DAL KANTISMO ALL’IDEALISMO Furono i seguaci stessi di Kant (Reinhold – 1758/1823, Mainon – 1753/1800) a criticare i dualismi lasciati dal criticismo e a cercare di superarli, individuando un PRINCIPIO UNICO sulla base del quale fondare una nuova, salda filosofia. Criticarono il DUALISMO FENOMENO/NOUMENO, giudicando filosoficamente inammissibile la cosa in sé come qualcosa di esistente, ma inconoscibile. Argomento che accomuna i critici della cosa in sé: se l’oggetto risulta concepibile solo in relazione al soggetto che lo rappresenta, come è possibile un oggetto, la cosa in sé, intesa come realtà non pensata e non pensabile, non rappresentata e non rappresentabile? Criticarono IL DUALISMO IO PENSO/COSA IN SÉ, dove in Kant l’Io penso (Appercezione trascendentale) era un centro mentale unificatore, una struttura mentale che accomuna tutti gli uomini, a cui si riconducono le 12 categorie, garantendo una suprema sintesi (l’Io penso è ciò che deve poter accompagnare tutte le mie rappresentazioni per far in modo che io possa dirle mie); L’Io penso è ciò per cui ogni soggetto empirico è un soggetto pensante; In Kant, quindi l’Io penso ha un carattere solo formale e finito, ovvero si limita ad organizzare, dare ordine ad una realtà che gli preesiste, che non è creata da lui. La cosa in sé rimane inaccessibile all’Io penso, che nel momento in cui applica le sue categorie (funzioni unificatrici) conosce sempre e solo il fenomeno, ovvero la cosa modificata dalle forme a- priori del soggetto. Criticarono il DUALISMO INTELLETTO (come facoltà che rimane entro i limiti dell’esperienza) e LA RAGIONE (come facoltà che cerca di trascendere l’esperienza) Criticarono il DUALISMO ESPERIENZA SENSIBILE/METAFISICA, SCIENZA/MORALE. Gli esponenti dell’Idealismo non accetteranno i limiti che Kant ha posto alla ragione umana e affermeranno la possibilità per l’uomo di elevarsi fino alla conoscenza dell’Assoluto. La filosofia di Kant era razionalista ed illuminista in quanto faceva della ragione l’unica guida dell’uomo in tutti i campi delle sue attività, ma nello stesso tempo poneva alla ragione dei limiti precisi. Il razionalismo kantiano fu un altro aspetto contro cui polemizzò la Germania negli ultimi anni del ‘700. La filosofia kantiana appariva ostile alle esigenze della fede e della tradizione religiosa: alla ragione si contrappone allora come organo di conoscenza la fede, l’intuizione mistica, il sentimento (Hamman – 1744/1803) Karl Leonhard Reinhold contribuisce a diffondere il pensiero di Kant con i suoi scritti (Lettere sulla filosofia kantiana, 1786-87) e con la sua attività accademica. R. cerca un principio in grado di comprendere sotto di sé sia l’Io che la cosa in sé per superare il dualismo kantiano e risolvere il problema della fondazione della filosofia. Egli individua questo principio nella rappresentazione, che precede e fonda la distinzione fra soggetto ed oggetto e si presenta perciò come dato originario. Egli enuncia il “principio universalmente valido della filosofia” e lo esprime nella formula: ”La rappresentazione viene distinta nella coscienza dal rappresentato e dal rappresentante e riferita ad entrambi” (principio di coscienza) Per R., dunque, non c’è da un lato il mondo con le sue caratteristiche e dall’altro il mondo come viene colto dal soggetto, attraverso le sue forme a-priori, ma c’è solo la rappresentazione, ovvero ciò che il soggetto conoscente si rappresenta (non c’è un mondo colorato separabile e distinguibile dal mondo che noi cogliamo attraverso il filtro delle lenti che indossiamo). Salomon Mainon (1754-1800) afferma che il concetto di cosa in sé è contraddittorio perché non si può sostenere l’esistenza di qualcosa che si definisce come inconoscibile. Ora la cosa in sé è per definizione esterna e distinta dalla coscienza stessa, quindi è una noncosa, un nulla. L’idealismo sorge quando Fichte (1762-1814) abolisce definitivamente il concetto di cosa in sé, ovvero di una qualsiasi realtà estranea all’IO, che diventa un’ENTITA’ CREATRICE. Ficthe cerca il principio di base che unifica le tre critiche kantiane, che Kant non ha rivelato e che occorre per fondare una filosofia rigorosa che scaturisca da un unico principio supremo. Egli fonda l’idealismo trasformando l’Io penso kantiano (principio formale della conoscenza che si limita ad organizzare una materia data) in IO PURO (puro= privo di condizionamenti empirici) inteso come intuizione pura che si autopone e autoponendosi pone tutta la realtà; l’essenza di questo Io (=Assoluto, Infinito) è la libertà. L’Io di Ficthe è un principio formale e materiale che pone se stesso e l’oggetto in virtù di un’attività creatrice (intuizione intellettuale, attività per cui conoscere qualcosa significa fare o produrre tale cosa ed esserne consapevoli). L’”Io Penso” di Kant è trascendentale