetto” (=ciò di cui si parla) dello studio:
troppe emozioni, troppi problemi.
L’altra situazione si chiama variabile dipendente e corrisponde all’oggetto
dello studio: la diminuzione delle difese dell’organismo (=del corpo).
21
c) il test : è un metodo scientifico che analizza e misura uno o più
comportamenti dell’individuo.
La parola “test” è inglese e significa “prova”.
I test, che sono molti, possono essere raggruppati in due grandi categorie:
1) test di capacità che misurano l’intelligenza e le abilità
2) test di personalità
Ecco la tabella di riferimento:
test di capacità
a) Intelligenza globale
b) aspetti specifici dell’intelligenza (memoria, attenzione, formazione di concetti,
ragionamento verbale e astratto ecc.)
c) capacità o attitudini specifiche (funzioni sensoriali o motorie; attitudine meccanica,
artistica, linguistica, musicale, creativa, per lavori di ufficio, ecc.)
test di personalità
a) misure degli interessi (per diversi tipi di corsi di studio, di lavoro, di attività varie, di
svago ecc.) e degli atteggiamenti (nei riguardi di un gruppo nazionale o razziale o
religioso, di un’istituzione, di una linea politica, di un prodotto del mercato, ecc.)
b) test proiettivi personalità globale o suoi aspetti specifici (senso dell’umorismo,
estroversione, fiducia in sé, aggressività, ansia, ecc.)
c) questionari
Tieni presente (= non dimenticare) che i questionari sono una serie di
domande che si rivolgono alla parte cosciente della persona, mentre i test
proiettivi, che generalmente sono immagini, disegni, macchie da interpretare,
si rivolgono alla parte inconscia (= non consapevole) della persona.
Un test proiettivo, ad esempio, è anche quello delle associazioni libere: ad una
parola che viene detta (= parola stimolo) si deve rispondere con la prima
parola che viene in mente.
22
Se la parola – stimolo è “matrimonio” , si può rispondere con “amore”, ma
anche con “divorzio” …
Perché questi test si chiamano proiettivi?
Perché la persona messa davanti al test che propone degli stimoli vaghi, non
definiti, dà una risposta che “proietta” una parte di sé.
Questo significa che “proietta” i suoi sentimenti, le sue esperienze passate, i
suoi timori, i suoi desideri, il suo modo di affrontare le situazioni.
Verifichiamo se hai capito
Il metodo base della scienza, e quindi anche della psicologia è:
il colloquio
il test
l’osservazione
L’insieme di tutti i soggetti (persone, bambini, anziani …) che lo psicologo
studia, osserva, si chiama
pianeta
universo
collettivo
Per motivi di comodità e di soldi, lo psicologo limita la sua osservazione a
un gruppetto
un campione
un istituto
Nel metodo del colloquio, lo psicologo
fa una conversazione con il paziente
fa un interrogatorio al paziente
fa una lettura con il paziente
Gli scopi del colloquio sono:
pensare e agire
dire e fare
raccogliere i dati e fare psicoterapia
23
Durante il colloquio lo psicologo osserva
come il paziente è vestito
l’espressione del volto, i gesti, gli atteggiamenti e “come “ il paziente parla
come il paziente trascorre le vacanze
L’esperimento è
una raccolta di dati che confermano un’ipotesi
una raccolta di parole che spiegano i concetti
una raccolta di pensieri che confermano un’ipotesi
Il test è
il racconto di un libro di testo
un metodo che misura i comportamenti di un individuo
un metodo che misura le pagine di un testo
I test, che sono numerosissimi, possono essere raggruppati (= classificati) in:
test di studio e test di spesa
test di capacità e test di personalità
test di mente e test di corpo
I test proiettivi fanno parte dei test:
di capacità
di intelligenza
di personalità
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DISTINGUIAMO
Quando noi ci troviamo di fronte alla spiegazione del comportamento
dell’uomo, incontriamo studiosi diversi. È utile capire le differenze:
lo psicologo studia il comportamento dell’uomo nel suo
comportamento di tutti i giorni
lo psicologo clinico studia il comportamento disturbato
lo psicoterapeuta cura la persona che ha un comportamento disturbato
lo psicoanalista cura la persona con il metodo della psicoanalisi (un
metodo che si rivolge all’inconscio della persona)
lo psichiatra è un medico specializzato nella cura di alcune malattie
psicologiche gravi ( schizofrenia, psicosi…)
il neurologo è un medico specialista che cura il cervello (= la parte
organica della mente)
il fisiologo è lo studioso del funzionamento dell’organismo ( = corpo).
25
CAPITOLO 2° : PERCEZIONE: IL CONTATTO CON IL MONDO
ESTERNO.
Quando noi nasciamo non conosciamo il mondo. Per conoscere il mondo, la
natura ci ha fornito gli organi di senso.
Gli organi di senso che ci permettono di conoscere il mondo sono:
-
vista (occhi)
udito (orecchie)
olfatto o odorato (naso)
gusto (lingua)
tatto (cute, pelle)
Cosa è dunque la percezione?
La percezione è quella funzione psicologica che, attraverso gli organi di
senso, ci mette in contatto con il mondo.
Percepire significa:
a) ricevere
b) interpretare (= capire, dare una spiegazione)
le informazioni del mondo, della realtà che ci circonda.
Senza la percezione non si può avere la vita psichica. Questo significa che la
nostra mente senza la percezione non può funzionare.
Noi vediamo (percepiamo) il mondo in 3 dimensioni.
Il mondo lo vediamo nella dimensione della lunghezza, della larghezza e
anche della profondità.
Senza la profondità il mondo ci sembra come su una cartolina: piatto (cioè
con due dimensioni).
Con la vista noi percepiamo il mondo diviso tra figura e sfondo
La figura è la parte che domina ( che spicca, che è evidente), lo sfondo è tutto
il resto.
Ad esempio, se guardi questa pagina, le parole sono la figura, il foglio è lo
sfondo.
26
Possiamo anche dire che la figura è quella parte dello spazio dove
concentriamo l’attenzione, lo sfondo è quella parte che occupa tutto il resto
dello spazio.
Il distinguere (= vedere la differenza) una figura dall’altra e anche il
distinguere la figura dallo sfondo, avviene grazie a leggi particolari.
Queste leggi particolari sono chiamate leggi dell’organizzazione figurasfondo o leggi del raggruppamento, perché favoriscono il mettere insieme.
Queste leggi sono state studiate da una scuola di psicologia che si chiama
“gestalt”.
Gestalt, appunto, vuol dire, “forma”, “conformazione”, per questo motivo le
leggi dell’organizzazione figura-sfondo si chiamano anche leggi della gestalt.
Una gestalt è dunque una forma.
Queste leggi sono:
1) legge della vicinanza: se vediamo dei segmenti vicini li raggruppiamo in
modo da vedere delle asticciole o delle colonne.
2) legge della chiusura: i segmenti chiusi sono percepiti più facilmente come
figure
27
3) legge della densità o della differenza: le parti che sono più compatte,
più dense, più spesse, sono percepite più facilmente come forme.
4) legge del movimento: la zona che si muove viene percepita come forma
5) legge del contesto : la percezione che abbiamo di una figura è determinata
dall’insieme in cui si trova. Questo “insieme” è chiamato “contesto”. Il
contesto può anche farci percepire le cose anche in modo diverso rispetto a
quello che sono in realtà.
28
5) legge della buona forma: è la legge che riassume e comprende tutte le
altre.
Questa legge ci dice che sempre, quando noi percepiamo, organizziamo la
forma nel modo più buono e semplice possibile.
(in questo spazio sono stampate delle figure irregolari e di grandezze diverse; eppure, per
la legge della “buona forma”, ci viene spontaneo percepire tre rettangoli uguali, ma a
distanze sempre maggiori)
A questo punto è importante capire e ricordare che le leggi
dell’organizzazione figura-sfondo, o del raggruppamento, favoriscono la
percezione di un tutto, costituito da singole parti distinte; ma perché ci sia un
tutto, ossia una “gestalt”,, occorre che queste parti siano disposte secondo un
modello.
Ad esempio:
I tre dischetti colorati non hanno certo la qualità di triangolo, ma disposti in questo modo
essi si organizzano percettivamente dando come risultato un triangolo.
La stessa cosa avviene anche nel cielo di notte quando possiamo raggruppare le stelle e
vedere il Carro maggiore, i segni dello zodiaco …: sono tutte gestalten!
29
A volte però i sensi ci ingannano.
Se è la vista ad ingannarci, abbiamo le illusioni ottiche.
Le illusioni ottiche sono di tre tipi:
a) illusioni ottiche vere e proprie: si riferiscono a quei fenomeni visivi per cui
quello che percepiamo (= che vediamo) non è esattamente quello che abbiamo
davanti agli occhi
Nella prima illusione (di Orbisson) abbiamo l’impressione che i lati del quadrato siano
curvi; nella seconda (della Giovanelli) ci sembra che i punti siano spostati in alto e in
basso, in realtà sono tutti su una stessa linea.
b) circostanze in cui vediamo cose o fenomeni assenti: significa che
nel nostro campo visivo non c’è qualcosa che noi, invece, vediamo.
È il caso del triangolo di Kanizsa : il triangolo bianco non c’è, ma lo vediamo chiaramente!
30
c) circostanze in cui non vediamo cose o fenomeni presenti: è questo il
caso del mimetismo, ossia di quando c’è qualcosa ma noi non lo
vediamo perché si confonde con tutto il resto.
Nella figura a) è difficile capire che ci sono scritti i numeri dall’1 al 7.
E’ invece difficile scoprire la figura b) nelle figure c) e d)
Per fortuna, generalmente, i senso non ci ingannano.
Un oggetto è percepito sempre con la sua grandezza, forma e colore (ed è
quindi visto come costante) anche quando la sua immagine cambia.
Questo fenomeno è detto “costanza percettiva”.
Noi percepiamo correttamente le distanze che abbiamo di fronte grazie a delle
informazioni ( = indizi ) che la realtà stessa ci fornisce.
Alcune di queste informazioni sono chiamate “indizi pittorici” perché sono
gli stessi che usano i pittori.
Ecco quali sono gli indizi per la percezione corretta della distanza:
31
a) grandezza: tra due oggetti che hanno grandezze diverse, quello più
grande è percepito più vicino.
b) Sovrapposizione: un oggetto che copre parte di un altro oggetto è
percepito più vicino
c) Disposizione delle luci e delle ombre: il modo in cui le luci e le ombre
si dispongono ci permette di percepire la forma, il volume e il rapporto
spaziale.
d) Annebbiamento: l’oggetto nitido (= ben visibile) è percepito più vicino,
quello annebbiato ( = poco visibile) è percepito come più lontano.
e) Prospettiva: le linee che nella realtà sono parallele, nella percezione
convergono in un punto (= punto di fuga)
f) Grana delle superfici: gli oggetti più vicini permettono di vedere la
caratteristica della loro superficie ( cioè la loro grana) , gli oggetti
lontani non permettono di vedere la loro grana.
Oltre agli indizi pittorici, abbiamo gli “ indizi legati al movimento” che ci
permettono di percepire la distanza.
Per quanto riguarda il movimento, noi dobbiamo ricordare che esso ( = il
movimento) è :
a) uno dei principi alla base dell’organizzazione figura – sfondo ( lo
abbiamo infatti incontrato nelle leggi della gestalt )
b) può essere illusorio: prova a pensare a quando sei sul treno …
…se guardiamo il paesaggio dal finestrino del treno, ci rendiamo conto di un
fenomeno ( = fatto ) strano: sembra che ciò che è vicino, appena fuori dal finestrino, corra
nella direzione ( = nel senso ) opposta alla nostra e con grande velocità.
Mano a mano che guardiamo un po’ più lontano, abbiamo l’impressione che la loro
velocità (quella degli oggetti che vediamo: case, alberi…) diminuisca, fino ad arrivare al
punto dell’infinito (ossia del punto più lontano, quello sulla linea dell’orizzonte) dove
tutto ci appare immobile, ossia fermo. È quest’ultima una immobilità apparente.
c) gli indizi legati al movimento sono i più importanti per la percezione in
3 D (tre dimensioni)
Se ti trovi di fronte a degli oggetti reali in uno spazio reale, ossia vero; oppure di
fronte ad un quadro dove c’è dipinto quello che tu stai vedendo nella realtà, puoi
fare un esperimento, una prova.
Devi spostare la testa a destra e a sinistra:
-
nella situazione vera vedi che le posizioni degli oggetti si spostano
nella situazione dipinta vedi che l’immagine non cambia.
32
Ma come percepiamo il movimento?
Potremmo dire che lo percepiamo perché un oggetto si sposta e di
conseguenza la sua immagine si sposta sulla retina del nostro occhio.
Ma questa è una risposta troppo semplice perché noi, certe volte, percepiamo
in movimento oggetti che invece non sono in movimento; è questo il
fenomeno del movimento apparente ( = che sembra che si muove, ma in realtà
non si muove)
Contrario al movimento apparente, abbiamo il fenomeno dell’ immobilità ( =
che non si muove) apparente.
È questo il caso del movimento della Luna : il movimento della Luna esiste,
ma noi difficilmente lo vediamo; altro esempio di immobilità apparente è
quello delle lancette dell’orologio.
Diciamo allora che la percezione del movimento è un fenomeno complesso
che non consiste in un semplice “fotografare” la realtà senza utilizzare il
cervello.
Percepire il movimento significa “costruire” e “interpretare” le informazioni
che provengono dalla realtà: è questo il lavoro che fa la nostra mente, il nostro
cervello.
Il lavoro del cervello è dunque un lavoro attivo ( = che fa ) e non un lavoro
passivo (= che non fa).
Particolari aspetti della percezione visiva
Ci sono due particolari aspetti legati alla percezione visiva.
Il primo aspetto è quello legato alla lettura.
Il secondo aspetto è quello legato alle proprietà fisionomiche degli oggetti,
ossia alla capacità che gli oggetti hanno di comunicarci delle emozioni, delle
sensazioni.
33
La lettura
La lettura è molto importante per l’educazione e per l’apprendimento. Riesci
ad immaginare una scuola senza lettura? Sicuramente no.
Ricordi quando hai imparato a leggere?
Prima leggevi le letterine e poi le mettevi insieme per formare la parola.
Ora che leggi velocemente, pensi che sia ancora così?
No, non è più così!
Facciamo un esperimento. Prova a far leggere a un compagno queste parole
che hai scritto su due cartoncini separati:
FIUME
SGRML
Prova poi a chiedere a questo compagno se ricorda la penultima lettera ( =
quella che sta prima dell’ultima).
Scoprirai che risponderà meglio con la parola “reale” anche se la penultima
lettera è per tutte e due la “M” e in tutte e due le parole ci sono cinque lettere.
Questo esempio ci fa capire che è più facile riconoscere le lettere in una
parola che conosciamo rispetto ad una parola che non conosciamo. Questo
fatto ci spiega la superiorità della parola. Significa che percepiamo la parola
come “una figura complessiva”, come una “gestalt”.
Adesso che sai leggere velocemente non leggi più lettera dopo lettera, vero?
Se ben rifletti ti accorgi che fai dei salti. Questo processo di fare dei salti, si
chiama percezione selettiva della lettura.
Facendo questi salti può succedere che lasci dei buchi! Ecco che allora la
mente si preoccupa di riempire questi buchi.
L’operazione di riempire questi buchi si chiama integrazione percettiva della
lettura.
Tieni presente che tutto questo avviene senza che tu te ne renda conto, infatti
non sei consapevole di ciò perché lo fai automaticamente, senza pensarci.
34
Le proprietà fisionomiche
Quando noi percepiamo le persone, le cose e i fenomeni, cogliamo (=ci
accorgiamo che hanno) grandezza, forma, colori movimento, ecc.
Quando noi percepiamo tutto questo, riceviamo anche delle sensazioni.
Gli oggetti, le persone, i fenomeni in genere, hanno la proprietà (=la capacità)
di comunicarci delle sensazioni, delle impressioni. Queste proprietà si
chiamano “fisionomiche”. Significa che la conformazione (=come sono fatti)
dà agli oggetti delle proprietà espressive.
Ad esempio: Cha sensazione provi quando vedi il mare al tramonto?
Gli oggetti che hanno forma rotonda comunicano impressioni di contentezza,
giocosità, serenità; l’ellisse (=ovale), ci comunica l’impressione di tristezza,
di pensierosità.
Osserva queste figure:
Delle due figure a e b quale si chiama “uolamoi” e quale “toketàk ? E delle figure c e d quale è contenta e
quale è triste? Nella figura e, non sembra che l’orologio sia sorridente e pronto ad abbracciarvi?
Le proprietà fisionomiche degli oggetti sono molto studiate dai pubblicitari.
Chi si occupa di pubblicità sa che, per attirare l’attenzione della gente, deve
suscitare delle impressioni: per questo bisogna conoscere che tipo di
impressioni suscitano determinati oggetti .
35
Verifichiamo se hai capito
Indica se le affermazioni sono vere o false
1- La percezione è quella funzione psicologica che, attraverso gli organi
di senso ci permette di ricevere e interpretare le informazioni
dall’ambiente, e quindi di conoscere il mondo e agire in esso
…………………………….
2- Noi tendiamo a percepire indifferentemente in una, duo o più
dimensioni …….
3- Nella percezione i principi che ci permettono di distinguere la figura
dallo sfondo sono chiamate “leggi dell’organizzazione figura-sfondo”
o “leggi di raggruppamento”…………………………………
4- Le “leggi dell’organizzazione figura-sfondo” favoriscono la percezione
di un tutto, costituito dalla somma delle singole parti
……………………….
5- Le leggi della figura-sfondo sono chiamate anche “leggi della
Gestalt”………..
6- A volte i sensi ci ingannano …………………………………..
7- Nelle illusioni ottiche possiamo distinguere: a) illusioni ottiche vere e
proprie b) circostanze in cui vediamo cose o fenomeni assenti c)
circostanze in cui non vediamo cose o fenomeni presenti
……………………………….
8- La percezione del mondo è esatta grazie al fenomeno della costanza
percettiva ………………………………
9- 11 fenomeno della costanza percettiva consiste nel percepire un
oggetto sempre con la stessa grandezza, forma e colore, anche quando
la sua immagine cambia
…………………………………………………
10- Gli indizi per la percezione della distanza vengono chiamati anche
“indizi geometrici ………………………………………..
11- Uno dei principi alla base dell’organizzazione figura-sfondo è il
movimento …………………………………………
12- Due aspetti particolari della percezione visiva sono la lettura e il
disegno geometrico ……………………………………..
13- La lettura è il risultato di numerose operazioni mentali e tra queste
importanti sono: a) la superiorità della parola b) la percezione selettiva
e integrativa ……………………………………………………..
14- Gli oggetti inanimati hanno qualità fisionomiche
……………………………
15- Le qualità fisionomiche degli oggetti sono sfruttate nel campo
commerciale e della pubblicità
……………………………………………………..
36
CAPITOLO 3
ATTENZIONE: QUANDO LA PERCEZIONE E’
MESSA A FUOCO.
L’attenzione è un particolare aspetto della percezione.
Grazie all’attenzione noi possiamo mettere a fuoco un particolare aspetto
della realtà, del mondo.
Se mettiamo a fuoco un solo aspetto, possiamo permetterci di trascurare gli
altri aspetti che in quel momento non hanno importanza.
