oscilloscopio a raggi catodici - Digilander

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA
Facoltà di Ingegneria
Dipartimento Elettrico, Elettronico e Sistemistico
Corso di Misure Elettriche
Anno Accademico 2000-2001
Prof. Nicola Pitrone
Relazione su
OSCILLOSCOPIO A RAGGI CATODICI
Gruppo di lavoro:
Filippo Chimento
Francesco Conticello
Pasquale Di Maggio
Federico Giordano
Enrico Perez
Guido Vagliasindi
Dicembre 2000
Oscilloscopio a raggi catodici analogico
L’oscilloscopio è uno strumento che consente di visualizzare l’andamento temporale
di svariate grandezze elettriche. In genere la forma d’onda deve essere periodica in
quanto ne viene rappresentata solo una parte e, affinché sia possibile visualizzarla è
necessario che essa assuma gli stessi valori ad intervalli costanti. Ciò è dovuto al fatto
che a descrivere la tensione sullo schermo è un puntino luminoso che deve percorrere
sempre la stessa traiettoria.
La componente fondamentale dell’oscilloscopio è il tubo a raggi catodici:
Figura 1: tubo a raggi catodici
all’interno del quale si realizza un vuoto spinto con pressione residua di 10 −6 mmHg,
perché gli elettroni che si muovono al suo interno non devono urtare contro atomi
residui del gas interno. Si vuole, in pratica che il libero cammino medio degli
elettroni sia minore della lunghezza del tubo stesso. Esiste in ogni caso una certa
probabilità che, a causa dei seppur pochi atomi rimasti, si verifichino degli urti che
causano la nascita di ioni, attratti ed espulsi da delle opportune trappole ioniche.
Gli elettroni vengono utilizzati come equipaggio mobile in quanto, essendo molto
leggeri, possono seguire le rapide variazioni del segnale.
Nel tubo a raggi catodici possiamo distinguere essenzialmente tre parti:
Ø Il cannone elettrostatico
Ø La zona di deflessione
Ø La zona di postaccelerazione
Il cannone elettrostatico, che emette elettroni per effetto termoelettronico, è costituito
da un filamento di tungsteno che è portato ad incandescenza riscaldando cosi’ la
placca del catodo, posto immediatamente dopo il cannone stesso. Per agevolare il
processo di emissione sul catodo sono spalmate delle sostanze a basso potenziale
d’estrazione (ossidi di Bario e di Stronzio). L’elettrone emesso ha bassa energia
cinetica e non si allontana dal catodo. Dunque nelle vicinanze di questo si crea una
regione di carica spaziale.
A di là di questi due elettrodi si ha il cilindro di Wehlmet che rappresenta una
griglia di controllo, a potenziale negativo rispetto al catodo che serve a controllare il
numero di elettroni che da questo passano agli anodi costituendo il fascetto di
elettroni che andrà a colpire lo schermo.
Ricordiamo che gli elettroni sono carichi negativamente e pertanto tendono
naturalmente a respingersi. Allo scopo di evitare che il fascetto si scomponga è
Oscilloscopio a raggi catodici
2
© ing. electrics 2000/2001
necessario che le cariche abbiano una certa velocità iniziale tale da far si che gli
elettroni arrivino sullo schermo prima che le forze di interazione possano separarli. E’
comunque importane osservare anche che tale velocità non può assumere un valore
alto come si voglia in quanto essa deve essere tale da far sentire agli elettroni l’effetto
di deviazione delle placche di deflessione.
Oltre il suddetto cilindro si hanno tre anodi a potenziale più positivo del catodo (non
è detto che siano a potenziale positivo in segno)che hanno il compito di accelerare gli
elettroni lungo l’asse del tubo.Per fare in modo che il fascio di elettroni sia quanto più
sottile possibile gli anodi hanno dei fori piccolissimi, in maniera tale che solo gli
elettroni allineati riescano a passare. Il potenziale è via via crescente da anodo ad
anodo fino ad essere nullo sull’ultima piastra, procedendo in direzione dello schermo.
Ciò consente di evitare che nella zona compresa tra gli anodi e le piastre di
deflessione gli elettroni subiscano un’ulteriore accelerazione (che come dicevamo
può non far sentire alle cariche l'influsso delle placche).
Gli elettroni sono quindi deviati dalla loro direzione lungo l’asse del tubo dalle
placche deflettenti che consentono al fascio di elettroni di risentire del segnale
applicato ( senza una deviazione il fascetto andrebbe a colpire il punto centrale dello
schermo).
y
x
z
Figura 2: placchette di deflessione
Le placchette di deflessione sono dei capacitori che creano un campo elettrostatico
che determina una forza che deflette il fascetto. La deviazione degli elettroni avviene
lungo x e lungo y dunque si ha la composizione di due moti su assi ortogonali
ortogonali. Nell’oscilloscopio la tensione da visualizzare opportunamente modificata
è fornita alle placchette di deflessione verticale, mentre alle placche di deflessione
orizzontale è fornita una tensione che fissa lo spazzolamento orizzontale e quindi
simula la variazione nel tempo.
Gli elettroni colpiscono quindi lo schermo sul quale sono distribuite delle sostanze
fluorescenti (fosfori) e a seguito dell’urto gli elettroni cedono a queste la loro energia.
