NEPAL Dopo secoli di monarchia assoluta induista, dal 2007 il Nepal è uno Stato laico, passato dalla monarchia alla repubblica. La Costituzione provvisoria – approvata con la supervisione dell’ONU – vieta il proselitismo, ma consente a tutti i cittadini di manifestare la propria fede, anche con attività missionarie e caritatevoli. Secondo personalità ecclesiastiche, dalla fine della monarchia sono migliaia gli indù che si sono convertiti al cristianesimo e, ogni domenica, sono oltre 200 i non cristiani che assistono alla Messa nella cattedrale cattolica della capitale Kathmandu. Tuttavia, l’instabilità politica ed economica di questi ultimi anni, dovuta alla lotta di potere fra i partiti laici, ha rafforzato i movimenti indù che premono per il ritorno della monarchia e vogliono frenare in tutti i modi l’aumento delle conversioni. Dopo sei anni di relativa tolleranza verso i cristiani e altre fedi, il 15 maggio 2011 il Governo di coalizione guidato dal Partito comunista del Nepal (Unificato marxista-leninista), ha presentato una proposta di nuovo Codice penale bandisce il proselitismo per fermare le conversioni al cristianesimo e alle religioni diverse da induismo e buddismo. Secondo l’art. 160, infatti, chi predica o tenta di persuadere un cittadino a cambiare religione, rischia fino a 5 anni di carcere e multe superiori a 400 euro. L’eventuale entrata in vigore di queste nuove leggi, spaventa i cristiani, i musulmani e tutte le religioni diverse dall’induismo, tanto più che, tuttora, le minoranze religiose non hanno rappresentanti in Parlamento. Per molti, il nuovo Codice rischia di essere approvato senza il benestare dei cristiani e delle altre comunità confessionali e potrebbe essere strumentalizzato dagli estremisti indù. Da notare che i contenuti ipotizzati, sono anche in contrasto con l’art. 23 della Costituzione che garantisce a ciascun cittadino il diritto di professare qualsiasi credo. Rappresentanti delle minoranze cristiani, musulmane, bahai, tribali kirati e leader laici, hanno proposto una legge separata per la minoranze e la creazione di una Commissione per gli affari religiosi che garantisca i diritti delle fedi diversi dall’induismo e tuteli il diritto di ciascun cittadino indù a convertirsi a un’altra religione. Al momento della redazione di questo Rapporto, il Codice deve essere ancora approvato dal Parlamento e dal Presidente Ram Baran Yadav; è pendente anche la scrittura definitiva della nuova Costituzione, il cui termine di presentazione è stato prorogato al maggio 2012. Difficoltà per le minoranze religiose Pur proclamandosi laico e contrario alla suddivisione in caste della società, lo Stato subisce ancora una forte influenza dall’establishment indù, perché questa religione è, di fatto, tuttora considerata religione di Stato. Sono esempio di questa sudditanza, oltre alle leggi anticonversione, i divieti alla costruzione di cimiteri che obbligano cristiani, musulmani e tribali kirati, a seppellire i propri morti in terreni di fortuna oppure nelle tombe di altri defunti. Durante il 2011, cristiani, musulmani e indigeni di etnia kirati, hanno organizzato manifestazioni e scioperi della fame, per protestare contro le autorità del tempio indù di Pashupatinath (Kathmandu) che, praticando la cremazione dei morti, considerano l’inumazione un atto sacrilego. Da anni, esse ostacolano, anche in modo violento, le sepolture nella foresta di Slesmantak, situata nei pressi del tempio, ignorando un Decreto locale che autorizza le minoranze a utilizzare l’area come cimitero. Altra dimostrazione dell’influenza sociale dell’induismo è il divieto di macellare bovini – che sono sacri, secondo la tradizione indù – in pubblico. Amar Dhoj Tamang, della tribù tamang e vice-presidente del partito Tamsaling, ha raccontato che nell’agosto 2011 alcuni membri della sua etnia sono stati arrestati a Kathmandu, per aver ucciso e macellato una mucca1. I leader musulmani e cristiani sostengono che, negli ultimi anni, il numero dei nepalesi che si sono convertiti sia aumentato di diverse migliaia. La National Churches Fellowship of Nepal, la comunità protestante più grande del Paese, sottolinea che nella sola valle di Kathmandu, vi sono oltre 400 comunità cristiane con relative parrocchie. Le autorità della moschea di Kamia