Esistono 4 tipi di attenzione:
- attenzione volontaria : quando la persona si concentra di proposito (=
perché lo vuole), per un determinato tempo, su un determinato oggetto
(ricorda che in questo caso l’oggetto è una fonte di informazione). Es.:
per compiti assegnati da altri o da noi stessi: ad esempio mi viene
chiesto di riordinare la camera o di studiare il capitolo di storia, oppure
sono io che eseguo un compito o un lavoro che mi assegno da solo.
per motivi (bisogni) e per interessi: ad esempio se ho fame e sto
cercando un locale dove mangiare, la mia attenzione è focalizzata sulle
insegne dei ristoranti.
- attenzione involontaria: quando la persona è attirata da uno stimolo
che ha determinate caratteristiche. Queste caratteristiche attirano, senza
che io lo voglia, la mia attenzione.
Quando tu vuoi attirare l’attenzione di qualcuno cosa fai? Sicuramente
produci un cambiamento, ad esempio fai un fischio, batti le mani,
assumi un atteggiamento che di solito non assumi.
Introdurre un cambiamento in una situazione significa creare una nuova
“figura” che risalta rispetto allo “sfondo”. (Funziona un po’ come una
sveglia ).
Ma quali sono le caratteristiche del cambiamento?
mettere in risalto (sottolineare, evidenziare)
cambiare dal vecchio al nuovo
aumentare la grandezza dello stimolo (ad esempio i titoli o le parole
importanti)
aumentare l’intensità (delle parole stampate, del suono della sveglia)
cambiare la posizione per mezzo del movimento (spostare gli oggetti)
ripetere lo stimolo (il suono del telefono)
cambiare l’intensità o la qualità dello stimolo (la sirena a intermittenza
dei vigili o dei pompieri)
37
- attenzione focalizzata su un unico stimolo: quando la persona è di fronte
a due o più stimoli, od oggetti, contemporanei, ma ha il compito di stare
attenta e di rispondere solo ad uno.
Nell’esperimento di Külpe, come pensi risponderà il soggetto che era stato
istruito a stare attento solo ai colori se gli si chiederà quali lettere sono?
B
V
S
E
- attenzione divisa tra più stimoli: quando la persona è posta di fronte a
due o più stimoli, od oggetti, contemporanei, ma ha il compito di stare
attenta e rispondere a ciascuno di questi stimoli.
Nella vita di tutti i giorni capita spesso di fare più cose contemporaneamente , ad esempio fare i compiti ed ascoltare la radio, guidare
la macchina e rispondere al cellulare.
Ulric Neisser, dell’Università dell’Oregon in USA, con i suoi esperimenti, ha dimostrato che nei compiti dove l’attenzione è divisa si
commettono più errori.
Ecco l’esperimento:
Venivano presentati, sovrapposti (= uno messo sopra l’altro) su uno schermo
TV, due programmi diversi con giochi differenti. Nel primo gioco c’erano
degli omini (= figure di uomini) che, a sorpresa, lanciavano delle palle. Nel
secondo gioco, altri omini, sempre a sorpresa, alzavano un braccio.
38
Che risultato ha avuto questo esperimento?
Si è visto che i soggetti sottoposti all’esperimento, seguivano molto bene un
gioco alla volta. Le stesse persone, quando dovevano seguire
contemporaneamente (= nello stesso momento) i due giochi, commettevano
molti più errori.
BENEFICI DERIVANTI DALLO STARE ATTENTI
Secondo Sam Horn, una specialista americana delle applicazioni pratiche
dell’attenzione, i benefici sono 4:
Aumentiamo e miglioriamo i risultati perché produciamo di più e
lavoriamo al meglio delle nostre capacità
Riduciamo il tempo da dedicare al lavoro perché il lavoro viene
terminato prima e con un minor numero di errori
Aumentiamo la fiducia in noi stessi perché ci sentiremo più sicuri di noi
stessi
Conseguiamo le mete prefissate perché è più facile raggiungere gli
obiettivi
QUANDO L’ATTENZIONE E’ CARENTE
Quando l’attenzione non c’è, i nostri pensieri cominciano a vagare e noi non
riusciamo a lavorare in modo efficiente, cioè nel migliore dei modi.
Alcune volte la difficoltà a rimanere attenti (= deficit di attenzione) è una vera
malattia che si accompagna alla incapacità di stare fermi
(= iperattività) e si manifesta soprattutto nei bambini al di sotto di 12 anni
(pre-adolescenti).
A parte questi casi di malattia (=patologici), le cause che portano ad una
carenza di attenzione sono:
disturbi ambientali:quando il posto di lavoro non è tranquillo e ordinato
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mancanza di pratica: quando non si è abituati, cioè allenati a prestare
attenzione
mancanza di motivazione: quando non c’è interesse in ciò che si fa, la
nostra mente continua a vagare
mancanza di un obiettivo chiaro: quando non sappiamo bene cosa fare
presenza di troppi obiettivi contemporaneamente: quando ci sono
troppe cose da fare nello stesso tempo, l’attenzione si disperde
Stanchezza, stress, ansia: per stare attenti occorre energia. Se noi siamo
stanchi, stressati, oppure siamo preoccupati e in ansia saremo portati a
distrarci; le tensioni assorbono energie psichiche.
Verifichiamo se hai capito:
L’attenzione è una componente particolare della ……………………..
L’attenzione ci consente di mettere ………………………….. un preciso
aspetto del mondo.
Riconosciamo quattro tipi di attenzione.
Quando una persona si concentra di proposito su un particolare aspetto della
realtà, diciamo che l’attenzione è …………………………………
Quando una persona è attirata da un determinato stimolo che ha determinate
caratteristiche, diciamo che l’attenzione è …………………
Quando una persona si trova di fronte a due o più stimoli, od oggetti
contemporanei e ha il compito di stare attenta e di rispondere ad ognuno,
diciamo che l’attenzione è ………………………………………………….
Quando una persona è posta di fronte a due o più stimoli, od oggetti,
contemporanei ed ha il compito di stare attenta e di rispondere solo ad uno,
diciamo che l’attenzione è …………………………………………………
40
Dal saper stare attenti derivano dei benefici e precisamente:
-
Aumentiamo e miglioriamo i ………………….
Riduciamo il …………………. da dedicare al lavoro
Aumentiamo la ……………….in noi stessi
Conseguiamo le ………………prefissate.
L’attenzione può essere carente. Quando non si tratta di un disturbo mentale, le
cause possono essere:
-
………………….ambientali
Mancanza di ………………..
Mancanza di ………………..
Mancanza di ……………….
Presenza di ……………………….contemporaneamente.
Stanchezza, ……………………………..
41
CAPITOLO 4° APPRENDIMENTO: COME CAMBIAMO
CON L’ESPERIENZA
Cos’è l’apprendimento?
La gente spesso dice: “Si va a scuola per imparare, per apprendere”
Anche a te viene da pensare che l’apprendimento riguardi tutto ciò si impara
a scuola? …………….
Quando si parla di apprendimento, tutti pensano a ciò che si impara sui libri o
sui banchi di scuola.
Invece non è proprio così perché, ad esempio, tu impari (apprendi) anche a
casa, per strada, in vacanza … ovunque e sempre!
Facciamo un esempio:
Se ti pungi il dito con un ago, impari che l’ago buca la pelle, impari che dalla
pelle può uscire il sangue, impari che la puntura fa sentire dolore ecc. ecc.
Verifichiamo se hai capito:
Si apprende:
solo sui libri
solo a scuola
sempre e ovunque
Ogni volta che noi facciamo un’esperienza nuova e aggiungiamo
informazioni alla nostra conoscenza, modifichiamo il nostro comportamento.
Infatti, se ora so che l’ago punge, la prossima volta starò ben attento a non
pungermi!
Questo significa cambiare qualcosa nel comportamento, significa fare una
modifica.
Sei d’accordo che l’apprendimento modifica il comportamento?
……………..
42
Non c’è solo un tipo di apprendimento.
Ci sono quattro tipi di apprendimento.
Ciascuno di questi quattro tipi di apprendimento avviene attraverso tre fasi
(tre passaggi, tre momenti):
1) prima fase: incertezza dei primi passi
prova a pensare a quando fai una cosa per la prima volta: non sei sicuro, fai le
cose adagio, ci metti molta attenzione, forse fai anche degli errori.
Ricordi quando hai imparato ad andare in bicicletta? Non eri molto sicuro e
forse sei anche caduto qualche volta.Oppure ricordi quando hai imparato a
leggere o a scrivere? Ci mettevi tanto tempo, facevi errori e poi facevi le
correzioni. Vero?
2) seconda fase: allenamento
Quando si vuole imparare (= apprendere) bene una cosa è importante fare
tanto esercizio. Se noi facciamo tanti esercizi, ci alleniamo, abbiamo poi dei
risultati migliori.
Se vuoi imparare bene la lingua italiana devi fare tanto esercizio, ti devi
allenare.
3) terza fase: raggiungimento dell’automatismo, dell’abitudine:
Dopo che ti sei allenato ripetendo tante volte gli esercizi, fai le cose senza più
pensare a quello che stati facendo. Ad esempio, se hai imparato ad andare in
bicicletta non hai più bisogno di stare attento a come si fa ad andare in
bicicletta.
Dopo aver fatto tanti esercizi di lingua italiana e hai continuato a parlare in
italiano per tanto tempo, sicuramente non hai più bisogno di pensare a come si
costruiscono le frasi.
Quando hai imparato a parlare in italiano parli in modo sicuro, automatico,
senza pensarci troppo.
43
Verifichiamo se hai capito:
Qual è la sequenza giusta delle fasi dell’apprendimento?
automatismo, allenamento, incertezza dei primi passi
allenamento, incertezza dei primi passi, automatismo
incertezza dei primi passi, allenamento, automatismo
Ti ricordi che abbiamo detto che non c’è un solo tipo di apprendimento? Ti
ricordi quanti sono i tipi di apprendimento?
Sono quattro e li possiamo così classificare (unire, raggruppare):
1)
2)
3)
4)
Apprendimento casuale
Apprendimento per modellamento
Apprendimento dovuto al condizionamento (classico e operante)
Apprendimento determinato dall’intuizione (=cognitivo)
Cerchiamo ora di vederli e di capirli uno alla volta:
Apprendimento casuale : è l’apprendimento che avviene per caso, senza che
noi ce ne accorgiamo.
Ad esempio, quando vedi il cartellone di un film per strada apprendi che
c’è un nuovo film. Tu non ti accorgi, ma hai imparato una cosa senza
renderti conto, senza essere consapevole.
Noi spesso impariamo le cose senza che ci rendiamo conto, senza saperlo.
Verifichiamo se hai capito:
L’apprendimento casuale avviene quando:
si sta in casa
per caso, senza rendersi conto
si va in motorino senza il casco
44
Apprendimento per modellamento: è l’apprendimento che c’è quando
prendiamo una persona come modello, come esempio.
Ad esempio tu puoi prendere come modello una persona che ti piace e così
cerchi di fare quello che fa lei: la imiti, la copi.
Imitare una persona, cercare di fare quello che fa lei perché questa persona
ci piace, vuol dire prendere questa persona come un modello.
Verifichiamo se hai capito.
L’apprendimento per modellamento avviene quando:
si imita una persona nei modi e nel comportamento
si segue la moda
si modella la creta o la plastilina
Ti è mai capitato di vedere i giochi che fanno i bambini e le bambine quando
sono piccoli? Spesso si divertono a copiare quello che fanno i grandi, gli
adulti.
I maschi, ad esempio, imitano ciò che fa il papà e le bambine imitano ciò che
fa la mamma.
Questi giochi di imitazione di un modello sono molto importanti perché i
bambini imparano i comportamenti che sono tipici dei maschi e le bambine
imparano i comportamenti che sono tipici delle femmine.
Diciamo allora che questo tipo di apprendimento è importante per la
caratterizzazione sessuale, ossia per imparare i comportamenti maschili e i
comportamenti femminili.
Verifichiamo se hai capito:
La caratterizzazione sessuale è legata all’apprendimento di:
comportamenti tipici del ruolo maschile o del ruolo femminile
comportamenti tipici della persona educata
comportamenti tipici della persona non educata.
45
Apprendimento dovuto a condizionamento classico:
Ti è mai capitato di passare davanti ad una pasticceria? Cosa ti succede se
guardi le torte ed hai una fame tremenda?
Se ti piacciono i dolci, ti viene voglia di mangiare tutte quelle torte.
Sicuramente ti viene l’acquolina in bocca.
Perché ti succede questo? …………………………………………………….
Immagina di bere il succo di un limone.
Cosa ti succede? Hai un aumento di saliva in bocca?
Perché ti succede questo? …………………………………………………….
Sicuramente perchè hai già avuto esperienza di torte e di limoni. L’acquolina
e l’aumento di saliva sono, per l’organismo (per il corpo), delle risposte
condizionate.
Lo studioso russo Ivan Pavlov ha fatto degli studi a riguardo.
Ha osservato che i cani del suo laboratorio (luogo dove si fanno le ricerche)
cominciavano a produrre saliva appena vedevano la ciotola che conteneva il
cibo.
( In questo caso il cibo rappresenta uno stimolo non condizionato e la
produzione di saliva rappresenta la risposta non condizionata )
Gli stessi cani producevano saliva anche quando vedevano la persona che di
solito portava il cibo.
Pavlov ha continuato nelle indagini e, ogni volta, prima di dare il cibo ai cani,
faceva suonare una campanella.
Sai dire cosa succedeva ai cani quando sentivano la campanella?
Al suono della campanella, anche senza avere il cibo davanti agli occhi, i cani
cominciavano a produrre saliva.
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Come si spiega tutto ciò?
Il cani avevano imparato ad associare (= unire) il suono della campanella al
cibo.
La campanella ( che di per sé è uno stimolo neutro, ossia che da solo non
produce la risposta della salivazione) è diventata uno stimolo condizionato e
la salivazione una risposta condizionata.
Lo stimolo condizionato è capace di provocare la risposta che di solito è
prodotta da un altro stimolo.
Ecco le tre fasi del classico esperimento di Pavlov:
1- CIBO (stimolo non condizionato)  SALIVA (risposta non condizionata)
2- CAMPANA (stimolo neutro) CIBO  SALIVA da ripetere più volte
3- CAMPANA (stimolo condizionato) SALIVA (risposta condizionata)
Perché questo tipo di apprendimento per condizionamento, si chiama
classico?
Questo condizionamento si chiama classico perché lo studio di questo tipo di
apprendimento è iniziato con gli studi ormai “classici” ( esemplari, tipici,
tradizionali) di Pavlov.
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Verifichiamo se hai capito:
L’apprendimento per condizionamento classico è quell’apprendimento per cui ci si
comporta in un certo modo
come risposta a uno stimolo qualsiasi
come risposta a uno stimolo che in passato è stato associato a una particolare esperienza
come risposta a uno stimolo che si presenta per la prima volta.
Come si chiama lo studioso che per primo si è occupato di questo tipo di apprendimento?
…………………………………………………….
Quando si parla di apprendimento per condizionamento classico, non
dobbiamo dimenticare una situazione particolare.
Prova a pensare ancora al cane di Pavlov.
Pensa a quando salivava perché sentiva il suono della campanella.
Secondo te, quel cane poteva salivare se sentiva il suono di una campanella
che non era la stessa, ma che faceva sentire un suono quasi uguale?
Sì, il cane salivava lo stesso, perché si confondeva.
Questo fatto si chiama generalizzazione dello stimolo.
Significa che quando si è abituati a rispondere in un certo modo ad uno
stimolo, si risponde allo stesso modo anche quando ci si trova di fronte a
stimoli che sono simili (=che sono quasi uguali) allo stimolo originale (al
primo).
A riguardo della generalizzazione dello stimolo, nel 1920 lo psicologo
Watson, ha fatto un esperimento.
Per fare questo esperimento, Watson ha preso un bambino di 11 mesi: il
piccolo Albert.
Watson ha fatto vedere dei topolini bianchi ad Albert.
Come tutti bambini, Albert non aveva paura dei topolini bianchi.
Ma poi, successivamente, quando faceva vedere i topolini bianchi ad Albert,
faceva anche sentire uno scoppio, un colpo fortissimo.
Questo esperimento è stato ripetuto più volte.
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Albert adesso provava paura perché associava la vista dei topolini allo
scoppio: la sua era una paura condizionata.
Watson, a questo punto, ha fatto vedere al piccolo Albert altre cose che
assomigliavano ai topolini: erano stimoli (oggetti, animaletti, pelouches, colli
di pelo) che avevano in comune con i topolini il fatto di essere bianchi e
pelosi.
Albert aveva paura anche di questi stimoli simili e si metteva a piangere
appena li vedeva.
Verifichiamo se hai capito:
La generalizzazione dello stimolo avviene quando
uno stimolo è nuovo
uno stimolo è simile a quello che di solito provoca una risposta
uno stimolo è diverso da quello che di solito provoca una risposta
Apprendimento per tentativi ed errori
Mentre Pavlov in Russia faceva gli esperimenti con i cani che avevano fame e
che salivavano quando suonava la campana, nello stesso periodo in America lo
psicologo Thorndike faceva gli esperimenti con i gatti.
Thorndike aveva costruito una gabbia e in questa gabbia ci metteva un gatto.
Fuori dalla gabbia, Thorndike metteva del cibo che al gatto piaceva.
Per prendere il cibo, il gatto poteva uscire da una piccola porta della gabbia
solo se sollevava (=alzava) una levetta (= una piccola maniglia).
Thorndike aveva notato che i gatti, quando venivano messi per la prima volta
nella gabbia, tentavano di uscire con una serie di tentativi (= prove) disordinati
(= a caso): miagolavano, graffiavano, guardavano di qua e di là, cercavano di
raggiungere il cibo passando attraverso le sbarre.
Questi comportamenti disordinati però scomparivano a poco a poco (il gatto
non li faceva più).
Quando i gatti imparavano che potevano uscire dalla gabbia solo spostando la
leva, abbandonavano (= lasciavano perdere) gli altri comportamenti.
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Questo tipo di apprendimento si chiama per tentativi ed errori .
Apprendere per tentativi ed errori significa dunque imparare a risolvere un
problema provando e scartando ( = eliminando, lasciando perdere) tutti i
comportamenti e tutte le idee che non servono, fin quando non si trova quella
giusta.
Thorndike aveva notato anche un’atra cosa: i gatti imparavano prima a uscire
dalla gabbia se venivano presto ricompensati con il cibo. (Veniva dato ai gatti
il cibo come premio).
Grazie a questa osservazione, Thorndike ha formulato una legge.
Questa legge si chiama legge dell’effetto.
La legge dell’effetto dice che gli esseri viventi selezionano (= scelgono) e
conservano (=trattengono, tengono per sé) le azioni che danno soddisfazione (
= che piacciono), mentre si abbandonano tutte le azioni che sono inutili o non
piacciono.
Il premio, la ricompensa è una cosa che piace.
È per questo che i gatti conservavano (tenevano) le azioni che venivano
ricompensate.
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Verifichiamo se hai capito:
Si ha l’apprendimento per tentativi ed errori quando:
si ripetono continuamente gli sbagli, gli errori
si risolvono i problemi con l’uso degli errori
si impara a risolvere un problema provando e scartando i comportamenti e le idee
fino a quando non si trova quella giusta.
La legge dell’effetto dice che gli esseri viventi:
trattengono i comportamenti che procurano piacere e abbandonano i comportamenti
che procurano sofferenza o che sono inutili ( = che non servono)
abbandonano i comportamenti che danno soddisfazione e trattengono i
comportamenti che procurano sofferenza
trattengono o abbandonano indifferentemente (= senza differenza) ciò che piace e
ciò che non piace.
