FarmaDay - n.336 - Ordine dei Farmacisti di Napoli

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Anno III – Numero 336
Mercoledì 29 Gennaio 2014, S. Costanzo, Ciro, Gildo, Sabrina
AVVISO
Ordine
Proverbio di oggi……..
oggi……..
1. In riscossione la quota
sociale 2014.
A 'a casa cu' 'o sole non trase duttore
Notizie in Rilievo
Dove entra il sole, non entra il medico
Prevenzione e
Salute
2. Difendere la pelle dal
freddo
3. Quanto bevi al giorno?
Troppo poco. Ecco
perché
Alimenti e Salute
4. Lo zucchero bianco fa
male più dello zucchero
grezzo?
Scienza e Salute
5. Tumori, diagnosi col
sangue. Verso la cura
personalizzata
6. Il mentolo è l'arma
contro l'obesità
7. Buona notizia per la
cura del rene
policistico: nuovo
farmaco
8. Anche il colesterolo
Hdl può fare male
9. Italiani ribaltano
legame tra disturbi
tiroide e obesita'
ORDINE:
IN RISCOSSIONE LA QUOTA SOCIALE 2014
E’ in riscossione la quota sociale 2014 di EURO 150,00 di cui Euro
108,20 per l’Ordine e Euro 41,80 per la FOFI.
Si Comunica che in questi giorni, Equitalia, Agente della riscossione
dell’Ordine della Provincia di Napoli, sta recapitando l’avviso di pagamento
relativo la Tassa di iscrizione all’Ordine per l’anno 2014.
Il pagamento sarà possibile effettuarlo entro il 28 Febbraio p.v.
Si ricorda che è obbligo di ogni iscritto il versamento della quota d’iscrizione
annuale, nella misura e nei termini fissati dal Consiglio Direttivo, ai sensi
dell’art. 4 D.L. C.P.S. n. 233/1946, e che un eventuale ritardo comporta
l’aggravio delle spese di esazione. Il mancato adempimento a detto obbligo,
oltre a comportare un’infrazione alla deontologia professionale, fa venir meno,
ai sensi dell’art. 11 del citato decreto, il requisito necessario per mantenere
l’iscrizione all’Albo Professionale.
L’AMBIENTE esterno influisce sui SAPORI?
Moltissimo. Infatti i sapori dipendono per circa il 20% dai recettori
gustativi, presenti sulla lingua, e per quasi l’80% da quelli olfattivi
del naso.(in Fig. La torta della nonna non ha eguali? Merito
anche del contesto in cui la mangi)
Alcuni esperimenti hanno dimostrato che se viene data da
bere acqua calda a persone bendate che sentono un forte
odore di un caffè appena fatto, queste si convincono di aver sorseggiato un caffè.
Anche l’occhio vuole la sua parte: In misura minore, il senso del gusto è
influenzato anche dagli occhi (giudicano l’aspetto del cibo e il modo di
preparazione), dall’udito (può percepire lo scoppiettio della cottura o lo
scrocchiare sotto i denti) e dal tatto (la sensazione su mani e labbra, oppure la
consistenza di un cibo in bocca). Secondo gli psicologi, sul gradimento di un cibo
influiscono persino l’illuminazione, la compagnia e... la qualità dei tovaglioli.
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 336
SCIENZA E SALUTE
TUMORI, DIAGNOSI COL SANGUE
VERSO LA CURA PERSONALIZZATA
Una ricerca condotta presso il Policlinico Gemelli cerca di
identificare i segnali delle neoplasie a testa e collo per creare terapie ad hoc
Basterà un prelievo di sangue per indicare il rischio di tumori al collo e alla testa. Ha preso il via, presso
l'Univ. Cattolica del Sacro Cuore di Roma, un progetto per trovare nel sangue dei biomarcatori
diagnostici e prognostici di questi tipi di cancro. Questo studio consentirà di personalizzare la terapia.
Cura ad hoc per ogni caso - Gli scienziati cercheranno nel sangue delle molecole (piccoli Rna) che
permettono di tracciare la carta d'identità della malattia per ciascun paziente. Ciò potrà consentire in
futuro di semplificare la diagnosi, stabilire chi è a rischio di ammalarsi e valutare la prognosi di ciascun
paziente, e di adattare la cura alla persona, con un semplice prelievo di sangue.
Individuare i biomarker - "L'obiettivo dello studio è identificare, tra tutti i micro RNA presenti nel
sangue, che rappresentano un campione biologico di facile reperimento, dei biomarcatori per la
diagnosi precoce dei tumori di testa e collo".
