Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne Mammella Mammografia Si tratta di un’indagine radiologica della mammella effettuata con un’apparecchiatura dedicata, il mammografo. Il mammografo è costituito da: 1. Tubo radiogeno al molibdeno o al tungsteno 2. Braccio di supporto per il tubo radiogeno 3. Piano di appoggio per la mammella 4. Dispositivo di compressione della mammella, che consente di: ‐ Limitare la sfocatura geometrica (ingrandimento dell’oggetto esposto), per l’avvicinamento di tutte le strutture mammarie al recettore di immagine, con conseguente incremento della risoluzione spaziale. ‐ Ridurre lo spessore dell’organo, esaltando, così, il contrasto naturale esistente tra le diverse componenti della mammella. ‐ Impedire i movimenti, evitando, così, gli artefatti ad essi legati 5. Sistema automatico di esposizione (AEC) che, associato ad un’idonea compressione, permette una diminuzione significativa della dose assorbita dalla pz. 6. Alimentatore ad alta frequenza Fa sì che il tubo radiogeno eroghi un fascio di raggi X a bassa energia, rendendo così possibile l’utilizzo della gamma di tonalità di grigio apprezzabili dalla vista umana. 7. Sistema di rilevazione, analogico o digitale. ‐ Il sistema di rilevazione analogico è costituito da pellicole radiografiche accoppiate con schermi di rinforzo ai fosfori. Gli schermi di rinforzo agiscono assorbendo una frazione del fascio emergente di raggi X la cui energia viene convertita in luce fluorescente. La luce fluorescente impressiona l’emulsione (gelatina contenente grani di alogenuro di Ag) della pellicola radiografica, contribuendo alla formazione dell’immagine latente. Solo successivamente, per sviluppo e fissaggio della pellicola, l’immagine latente diventa reale. ‐ Poiché gli schermi di rinforzo ai fosfori riducono la risoluzione spaziale delle immagini – che deve essere necessariamente elevata per poter riconoscere le più fini alterazioni della struttura mammaria – vengono impiegate pellicole monoemulsionate, con un solo schermo di rinforzo. N.B. nel sistema analogico, la pellicola funge, non solo, da strumento di registrazione ma, anche, di visualizzazione ed archiviazione dell’esame. Nel sistema analogico, pertanto, acquisizione, visualizzazione ed archiviazione delle immagini costituiscono processi interdipendenti, di difficile ottimizzazione, con la conseguenza che un qualunque errore in uno degli anelli della catena mammografica porta, inesorabilmente, ad un risultato di qualità scadente (principale limite della mammografia analogica). Nel sistema digitale l’acquisizione delle immagini non avviene più tramite pellicole accoppiate con schermi di rinforzo bensì mediante un opportuno elemento detettore che trasforma il fascio emergente di raggi X in segnali elettrici. 1 WWW.SUNHOPE.IT Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne Tali segnali elettrici sono quindi elaborati sotto forma di immagini digitali, costituite da un numero finito di punti (pixel) a ciascuno dei quali è associato un valore numerico che ne rappresenta la luminosità. Si distinguono due modalità di digitalizzazione: Indiretta Diretta La procedura di digitalizzazione indiretta o Computer Radiography (CR) prevede che il fascio emergente di raggi X venga convertito in luce visibile e trasformato in segnale elettrico da uno schermo a fosfori fotostimolabili. Successivamente, un sistema laser di lettura traduce il segnale in immagine digitale (che, pertanto, non viene ottenuta in tempo reale). La procedura di digitalizzazione diretta o Digital Radiography (DR), invece, si avvale di differenti dispositivi di rilevazione che provvedono alla diretta registrazione digitale delle immagini, senza passaggi intermedi o meccanismi di scansione. Vantaggi della mammografia digitale rispetto a quella analogica sono: 1) Maggiore velocità di esecuzione (che consente un aumento del numero di esami l’ora) 2) Minor costo dell’indagine 3) Più alta risoluzione di contrasto 4) Possibilità di ottimizzare ogni fase di formazione dell’immagine dato che i sistemi di acquisizione e di elaborazione vengono mantenuti separati. 