E. Severino

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E. Severino – da “La filosofia moderna” , B.U.R., vol. 2
La soggettività del mondo. — La filosofia moderna si rende conto del carattere
soggettivo, o mentale, del mondo che ci sta davanti e in cui viviamo. La grandezza di
Cartesio sta appunto nell’aver portato alla luce la soggettività del mondo che ci appare.
All’interno della prospettiva realistica del senso comune e della filosofia tradizionale, noi
siamo invece persuasi della indipendenza del mondo rispetto a noi: siamo un minuscolo
“granello di sabbia” nell’immensità di questo universo che ci trascende da ogni parte e che
non ha bisogno di noi per esistere: l’essenziale è l’infinita realtà dell’universo; noi e la
nostra coscienza siamo qualcosa di accidentale.
1) Spiega con le tue parole l’ atteggiamento del realismo e del senso comune rispetto al mondo ed alla
nostra posizione entro ad esso; 2) Qual è la decisiva novità aperta da Cartesio? 3) Perché viene definita
una “apparente banalità”? 4) Cosa significa qui ‘soggettività’?
Eppure, questa immensità di cose, in cui ci troviamo sperduti e inessenziali, questo gran
mare di enti ed eventi, questa infinità di tempi e di spazi è ciò che noi pensiamo, è il
contenuto del nostro atto pensante. Non è, questa, una banalità? Tuttavia è proprio questa
apparente banalità a operare, nella filosofia moderna, il superamento del realismo e del
nostro comune modo di pensare. Consideriamo, dunque, questa infinità di tempi e spazi, che
diciamo a noi indifferenti e da noi indipendenti. Ebbene, la stia mo considerando! Essa è cioè
un pensato e quindi una nostra rappresentazione. Le lontananze dell’universo in cui l’uomo
si perde e naufraga ci diventano così vicinissime, ci appartengono. Cartésio definisce così il
pensiero: “pensiero è tutte quelle cose che e in quanto sono in noi e in noi accadono e delle
quali in noi c’e coscienza». Il nostro pensare è le cose tutte, in quanto pensate, cioè nel loro
esser pensate.
Nella prospettiva realistica, gli enti della natura e, una volta prodotti, anche i manufatti
dell’uomo, esistono anche senza il pensiero: sono cose extrasoggettive. La filosofia moderna
mostra invece che non solo i nostri stati interni, psichici, ma anche gli oggetti esterni, la
terra, gli alberi, il cielo, gli astri e tutti gli_enti della natura sono dei pensati. Se non fossero
tali, nemmeno potremmo parlarne. Sono tutti rappresentazioni nostre e dunque, come tali,
esistono solo in quanto esiste il pensare.
1) Spiega con le tue parole le espressioni sottolineate; 2) Cosa significano i termini ‘pensato’ e
‘rappresentazione’ nella filosofia moderna?
Da ciò deriva che l’intero mondo che ci sta dinanzi e in cui viviamo, non può essere la
realtà vera e propria, ossia la realtà che esiste esternamente e indipendentemente dal nostro
pensiero. Questo mondo, che ci sta dinanzi, è appunto il nostro pensiero, al di là del quale
resta la realtà vera e propria. Che dunque — si può dire anche in quest’altro modo — non è
ciò che noi immediatamente percepiamo, giacché ciò che percepiamo immediata mente sono
appunto le ‘nostre rappresentazioni’.
Ciò vuoi dire che la verità sta al di là di ciò di cui siamo immediatamente certi; è al di
fuori di noi; e che noi siamo immediatamente certi di qualcosa (1e nostre rappresentazioni=
tutte le cose del mondo, in quanto sono in noi) che non è la verità. Vicinissimo e anzi
interno a noi questo mondo immenso in cui ci sembra di perderci, e tuttavia la verità, la
realtà vera si ritrae in una lontananza che il pensiero antico non aveva sospettato. Mentre nel
realismo la verità è il contenuto immediato della certezza (=identità di certezza e verità), la
filosofia moderna si rende dunque conto che il contenuto immediato della certezza non può
essere la verità. Questo, il significato iniziale di ciò che abbiamo chiamato “opposizione di
certezza e verità”.
La consapevolezza che il mondo che sperimentiamo non è la realtà in sé stessa, ma è le
nostre rappresentazioni, o le nostre immagini di essa, è insieme la consapevolezza che la
realtà in sé stessa non è il contenuto immediato del pensiero.
1) Quali conseguenze ne trae Cartesio riguardo alla “vera realtà”? 2) Quali conseguenze
riguardo alle nostre rappresentazioni? 3) Spiega perché la verità è fuori di noi, mentre la certezza
è dentro di noi. 4) Spiega l’ espressione sottolineata; 5) Spiega l’ espressione “contenuto
immediato”.
