Peltier vs Joule - Dipartimento di Fisica

PROBLEMATICHE RIGUARDANTI IL RISCALDAMENTO DI
UN AMBIENTE UTILIZZANDO ENERGIA ELETTRICA
1 Riassunto
Ad un esame superficiale potrebbe sembrare che il metodo migliore per riscaldare un ambiente utilizzando energia
elettrica sia quello di sfruttare l’effetto Joule come avviene in una normale stufa elettrica. Per approfondire meglio il
problema viene realizzato un esperimento che mette a confronto un riscaldatore elettrico funzionante in base all’effetto
Joule e una “pompa di calore” che sfrutta l’effetto Peltier. Per facilitare il confronto entrambi i riscaldatori sono
alimentati da un generatore elettrico a potenza costante. Si può così constatare che, per trasferire in un ambiente la
stessa quantità di calore, l’energia elettrica consumata utilizzando un riscaldatore a effetto Joule risulta circa quattro
volte maggiore di quella consumata per azionare una pompa di calore a effetto Peltier.
2 Introduzione
Dal punto di vista didattico l’esperimento proposto, oltre ad evidenziare gli effetti termoelettrici e le relative leggi,
permette di approfondire i concetti termodinamici di reversibilità e irreversibilità di una trasformazione, di richiamare le
caratteristiche di una macchina termica ideale di Carnot e di confrontarle con quelle di una macchina reale che sfrutta
l’effetto Peltier.
Inoltre l’analisi del circuito elettrico dell’alimentatore a potenza costante mediante l’esame del suo schema a
blocchi, evidenzia il comportamento di un sistema a retroazione negativa.
3 Effetto Peltier e Seebeck
Un circuito elettrico costituito da due fili conduttori f1 ed f2 di diversa composizione chimica prende il nome di
“coppia termoelettrica”; ai capi di esso si manifesta una differenza di potenziale ΔV quando le due giunzioni A e B sono
portate a temperature diverse (vedi figura 1a). Il fenomeno prende il nome di effetto Seebeck dal nome del suo
scopritore (1822). Se invece la coppia termoelettrica è collegata ad un alimentatore e quindi il circuito è percorso da
corrente si osserva, oltre al calore che si sviluppa nei fili per effetto Joule, una cessione di calore da parte di una delle
due giunzioni, che pertanto tende a raffreddarsi, e una produzione di calore nell’altra giunzione, che pertanto tende a
scaldarsi (vedi figura 1b). Il fenomeno è reversibile, nel senso che se si inverte il verso della corrente si inverte anche il
flusso di calore. Il fenomeno prende il nome di effetto Peltier dal nome del suo scopritore (1834 ).
QA
A
f1
f1
A
i
ΔV
ΔVg
f2
f2
f1
f1
B
a)
B
b)
QB
figura 1 - Effetti Seebeck e Peltier
1
Le formule che descrivono questi due effetti termoelettrici sono:
ΔV = α ⋅ (T A − TB ) (effetto Seebeck)
1
dove α è un coefficiente (di Seebeck) che dipende dalla natura dei conduttori a contatto;
ΔQ = Π ⋅ i ⋅ Δt (effetto Peltier)
2
dove ΔQ è la quantità di calore che è passata da una giunzione all’altra nel tempo Δt e Π si chiama coefficiente di
Peltier.
I due fenomeni si possono ritenere l’uno l’opposto dell’altro; tra i due coefficienti α e Π vale la seguente semplice
relazione (come risulta da considerazioni termodinamiche):
Π =α ⋅T
3
dove T è la temperatura del termostato in contatto termico con la giunzione da cui viene assorbito il calore ΔQ .
I dispositivi basati sull’effetto Peltier finalizzati a realizzare un flusso di calore da un ambiente freddo ad uno più
caldo prendono il nome di “pompe di calore a effetto Peltier”.
L’uso recente di semiconduttori di tipo “p” e “n” ottenuto drogando opportunamente cristalli di tellurio di bismuto
ha migliorato notevolmente le prestazioni delle pompe di calore a effetto Peltier, che trovano ora applicazione in molti
campi. L’elemento base costitutivo di questo tipo di pompe di calore prende il nome di cella elementare Peltier ed è
rappresentato in figura 2. Esso è costituito da due coppie termoelettriche collegate in serie, una realizzata con un
semiconduttore di tipo p e l’altra con un semiconduttore di tipo n.