5) Possibilità di applicare sistemi di lettura computerizzati, come il CAD: computer‐aided detection, che assistono il radiologo nel riconoscimento di eventuali segni di patologia. 6) Possibilità di trasmissione a distanza delle immagini (telemammografia e teleconsulto). Principale svantaggio della mammografia digitale rispetto a quella analogica 1) Più bassa risoluzione spaziale (5‐10 vs 15 ‐20 pl/mm) 8. Griglia antidiffusione, di tipo mobile, per ridurre le radiazioni diffuse (radiazioni che sono state assorbite e diffuse dai tessuti, ma che hanno anche subito deflessioni. Tali radiazioni disturbano la visione nitida per due motivi: riduzione del contrasto; aggiunta di segnale privo di informazione utile, con conseguente annebbiamento dell’immagine). Il mammografo può essere inoltre dotato di accessori per la stereotassia, tecnica che rende possibile la localizzazione di una lesione nelle tre dimensioni dello spazio. Ciò è richiesto per guidare il prelievo cito/istologico di una lesione clinicamente non palpabile, ma visibile allo screening mammografico. N.B. La composizione istologica della mammella femminile varia nel corso degli anni: prima della menopausa, il tessuto adiposo è molto scarso; aumenta con l’età, fino a diventare il tessuto più rappresentativo dopo la menopausa. La mammella di una donna giovane, quindi, presenta una prevalenza della componente ghiandolare, che la rende molto densa (radiopaca) alla mammografia, con conseguente difficoltà di riconoscere eventuali lesioni. È questo il motivo per il quale, nelle donne giovani, non si pratica uno screening mammografico. Lo screening mammografico è infatti raccomandato: Nelle donne di età compresa tra 40 e 49 anni, con periodicità annuale, per la minore sensibilità della mammografia e per la minore durata della fase preclinica della malattia Nelle donne di età >/= 50 anni, con periodicità biennale 2 WWW.SUNHOPE.IT Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne Nelle donne asintomatiche, l’indagine viene eseguita con tecnica standardizzata: mammografia biproiettiva bilaterale che prevede l’acquisizione, per entrambe le mammelle, di mammogrammi in due proiezioni: ‐ Medio‐laterale obliqua ‐ Cranio‐caudale Nelle donne sintomatiche, o in caso di dubbio diagnostico, la mammografia biproiettiva bilaterale potrà essere completata con ulteriori proiezioni Nelle donne con protesi mammarie radiopache (silicone), è indicato il ricorso alla proiezione di Eklund, in cui la protesi viene spinta contro la parete toracica, fuori dal campo di vista. Elementi di semeiotica mammografica I diversi tipi di lesione riscontrabili alla mammografia sono: 1. Opacità Circoscritte Stellate Diffuse Delle opacità circoscritte bisogna valutare: Grado di radiopacità Una radiopacità medio‐bassa, infatti, viene più spesso osservata nel caso di lesioni benigne, come cisti e fibroadenomi; una radiopacità elevata, invece, è maggiormente indicativa di carcinoma. Margini che, se regolari e netti, depongono per la natura benigna della lesione Le opacità stellate appaiono come radiopacità irregolari, dotate di un nucleo centrale, da cui si dipartono spicule radiali. Rappresentano un reperto caratteristico di lesione maligna (più spesso di carcinoma duttale infiltrante). Le opacità diffuse, coinvolgenti, cioè, gran parte del parenchima mammario, possono essere associate a segni clinici di flogosi, ponendo un problema di diagnosi differenziale tra mastite acuta e mastite carcinomatosa. L’intenso ed esteso edema cutaneo, l’aspetto di grossolana reticolazione del sottocutaneo, il riscontro di microcalcificazioni o di linfoadenopatie ascellari indirizzano verso la malignità della condizione. 2. Distorsioni parenchimali Consistono in un’alterazione del normale orientamento di una zona mammaria, rispetto al capezzolo. Sono compatibili con una lesione traumatica o maligna. 