Gli atomi della sostanza eccitati, si portano in uno stato in cui uno o più elettroni
passano dall’orbitale in cui si trovano ad uno più esterno, senza però fuoriuscire
dall’atomo; questa è una situazione instabile e l’elettrone tende a ritornare nella sua
posizione originaria emettendo un quanto di energia, visualizzato sullo schermo da un
puntino luminoso (effetto fotoelettrico); l’energia del quanto è fissata dal salto
dell’elettrone tra i due orbitali per cui, per aumentare l’intensità è sufficiente fare
colpire il punto da più elettroni in modo tale che più siano gli atomi interessati e per
fare ciò basta regolare il potenziale della griglia di controllo. È importante osservare
che gli elettroni per realizzare questo effetto devono avere energia cinetica e quindi
Oscilloscopio a raggi catodici
3
© ing. electrics 2000/2001
velocità abbastanza elevata, non troppo perché altrimenti sono poco deviati, per
questo a deflessione avvenuta passano attraverso la zona di postaccelerazione
realizzata tramite un nastro conduttore , avvolto attorno al tubo, ad elevato potenziale.
Analizziamo in maniera più dettagliata la deflessione elettrostatica verticale:
Le placche di deflessione sono dei condensatori aventi il vuoto come dielettrico:
+
ed
Figura 3: placchette di deflessione verticale
Supponiamo che tra due placchette sia applicata una tensione costante per tutto il
tempo di transito degli elettroni; essi entrano nella zona delle placchette di
deflessione con una velocità v0 dovuta al lavoro del campo elettrico per accelerare gli
elettroni:
1
eV = mv 02
dove V è la d.d.p. tra l’ultimo anodo.
2
Il primo membro rappresenta il lavoro compiuto dal cannone mentre il secondo
l’energia cinetica con cui l’elettrone entra nella zona tra le armature.
Se applico una tensione Vy costante tra le due armature parallele si crea un campo
elettrico costante diretto dal + al -. La forza che agisce sul generico elettrone ha la
stessa direzione del campo elettrico E, ma verso opposto.
Vy
r
E=
(diretto _ lungo _ − y )
d
r
r
F = ma 
eE e V y
=
r
r⇒a =
m m d
F = eE 
E è costante in modulo.
Le equazioni del moto lungo gli assi y e z sono:
 z = v0t


1 2
 y = 2 at
Oscilloscopio a raggi catodici
4
© ing. electrics 2000/2001
in quanto l’elettrone si muove di moto rettilineo uniforme lungo l’asse z e di moto
uniformemente accelerato lungo l’asse y.Combinandole si ottiene:
1 z2
a
y = a 2 = 2 z2
2 v0 2v 0
che è l’equazione di una parabola avente vertice nell’origine degli assi. L’elettrone
fuoriesce dalla zona di deflessione lungo la tangente all’arco di parabola nel punto
finale.
Si definisce sensibilità verticale la quantità:
Y
Sy =
Vy
dove con Y si intende lo spostamento dal centro del puntino luminoso in direzione y
mentre con Vy la tensione applicata tra le placchette di deflessione.
Esaminiamo ora una proprietà importante delle parabole:
y
O
M
Q
x
Figura 4
Si può dimostrare che: OM=(1/2) OQ ∀ P ∈ alla parabola.
L’equazione generica della parabola è y=Kx2. Consideriamo il punto P e la sua
proiezione Q. Chiamiamo con M il punto in cui la tangente nel punto P alla parabola
interseca lasse delle ascisse.
DIM:
sia P ≡ ( x0 , y 0 ) ⇒ Q ≡ ( x 0 ,0)
l’equazione della tangente in P è y=mq+q, dove:
d
m = (kx 2 )x = x = 2kx0
dt
0
per la condizione di passaggio per P
y0=2kx0x0+q
q=y0-2kx02
y=2kx0x+ y0-2kx02
ma y0= kx02 (poiché P appartiene alla parabola)
Oscilloscopio a raggi catodici
5
© ing. electrics 2000/2001
y=2kx0x+kx02
per y=0 si trova x=x0/2.
Nel nostro caso dobbiamo considerare la tangente nel punto estremo della zona di
deflessione e quindi essa passa per il punto suo di mezzo, infatti:
E
y
Vy/2
Y
y0
C
A
B
O
l
z
L
-Vy/2
Figura 5: traiettoria elettrone
i triangoli ABC e EOC sono simili e dunque
Y:y0=L:l/2
Essendo y0 l’ordinata all’uscita della zona di deflessione, esplicitando si ha:
Y=2Ly0/l, ma y0 è funzione di Vy:
 z2
y 0 =  2
 2v 0

a 2 e Vy l 2
a  = 2 l =
m d 2v02
 z =l 2v0
2L e Vy l 2
Y=
l m d 2v02
si ha quindi :
Sy =
elL
mdv02
che rappresenta la sensibilità di deflessione delle sole placchette di deflessione. In
genere si vuole che questa quantità sia più alta possibile compatibilmente con le altre
esigenze. Osserviamo che la Sy è inversamente proporzionale al quadrato della
velocità iniziale. Qualora essa risulti troppo elevata la Sy sarebbe piccola. Questo
spiega l’utilità della postaccelerazione.
La tensione Vy non è la tensione all’ingresso dell’oscilloscopio, ma è un'opportuna
elaborazione di questa tramite componenti elettronici:
Oscilloscopio a raggi catodici
6
© ing. electrics 2000/2001
modo
pos izione
ac
amplificatore
verticale
preamplificatore
dc
attenuat
ore
linea di
ritardo
v
placchette
di
deflessione
trigger
Un oscilloscopio presenta due canali cui possono essere applicati due diversi segnali
da visualizzare. Lo schema in alto è il percorso che i segnali in ingresso al canale “a”
e al canale “b” compiono per arrivare alle placchette di deflessione. Possiamo
distinguere più componenti:
1) Un capacitore in ingresso che può essere cortocircuitato o meno a seconda se si
desidera eliminare la componente continua del segnale. E’ dunque possibile
visualizzare solo il ripple ponendo l’interruttore in A.C. e non cortocircuitando
il capacitore.