Pertanto le relazioni (1) e (2) quando riferite a una cella elementare Peltier vanno moltiplicate per un fattore 2.
LATO FREDDO
Isolante elettrico
Buon conduttore di
calore
Semiconduttore
di tipo p
Semiconduttore
di tipo n
LATO CALDO
Alimentatore in c.c.
figura 2 - Cella elementare Peltier
2
Una cella elementare Peltier si comporta, dal punto di vista elettrico, come un generatore di tensione V con in serie
una resistenza Ri (vedi figura 3).
Cella Peltier
Rp
B
ΔVp
A
figura 3 - Modello elettrico di una cella elementare Peltier.
Nell’uso pratico più celle elementari sono unite insieme (collegate elettricamente in serie e termicamente in
parallelo) a formare un modulo o cella Peltier. Le giunzioni che generano il freddo si trovano tutte dallo stesso lato
mentre quelle che producono caldo si trovano dal lato opposto. Sui due lati del modulo sono montate delle sottili lastre
di materiale ceramico che garantiscono l’isolamento elettrico ma consentono il trasferimento di calore da una faccia
all’altra.
GIUNZIONE FREDDA
N
P
N
P
N
P
N
P
GIUNZIONE CALDA
+
-
figura 4 - Modulo o cella Peltier costituito da N = 4 celle elementari
La cella Peltier utilizzata nell’esperimento è composta da N =71 celle elementari, ha le dimensioni (30×30×4)mm e
si presenta come in figura 5:
figura 5 - Tipica cella Peltier
3
4 Riscaldamento di un ambiente mediante l’effetto Joule
L’”ambiente” da riscaldare (vedi figura 6) è costituito da un blocchetto di alluminio di dimensioni (30x30x40)mm
e isolato termicamente dall’ambiente esterno, formato dall’aria circostante e da una lastra di alluminio a contatto
termico con l’aria attraverso numerose alette di raffreddamento.
termometro
Isolante
termico
Blocchetto di Al
Riscaldatore elettrico
a resistenza
i
Ambiente esterno
figura 6 - Riscaldamento a effetto Joule
Il riscaldatore consiste in una resistenza di nichelcromo di circa 1,79 Ω racchiusa in un involucro di alluminio (di
dimensioni quasi uguali a quelle del modulo Peltier che sarà utilizzato in seguito) posta a contatto termico col
blocchetto di alluminio.
Se C è la capacità termica dell’”ambiente” e P è la potenza erogata dal generatore si ha:
dQ = C ⋅ dT = P ⋅ dt
4
Se durante tutta la fase di riscaldamento la potenza elettrica viene mantenuta costante si ha, integrando:
T = TC +
P
⋅t
C
5
(con la condizione iniziale T=TC per t=0). La temperatura cresce con andamento lineare.
4.1 Caso numerico:
La capacità termica dell’ambiente da riscaldare (costituita dal blocchetto di alluminio e dal contenitore della
resistenza) vale
C = 96,8 J/K;
pertanto il tempo necessario per innalzare la sua temperatura da Ti = TC = 283K a Tf = TH =293K, operando con
una potenza costante di 2W, risulta di
484 s ≅ 8 min:
4
5 Riscaldamento di un ambiente mediante una cella Peltier
La pompa di calore a cella Peltier (vedi figura 7) è collegata termicamente, attraverso la faccia superiore,
all’ambiente da riscaldare costituito da un blocchetto di alluminio; attraverso la faccia inferiore, all’ambiente esterno dal
quale deve essere estratto calore mediante uno spessore di materiale buon conduttore termico (alluminio).
Si è fatto in modo che la capacità termica dell’ambiente da riscaldare risulti uguale a quella considerata nel
riscaldamento a effetto Joule.
termometro
Isolante
termico
Blocchetto di Al
Cella Peltier
Cavi di alimentazione
Conduttore
termico
Ambiente esterno
figura 7 - Riscaldamento con cella Peltier
In una cella Peltier che funziona da pompa di calore non tutto il lavoro elettrico compiuto dal generatore che
l’alimenta è utilizzato per trasferire calore dall’ambiente freddo a quello caldo; si hanno infatti delle perdite per
conduzione e per effetto Joule. Per quanto riguarda quest’ultima se la corrente i a cui opera la cella Peltier non è molto
elevata (i ≤ 1A) il calore sviluppato per effetto Joule nei fili conduttori non è sufficiente a portarli a una temperatura
maggiore di quella dell’ambiente da riscaldare e pertanto esso di riversa tutto nell’ambiente freddo, mentre, per correnti
più elevate (i ≅ 10A) esso è notevole e in grado di portare i fili a temperatura maggiore di quella dell’ambiente da
riscaldare. In tal caso una parte di tale calore contribuisce al riscaldamento dell’ambiente.
