PANORAMA TECNICO-PROFESSIONALE BIOgEOgRAFIA DEL MEDITERRANEO STEFANO MONTI Il Mar Mediterraneo é un sistema oceani- co parzialmente isolato e in esso sono individuabili processi analoghi, se non identici, a quelli che avvengono nell’Atlantico. Vi é un’influenza reciproca tra l’Oceano Atlantico (soprattutto il Nord Atlantico) e il Mediterraneo, si hanno riscontri per cui lo scambio di calore tra i due mari sembra influire perfino sulla circolazione termoalina globale del pianeta. Analizzando da vicino il nostro mare, si nota una ricca varietà di specie. Si stima che vi siano, infatti, oltre 8.500 specie di organismi marini nel Mediterraneo. La Tabella 1 evidenzia la distribuzione delle specie marine per taxa. Tabella 1 NUMERO DI SPECIE MARINE CONOSCIUTE IN MEDITERRANEO E NEL MONDO (da Bianchi&Morri, 2000) Taxa Alghe rosse Alghe brune Alghe verdi Fanerogame Totale vegetali Spugne Cnidari Briozoi Anellidi Molluschi Artropodi Echinodermi Tunicati Altri invertebrati Totale invertebrati Pesci cartilaginei Pesci ossei Rettili Mammiferi Totale vertebrati TOTALE Rivista Marittima-Novembre 2010 Mondo 5.250 1.500 1.200 50 8.000 5.500 11.000 5.000 8.000 32.000 33.600 6.500 1.350 13.550 11.6500 850 11.500 58 114 12.522 137.000 Mediterraneo 867 265 214 5 1.351 600 450 500 777 1.376 1.935 143 244 550 6.575 81 532 5 21 639 8.565 % Mediterraneo/Mondo 16.5 17.7 17.8 10 16.9 10.9 4.1 10 9.7 4.3 5.8 2.2 18.1 4.1 5.6 9.5 4.1 8.6 18.4 5.1 6.3 75 Biogeografia del Mediterraneo La quantità di specie che popolano il Mediterraneo oscilla tra il 4% e il 18% (in base al gruppo considerato) del totale delle specie marine note e presenti in tutti i mari. Tuttavia, il Mediterraneo occupa solamente lo 0.82% della superficie e lo 0.32% del volume del totale dei mari. Da ciò si evince che la quantità di specie presenti nel nostro mare è veramente rilevante. Come si spiega questa proporzione così ragguardevole nella biodiversità mediterranea? Per rispondere a questa domanda, ci viene in aiuto la biogeografia, scienza che studia la ripartizione dei biomi sulla Terra e i fattori che la determinano. In questa breve analisi si prendono in esame le principali variabili, tempo, zonazione orizzontale e verticale e impatto antropico, che hanno contribuito alla grande biodiversità del Mar Mediterraneo. La storia del Mediterraneo L’abilità di una specie di diffondersi, avere successo e occupare nicchie ecologiche libere o in competizione con altri, è limitata dagli attributi morfologici e funzionali della sua organizzazione; attributi che si sono sviluppati con l’evoluzione e con l’adattamento a specifici ambienti come il mare per il plancton e il necton, e il tipo di fondale marino per il benthos. La biogeografia dell’ambiente marino suddivide il mondo in due grandi regioni una atlantica e l’altra indo-pacifica. Il Mediterraneo rientra nella provincia atlantico-mediterranea per via del collegamento tra i due mari tramite lo Stretto di gibilterra che ne consente l’interscambio di acque. L’ambiente marino del bacino mediterraneo ha avuto una storia molto trava- Crisi di salinità (Messiniano). 76 Rivista Marittima-Novembre 2010 Biogeografia del Mediterraneo Soglia di gibilterra. Caratteristica delle correnti. gliata iniziata ben 230 milioni di anni fa con la formazione di un unico continente (Pangea) circondato da un unico oceano (Panthalassa). Circa 180 milioni di anni fa, il super continente si è suddiviso in due aree, una settentrionale (Laurasia) e una meridionale (gondwana), separate sempre più da un nuovo oceano ancestrale (Tetide), un canale oceanico che divideva tra loro i due emisferi continentali. Dalla Laurasia si sono poi formati gli attuali continenti dell’emisfero boreale: Europa, Asia, America del