BIOgEOgRAFIA DEL MEDITERRANEO

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PANORAMA TECNICO-PROFESSIONALE
BIOgEOgRAFIA DEL MEDITERRANEO
STEFANO MONTI
Il Mar Mediterraneo é un sistema oceani-
co parzialmente isolato e in esso sono individuabili processi analoghi, se non identici, a quelli che avvengono nell’Atlantico.
Vi é un’influenza reciproca tra l’Oceano
Atlantico (soprattutto il Nord Atlantico) e
il Mediterraneo, si hanno riscontri per cui
lo scambio di calore tra i due mari sembra
influire perfino sulla circolazione termoalina globale del pianeta.
Analizzando da vicino il nostro mare, si
nota una ricca varietà di specie. Si stima
che vi siano, infatti, oltre 8.500 specie di
organismi marini nel Mediterraneo.
La Tabella 1 evidenzia la distribuzione
delle specie marine per taxa.
Tabella 1
NUMERO DI SPECIE MARINE CONOSCIUTE IN MEDITERRANEO E NEL MONDO
(da Bianchi&Morri, 2000)
Taxa
Alghe rosse
Alghe brune
Alghe verdi
Fanerogame
Totale vegetali
Spugne
Cnidari
Briozoi
Anellidi
Molluschi
Artropodi
Echinodermi
Tunicati
Altri invertebrati
Totale invertebrati
Pesci cartilaginei
Pesci ossei
Rettili
Mammiferi
Totale vertebrati
TOTALE
Rivista Marittima-Novembre 2010
Mondo
5.250
1.500
1.200
50
8.000
5.500
11.000
5.000
8.000
32.000
33.600
6.500
1.350
13.550
11.6500
850
11.500
58
114
12.522
137.000
Mediterraneo
867
265
214
5
1.351
600
450
500
777
1.376
1.935
143
244
550
6.575
81
532
5
21
639
8.565
% Mediterraneo/Mondo
16.5
17.7
17.8
10
16.9
10.9
4.1
10
9.7
4.3
5.8
2.2
18.1
4.1
5.6
9.5
4.1
8.6
18.4
5.1
6.3
75
Biogeografia del Mediterraneo
La quantità di specie che popolano il Mediterraneo oscilla tra il 4% e il 18% (in base al gruppo considerato) del totale delle
specie marine note e presenti in tutti i mari.
Tuttavia, il Mediterraneo occupa solamente lo 0.82% della superficie e lo 0.32%
del volume del totale dei mari. Da ciò si
evince che la quantità di specie presenti
nel nostro mare è veramente rilevante. Come si spiega questa proporzione così ragguardevole nella biodiversità mediterranea? Per rispondere a questa domanda, ci
viene in aiuto la biogeografia, scienza che
studia la ripartizione dei biomi sulla Terra
e i fattori che la determinano.
In questa breve analisi si prendono in
esame le principali variabili, tempo, zonazione orizzontale e verticale e impatto antropico, che hanno contribuito alla grande
biodiversità del Mar Mediterraneo.
La storia del Mediterraneo
L’abilità di una specie di diffondersi,
avere successo e occupare nicchie ecologiche libere o in competizione con altri, è limitata dagli attributi morfologici e funzionali della sua organizzazione; attributi che
si sono sviluppati con l’evoluzione e con
l’adattamento a specifici ambienti come il
mare per il plancton e il necton, e il tipo di
fondale marino per il benthos.
La biogeografia dell’ambiente marino
suddivide il mondo in due grandi regioni
una atlantica e l’altra indo-pacifica. Il Mediterraneo rientra nella provincia atlantico-mediterranea per via del collegamento
tra i due mari tramite lo Stretto di gibilterra che ne consente l’interscambio di acque. L’ambiente marino del bacino mediterraneo ha avuto una storia molto trava-
Crisi di salinità (Messiniano).