5.1 Scambi di calore in una cella Peltier
Nella figura 8 sono raffigurati gli scambi di calore che avvengono durante il funzionamento di una cella Peltier
usata come pompa di calore.
Ambiente caldo
TH
(1-η)dQj
dQH
dQτ
dL = ΔVg⋅i⋅dt
cella
ηdQj
dQC
Ambiente freddo
TC
figura 8 - Scambi di calore in un modulo Peltier operante come macchina frigorifera
5
Valgono le seguenti relazioni:
dQHtot = dQH + (1 − η ) ⋅ dQ j − dQτ
dQH + (1 − η ) ⋅ dQ j + η ⋅ dQ j = dL + dQC
6
7
che per η =1 si riducono alla:
1
dQHtot = dL − dQ j + dQC − dQτ
8
Le leggi di Seebeck e Peltier ci consentono di esprimere la quantità totale di calore fornita alla sorgente calda
(dQHtot) in funzione del salto di temperatura ΔT = TH − TC tra cui opera la cella, della corrente i che la attraversa e
dei parametri caratteristici della cella usata, i cui valori numerici dichiarati dal costruttore (Melcor Corporation) sono:
⎧α (coefficiente di Seebeck) = 2,0 ⋅ 10 −4 V/K
⎪
−2
⎪k (coefficiente di conduzione termica) = 1,5 ⋅ 10 W/(cm ⋅ K)
⎪
−3
⎨ ρ (resistività elettrica) = 1,0 ⋅ 10 Ω ⋅ cm
⎪G (rapporto tra sezione e lunghezza di una coppia termoelettrica) = 0,1cm
⎪
⎪ N (numero delle coppie termoelettriche di cui è composta la cella) = 71
⎩
9
Si ottiene pertanto:
ρ
⎧
⎫
dQHtot = ⎨ΔVg ⋅ i − 2 N ⋅ ⋅ i 2 + 2 N ⋅ α ⋅ i ⋅ TC − 2 N ⋅ k ⋅ G ⋅ (TH − TC )⎬ ⋅ dt
G
⎩
⎭
10
dove ΔVg⋅ i rappresenta la potenza immessa dal generatore nella cella; per le leggi di Seebeck e di Ohm essa può
essere posta nella forma (vedi figura 3):
⎡ρ
⎤
ΔV g ⋅ i = P = 2 N ⋅ ⎢ ⋅ i 2 + α ⋅ i ⋅ (TH − TC )⎥
⎣G
⎦
11
che sostituita nella (10) porta al risultato finale:
dQHtot = 2 N ⋅ (a ⋅ TH + b) ⋅ dt = C ⋅ dTH
12
con
⎧C = capacità termica dell' ambiente da riscaldare
⎪
⎨a = α ⋅ i − k ⋅ G
⎪b = k ⋅ G ⋅ T
C
⎩
13
Se si alimenta il modulo Peltier a potenza P = cost. il termine a , che dipende da i, dipende anche per la (11) da TH..
L’equazione differenziale (12) da integrare si complica e comporta una soluzione numerica per passi successivi.
1
La cella viene fatta operare con correnti di ≅ 1A
6
5.2 Caso limite
Nel caso limite ρ → 0 e k → 0 (resistività elettrica e conducibilità termica nulle, caso che non si può verificare in
pratica poiché la conduttività elettrica e termica di un metallo sono tra loro correlate, nel senso che un aumento della
conduttività elettrica comporta anche un aumento della conduttività termica) i coefficienti a e b si ridurrebbero a:
⎧a = α ⋅ i
⎨
⎩b = 0
14
e la (11) a:
P = 2 N ⋅ α ⋅ i ⋅ (TH − TC )
15
Si ha pertanto:
dQHtot = C ⋅ dTH = 2 ⋅ N ⋅ α ⋅ i ⋅ TH ⋅ dt =
P
⋅ TH ⋅ dt
TH -TC
16
che, posta nella forma:
dL = P ⋅ dt = dQ Htot ⋅ (1 −
TC
)
TH
17
viene a coincidere con la relazione che descrive il comportamento di una macchina frigorifera ideale di Carnot che
opera tra le due temperature TH e TC.