poiché non è una sostanza, ma una funzione della conoscenza e non può, in quanto tale, prescindere dall’esperienza e dall’elemento oggettivo in essa presente riconducibile alla cosa in sé. Una volta eliminato, con Fichte, il riferimento alla cosa in sé, l’Io penso diventa “Io puro” e acquista una valenza ontologica, divenendo costitutivo della realtà. L’IO PURO è INFINITO e tutto ciò che esiste esiste nell’Io e per l’Io. Si tratta della realtà umana considerata come attività conoscitiva e pratica e come libertà creatrice (l’umanità intesa come entità autocosciente, razionale e libera; c’è Spirito dove c’è intelligenza e libertà). Per Fichte l’Io, lo Spirito è la causa della natura che esiste solo per l’Io e in funzione dell’Io essendo semplicemente il materiale o la scena della sua attività. Il non-io (la natura) si presenta come un ostacolo che l’Io deve superare per affermare e conoscere se stesso. L’Io attraverso l’azione sul non-io giunge all’autocoscienza, si realizza moralmente e afferma la propria libertà. I PRINCIPI DELLA DOTTRINA DELLA SCIENZA DI FICHTE L’IO PONE SESTESSO - Come attività autocreatrice e infinita - Come condizione incondizionata di se stesso e della realtà (TESI) - Come principio supremo della conoscenza L’IO PONE IL NON-IO (ANTITESI) Per realizzarsi come attività, l’io è costretto a contrapporre a se stesso, in se stesso, qualcos’altro da sé L’IO OPPONE, NELL’IO, AD UN IO- Avendo posto il non-io, l’io si trova ad DIVISIBILE UN NON-IO DIVISIBILE esistere sotto forma di io-divisibile (SINTESI) (=molteplice e finito) limitato da una serie di non-io altrettanto divisibili (= molteplici e finiti) Metafisica classica: OPERARI SEQUITUR ESSE = gli individui agiscono in conformità alla loro natura (data) o al loro essere. Metafisica idealistica: ESSE SEQUITUR OPARARI = l’essere dell’io appare il frutto della sua azione e il risultato della sua libertà. Concetto di streben: l’infinito per l’uomo non consiste in un’”essenza” già data, ma si configura come un “dover-essere”, una missione; l’io infinito o Io puro va inteso come un io libero, uno spirito vittorioso sui propri ostacoli e, quindi, privo di limiti. Situazione che per l’uomo rappresenta un ideale a cui tendere all’infinito (streben); l’uomo è uno sforzo infinito verso la libertà. Schelling (1775-1854) riconosce a Fichte il merito di aver determinato il passaggio ad una nuova filosofia, l’idealismo, ma critica il principio della Dottrina della scienza (1794, 1801, 1804), ovvero l’IO puro perché ritiene che una pura attività soggettiva non possa rendere conto ad un tempo del soggetto e dell’oggetto, dello spirito e della Natura, dell’intelligenza da una parte e del mondo naturale dall’altra. Il principio supremo della filosofia, secondo Schelling, dev’essere un Assoluto che sia Soggetto ed Oggetto, Ragione e Natura, ovvero identità o indifferenza di entrambi. Schelling (Idee per una filosofia della natura, 1797; Sull’anima del mondo, 1798; Primo abbozzo di un sistema di filosofia della natura) può essere considerato il filosofo idealista più vicino alla sensibilità romantica per la sua concezione organicistica e finalistica della natura (la natura è un organismo organizzato in vista di un fine) e per l’importanza che conferisce all’arte come strumento conoscitivo. - Per quanto concerne la concezione della natura, il fine non è deciso da un Dio creatore esterno alla natura, ma è interno alla natura stessa che è autonoma. Il principio che opera all’interno della natura è lo Spirito che è, però, inconscio e che diventerà cosciente solo nell’uomo (fine ultimo della natura). La natura è “Spirito visibile” e lo Spirito è “Natura invisibile”. Nella natura operano due forze contrapposte (attrazione e repulsione) che si limitano reciprocamente; dalla loro dialettica scaturisce la serie infinita delle creature, a partire dalla materia fino ad arrivare all’uomo. - L’attività che riesce ad armonizzare pienamente Spirito e Natura, il produrre inconscio e quello conscio è, però, l’arte. Schelling (Sistema dell’idealismo trascendentale, 1800 )pone l’arte, come organo di rivelazione dell’Assoluto, al di sopra della filosofia stessa. Nella creazione artistica l’artista è guidato dall’ispirazione (inconscia) e dalla conoscenza delle tecniche necessarie per realizzare l’opera che ha progettato (esecuzione cosciente). L’opera d’arte stessa è qualcosa di materiale e di finito, ma è portatrice di infiniti significati ed è suscettibile di infinite interpretazioni. Per questo realizza pienamente l’armonia tra finito ed infinito. Inoltre, nell’opera d’arte l’artista realizza concretamente l’unità di conscio ed inconscio, che la filosofia cerca di riprodurre mediante la riflessione. L’arte è produzione, mentre la filosofia è riproduzione; l’arte è la forma somma di conoscenza.