2) Un interruttore che permette di collegare il canale a massa. Questo è necessario
perché, se si sta utilizzando un solo canale è possibile che dall’altro entri
rumore che sommi al segnale effettivo; per evitare ciò si pone il canale
inutilizzato a massa.
3) Una resistenza di 50 Ω che può essere o meno collegata.
4) Un’attenuatore che consente di ridurre l’ampiezza del segnale mandato alle
placchette attraverso gli amplificatori in quanto, altrimenti, non si
comporterebbero in maniera lineare, introducendo delle non linearità sul
segnale amplificato; è praticamente un partitore di tensione
V
Figura 6: partitore di tensione
5) Il preamplificatore: si può aggiungere una componente continua per ottenere
una traslazione della forma d’onda verso l’alto o verso il basso.
6) La linea di ritardo che riguarda lo spazzolamento orizzontale.
7) L’amplificatore verticale che deve avere un’elevata amplificazione in modo da
ottenere sulle placche tensioni di qualche decina di Volt, deve inoltre fornire
tensioni bilanciate rispetto a massa..
Oscilloscopio a raggi catodici
7
© ing. electrics 2000/2001
BASE DEI TEMPI
Con la sola deflessione verticale, il puntino luminoso descriverebbe solo un segmento
sullo schermo, la deflessione orizzontale permette di visualizzare l’effettiva forma
d’onda. L’asse orizzontale dell’oscilloscopio rappresenterà l’asse dei tempi. Il
puntino si muova orizzontalmente sullo schermo descrivendo un moto rettilineo
uniforme, in maniera tale che tutti gli intervalli di tempo siano rappresentati allo
stesso modo; per fare ciò bisogna applicare alle placchette una tensione lineare:
t1
t2
Figura 7: tensione alle placchette orizzontali
Dunque il moto del puntino sullo schermo è dato dalla composizione di due moti
lungo x e lungo y le cui equazioni parametriche sono:
v = Esenωt

 x = kt
Dopo aver finito lo spazzolamento il puntino luminoso deve tornare indietro;in realtà
non è possibile passare istantaneamente dal valore max positivo al valore minimo
negativo:
t
tempo di ritraccia
Figura 8: tempo di ritraccia
è necessario un piccolo intervallo detto tempo di rintraccia; ciò perché questa
tensione è fornita da un capacitore che quindi si scarica e si deve poi ricaricare.
Oscilloscopio a raggi catodici
8
© ing. electrics 2000/2001
Questo tempo è indipendente dalla durata dell’applicazione della prima parte di
tensione, ma dipende dal suo valore massimo e dal minimo. Bisogna notare; però, che
quando il punto giunge all’estrema sinistra la tensione non è più zero come nel
periodo precedente:
Figura 9
si ottiene allora un’immagine diversa:
Figura 10: sincronizzazione
questo è il problema della sincronizzazione che esiste proprio per la presenza del
tempo di rintraccia, durante il quale non si vede sullo schermo il puntino luminoso
perché si bloccano gli elettroni emessi dal cannone attraverso la griglia di controllo.
Per risolvere il problema della sincronizzazione si inserisce una linea di ritardo che
permette di ritardare la tensione fornita alle placchette di deflessione (verticale), in
questo modo si aspetta che il puntino sia tornato all’inizio. Lo spazzolamento
orizzontale deve essere effettuato nello stesso tempo del periodo della forma d’onda
da rappresentare: un’opportuna manopola consente di regolare la base dei tempi.
Essenzialmente la tensione da applicare è a dente di sega. Applicando alle placchette
di deflessione orizzontale una tensione diversa si ottiene la composizione di due moti.
OSCILLOSCOPIO A DOPPIA TRACCIA
Tutti gli oscilloscopi sono almeno a due tracce in modo da potere visualizzare
contemporaneamente due grandezze; il problema sta nel fatto che l’oscilloscopio ha
un solo fascetto di elettroni e un solo gruppo di placchette di deflessione orizzontale e
verticale quindi si deve mandare alternativamente alle due placchette di deflessione
verticale una volta il segnale di un canale e l’altra quello dell’altro.
Oscilloscopio a raggi catodici
9
© ing. electrics 2000/2001
canale A
placchette di
deflessione
canale B
Figura 11
Esistono due modi per mandare alternativamente le due tensioni:
1)modo alternate
2)modo chopping
MODO CHOPPING
Un oscillatore permette di comandare un commutatore che collega alternativamente
l’amplificatore ad un canale o all’altro: per un istante di tempo l’amplificatore è
collegato al 1° canale e per l’istante successivo al 2°. Si ottiene:
Figura 12: modo chopping
se la frequenza delle onde da visualizzare è piccola, praticamente le informazioni che
si perdono sono trascurabili. Il modo chopping è utilizzato per segnali a bassa
frequenza, mentre per frequenze alte si hanno dei trattini vuoti nella figura sullo
schermo. Tuttavia si possono colmare questi vuoti facendo in modo che nel periodo
successivo non siano attribuiti sempre gli stessi istanti ad una grandezza: per un
periodo si hanno alcuni tratti per il successivo i rimanenti cosi’si visualizza la
grandezza completamente.
