Borghesia e consumismo - Atlante digitale del `900 letterario

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Borghesia e consumismo
In venticinque articoli, strutturati in ordine
cronologico, quasi a sottolineare la parabola
degenerante degli oggetti della sua
riflessione, Pasolini articola una scandalosa e
profonda critica dell’Italia in cui vive,
dissacrandone il degradato, ma consolidato,
sistema culturale e identificando in questo la
causa della crisi sociale e politica. L’autore,
esprimendosi riguardo alla sua opera, la priva
di un’autorevolezza formale e prevaricante e
presenta il proprio percorso di analisi come
privo di influenze ideologiche. La critica
contenuta negli articoli di Pasolini negli Scritti
Corsari – la prima edizione è del 1975 e
raccoglie gli articoli apparsi sul «Corriere
della sera» – potrebbe comunque essere
erroneamente ritenuta faziosa o più
semplicemente tendente “a sinistra” come
suggerirebbero i suoi rapporti di vicinanza al
Partito Comunista Italiano e la sua ripetuta
critica degli ambienti di destra o liberali della
politica italiana dell’epoca.
Il chiarimento di questo equivoco è
necessario per la comprensione di un
pensiero
altrimenti
apparentemente
contraddittorio, essendo centrale nella
produzione
giornalistica
pasoliniana
il
rapporto dialettico, non necessariamente
opposto, tra destra e sinistra. L’impressione
di un Pasolini vicino alla sinistra coglie nel
segno se si supera la concezione puramente
politica di questo termine, concependo la
sinistra come puro amore per la libertà e la
destra come negazione di questa da tutti i
punti di vista. Nella lettura dell’opera, sin dai
primi articoli, si può notare infatti uno
spostamento d’interesse dalla sfera politica a
quella antropologica.
La destra e la sinistra, da sempre in un
rapporto di contrasto fra loro, trovando
l’unico punto di equilibrio nella borghesia, ora
vengono da questa inglobate e annichilite.
Ma la borghesia non va intesa comunemente
con il ceto medio. Per Pasolini la borghesia
ha in sé la realizzazione dell’ideologia
consumistica della società industrializzata ed
è quindi sociologicamente sinonimo di
omologazione.
Da qui si muove ad esempio la critica contro i
giovani ne Il Discorso dei capelli, in cui
l’autore assume una posizione fortemente
polemizzante nei confronti dei cosiddetti
“capelloni”. Pasolini individua in questa forma
di protesta non violenta il rifiuto da parte dei
giovani dei valori dei loro padri e quindi degli
ideali
a
loro
precedenti,
obbiettivi
comunemente ritenuti di sinistra, ma con una
natura di fondo profondamente di destra e
quindi violenta. Se infatti la protesta è non
violenta, tuttavia la negazione del dialogo è
intransigente e totale e il risultato è la nascita
di una sottocultura dogmatica tanto quanto il
sistema contro cui questa combatte. Questa
sottocultura dei “capelloni”, trovando il
proprio tratto caratterizzante in un fattore
semplicemente estetico, che viene reso
moda, sottrae qualsiasi connotato ideologico
alla protesta, rendendola sterile. Anche il
fascismo, profondamente distante dall’autore,
viene addirittura guardato con nostalgia
come qualcosa di innocuo in confronto al
conformismo consumistico, la cui forza
rivoluzionaria
e degradante
interviene
direttamente sull’interiorità dell’individuo.
Pasolini
chiarisce
perfettamente
il
coinvolgimento universale, non solo italiano,
della sua analisi in cui lascia trapelare anche
una vena di preoccupazione. L’omologazione,
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pure celata da un’apparenza estetica o
superficiale, è concepita infatti da Pasolini
come un fattore frenante per il progresso
stesso della società, nella quale ormai non si
può più distinguere, ad esempio, un vero
sentimento di protesta da una semplice
provocazione priva di finalità o sviluppi
concreti; come l’autore esprime chiaramente
nell’articolo
preso
in
considerazione:
«Insomma capii che il linguaggio dei capelli
lunghi non esprimeva più ‘cose’ di Sinistra,
ma esprimeva qualcosa di equivoco, DestraSinistra, che rendeva possibile la presenza di
provocatori. Una diecina d’anni fa, pensavo,
tra noi della generazione precedente, un
provocatore era quasi inconcepibile (se non a
patto che fosse un grandissimo attore):
infatti la sua sottocultura si sarebbe distinta,
anche fisicamente, dalla nostra cultura. […]
Ora questo non è più possibile: nessuno mai
al mondo potrebbe distinguere dalla presenza
fisica un rivoluzionario da un provocatore.
Destra e Sinistra si sono fisicamente fuse».
Quello di Pasolini è dunque un consumismo
intellettuale, concepito come un semplice
sperpero dei valori, delle idee e della libertà
razionalmente intesa.
Contributo
Arturo Annunziata,V B (L.C. Virgilio, Roma)
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