3. Calcificazioni Sono entità radiopache amorfe, dovute alla precipitazione di sali di calcio nei tessuti mammari. Si parla di microcalcificazioni, se le radiopacità di tipo calcico sono submillimetriche. È detto cluster un raggruppamento di 5 o più microcalcificazioni in un’area di 1 cm2. 3 WWW.SUNHOPE.IT Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne N.B. Un raggruppamento di microcalcificazioni può assumere diversi aspetti morfologici, distinguibili secondo la classificazione di Madame Le Gal, in 5 tipi, correlati ad un rischio statistico crescente di cancro: ‐ Tipo 1: aspetto anulare del raggruppamento ‐ Tipo 2: aspetto rotondeggiante ‐ Tipo 3: aspetto pulviscolare ‐ Tipo 4: aspetto irregolare ‐ Tipo 5: aspetto vermicolare 4. Lesioni radiotrasparenti o miste Sono generalmente di natura benigna Ecografia mammaria Si effettua mediante sonde dedicate ad alta frequenza (7,5‐15 MHZ) che consentono di ottenere immagini con elevata risoluzione spaziale. Indicazioni 1. Screening del carcinoma della mammella in donne di età < 40 anni, asintomatiche, ma ritenute ad alto rischio di sviluppare il carcinoma perché portatrici di mutazioni deleterie dei geni BRCA1 e BRCA2 2. Studio di noduli mammari palpabili, in donne di età < 40 anni, nelle quali costituisce l’indagine strumentale di prima scelta, data la prevalenza della componente ghiandolare 3. Valutazione di noduli mammari palpabili in gravidanza, durante la quale viene preferita alla mammografia per motivi radioprotezionistici 4. Studio di lesioni palpabili o non palpabili, la cui immagine mammografica risulti sospetta per cisti (radiopacità circoscritta, omogenea, rotondeggiante o ovalare, a margini netti e regolari, con alone periferico radiotrasparente) 5. Valutazione di un nodulo palpabile, non visibile alla mammografia, che comunque rivela un aspetto denso della ghiandola 6. Studio della vascolarizzazione di noduli solidi, mediante color e power‐Doppler (un’ipervascolarizzazione è, infatti, segno di malignità) 7. Secrezione ematica dal capezzolo 8. Guida di prelievi cito‐istologici Il principale limite dell’ecografia mammaria risiede nell’incapacità di rilevare microcalcificazioni, segno fortemente predittivo, in mammografia, di forme precliniche di carcinoma. 4 WWW.SUNHOPE.IT Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne RM con bobina dedicata Indicazioni 1. Screening di donne ad alto rischio genetico‐familiare di carcinoma mammario (tipicamente portatrici di mutazioni deleterie dei geni BRCA1 e BRCA2 o comunque provenienti da famiglie con elevata frequenza di tumori mammari) 2. Valutazione di lesioni mammarie dubbie all’imaging convenzionale 3. Stadiazione locale di un tumore mammario, in caso di: ‐ Multifocalità (presenza, cioè, di più foci nello stesso quadrante o distanti meno di 2 cm), multicentricità (presenza, cioè, di più foci in quadranti diversi o distanti più di 2 cm), bilateralità della lesione, con l’intento di identificare ulteriori focolai neoplastici, data la maggiore sensibilità della RM rispetto all’imaging convenzionale (mammografia ed ecografia). La non altrettanto ottimale specificità richiede, tuttavia, una verifica dei reperti patologici riscontrati, mediante second look ecografico con FNAB eco‐guidato/biopsia RM‐guidata, qualora la lesione sia visibile alla sola RM. ‐ Diagnosi istologica di carcinoma lobulare infiltrante che, nel 20% dei casi, si dimostra multicentrico e bilaterale e che, nell’80% dei casi, è accompagnato da focolai addizionali di carcinoma lobulare in situ (LCIS) ‐ Sospetta infiltrazione neoplastica del muscolo pettorale e del capezzolo ‐ Discordanza dimensionale all’imaging tradizionale 4. Ricerca del tumore primitivo in soggetti con metastasi a carico dei linfonodi ascellari ma con mammografia ed ecografia negative (cup‐syndrome) 5. Determinazione del volume tumorale, prima e dopo chemioterapia neoadiuvante 6. Valutazione