Oscilloscopio a raggi catodici
10
© ing. electrics 2000/2001
MODO ALTERNATE
Si manda all’amplificatore per tutto un intervallo di spazzolamento orizzontale una
forma d’onda e per il periodo successivo si manda l’altra; se la frequenza è elevata si
vedono contemporaneamente le due forme d’onda.
STUDIO DEL CIRCUITO RC: PROBLEMATICHE
L’ingresso dell’oscilloscopio è costituito da una impedenza (normalizzata) data dal
parallelo di una resistenza da 1MΩ e di una capacità di 15-20pF:
Ri
Zi=Ri//Ci
Ri=1ohm
Ci=15-20pF
Ci
Zi
Figura 13
Supponiamo di collegare il circuito RC, di cui si vuole visualizzare la tensione
(prelevata ai capi della capacità C) all’oscilloscopio:
R
Vi
Vu
C
R0
C0
Figura 14
Ciò modifica il circuito RC stesso (ad esempio modificandone la costante di tempo);
non si può nemmeno dire che la funzione di trasferimento del circuito RC in cascata
al circuito d’ingresso dell’oscilloscopio sia la somma delle due funzioni di
trasferimento, infatti perché ciò sia possibile l’impedenza d’ingresso
dell’oscilloscopio dovrebbe essere infinita.
Senza collegamento con l’oscilloscopio la funzione di trasferimento è:
1
Vu
1
jωC
=
=
1 + jωCR
Vi R+ 1
jωC
mentre collegando l’impedenza d’ingresso dell’oscilloscopio si ha come funzione di
trasferimento:
Oscilloscopio a raggi catodici
11
© ing. electrics 2000/2001
1
jω (C + C i )
1
R
+
i
jω (C + C i )
Vu'
C // Ri // C i
=
=
1
V i R + C // Ri // C i
Ri
jω (C + C i )
R+
1
Ri +
jω (C + C i )
Ri
ponendo: Ci+C=Ceq
Ri
jωC eq
V
=
V i RR + Ri + R
i
jωCeq jωCeq
'
u
che è quella data dal prodotto di quelle dei due blocchi. Ciò è possibile solo se Rin= ∞
e Cin=0, in maniera tale che il secondo stadio non carichi il primo per un segnale di
tensione applicato.
In generale non è detto che i due stadi RC siano indipendenti e bisogna dunque,
inserire un doppio bipolo che permette un disaccoppiamento d’impedenze:
R1
R2
C1
C2
Figura 15
Così facendo l’impedenza vista ai capi del doppio bipolo e del circuito R2C2 è ∞ e
quindi il circuito a valle non carica il doppio bipolo R1C1.
Per analizzare l’effetto dell’inserimento dell’oscilloscopio applichiamo un generatore
ideale di tensione all’ingresso e consideriamo il circuito equivalente di Thevenin
visto ai capi di Ceq:
Oscilloscopio a raggi catodici
12
© ing. electrics 2000/2001
R//Ri
ERi /(Ri+R)
Ceq
la costante di tempo di questo circuito è:
 RRi
τ = (C + Ci )
 R + Ri



mentre, senza oscilloscopio la costante è:
τ = RC
Allora la costante di tempo sarà la stessa solo se :
Ri ⟩⟩ R in modo che R//Ri≅R
C⟩⟩ C i in modo tale che C+Ci≅C
In sostanza inserendo l’oscilloscopio si modifica la costante di tempo del circuito; ciò
si ripercuote sulla forma d’onda visualizzata sullo schermo che presenta quindi un
errore sistematico.
Per evitare che l’ingresso dell’oscilloscopio carichi il circuito in prova il
collegamento con l’oscilloscopio avviene tramite delle sonde attenuate
(compensate) che aumentano l’impedenza d’ingresso aumentando la resistenza e
diminuendo la capacità.
Alcune sonde hanno un commutatore che commuta dalla posizione 1 alla posizione
10:
Ø commutatore in posizione 1: la tensione prelevata dalla sonda è quella riportata
all’oscilloscopio
R
C
(sonde)
Rin
Cin
Ø commutatore in posizione 10: la tensione prelevata dalla sonda viene attenuata
attraverso un opportuno circuito RC:
Oscilloscopio a raggi catodici
13
© ing. electrics 2000/2001
C1
circuito RC
R
R1
C
(sonde)
Rin =R2
Cin =C2
Figura 16
C1 è una capacità variabile di compensazione di valore piccolo che può essere
regolata tramite un’opportuna vite o manopola.
Utilizzando la sonda compensata, l’impedenza vista all’ingresso del sistema sonda +
oscilloscopio sarà:
C3
R3
Figura 17
Dove R3=10MΩ e C3=15pF
Ottenendo dunque una resistenza R3 più elevata ed una capacità leggermente più
bassa di quelle originarie dell’ingresso dell’oscilloscopio.
L’equivalenza tra questi due circuiti si ha solo quando C1 è in grado di effettuare la
compensazione.
Questo discorso vale solo a frequenze acustiche in quanto, per frequenze più elevate
la reattanza capacitiva diventa più piccola della resistenza e prevale su Rin; a
frequenze elevate per questo è inutile utilizzare sonde di questo tipo.
Tuttavia l’utilizzo di sonde compensate comporta come effetto negativo
l’attenuazione di V. Per realizzare l’equivalenza dei due circuiti devono aversi
R1=9MΩ, mentre C1 deve poter variare fino ad ottenere la compensazione
C1
R1
R2
C2
Figura 18
Oscilloscopio a raggi catodici
14
© ing. electrics 2000/2001
La tensione V da misurare non viene tutta riportata sull’oscilloscopio, ma ad esso si
manda un segnale che è 1/10 della tensione prelevata con la sonda.