Nord. L’espansione dell’Oceano Tetide è continuata fino a 130 milioni di anni fa quando si è formato l’Oceano Atlantico insinuandosi tra le Americhe e il resto della terra emersa. Tale movimento ha spinto la Rivista Marittima-Novembre 2010 zolla africana verso Nord in direzione della zolla europea, ruotando l’Africa in senso antiorario. Con il contatto tra zolla africana ed europea, circa 60 milioni di anni fa, il mare Tetide si è contratto fino quasi a scomparire. Nel frattempo, mentre il bacino del Mediterraneo si stava formando, il massiccio Sardo-Corso, in pratica un subcontinente, si è separato dal più esteso continente europeo allontanandosi lentamente verso Est con una rotazione antioraria di 35° e formando, dopo 10 milioni di anni, il blocco costituito da Sardegna e Corsica che oggi conosciamo. In seguito si sono poi formati i bacini occidentali del Mare di Alboran, il bacino Algero-Provenzale e il Mar Ligure. Infine, 77 Biogeografia del Mediterraneo Circolazione generale del Mediterraneo: (a) correnti superficiali 0-200 metri; (b) acque intermedie 200-1000 metri; (c) circolazione profonda. circa 8 milioni di anni fa si è attivata una nuova zona di distensione crostale che ha portato all’apertura del Mar Tirreno. 78 Vi è una profonda discontinuità morfologica tra il bacino occidentale e quello orientale del Mediterraneo. Essi sono seRivista Marittima-Novembre 2010 Biogeografia del Mediterraneo parati dalla soglia del Canale di Sicilia come effetto della spinta verso Nord della zolla africana. Tale azione fa incuneare la zolla africana sotto l’arco calabro e genera il Mar Ionio, con le sue fosse che superano i 5.000 metri, il mar Egeo oltre all’arco magmatico delle isole Eolie. Il mare Adriatico è invece un bacino posto sulla crosta continentale, residuo di un bacino più antico e ampio. Essendo la zona soggetta anche oggi a spinte tettoniche di tipo compressivo si prevede che esso scomparirà come tra l’altro è già successo nell’ultima glaciazione quando la linea di costa era situata all’altezza dell’attuale città di Ancona. È possibile datare la nascita del Mediterraneo a circa 30 milioni di anni fa ma la formazione del Mediterraneo, così come lo conosciamo oggi, si è costituita solo 10 milioni di anni fa, con la formazione dell’istmo di Suez che ha separato il Mediterraneo dall’Oceano Indopacifico. Circa 6 milioni di anni fa si è poi chiuso il collegamento con l’Atlantico e il Mediterraneo occidentale ha assunto la sua fisionomia definitiva. Il Mediterraneo diventa così un mare chiuso isolato dagli oceani. L’evaporazione e l’insufficiente apporto d’acqua da parte dei fiumi portano alla cosiddetta «crisi di salinità» del Messiniano cioè alla graduale diminuzione del livello del mare e all’associato aumento della salinità marina fino al disseccamento di quasi tutta l’acqua del bacino Mediterraneo. La mancanza d’acqua ha portato anche all’estinzione la maggior parte della fauna tropicale della Tetide. Circa 5 milioni di anni fa la soglia di gibilterra, un tratto che oggi si estende per circa 20 km e ha una profondità massima di 324 metri, è crollata consentendo alle acque oceaniche di fluire nel bacino Mediterraneo ormai vuoRivista Marittima-Novembre 2010 to. L’onda oceanica, se vi è stata, deve essere stata impressionante perché alla fine del processo il livello di tutti i mari si è abbassato di ben 20 metri. Una volta riempito il bacino del Mediterraneo con le acque atlantiche, anche le correnti marine hanno avuto il loro ruolo nel modellare la vita nel mare. L’effetto della rotazione terrestre (effetto geostrofico) e la presenza di due grandi bacini distinti e separati dalla soglia del Canale di Sicilia modificano il giro delle correnti superficiali e profonde generate