Il problema della filosofia moderna. — Ma già in Cartesio il significato dell’opposizione di
certezza e verità si determina ulteriormente.
Poiché ciò che conosciamo immediatamente sono le nostre rappresentazioni, si p resenta
un problema che non poteva ancora essere sollevato nell’ambito della concezione realistica
del rapporto tra pensiero e realtà. Infatti, se ciò che conosciamo immediatamente sono le
nostre rappresentazioni, non possiamo allora essere immediatament e sicuri che esse
rappresentino la realtà vera e propria: non possiamo essere sicuri che la realtà esterna e
indipendente dalla nostra mente sia così come noi ce la rappresentiamo. Questa sicurezza
sussiste sino a che la realtà vera e propria è intèsa come il contenuto immediato del pensiero;
ma una volta che ci si rende conto che tale contenuto è un pensato —cioè non è la realtà vera
e propria—, allora chi ci assicura che le nostre rappresentazioni corrispondano alla realtà
esterna?
1) spiega il nuovo problema filosofico che si apre con Cartesio; 2) perché tale problema non poteva
essere posto dalla filosofia antica di tipo realistico? 3) Che valore assume il termine ‘sicurezza, essere
sicuri’?
La filosofia moderna è la Problematizzazione della coincidenza tra le nostre rappresentazioni
e la realtà esterna. Ma tale problematizzazione è diversa dallo scetticismo. Lo scetticismo
nega che il contenuto della certezza possa mai essere verità. E questa negazione è il risultato
oltre il quale lo scetticismo non intende procedere. Quando invece, a partire da Cartesio, per
la filosofia moderna è un problema se il contenuto della certezza sia la verità, la filosofia
moderna nega sì che si possa porre immediatamente come verità il contenuto della certezza,
ma non nega (almeno fino a Kant) che si possa giungere a dimostrare che la certezza (il
pensiero) abbia appunto come contenuto la verità. Non esclude che si possa affermare
mediatamente ciò che non è immediatamente affermabile.
E infatti la negazione scettica della verità non intende approdare ad alcuna verità; mentre
in Cartesio, come vedremo, la verità si costituisce proprio nell’atto in cui ci si rende conto
che non si può affermarla come data. immediatamente.
1) che cosa hanno in comune lo scetticismo da una parte e la filosofia moderna dall’ altra?
2) che cosa c’ è di diverso tra le due interpretazioni dello stesso problema?
Cartesio è il padre della filosofia moderna. In lui, infatti, l’opposizione di certezza e
verità emerge per la prima volta nel modo più chiaro. Il primo passo della filosofia, per
Cartesio, è il dubbio. Che non solo investe ogni conoscenza, ogni fede, ogni ragionamento,
ma anche tutto ciò che è attestato dai sensi! Il “dubbio” cartesiano è la problematizzazione
dell’identità di certezza e verità.
Il mettere tutto in questione esprime un aspetto essenziale dell’atteggiamento filosofico.
Rammaricarsi che Cartesio non abbia voluto servirsi della sapienza filosofica tradizionale,
significa non comprendere il carattere del far filosofia. La quale non può mai affidarsi o
rinviare a quello che hanno pensato gli altri — anche se gli altri sono i grandi del passato —,
ma esige che si ricominci sempre tutto da capo.
1) perché Cartesio è il ‘padre della filosofia moderna’? 2) Che significato assume il dubbio in Cartesio?
3) Perché Cartesio non si affida al pensiero del passato, ma ‘ricomincia tutto da capo’? Spiega l’ analogia
di tale atteggiamento con quello socratico
Se si deve dubitare di tutto, Cartesio afferma che lui ha dubitato di tutto; presenta cioè il dubbio
come un atto del suo “io”. Ma è chiaro che egli propone a tutti l’atteggiamento dubitante, a tutte le
altre menti ragionanti che dicono “io”.
Ebbene, dubitar di tutto vuol dire, per Cartesio, dubitare appunto che le nostre rappresentazioni, per
quanto evidenti possano sembrare, rappresentino le cose reali proprio così come esse sono. (…)
Chi ci assicura, ad esempio, che perfino le verità matematiche — le quali sembrano privilegiate
rispetto a tutte le altre— non siano qualcosa di puramente mentale, soggettivo, che non trova alcuna
corrispondenza nella realtà esterna?
1) Il dubbio cartesiano ha un valore individuale o universale? 2) Alla luce della risposta precedente, quale
valore assume il termine soggetto? 3) Cartesio dubita, per principio, anche delle proposizioni matematiche
più evidenti. Confronta la sua posizione su questo argomento con quella di Galileo. 4) Quale brano
galileiano utilizzeresti per rispondere alla domanda 3? Motiva la risposta
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