La serie dei due circuiti RC può essere vista come in figura:
C1
R1
C2
R2
Vi
Vu
Figura 19
Che vogliamo essere equivalente a:
C3
R3
Figura 20
rappresentando i due circuiti in questa forma:
C1
Y1
R1
C2
Y2
R2
Vi
Vu
Figura 21
La condizione affinché si possa realizzare l’equivalenza è che nel ramo 1-2 non
scorra corrente (condizione d’equilibrio ponte di De Sauty). Si ha:
Oscilloscopio a raggi catodici
15
© ing. electrics 2000/2001
R3 = R1 + R2
C3 =
C1C 2
C1 + C 2
nel ramo 1-2 non scorre corrente quando la sonda è compensata, cioè quando la
tensione Vu ai capi di R2 è in fase con Vi, cioè quando tra Vu e Vi non si hanno
distorsioni in frequenza.
Lo scopo della capacità C1 è di compensare la capacità C2 in modo che non vi sia
l’attenuazione di frequenza del segnale.
Si è realizzato un partitore compensato, cioè si fa in modo che l’attenuazione del
segnale in ingresso sia fissata da R1 ed R2 e non dipenda dalla frequenza: l’ampiezza
del segnale applicato non dipende dalla frequenza e pertanto se Vi è un’onda quadra
ricca di armoniche, si ha che tutte le armoniche sono ugualmente attenuate e quindi in
uscita ho ancora un’onda quadra, opportunamente attenuata.
La condizione d’equilibrio del ponte di De Sauty è:
R1C1=R2C2
Che rappresenta la condizione da realizzare per effettuare la compensazione: si varia
C1, essendo fissati R1,R2=Rin C2=Cin fino a che non si realizza la compensazione.
In uscita si ha la stessa onda ,solamente attenuata in quanto il partitore è resistivo.
Dimostriamo ora come si arriva alla condizione di compensazione prima citata:
La funzione di trasferimento nel caso generale è:
1
+ jωC1
R1
Vu
Y1
=
=
1
1
Vi Y 1 + Y 2
+
+ jω (C1 + C 2 )
R1 R2
mentre, se la sonda è compensata la funzione di trasferimento è:
R2
Vu
=
Vi R1 + R2
La funzione di trasferimento è indipendente dalla frequenza e quindi il circuito si
comporta in maniera analoga a tutte le frequenze. La funzione di trasferimento nel
caso generale è composta da due termini moltiplicativi. Poniamola nella forma:
Oscilloscopio a raggi catodici
16
© ing. electrics 2000/2001
1
R1
1 + jωC1 R1
Vu
=
1
1
RR
Vi
+
1 + jω (C1 + C 2 ) 1 2
R1 R2
R1 + R2
se vogliamo che sia indipendente dalla frequenza la seconda frazione deve essere 1:
1 + jωC1 R1 = jω (C1 + C 2 )
R1 R2
R1 + R2
C1 R1 + C1 R2 = C1 R2 + C 2 R2 ⇒ C1 R1 = C 2 R2
La funzione di trasferimento ha un polo e uno zero. Quando è verificata la condizione
di compensazione non si fa altro che una operazione di cancellazione del polo con lo
zero che sono uguali.
Il circuito costituito dalla sonda e da Zin è
C1
R1
R2
C2
Figura 22
In definitiva il circuito R1C2 è un passa basso mentre il circuito C1R2 è passa alto. Se
le ωt sono uguali i due contributi si compensano ottenendo quindi un circuito
“passatutto”.
Osservazione: RC è un circuito passa basso se la tensione è prelevata su C, passa alto
se è prelevata su R.
Il circuito d’ingresso dell’oscilloscopio presenta una pulsazione d’attraversamento
ωt in corrispondenza della quale si ha una attenuazione di 3db. Ciò costituisce un
altro limite per l’oscilloscopio: supponiamo che si voglia visualizzare sullo schermo
un’onda quadra di frequenza 2MHz e che ωt=40MHz. Poiché l’onda quadra ha tutte
le armoniche significative è necessario che esse siano amplificate tutte allo stesso
modo (almeno fino alla ventesima per consentire una visualizzazione senza
un’eccessiva distorsione). Nel nostro caso la ventesima armonica ha frequenza
40MHz e si è quindi ai limiti dell’oscilloscopio. Un’onda quadra a 10MHz ha già la
settima armonica attenuata rispetto alle precedenti.
Quelle considerate sono in sostanza distorsioni in frequenza. Accanto a queste si
hanno delle distorsioni di non linearità che si presentano quando i componenti non
sono lineari (gli amplificatori oltre una certa ampiezza di segnale). La differenza
Oscilloscopio a raggi catodici
17
© ing. electrics 2000/2001
sostanziale tra i due tipi di distorsione è che: se il circuito è lineare un ingresso
sinusoidale determina in uscita una sinusoide e le uniche distorsioni che si possono
avere sono quelle in frequenza che ne modificano l’ampiezza e la fase; se il circuito è
non lineare si hanno delle armoniche di non linearità che distorcono la sinusoide ed in
uscita non si ha più una forma d’onda sinusoidale.