post‐chirurgica, per la DD tra cicatrice e recidiva neoplastica 7. Diagnosi di complicanze protesiche Fatta eccezione per lo studio delle protesi – praticato mediante sequenze T1 e T2 pesate, senza mdc, nei diversi piani dello spazio – in tutte le restanti indicazioni, la RM viene eseguita con la tecnica della scansione contrastografica dinamica che prevede: ‐ Scansione diretta iniziale ‐ Acquisizione di immagini per almeno 6‐8 min, dopo iniezione ev di un mdc paramagnetico vascolare/interstiziale (Gd‐DTPA) ‐ Sottrazione, a ciascuna immagine post‐contrasto, della corrispondente immagine diretta. La sottrazione di immagine mette in risalto i focolai di c.e. dei quali si valuteranno le caratteristiche morfologiche e dinamiche, mediante l’elaborazione di curve intensità/tempo. In presenza di una lesione mammaria, suggestivo di benignità è un c.e. lento, graduale e tardivo suggestivo di malignità è un c.e. rapido e marcato, con lento wash‐out del mdc 5 WWW.SUNHOPE.IT Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne Specifiche condizioni Nodulo mammario palpabile Le lesioni nodulari della mammella possono essere di natura benigna o maligna. Tra le lesioni nodulari benigne rientrano: 1. Cisti singola o multipla 2. Fibroadenoma 3. Adenoma del capezzolo 4. Tumore filloide 5. Lipoma e fibroadenolipoma Tra le lesioni nodulari maligne rientra il carcinoma invasivo con le sue varie forme. N.B. Nelle donne giovani, sotto i 40 anni, la patologia benigna è prevalente. Con il progredire dell’età, la patologia maligna si fa sempre più frequente, fino ad divenire la principale causa dei noduli mammari scoperti dopo i 50 anni. L’indagine di I livello, nelle donne con nodulo palpabile della mammella, varia in rapporto all’età: Nelle donne di età < 40 anni, con nodulo palpabile della mammella si preferisce effettuare, in prima istanza, un’ecografia mammaria per: 1. Prevalenza della componente ghiandolare, che rende la mammella molto densa (e quindi radiopaca) alla mammografia, con conseguente difficoltà di riconoscere eventuali lesioni (riduzione della sensibilità dell’indagine fino al 40%) 2. Bassa incidenza di tumori maligni in questa fascia d’età 3. Maggiore radiosensibilità delle giovani donne L’indagine ecografica permette di distinguere lesioni solide da lesioni cistiche e, in presenza di una lesione cistica, tra: ‐ Cisti semplice ‐ Cisti complessa Caratteri ecografici tipici di una cisti semplice sono: ‐ Contenuto anecogeno ‐ Margini netti e regolari ‐ Rinforzo di parete posteriore Le cisti mammarie semplici sono sempre benigne e non necessitano di ulteriori accertamenti. Eventualmente, il contenuto della cisti può essere aspirato, con richiesta di un esame citologico del liquido nei casi in cui questo risulti ematico o sieroematico. Le cisti complesse, dotate cioè di componenti solide endocistiche, potendo anche essere maligne, richiedono, invece, ulteriori accertamenti. Per quanto riguarda le lesioni mammarie solide, va detto che nessun criterio ultrasonografico permette di differenziare, con certezza, lesioni benigne da lesioni maligne. Pertanto, in presenza di un reperto ecografico di cisti complessa o di nodulo solido della mammella, l’iter diagnostico deve proseguire con una mammografia seguita, qualora fornisca reperti indicativi di carcinoma, da un prelievo citologico (FNAB) o istologico (CNB). Qualora, invece, il reperto mammografico sia dubbio, può essere utile un approfondimento diagnostico mediante RM eseguita con la tecnica della scansione contrastografica dinamica. 