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Investire nella Qualità della Vita
■ ■ ■ Salute Individuate le mutazioni genetiche responsabili della morte cardiaca improvvisa
Il cuore non si arresta più
Ora sono allo studio protocolli di screening più accurati per i soggetti a rischio
di Elena Correggia
U
n test che può salvare la vita. La morte cardiaca improvvisa, principale singola causa di decesso nel mondo occidentale, ha una nuova spiegazione genetica, che definisce
importanti prospettive per la diagnosi e la prevenzione.
La scoperta è frutto dello studio internazionale pubblicato sulla rivista Circulation e svolto per l’Italia dal dottor Antonio Oliva, ricercatore dell’Istituto di medicina legale dell’università Cattolica di Roma, diretto dal professor Vincenzo Pascali. La disfunzionalità
che porta alla morte cardiaca improvvisa è in molti casi dovuta a tachiaritmie
ventricolari, originate cioè nella parte
inferiore del cuore. «La ricerca ha comportato lo screening tramite elettrocardiogramma di 82 pazienti con diagnosi di sindrome di Brugada e del QT
corto, ossia due patologie ereditarie che
possono causare morte cardiaca improvvisa», spiega Oliva. «Successivamente si è eseguito uno screening genetico, effettuato con prelievo ematico, che in sette pazienti ha evidenziato una mutazione dei geni CACNA1C e CACNB2b
che codificano per il canale del calcio». Questi canali,
così come quelli del potassio e del sodio, sono formati da
proteine presenti sulla membrana delle cellule muscolari cardiache. Esse in condizioni normali consentono agli ioni di ciascuna sostanza di passare da una parte all’altra della membrana, inducendo la scarica elettrica e quindi la contrazione muscolare alla
base del battito regolare. I geni difettosi individuati nello studio producono una disfunzione del canale del calcio con riduzione del flusso di ioni calcio e un conseguente squilibrio elettrico che determina
un ritmo cardiaco anormale. «La conoscenza della mutazione per il
canale del calcio e di quelle relative ai canali sodio e potassio permette ora di definire protocolli di screening genetico più completi a
cui sottoporre soggetti a rischio, cioè i componenti di famiglie in cui
si sono già verificate una o più morti cardiache improvvise, evitando così altri decessi che possono colpire anche giovani adulti e bambini», continua Oliva. Nei soggetti portatori della mutazione genetica in questione che manifestano sintomi premonitori dell’arresto cardiaco improvviso quali sincope e fibrillazione ventricolare può risultare fondamentale procedere a uno studio elettrofisiologico approfondito del cuore se l’elettrocardiogramma rivela subito delle alterazioni.
In pratica, si introduce un catetere attraverso la vena femorale fino alle cavità
atriali e ventricolari del cuore. Il catetere è collegato a uno speciale elettrocardiografo che registra l’attività elettrica all’interno del cuore verificando l’esistenza
di focus aritmogeni. Se si pensa che i farmaci possano regolarizzare le aritmie si procede alla somministrazione. Nei casi più gravi
con soggetti a rischio di aritmie, che magari abbiano già accusato altri episodi, si può infine valutare
la possibilità di inserimento di un defibrillatore fisso, impiantabile sottocute, in grado di attivarsi se si verifica fibrillazione ripristinando il corretto ritmo cardiaco. «Molti decessi determinati da questo tipo di sindromi venivano classificati come naturali», afferma Oliva. «Ora, invece, la possibilità di individuare la mutazione genetica anche in soggetti di cui non si ha a disposizione l’elettrocardiogramma permette al medico legale di fornire una risposta più accurata ai familiari, che potrebbero essere affetti dalla stessa malattia senza saperlo». (riproduzione riservata)
■ ■ Ambiente Per combattere la mortalità in Etiopia si abbatte drasticamente la riproduzione selvaggia
Un allevamento di mosche sterili
porterà all’estinzione della tse tse
di Galeazzo Santini
L
a mosca tse tse costituisce
un vero flagello per il continente africano, con 37
paesi e 60 milioni di persone
esposte a una puntura che risulta mortale per 400 mila individui
all’anno, oltre a provocare 100 mila casi di malattia del sonno. Denominata anche «mosca della povertà», questo insetto, secondo le
stime della Fao (Fondo dell’Onu
per l’alimentazione) causa anche
una perdita nel settore agricolo
pari a 4 miliardi di dollari per la
moria del bestiame. Dall’inizio di
febbraio per cercare di sradicare
questo flagello si sta testando in
Etiopia a Kaliti (a 14 chilometri
dalla capitale Addis Abeba) una
soluzione radicale: il primo allevamento al mondo di mosche tse
tse sterili, un progetto finanziato
dalla Fao e dalla Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica). Il principio su cui si basa il
progetto è molto semplice: produrre quantità massicce di maschi resi sterili, che una volta immessi nelle zone infestate dalla
malattia, si accoppiano con le
mosche selvagge femmine. Affinché il procedimento denominato
Tia (Tecnica dell’insetto sterile)
abbia successo, occorre che il numero dei maschi sterili sia dieci
volte più elevato di quello dei maschi fecondi. A questo punto il
tasso di riproduzione selvaggio
diminuisce fino a estinguersi. Nel
1997 un progetto analogo finanziato dalla Aiea e dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) aveva permesso di sterminare il flagello della mosca tse
tse sull’isola tanzaniana di
Zanzibar. Per avviare l’esperimento etiopico è stata realizzata
in Slovacchia una colonia di mosche all’istituto zoologico dell’Ac-
cademia delle scienze di Bratislava. Questo centro accoglie studenti di Kenya, Tanzania ed Etiopia, ma si prevede che ne arriveranno presto anche da altri paesi
africani. Il costo di questa tecnica
non è più elevato di quello basato su metodi chimici, salvo che
nella sua fase di lancio, con il vantaggio di una totale estinzione del
flagello se il paese coopera. (riproduzione riservata)
“
Lampi
nel buio
Non è che abbiamo perso la
fede: l’abbiamo semplicemente
trasferita da Dio
alla professione medica
Bernard Shaw
”
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