Effetto della non idealità del generatore
Consideriamo un circuito RC alimentato da un generatore di tensione d’onda quadra
non ideale avente una resistenza interna Rg:
Rg
R
vg
vi
C
vc
generatore di segnale
Co
Ro
oscilloscopio
Vogliamo analizzare la tensione d’ingresso e d’uscita del doppio bipolo RC
utilizzando i due canali dell’oscilloscopio per visualizzarne le forme d’onda vi e vu.
La resistenza d’uscita Rg del generatore fa si che dal generatore si veda un circuito
RC con R=R+Rg. La corrente che circola nel circuito ha un andamento esponenziale
(risposta al gradino) e non quello di un’onda quadra. Essa determina ai capi di Rg una
caduta di tensione della stesa forma della corrente. Essendo vi =E-vRg vi non è già di
per se un’onda quadra
v c (t)
E
t
-E
Figura 23
Se però il periodo dell’onda è molto grande si osserva che :
Oscilloscopio a raggi catodici
18
© ing. electrics 2000/2001
vi
Figura 24
In quanto il transitorio si esaurisce prima e la tensione va a regime. Al diminuire del
periodo il transitorio non si esaurisce in quanto il capacitore non riesce a caricarsi e
scaricarsi completamente.
Applichiamo in ingresso un generatore reale di tensione e inviamo la tensione
d’uscita (ai capi del capacitore) all’ingresso di uno dei due canali dell’oscilloscopio:
Per evitare che l’impedenza d’ingresso dell’oscilloscopio o la resistenza interna Rg
del generatore influenzino lo studio è necessario conoscere i valori di R e di C.
Rg
E
R
Vi
C
V
OUT
R0
C0
Il problema principale riguarda la resistenza interna del generatore che di solito
assume valori normalizzati di 50Ω, 300Ω, 600Ω.. Se tale resistenza è troppo elevata
la tensione all’ingresso dell’RC ha forma diversa di quella fornita dal generatore:
essendo Vi=E-RgI, se Rg è elevate la Vi è notevolmente distorta.
Oscilloscopio a raggi catodici
19
© ing. electrics 2000/2001
Rg
Vi
E
C0
C
V
OUT
Analizziamo il comporta1mento di un circuito RC al variare della frequenza
d’alimentazione di un generatore di tensione sinusoidale che permette di una tensione
di frequenza variabile e ampiezza costante.
Trascurando l’impedenza d’ingresso dell’oscilloscopio si ha che al variare della
frequenza varia la reattanza del circuito RC e quindi più in generale varia la tensione
fornita al bipolo RC:
Al variare della frequenza può accadere che Rg sia trascurabile o meno. La
variazione d’importanza di Rg produce nel circuito delle variazioni nel modulo e
nella fase di Vi. Utilizzando un partitore resistivo con opportuni valori di R1 ed R2
non solo è possibile ridurre l’impedenza vista ai morsetti del circuito RC (in modo da
avere un generatore di tensione quanto più ideale possibile), ma è possibile anche
rendere l’ampiezza della tensione fornita al circuito RC indipendente dalla frequenza
del generatore.
Rg
R1
R
R2
Vi
OUT
C
V
Dei valori plausibili di R1 e R2 sono:
R1=90Ω ; R2 =10Ω ;supponiamo Rg=50Ω.
L’impedenza vista dal circuito RC nei due casi è:
Ø R’i=Rg=50Ω (senza partitore resistivo)
Ø R”i=R2 //( R1+Rg)=9.3Ω (con partitore resistivo)
In pratica, utilizzando il partitore, abbiamo disaccoppiato il generatore dal circuito
RC. L’unico inconveniente è quello di avere un’attenuazione della tensione fornita al
circuito RC, rispetto a quella fornita dal generatore. L’impedenza vista dal
generatore, senza considerare la Rg è nei due casi:
Oscilloscopio a raggi catodici
20
© ing. electrics 2000/2001
R01 = R +
jωCR + 1
1
=
jωC
jωCR
(senza partitore resistivo )

1 
R011 = R1 + R2 //  R +
= R1 + R2 // Z RC
jωC 

(con partitore resistivo )
il carico del generatore è in questo caso più indipendente dalla frequenza di quanto
non lo sia senza. Inoltre essendo R2 molto piccola R 2//ZRC ≅ R2 e quindi al variare
della frequenza il carico del generatore è circa pari a R2+R1, cioè praticamente
costante, indipendente da ω .
È importante non utilizzare una R2 troppo piccola che determinerebbe una Vi troppo
bassa che potrebbe, dunque, essere influenzata dal rumore presente all’ingresso
dell’oscilloscopio: la forma d’onda sullo schermo in quest’ultimo caso sarebbe
distorta.
Studio del circuito RC in frequenza
Ci proponiamo, con l’analisi in frequenza, di ricavare i diagrammi di Bode di modulo
e fase della funzione di trasferimento in maniera sperimentale ( e da questi ricavare
anche il valore della pulsazione di taglio, che rappresenta il valore di frequenza in
corrispondenza del quale il modulo della funzione di trasferimento si attenua di tre
decibel).
DIAGRAMMA DEL MODULO
Si prelevano le tensioni Vu e Vi attraverso i due canali A e B dell’oscilloscopio,
regolando la sensibilità dei due canali in modo da poter visualizzare l’ampiezza
dell’onda quanto più ampia possibile; si blocca lo spazzolamento orizzontale e si
visualizzano così sullo schermo due segmenti. Il puntino luminoso si muove quindi
dal valore massimo al minimo senza traslare lungo x. Se la sensibilità dei due canali è
uguale i due segmenti sono uguali, in quanto il circuito RC è un passa basso (Vu=Vi).