dall’afflusso di acqua che varca la soglia di gibilterra. La corrente superficiale costeggia l’Africa fino alle coste palestinesi mentre una corrente più salata e calda, la corrente levantina, si forma in prossimità di Cipro e si muove verso Est risalendo il mar Egeo e l’Adriatico. A quest’ultima corrente se ne associa anche una intermedia, che scorre a una profondità da 100 a 500 metri, parallela a quella levantina che supera il canale di Sicilia per entrare nel Tirreno, superare le Baleari per ributtarsi nell’Atlantico rasentando le coste settentrionali della Spagna sempre a causa dell’effetto geostrofico. Esiste anche una corrente profonda costituita da acque fredde e dense che si forma nei periodi invernali nel golfo del Leone e si muove verso Sud. La biodiversità marina D escritta per sommi capi la genesi del bacino mediterraneo, la biodiversità del Mar Mediterraneo, con la riapertura della connessione con l’Oceano Atlantico, torna ad aumentare grazie anche ai movimenti delle masse d’acqua da gibilterra verso le coste palestinesi e viceversa. 79 Biogeografia del Mediterraneo Provincia lessepsiana del Mediterraneo. I migranti lessepsiani, giungendo nel Mediterraneo, si distribuiscono lungo le coste palestinesi fino all’Anatolia grazie anche alle correnti marine. Il delta del Nilo si oppone alla libera diffusione di specie aliene. Il limite settentrionale della «provincia lessepsiana» cade probabilmente a livello del Canale d'Otranto. (CIESM 2001 modificato). Le nuove specie sono diverse da quelle che hanno vissuto e proliferato in precedenza nel mare Tetide e che si sono quasi tutte estinte con la crisi di salinità e la quasi totale evaporazione del mare. I pochi laghi rimasti, ipersalati, hanno salvato però alcune specie ancestrali (specie paleoendemiche) tra cui le fanerogame marine del genere Posidonia (Posidonia oceanica) sopravvissute fino ai nostri giorni che sono una caratteristica peculiare del mare Mediterraneo. Le continue fluttuazioni climatiche del periodo Pleistocene con il susseguirsi di periodi glaciali e interglaciali hanno influito notevolmente nella selezione delle specie migranti dall’Oceano al Mediterraneo. La variazione di temperatura e di salinità di questo lunghissimo periodo ha fatto in modo che si alternassero due tipologie di specie: una immessa nel Mediterraneo dalle acque dell’Atlantico settentrionale (spe80 cie lusitaniche) e l’altra dalle acque dell’Atlantico meridionale (specie senegalesi). Questa fluttuazione di acque e di specie ha contribuito significativamente sulla biodiversità che si riscontra oggi nel Mar Mediterraneo. Le ragioni di una biodiversità mediterranea così elevata vanno ricercate anche in una zonazione orizzontale vale a dire nella presenza di masse d’acqua marcatamente distinte per temperatura e salinità, che si sono venute a creare per effetto combinato della conformazione orografica e delle correnti marine, che favoriscono o meno degli specifici popolamenti marini. Il Mediterraneo è diviso in due bacini principali, occidentale e orientale, separati dallo Stretto di Sicilia. Questa soglia influenza, come visto, le correnti marine superficiali e profonde del Mediterraneo e dal punto di vista biogeografico all’interno di questi bacini Rivista Marittima-Novembre 2010 Biogeografia del Mediterraneo principali si individuano ulteriori bacini secondari semichiusi e autonomi. Per l’area occidentale si distinguono delle unità come il bacino del mare di Alboran, il bacino Algero-Provenzale, il bacino Tirrenico e quello relativo al mare Adriatico. L’area orientale è invece caratterizzata dal mar Ionio, il mar Nero e il mare di Levante. Tra i due principali bacini s’individua infine una piccola area di transizione dovuta alla