6 WWW.SUNHOPE.IT Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne Nelle donne di età > 40 anni, con nodulo palpabile della mammella, come indagine strumentale di I livello, ci si avvale di una mammografia. La mammografia andrebbe effettuata ponendo un repere radiopaco in corrispondenza del nodulo palpabile per assicurarsi che esso venga incluso nel radiogramma e per stabilire se ad esso corrisponda una precisa alterazione mammografica. Alla mammografia, si valutano: ‐ Caratteristiche morfologiche della lesione ‐ Multifocalità o multicentricità della stessa ‐ Eventuale presenza di alterazioni sospette nella mammella controlaterale Se la mammografia fornisce reperti indicativi di malignità (opacità stellate, distorsioni parenchimali, clusters di microcalcificazioni irregolari e vermicolari), la lesione deve essere sottoposta ad un prelievo citologico mediante agoaspirazione con ago sottile (FNAB) oppure ad un prelievo istologico mediante biopsia percutanea con ago da 10‐14 G (CNB: core needle biopsy). L’esecuzione di tali procedure va effettuata sotto guida strumentale (ecografia o mammografia stereotassica). Se l’immagine mammografica della massa palpabile depone, invece, per una cisti (radiopacità circoscritta, omogenea, rotondeggiante o ovalare, a margini netti e regolari, con alone periferico radiotrasparente), è indicata l’esecuzione di un’ecografia mammaria. L’ecografia conferma l’eventuale presenza di una cisti e consente la distinzione tra: ‐ Cisti semplice, totalmente anecogena ‐ Cisti complessa, con componenti solide endocistiche Le cisti semplici sono sempre benigne e non necessitano di ulteriori accertamenti. Le cisti complesse, invece, potendo anche essere maligne, vanno sottoposte ad una FNAB. L’ecografia è inoltre indicata in donne con massa palpabile e mammografia negativa per lesioni focali, ma che evidenzi un aspetto denso della ghiandola. Carcinoma della mammella Le neoplasie maligne della mammella, nel 99% dei casi, consistono in tumori epiteliali – adenocarcinomi – originanti dall’unità terminale duttulo‐lobulare. Di questi, il 90% è duttale; il 10%, lobulare. Vengono classificati come infiltranti o in situ, a seconda che oltrepassino o meno la membrana basale epiteliale. N.B. Le forme lobulari presentano un’elevata tendenza alla multifocalità, alla multicentricità e bilateralità. Il carcinoma mammario, sebbene possa manifestarsi ad ogni età, ha un picco di incidenza in epoca peri‐ e post‐menopausale. In fase precoce, risulta asintomatico e può essere scoperto mediante screening* condotto con visita senologica e mammografia. Alla mammografia, segni precoci di malignità sono: Clusters di microcalcificazioni, soprattutto se con aspetto morfologico irregolare o vermicolare Piccole lesioni radiopache spiculate Sottili distorsioni dell’architettura mammaria 7 WWW.SUNHOPE.IT Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne Per le lesioni non palpabili che, allo screening mammografico, abbiano mostrato segni precoci di malignità, è indicata l’esecuzione di un FNAB o di una CNB sotto guida mammografica stereotassica oppure, già in prima istanza, di una biopsia chirurgica escissionale. La biopsia chirurgica escissionale può essere guidata da: ‐ posizionamento di un repere metallico quanto più vicino possibile alla lesione mammografica evidenziata; ‐ tecnica radioisotopica, denominata ROLL (Radioguided Occult Lesion Localization) La tecnica ROLL prevede l’inoculazione intra‐lesionale di macroaggregati di albumina colloidale marcata con 99Tc, di diametro superiore a quello delle molecole usate dalla tecnica del linfonodo sentinella. Ciò consente di evitare la migrazione del radiocolloide dalla sede di iniezione e di localizzare, in sala operatoria, mediante gamma‐camera, la lesione, che così può essere asportata, anche non essendo palpabile. Quando clinicamente manifesto sotto forma di una nodulo mammaria palpabile, in prima istanza, ci si avvale di una mammografia. STADIAZIONE Il carcinoma della mammella viene stadiato secondo il sistema TNM, in cui: ‐ la T, si riferisce alle dimensioni ed all’estensione locale della neoplasia ‐ l’N, al coinvolgimento di linfonodi regionali (in questo caso rappresentati dai linfonodi ascellari, mammari interni e sopraclaveari) ‐ l’M, alla presenza o meno di metastasi a distanza (in questo caso, le sedi più colpite sono scheletro, polmone, pleura e fegato) Per la definizione