L'identikit del cancro - I tumori di testa e collo sono sempre più diffusi e legati a stili di vita
inappropriati. Vengono diagnosticati mediamente intorno ai 65 anni e sono difficili da trattare in fase
avanzata. Il 50% dei pazienti sviluppa recidive e il 15% secondi tumori primari con diminuzione della
sopravvivenza. Negli ultimi anni l'incidenza di questi tumori è aumentata nei giovani adulti anche a
causa dell'infezione da papillomavirus che è un importante fattore di rischio. (Salute, Tgcom24)
IL MENTOLO È L'ARMA CONTRO L'OBESITÀ
Secondo i ricercatori dell'Università di Padova, è in grado di
trasformare il grasso "di riserva" in quello "da bruciare"
Potrebbe essere il mentolo, l'elisir contro l'obesità. L'olio essenziale
ricavato dalla menta piperita, comunemente usato nelle chewing gum,
avrebbe la proprietà di bruciare i grassi producendo calore.
La scoperta è stata pubb. su Molecular and Cellular Endocrinology.
Da grasso bianco a grasso bruno - L'équipe di ricerca ha individuato i meccanismi molecolari la cui
attivazione regola la trasformazione del tessuto adiposo bianco in tessuto adiposo con caratteristiche
simili a quelle del tessuto adiposo bruno, in grado di bruciare i grassi immagazzinati al suo interno
producendo calore. Semplificando, potremmo dire che il grasso bruno brucia calorie, quello bianco le
accumula. Anche la distribuzione è diversa: le cellule bianche sono presenti soprattutto nel
sottocutaneo e infatti il grasso bianco funziona da barriera termica, mentre quelle brune sono interne
e bruciano calorie nel soggetto magro per riscaldarlo.
Mentolo, nuova strategia - "Una delle molecole in grado di indurre questa trasformazione è il
mentolo, noto a tutti per la capacità di evocare una sensazione di freddo una volta a contatto con cute
e mucose. Questa sostanza di derivazione vegetale e nota da migliaia di anni, stimola le cellule del
tessuto adiposo bianco a consumare i grassi producendo calore".
Il mentolo, è utilizzato nell'industria alimentare, cosmetica e farmaceutica e sembra privo di effetti
collaterali nell'uomo e rappresenta pertanto una possibile nuova strategia per la cura dell'obesità. Lo
studio ha dimostrato come il tessuto adiposo bianco abbia dei sensori in grado di "percepire"
direttamente il freddo senza la mediazione del sistema nervoso. Questi sensori, attivabili dal mentolo
e da altre molecole simili, sono in grado di aumentare il metabolismo del tessuto adiposo bianco
portando al consumo dei grassi depositati al suo interno e alla produzione di calore. (Salute, Tgcom24)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 336
PREVENZIONE E SALUTE
LO ZUCCHERO BIANCO FA MALE PIÙ DELLO ZUCCHERO
GREZZO?
Assolutamente no: entrambi i tipi di zucchero, dal punto di vista
chimico, contengono esattamente la stessa molecola, quella del
saccarosio.
La differenza è che mentre lo zucchero bianco contiene solo saccarosio,
quello bruno contiene anche qualche residuo di melassa (tra l’1% e il 5%
a seconda dei tipi di zucchero grezzo in commercio), che gli dà un aroma un po' diverso.
Nella melassa sono presenti, in quantità molto bassa, alcuni minerali (soprattutto potassio) e vitamine.
Ma poiché di zucchero se ne assumono giornalmente piccole quantità, queste sostanze “in più”
presenti nello zucchero bruno, non apportano particolari benefici all’organismo.
Il processo industriale al quale viene sottoposto lo zucchero ricavato dalla barbabietola o dalla canna,
spesso accusato di “danneggiare” in qualche modo il prodotto, in realtà non fa che estrarre il
saccarosio dalle impurità presenti nella melassa.
Il saccarosio puro, infatti, è bianco.«Rispetto allo zucchero bruno presente in commercio, quello bianco
proveniente dalla canna viene ulteriormente purificato impiegando idrossido di calcio e carbone attivo
(che si usa anche per potabilizzare l’acqua), sostanze delle quali nel prodotto finito non resta traccia».
Il saccarosio ricavato invece dalla barbabietola viene purificato aggiungendo anche diossido di zolfo.
Questa lavorazione fa sì che nello zucchero bianco rimangano tracce di anidride solforosa, che però è
presente in quantità davvero basse (basta pensare che nel vino la quantità è oltre 10 volte maggiore).