soglia di Messina. Oltre alla natura, anche l’uomo, seppure involontariamente, ha contribuito alla ricchezza biologica marina del Mediterraneo. Effetti antropici Quando il canale di Suez è stato aperto nel 1869 le acque del Mediterraneo e del Mar Rosso, prima separate dall’istmo di Suez, sono entrate in diretto contatto dando la possibilità alle piante e agli animali dell’area Indo-Pacifica di entrare nel Mediterraneo. Anche se il contatto con l’Oceano Indiano è stato creato solo in tempi recenti, degli esemplari fossili di pesci marini risalenti a circa 12 milioni di anni fa, ci suggeriscono che nel remoto passato vi devono essere stati dei contatti tra i due mari. L’apertura del canale di Suez ha reso possibile il lento transito di nuove specie aliene esotiche nel mare Mediterraneo tanto che oggi si contano più di 500 nuove specie che stanno prendendo il sopravvento sulle specie endemiche. Le nuove specie provenienti dal mar Rosso sono dette Lessepsiane dal nome di Ferdinand Marie de Lesseps, il fondatore della società che aprì il Canale di Suez Rivista Marittima-Novembre 2010 (largo 325 e profondo 14.5 metri). Poiché il livello medio delle acque del Mar Rosso è di circa 120 centimetri più alto di quello del Mediterraneo, si è creata una corrente con pressione costante che spinge le acque e le specie tropicali da Sud verso Nord. Prima del completamento della diga di Assuan, soprattutto durante le piene del periodo da settembre a novembre, le acque del Nilo dilagavano al largo di Port Said e all’ingresso del canale di Suez creando uno strato superficiale di acqua dolce o a bassa salinità che di fatto agiva da barriera alle specie esotiche che giungevano tramite il canale dall’Oceano Indiano. Dopo il completamento della diga di Assuan, il flusso di acqua dolce del Nilo si è ridotto al 10% della quantità originaria annullando l’effetto barriera e lasciando libero un accesso alle nuove specie. L’aumento della salinità media della zona di mare che costeggia la costa israeliana, da circa 38,8% a più di 39,1%, è stato un altro effetto del mancato apporto d’acqua dolce da parte del Nilo nel Mediterraneo. Durante le piene del Nilo, prima della costruzione della diga di Assuan, tale valore arrivava al di sotto del 34%. Di contro, quest’aumento di salinità avrebbe il vantaggio di incrementare la produttività biologica del Mediterraneo orientale rispetto a prima della costruzione della diga. L’acqua più salata è infatti anche più pesante ed essa, durante gli inverni, sprofonderebbe verso il fondo miscelandosi con le fredde acque del fondo più ricche di sostanze nutritive degli strati superiori della zona fotica. Il canale di Suez nel suo cammino taglia i Laghi Amari che sono valli di sale lunghi 13 km e larghi 5 km con uno spessore del letto di sale stimato da De Lesseps intorno a 13.2 m. Appena dopo l’apertura del ca81 Biogeografia del Mediterraneo nale, le acque al loro interno erano calde e ipersalate tanto che raggiungevano valori di salinità di circa il 68%, tanto da costituire una vera e propria barriera difficilmente superabile per le specie adulte e ancora di più per le forme larvali. Questa enorme quantità di sale si è a poco a poco sciolta con il tempo e la salinità delle acque del canale è scesa dal 52% nel 1924 al 49% (periodo estivo) facilitando così il passaggio delle specie migranti. Il cambiamento climatico in atto oltre che l’effetto dovuto all’apertura del canale di Suez ha portato a una parziale ma sempre crescente tropicalizzazione del Mediterraneo. All’inizio del XX secolo, la temperatura dell’acqua profonda del bacino Occidentale del Mediterraneo WMDW (Western Mediterranean Deep Water) era pressoché costante [Lacombe, 1985] ma negli ultimi anni si è notata