76
Rivista Marittima-Novembre 2010
Biogeografia del Mediterraneo
Soglia di gibilterra. Caratteristica delle correnti.
gliata iniziata ben 230 milioni di anni fa
con la formazione di un unico continente
(Pangea) circondato da un unico oceano
(Panthalassa). Circa 180 milioni di anni fa,
il super continente si è suddiviso in due
aree, una settentrionale (Laurasia) e una
meridionale (gondwana), separate sempre
più da un nuovo oceano ancestrale (Tetide), un canale oceanico che divideva tra
loro i due emisferi continentali. Dalla Laurasia si sono poi formati gli attuali continenti dell’emisfero boreale: Europa, Asia,
America del Nord.
L’espansione dell’Oceano Tetide è continuata fino a 130 milioni di anni fa quando si è formato l’Oceano Atlantico insinuandosi tra le Americhe e il resto della
terra emersa. Tale movimento ha spinto la
Rivista Marittima-Novembre 2010
zolla africana verso Nord in direzione della zolla europea, ruotando l’Africa in senso antiorario. Con il contatto tra zolla africana ed europea, circa 60 milioni di anni
fa, il mare Tetide si è contratto fino quasi
a scomparire.
Nel frattempo, mentre il bacino del Mediterraneo si stava formando, il massiccio
Sardo-Corso, in pratica un subcontinente,
si è separato dal più esteso continente europeo allontanandosi lentamente verso Est
con una rotazione antioraria di 35° e formando, dopo 10 milioni di anni, il blocco
costituito da Sardegna e Corsica che oggi
conosciamo.
In seguito si sono poi formati i bacini
occidentali del Mare di Alboran, il bacino
Algero-Provenzale e il Mar Ligure. Infine,
77
Biogeografia del Mediterraneo
Circolazione
generale
del Mediterraneo:
(a) correnti
superficiali
0-200 metri;
(b) acque
intermedie
200-1000 metri;
(c) circolazione
profonda.
circa 8 milioni di anni fa si è attivata una
nuova zona di distensione crostale che ha
portato all’apertura del Mar Tirreno.
78
Vi è una profonda discontinuità morfologica tra il bacino occidentale e quello
orientale del Mediterraneo. Essi sono seRivista Marittima-Novembre 2010
Biogeografia del Mediterraneo
parati dalla soglia del Canale di Sicilia
come effetto della spinta verso Nord della zolla africana.
Tale azione fa incuneare la zolla africana sotto l’arco calabro e genera il Mar Ionio, con le sue fosse che superano i 5.000
metri, il mar Egeo oltre all’arco magmatico delle isole Eolie.
Il mare Adriatico è invece un bacino
posto sulla crosta continentale, residuo di
un bacino più antico e ampio. Essendo la
zona soggetta anche oggi a spinte tettoniche di tipo compressivo si prevede che
esso scomparirà come tra l’altro è già
successo nell’ultima glaciazione quando
la linea di costa era situata all’altezza dell’attuale città di Ancona. È possibile datare la nascita del Mediterraneo a circa 30
milioni di anni fa ma la formazione del
Mediterraneo, così come lo conosciamo
oggi, si è costituita solo 10 milioni di anni fa, con la formazione dell’istmo di
Suez che ha separato il Mediterraneo dall’Oceano Indopacifico. Circa 6 milioni di
anni fa si è poi chiuso il collegamento con
l’Atlantico e il Mediterraneo occidentale
ha assunto la sua fisionomia definitiva. Il
Mediterraneo diventa così un mare chiuso isolato dagli oceani. L’evaporazione e
l’insufficiente apporto d’acqua da parte
dei fiumi portano alla cosiddetta «crisi di
salinità» del Messiniano cioè alla graduale diminuzione del livello del mare e all’associato aumento della salinità marina
fino al disseccamento di quasi tutta l’acqua del bacino Mediterraneo.
La mancanza d’acqua ha portato anche
all’estinzione la maggior parte della fauna
tropicale della Tetide. Circa 5 milioni di
anni fa la soglia di gibilterra, un tratto che
oggi si estende per circa 20 km e ha una
profondità massima di 324 metri, è crollata consentendo alle acque oceaniche di
fluire nel bacino Mediterraneo ormai vuoRivista Marittima-Novembre 2010
to. L’onda oceanica, se vi è stata, deve essere stata impressionante perché alla fine
del processo il livello di tutti i mari si è abbassato di ben 20 metri.