Masjid (Kathmandu), affermano che nel Paese vi sarebbero oltre 3.600 madrasse con associate altrettante moschee2. Persecuzione e restrizione dell’attività religiosa Cristiani Nel 2011 – dopo l’attentato, che causò morti e feriti, contro la cattedrale dell’Assunzione di Kathmandu del maggio 2009 rivendicato dal gruppo estremista indù Nepal Defence Army (NDA) – non si sono registrati gravi attacchi contro comunità cattoliche o protestanti, sebbene la polizia ne abbia sventato alcuni contro luoghi di culto cristiani ed edifici pubblici. Il 4 marzo 2011 gli agenti hanno arrestato sei persone giunte a Kathmandu da altri distretti del Nepal per far esplodere ordigni dentro edifici di culto cristiani3; dall’interrogatorio è emerso che i sei erano vecchi seguaci di Ram Prasad Mainali, leader del Gruppo arrestato alla fine del 2009, addestrati a costruire ordigni esplosivi. Il loro obiettivo era provocare più vittime possibili, diffondere il panico e poi estorcere denaro a politici e uomini d’affari, minacciando finti attentati estremisti a obiettivi sensibili come chiese, moschee ed edifici pubblici. Secondo la polizia, Mainali ha seguito di persona le operazioni attraverso un telefono cellulare, con cui minacciava le vittime; il 14 gennaio 2010 lo stesso Mainali aveva inviato una lettera a cristiani e musulmani, chiedendo perdono per le violenze commesse. Dal 22 al 28 novembre, membri dell’NDA hanno piazzato bombe nella sede della Unified Mission to Nepal (UNM), la più grande organizzazione protestante del Paese, il St. Xavier College di Maitighar, prestigioso istituto cattolico, e la Navajiwan Church a Kathmandu. Gli attentati non hanno provocato vittime4. Islamici In questi anni anche la comunità islamica è stata spesso bersaglio di attentati e l’ultimo grave, costato due morti, si è verificato il 26 aprile 2008 a Birantnagar. Il 2011 è stato segnato dalla morte di Faizan Ahamed, segretario generale della Federazione islamica nepalese, ucciso – per motivi tuttora sconosciuti – il 26 settembre davanti alla moschea di Ghantaghar (Kathmandu). Sebbene nessun gruppo abbia rivendicato l’assassinio5, leader religiosi ed esperti hanno 1 AsiaNews, 17/08/2011, Appello di cristiani, musulmani, buddisti e bahai contro le leggi anti-conversione. US Department of State, International Religious Freedom Report 2011, Nepal 3 AsiaNews, 05/03/2011 4 Assist News Service, 25 November 2012; AsiaNews, 30 November 2011 5 AsiaNews, 26/09/2011 2 lanciato accuse contro gli estremisti indù che avrebbero ucciso l’uomo per frenare l’approvazione della nuova Costituzione di taglio laico. I membri della Federazione islamica hanno denunciato di aver subito soprusi da parte della polizia, la quale, peraltro, invece di indagare negli ambiti dell’estremismo indù, ha preferito concentrare le indagini solo all’interno della Federazione, interrogandone i membri non come parte lesa, ma come possibili mandanti ed esecutori dell’omicidio. Nelle indagini non vi è alcun accenno a un possibile coinvolgimento dei gruppi radicali islamici. L’omicidio ha suscitato preoccupazione e dolore fra i musulmani, ma anche fra cattolici, protestanti, indù, buddisti e baha’i che hanno espresso la loro solidarietà e condannato il gesto. Buddisti Nel 2011, la condivisione della politica dell’«Unica Cina» da parte dei governi comunista e maoista nepalese, ha aumentato la persecuzione contro gli oltre 20mila buddisti tibetani in esilio. Con la caduta della monarchia nel 2006 e la salita al potere dei Partiti maoista (Unified Communist Party of Nepal) e leninista-marxista (Unified Marxist–Leninist), il Paese ha iniziato a stringere accordi economici con Pechino, vietando agli esuli ogni tipo di manifestazione anticinese. Già nel 2008, in occasione delle Olimpiadi di Pechino, il Governo aveva limitato le manifestazioni di dissenso, soffocandole con la forza. Arresti arbitrari, pestaggi e violenze si sono susseguiti in tutto il 2011. Il 13 febbraio la polizia ha interrotto le elezioni per la leadership del Chushi Gangdruk, ONG dei tibetani in esilio6. Gli agenti hanno fatto irruzione nella loro Sede, sequestrando le urne e mettendo a soqquadro i locali. Secondo i leader della comunità, l’azione è coincisa con la visita di un funzionario del Dipartimento di Stato Usa nella capitale