Apprendimento per condizionamento operante:
Sempre in America, un altro studioso ha fatto altri esperimenti.
Questo studioso si chiamava Skinner.
Skinner aveva costruito una speciale scatola. Questa scatola è stata chiamata
“Skinner box”. Nella scatola c’era un dischetto illuminato. Questo dischetto
poteva funzionare come premio o come castigo. In che modo?
Vediamo cosa succedeva in caso di premio.
Un piccione (che è un uccello) veniva messo in questa scatola. La prima volta
il piccione beccava qua e là, a caso, fino a urtare (toccare senza volerlo) il
dischetto: appena toccava il dischetto, usciva subito un chicco di grano (cibo).
Il chicco di grano era un premio, una ricompensa, ossia un rinforzo.
Questo rinforzo portava l’animale a beccare il disco più spesso.
Vediamo cosa succedeva se invece del premio si usava il castigo, la
punizione.
Il piccione, quando beccava il dischetto, riceveva una piccola scarica elettrica.
Secondo te, il piccione continuava a beccare il dischetto? …………….
Il piccione evitava di beccare il dischetto, abbandonava quel comportamento.
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Questo esperimento ci dice come avviene l’apprendimento per
condizionamento operante: si apprende un comportamento che è efficace (che
va bene) o per ottenere un effetto piacevole (una cosa che piace) o per evitare
un effetto spiacevole (una cosa che non piace o che fa soffrire).
Perché si chiama operante?
Perché con questo tipo di apprendimento tutti noi abbiamo un ruolo attivo
nell’operare; significa che noi facciamo qualcosa (operiamo) per ottenere o
evitare un certo risultato.
Verifichiamo se hai capito:
Nel condizionamento operante si apprende un comportamento che:
serve a risolvere un problema
è efficace per ottenere un effetto piacevole
è efficace o per ottenere un effetto piacevole o per evitare un effetto spiacevole
Questo condizionamento si chiama operante perché:
noi abbiamo un ruolo attivo nell’operare per ottenere o evitare un certo
risultato
noi siamo tutti operatori
noi evitiamo le operazioni
Nei laboratori, gli esperimenti si fanno con gli animali e, come rinforzo, in
genere, si usa cibo e acqua.
Nella vita di tutti i giorni i comportamenti sono rinforzati in altro modo.
52
Ti è mai capitato di sentirti dire: “ Prima fai i compiti e poi puoi vedere la
televisione”.
Oppure: “ Prima metti in ordine la cameretta, poi puoi giocare”.
Secondo te, la televisione e il gioco sono dei premi? ……………
Ecco, l’uso di un’attività piacevole (guardare la televisione, giocare, …) per
rinforzare un’attività meno piacevole (fare i compiti, mettere in ordine la
cameretta,…) è noto (=famoso, conosciuto), come principio di Premak.
Premak era uno psicologo americano che aveva studiato per primo questo
principio.
Il principio di Premak è molto usato dai genitori e dagli insegnanti (educatori).
Genitori e insegnanti usano i premi per rinforzare i comportamenti giusti e
usano i castighi per eliminare i comportamenti sbagliati.
I premi e i castighi devono essere usati dai genitori e dagli insegnanti con
molta attenzione, nei momenti giusti e senza esagerare.
Verifichiamo se hai capito:
Il principio di Premak riguarda l’uso di:
un’attività piacevole per rinforzare un’attività meno piacevole
tutti i premi
tutti i castighi
I premi e i castighi devono essere usati dagli educatori:
in ogni situazione
solo quando è necessario
un giorno sì e due giorni no
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Apprendimento cognitivo
I tipi di apprendimento che finora abbiamo visto (quello per modellamento e
quelli per condizionamento) sono legati a condizioni meccaniche,
automatiche: avvengono senza che noi siamo consapevoli, senza che noi ci
rendiamo conto.
Sovente però noi ci rendiamo conto di elaborare le conoscenze, di riflettere e
di ragionare sulle cose e sulle esperienze: ecco, questo apprendimento si
chiama cognitivo.
“Cognitivo” significa che la mente lavora in modo attivo, come l’elaboratore
di un computer.
Che cosa fa la mente? Quali sono le operazioni che compie
nell’apprendimento cognitivo?
Organizza le informazioni.
Cosa significa organizzare le informazioni?
Significa fare dei confronti tra le informazioni e formare nuove associazioni.
Facciamo un esempio:
Domani devo andare a Milano. Devo “pensare” a come arrivarci. Posso andare
in auto, Posso andare in treno:Posso prendere un taxi.
Analizzo tutte le informazioni (dati) che possiedo:
- la superstrada per Milano è interrotta per lavori in corso e non conosco
altre strade che conducono lì
- il taxi andrebbe bene, ma è troppo costoso e non posso permettermi di
prenderlo
- il treno andrebbe bene: la stazione è abbastanza vicina, il biglietto non è
costosissimo.
Scelgo di prendere il treno. Cosa mi serve sapere ora? Gli orari del treno!
Cosa faccio ora? ………..
Ecco, ti rendi conto che in questo tipo di apprendimento c’è una mente che
lavora, che è attiva perché:
- fa dei confronti con le informazioni che possiede
- costruisce delle associazioni (=gestalten)
- indaga per conoscere ciò che non sa (nel nostro caso, quello
dell’esempio, indaga sugli orari dei treni…)
Hai certamente capito anche che l’apprendimento cognitivo è molto utile per
la soluzione dei problemi.
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Pensi che si possano risolvere i problemi senza far lavorare la mente?
Credo proprio di no!
Sai dire che cosa ci permette di risolvere i problemi? L’intuizione.
Che cos’è l’intuizione? L’intuizione è un po’ come quando si accende in testa
una lampadina e si vede tutto più chiaro.
Non ti è mai capitato, quando cercavi la soluzione di un problema, di dire: “Ci
sono!”
“Ho capito!” ? Ecco, in quel momento c’è stata l’intuizione.
Secondo te, l’intuizione avviene per caso e improvvisamente? (La lampadina
si accende da sola?)
No, l’intuizione non avviene per caso.
Come è stato dimostrato dagli psicologi della Gestalt, l’intuizione comporta 4
fasi:
1- preparazione: prendiamo conoscenza e familiarità con i dati del
problema. I dati sono tutti gli elementi che fanno parte del problema.
2- incubazione: (può essere una fase anche lunga, che dura tanto tempo). In
questa fase, i dati, le conoscenze che abbiamo del problema, sono
organizzate in una forma nuova (= una nuova Gestalt)
3- intuizione (in inglese insight): è la lampadina che si accende nella nostra
mente e che ci dà la soluzione.
Non è detto però che questa soluzione è quella giusta perciò occorre
verificare
4- verificazione: si controlla se la soluzione va bene, se deve essere
migliorata o se si deve addirittura cambiare.
Per dimostrare che l’intuizione non sorge mai dal nulla, lo psicologo
Thomas L. Engle ha fatto un esperimento con bambini dai 12 ai 24 mesi di
età.
Questi bambini erano in un box.
Fuori dal box veniva messo un giocattolo.
Il giocattolo si trovava in una posizione che non poteva essere afferrato.
Dentro al box, tra i vari oggetti, c’era un bastone.
Il bastone era ben visibile, si vedeva bene.
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Alcuni bambini cercavano a lungo di prendere il giocattolo allungando un
braccio, ma non ci riuscivano e allora lasciavano perdere.
Altri bambini, dopo alcuni tentativi finiti male, rimanevano un poco fermi,
si guardavano intorno come per studiare la situazione e alla fine
prendevano il bastone e tiravano verso di sé il giocattolo. Questi bambini
erano poi anche capaci di usare il bastone in situazioni simili.
Verifichiamo se hai capito
Apprendimento cognitivo significa che la mente
lavora in modo automatico
lavora in modo attivo
lavora in modo meccanico
Le fasi dell’apprendimento cognitivo sono:
preparazione verificazione incubazione intuizione
verificazione preparazione incubazione intuizione
preparazione incubazione intuizione verificazione
L’intuizione serve a :
risolvere i problemi
pensare
apprendere
Apprendere ad apprendere
Tanto tempo fa i nostri nonni imparavano un lavoro. Quel lavoro veniva svolto
allo stesso modo per tutta la vita.
Ad esempio, se i nonni sapevano costruire dei mobili in un certo modo, per
tutta la vita continuavano a costruirli a quel modo.
Oggi, invece, la società cambia in fretta, e pure i lavori cambiano.
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Anche noi dobbiamo essere in grado di rimanere al passo con i cambiamenti.
Se non riusciamo a rimanere al passo con i cambiamenti rischiamo di perdere
il posto di lavoro oppure avremo difficoltà a trovare un lavoro nuovo.
E’ per questo motivo che diciamo che non sono importanti solo le conoscenze.
Ciò che veramente importa è dunque la capacità di imparare.
Se siamo capaci di imparare (=apprendere ad apprendere) nel futuro sapremo
adattarci meglio alle nuove conoscenze e ai nuovi apprendimenti.
57
CAPITOLO 5
MEMORIA: COSE RICORDATE, COSE DIMENTICATE
Nel 4° capitolo abbiamo parlato dell’apprendimento.
Quando noi parliamo dell’apprendimento ci riferiamo all’esperienza.
Ti sei mai chiesto cosa può succedere se dimentichiamo (= non ricordiamo) le
esperienze fatte?
Prova a riflettere: “Possiamo imparare se non siamo capaci di trattenere (=
conservare) le informazioni dell’esperienza?
………………. No,
sicuramente!
Che cosa dunque ci permette di conservare le informazioni dell’esperienza?
La funzione della mente (=capacità) che ci permette di conservare le
informazioni si chiama memoria.
Noi possiamo dire che la memoria è la capacità che ci permette di conservare
(= mantenere, trattenere) e di rievocare (= far tornare alla mente) tutto ciò che
si è imparato.
Conservare e rievocare, significa ricordare.
Verifichiamo se hai capito
La memoria è la capacità (funzione) della mente di:
ricevere le informazioni
conservare e rievocare le informazioni
capire cosa succede
58
Il primo psicologo che ha fatto studi sulla memoria utilizzando il metodo
sperimentale ( =scientifico) si chiama Hermann Ebbinghaus (1850 – 1909).
Ebbinghaus ha voluto misurare il ricordo, la memoria.
Come ha fatto?
Ha preso 169 liste (=elenchi) di parole.
Ognuna di queste 169 liste era formata da 13 parole senza senso! (= Non
avevano significato, non volevano dire nulla).
Dopo avere studiato tutte le parole controllava (= verificava) quante parole
ricordava a distanza di tempo:
-
dopo 1 ora ricordava il 45 %
dopo 2 ore ricordava il 43%
dopo 4 ore ricordava il 40 %
dopo 8 ore ricordava il 39 %
dopo 12 ore ricordava il 38 %
dopo 16 ore ricordava il 37 %
dopo 20 ore ricordava il 36 %
dopo 24 ore ricordava il 35 %
Prova a riflettere sui dati della tabella:
- Dopo un ora, quante parole (in percentuale) aveva dimenticato? …..
- Dopo 24 ore, quante parole (in percentuale) aveva dimenticato? …..
- Dall’inizio dello studio qual è stato, secondo te, il momento in cui
Ebbinghaus ha dimenticato il maggior numero di parole? …………
- Ti sembra tanto o poco il numero delle parole dimenticate nel giro di 24
ore ( 1 giorno ? ) ……………………………..
Sicuramente ti sembra tanto.
59
Prova ora a riflettere e poi rispondi a questa domanda:
Ti è più facile ricordare le parole “tavolo”, “albero”, “mare” o è più facile
ricordare le parole “sbiriggu”, “rek”, “virindao”?
E’ più facile ricordare le parole “ tavolo, albero, mare” perché hanno un
significato.
Noi sismo convinti (=crediamo) che Ebbinghaus dimenticava così tante parole
proprio perché erano senza senso.
Per fortuna un altro studioso, che è venuto dopo, Robert Koppenaal, nel 1963,
ha ripetuto l’esperimento di Ebbinghaus.
Koppenaal però non ha fatto come Ebbinghaus.
Koppenaal non ha fatto imparare così tante liste di nomi!
Koppenaal ha preferito fare imparare una sola lista di 20 parole.
Qual è stato il risultato?
Il risultato è stato che, dopo 24 ore, le persone ricordavano ancora il 90%
delle parole studiate.
Cosa ci insegna questo esperimento?
Questo esperimento ci insegna che se si imparano troppe cose in una in una
volta sola si va in confusione e si dimentica più facilmente.
Verifichiamo se hai capito
Gli studi di Ebbinghaus e di Koppenaal ci fanno capire che:
si può imparare tutto
si può imparare poco
si impara meglio ciò che ha un significato e non è troppo
60
VARI TIPI DI MEMORIA
Possiamo misurare la memoria?
Esistono dei metodi per misurarla?
Se ti rivolgo la domanda: “Qual è la capitale d’Italia?”
Cosa fai?
Vai a prendere la risposta tra tutte le conoscenze che possiedi.
Ovviamente fai la stessa cosa se ti chiedo il numero di telefono di un tuo
amico, oppure se ti chiedo in che anno è nato tuo padre.
In questi casi richiami alla mente qualcosa che hai appreso e conservato
(=immagazzinato).
Questo tipo di misurazione della memoria si chiama di rievocazione.
C’è un altro metodo per misurare la memoria, per sapere per quanto tempo
una informazione rimane dentro di noi.
Se ti domando: “La capitale d’Italia è
Roma
Genova
Napoli”
Tu cosa fai?
Tu scegli, o meglio, riconosci quella che è la risposta giusta.
Diciamo allora che quando scegliamo tra più risposte, usiamo il metodo del
riconoscimento.
Verifichiamo se hai capito:
I metodi per misurare la memoria sono:
rievocazione – riconoscimento
rappresentazione – raccoglimento
pensiero - linguaggio
61
Memoria a brevissimo, a breve e a lungo termine.
Secondo te, c’è un legame (unione) tra la memoria e il tempo? ……….
Perché? ……………………………..
1 - Immagina di cercare un numero di telefono sulla rubrica.
Trovi il numero e lo tieni a mente.
Secondo te, questo numero lo ricorderai per il tempo che ne hai bisogno o
pensi che te lo ricorderai per tutta la vita? ………………………………….
Ovviamente lo ricorderai per il solo tempo che ti serve.
2 - Se invece ti chiedo quanto fa 7 x 8 sono sicuro che sai la risposta e che la
stessa risposta ti rimane tutta la vita.
E’ infatti una risposta che non si dimentica facilmente.
3 – Fermati un attimo ad osservare. Mentre studi, la tua mano è appoggiata al
libro. Il libro è un po’ freddo, ma ti rendi conto solo se ci pensi.
Questa informazione passa nella memoria?
Passa nella memoria solo se ti fermi a pensare.
Sulla base di questi tre esempi, probabilmente, ti rendi conto che ci sono
informazioni che rimangono per il tempo necessario (1), informazioni che
rimangono più o meno per sempre (2), e informazioni che scappano subito
(3).
La memoria delle informazioni che scappano subito si chiama memoria a
brevissimo termine. Qualche psicologo la chiama anche memoria sensoriale
in quanto si limita alla percezione dei sensi.
La memoria che, invece, trattiene le informazioni per il tempo necessario (=
per quanto serve), come ad esempio il numero di telefono, si chiama
memoria a breve termine.
C’è poi la memoria che riguarda le informazioni che rimangono per
tantissimo tempo (le tabelline, le operazioni, i fatti importanti, le conoscenze,
….). questa memoria si chiama memoria a lungo termine.
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Prova ora a ragionare su questo esempio:
- Cerco sulla rubrica il n° di un nuovo compagno.
- Ovviamente quel numero lo ricordo per il tempo che mi serve per
chiamare.
- Quel nuovo compagno diventa mio amico e io comincio a telefonargli
tutti i giorni.
La domanda che ti faccio è questa:
“Quel numero di telefono rimane nella memoria a breve termine o passa
nella memoria a lungo termine? “ ____________________________
Verifichiamo se hai capito
- La memoria che riceve solo le informazioni degli organi di senso si
chiama ______________________________________________
- la memoria che conserva le informazioni per il solo tempo necessario
si chiama _____________________________________________
- la memoria che conserva le informazioni per tantissimo tempo si
chiama ______________________________________________
Prima di procedere ti faccio una nuova domanda: Quale tra i tre tipi di
memoria (brevissimo – breve – lungo termine) conserva il maggior numero
di informazioni? __________________________________
Ovviamente è la memoria a lungo termine che conserva il maggior numero di
informazioni.
Cerchiamo ora di capire come possiamo classificare (=mettere in una classe,
cioè raggruppare) queste informazioni, cioè il contenuto della memoria.
63
Memoria episodica e semantica
Alcune informazioni che noi conserviamo nella memoria a lungo termine
riguardano il ricordo dei fatti che ci accadono, cioè delle nostre esperienze di
vita.
Ad esempio, alcune di queste esperienze riguardano ciò che hai mangiato ieri
sera, chi hai incontrato questa mattina, dove sei andato in vacanza due estati
fa.
Questi sono dei fatti , cioè degli episodi, che riguardano la tua vita.
La memoria che riguarda gli episodi della nostra vita si chiama episodica.
Si dice anche che la memoria episodica è autobiografica.
La memoria episodica è autobiografica perché riguarda la propria vita
(autobiografia = scrittura della propria vita).
Tutte le informazioni che però noi conserviamo nella memoria a lungo
termine non riguardano solo i fatti ,la memoria episodica.
Nella memoria a lungo termine noi conserviamo anche le informazioni che
riguardano la conoscenza del mondo, le parole, i concetti.
Le informazioni che riguardano la conoscenza del mondo, le parole, i
concetti, si riferiscono ad esempio a
-
chi è il Presidente della Repubblica
qual è la capitale d’Italia
quanto fa 6 x 8
che cosa sono i mammiferi
che cosa è la psicologia
ecc. ecc.
La memoria che riguarda le conoscenze, le parole e i concetti, si chiama
semantica.
“Semantica” è una parola che deriva dalla lingua greca e che significa “dotato
di significato”.
La memoria semantica è un po’ come un’enciclopedia: contiene tante
informazioni legate alla conoscenza, al sapere.
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Verifichiamo se hai capito
Riguardo al contenuto (=informazioni), la memoria che si riferisce ai fatti che sono
accaduti si chiama _____________________________________
Riguardo al contenuto (=informazioni), la memoria che si riferisce alle conoscenze, alle
parole, ai concetti, si chiama ______________________
La tabella che segue può esserti di esempio
Che tipo di memoria sta usando Sally?
Modificazioni della memoria con il passare del tempo
Abbiamo detto già che c’è un legame tra la memoria e il tempo.
Molte volte noi diciamo che il tempo cambia le cose, le trasforma.
Secondo te, il tempo cambia anche la memoria? __________________
Sì, il tempo cambia la memoria .
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Cominciamo con il dire che quando noi perdiamo delle informazioni o non le
ricordiamo più bene, ci dimentichiamo.
Il dimenticare ( o la dimenticanza) è il contrario del ricordare.
Con il passare del tempo, dunque, molte informazioni si dimenticano.
Ma perché si dimenticano le informazioni?
Alcune teorie (= spiegazioni scientifiche) ci spiegano il fenomeno della
dimenticanza quantitativa ( = del numero delle informazioni).
Quali sono queste teorie?
1) la prima teoria è quella della deterioramento.
La legge del “deterioramento (= che si guasta)” ci dice che, con il passare del
tempo, le informazioni si cancellano, si perdono.