Una volta riempito il bacino del Mediterraneo con le acque atlantiche, anche le
correnti marine hanno avuto il loro ruolo
nel modellare la vita nel mare.
L’effetto della rotazione terrestre (effetto geostrofico) e la presenza di due grandi
bacini distinti e separati dalla soglia del
Canale di Sicilia modificano il giro delle
correnti superficiali e profonde generate
dall’afflusso di acqua che varca la soglia
di gibilterra.
La corrente superficiale costeggia l’Africa fino alle coste palestinesi mentre una
corrente più salata e calda, la corrente levantina, si forma in prossimità di Cipro e
si muove verso Est risalendo il mar Egeo e
l’Adriatico.
A quest’ultima corrente se ne associa
anche una intermedia, che scorre a una
profondità da 100 a 500 metri, parallela a
quella levantina che supera il canale di Sicilia per entrare nel Tirreno, superare le
Baleari per ributtarsi nell’Atlantico rasentando le coste settentrionali della Spagna
sempre a causa dell’effetto geostrofico.
Esiste anche una corrente profonda costituita da acque fredde e dense che si forma
nei periodi invernali nel golfo del Leone e
si muove verso Sud.
La biodiversità marina
D
escritta per sommi capi la genesi del
bacino mediterraneo, la biodiversità del
Mar Mediterraneo, con la riapertura della
connessione con l’Oceano Atlantico, torna
ad aumentare grazie anche ai movimenti
delle masse d’acqua da gibilterra verso le
coste palestinesi e viceversa.
79
Biogeografia del Mediterraneo
Provincia
lessepsiana
del Mediterraneo.
I migranti
lessepsiani,
giungendo
nel Mediterraneo,
si distribuiscono
lungo le coste
palestinesi fino
all’Anatolia grazie
anche alle correnti
marine. Il delta
del Nilo si oppone
alla libera
diffusione
di specie aliene.
Il limite
settentrionale
della «provincia
lessepsiana» cade
probabilmente
a livello
del Canale
d'Otranto.
(CIESM 2001
modificato).
Le nuove specie sono diverse da quelle
che hanno vissuto e proliferato in precedenza nel mare Tetide e che si sono quasi
tutte estinte con la crisi di salinità e la
quasi totale evaporazione del mare. I pochi laghi rimasti, ipersalati, hanno salvato
però alcune specie ancestrali (specie paleoendemiche) tra cui le fanerogame marine del genere Posidonia (Posidonia
oceanica) sopravvissute fino ai nostri
giorni che sono una caratteristica peculiare del mare Mediterraneo.
Le continue fluttuazioni climatiche del
periodo Pleistocene con il susseguirsi di
periodi glaciali e interglaciali hanno influito notevolmente nella selezione delle specie migranti dall’Oceano al Mediterraneo.
La variazione di temperatura e di salinità
di questo lunghissimo periodo ha fatto in
modo che si alternassero due tipologie di
specie: una immessa nel Mediterraneo dalle acque dell’Atlantico settentrionale (spe80
cie lusitaniche) e l’altra dalle acque dell’Atlantico meridionale (specie senegalesi).
Questa fluttuazione di acque e di specie
ha contribuito significativamente sulla
biodiversità che si riscontra oggi nel Mar
Mediterraneo.
Le ragioni di una biodiversità mediterranea così elevata vanno ricercate anche in
una zonazione orizzontale vale a dire nella
presenza di masse d’acqua marcatamente
distinte per temperatura e salinità, che si
sono venute a creare per effetto combinato
della conformazione orografica e delle
correnti marine, che favoriscono o meno
degli specifici popolamenti marini.
Il Mediterraneo è diviso in due bacini
principali, occidentale e orientale, separati
dallo Stretto di Sicilia.