una correlazione tra il cambiamento del clima e i valori di temperatura e di salinità delle acque mediterranee. Il motivo del riscaldamento e della maggiore salinità della WMDW si ritrova non solo nell’effetto serra antropogenico ma anche nel trend negativo delle precipitazioni atmosferiche che sono diminuite dal 1900 al 2000 del 10% [IPCC, 2001]. Nel mar Ligure, per esempio, si è misurato un effettivo incremento di temperatura [Astraldi et al., 1995] che ha portato a una risalita verso settentrione delle specie termofile prima praticamente assenti. Anche nell’Adriatico sono state individuate nuove specie termofile prima assenti la cui presenza è stata correlata all’incremento di salinità e temperatura del mare Adriatico notata a partire dal 1988 [Dulcis et al., 1999; Russo et al., 2001]. I cambiamenti chimici, fisici e biologici 82 dell’acqua di mare derivanti dal riscaldamento globale, dalle opere umane e da altri fattori, alterano la biodiversità marina, la produttività e conseguentemente la rete alimentare, favorendo il successo ecologico di specie termofili e causando disequilibri come, per esempio, l’eccessiva fioritura di alghe tossiche. Oltre che per un’immigrazione geografica, la penetrazione di specie aliene nel Mediterraneo avviene anche per mano dell’uomo mediante l’acquacoltura di nuove specie molto resistenti a rapida crescita. Larve e uova di specie non indigene sono inoltre scaricate in mare insieme alle acque di zavorra (ballast water) delle navi cisterna che vengono imbarcate nei mari tropicali. Approccio teorico In ecologia il termine biocenosi indica la comunità delle specie che vive in un determinato ambiente naturale (o biotopo) che crea rapporti d’interrelazione e interdipendenza. La biocenosi è quindi l’unità biotica fondamentale (esempio di biocenosi è la barriera corallina). L’associazione di varie biocenosi crea un bioma, tutti i biomi compongono la biosfera. La biocenosi o comunità ecologica ha delle proprietà «emergenti», un valore aggiunto non riscontrabile nei livelli di organizzazione biologica inferiori (singolo individuo e popolazione). Poiché i confini tra habitat, biomi ed ecosistemi sono artificiali e non vi sono delimitazioni nette tra popolazioni e comunità, sul nostro pianeta in realtà esiste un solo grande ecosistema che è la biosfera. La caratterizzazione di una comunità è legata all’ambiente in cui vive e poiché Rivista Marittima-Novembre 2010 Biogeografia del Mediterraneo ZONAZIONE DI PERES E PICARD Area Piano Area fitale (zona fotica e disfotica) Piano sopralitorale Piano mesolitorale Piano infralitorale Piano circalitorale Area afitale (zona afotica) Piano batiale Piano abissale Piano adale Estensione Dal livello superiore dell’alta marea fino al limite massimo raggiunto dalle mareggiate Fascia compresa tra la bassa e l’alta marea; zona interessata dall’intenso moto ondoso Termina con il margine inferiore raggiunto dalle praterie di Posidonia . È l’ambiente ideale per lo sviluppo di alghe bentoniche e per le piante superiori Zona sede di biocenosi sciafili come le alghe rosse. Questa zona nel Mediterraneo è sede di importanti fenomeni di biocostruzione. Il suo limite inferiore spesso coincide con la fine della piattaforma continentale Fino ad una profondità da 3.000 a 3.500 metri oppure fino all’isoterma dei 4°C Tra 3.000-3.500 fino a 6.500-7.000 metri Zona più profonda di 6.500-7.000 metri. Non riscontrabile nel Mar Mediterraneo questo è variabile e disomogeneo, anche la biocenosi varia nel tempo e nello spazio. La biogeografia è la scienza che studia la ripartizione spaziale dei biomi e i fattori che ne determinano la zonazione. Nel mare, la zonazione oltre che orizzontale è anche verticale. Mentre la zonazione orizzontale