Cosa succede, ad esempio, ad un cartello stradale dopo tanto tempo? Con il
passare del tempo, poco alla volta, diventa illeggibile (= che non si può
leggere).
Anche la memoria, con il passare del tempo, si deteriora e molte informazioni
non si ricordano più.
2) la seconda teoria è quella dell’interferenza.
Cos’è l’interferenza? Pensa a quando sei al telefono e senti voci che si
sovrappongono (che si mettono sopra) alla tua voce.
Quella della voce che si sovrappone alla tua voce, è un’interferenza.
Ecco, anche tra le diverse informazioni che passano nella memoria possono
esserci delle interferenze, delle sovrapposizioni.
Cosa succede tra le informazioni quando ci sono delle interferenze, delle
sovrapposizioni?
Succede che alcune informazioni si cancellano, si eliminano.
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In che modo si eliminano? Dipende.
Quando un’informazione nuova elimina un’informazione vecchia, noi
diciamo che l’interferenza è retroattiva, cioè agisce (= fa un’azione, ossia
l’azione di eliminare) all’indietro.
Informazione vecchia
informazione nuova
Quando, invece, un’informazione vecchia elimina un’informazione nuova, noi
diciamo che l’interferenza è proattiva, cioè agisce (= fa un’azione, ossia
l’azione di eliminare) in avanti
Informazione vecchia
informazione nuova
Questa seconda teoria fornisce ( =dà) delle buone indicazioni (= informazioni,
consigli, suggerimenti) agli studenti.
Prova a riflettere: secondo te ci sono più interferenze tra informazioni vicine o
tra informazioni lontane?
Sicuramente ci sono più interferenze quando le informazioni sono vicine.
E’ utile allora, quando si studia, fare delle pause tra lo studio di un argomento
(o di una materia) e lo studio di un altro argomento.
Fare delle pause nello studio è utile per evitare le interferenze e, quindi, le
dimenticanze.
Le interferenze, di solito, fanno fare confusione.
3 - la terza teoria è quella della rimozione.
Cosa significa rimuovere? Rimuovere significa “spostare”. Come si fa a
spostare un’informazione?
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Dove mettiamo questa informazione?
Qua le cose si complicano un pochino. Cerchiamo di capire. Devi sapere che nella nostra
mente c’è una parte consapevole (che si rende conto di ciò che succede e di quello che fa )
e c’è una parte, invece, non consapevole (che non si rende conto di ciò che succede e di
ciò che fa). La parte della mente non consapevole, si chiama inconscio.
Ti è mai capitato di fare qualcosa inconsciamente? Ti è mai capitato di fare qualcosa e
poi chiederti: “Ma perché ho fatto questa cosa?”
Quando fai qualcosa e non sai spiegarti perché hai fatto quella cosa, vuol dire che hai agito
(= fatto qualcosa) inconsciamente.
Torniamo alla teoria della rimozione. Rimuovere una informazione vuol dire
spostarla dalla parte consapevole della nostra mente alla parte non
consapevole.
In altre parole, “rimuovere” vuol dire spostare l’informazione dalla coscienza
all’inconscio.
Questo spostamento avviene in modo automatico, cioè senza che ce ne
rendiamo conto.
Quando un’informazione finisce nell’inconscio, si dimentica. Il ricordo di
quell’informazione è rimosso.
Ma perché si rimuove (= si sposta) nell’inconscio il ricordo di
un’informazione?
Di solito si spostano nell’inconscio (= rimozione) gli episodi brutti.
Prova a pensare alla sofferenza di un maltrattamento, alla sofferenza di
un’amicizia che si è rotta, alla sofferenza per la perdita di qualcuno.
Tutte queste sofferenze, se non vengono rimosse e messe nell’inconscio,
provocano (=fanno venire) l’ansia e la depressione (=ci fanno stare male).
68
Verifichiamo se hai capito
Con il passare del tempo, la memoria
si modifica
sparisce
si distrugge
Le modificazioni quantitative della memoria, si riferiscono a
numero delle informazioni che si perdono
tipo di informazioni
qualità (=aspetti) dell’informazione
La teoria dell’interferenza sostiene che noi dimentichiamo il materiale che è nella
memoria a lungo termine perché il materiale (=le informazioni) che è nella
memoria a lungo termine perchè le informazioni
si respingono
si attraggono
si sovrappongono
C’è l’interferenza retroattiva quando
l’informazione nuova elimina l’informazione vecchia
l’informazione vecchia elimina l’informazione nuova
le due informazioni si eliminano entrambe (tutte e due)
69
C’è l’interferenza proattiva quando
l’informazione nuova elimina l’informazione vecchia
l’informazione vecchia elimina l’informazione nuova
le due informazioni si eliminano entrambe (tutte e due)
La teoria della rimozione sostiene che
si spostano nell’inconscio i pensieri e le esperienze che ci danno
ansia, sofferenza
si cancellano tutte le esperienze
si spostano nell’inconscio i pensieri strani.
Modificazioni qualitative della memoria
Con il passare del tempo non solo dimentichiamo alcuni fatti o perdiamo delle
informazioni (= modificazioni nella quantità del materiale ricordato)
Con il passare del tempo, ci sono altri cambiamenti, altre modificazioni.
Quali?
Prova a pensare a questa situazione:
tu e un tuo amico ascoltate una barzelletta. La barzelletta è dunque la stessa per te e per lui.
Dopo un po’ di tempo, tu e lui raccontate quella barzelletta ad altri amici.
Secondo te, tu e lui raccontate la barzelletta allo stesso modo, con gli stessi particolari;
oppure sei del parere che raccontate la barzelletta in modo diverso?
Sicuramente raccontate la barzelletta in modo un po’ diverso.
Secondo te, la diversità è nel contenuto (= quantità delle informazioni) o
nella qualità (= aspetto) del contenuto stesso?
70
Molto probabilmente la barzelletta ha lo stesso contenuto, ma cambia nei
particolari.
Sono le conoscenze che abbiamo e le abitudini che provocano queste
modificazioni qualitative.
Certe volte le abitudini non ci fanno vedere le cose che in realtà ci sono.
Bruner e Postman hanno fatto un esperimento.
Per fare l’esperimento hanno usato le carte da gioco. Queste carte da gioco
erano un po’ modificate perché contenevano due assi di picche rossi. ( Tutti
noi sappiamo invece che gli assi di picche sono neri).
Quando Bruner e Postman chiedevano alle persone quanti assi vedevano, la
maggior parte delle persone diceva che ne vedeva tre ( cioè quelli neri).
Le persone, condizionate (= influenzate) dall’abitudine, non vedevano quelle
rosse!
71
Questo esperimento ci dimostra che
tutto quello che noi ricordiamo non rispecchia (= non contiene) in
modo preciso quello che abbiamo visto in precedenza(= prima)
ciò che noi ricordiamo è diverso da quanto abbiamo visto in realtà
Anche lo psicologo Federic Barlett, dell’università di Cambridge, in
Inghilterra,ha fatto degli studi sulle modificazioni qualitative della memoria.
Uno di questi studi è stato fatto negli anni trenta.
Cosa faceva Barlett? Barlett raccontava a delle persone europee (= che
abitavano in Europa) una storia dei pellirossa (= indiani d’America).
La storia riguardava i modi di vivere e le credenze degli indiani.
Gli europei non conoscevano i modi di vivere e le credenze degli indiani.
Gli europei ascoltavano la storia di Barlett e poi la ripetevano..
Quando gli europei ripetevano la storia, trasformavano (= modificavano) i
nomi delle cose che non conoscevano in nomi di cose che conoscevano e che
erano più vicine alla loro cultura.
Ad esempio, le “canoe” (imbarcazioni tipiche degli indiani), diventavano
“barche” (imbarcazioni tipiche degli europei).
Queste modificazioni (canoe/barche) si chiamano “rielaborazioni
personalizzate”
La “rielaborazione personalizzata” modifica una cosa che non si conosce e la
fa diventare una cosa che si conosce.
In un altro esperimento Barlett ha mostrato a degli europei una maschera
africana (= dell’Africa).
Gli europei dovevano poi disegnare questa maschera.
Gli europei dovevano disegnare più volte la maschera, a distanza di tempo.
Barlett si era accorto che, con il passare del tempo, il disegno della maschera
africana perdeva le caratteristiche (= i tratti significativi) che aveva all’inizio.
72
Negli ultimi disegni (= riproduzioni) la figura della maschera diventava più
regolare, più semplice, più familiare.
Come nell’esperimento precedente, anche con la maschera, c’era una
“rielaborazione personalizzata”.
I tratti della maschera africana diventavano quasi uguali ai tratti degli europei.
E’ una dimenticanza perché lascia perdere le caratteristiche che c’erano
all’inizio per prendere altre caratteristiche.
La maschera africana che Barlett faceva vedere agli europei. Con il passare del tempo, il ricordo della
maschera veniva modificato; una figura che non era familiare, veniva trasformata in una figura familiare.
Ti sei accorto che la “rielaborazione personalizzata” (che è una
modificazione qualitativa) è una dimenticanza?
Barlett ha chiamato queste dimenticanze “creative”.
Queste dimenticanze sono creative perché non lasciano dei vuoti. Al posto dei
vuoti la nostra mente ci mette qualcosa che può andare bene.
Tutto questo dimostra che la nostra mente “lavora”.
La memoria è quindi un fenomeno “attivo e costruttivo” (che fa e costruisce).
73
Verifichiamo se hai capito:
La modificazione qualitativa della memoria si riferisce
agli aspetti (= particolarità) dell’informazione
al numero delle informazioni (= quantità)
alla validità dell’informazione
L’esperimento delle carte da gioco di Bruner e Postman ci dimostra che nel
vedere le cose, noi
subiamo l’influenza delle esperienze precedenti ( che ci sono state prima)
guardiamo male
non ci ricordiamo abbastanza
Gli esperimenti di Barlett (Storia dei pellirossa e maschera africana) ci
dimostra che, nel ricordo, noi facciamo
una rielaborazione generalizzata
una rielaborazione personalizzata
una trasformazione fantasiosa
Barlett ha definito i risultati dei suoi esperimenti come
cambiamenti originali
dimenticanze produttive
dimenticanze creative
74
CAPITOLO 6:
LINGUAGGIO E PENSIERO: L’ARTE DI COMUNICARE E DI
RAGIONARE.
Come facciamo a conoscere e a comunicare?
La nostra mente lavora: conosce la realtà; produce, costruisce pensieri;
comunica pensieri agli altri.
Per fare tutto questo usa 3 strumenti, 3 mezzi basilari:
1) i simboli
2) il linguaggio
3) i concetti
1) I SIMBOLI
Cosa è un simbolo?
Un simbolo è un oggetto, un’azione, un suono, un segno che sta al posto di
qualcos’altro, che indica qualcos’altro.
Un semaforo rosso ci dice : “Fermati !”
Ma anche la mano alzata del vigile ci dice: “Fermati !”
La mano di un amico agitata verso destra e verso sinistra ci dice: “Ti saluto”.
La croce rossa su un’auto ci indica un’ambulanza.
La croce rossa su un edificio ci indica un ospedale.
Se pronuncio (= dico i suoni) o se scrivo le lettere M+O+N+T+E voglio
indicare, descrivere un rilievo, una zona elevata della terra.
Il semaforo, l’alzare il braccio, l’agitare la mano, la croce rosa, la parola
MONTE, sono tutti simboli.
Un ramo d’ulivo indica il concetto, l’idea di “PACE”.
Ma anche le lettere P+A+C+E, indicano lo stesso concetto, la stessa idea.
75
Verifichiamo se hai capito
Scrivi cosa indicano questi simboli:
Il fischio dell’arbitro in una partita ………………………………………………
Il fischio del pubblico a teatro ……………………………………………………
Il battito delle mani del pubblico …………………………………………………
Il trillo del telefono ………………………………………………………………
Un fiocco rosa su una porta ………………………………………………………
Come sono nati i simboli?
E’ semplice: gli uomini hanno scelto i simboli, hanno fissato i loro
significati.
Come hanno fatto?
Gruppi di uomini si sono messi d’accordo e insieme, con un patto, con una
convenzione, hanno fissato, hanno stabilito quali simboli usare e quali
significati dare a quei simboli.
Per questo diciamo che i simboli sono convenzionali.
Per questo si dice anche che i simboli sono arbitrari: gli uomini possono
decidere di indicare un significato con un simbolo, oppure con un altro
simbolo.
Per esempio:
1) gli italiani hanno stabilito con una convenzione di chiamare un certo
frutto con le lettere M+E+L+E; i francesi di chiamare lo stesso frutto con
le lettere P+O+M+M+E; gli inglesi con A+P+P+L+E.
76
2) questo cartello stradale indica in quale direzione si deve andare.
Verifichiamo se hai capito
I simboli sono arbitrari e convenzionali
perché sono scelti da un arbitro
perché sono stabiliti a caso
perché gruppi di uomini li hanno scelti liberamente; questi uomini, con un
accordo, hanno stabilito il significato di ogni simbolo scelto.
2) IL LINGUAGGIO
Il linguaggio è una delle più grandi conquiste dell’uomo. Il linguaggio è
importantissimo.
Infatti, gli uomini, quando usano il linguaggio, possono:
- raccontare le cose che hanno scoperto di generazione in generazione,
dal passato al futuro (i padri raccontano le cose ai figli e i figli ai loro
figli …)
- comunicare tra loro: gli uomini possono raccontare agli altri uomini le
loro idee, anche quelle più difficili, complicate.
77
- parlare con “il proprio io”, “il proprio intimo”, cioè pensare, riflettere.
Il linguaggio degli animali
Anche gli animali hanno un linguaggio: gli animali comunicano tra loro in
modo non verbale, cioè senza usare le parole.
Gli scienziati hanno studiato il linguaggio degli animali. Hanno così scoperto
che le api comunicano tra loro con modi diversi di volare; i delfini usano
suoni-richiamo.
Alcuni scienziati hanno insegnato alle scimmie ad usare pezzi di plastica di
diversi colori come simboli di parole diverse. Sarah, una giovane scimpanzé,
sa “leggere” e “scrivere” 130 simboli/parole.
Sarah è stata definita “ scimmia alfabeta”: in questo caso, sulla lavagna magnetica ha scritto
“ Mary dare mela Sarah”.
Però ci chiediamo: queste scimmie compiono l’operazione di leggere e di
scrivere, con intelligenza, con coscienza ( = le scimmie si rendono conto,
sono consapevoli di quello che stanno facendo)?
Oppure hanno solo imparato a imitare, a copiare, a ripetere i gesti degli
uomini (= degli scienziati che hanno insegnato alle scimmie a leggere e a
scrivere)?
78
Verifichiamo se hai capito:
Gli animali hanno un linguaggio non verbale: Significa che:
non comunicano tra loro
comunicano con dei versi
comunicano, ma non usano le parole
Il linguaggio umano
Il linguaggio è il principale, il più importante mezzo di comunicazione tra gli
uomini.
Questo perché:
- Con il linguaggio ogni uomo può tradurre (= trasformare, cambiare) le
sue esperienze e i suoi pensieri in parole.
- Con le parole l’uomo può comunicare agli altri le sue esperienze, i suoi
pensieri.
- Per mezzo di questa comunicazione gli uomini costruiscono e
tramandano ( fanno passare) alle generazioni che seguono (=ai figli e ai
figli dei figli) il sapere, la cultura, la civiltà.
- Per mezzo del linguaggio l’uomo può pensare, può risolvere i problemi,
cioè può aumentare le sue conoscenze e le sue capacità.
Verificare se hai capito
L’uomo con il linguaggio può:
Comunicare con gli animali
Comunicare con gli altri uomini
Tramandare la cultura
79
Il linguaggio è un insieme di parole e di strutture grammaticali.
Attenzione: come dobbiamo usare le parole, i simboli stabiliti dall’uomo, per
comunicare?
Non possiamo usare parole isolate, cioè staccate tra loro, senza ordine, senza
collegamenti.
Dobbiamo mettere le parole in ordine; dobbiamo legare le parole tra loro,
formare delle frasi.
Solo così possiamo trasmettere alle altre persone, con chiarezza, il nostro
pensiero.
Per mettere in ordine, per collegare le parole, ci sono delle regole: queste
regole sono le strutture grammaticali.
Verifichiamo se hai capito:
Le strutture grammaticali sono:
le parole che l’uomo usa per comunicare
le regole che l’uomo ha fissato per legare tra loro, per mettere in ordine le
parole
le frasi che l’uomo usa per esprimere il suo pensiero.
Il linguaggio del corpo
Per comunicare non usiamo solo il linguaggio verbale, il linguaggio delle
parole; per comunicare noi usiamo anche un linguaggio non verbale, il
linguaggio del corpo: con movimenti, con gesti, con espressioni del volto
facciamo capire alle altre persone ciò che pensiamo.
80
Verifichiamo se hai capito:
Indichi cosa comunichi quando usi questi gesti del linguaggio del corpo:
quando strizzi l’occhio ad un amico ………………………………….….
quando metti il dito indice verticalmente davanti alle labbra ………….…
………………………………………………………………………………
quando volti le spalle ad una persona che ti sta parlando ………………..
………………………………………………………………………………
La comprensione del linguaggio
Richard e Rosalyn P. Warren, della Università del Wisconsin (USA) hanno
fatto un esperimento.
Hanno registrato frasi di questo tipo:
Porta scuola il *acco di quaderni
Porta nel cassonetto il *acco di immondizie
Porta al ciabattino (=calzolaio) il *acco della scarpa.
L’asterisco * vuol dire: nella registrazione non c’è la lettera, ma un colpo di
tosse.
I due scienziati hanno fatto ascoltare la registrazione ad un campione (= ad un
certo numero di persone).
Tutte le persone che avevano ascoltato la registrazione capivano per intero le
parole (pacco – sacco – tacco) e non si accorgevano, non sentivano i colpi di
tosse.
Cosa significa questo?
Significa che chi ascolta una frase, capisce il significato della frase e delle
parole del contesto, cioè dell’insieme di tute le parole e del loro ordine.
81
Questo fenomeno si chiama elaborazione attiva del discorso.
L’elaborazione attiva del discorso dimostra una cosa importante.
L’elaborazione attiva del discorso dimostra che la mente comprende, capisce
una frase in modo veloce, rapido:
la mente, mentre sente i suoni, subito si fa un’idea del significato delle parole,
del senso della frase.
La mente non ascolta in modo passivo, ma attivo.
La mente è attiva perchè lavora: si muove tra suoni e regole.
Si dice che la comprensione del linguaggio è un processo dinamico.
La comprensione del linguaggio è un processo (= sequenze, passaggi )
dinamico perché la mente si muove: elabora informazioni, cerca di capire in
fretta le informazioni.
Verifichiamo se hai capito
La mente dell’uomo, per capire un discorso
ascolta passivamente, cioè senza muoversi, senza fare nulla, le
informazioni che riceve
aspetta la fine della frase per capire
raccoglie velocemente tutte le informazioni possibili e usa tutto l’insieme
della frase, cioè il contesto
82
A volte troviamo più difficile capire un discorso. Perché? Quando succede
questo?
- quando chi parla usa parole poco conosciute o difficili
- quando chi parla usa frasi troppo lunghe
- quando chi parla ha un modo troppo complicato di costruire le frasi, ha
cioè uno “stile” non piano, non chiaro; usa uno stile intricato, contorto.
Ad esempio: l’esperto di medicina, l’esperto di economia, l’esperto di
informatica usano delle parole, dei termini “specialistici”, cioè usati solo in
quella disciplina, in quella materia. Solo gli altri esperti capiscono, questi
termini, queste parole.