Se durante tutta la fase di riscaldamento la potenza elettrica immessa nella cella è mantenuta costante, integrando si
ottiene:
⎡
T ⎤
P ⋅ t = C ⋅ ⎢(TH − TC ) − TC ⋅ ln H ⎥
TC ⎦
⎣
18
5.2.1 Caso numerico
Con gli stessi dati utilizzati nel riscaldamento per effetto Joule (TH = 293K, TC = 283K, P = 2W, C = 96,8J/K ) si
ottiene:
t = 8,23 s
cioè un tempo di riscaldamento circa 60 volte inferiore!
7
5.3 Soluzione approssimata
Nel caso della cella Peltier usata nell’esperimento, se si opera nelle condizioni i ≅1A e ΔT<10K il primo termine a
secondo membro della (11) è preponderante rispetto al secondo2: ne consegue che se P è costante anche i e di
conseguenza i termini a e b risultano costanti.
L’integrazione analitica dell’equazione differenziale (12) diventa allora possibile ed è data dall’espressione:
t=
a ⋅ TH + b
C 1
⋅ ⋅ ln
2N a
a ⋅ TC + b
19
5.3.1 Caso numerico
Nell’approssimazione indicata in precedenza e con gli stessi dati utilizzati nel riscaldamento per effetto Joule la
corrente i e i coefficienti a e b risultano rispettivamente:
i = 1,19A; a = -1,26⋅10-3W/K; b = 0,424W;
e quindi il tempo t necessario a raggiungere la temperatura finale di TH = 293K a partire dal valore iniziale TC = 283K
assume il valore :
t ≅ 113 s
e quindi inferiore di un fattore 4,3 a quello ottenuto con il riscaldamento a effetto Joule.
5.4 Risultati sperimentali
Nella figura seguente è mostrato il dispositivo sperimentale: a sinistra è visibile l’alimentatore a potenza costante
con i due strumenti di misura amperometro e voltmetro; a destra si trovano i due blocchetti di alluminio, uno dei quali è
mostrato senza l’isolamento termico in polistirolo espanso, con i rispettivi termometri digitali. Essi sono appoggiati su
di un radiatore che costituisce l’ambiente freddo.
figura 9 - Apparecchiatura sperimentale
2
2N ⋅
ρ
G
⋅ i 2 = 1,42W; 2 N ⋅ α ⋅ ΔT ⋅ i = 0,28W
8
Di seguito vengono riportati i risultati delle misure ottenute sperimentalmente.
La Tabella 1 riporta le misure effettuate per verificare il corretto funzionamento del generatore a potenza
costante: per ogni valore della resistenza di carico RL si è misurata la corrente e la tensione ai suoi capi e si è calcolata
la potenza sviluppata in essa. Si può constatare che questa rimane costante entro l’1%.
RL [Ω]
0,82
1,29
1,76
2,23
2,70
3,17
3,64
4,11
ΔV [V]
1,34
1,70
1,98
2,22
2,44
2,64
2,82
2,99
IRL [A]
1,57
1,23
1,05
0,94
0,85
0,79
0,73
0,69
PR [W]
2,10
2,09
2,08
2,08
2,07
2,08
2,06
2,06
Tabella 1 – costanza di PRL al variare di RL
Nella Tabella 2 sono posti a confronto i risultati ottenuti utilizzando, per il riscaldamento di due blocchetti di
alluminio di eguali dimensioni, un riscaldatore a effetto Joule e un riscaldatore a effetto Peltier.