In conclusione, dal punto di vista chimico (e quindi nutrizionale) consumare zucchero bianco o bruno è
esattamente lo stesso.
Come si ricava lo zucchero? Le canne del genere Saccharum officinarum maturano dopo un ciclo di
coltivazione che dura 22 mesi. Vengono tagliate alla base, private della cima e delle foglie, schiacciate
fra cilindri e sottoposte a torchiatura, per spremerne il succo zuccherino. Il riscaldamento successivo
del liquido causa l’evaporazione e la conseguente concentrazione della sostanza rimanente, con
formazione di piccoli cristalli.
Sottoprodotto: Solo una parte del succo si trasforma in zucchero: il resto diventa “melassa”,
sostanza semiliquida e appiccicosa usata in molti Paesi come dolcificante.
Buona notizia per la cura del RENE POLICISTICO:
un nuovo farmaco potrebbe diventare la prima terapia
farmacologica per i pazienti affetti da ADPKD
Il rene policistico autosomico dominante (ADPKD) è una patologia genetica ereditaria che
causa il proliferare di cisti nei reni, a carattere non maligno, che gradualmente ne
compromettono il funzionamento.
Attualmente non esiste alcuna terapia farmacologica ma un nuovo farmaco sperimentale, il tolvaptan,
sviluppato in Giappone, se approvato dall’Agenzia Europea del Farmaco, potrebbe diventare la prima
terapia farmacologica per i pazienti affetti da ADPKD in Europa.
Tolvaptan è un antagonista selettivo del recettore della V2 vasopressina che si ipotizza abbia la
capacità di rallentare la progressione dell’ADPKD attraverso la riduzione dello sviluppo e della crescita
delle cisti renali. (Sani e Belli)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 336
QUANTO BEVI AL GIORNO? TROPPO POCO. ECCO PERCHÉ
Poco più di un litro al giorno è la quantità media di liquidi che gli italiani introducono
nel loro organismo.
Un valore troppo basso, inferiore del 50% rispetto alle raccomandazioni
mediche. Emerge dai risultati dello studio “Liz”, condotto su 2000
pazienti adulti dei medici di famiglia di tutta Italia, che ha rilevato anche
altri parametri: stile di vita, consumo di zuccheri, di bibite alcoliche,
dolci, latte, frutta, fino all’attività fisica.
E a prima vista, dalla ricerca - salta agli occhi proprio il problema dei
liquidi: gli italiani si fermano infatti a una media di un litro e 115 centilitri a testa al giorno, cioè metà di
quanto raccomandano i medici. È importante invece bere in modo adeguato perché i liquidi intervengono
in tutte le reazioni metaboliche delle cellule e sono il principale mezzo di trasporto per le sostanze
nell’organismo.
Il consumo medio di alcol e bevande alcoliche, pari a 10 g. di vino al giorno per gli uomini e ancor
meno per le donne, è invece “rassicurante”; mentre non lo è il dato sulla quantità di attività fisica, poichè
il 25% degli uomini e il 34% delle donne dichiarano di farne meno di 15 min. al giorno.
«Quanto all’ introito medio di zuccheri, non siamo di fronte ad apporti elevati: si tratta di 68 g. al giorno
per gli uomini e di 66 g. per le donne. Dati che - confermano come sia difficile immaginare di risolvere il
problema del sovrappeso in Italia comprimendo semplicemente il consumo di zucchero».
«Sono ben altri - i fattori che incidono sull’obesità, una patologia che colpisce ormai il 10% degli italiani:
accade che il 45% dei maschi e il 33% delle femmine non presta attenzione alle calorie che introduce,
correndo ai ripari solo quando il grasso ha già iniziato ad accumularsi». (salute, Secolo XIX)
NÉ BUONI NÉ CATTIVI, ANCHE IL
COLESTEROLO HDL PUÒ FARE MALE
Quando si ossida contribuisce all'aterosclerosi
Il colesterolo non è tutto uguale: accanto a quello “cattivo”, che mette in serio pericolo
la salute di cuore e arterie, ne esiste anche uno “buono” che aiuta a contrastare
l'aterosclerosi. Nemmeno quest'ultimo è però esente da rischi.
Un nuovo studio pubb. su Nature Medicine, ha infatti svelato che se le proteine presenti al loro interno si
ossidano le particelle di colesterolo “buono” perdono le loro proprietà cardioprotettive e diventano
dannose per il sistema circolatorio, promuovendo l'infiammazione e l'aterosclerosi.