Noi non conosciamo questi termini; quindi spesso non capiamo i loro
discorsi.
Ma anche linguaggio comune, cioè il linguaggio usato dalla gente comune, da
tutti noi, può presentare, avere difficoltà di comprensione: quindi noi
possiamo fare fatica a capirlo.
Quando succede questo?
- quando chi parla usa la forma negativa
- quando chi parla usa la forma passiva
- quando chi parla usa parole o frasi “ambigue”, cioè che possono avere
due o anche più significati.
L’uso della forma negativa
Due studiosi americani, Clark e Chase, hanno dimostrato che per tutti noi è
più difficile capire le frasi negative..
I due scienziati hanno presentato a dei soggetti, a delle persone, una serie, un
insieme di frasi illustrate, cioè accompagnati da disegni. (vedi fig.6.5).
I soggetti dovevano indicare le frasi corrette, esatte (come la a e la c) e le
frasi errate, sbagliate (la b e la d ).
83
a)
Il cuore è sopra la stella
b)
La stella è sotto il cuore
c)
Il cuore non è sotto la stella
d)
La stella non è sopra il cuore
Tenendo presente l’illustrazione: è giusta la frase che descrive l’immagine?
Nota bene: la risposta è più lenta quando la frase contiene una negazione.
Le persone hanno impiegato il 50% di tempo in più per capire le frasi quando
erano negative.
La frase diventa più difficile ancora quando contiene due o più negazioni.
Verifichiamo se hai capito:
E’ più difficile da capire la frase
1) “nessuno nega che tu sei buono” della frase
2) “tutti dicono che tu sei buono”,
perché la frase 1)


usa forme negative e contiene più negazioni
contiene parole difficili, specialistiche
84
L’uso della forma passiva
Noi possiamo dire: “Stefano lancia la palla”. In questo caso la forma della
frase è attiva: il soggetto, Stefano, fa l’azione di lanciare la palla.
Noi possiamo dire la stessa cosa anche così: “La palla è lanciata da Stefano”.
In questo caso la forma della frase è passiva.: il soggetto, la palla, non fa
l’azione, ma subisce, riceve l’azione.,
Le due frasi hanno lo stesso significato.
Però la frase attiva è più facile: la capiamo più in fretta, più velocemente.
La frase passiva è più difficile,la capiamo più lentamente .
La frase passiva è più difficile perché:
- la frase passiva è composta, formata da più termini, più elementi
- usiamo più spesso frasi attive e meno spesso frasi passive (7 volte
meno)
Verifichiamo se hai capito
1) la mamma sgrida il bambino
2) il bambino è sgridato dalla mamma
Noi capiamo più velocemente la frase:


1)
2)
perché:



è di forma attiva
è di forma passiva
di solito usiamo poco questa forma
85
La presenza di ambiguità
La frase “l’altra notte ho sparato ad un elefante col pigiama” è ambigua, cioè
può essere capita in due modi:
1) “io ero in pigiama”
2) “l’elefante era in pigiama”
Perciò solo se sto molto attento capisco il vero significato della frase. Se
ascolto con poca attenzione penso ad un elefante col pigiama.
La nostra mente deve cercare di capire la frase nella sua struttura profonda;
la mente non deve fermarsi alla struttura superficiale della frase, cioè al
significato più facile, quello che ci appare per primo.
Verifichiamo se hai capito:
Una frase è ambigua quando:


contiene parole che non conosciamo
possiamo capirla in due modi diversi.
86
3) I CONCETTI
Ricordiamo: le parole sono simboli, che possono indicare degli oggetti
particolari.
Per es.: bambola, palla, trenino, orsacchiotto.
Le parole però possono esprimere anche dei concetti.
Che cosa sono i concetti?
I concetti sono anch’essi dei simboli, ma con dei significati più generali, più
ampi.
Cerchiamo di capire meglio con un esempio: la parola “giocattolo” indica un
concetto, che racchiude, comprende tutte le parole elencate sopra (bambola,
palla, trenino, orsacchiotto).
Tutte queste parole indicano oggetti; questi oggetti hanno in comune una
cosa: servono a far giocare i bambini.
Con la parola giocattolo io indico quindi un concetto, cioè un significato più
grande, più ampio, più generale, che comprende in sé diversi significati.
Ho creato così una parola nuova, ho ampliato il mio vocabolario.
Ma ogni concetto mi aiuta
pensiero.
ad organizzare meglio il linguaggio ed il
Perché?
- perché ogni concetto è come uno “schedario”: dentro ogni schedario
mettiamo tutti gli oggetti, tutte le parole con qualcosa in comune
- perché il concetto generale rende più semplice il linguaggio e il
pensiero
- perché se voglio formare col pensiero e col linguaggio un concetto
devo:
 prima confrontare tra loro tanti oggetti, tanti fatti
 poi devo trovare le differenze, le diversità
 intanto devo cercare le somiglianze, le cose, le proprietà
che quegli oggetti hanno in comune, perché le hanno tutti.
Per capire meglio come facciamo a formare un concetto, prova a fare un
gioco.
87
Guarda la figura qui sotto. Come fai a capire cosa sono i NARFI?
Prima cerchi quali sono le caratteristiche che hanno soli i NARFI; capisci
quali sono i NON NARFI; quindi arrivi a formulare, a dire il concetto di
NARFI: “ i NARFI sono figure geometriche con un punto all’interno e un
punto all’esterno”.
Allo stesso modo facciamo quando dobbiamo formare o capire un concetto,
per esempio “giocattolo”
Attenzione dunque:
le parole sono gli strumenti fondamentali del linguaggio
i concetti sono gli strumenti fondamentali del pensiero.
88
Verifichiamo se hai capito
A)
segna le parole che indicano dei concetti, cioè delle categorie generali:










B)
cane
treno
letto
gatto
oca
mammifero
tavolo
autobus
mobile
mezzo di trasporto
i concetti mi aiutano:




a organizzare, a classificare, a schedare le cose che
conosco
a trovare le somiglianze che ci sono tra le cose che
conosco
a rendere più semplice il mio pensiero
a rendere più chiaro il mio linguaggio.
V
F
V
F
V
V
F
F
4) IL PENSIERO
Il termine, la parola pensiero indica un modo li lavorare della mente, una
attività mentale.
Questa attività può avere molte forme, perché può essere.
- pura fantasticheria
- immaginazione
- ragionamento
La fantasticheria è il “sogno ad occhi aperti”
Quando fantastichiamo il nostro pensiero è completamente libero; esso supera
i limiti, i confini della realtà, del mondo reale.
Noi fantastichiamo non per agire, non per organizzare il nostro modo di agire;
fantastichiamo solo perché ci piace, perché ci dà soddisfazione;
89
fantastichiamo per “il gusto”, il piacere che proviamo nell’usare il pensiero
fantastico.
Spesso sentiamo il bisogno di fantasticare quando la realtà che ci circonda
non ci piace; per questo la cambiamo con la fantasia.
Quindi la fantasticheria ci può aiutare a liberarci delle nostre insoddisfazioni:
noi scarichiamo così le nostre frustrazioni. In questo modo non usiamo,
evitiamo, altri modi di sfogarci, altre “valvole di sfogo”, che possono essere
violente e quindi pericolose.
L’immaginazione è un’altra forma di pensiero libero: quando immaginiamo
col pensiero “creiamo” qualcosa di nuovo, qualcosa che non abbiamo mai
vissuto prima.
Ma è diverso da quando fantastichiamo.
Quando “immaginiamo” vogliamo “agire”; lo facciamo per organizzare, per
programmare un’azione.
Ad es.: prima concepiamo l’idea di cosa scrivere nel tema; prima
immaginiamo la “traccia”; poi scriviamo “quello che abbiamo immaginato”,
ideato.
Un’altra differenza tra fantasticheria e immaginazione: quando immaginiamo
usiamo sempre “immagini” di cose già presenti nella nostra mente, cose che
fanno parte della nostra esperienza. L’immaginazione non nasce dal nulla.
Verifichiamo se hai capito




fantasticare e immaginare sono forme di pensiero libero
fantasticare è una perdita di tempo
fantasticare ci aiuta ad agire
fantasticare ci aiuta a stare meglio quando la realtà non ci
piace
V
V
V
F
F
F
V
F
Distingui tra le due diverse forme di pensiero





quando penso di fare un viaggio a Roma, si
tratta di
quando penso di diventare la regina
d’Inghilterra si tratta di
quando penso di sposare Tom Cruise si tratta
di
quando penso di sposare un ragazzo bello,
onesto, leale si tratta di
quando penso di vincere 3 premi mondiali di
Formula Uno si tratta di
90
Fantast.
Immagin.
Fantast.
Immagin.
Fantast.
Immagin.
Fantast.
Immagin.
Fantast.
Immagin.
Il ragionamento: pensiero convergente e pensiero divergente
Joy Guilford, dell’Università della California del Sud, ha organizzato tutte le
forme di pensiero in 2 tipi diversi:
- il pensiero convergente
- il pensiero divergente
La mente usa il pensiero convergente quando cerca e trova la risposta giusta
per risolvere un problema.
Ad es.: io uso il pensiero convergente quando:
- devo trovare l’area di un rettangolo;
- devo fare l’esercizio indicato nella figura, cioè spostare 3 fiammiferi
per ottenere 3 soli quadrati.
Sai ottenere tre quadrati spostando tre fiammiferi?
Partendo da 12 fiammiferi disposti in questo modo e spostandoli in maniere diverse, possiamo comprendere
la differenza tra pensiero convergente e pensiero divergente.
Quindi il pensiero convergente è un tipo di pensiero chiuso; cioè permette
di dare un solo tipo di risposta, quindi “chiude” le possibilità di risposta entro
limiti, entro confini precisi.
Invece la mente usa il pensiero divergente quando cerca in totale, assoluta
libertà, il maggior numero di risposte possibili ad un problema.
91
Ad es.: io uso il pensiero divergente quando:
- cerco tutti i modi possibili per utilizzare un foglio di carta
- uso i 12 fiammiferi della figura sopra liberamente, per costruire altre
possibili figure.
Quindi il pensiero divergente è un tipo di pensiero aperto; cioè lascia aperta,
libera la mente di trovare tutte le possibili e diverse risposte.
Verifichiamo se hai capito




la fantasia è una forma di pensiero
l’immaginazione è una forma di pensiero
inventare uno slogan pubblicitario è una
forma di pensiero
calcolare le spese di luce e gas di un anno è
una forma di pensiero
convergente divergente
convergente divergente
convergente divergente
convergente divergente
La risoluzione dei problemi
Nella vita di ogni giorno incontriamo continuamente problemi.
Risolvere un problema vuol dire cercare e scoprire i modi più adatti per
raggiungere un obiettivo difficile.
Generalmente lo facciamo in 3 momenti.
Nel 1° momento: cerchiamo di comprendere il problema: esaminiamo con
attenzione, mettiamo a fuoco tutti gli elementi, tutte le componimenti del
problema
92
Verifichiamo se hai capito
Prova a fare questo gioco: cerca tutti gli oggetti blu che ci sono intorno a te.
Poi chiudi gli occhi. Adesso cerca di ricordare quelli gialli. Quanti ne hai
dimenticati?
Questo esercizio ti fa capire che:


per esaminare un problema dobbiamo concentrarci su un solo aspetto
di esso
per esaminare un problema non dobbiamo mai avere dei limiti, ma
osservare tutti i suoi possibili aspetti
Nel 2° momento: cerchiamo la soluzione. Per questo “formuliamo delle
ipotesi”, cioè pensiamo, consideriamo modi, metodi, possibili per risolvere il
problema.
Ecco 4 possibili metodi:
1)
la ricerca a caso: si prova e si riprova, fino a trovare la soluzione
giusta. Per es: per anagrammare la parola ORTO passo a caso da OTRO a
ROTO a TORO.
2)
la ricerca di analogie: quando un problema ci sembra simile, analogo
ad un altro che abbiamo già risolto, usiamo lo stesso tipo di soluzione.
Ad esempio: Problema 1- In una classe ci sono 23 alunni. Per le 5 ore della mattinata, tutti,
tranne (= all’infuori) di 7, vanno a visitare un museo accompagnati da due esperti di storia
dell’arte: Quanti alunni rimangono in classe?
Problema 2 – Alle 17, Franca si mette in macchina a Venezia (= parte da Venezia) e prende
l’autostrada verso Bologna alla velocità media di 120 Km orari (= all’ora). Venti minuti
più tardi, Lina prende l’autostrada verso Venezia alla velocità media di 125 Km orari.
L’autostrada tra le due città è di 155 Km. Quando le due donne si incontrano, chi è più
vicina a Bologna?
Se trovi l’analogia (= la somiglianza) tra i due problemi, puoi trovare la soluzione
facilmente. La soluzione sta nel fatto che non si devono fare calcoli. La soluzione è
nascosta: i dati (= i numeri) non servono a nulla.
La soluzione del primo: è 7 alunni ( e non è difficile)
La soluzione del secondo: è ovvio che Franca e Lina si incontrano nello stesso punto
dell’autostrada ed è pure ovvio che si trovano alla stessa distanza da Bologna!
93
3)
la ricerca dei sotto problemi: in questo caso dividiamo il problema in
tanti piccoli sotto problemi, più facili da risolvere; così andiamo avanti
passo dopo passo. Per es: nel gioco delle torri di Hanoi:
a
b
c
Il gioco delle torri di Hanoi: bisogna spostare i tre dischi dal piolo ‘a’ al piolo ‘c’. Si deve muovere un disco
alla volta e non si deve mettere mai un disco più grande sopra un disco più piccolo.
Questo è il metodo che usiamo per risolvere i problemi di algebra.
Ma è un metodo che usiamo anche nella vita di tutti i giorni.
Verifichiamo se hai capito
Vogliamo fare un regalo ad un amico.
Ci comportiamo in questo modo:
a) valutiamo, consideriamo quanti soldi possiamo spendere
b) prendiamo in esame le cose che piacciono all’amico
c) visitiamo vari negozi per cercare l’oggetto scelto.
Quale metodo dei 3 indicati sopra abbiamo usato?
4)
l’intuizione (o insight): è una “via”, non un metodo, perché non lo
scegliamo con intenzione, con coscienza. Si ha l’intuizione quando
risolviamo un problema grazie ad una “idea” improvvisa. Per esempio:
94
Verifichiamo se hai capito
Prova a risolvere con l’intuizione il problema (a) della figura precedente
Nel 3° momento: valutiamo i risultati; vuol dire esaminare tutte le prove
che possono confermare la soluzione scelta. Ma dobbiamo valutare anche le
prove che smentiscono, annullano la nostra scelta.
Prima di prendere una decisione è bene immaginare, chiedersi: “Cosa succede
se questa decisione è sbagliata?”
In questo modo:
a)
b)
prendiamo in esame anche altre soluzioni
siamo preparati davanti a critiche o insuccessi
Ostacoli (= difficoltà) nel risolvere i problemi:
Quando cerchiamo di risolvere un problema a volte incontriamo delle
difficoltà.
Queste difficoltà possono nascere da cause diverse:
1° causa delle difficoltà a risolvere problemi: la mancanza di flessibilità
Cosa è la flessibilità? È una capacità degli adulti. Siamo flessibili quando,
per risolvere un problema, torniamo sempre indietro col ragionamento;
quando controlliamo quello che abbiamo già fatto; quando verifichiamo se
abbiamo fatto errori.
Quando non riusciamo ad essere flessibili?
a)
quando partiamo da un’idea sbagliata, da una supposizione, da un
presupposto errati.
Ad esempio, se parto dal presupposto (= considerazione iniziale) che il treno per Milano è
alle 8.05, e invece il treno a quell’ora non c’è, non potrò arrivare a Milano all’ora che mi
interessa.
95
b)
quando ci fissiamo sull’uso “solito”, “abituale” di un oggetto. Allora
non riusciamo ad immaginare nuovi usi, nuovi scopi per quell’oggetto.
Ad esempio quando pensiamo che una bottiglia serve solo per contenere liquidi o un piatto
per contenere cibo.
Verifichiamo se hai capito
Prova tu ad essere flessibile:
indica tanti nuovi e diversi modi per usare una bottiglia:
candeliere
portafiori
________
________
________
________
Se non riusciamo a vedere, a considerare un oggetto in un modo nuovo, non
abbiamo flessibilità.
Gli Psicologi chiamano la mancanza di flessibilità fissità funzionale.
La fissità funzionale rende difficile risolvere i problemi.
2° causa delle difficoltà a risolvere problemi: le caratteristiche della
personalità.
Le caratteristiche di una persona che possono rendere difficile la soluzione di
problemi sono molte:
- l’ansia: perché toglie la capacità di attenzione, di concentrazione
- l’eccessivo ottimismo: perché spinge ad affrontare problemi troppo
difficili, e perché fa accettare la prima soluzione che si trova (va
sempre bene tutto e si rischia di commettere errori)
-
l’impulsività : perché fa agire senza riflettere
-
l’eccessiva riflessività: perché significa che si ha scarsa fiducia nelle
proprie capacità e per prendere una decisione si impiega troppo tempo.
-
il senso del controllo esterno : perché si crede che quanto accade (=ciò
che succede), dipende dagli altri e non dalle proprie azioni, si crede
cioè che gli avvenimenti dipendono da fattori esterni che non si
possono controllare.
96
La creatività
La creatività ci permette di risolvere i problemi usando insieme il pensiero
divergente e il pensiero convergente.
Infatti siamo creativi quando troviamo una soluzione che è:
“nuova e insolita”, ma insieme anche
“pratica e utile”.
In quasi tutte le nostre azioni quotidiane (= di tutti i giorni) facciamo così:
cerchiamo idee nuove, originali, che però siano anche reali, pratiche, utili,
sicure.
Siamo quindi tutti creativi.
Verifichiamo se hai capito
Prova a completare:




è creativo un bambino quando………………………………………….
è creativa la casalinga quando…………………………………………..
è creativo l’insegnante quando………………………………………….
è creativo l’artigiano quando……………………………………………
Lo studioso Guilford ha definito le caratteristiche del pensiero divergente:
a) la fluidità: è la capacità di produrre, in poco tempo, tante idee
per es.: indicare il maggior numero possibile di usi di un
mattone
per fare una villa, una scuola, un ponte, un muro, ecc.
97
Verifichiamo se hai capito
Prova tu: elenca, in un minuto, il maggior numero possibile di parole che
cominciano con la lettera “V”
……………………
……………………
……………………
……………………
……………………
……………………
……………………
……………………
…………………
…………………
…………………
…………………
…………………
…………………
…………………
…………………
…………………..
………………….
………………….
………………….
…………………..
………………….
………………….
………………….
………………...
………………...
………………...
………………..
………………...
………………...
………………...
………………..
b) la flessibilità:
è la capacità di creare nuove idee, originali, diverse
da quelle solite, che si usano sempre.
Per es.:la persona flessibile alla domanda: “come puoi
usare un mattone”, inventa nuove categorie di uso: per
tirarlo dietro al gatto; per tenere aperta la porta
Verifichiamo se hai capito
Continua tu il possibile elenco degli usi originali di un mattone.
…………………… ………………… ………………….. ………………...
…………………… ………………… …………………. ………………...
…………………… ………………… …………………. ………………...
…………………… ………………… …………………. ………………..
…………………… ………………… ………………….. ………………...
…………………… ………………… …………………. ………………...
…………………… ………………… …………………. ………………...