Aumentando la frequenza Vi rimane costante in ampiezza ,in quanto il generatore che
permette di variare la frequenza della tensione ne mantiene costante il modulo,
mentre invece Vu diventa più corto. Alla frequenza di taglio Vu deve essere pari a
1
2
Vi, cioè circa il 70%Vi. Misurando la lunghezza di Vu alle varie frequenze e
facendone il rapporto con la lunghezza di Vi si trova il modulo della funzione di
trasferimento alle varie frequenze. Ciò consente allora di individuare diversi punti
che possono essere riportati per tracciare il diagramma di Bode:
Oscilloscopio a raggi catodici
21
© ing. electrics 2000/2001
Gdb
10^0
f/ft
-3db
Figura 25: diagramma di Bode
DIAGRAMMA DELLO SFASAMENTO
Si mandano le due tensioni Vi e Vu ai due canali dell’oscilloscopio precedentemente
impostato in modalità X-Y: in questo modo lo spazzolamento orizzontale è fatto
mediante la tensione al canale B. I due segnali hanno uguale frequenza e sullo
schermo dell’oscilloscopio compaiono delle figure che opportunamente interpretate
ci danno l’entità dello sfasamento:
1)
Le due tensioni sono in fase. L’inclinazione dipende dall’ampiezza dei due segnali: se
questa è la stessa per i due segnali e i due canali hanno uguale sensibilità la retta è a
45°
2)
Le due tensioni sono in opposizione di fase
3)
Oscilloscopio a raggi catodici
22
© ing. electrics 2000/2001
Le due tensioni sono sfasate di 90°; se i due segnali hanno uguale ampiezza ed i due
canali uguale sensibilità si ottiene una circonferenza.
Tutto ciò riguarda la combinazione di moti isofrequenziali su assi perpendicolari.
Nel caso in cui le frequenze siano diverse si ottengono le figure di Lissajou tramite la
quali è possibile fare misure sui rapporti di frequenza tra due grandezze.
In generale, date due grandezze isofrequenziali, sullo schermo si ha un’ellisse, che
deve essere centrata in modo da potere individuare i segmenti A e B:
B
A
A:segmento racchiuso dall’ellisse
B:segmento tra le due tangenti orizzontali
Lo sfasamento tra le tensioni ai due canali è dato da
senϕ =
A
B
dove ϕ è l’angolo di sfasamento tra Vu,Vi; quando
A
2
⇒ ϕ=45° e quindi si ha la
=
B
2
pulsazione di taglio.
L’ampiezza di A e B varia con la frequenza: per frequenze basse A ≅ 0.Quando lo
sfasamento è di 90° si visualizza ancora un’ellisse come nel caso 3 ma stavolta è
molto schiacciata in quanto la tensione d’uscita è molto piccola. Il diagramma di
Bode della fase si ottiene ancora una volta per punti, al variare della frequenza.
Oscilloscopio a raggi catodici
23
© ing. electrics 2000/2001
fase di G
10^0
f/ft
-45°
-90°
Figura 26: diagramma di Bode della fase
ANALISI NEL DOMINIO DEL TEMPO
Scopo di tale tipo di analisi è studiare il comportamento in transitorio del circuito RC
ad ingresso a gradino. A tale scopo, per consentire la visualizzazione sullo schermo
delle forme d’onda in gioco, è necessario rendere periodico il transitorio, alimentando
il circuito con un’onda quadra che costituisce una successione continua di gradini,
facendo si che il condensatore si carichi e scarichi con continuità. È importante
osservare che anche in tal caso possono essere utilizzati, qualora necessario, le sonde
attenuate e il partitore resistivo.
Rg
R1
R
R2
Vi
C
V
OUT
Da questo si possono ricavare tutti i parametri della risposta al gradino (tempo di
salita, tempo di assestamento).
La figura presuppone che il semiperiodo dell’onda quadra sia tale che il transitorio si
esaurisca:
T
<< 4 ÷ 5τ
2
Oscilloscopio a raggi catodici
24
© ing. electrics 2000/2001
Se la frequenza è bassa (T/2 grande) il transitorio di carica e scarica si esaurisce,
viceversa ciò non si verifica.
v c (t)
E
T
2
t
T
-E
Figura 27
v c (t)
E
t
-E
Figura 28
All’aumentare della frequenza viene visualizzata un’onda quadra:
v c (t)
E
t
-E
Figura 29
Oscilloscopio a raggi catodici
25
© ing. electrics 2000/2001
Oscilloscopio digitale
Solo l’ingresso e l’uscita (schermata) sono di tipo analogico: un campionatore
campiona la tensione all’ingresso con un intervallo molto piccolo per consentire di
visualizzare frequenze molto elevate. Tali valori sono poi raccolti in un file dati e
trattati come informazioni digitali.
STUDIO DEL CIRCUITO RLC
Diciamo subito che mentre i capacitori reali si avvicinano molto a quelli ideali,
potendoli assumere con sufficiente approssimazione privi di perdite, gli induttori reali
presentano una resistenza interna non nulla e, per frequenze superiori a quella di
risonanza entrano in gioco anche le capacità parassite tra le spire. Osserviamo che in
realtà la resistenza R è piccola in quanto grossomodo coincide con la resistenza stessa
della bobina, dal momento che si cerca di non inserire altre resistenze nel circuito.
Pertanto, in condizioni di risonanza la corrente può essere molto intensa. Per tali
elementi si definisce il così detto fattore di bontà
QL=
ωL
RL
Che ha un andamento in funzione della frequenza simile a quello della figura sotto.