risulta più facile e netta da determinare, poiché dipende soprattutto dalla conformazione orografica dei vari bacini, quella verticale è piuttosto teorica e varia in funzione dei parametri di riferimento che si prendono in considerazione. Un criterio è stato quello proposto da Ekman che individua l’isobata dei 200 metri, limite che individua anche la piattaforma continentale e anche grossomodo il livello che separa la zona illuminata (fotica) da quella oscura (afotica), come separazioRivista Marittima-Novembre 2010 Tabella 2 ne tra le forme litorali da quelle profonde. Un altro modello largamente utilizzato per la zonazione verticale è quello proposto da Peres-Picard negli anni Sessanta. Peres riteneva che la profondità di 200 metri fosse eccessiva e superiore alla profondità di compensazione legata al processo fotosintetico. Nel modello di Peres, sono definiti dei piani a vari livelli che non si trovano a quote fisse, ma la loro profondità varia in funzione del grado d’illuminazione. L’ambiente marino è suddiviso in un dominio bentonico (1) (legato al fondale marino) nella zona neritica e in un dominio pelagico (2) (che comprende le acque libere). Il dominio bentonico è a sua volta suddiviso in un sistema fitale (3) (o litorale) e afitale (4) (o profondo). Nel sistema fitale, Peres distingue quat83 Biogeografia del Mediterraneo Zonazione verticale proposta da Peres e Picard nel 1964. tro piani o zone verticali e in quello afitale, tre piani (Vds. Tabella 2). Secondo golikov, dell’Accademia delle Scienze di San Pietroburgo, la classificazione basata sulla illuminazione non rispecchia i concetti moderni di ecosistema. La luce è considerata uno dei principali «fattori limitanti» per il processo di fotosintesi alla base della rete trofica e limita lo sviluppo delle piante ma, dice golikov, non degli animali; inoltre l’intensità luminosa con la profondità varia notevolmente da zona a zona anche all’interno della stessa massa d’acqua. Esistono altri criteri di zonazione verticale basati, per esempio, su di un criterio 84 batimetrico che riflette la distribuzione degli organismi in funzione della profondità oppure la zonazione si basa sul binomio temperatura-salinità, ciò determina il tasso di attività biologica, di riproduzione e distribuzione degli organismi marini e, in ultima analisi, la loro distribuzione verticale [Orton 1927, Kinne 1970]. Un altro modello di distribuzione verticale è proposto da Riedl ed è basato sulla diversa condizione d’idrodinamismo presente alle differenti profondità. In quest’ultimo modello si distinguono tre profondità critiche che definiscono delle aree omogenee dove si sviluppano specifici popolamenti (Vds. Tabella 3). Rivista Marittima-Novembre 2010 Biogeografia del Mediterraneo ZONAZIONE IN BASE ALL’IDRODINAMISMO Suddivisione Profondità critica Prima Seconda Terza Estensione Idrodinamismo «oscillante» con moti verticali e orbitali Idrodinamismo «unidirezionale» con movimenti prevalentemente orizzontali. Si trova tra 10-15 metri e 30-40 metri Moti laminari. Termina con il margine della piattaforma Esclusione competitiva I n questo breve excursus sulla storia, la geografia e la vita presente nel Mar Mediterraneo, si è seguita la cosiddetta «teoria storicista» enunciata per la prima volta Wallace nel 1878, che considera ogni ecosistema come il prodotto unico e irripetibile della propria storia. Secondo il «principio di esclusione competitiva» di georgy-gause (1934) se due specie coesistono in un medesimo ambiente, ciò avviene perché esse presentano nicchie ecologiche separate, se invece le due specie presentano nicchie sovrapposte, allora una delle due specie prenderà il sopravvento sull’altra fino alla sua completa eliminazione. Secondo