…………………… ………………… …………………. ………………..
98
c) la possibilità di riorganizzare lo stimolo: è la capacità di staccarsi dal
solito modo di vedere un oggetto e di usarlo in modo
nuovo.
Ad es.: Picasso, il grande artista, ha messo insieme un
manubrio e un sellino di bicicletta e ha ottenuto una testa
di toro,
Anche noi usiamo questa capacità quando improvvisiamo, inventiamo un
nuovo uso ad un oggetto; per esempio quando usiamo una moneta come
cacciavite
Verifichiamo se hai capito
Prova ad elencare degli oggetti che puoi usare in modo originale
…………………… ………………… …………………. ………………...
…………………… ………………… …………………. ………………...
…………………… ………………… …………………. ………………..
…………………… ………………… ………………….. ………………...
…………………… ………………… …………………. ………………...
…………………… ………………… …………………. ………………...
…………………… ………………… …………………. ………………...
Se non sappiamo “riorganizzare lo stimolo”, non siamo flessibili: la nostra è
“fissità funzionale”
d) l’originalità:
è la capacità di dare risposte, di trovare soluzioni
non ovvie, non abituali, non normali, ma nuove e diverse.
È la dote ( = capacità) più importante per essere creativi.
99
Nella tabella che segue ci sono alcune prove per misurare la tua creatività.
100
Verifichiamo se hai capito
Indica quali di queste qualità sono necessarie, secondo gli psicologi, per
risolvere problemi:










coraggio
concentrazione
ordine
fluidità
pazienza
originalità
curiosità
flessibilità
l’ottimismo
l’ansia
L’intelligenza
Tutto quello che abbiamo studiato in questo capitolo riguarda l’intelligenza.
Che cosa è l’intelligenza?
Le persone sono diverse tra loro perché possiedono e usano in modo diverso:
- la capacità di comprendere le idee complesse;
- la capacità di cambiare e di adattarsi alle novità
- la capacità di usare le esperienze per imparare nuove conoscenze e
nuovi modi di agire
- la capacità di imparare in maniera veloce
- la capacità di usare forme diverse di ragionamento
- la capacità di risolvere problemi
Ma anche la stessa persona usa in modo diverso le sue capacità a secondo dei
momenti, delle occasioni.
I concetti di “intelligenza” cercano di chiarire questi fenomeni.
Robert Sternberg ha formulato la teoria delle 3 facce dell’intelligenza:
“In ognuno di noi ci sono 3 diversi tipi di intelligenza:
101
1)
intelligenza = pensiero analitico = pensiero convergente: è la
capacità di ricordare e di organizzare i dati appresi per usarli in situazioni
nuove.
Questo è il tipo di intelligenza misurata dai test.
2)
Intelligenza = pensiero creativo = pensiero divergente: è la capacità
di mettere insieme dati diversi in modo originale
Verifichiamo se hai capito
Rispondi a questo problema: nella famiglia Rossi ci sono 5 fratelli e ogni
fratello ha una sorella. Quante donne ci sono in famiglia contando anche la
signora Rossi? Se hai risposto “2” hai usato l’intelligenza di tipo-----------------------------3)
Intelligenza = capacità di adattamento = intelligenza pratica: è la
capacità di cambiare a secondo dell’ambiente sociale e culturale in cui si
vive.
Adattarsi vuol dire non solo cambiare se stessi, ma anche
- agire sull’ambiente per farlo cambiare a secondo delle nostre esigenze
- decidere di cambiare ambiente
Stenberg dice: “l’ideale, la situazione migliore si ha quando in una persona
c’è equilibrio tra questi 3 tipi di intelligenza”.
Ma ciò che conta è saper sfruttare al massimo le proprie capacità più grandi e
saper migliorare quelle più deboli.
Verifichiamo se hai capito
Quale tipo di intelligenza pensi di avere di più?--------------------------------------------------------------perché---------------------------------------------------------------------------------------------------------------
102
Come si misura l’intelligenza
Noi non possiamo misurare l’intelligenza in sé, ma gli atti di intelligenza, cioè
i comportamenti dettati dalla intelligenza di una persona.
I test che abbiamo sono però incompleti: misurano solo il pensiero
convergente (o analitico); per es. la capacità di apprendimento, di memoria, di
comprensione,di ragionamento verbale.
I test non misurano il pensiero creativo e non misurano la capacità di
adattamento.
Con i test si misura, a seconda del numero delle risposte esatte, il valore
dell’intelligenza di una persona; si chiama quoziente intellettivo (QI)
Il QI medio o normale viene indicato col valore 100. Il 95% della popolazione
ha dei valori tra 70 e 130.
Attenzione però: questi test non sono equi, non sono imparziali: favoriscono
le persone che hanno più istruzione e più cultura.
E’ importante sapere che il QI dipende sempre da:
- la natura di una persona
- la sua educazione
- la motivazione, l’interesse perla cultura e per il test.
Verifichiamo se hai capito





Ci sono diversi tipi di intelligenza
L’intelligenza si può misurare con precisione
Si possono misurare gli atti, le azioni legate
all’intelligenza
Non si possono misurare l’intelligenza creativa e
l’intelligenza pratica
I test sono equi e imparziali.
103
V
V
F
F
V
F
V
F
V
F
CAPITOLO 7
PENSIERO E LINGUAGGIO: il delicato cammino dello
sviluppo.
Il sesto capitolo ti aveva spiegato che cosa è il pensiero e che cosa è il
linguaggio.
Questo nuovo capitolo ti spiega ora come il pensiero e il linguaggio crescono
e si sviluppano.
Pensa a quando il bambino è appena nato.
Il bambino appena nato non parla (= non ha il linguaggio), ma ha la voce.
Dalla sua bocca escono dei versi e dei pianti. I versi e i pianti si sviluppano ,
(si strutturano, prendono forma) e, con il passare del tempo diventano
linguaggio vero e proprio.
Il bambino appena nato non pensa (= non ha il pensiero), ma può ricevere le
informazioni che provengono dal mondo esterno. ( Ti ricordi la percezione?
Cap. 2°). Le informazioni che provengono dal mondo, per mezzo dei sensi,
vanno al cervello e il cervello utilizzerà le informazioni per costruire il
pensiero.
Cosa avviene di preciso nel cervello, nella mente?
Paragona le informazioni che provengono dal mondo a dei libri: le
informazioni del mondo sono tante e diverse; anche i libri sono tanti e diversi.
Ora paragona la mente a una biblioteca dove si mettono i libri.
Ci domandiamo: “Nella biblioteca i libri vengono messi alla rinfusa (= senza
ordine), oppure sono raggruppati secondo un ordine preciso?”
Sicuramente sei del parere che i libri vengono sistemati con ordine!
Perché? Perché in questo modo è più facile poi ritrovarli e usarli.
La stessa cosa succede nella nostra mente quando arrivano le informazioni. La
mente non riceve le informazioni a casaccio (come capita). La mente sistema,
organizza le informazioni che riceve.
104
In questo modo il pensiero si sviluppa fino a raggiungere forme complesse (=
che contengono più forme semplici).
Vediamo ora
Come il bambino arriva a comprendere il mondo.
Tra gli studiosi che si sono occupati dello sviluppo del pensiero (e quindi
dell’intelligenza che permette al pensiero di svilupparsi), abbiamo Jean
Piaget (1896-1980) che ha condotto (fatto) i suoi studi all’università di
Ginevra, in Svizzera.
Piaget sosteneva una cosa importante.
La cosa importante che Piaget sosteneva è che il bambino, per crescere, deve
adattarsi alla realtà, al mondo che lo circonda.
Se il bambino si adatta, capisce come è il mondo e capisce anche come si
deve fare a vivere bene.
Per adattarsi al mondo, (che è apprendimento), la mente del bambino ha a
disposizione (= può usare) degli attrezzi, degli strumenti.
Questi attrezzi, questi strumenti sono le capacità (=potenzialità) della mente.
Alcuni bambini sono molto intelligenti e hanno capacità (= strumenti,
attrezzi) superiori agli altri bambini; questi bambini possono raggiungere le
forme complesse del pensiero. Altri bambini che nascono con poche capacità
(= poche potenzialità, pochi strumenti), sono poco intelligenti e non possono
arrivare alle forme più complesse del pensiero.
Cerchiamo ora di capire come si organizzano (= come lavorano) questi
“attrezzi mentali”, cioè come si sviluppa il pensiero.
Piaget dice che lo sviluppo del pensiero segue un processo, cioè un modo
preciso di procedere (= di andare avanti).
Questo modo di procedere è fatto di schemi.
Gli schemi sono dei modelli mentali (= dei punti di riferimento) che noi
usiamo per adattarci al mondo che ci circonda.
105
Ci sono due tipi di schemi:
a) schemi semplici, come afferrare un giocattolo
b) schemi complessi, come saper risolvere una moltiplicazione.
Man mano (= via via, mentre) che il bambino cresce, il pensiero si organizza
meglio.
E, man mano che il pensiero si organizza meglio, si formano (= si
costruiscono) nuovi schemi.
Quando si formano nuovi schemi?
Torniamo all’esempio che avevamo fatto prima: i libri e la biblioteca.
I libri rappresentano le informazioni e la biblioteca la nostra mente.
Così come nella biblioteca ci sono gli scaffali (= ripiani, mensole) dove
mettere i libri secondo un ordine, così nella nostra mente ci sono gli schemi
dove mettere le informazioni.
In modo semplice possiamo paragonare gli schemi della mente agli scaffali
della biblioteca.
Trasformiamo (=cambiamo) la domanda “Quando si formano nuovi
schemi?”nella domanda:”Quando occorrono nuovi scaffali?”
Se nella biblioteca, (dove ci sono già scaffali per i libri di narrativa, di
matematica, di scienze, di psicologia, ecc.), arrivano dei libri di “diritto” e lo
scaffale per questi libri di diritto non c’è, devo modificare (=cambiare) gli
scaffali che ci sono, oppure aggiungere scaffali nuovi.
Così avviene nella mente: quando arrivano informazioni che entrano negli
schemi che già ci sono, abbiamo quello che Piaget chiama
- assimilazione: noi assimiliamo le informazioni senza cambiare gli
schemi.
Se, invece, arrivano informazioni che non possono entrare negli schemi che
possediamo, abbiamo quello che Piaget chiama
- accomodamento: noi modifichiamo, cambiamo, trasformiamo gli
schemi che abbiamo per renderli più adatti al mondo che ci circonda.
106
Facciamo un esempio. Un bambino va allo zoo, vede una zebra (= animale a
righe bianche e nere). Il bambino non conosce la zebra. Secondo il bambino,
la zebra è un cavallo (=assimilazione) Quando il bambino, con l’aiuto dei
genitori, si accorge della differenza che c’è tra la zebra e il cavallo, ha
bisogno di uno schema dove far rientrare la zebra. (= accomodamento)
Ogni volta che ci sono assimilazione e accomodamento, si raggiunge uno
stato (=situazione, condizione) di equilibrio.
L’equilibrio permette la stabilità tra gli schemi della propria mente e le
informazioni che arrivano dall’ambiente, dal mondo.
L’equilibrio però è uno stato che dura poco tempo(= temporaneo) perché le
persone fanno sempre nuove scoperte e nuove osservazioni. Quando ci sono
nuove scoperte e nuove osservazioni, ci sono anche nuove assimilazioni e
nuovi accomodamenti. Nuove assimilazioni e nuovi accomodamenti portano a
nuovi equilibri.
Anche lo sviluppo del linguaggio segue lo stesso procedimento.
Verifichiamo se hai capito:
Il pensiero e il linguaggio
si sviluppano
non si sviluppano
si completano
Per adattarsi al mondo, il bambino ha a disposizione
la scuola
i genitori
degli “attrezzi mentali” (= capacità/potenzialità)
Gli “attrezzi mentali”, quando ricevono le informazioni dal mondo che ci circonda
costruiscono scaffali
costruiscono schemi
costruiscono problemi
107
Gli schemi sono
degli scaffali
dei modelli mentali
dei problemi da risolvere
Il processo di adattamento avviene attraverso
intuizione – assimilazione – accomodamento
assimilazione – intuizione – equilibrio
assimilazione – accomodamento – equilibrio
Con l’assimilazione, la nuova informazione
modifica gli schemi esistenti
non modifica gli schemi esistenti
disturba le conoscenze che si possiedono
Con l’accomodamento, la nuova informazione
modifica gli schemi esistenti
non modifica gli schemi esistenti
disturba le conoscenze che si possiedono
L’equilibrio permette
la stabilità tra gli schemi e le informazioni
il cambiamento degli schemi
il cambiamento delle informazioni
Lo sviluppo del linguaggio segue il processo di
assimilazione – adattamento – cambiamento
assimilazione – adattamento – intuizione
assimilazione – accomodamento – equilibrio
108
Le fasi dello sviluppo intellettivo
La teoria di Piaget sostiene (= dice) che lo sviluppo dell’intelligenza avviene
attraverso delle fasi (= periodi, momenti che cambiano).
Ogni fase, cioè ogni periodo, ha delle caratteristiche (= elementi significativi).
Questo significa che in ogni fase il bambino può imparare a fare delle cose.
Il bambino può passare nella fase che viene dopo, solo se ha imparato a fare
le cose della fase che è venuta prima.
Infatti, per poter fare certe cose ( =possedere certe abilità), è necessario avere
fatto prima altre cose (= avere maturato, acquisito altre abilità).
Ad esempio, se vuoi scrivere al computer
- devi prima avere imparato a riconoscere le lettere dell’alfabeto
- devi prima avere imparato come si usa il computer.
Piaget dice che le fasi dello sviluppo dell’intelligenza sono quattro.
La prima fase si chiama senso – motoria.
La fase senso-motoria va dalla nascita a due anni circa.
Questa fase si chiama senso – motoria (= dei sensi e del movimento) perché
lo sviluppo dell’intelligenza avviene attraverso le informazioni che giungono
(=vengono) dai sensi e dal movimento (= azioni) del corpo.
Proviamo a pensare al bambino appena nato, al bambino di un anno e al
bambino di due anni: dalla nascita a due anni avvengono tanti cambiamenti!
I cambiamenti avvengono perché ci sono gli apprendimenti. Gli
apprendimenti avvengono con le informazioni che si ricevono dai sensi e
dalle azioni.
Quali sono le cose più importanti (aspetti più significativi) che avvengono in
questo periodo, in questa fase?
Alla nascita e nei primi momenti di vita , il comportamento del bambino non
è intenzionale.
109
Dire che il comportamento del bambino non è intenzionale significa dire che
il bambino non è consapevole (= non si rende conto) delle sue azioni.
Il suo comportamento è istintivo.
I comportamenti istintivi sono legati ai riflessi. Ad esempio, il succhiare il
latte della mamma è un comportamento istintivo legato a un riflesso innato (=
già presente alla nascita)
Pian pianino il bambino cresce e già nelle prime settimane di vita guarda con
interesse il mondo e le persone attorno a lui.
In questo periodo di vita, per il bambino esistono (= ci sono) solo le cose che
lui vede davanti a sé. Se noi mostriamo (= facciamo vedere) una palla a un
bambino e subito dopo questa palla la nascondiamo (ad esempio la mettiamo
da un’altra parte e lui non la vede), per il bambino la palla non esiste più.
Secondo gli psicologi il bambino capisce che gli oggetti continuano ad
esistere (anche se lui non li vede), quando ha circa otto mesi. Ad esempio, se
il bambino di questa età vede la mamma nascondere la palla sotto il cuscino,
va subito a cercarla nel posto giusto (= sotto il cuscino).
Gli psicologi chiamano questa conquista del bambino “permanenza
dell’oggetto”.
“Permanenza dell’oggetto” vuol dire che il bambino sa che un oggetto
continua ad esistere anche se lui non lo vede.
Con la “permanenza dell’oggetto” si sviluppa la memoria. La memoria, come
abbiamo già visto nel cap. 5°, è la capacità di conservare e recuperare le
informazioni.
Un’altra cosa importante che c’è in questa fase è l’”imitazione”. L’imitazione
è la capacità di “copiare” (=fare uguale) le cose che fanno gli altri.
Già un bambino di 15 –20 giorni riesce a copiare le espressioni del volto
(=faccia) di un adulto
110
Nella fase senso-motoria c’è la comparsa (= inizio) dell’apprendimento e
della soluzione dei problemi. Quando il bambino ha circa un anno cerca
(=prova) di risolvere i problemi per “tentativi ed errori” (di ciò abbiamo
parlato nel cap. 4°)
Facciamo un esempio:
un bambino vuole prendere una palla che è appoggiata su una coperta. Se
questo bambino ha meno di 12 mesi, cerca di prendere la palla allungando la
mano, ma non ci riesce. Più avanti, quando è un po’ più grande, fa altri
tentativi e scopre che, se tira la coperta, riesce a prendere la palla.
Verso la fine della fase senso-motoria, compare (= si presenta) l’”intuizione”.
(Ti ricordi, nel 4° capitolo, il bambino che prendeva il bastone per avvicinare
la palla?)
L’intuizione permette al bambino di rappresentare nella mente gli oggetti e
gli avvenimenti (= ciò che succede).
Con l’intuizione c’è un tipo di pensiero più avanzato (= che è andato avanti).
Possiamo allora dire che il bambino, quando ha conquistato in questa prima
fase senso-motoria
imitazione
permanenza dell’oggetto
soluzione dei problemi per tentativi ed errori
soluzione dei problemi per intuizione
è pronto per affrontare la fase successiva (=che viene dopo) perché è capace
di darsi da fare (=agire) per ottenere ciò che vuole.
Verifichiamo se hai capito
L’intelligenza, nella prima fase di sviluppo si chiama senso-motoria perchè
i sensi si sviluppano con i movimenti
il movimento si sviluppa con i sensi
le informazioni arrivano alla mente attraverso i sensi e il movimento
111
Per “imitazione” si intende:
la capacità di copiare le azioni degli altri
la volontà di agire come gli altri
il piacere di fare quello che fanno gli altri
Per “permanenza dell’oggetto” si intende:
che l’oggetto sta fermo davanti al bambino
che il bambino vede l’oggetto davanti a sé
che per il bambino un oggetto continua ad esistere anche se non lo vede
la soluzione dei problemi, nella fase senso-motoria, avviene
per tentativi ed errori e per intuizione
casualmente
per imitazione
La fase successiva si chiama:
fase pre-operatoria: la fase pre-operatoria va dai 2 ai 6/7 anni.
Pre-operatorio vuol dire che viene prima delle operazioni vere e proprie.
Ma cosa significa (=vuol dire) fare operazioni?
Fare operazioni non significa solo fare i calcoli con le addizioni, le
sottrazioni, le moltiplicazioni e le divisioni. Fare operazioni significa fare
azioni con la mente, significa cioè usare il pensiero in modo logico per
risolvere i problemi. I problemi non sono solo quelli della matematica; i
problemi sono anche quelli della vita di tutti i giorni (come ad esempio: Come
faccio ad arrivare a scuola in orario se ho perso l’autobus?)
In questa fase pre-operatoria, il bambino non sa fare delle vere operazioni.
In questa fase c’è il passaggio dall’azione pratica (cioè quella del movimento,
tipico della fase senso-motoria) al pensiero.
112
Come si forma il pensiero?
Il pensiero si forma con l’attività rappresentativa.
L’attività rappresentativa è quell’azione che ci permette di avere nella mente
tutto ciò che è nella realtà. Ad esempio, ti chiedo di pensare al numero 10: tu
hai ben rappresentata nella tua mente la quantità che corrisponde a questo
numero. Nella tua mente sono rappresentate anche molte altre cose che ci
sono nella realtà ; nella tua mente ci sono anche rappresentate le esperienze
che hai vissuto.