Questa soglia influenza, come visto, le
correnti marine superficiali e profonde del
Mediterraneo e dal punto di vista biogeografico all’interno di questi bacini
Rivista Marittima-Novembre 2010
Biogeografia del Mediterraneo
principali si individuano ulteriori bacini
secondari semichiusi e autonomi.
Per l’area occidentale si distinguono
delle unità come il bacino del mare di Alboran, il bacino Algero-Provenzale, il bacino Tirrenico e quello relativo al mare
Adriatico.
L’area orientale è invece caratterizzata
dal mar Ionio, il mar Nero e il mare di
Levante.
Tra i due principali bacini s’individua
infine una piccola area di transizione dovuta alla soglia di Messina.
Oltre alla natura, anche l’uomo, seppure
involontariamente, ha contribuito alla ricchezza biologica marina del Mediterraneo.
Effetti antropici
Quando il canale di Suez è stato aperto
nel 1869 le acque del Mediterraneo e del
Mar Rosso, prima separate dall’istmo di
Suez, sono entrate in diretto contatto
dando la possibilità alle piante e agli animali dell’area Indo-Pacifica di entrare
nel Mediterraneo.
Anche se il contatto con l’Oceano Indiano è stato creato solo in tempi recenti,
degli esemplari fossili di pesci marini risalenti a circa 12 milioni di anni fa, ci
suggeriscono che nel remoto passato vi
devono essere stati dei contatti tra i due
mari.
L’apertura del canale di Suez ha reso
possibile il lento transito di nuove specie
aliene esotiche nel mare Mediterraneo
tanto che oggi si contano più di 500 nuove specie che stanno prendendo il sopravvento sulle specie endemiche.
Le nuove specie provenienti dal mar
Rosso sono dette Lessepsiane dal nome di
Ferdinand Marie de Lesseps, il fondatore
della società che aprì il Canale di Suez
Rivista Marittima-Novembre 2010
(largo 325 e profondo 14.5 metri).
Poiché il livello medio delle acque del
Mar Rosso è di circa 120 centimetri più
alto di quello del Mediterraneo, si è creata una corrente con pressione costante
che spinge le acque e le specie tropicali
da Sud verso Nord.
Prima del completamento della diga di
Assuan, soprattutto durante le piene del
periodo da settembre a novembre, le acque
del Nilo dilagavano al largo di Port Said e
all’ingresso del canale di Suez creando
uno strato superficiale di acqua dolce o a
bassa salinità che di fatto agiva da barriera
alle specie esotiche che giungevano tramite il canale dall’Oceano Indiano. Dopo il
completamento della diga di Assuan, il
flusso di acqua dolce del Nilo si è ridotto
al 10% della quantità originaria annullando l’effetto barriera e lasciando libero un
accesso alle nuove specie.
L’aumento della salinità media della
zona di mare che costeggia la costa israeliana, da circa 38,8% a più di 39,1%, è
stato un altro effetto del mancato apporto
d’acqua dolce da parte del Nilo nel Mediterraneo. Durante le piene del Nilo, prima
della costruzione della diga di Assuan, tale valore arrivava al di sotto del 34%.
Di contro, quest’aumento di salinità
avrebbe il vantaggio di incrementare la
produttività biologica del Mediterraneo
orientale rispetto a prima della costruzione della diga. L’acqua più salata è infatti
anche più pesante ed essa, durante gli inverni, sprofonderebbe verso il fondo miscelandosi con le fredde acque del fondo
più ricche di sostanze nutritive degli strati superiori della zona fotica.
Il canale di Suez nel suo cammino taglia
i Laghi Amari che sono valli di sale lunghi
13 km e larghi 5 km con uno spessore del
letto di sale stimato da De Lesseps intorno
a 13.2 m. Appena dopo l’apertura del ca81
Biogeografia del Mediterraneo
nale, le acque al loro interno erano calde e
ipersalate tanto che raggiungevano valori
di salinità di circa il 68%, tanto da costituire una vera e propria barriera difficilmente
superabile per le specie adulte e ancora di
più per le forme larvali.