del parametro T, ci si avvale, essenzialmente, dei reperti offerti dalla mammografia. L’impiego di una RM è indicato in caso di: 1. Multifocalità (presenza, cioè, di più foci nello stesso quadrante o distanti meno di 2 cm), multicentricità (presenza, cioè, di più foci in quadranti diversi o distanti più di 2 cm), bilateralità della lesione, con l’intento di identificare ulteriori focolai neoplastici, data la maggiore sensibilità della RM rispetto all’imaging convenzionale (mammografia ed ecografia). La non altrettanto ottimale specificità richiede, tuttavia, una verifica dei reperti patologici riscontrati, mediante second look ecografico con FNAB eco‐guidato/biopsia RM‐guidata, qualora la lesione sia visibile alla sola RM. 2. Diagnosi istologica di carcinoma lobulare infiltrante che, nel 20% dei casi, si dimostra multicentrico e bilaterale e che, nell’80% dei casi, è accompagnato da focolai addizionali di carcinoma lobulare in situ (LCIS) 3. Sospetta infiltrazione neoplastica del muscolo pettorale e del capezzolo 4. Discordanza dimensionale all’imaging tradizionale Per la definizione del parametro N, ci si affida, innanzitutto, ad esame clinico ed ecografia attraverso cui vengono esplorate le stazioni linfonodali ascellari. Nelle pz con linfonodi ascellari clinicamente ed ecograficamente indenni, candidate all’intervento chirurgico, la scelta di effettuare o meno una linfoadenectomia ascellare totale viene guidata da una linfoscintigrafia intra‐operatoria associata a biopsia del linfonodo sentinella. 8 WWW.SUNHOPE.IT Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne La tecnica prevede la rilevazione intraoperatoria, mediante gamma camera portatile, della radioattività emessa da nano‐colloidi di albumina marcata con 99Tc, iniettati in regione peritumorale. Ciò consente di identificare il primo linfonodo lungo la via di drenaggio linfatico della lesione, che viene asportato e sottoposto ad esame istologico estemporaneo. L’assenza di metastasi in tale linfonodo – “sentinella” appunto – consente di ritenere non metastatici anche il linfonodi successivi e, quindi, di evitare una dissezione completa dei linfonodi ascellari. Per quanto riguarda la definizione del parametro M, ‐ Metastasi scheletriche sono documentabili, con un’elevata sensibilità, da una scintigrafia ossea statica total‐body che si avvale di traccianti osteotropi (come il MDP) marcati mediante 99Tc. ‐ Metastasi polmonari e pleuriche vanno ricercate, in prima istanza, attraverso un esame radiografico standard del torace. Il ricorso, in seconda istanza, ad una TC del torace è indicato quando, a fronte di un esame radiografico standard del torace negativo, l’eventuale riscontro di piccole lesioni polmonari secondarie modificherebbe la prognosi e la terapia del pz; in pz con una metastasi polmonare apparentemente isolata, che potrebbe essere resecata chirurgicamente; per meglio dimostrare un quadro di linfangite carcinomatosa ‐ Metastasi epatiche sono da ricercare, in prima istanza, mediante un’ecografia epatica. L’impiego, in seconda istanza, di una TC con mdc è indicato per stabilire, con maggiore accuratezza, numero e distribuzione delle metastasi epatiche, qualora venga ipotizzato un loro trattamento chirurgico o radiologico interventistico. Una RM si dimostra essere utile nei casi in cui la TC non consenta di dirimere il dubbio tra metastasi ed eventuali lesioni benigne concomitanti (come angiomi ed iperplasia nodulare focale). Nell’ambito della procedura stadiativa, una PET o, meglio, una PET/TC è indicata in: 1. Donne con carcinomi della mammella localmente avanzati, per l’alta probabilità di metastasi a distanza 2. Donne con lesione metastatica, polmonare o epatica, potenzialmente trattabile, perché singola all’imaging tradizionale. 