Riscaldatore a effetto Joule
Riscaldatore con modulo Peltier
t
T
ΔT
I
ΔVg
P
T
ΔT
I
ΔVg
P
ΔVP
RP
[s]
[°C]
[°C]
[A]
[V]
[W]
[°C]
[°C]
[A]
[V]
[W]
[V]
[Ω]
0
22,7
0,0
1,10
1,90
2,09
22,9
0,00
1,19
1,74
2,07
0,000
1,46
30
23,1
0,4
1,09
1,91
2,08
25,2
2,3
1,15
1,82
2,09
0,065
1,53
60
23,7
1,0
1,09
1,91
2,08
27,5
4,6
1,12
1,86
2,08
0,131
1,54
90
24,3
1,6
1,09
1,91
2,08
29,8
6,9
1,10
1,90
2,09
0,196
1,55
120
24,9
2,2
1,09
1,91
2,08
31,9
9,0
1,09
1,93
2,10
0,256
1,54
150
25,5
2,8
1,09
1,91
2,08
33,8
10,9
1,07
1,96
2,09
0,310
1,54
180
26,1
3,4
1,09
1,91
2,08
35,6
12,7
1,05
1,98
2,08
0,361
1,54
210
26,4
3,7
0,00
0,00
0,00
35,0
12,1
0,00
0,00
0,00
-
-
240
26,4
3,7
0,00
0,00
0,00
34,1
11,2
0,00
0,00
0,00
-
-
270
26,4
3,7
0,00
0,00
0,00
33,0
10,3
0,00
0,00
0,00
-
-
300
26,4
3,7
0,00
0,00
0,00
32,5
9,6
0,00
0,00
0,00
-
-
330
26,4
3,7
0,00
0,00
0,00
31,7
8,8
0,00
0,00
0,00
-
-
360
26,3
3,6
0,00
0,00
0,00
31,2
8,3
0,00
0,00
0,00
-
-
Tabella 2 - confronto tra il riscaldamento per effetto Joule e quello per effetto Peltier
9
Da tenere presente che entrambi i riscaldatori sono attivati per un tempo di 180 secondi, l’andamento della
temperatura è stato rilevato fino ad un tempo di 360 secondi .
ΔVp = 2⋅N⋅α⋅ΔT rappresenta la tensione di Seebeck ed Rp = (ΔVg - ΔVp) / I la resistenza ohmica della cella
Peltier utilizzata nell’esperimento.
5.5 Grafici
Confrontando tra loro i due grafici sperimentali contrassegnati con le lettere a e c ottenuti rispettivamente con
riscaldatore a effetto Joule e ad effetto Peltier si può constatare ad esempio che, per ottenere lo stesso aumento di
temperatura di 2 °C, con il primo riscaldatore sono necessari circa 110 secondi mentre con l’altro ne bastano 25 (con un
risparmio energetico di un fattore 4).
Gli altri grafici si riferiscono a calcoli teorici e precisamente il grafico b è ottenuto dall’equazione (5)
(riscaldamento a effetto Joule) , il grafico d al risultato dell’integrazione numerica dell’equazione (12), il grafico e
infine rappresenta l’andamento della temperatura secondo la formula (19).
10
6 Circuito elettrico dell’alimentatore a potenza costante
Il circuito è basato sull’utilizzo di un integrato, l’AD633 che svolge la funzione di moltiplicatore analogico; il
segnale in uscita w è infatti dato dal prodotto dei due segnali di ingresso ΔV1 e ΔV2 secondo la relazione:
w=
ΔV1 ⋅ ΔV 2
10V
20
Tale integrato, come risulta dalla figura 10 è inserito sulla rete di retroazione di un tipico circuito a retroazione
negativa.
+6V
+6V
Vref
P
100Ω
+
TIP122
A
V0
-
AD633
RL
ΔV1
R
W
×
+
G=10
ΔV2
C
Rε=0,1Ω
-
RL rappresenta il riscaldatore
Peltier o Joule
figura 10 - Schema del circuito dell’alimentatore a potenza costante
Note:
•
La tensione ai capi di RL e la corrente che la attraversa sono monitorate con un voltmetro e un amperometro.
•
I due amplificatori operazionali e l’AD633 sono alimentati con tensione duale ± 6V.
•
La rete ritardatrice RC (R = 10KΩ, C = 0,1 μF) aumenta la stabilità del sistema.
•
Il transistor Darlington TIP122 deve essere montato su un apposito radiatore: la caduta di tensione VD tra base
ed emettitore è di circa 1V.
•
L’amplificatore di guadagno A (A=2⋅105) è costituito da un amplificatore operazionale μA741.
•
L’amplificatore di guadagno G (G=10) è realizzato con un amplificatore operazionale μA741 inserito in una
opportuna rete di retroazione.
Le equazioni che descrivono il circuito sono:
11
i ⋅ R L + i ⋅ R ε = V0
i ⋅ R L ⋅ i ⋅ Rε ⋅ G
=w
10V
(Vref − w) ⋅ A = V0 + V D
21
22
23
Dalla (22) si ricava, per G = 10
i 2 ⋅ RL =
w
⋅ 1V
Rε
24
La potenza immessa nel riscaldatore risulta costante (e indipendente da RL) se w è costante. La costanza di w è
assicurata dalla terza equazione che, per A = 2⋅105 >>1 dà w=Vref.
12