Hanno scoperto che durante il processo di aterosclerosi, che porta al restringimento e all'irrigidimento delle
arterie, nelle pareti dei vasi sanguigni si accumula una forma ossidata di apoA1, la proteina più
abbondante all'interno delle particelle di colesterolo “buono”. Quando non è ossidata, apoA1 permette di
trasportare il colesterolo dalle arterie al fegato per essere eliminato dall'organismo.
La forma ossidata non riesce a svolgere questa funzione, tanto che analizzando il sangue di 627 pazienti i
ricercatori hanno scoperto che all'aumentare dei livelli di particelle di colesterolo “buono” ossidato
aumenta anche il rischio di avere a che fare con un disturbo cardiovascolare.
“Identificare la struttura della apoA1 non funzionale e il processo attraverso cui inizia a promuovere le
malattie anziché prevenirle è il primo passo verso la creazione di nuovi test e trattamenti per i disturbi
cardiovascolari”. Non solo, questa scoperta fornisce anche una possibile spiegazione al fatto che gli studi
condotti fino ad oggi utilizzando farmaci pensati per aumentare i livelli di colesterolo “buono” non abbiano
dato i risultati sperati in termini di salute cardiovascolare. “Ora che sappiamo come è fatta questa proteina
non funzionale stiamo sviluppando un test clinico per misurare i suoi livelli nel sangue che sarà uno
strumento utile sia per valutare il rischio cardiovascolare nei pazienti sia per guidare lo sviluppo di terapie
mirate contro l'Hdl [colesterolo “buono”] per prevenite le malattie”. (salute, Sole 24ore)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 336
SCIENZA E SALUTE
Italiani ribaltano legame tra disturbi tiroide e obesita'
Per gli autori, le conclusioni di queste ricerche permetterebbero di evitare cure
ormonali inutili ai pazienti 'extralarge'
Avere gli ormoni tiroidei 'sballati' non è una causa di
obesità, ma una sua conseguenza. A ribaltare la visione
classica dei rapporti tra funzione della tiroide e chili di
troppo sono ricercatori e i clinici dell'Unità operativa di
medicina interna ed endocrinologia dell'Ist. di Pavia della
Fondazione Maugeri, guidati da Luca Chiovato. STUDIO:
In una serie di studi pubb. su riviste internazionali, il
team ha indagato sulla funzione tiroidea degli obesi, partendo dalla teoria secondo cui
l'ipotiroidismo provoca un aumento di peso.
RISULTATI: per gli autori, le conclusioni di queste ricerche permetterebbero di evitare cure ormonali
inutili ai pazienti 'extralarge'.
In tutti i Paesi sviluppati o in via di sviluppo l'obesità ha raggiunto negli ultimi 20 anni proporzioni
epidemiche e la sua incidenza è in continuo aumento.
In Italia il 33% della popolazione è in sovrappeso
41% degli uomini
26% delle donne
e quasi il 10% è obesa.
Sebbene i primi responsabili dell'obesità siano le cattive abitudini alimentari e lo scarso movimento,
vari studi hanno cercato altre possibili cause nell'assetto endocrino delle persone obese, e in
particolare nell'ipotiroidismo.
Molti studi epidemiologici, avevano ripetutamente dimostrato che una percentuale rilevante di
pazienti obesi presenta agli esami di laboratorio valori superiori alla norma di ormone tireotropo
(Tsh), cioè un quadro ormonale tipico delle forme iniziali d'ipotiroidismo.
Per capire se si trattava di una condizione di vero ipotiroidismo, gli endocrinologi hanno condotto una
serie di studi dimostrando come, nella maggior parte degli obesi, l'aumento dell'ormone tireotropo
circolante sia una conseguenza dell'eccesso di peso e non la causa dell'obesità.
L'ultima ricerca, pubblicata su 'Endocrine', ha preso in considerazione una conseguenza tipica
dell'ipotiroidismo e cioè la dislipidemia, caratterizzata dall'aumento del colesterolo nel sangue.
E' stato studiato l'assetto lipidico di 55 pazienti con obesità grave (Bmi maggiore di 40) e livelli
eccessivi di ormone Tsh.
Se fossero stati davvero ipotiroidei, avrebbero dovuto presentare un aumento del colesterolo. Invece,
confrontati con persone normopeso affette da vero ipotiroidismo, presentavano valori di colesterolo
più bassi.
"Un'ulteriore dimostrazione che l'anormale profilo ormonale tiroideo di molti obesi non è indicativo di
vero ipotiroidismo - concludono gli scienziati - e che quindi questi pazienti non hanno bisogno di un
trattamento sostitutivo con ormoni tiroidei". (Adnkronos Salute)
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