e che intendeva esprimere il «sostegno continuo» del Governo statunitense ai rifugiati tibetani in Nepal. Meno di un mese dopo – il 10 marzo, giorno del 52esimo anniversario della rivolta tibetana – una giovane attivista è stata picchiata e stuprata da un soldato vicino al tempio buddista di Swoyambhunath (Kathmandu)7 per aver acquistato presso un negozio una bandiera del Tibet da utilizzare in una manifestazione. Il fatto ha provocato le proteste della comunità tibetana che ha tenuto una serie di sit-in sotto la sede della polizia di Kathmandu. Lo stesso giorno, ancora per contrastare le manifestazioni anticinesi, la polizia ha caricato e picchiato decine di esuli tibetani che avevano organizzato un incontro di preghiera nel tempio buddista di Bauddha (Kathmandu). Bilancio, 15 feriti8. Arresti e pestaggi contro gli esuli, si sono intensificati in aprile in vista delle elezioni del governo tibetano in esilio in India. Per non irritare Pechino, il Governo ha boicottato con ogni mezzo qualsiasi iniziativa elettorale, scatenando le critiche dell’Unione Europea. Il 7 aprile l’Unione ha poi approvato una risoluzione in cui afferma che «la partecipazione dei tibetani a elezioni democratiche è un diritto fondamentale di tutti i cittadini che deve essere accolto, protetto e garantito in ogni Stato democratico». Kathmandu ha rifiutato le accuse, sottolineando che concedere il diritto di voto ai tibetani andrebbe contro gli accordi economici e di politica estera stipulati con Pechino. Il 7 luglio, compleanno del Dalai Lama, la polizia ha vietato alla comunità tibetana qualsiasi tipo di festeggiamento. Il culmine è stato raggiunto meno di un mese dopo, il 5 agosto, quando la 6 The Tibet Post, 18/02/2011 AsiaNews, 10/03/2011 8 International Campaign for Tibet, Nepal police crackdown on March 10 commemoration in Kathmandu,11/03/2012. 7 polizia ha arrestato Thinley Lama, rappresentante ufficiale del Dalai Lama in Nepal e coordinatore del Tibetan Refugee Welfare Office di Kathmandu, dopo una conferenza organizzata dal leader religioso per sollecitare il rispetto dei diritti dei profughi tibetani9. Secondo fonti locali, Thinley è stato rilasciato dopo otto ore di interrogatorio. Prima del rilascio, gli agenti lo avrebbero invitato a moderare i toni e obbligato a segnalare in futuro alle autorità le iniziative del suo ufficio. In novembre, gli attivisti tibetani hanno organizzato proteste davanti all’ambasciata cinese per denunciare le continue auto-immolazioni di monaci tibetani nella provincia del Sichuan contro la repressione di Pechino. In totale, la polizia ha arrestato decine di persone; secondo gli agenti alcuni attivisti avrebbero tentato di darsi fuoco emulando il gesto dei giovani monaci10. Gli accordi economici tra Kathmandu e Pechino influenzano anche la gestione dei siti religiosi buddisti, fra tutti Lumbini, il luogo di nascita del Buddha. Il progetto – lanciato in dicembre dal Governo maoista e finanziato dall’UNESCO e da Pechino – prevede la trasformazione del sito da meta per i pellegrinaggi a luogo di turismo di massa, ignorando volutamente i valori religiosi e tradizionali del buddismo e creando alberghi, ristoranti e un aeroporto. La diffusione della notizia ha scatenato le proteste dei buddisti. L’8 dicembre migliaia persone fra monaci, leader politici e attivisti, hanno marciato dal Parlamento fino alla Sede delle Nazioni Unite per chiedere la cancellazione del progetto e il rispetto dei valori religiosi buddisti 11. Indù Restrizioni ai danni della maggioranza indù sono, invece, molto rari, sebbene la presenza di gruppi fondamentalisti contrari allo Stato laico abbiano spinto il Governo a un maggior controllo dei finanziamenti destinati a organizzazioni e associazioni religiose indù. Nel gennaio 2011 le autorità hanno annunciato una Legge che certificherà tutti i movimenti di denaro e le donazioni fatte dai fedeli durante celebrazioni ed eventi religiosi. Secondo il Ministero dell’interno, infatti, nella maggior parte di questi incontri vengono raccolte enormi quantità di denaro che non vengono registrate in alcun modo. La Legge servirà per monitorare tutte le entrate ed evitare il finanziamento dei movimenti radicali12. 9 Phayul, 06/08/2011. Afp, 01/11/2011 11 AsiaNews, 12/12/2011 12 AsiaNews, 21/01/2011 10