A partire dai 16- 18 mesi ci sono (=compaiono) nel bambino tre
comportamenti che sono collegati (=uniti) con l’attività rappresentativa.
Questi tre comportamenti sono:
1- Il linguaggio verbale: il linguaggio verbale è indispensabile (=non si
può fare senza) alla attività rappresentativa perché la parola sostituisce
l’oggetto. La parola (=il linguaggio) permette di portare nella mente
quello che c’è nella realtà. Ad esempio nella realtà c’è la montagna. La
parola “montagna” permette di avere nella mente l’immagine della
montagna, anche senza avere la montagna davanti agli occhi. Diciamo
anche (lo hai già studiato nel 6° capitolo) che le parole sono dei
simboli. I simboli, infatti, stanno al posto di qualcos’altro. Le parole
stanno al posto della realtà.
2)L’imitazione differita: nella fase senso-motoria c’era per il bambino
l’imitazione, cioè la capacità di copiare quello che fanno gli altri. Ora
che siamo nella fase pre-operatoria e il bambino è più grande,
l’imitazione diventa differita (= distante, lontana nel tempo).
“Imitazione differita”, significa che ora il bambino è capace di imitare
qualcuno anche se non è davanti ai suoi occhi. Il bambino ora, ad
esempio è capace di imitare il vigile che aveva visto qualche giorno
prima per strada o il dottore che aveva visto un mese prima in ospedale.
Noi diciamo, dunque che l’imitazione differita è possibile perché il
bambino ha nella mente la rappresentazione di queste persone (vigile,
dottore, ecc.) e delle azioni che compiono.
2- Il gioco simbolico: prima, nella fase senso-motoria, il bambino faceva
giochi di esercizio e passava il tempo a manipolare (toccare, apprire,
chiudere, schiacciare, togliere, aggiungere, mettere dentro e fuori, ad
esempio con il “Lego”.
Ora che siamo nella fase pre-operatoria, il gioco diventa simbolico. Tu
sai che il simbolo è qualcosa che sta al posto di qualcos’altro. Ecco che
113
allora uno scatolone può diventare un’astronave e un bastone può
diventare la canna per pescare i pesci.
Nella fase pre-operatoria il bambino gioca a “far finta di ….”. Alle
bambine piace far finta di fare la mamma o di essere la maestra della
scuola. Ai bambini piace far finta di essere il vigile, il poliziotto o un
personaggio dei cartono animati della televisione.
Con il gioco simbolico il bambino sviluppa la creatività (cfr. pensiero
divergente – cap.6°)
Verifichiamo se hai capito
La fase pre-operatoria, secondo Piaget, va
dai 3 ai 6/7 anni
dai 2 ai 5/6 anni
dai 2 ai 6/7 anni
Nella fase pre-operatoria, il bambino
sa fare le operazioni vere e proprie
non sa fare le operazioni vere e proprie
gioca a fare le operazioni vere e proprie
Nella fase pre-operatoria c’è
il passaggio dall’azione pratica al pensiero
il passaggio dal pensiero all’azione pratica
il passaggio da un’azione ad un’altra azione
Il pensiero si forma
con l’attività rappresentativa
con l’attività spontanea
con l’attività scolastica
Indica, tra i seguenti comportamenti, quali sono legati all’attività
rappresentativa:
fantasia
linguaggio verbale
imitazione differita
attenzione
percezione
gioco simbolico
114
I limiti del pensiero nella fase pre-operatoria
Abbiamo detto più volte che, nella fase pre-operatoria, il bambino non è in
grado, (=non è capace) di fare delle operazioni vere e proprie.
Ma perché? Che cosa gli impedisce di operare logicamente?
Secondo Piaget, in questa fase il pensiero ha dei limiti. Il pensiero ha dei
limiti (non può andare oltre) perché gli manca qualcosa.
Che cosa manca al pensiero per compiere le operazioni?
1- al pensiero manca il concetto di conservazione. Conservare vuol dire
trattenere, non perdere. Il pensiero del bambino non riesce a capire che
un “oggetto” conserva la sua quantità o il suo numero anche se cambia
la sua forma o la sua posizione.
Per capire meglio quanto abbiamo detto osserva questi due esempi:
115
Primo esempio: mostriamo (=facciamo vedere) a un bambino di meno di sei
anni due bicchieri uguali che contengono aranciata in uguale misura. (figura a –
1); mentre il bambino continua ad osservarci, versiamo il contenuto di uno dei
due bicchieri in un terzo bicchiere, più alto e stretto (figura a –2).
E’ ovvio che l’aranciata arriva a un livello più alto, ma che la sua quantità
rimane immutata (= non muta, non cambia).
Se però chiediamo al bambino: “Fai finta di avere molta sete. Quale dei due
bicchieri scegli?” Il bambino sceglie il nuovo bicchiere perché crede che il
nuovo bicchiere contiene più aranciata.
Secondo esempio: mostriamo ad un bambino, sempre della stessa età (meno di
6 anni), due file parallele di otto monete distanziate in modo uguale , e
domandiamogli in quale fila ci sono più monete: il bambino risponde che le
file hanno lo stesso numero di monete (figura b-1). Dopo, mentre il bambino ci
guarda, spostiamo le monete di una fila in modo che si allargano gli spazi tra
le monete e la fila diventa più lunga (figura b-2). Facciamo di nuovo la
domanda al bambino: “Quale fila contiene più monete?”. Il bambino risponde
che la fila più lunga contiene più monete.
Noi abbiamo cambiato solo una caratteristica, ma il bambino crede che ci
sono stati altri cambiamenti.
Perché il bambino, nella fase pre-operatoria non riesce a risolvere i problemi
di conservazione?
Il bambino non riesce a risolvere i problemi di conservazione a causa di
alcune caratteristiche del suo pensiero.
Le caratteristiche del pensiero che impediscono (= non permettono) la
conservazione sono
1- l’incapacità (= non capacità) di comprendere (= capire) la
reversibilità.
“reversibilità” vuol dire tornare indietro. Il bambino, con il pensiero non
sa tornare indietro.
Facciamo un esempio. Io do a un bambino 10 pastelli di grandezza
diversa. Chiedo al bambino di mettere questi pastelli in ordine dal più
piccolo al più grande. Il bambino confronta i pastelli e li mette in ordine,
senza sbagliare. Se poi gli dico ancora “ Ora questi pastelli li metti in
ordine dal più grande al più piccolo”. Tu cosa faresti? Ti viene logico
capovolgere l’ordine. Il bambino no: Il bambino ricomincia a contarli di
nuovo perché il suo pensiero non è reversibile, non sa tornare indietro.
116
2- l’egocentrismo: la parola egocentrismo vuol dire “io al centro”,
significa che il bambino non è capace di mettersi nei panni di un altro,
di vedere al posto dell’altro, di capire come pensa e cosa vuole l’altro.
Il bambino è convinto (=crede) che tutte le cose e tutte le persone esistono
in funzione sua. Ad esempio la notte arriva perché lui deve andare a letto a
dormire. Se lui fa un’esperienza è convinto che anche gli altri stanno
facendo la stessa esperienza.
3- il centramento: centramento vuol dire mettere l’attenzione su un
aspetto (punto, parte) di un oggetto, senza guardare gli altri aspetti
(punti, parti). Vuol dire che di un oggetto il bambino guarda una sola
cosa e non guarda le altre. Nell’esempio dell’aranciata (che veniva
versata da un bicchiere largo e basso in un bicchiere stretto e alto), il
bambino faceva attenzione solo all’altezza che raggiungeva l’aranciata.
Poiché l’attenzione era centrata sull’altezza dell’aranciata, il bambino
non guardava la differenza (forma dei bicchieri).
Per risolvere il problema della conservazione occorre invece non essere
centrati su un solo aspetto. Occorre essere decentrati. Essere decentrati
vuol dire guardare più cose nello stesso tempo.
Il bambino dell’esempio, per superare il centramento e decentrarsi deve
guardare nello stesso tempo l’altezza dell’aranciata e la forma del
bicchiere.
4- fare attenzione agli stati e non alle trasformazioni.
Per capire questo concetto devi capire cosa noi intendiamo per stati e cosa
noi intendiamo per trasformazione.
Per stato intendiamo le situazioni ferme, che non cambiano nel tempo.
Per trasformazione noi intendiamo la modificazione, il cambiamento dei
fatti mentre si svolgono (si succedono) nel tempo.
In questo caso noi diciamo che il bambino mette la sua attenzione sugli
stati (= ciò che non cambia), quindi sulla situazione che c’è all’inizio e
sulla situazione che c’è alla fine. Il bambino non guarda la trasformazione,
cioè il cambiamento.
Facciamo un esempio:
117
facciamo vedere a un bambino una matita tenuta in posizione verticale (=
diritta, in piedi), poi, mentre il bambino ci guarda, abbassiamo la matita
piano piano fino a metterla in posizione orizzontale (= piatta, sdraiata).
Subito dopo, diamo al bambino delle figurine, come quelle
dell’illustrazione e gli chiediamo di metterle nell’ordine che riproduce (=
ripete) lo spostamento fatto dalla matita.
Il bambino non è capace di risolvere questo problema (non sa riordinare i
passaggi), perché non ha ancora compreso(=capito) le trasformazioni che
sono avvenute nel tempo.
Questo fatto, cioè che il bambino non riesce a seguire i cambiamenti(=le
trasformazioni) che avvengono nel tempo (=che si succedono), non gli
permette di avere un pensiero logico.
Noi diciamo che nel periodo pre-operatorio (2-6/7 anni) il bambino non
vede i legami che ci sono tra gli avvenimenti.
Verifichiamo se hai capito
Nella fase pre-operatoria il bambino non sa fare operazioni logiche
perché al pensiero manca
manca la conoscenza dei numeri
manca il concetto di conservazione
mancano i dati del problema
Nella fase pre-operatoria, il bambino non riesce a risolvere i problemi di
conservazione a causa:
del centramento
della fantasia
della non reversibilità del pensiero
dell’egocentrismo
del linguaggio verbale
della non attenzione alle trasformazioni
(attenzione: sono più di uno!)
Se diciamo che il pensiero del bambino, nella fase pre-operatoria, non è
reversibile, noi vogliamo dire (=significa che)
il bambino, con il pensiero, non sa tornare indietro
il bambino non si ricorda
il bambino non sa ricominciare
118
Se diciamo che il pensiero del bambino è egocentrico, noi vogliamo dire
(=significa) che
il bambino vede le cose solo dal suo punto di vista , che il bambino
non sa mettersi nei panni degli altri
il bambino gioca a stare in centro (= nel mezzo)
il bambino non si preoccupa di sé
Se diciamo che è il pensiero del bambino è caratterizzato dal
centramento, noi vogliamo dire (=significa che)
il bambino osserva (=guarda) un solo aspetto (= una sola cosa) di una
situazione / di un oggetto, senza guardare al resto (= le altre cose)
al bambino piace essere al centro dell’attenzione
il bambino vuole stare al centro della famiglia
Se diciamo che, nella fase pre-operatoria, il pensiero del bambino è
attento agli stati e non alle trasformazioni, vogliamo dire (= significa)
che
il bambino sta attento alle situazioni senza guardare i cambiamenti
il bambino non sta mai attento
al bambino piacciono gli stati
Fase delle operazioni concrete è la fase che va dai 6/7 anni agli 11 anni,
corrisponde al periodo della scuola elementare.
Abbiamo già capito cosa vuol dire fare “operazioni”. Vuol dire pensare,
ragionare o fare qualcosa in modo logico: è l’azione della mente.
Perché Piaget dice che in questa fase le operazioni (che ora ci sono!), sono
concrete?
Concreto vuol dire “pratico”, vuol dire cioè legato all’esperienza.
Il bambino riesce dunque a fare operazioni con la mente solo se può cogliere
il problema in modo pratico, concreto.
Se ricordi quali erano i limiti del pensiero nella fase pre-operatoria, puoi
capire perché ora il bambino è capace di compiere le operazioni.
119
Il bambino ora può compiere le operazioni (concrete) perché nel suo pensiero
c’è il concetto di conservazione.
Ricordi l’esperimento dell’aranciata? Dopo i 6/7 anni il bambino capisce che,
anche se cambia il contenitore (= bicchieri di forma diversa), la quantità di
aranciata rimane la stessa!
Perché ora il bambino riesce a conservare la quantità?
Il bambino riesce a conservare la quantità perché il suo pensiero è diventato
“reversibile”
Poiché il pensiero è reversibile ora può compiere il procedimento inverso,
cioè tornare indietro.
Il bambino non ragiona più in una sola direzione, cioè in avanti! Ora torna
anche indietro!
Facciamo il solito esempio dei pastelli:
chiedo al bambino che è nella fase delle operazioni concrete di riordinare i
pastelli dal più piccolo al più grande: non ci sono difficoltà! (ma anche nella
fase pre-operatoria non c’erano difficoltà)
quando ha finito di fare questa operazione, gli chiedo di riordinare gli stessi
pastelli dal più grande al più piccolo (cioè in senso inverso, reversibile):
questa volta il bambino non ricomincia più a misurarli di nuovo uno alla volta
come aveva fatto nella fase pre-operatoria; questa volta inverte, gira, l’ordine
di posto!
L’idea di conservazione riguarda più aspetti ( cose, elementi, dimensioni)
della realtà.
L’idea di conservazione di tutte le cose non si sviluppa in un solo momento.
L’idea di conservazione si sviluppa per gradi (= un poco alla volta).
Vediamo come si sviluppa l’idea di conservazione:
- 5-7 anni : si sviluppa la conservazione della quantità, del numero
- 8-9 anni : si sviluppa la conservazione della superficie
- 9-10 anni: si sviluppa la conservazione del peso
- 12-14 anni: si sviluppa la conservazione del volume
120
Si può dimostrare la conservazione della superficie con questo esperimento:
Prendiamo due fogli uguali di cartoncino. I due fogli rappresentano il terreno
dove mettere le mucche. Su ciascun foglio mettiamo una piccola mucca di
plastica e ci mettiamo anche quattro quadrati verdi. I quadrati verdi
rappresentano le zone di erba dove la mucca può mangiare. In un “terreno”
mettiamo i quattro quadrati verdi separati; nell’altro terreno mettiamo i
quattro quadrati verdi vicini in modo da formare un pezzo unico.
Chiediamo al bambino: “Le mucche mangiano la stessa quantità di fieno?”
I bambini, prima degli otto- nove anni, non riescono a comprendere (= capire)
il problema; non dicono che la mucca ha a disposizione la stessa quantità di
fieno. I bambini tendono ad affermare che la mucca mangia più fieno in “A”
perchè i quadrati di erba sono quattro, oppure a dire che la mucca mangia di
più in “B” perché c’è una zona più grande.
( prima degli 8-9 anni il bambino non ha sviluppato l’idea della superficie. Il bambino
prima degli 8-9 anni dice che la mucca può mangiare più fieno in “A” perché ci sono
quattro zone di erba; oppure, il bambino può dire che la mucca può mangiare più fieno in
“B” perché c’è una zona d’erba grande).
In questa fase delle operazioni concrete compare anche la capacità di
classificare gli oggetti (= classificazione) e di ordinare gli oggetti in serie (=
seriazione).
Vediamo di che cosa si tratta.
121
1- classificazione ( o inserimento in una classe)
Cosa significa classificare (o inserire in una classe)?
Classificare significa raggruppare, cioè mettere insieme delle cose che
stanno bene insieme, seguendo un criterio, una logica.
Facciamo un esempio:
su un tavolo mettiamo una serie di oggetti: una macchinina, una matita, un
trenino, un camioncino, una mela, una pera, un pastello, una banana, un
pennarello.
Quali, di questi oggetti, stanno bene insieme?
La mela sta bene con la pera e la banana, perché assieme stanno nella
classe della ……………. (frutta)
La matita sta bene con il pastello e con il pennarello perché stanno nella
classe degli ……………………… (oggetti che scrivono)
La macchinina, il trenino, il camioncino, stanno bene insieme perchè
stanno nella classe dei …………………………..(mezzi di trasporto).
2- la seriazione
Cos’è la seriazione?
La seriazione è la capacità di mettere in ordine, con la mente, un certo
numero di oggetti, secondo un criterio (cioè in un certo modo), ad esempio
-dal più piccolo al più grande (e viceversa)
-dal più pesante al meno pesante (e viceversa)
-dal più luminoso al meno luminoso (e viceversa)
-dal più chiaro al più scuro (e viceversa) ecc.
Questa capacità serve al bambino per capire quale rapporto c’è tra i
numeri, ad esempio per capire che l’8 è minore di 9 e che è maggiore di 7.
Ti sei accorto che rispetto alla fase pre-operatoria, ora il bambino sa fare
molte più cose?
122
Anche questa fase però ha dei limiti: il limite (=non si riesce ad andare più
in là) è che il bambino sa fare solo le operazioni che sono legate alla realtà.
Hai capito pure che le operazioni che sono legate alla realtà sono concrete.
Per andare nella fase successiva è necessario (= occorre) staccarsi
(=allontanarsi) dalla realtà concreta.
È possibile staccarsi dalla realtà concreta se si fanno delle astrazioni.
Quando il ragazzo ragiona (= fa operazioni) in modo astratto vuol dire che
non ha più bisogno dell’oggetto concreto.
Verifichiamo se hai capito
Nella fase delle fase delle operazioni concrete il bambino sa ragionare in
modo logico solo se le situazioni, i problemi
sono rappresentati concretamente
si possono capire
si possono risolvere
Il bambino può fare le operazioni concrete perché
è un buon osservatore
la conservazione della quantità non serve
sa conservare la quantità
Il concetto di conservazione compare quando il pensiero
è flessibile
è reversibile
è maturo
La conservazione si sviluppa in modo graduale, un poco alla volta
vero
falso
Nella fase delle operazioni concrete si sviluppano anche le capacità di
classificazione e compensazione
classificazione e seriazione
seriazione e compensazione
123
Con la classificazione si
va a scuola
inserisce un elemento in una classe
si fanno degli elenchi
Con la seriazione
si diventa seri
si mettono in ordine degli elementi secondo un criterio
si inseriscono degli elementi in una classe secondo un criterio
Fase delle operazioni formali: è la fase che va dagli 11 anni in poi,
corrisponde al periodo della scuola media.
Quando il ragazzo, per fare i ragionamenti non ha più bisogno di essere
attaccato alla situazione concreta, si passa nella fase delle operazioni formali.
Cosa sono le operazioni formali?
Le operazioni formali sono quelle azioni della mente che non sono legate alle
cose concrete, ma alla “forma” del ragionamento. Significa che il ragazzo fa
delle ipotesi, delle supposizioni.
Piaget diceva che in questa fase il pensiero prende “le ali”.
Questa nuova capacità di fare ipotesi (= supposizioni, ragionamenti astratti) si
manifesta (= si presenta, si fa vedere) con l’interesse dei ragazzi per la
“fantascienza” e per il pensiero “scientifico”.
A scuola il ragazzo può capire concetti della matematica e della fisica che
hanno un legame solo con la teoria (=forma) e non con la pratica (concreto).
Tra i concetti che hanno legami con la forma ( ipotesi, teoria, astrazione) e non
con il concreto, troviamo:
- concetto di infinito
- concetto di zero assoluto
- volontà, invidia, giustizia, rischio …ecc.