Questa enorme quantità di sale si è a
poco a poco sciolta con il tempo e la salinità delle acque del canale è scesa dal
52% nel 1924 al 49% (periodo estivo) facilitando così il passaggio delle specie
migranti.
Il cambiamento climatico in atto oltre
che l’effetto dovuto all’apertura del canale di Suez ha portato a una parziale ma
sempre crescente tropicalizzazione del
Mediterraneo.
All’inizio del XX secolo, la temperatura dell’acqua profonda del bacino Occidentale del Mediterraneo WMDW (Western Mediterranean Deep Water) era
pressoché costante [Lacombe, 1985] ma
negli ultimi anni si è notata una correlazione tra il cambiamento del clima e i valori di temperatura e di salinità delle acque
mediterranee.
Il motivo del riscaldamento e della
maggiore salinità della WMDW si ritrova
non solo nell’effetto serra antropogenico
ma anche nel trend negativo delle precipitazioni atmosferiche che sono diminuite
dal 1900 al 2000 del 10% [IPCC, 2001].
Nel mar Ligure, per esempio, si è misurato un effettivo incremento di temperatura [Astraldi et al., 1995] che ha portato a
una risalita verso settentrione delle specie
termofile prima praticamente assenti. Anche nell’Adriatico sono state individuate
nuove specie termofile prima assenti la cui
presenza è stata correlata all’incremento di
salinità e temperatura del mare Adriatico
notata a partire dal 1988 [Dulcis et al.,
1999; Russo et al., 2001].
I cambiamenti chimici, fisici e biologici
82
dell’acqua di mare derivanti dal riscaldamento globale, dalle opere umane e da altri fattori, alterano la biodiversità marina,
la produttività e conseguentemente la rete
alimentare, favorendo il successo ecologico di specie termofili e causando disequilibri come, per esempio, l’eccessiva fioritura di alghe tossiche.
Oltre che per un’immigrazione geografica, la penetrazione di specie aliene nel
Mediterraneo avviene anche per mano
dell’uomo mediante l’acquacoltura di
nuove specie molto resistenti a rapida crescita. Larve e uova di specie non indigene
sono inoltre scaricate in mare insieme alle
acque di zavorra (ballast water) delle navi
cisterna che vengono imbarcate nei mari
tropicali.
Approccio teorico
In ecologia il termine biocenosi indica la
comunità delle specie che vive in un determinato ambiente naturale (o biotopo)
che crea rapporti d’interrelazione e interdipendenza.
La biocenosi è quindi l’unità biotica
fondamentale (esempio di biocenosi è la
barriera corallina). L’associazione di varie
biocenosi crea un bioma, tutti i biomi
compongono la biosfera. La biocenosi o
comunità ecologica ha delle proprietà
«emergenti», un valore aggiunto non riscontrabile nei livelli di organizzazione
biologica inferiori (singolo individuo e
popolazione).
Poiché i confini tra habitat, biomi ed
ecosistemi sono artificiali e non vi sono delimitazioni nette tra popolazioni e comunità, sul nostro pianeta in realtà esiste un
solo grande ecosistema che è la biosfera.
La caratterizzazione di una comunità è
legata all’ambiente in cui vive e poiché
Rivista Marittima-Novembre 2010
Biogeografia del Mediterraneo
ZONAZIONE DI PERES E PICARD
Area
Piano
Area fitale
(zona fotica
e disfotica)
Piano sopralitorale
Piano mesolitorale
Piano infralitorale
Piano circalitorale
Area afitale
(zona afotica) Piano batiale
Piano abissale
Piano adale
Estensione
Dal livello superiore dell’alta marea fino al limite
massimo raggiunto dalle mareggiate
Fascia compresa tra la bassa e l’alta marea;
zona interessata dall’intenso moto ondoso
Termina con il margine inferiore raggiunto dalle praterie
di Posidonia . È l’ambiente ideale per lo sviluppo
di alghe bentoniche e per le piante superiori
Zona sede di biocenosi sciafili come le alghe rosse.