gause, dunque, vi sono dei limiti allo sfruttamento d’ogni singola risorsa. In natura si sono però individuate delle specie simili che coesistono perché le nicchie ecologiche non sono completamente sovrapposte vuoi per differenziazioni di dieta o di habitat o di quant’altro. L’adattamento tra gli organismi porta in definitiva a una suddivisione sempre più fine delle nicchie ecologiche esistenti. In natura vi è sempre uno spazio evolutivo per una nuova specie; il numero di specie in una comunità dipende dalla storia della comunità stessa e delle limitazioni anatomiche e fisiologiche dei singoli organismi. Rivista Marittima-Novembre 2010 Tabella 3 Contrariamente all’insegnamento storicista, la «teoria dell’equilibrio» di Ricklefs afferma invece che «la diversificazione evolutiva è prevedibile sulla base di misure riferite a determinati parametri ambientali fisici e biologici». Il numero di specie viventi in una determinata zona è quindi indipendente dalla storia evolutiva pregressa e la diversificazione è una risposta a condizioni ambientali esistenti in un preciso momento: comunità simili si ritrovano in ambienti con caratteristiche simili. Nell’introduzione del suo celeberrimo Sulle origini delle specie del 1859 Darwin afferma «(…) sarà trattata la lotta per l’esistenza fra tutti i viventi e in tutto il mondo, che scaturisce necessariamente dalla loro elevata capacità di moltiplicarsi in ragione geometrica. (…) gli individui che nascono da ciascuna specie sono molto più numerosi di quanti ne possano sopravvivere e quindi la lotta per l’esistenza si ripete di frequente. Ne consegue che qualsiasi vivente, che sia variato sia pure di poco, ma in senso a lui favorevole nell’ambito delle condizioni di vita, che a loro volta sono complesse e alquanto variabili, avrà maggiori possibilità di sopravvivere e, quindi, sarà selezionato naturalmente. In virtù del possente principio dell’ereditarietà ciascuna varietà selezionata in via naturale, tenderà a perpetuare la sua nuova forma modificata». n 85 Biogeografia del Mediterraneo NOTE (1) Il dominio bentonico (dal greco benthos = fondo) si estende dalla costa fino alle maggiori profondità ed è popolato da organismi che vivono a stretto contatto con il substrato, sul quale possono essere fissati permanentemente (sessili), come le spugne e le gorgonie, o su cui si possono muovere come le attinie (sedentari), le aragoste (vagili) o gli scorfani che sono in grado di nuotare solo per brevi tratti (natanti). (2) Il dominio pelagico (dal greco pelagos = mare) comprende le acque libere dei mari. È caratterizzato da una fauna sempre in movimento ed è costituita da organismi che non sono legati in modo esclusivo al fondale. (3) Sistema fitale: insieme di zone dove la luce che vi arriva consente la crescita delle piante e prende anche il nome di «provincia neritica». (4) Sistema afitale o profondo: dove la luce non arriva in quantità sufficiente per la crescita degli organismi vegetali ed è popolato esclusivamente da animali. La suddivisione del sistema profondo si estende da circa -130/150 m fino alla massima profondità. BIBLIOgRAFIA groves, Di Castri, Biogeography of Mediterranean Invasions, Cambridge University Press, 2000. golikov, Zonation and organisrnic assemblages: comments on the comprehensive review by Peres (1982), Mar. Ecol. Prog. Ser. 23: 205-206. Peres, Picard, Nouveau manuel de bionomie benthique de la mer mediterranée. recueil des travaux de la station marine d’endoume, Bull. N. 31, 1964. Relini, L’Italia e la protezione della biodiversità in Mediterraneo, Biologia Marina Mediteraneo, 1999. Relini, Nuovi contributi per la conservazione della biodiversità marina in mediterraneo, Biologia Marina, 2000. 86 Rivista Marittima-Novembre 2010