9 WWW.SUNHOPE.IT Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne RISTADIAZIONE Per ristadiazione, s’intende la rivalutazione dello stadio della neoplasia dopo trattamento. In seguito ad un intervento chirurgico radicale, la procedura di ristadiazione deve essere avviata qualora le indagini di follow up pongano il sospetto di una recidiva della neoplasia. Il sospetto che la neoplasia abbia recidivato, dopo intervento chirurgico radicale, può ad esempio sorgere per l’aumento dei markers tumorali, come il CEA ed CA 15.3, periodicamente dosati durante il follow‐up. Il tumore è in grado di recidivare sia localmente che con metastasi linfonodali ed a distanza. La ricerca di una recidiva locale avviene innanzitutto mediante esame clinico, mammografia ed ecografia. Nei casi di difficile diagnosi differenziale tra recidiva e cicatrice chirurgica, ci si può avvalere di una RM con scansione contrastografica dinamica che prevede: ‐ Scansione diretta iniziale ‐ Acquisizione di immagini per almeno 6‐8 min, dopo iniezione ev di un mdc paramagnetico vascolare/interstiziale (Gd‐DTPA) ‐ Sottrazione, a ciascuna immagine post‐contrasto, della corrispondente immagine diretta. La sottrazione di immagine mette in risalto i focolai di c.e. dei quali si valuteranno le caratteristiche morfologiche e dinamiche, mediante l’elaborazione di curve intensità/tempo. Da ciò deriva la possibilità di identificare aree di neovascolarizzazione, riferibili a recidive. La metodica ha una tuttavia una bassa specificità nella valutazione precoce della mammella trattata, quando i fenomeni riparativi sono ancora floridi. Per ottenere una maggiore specificità è necessario rispettare, dopo chirurgia conservativa, un preciso intervallo di tempo dal trattamento adiuvante (6 mesi dalla chemioterapia e 12 mesi dalla radioterapia). Per la ricerca di recidive a distanza, vengono impiegate: ‐ Scintigrafia ossea statica total‐body ‐ Esame radiografico standard ‐ Ecografia dell’addome Qualora, nel sospetto di recidiva della malattia, l’imaging convenzionale si dimostri negativo o dubbio, è indicata l’esecuzione di una PET‐FDG o, meglio, di una PET‐TC. Tale indagine consente infatti di: ‐ Distinguere tra recidiva locale e fibrosi, non potendo esserci captazione in assenza di cellule. ‐ Escludere la presenza metastasi linfonodali ed a distanza, qualora non si riscontrino focolai di patologica ipercaptazione dell’FDG, essendo il VPN della metodica particolarmente elevato. VALUTAZIONE DELLA RISPOSTA ALLA CHEMIOTERAPIA (indicata con finalità citoriduttiva in donne affette da carcinoma mammario localmente avanzato e con l’intento di prolungare la sopravvivenza in donne affette da malattia metastatica) Per valutare la risposta alla terapia ci si può avvale di una RM, basandosi sulla variazione del volume tumorale. Tuttavia, l’indagine che più precocemente permette di stabilire la risposta del tumore alla chemioterapia è la PET‐FDG. Ciò dipende dal fatto che la captazione del FDG, in caso di risposta, si riduce prima che la diminuzione del volume neoplastico divenga apprezzabile mediante metodiche morfo‐strutturali. La risposta alla chemioterapia è valutabile, mediante PET‐FDG, già dopo soli 2 o 3 cicli, consentendo di predire il risultato finale del trattamento, in base all’entità della riduzione della captazione dell’FDG. 10 WWW.SUNHOPE.IT Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne *Screening del ca della mammella Ha lo scopo di ridurre la mortalità correlata al tumore, attraverso una diagnosi precoce. Si avvale di esame clinico e mammografia, da effettuare in donne di età compresa tra 40 e 49 anni, con cadenza annuale; in donne di età >/= 50, con cadenza biennale. Nelle donne che presentano un alto rischio genetico‐familiare di carcinoma mammario, perché portatrici di mutazioni deleterie dei geni BRCA1 e BRCA2, lo screening deve essere iniziato partendo da un’età di 10 anni inferiore a quella d’esordio dei casi familiari più precoci. ‐ Dai 18 ai 40 anni, prevede: visita senologica ed ecografia, ogni 6 mesi; RM, ogni anno. ‐ Dai 40 in poi, visita senologica ed ecografia ogni 6 mesi; mammografia e RM, ogni anno 11 WWW.SUNHOPE.IT