Questa zona nel Mediterraneo è sede di importanti
fenomeni di biocostruzione. Il suo limite inferiore
spesso coincide con la fine della piattaforma continentale
Fino ad una profondità da 3.000 a 3.500 metri oppure
fino all’isoterma dei 4°C
Tra 3.000-3.500 fino a 6.500-7.000 metri
Zona più profonda di 6.500-7.000 metri. Non riscontrabile
nel Mar Mediterraneo
questo è variabile e disomogeneo, anche la
biocenosi varia nel tempo e nello spazio.
La biogeografia è la scienza che studia
la ripartizione spaziale dei biomi e i fattori che ne determinano la zonazione. Nel
mare, la zonazione oltre che orizzontale è
anche verticale.
Mentre la zonazione orizzontale risulta
più facile e netta da determinare, poiché
dipende soprattutto dalla conformazione
orografica dei vari bacini, quella verticale
è piuttosto teorica e varia in funzione dei
parametri di riferimento che si prendono in
considerazione.
Un criterio è stato quello proposto da
Ekman che individua l’isobata dei 200 metri, limite che individua anche la piattaforma continentale e anche grossomodo il livello che separa la zona illuminata (fotica)
da quella oscura (afotica), come separazioRivista Marittima-Novembre 2010
Tabella 2
ne tra le forme litorali da quelle profonde.
Un altro modello largamente utilizzato
per la zonazione verticale è quello proposto da Peres-Picard negli anni Sessanta.
Peres riteneva che la profondità di 200
metri fosse eccessiva e superiore alla
profondità di compensazione legata al processo fotosintetico.
Nel modello di Peres, sono definiti dei
piani a vari livelli che non si trovano a
quote fisse, ma la loro profondità varia in
funzione del grado d’illuminazione.
L’ambiente marino è suddiviso in un
dominio bentonico (1) (legato al fondale
marino) nella zona neritica e in un dominio pelagico (2) (che comprende le acque
libere). Il dominio bentonico è a sua volta
suddiviso in un sistema fitale (3) (o litorale) e afitale (4) (o profondo).
Nel sistema fitale, Peres distingue quat83
Biogeografia del Mediterraneo
Zonazione verticale proposta da Peres e Picard nel 1964.
tro piani o zone verticali e in quello afitale, tre piani (Vds. Tabella 2). Secondo golikov, dell’Accademia delle Scienze di San
Pietroburgo, la classificazione basata sulla
illuminazione non rispecchia i concetti
moderni di ecosistema.
La luce è considerata uno dei principali
«fattori limitanti» per il processo di fotosintesi alla base della rete trofica e limita
lo sviluppo delle piante ma, dice golikov,
non degli animali; inoltre l’intensità luminosa con la profondità varia notevolmente
da zona a zona anche all’interno della stessa massa d’acqua.
Esistono altri criteri di zonazione verticale basati, per esempio, su di un criterio
84
batimetrico che riflette la distribuzione degli organismi in funzione della profondità
oppure la zonazione si basa sul binomio
temperatura-salinità, ciò determina il tasso
di attività biologica, di riproduzione e distribuzione degli organismi marini e, in ultima analisi, la loro distribuzione verticale
[Orton 1927, Kinne 1970].
Un altro modello di distribuzione verticale è proposto da Riedl ed è basato sulla
diversa condizione d’idrodinamismo presente alle differenti profondità.
In quest’ultimo modello si distinguono
tre profondità critiche che definiscono delle aree omogenee dove si sviluppano specifici popolamenti (Vds. Tabella 3).
Rivista Marittima-Novembre 2010
Biogeografia del Mediterraneo
ZONAZIONE IN BASE ALL’IDRODINAMISMO
Suddivisione
Profondità
critica
Prima
Seconda
Terza
Estensione
Idrodinamismo «oscillante» con moti verticali e orbitali
Idrodinamismo «unidirezionale» con movimenti
prevalentemente orizzontali. Si trova tra 10-15 metri
e 30-40 metri
Moti laminari. Termina con il margine della piattaforma
Esclusione competitiva
I
n questo breve excursus sulla storia, la
geografia e la vita presente nel Mar Mediterraneo, si è seguita la cosiddetta «teoria
storicista» enunciata per la prima volta
Wallace nel 1878, che considera ogni ecosistema come il prodotto unico e irripetibile della propria storia.