Collegando il circuito ad un generatore (a frequenza variabile e ampiezza costante) e
all’ingresso dell’oscilloscopio si presentano problemi analoghi a quelli già visti nel
caso del circuito RC.
Ø La resistenza del generatore Rg potrebbe modificare l’impedenza complessiva del
circuito RLC (che varia con la frequenza molto di più rispetto al caso del circuito
RC). A tale scopo si può usare il partitore resistivo. (vedi figura pagina seguente).
Ø Per evitare che l’ingresso dell’oscilloscopio carichi il circuito si può usare una
sonda compensata
L
Vi
Oscilloscopio a raggi catodici
R
C
26
Vout
© ing. electrics 2000/2001
f
Rg
R1
R
L
R2
C
Consideriamo la tensione d’uscita (prelevata ai capi del capacitore) in condizioni di
risonanza:
V&OUT , 0 =
1 &
1 E&
E&
I0 =
= − jω 0 L = − jQ L , 0 E&
jω 0 C
jω 0 C R
R
dove abbiamo indicato con ω0 e QL,0 rispettivamente la pulsazione di risonanza e il
fattore di qualità a tale frequenza. Dunque in tali condizioni, la tensione ai capi del
condensatore può assumere valori molto elevati. Ciò ovviamente è da tenere in
considerazione in fase di progetto, nel momento in cui si deve dimensionare
l’isolamento della capacità. L’induttore va invece realizzato con un conduttore non
troppo sottile per evitare che si bruci.
Osservazione: QL rappresenta un coefficiente di sovratensione, in quanto dà il valore
di V& OUT , 0 in funzione di E& .
La potenza reattiva è fornita agli elementi reattivi, durante il transitorio, dal
generatore; a regime il generatore fornisce sola potenza attiva e tali elementi
scambiano tra loro la Q. Se V& OUT , 0 > E& la Q non può essere fornita interamente dal
generatore, ma in tal caso l’induttore la fornisce alla capacità.
Oscilloscopio a raggi catodici
27
© ing. electrics 2000/2001
Analisi nel dominio della frequenza
Così come fatto per il circuito RC è possibile ricavare sperimentalmente i diagrammi
di Bode della funzione di trasferimento che è:
G ( jω ) =
V&0
=
V&I
1
jωC
R + jωL +
1
j ωC
=
1
RjωC − ω 2 LC + 1
Come si vede ha due poli che possono essere:
Ø Complessi e coniugati se (RC)2-4LC<0
Ø Reali e coincidenti se (RC)2-4LC =0
Ø Reali e distinti (RC)2-4LC>0
Nel caso di poli complessi e coniugati il diagramma del modulo è:
GdB
wn
w
Se all’ingresso del circuito è posta un’onda quadra con periodo sufficientemente
grande tutte le armoniche cadono nel primo tratto e nessuna delle armoniche è
amplificata, mentre aumentandone la frequenza alcune armoniche cadono nel picco di
risonanza e sono esaltate.
Se il circuito ha elevato fattore di qualità la banda d’amplificazione è molto stretta e il
modulo alla risonanza è molto alto: tutte le armoniche sono attenuate tranne la
fondamentale che, invece, è amplificata: in uscita si presenta quindi una tensione
praticamente sinusoidale.
Analisi nel dominio del tempo
Oscilloscopio a raggi catodici
28
© ing. electrics 2000/2001
Anche in questo caso possono essere presi gli accorgimenti già visti, pertanto
possiamo assumere bassa la resistenza interna del generatore e grande l’impedenza
all’ingresso dell’oscilloscopio.
Scopo dell’analisi nel dominio del tempo è, ancor una volta, studiare il transitorio
dovuto, ad esempio ad un ingresso a gradino d’ampiezza E costante, applicato
all’istante t=0.
Dall’analisi del circuito, fissate delle opportune condizioni iniziali si giunge al
seguente problema di Cauchy:
d 2i 1
 di
 R dt + L dt 2 + C i = E

i L (0 ) = i0
v (0 ) = v
0
 C

scritto nelle ipotesi di costanti concentrate, per cui non dobbiamo lavorare a
frequenze troppo elevate. Un altro limite alla frequenza è imposto dal fatto che si
vuole studiare un transitorio: dovendo questo esaurirsi in un tempo non troppo lungo,
la frequenza non può essere troppo alta.
Per lo studio del transitorio è sufficiente risolvere l’omogenea associata. La tensione
d’uscita, ai capi del capacitore, può avere un andamento con oscillazioni libere
smorzate:
V
U
t
Osservazione: ovviamente sull’oscilloscopio è visualizzato il transitorio di carica e
scarica della capacità e non quello dell’intero circuito.
Non è detto in realtà che ci siano oscillazioni smorzate: si osserva che le soluzioni
dell’equazione caratteristica sono:
Oscilloscopio a raggi catodici
29
© ing. electrics 2000/2001
2
λ1, 2
per cui, posto R C = 2
R
4
 R
=− ±   −
L
LC
L
L
:
C
Ø Se R>Rc le radici sono reali e distinte e si hanno due termini esponenziali del tipo
e λ t , e λ t che determinano un fenomeno aperiodico.
Ø Se R=Rc le radici sono reali e coincidenti del tipo e − λ t , teλ t che determinano ancora
un fenomeno aperiodico.
Ø Se R<Rc le radici sono complesse e coniugate e si ha il fenomeno oscillatorio
smorzato.
1
2
2
Oscilloscopio a raggi catodici
30
2
© ing. electrics 2000/2001