Non tutte le persone raggiungono la fase delle operazioni formali.Le persone
che si dedicano alla cultura e al sapere sviluppano meglio le operazioni
formali.
124
Verifichiamo se hai capito
La fase delle operazioni formali va
dai 6/7 anni agli 11 anni
dai 2 ai 6/7 anni
dagli 11 anni in poi.
Le operazioni formali sono azioni della mente che sono legate a:
situazioni concrete, reali
condizioni ipotetiche, astratte
situazioni fantasiose, creative.
Nella fase delle operazioni formali i ragazzi manifestano interesse per
il simbolismo
la concretezza
la scienza e la fantascienza
Tutte le persone fanno operazioni formali
vero
falso
Le fasi dello sviluppo cognitivo e gioco
Piaget ha dimostrato che ad ogni fase dello sviluppo cognitivo corrispondono
diversi modi di giocare.
Dai tipi di gioco che il bambino fa, noi possiamo capire in che fase si trova.
Vediamo di capire che tipo di gioco caratterizza (= fa riconoscere) ciascuna
fase e quali giocattoli sono più adatti. (= vanno meglio).
125
Nella fase senso-motoria c’è il gioco d’esercizio .
Questo gioco è legato al movimento del corpo: all’inizio il bambino
sgambetta, apre e chiude le mani, afferra e lascia il piedino, si alza
aggrappandosi alla sponda del box e poi si lascia cadere, scuote i sonagli.
Man mano cresce il bambino infila e sfila oggetti, lancia la palla salta da un
gradino, tira e spinge uno scatolone.
Nei primi due anni di vita il bambino diventa sempre più abile (= capace,
sicuro) nei movimenti e il gioco d’esercizio diventa sempre più complesso.
Quali sono i giocattoli più adatti (= che vanno meglio) ?
Fino a 10 mesi: giocattoli che fanno dei movimenti, hanno dei suoni e sono
molto colorati (per es. i carillon) o i pupazzi di gomma che, se schiacciati,
producono dei suoni.
Dai 10 –11 mesi vanno bene i giocattoli che si possono spingere o tirare, da
percuotere, da mettere in fila (meglio se fanno rumore).
Da 18 mesi a 3 anni: dondoli, tricicli, automobiline a pedale, giochi a incastro
( tipo Lego), perle grosse da infilare, blocchi di legno per fare costruzioni,
pastelli grossi.
Nella fase pre-operatoria c’è il gioco simbolico.
Il gioco simbolico inizia verso i 18 mesi, ma arriva al suonassimo sviluppo tra
i 3 e i 6 anni.
E’ il gioco del “fare finta di …”
Ad esempio, a 18 – 20 mesi il bambino mette il dito in bocca, chiude gli
occhi, appoggia la testa sul cuscino e fa finta di dormire.
Quando diventa più grandicello, imita le azioni degli adulti: il papà che guida
l’automobile, il guerriero che uccide il drago, o il dottore che visita
l’ammalato.
Il gioco simbolico è utile per la caratterizzazione sessuale ( cap. 4° modellamento): si apprendono i ruoli maschili e femminili.
Il gioco simbolico è anche psicoterapeutico: fa bene alla mente perché libera
l’aggressività e le paure che il bambino ha dentro.
126
Ad esempio, se il bambino fa finta di uccidere il lupo cattivo, libera la sua
aggressività. Se il bambino gioca al dottore, supera la paura che ha nei
confronti del dottore.
Quali sono i giocattoli adatti? Un teatrino di burattini, abiti o costumi, utensili
da cucina, i giochi del “piccolo medico”, del “piccolo bottegaio”, riproduzioni
di una fattoria, di una scuola di un distributore di benzina con pupazzetti di
animali e uomini; la lavagna, la plastilina, i colori. Sono utili anche i cubi, i
puzzles grandi, gli strumenti musicali.
Nella fase delle operazioni concrete c’è il gioco di costruzione.
Durante l’età della scuola elementare il fanciullo è molto curioso. Alla
capacità di classificazione e di seriazione (tipiche di questa fase), corrisponde
il piacere di fare collezioni e di costruire.
Quali sono i giocattoli adatti?
Sono utili i giocattoli che servono a coltivare gli hobby, le collezioni, i giochi
da costruire da soli o con gli amici. Cominciano ad essere importanti la
macchina fotografica, il microscopio, gli attrezzi da lavoro e i giochi di
prestigio.
Nella fase delle operazioni formali c’ è il gioco di regole.
L’interesse per il gioco di regole (dove ci sono delle regole che valgono per
tutti , incomincia già nella fase delle operazioni concrete e continua anche
nella vita adulta).
Per poter fare il gioco di regole occorre aver superato l’egocentrismo.
Il gioco di regole ha un valore sociale ed è un esercizio per diventare buoni
cittadini.
Quali sono i giocattoli adatti? Sono utili i giochi che si possono fare sia in
casa che fuori: il pallone, i birilli, le bocce, il volano, le carte da gioco, i
giochi di società (Monopoli, Risiko …)
127
Verifichiamo se hai capito:
Collega, con una freccia, la fase dello sviluppo con il tipo di gioco che
corrisponde:
Fase senso-motoria
gioco simbolico
Fase pre-operatoria
gioco di regole
Fase delle operazioni concrete
gioco d’esercizio
Fase delle operazioni formali
gioco di costruzione
Influenza sociale e sviluppo cognitivo
Abbiamo visto che lo sviluppo cognitivo dipende dai fattori innati (=
capacità, potenzialità, intelligenza, attitudini ) e dalle influenze
dell’ambiente (= tipo di esperienze che si fanno, stimoli che si ricevono).
Lo psicologo Guido Petter ha notato che i bambini che giocano con altri
bambini più grandi di loro possono raggiungere più in fretta i livelli
cognitivi superiori (= più alti).
Questa osservazione ci fa capire che lo sviluppo cognitivo è legato agli
stimoli (=informazioni) che arrivano dall’ambiente .
Quindi, un bambino che riceve pochi stimoli ha difficoltà (= fa fatica) a
sviluppare bene le sue conoscenze e a maturare.
Gli stili cognitivi nel pensiero del bambino
Piaget, se ben ricordi, dice che l’apprendimento è legato all’adattamento e,
quindi, alla soluzione dei problemi.
128
Il modo di affrontare e risolvere i problemi non è legato solo allo sviluppo
delle conoscenze e della maturazione dell’intelligenza.
Il modo di affrontare e risolvere i problemi è legato anche al modo che
ciascuno di noi ha nell’organizzare le informazioni e di rispondere agli
stimoli che vengono dall’ambiente.
Il modo personale di organizzare le informazioni e di rispondere agli
stimoli che vengono dall’ambiente è uno stile personale (= modo di essere
della persona).
Questi modi di essere della persona, sono detti stili cognitivi.
Gli psicologi riconoscono tre tipi di stili cognitivi.
1- globale o articolato.
Chi ha uno stile globale tende ad avere una visione “generale” del
problema o della situazione.
Chi ha uno stile articolato riesce ad avere la visione dei “particolari” del
problema o della situazione.
2- senso di controllo interno o senso di controllo esterno.
Chi ha un senso di controllo interno (= dentro di sé) ha fiducia in se stesso
e sa gestire (=affrontare con sicurezza) le situazioni e i problemi.
Chi ha un senso di controllo esterno è convinto che il suo destino (= ciò
che gli succede) dipende dagli altri. Non è capace di gestire le situazioni
perché non ha fiducia nelle sue capacità. Si sente “vittima” (=che subisce).
3- impulsivo o riflessivo.
Chi è impulsivo ha la tendenza (= spinta) ad agire senza pensare, senza
riflettere.
Chi è riflessivo, prima di agire, pensa tante volte.
Essere troppo impulsivi o troppo riflessivi non va molto bene.
Quando si deve agire è importante riflettere il solo tempo necessario (=
quanto basta).
129
Verifichiamo se hai capito
Gli stili cognitivi sono:
dei modi personali di mostrarsi agli altri
dei modi personali di organizzare le informazioni e rispondere agli stimoli
dei modi personali di studiare
La persona con stile globale
non vede i problemi
tende ad avere una visione generale del problema
tende a vedere gli aspetti particolari del problema
La persona con stile articolato
non vede i problemi
tende ad avere una visione generale del problema
tende a vedere gli aspetti particolari del problema
La persona con senso di controllo interno
ha fiducia nelle sue capacità e sa gestire le situazioni e i problemi
non ha fiducia nelle sue capacità e crede che tutto dipenda dagli altri
si diverte a controllare tutte le cose
La persona con senso di controllo esterno
ha fiducia nelle sue capacità e sa gestire le situazioni
non ha fiducia nelle sue capacità e crede che tutto dipenda dagli altri
non sopporta di dover controllare le cosa
La persona impulsiva
tende ad agire senza pensare
prima di agire pensa tante volte
quando deve agire riflette quanto basta
La persona riflessiva
tende ad agire senza pensare
prima di agire pensa tante volte
quando deve agire riflette quanto basta
130
Lo sviluppo del linguaggio
All’inizio del capitolo abbiamo detto che anche il linguaggio si sviluppa come
l’intelligenza.
Lo sviluppo del linguaggio può essere suddiviso in tre fasi (=periodi)
1- fase non verbale: questa fase è caratterizzata (=ci sono queste cose) da
una comunicazione non verbale e da una comunicazione fatta con
produzioni vocali (=suoni della voce).
Di cosa si tratta?
1 a) la comunicazione non verbale comprende tutte le risorse (= i mezzi) che
il bambino usa per comunicare con gli altri senza usare la parola.
Questi mezzi, queste risorse, sono:
- i gesti: quando, ad esempio il bambino indica con la mano un oggetto che
vuole.
- il sorriso . Il sorriso indica le emozioni positive (sentimenti) che il bambino
prova: piacere, gioia, tenerezza. Nei primissimi mesi di vita del bambino, però,
il sorriso è un riflesso, cioè una risposta non intenzionale (assomiglia alla
smorfia). Dopo il secondo mese di vita c’è il sorriso sociale generale. Questo
significa che il bambino sorride a tutti. Gli psicologi dicono che il sorriso ha un
valore sociale perché induce (= stimola) l’adulto a interagire (= agire insieme)
con il bambino.
Dopo il sesto mese c’è un sorriso sociale selettivo. Dire che il sorriso è
selettivo significa dire che il bambino seleziona (= sceglie) le persone a cui
sorridere. In genere il bambino sorride alle persone che conosce.
-lo sguardo. All’inizio lo sguardo significa attaccamento alla madre e alle
figure familiari. Più avanti, verso gli 8 –9 mesi, lo sguardo serve al bambino
per stimolare la madre a interessarsi agli oggetti che ha in mano o a quello che
sta facendo. Verso i 12 mesi, con lo sguardo il bambino chiede
l’approvazione di ciò che sta facendo (= sentirsi dire che va bene).
131
1 b) – la comunicazione mediante produzioni vocali. Abbiamo questo tipo di
comunicazione quando il bambino non ha ancora imparato a dire la “parola”.
Per arrivare a dire la parola il bambino passa attraverso una serie di suoni
della voce che, piano piano si organizzano ( i suoni si perfezionano per
arrivare alla parola).
Vediamo cosa succede:
All’inizio il bambino si esprime con il “ pianto”. Il bambino piange quando ha
fame, è bagnato, ha qualche disturbo (= non sta bene) o quando si spaventa
(es. prova paura per un rumore).
A 1-2 mesi il bambino emette (= fa uscire) dei suoni che assomigliano ai versi
dei colombi (= uccelli). Il verso è quello del “ tubare “.
A 5-6 mesi il bambino comincia a “balbettare”, cioè ripete molte volte le
stesse sillabe: ma-ma-ma, ga-ga-ga, da-da-da. (nota bene: questo succede
nelle lingue occidentali, come la nostra. Un bambino cinese, invece, emette le
vocali in tono diverso).
Più tardi, dopo questa fase, il bambino comincia a “imitare” (= copiare) i
suoni che emettono gli adulti. (Attenzione! A questa età il bambino imita i
suoni, non le parole!)
2- La fase del linguaggio infantile
Non è facile dire quando il bambino entra in questa fase. Verso il primo anno,
comunque, nel bambino ci sono delle espressioni vocali che possono essere
considerate delle parole. Ad esempio, quello che era un balbettio: ma-ma-ma,
ora diventa mam-ma; oppure quello che era pa-pa-pa, ora diventa, pa-pà.
A questa età il bambino capisce un numero maggiore (=comprensione) di
parole rispetto a quante parole dice (= produzione).
La caratteristica più evidente (= aspetto più significativo) della produzione
verbale di questo periodo è la parola-frase.
La parola-frase ha una funzione olofrastica. “Olofrastica” è una parola che
deriva dalla lingua greca: “olos” significa “tutto”; “phrasticos” significa “che
sa spiegare tutto”.
Infatti, il bambino, a questa età, quando dice una parola, in realtà vuole dire
un’intera frase.
Ad esempio, se dice “palla”, può voler dire:
132
- voglio la palla, oppure,
- dov’è la palla, oppure,
- sto giocando con la palla.
Noi capiamo quello che il bambino vuole dire, dal contesto, cioè dalla
situazione che il bambino sta vivendo in quel momento.
Con il passare del tempo, il linguaggio diventa più strutturato (=meglio
organizzato, più complesso) e la frase diventa binaria. La frase binaria è fatta
di due parole. Ciascuna delle due parole indica (=vuol dire) una parte precisa
della situazione.
Ad esempio, se dice “tutù babbo” può voler dire:
- quella è la macchina del babbo
- sono andato in macchina con il babbo
- ho guidato la macchina del babbo.
3- fase del linguaggio vero e proprio:
Parliamo di linguaggio vero e proprio quando il bambino costruisce la frase.
Verso i 3 anni la frase del bambino ha una lunghezza media di quattro parole.
In maniera veloce il linguaggio poi si sviluppa: la frase si fa (=diventa) più
lunga e grammaticalmente corretta.
Generalmente il bambino:
- a 2 anni: comprende circa 200 parole
- a 3 anni: comprende circa 900 parole
- a 4 anni: comprende circa 1600 parole.
Non tutti i bambini sviluppano il linguaggio allo stesso modo e negli stessi
tempi.
133
Le differenze di sviluppo del linguaggio (cioè di chi impara prima e di chi
impara dopo) dipendono da molti fattori:
- c’è il bambino lento (che va adagio) e il bambino precoce (= che fa le
cose prima) per natura (perché è fatto lui così)
- c’è l’influenza dell’ambiente socio-culturale .
Nella fase del linguaggio vero e proprio, tra i 2 e i 5 anni ci sono due momenti
significativi:
- momento del “cos’è”? : tra i 2-3 anni, in questo periodo il bambino ha
curiosità per i nomi.
- Momento del “perché”?: dai 3 anni in poi. Il bambino ha curiosità
nello scoprire i legami che ci sono tra le cose.
Se ben ricordi, questo periodo corrisponde alla fase pre-operatoria dello
sviluppo dell’intelligenza. Anche il linguaggio risente delle caratteristiche di
questa fase. Noi diciamo, infatti, che il linguaggio è “egocentrico”. Significa
che il bambino (che non ha la capacità di mettersi nei panni degli altri e vede
le cose solo dal suo punto di vista), quando parla dice tutto ciò appartiene a
lui.
134
Verifichiamo se hai capito
Lo sviluppo del linguaggio si sviluppa seguendo
due fasi
tre fasi
quattro fasi
Nella fase non verbale distinguiamo
una comunicazione non verbale e una comunicazione fatta con parole
una comunicazione non verbale e una comunicazione fatta con
produzioni vocali
una comunicazione non verbale e una comunicazione gestuali.
L’evoluzione (= i passaggi) della comunicazione non verbale corrisponde
a:
i gesti, il pianto, lo sguardo
i gesti , il sorriso, lo sguardo
i gesti, il sorriso, il pianto
L’evoluzione del sorriso corrisponde a:
sorriso sociale selettivo, sorriso sociale generale, riflesso
riflesso, sorriso sociale generale, sorriso sociale selettivo
riflesso, sorriso sociale selettivo, sorriso sociale generale.
L’evoluzione della comunicazione mediante produzioni vocali avviene
attraverso:
tubare, imitare, balbettare, piangere
balbettare, imitare, piangere, tubare
piangere, tubare, balbettare, imitare
La fase del linguaggio infantile comporta i seguenti passaggi:
frase binaria / parola – frase
parola-frase / frase binaria
La fase del linguaggio vero e proprio comporta i seguenti passaggi:
costruzione della frase, fase del perché, fase del cos’è
costruzione della frase, fase del cos’è, fase del perché
fase del cos’è, fase del perché, costruzione della frase
135
Pensiero e linguaggio
Sicuramente hai capito che tra il pensiero e il linguaggio c’è un rapporto (=
legame) molto stretto.
In genere dove c’è pensiero, c’è linguaggio.
Lo sviluppo del pensiero e lo sviluppo del linguaggio si intrecciano: vuol dire
che c’è una reciproca dipendenza, ossia l’uno dipende dall’altro.
a) influenza del pensiero sul linguaggio.
Con il pensiero il bambino capisce che nel linguaggio ci sono delle regole.
Ogni lingua ha delle regole grammaticali; spesso, però, oltre alle regole ci
sono le irregolarità.
Il bambino che ha interiorizzato (= fatte sue) le regole, crea delle forme
irregolari, ma corrette. Ad esempio, invece
- rotto: romputo
- uova: uovi
- aperto: aprito
questi cambiamenti che il bambino usa, si chiamano ipercorrettismi (vuol dire
che sono molto corretti)
Gli ipercorrettismi ci dimostrano che il pensiero del bambino funziona e
agisce sul linguaggio.
b) influenza del linguaggio sul pensiero.
Un linguaggio verbale ben sviluppato permette al pensiero di manifestarsi (=
farsi vedere) in modo più preciso e completo.
Un sociologo inglese, Basil Bernstein, ha fatto degli studi sui bambini che
provenivano da famiglie povere e da famiglie benestanti (= ricche).
Bernstein ha visto che le famiglie povere usano un codice (= forma di
discorso) ristretto, mentre le famiglie ricche hanno un codice elaborato.
136
Com’è il codice ristretto?
Il codice ristretto è semplice e ripetitivo, usa pochi aggettivi, pochi avverbi;
usa pochi nomi e molti pronomi; la frase è breve e incompleta.
Com’è il codice elaborato?
Il codice elaborato è complesso e vario, usa molti aggettivi e avverbi; usa più
nomi che pronomi; la frase è lunga e articolata. Il codice elaborato permette di
esprimere bene i concetti astratti (quelli del pensiero formale).
Verifichiamo se hai capito
Nel rapporto tra pensiero e linguaggio
è solo il linguaggio che influenza il pensiero
è solo il pensiero che influenza il linguaggio
il pensiero e il linguaggio si influenzano reciprocamente
Il pensiero influenza il linguaggio perché il bambino
interiorizza le regole della lingua e le applica
inventa nuove parole
inventa nuove regole
Parliamo di ipercorrettismi quando
il bambino applica la regola grammaticale alle forme irregolari
il bambino diventa sempre più attento ad applicare le regole grammaticali
il bambino applica la regola grammaticale alle sole forme regolari
Il linguaggio verbale influenza il pensiero perché
il linguaggio permette al pensiero di fantasticare
il linguaggio permette al pensiero di manifestarsi in maniera più precisa e
completa
il linguaggio permette al pensiero di essere convergente
Il codice, cioè la forma di discorso, secondo Bernstein, può essere:
semplice o complesso
ristretto o elaborato
organizzato o semi-organizzato
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