Secondo il «principio di esclusione
competitiva» di georgy-gause (1934) se
due specie coesistono in un medesimo ambiente, ciò avviene perché esse presentano
nicchie ecologiche separate, se invece le
due specie presentano nicchie sovrapposte, allora una delle due specie prenderà il
sopravvento sull’altra fino alla sua completa eliminazione. Secondo gause, dunque, vi sono dei limiti allo sfruttamento
d’ogni singola risorsa.
In natura si sono però individuate delle
specie simili che coesistono perché le nicchie ecologiche non sono completamente
sovrapposte vuoi per differenziazioni di
dieta o di habitat o di quant’altro.
L’adattamento tra gli organismi porta in
definitiva a una suddivisione sempre più
fine delle nicchie ecologiche esistenti. In
natura vi è sempre uno spazio evolutivo
per una nuova specie; il numero di specie
in una comunità dipende dalla storia della
comunità stessa e delle limitazioni anatomiche e fisiologiche dei singoli organismi.
Rivista Marittima-Novembre 2010
Tabella 3
Contrariamente all’insegnamento storicista, la «teoria dell’equilibrio» di Ricklefs
afferma invece che «la diversificazione
evolutiva è prevedibile sulla base di misure riferite a determinati parametri ambientali fisici e biologici».
Il numero di specie viventi in una determinata zona è quindi indipendente dalla
storia evolutiva pregressa e la diversificazione è una risposta a condizioni ambientali esistenti in un preciso momento: comunità simili si ritrovano in ambienti con
caratteristiche simili.
Nell’introduzione del suo celeberrimo
Sulle origini delle specie del 1859 Darwin
afferma «(…) sarà trattata la lotta per l’esistenza fra tutti i viventi e in tutto il mondo,
che scaturisce necessariamente dalla loro
elevata capacità di moltiplicarsi in ragione
geometrica. (…) gli individui che nascono
da ciascuna specie sono molto più numerosi di quanti ne possano sopravvivere e quindi la lotta per l’esistenza si ripete di frequente. Ne consegue che qualsiasi vivente,
che sia variato sia pure di poco, ma in senso a lui favorevole nell’ambito delle condizioni di vita, che a loro volta sono complesse e alquanto variabili, avrà maggiori possibilità di sopravvivere e, quindi, sarà selezionato naturalmente. In virtù del possente
principio dell’ereditarietà ciascuna varietà
selezionata in via naturale, tenderà a perpetuare la sua nuova forma modificata». n
85
Biogeografia del Mediterraneo
NOTE
(1) Il dominio bentonico (dal greco benthos = fondo) si estende dalla costa fino alle maggiori profondità ed è popolato da organismi che vivono a stretto contatto con il substrato, sul quale possono essere fissati permanentemente (sessili), come le spugne e le gorgonie, o su cui si possono muovere come le attinie (sedentari), le aragoste (vagili) o gli scorfani che sono in grado di nuotare solo per brevi tratti (natanti).
(2) Il dominio pelagico (dal greco pelagos = mare) comprende le acque libere dei mari. È caratterizzato da una fauna sempre in movimento ed è costituita da organismi che non sono legati in modo esclusivo al fondale.
(3) Sistema fitale: insieme di zone dove la luce che vi arriva consente la crescita delle piante e prende anche il nome di «provincia neritica».
(4) Sistema afitale o profondo: dove la luce non arriva in quantità sufficiente per la crescita degli organismi vegetali ed è popolato esclusivamente da animali. La suddivisione del sistema profondo si estende da circa -130/150 m
fino alla massima profondità.
BIBLIOgRAFIA
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86
Rivista Marittima-Novembre 2010
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