Gli archi e le volte in muratura, per la loro stabilit devono essere

ESSEBI S.r.l
DETERMINAZIONE
TENSIONAMENTO
CATENE IN OPERA
Metodologia
Formulazioni teoriche
Applicazione pratica
Strumentazione
Confronto dati sperimentali e teorico-numerici
18 febbraio 2006
V.le Giulio Agricola, 130 – 00174 Roma
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Robustae mentis esse
Solidam sapientiam sustinere
PREMESSA
Gli archi e le volte in muratura, per la loro stabilità devono essere soggette esclusivamente a
tensioni interne di compressione, che non superino il carico di sicurezza del materiale costituente.
Inoltre le azioni inclinate da esse esercitate, componendosi con i carichi verticali, non devono
indurre nei sostegni stessi sforzi di trazione in tutte le sezioni, dalla sommità alle fondazioni, né
scorrimento sul piano orizzontale, né ribaltamento. Per ottenere questo, data l’incapacità delle
strutture murarie di resistere a sforzi di trazione, occorre dare a tali strutture forme e dimensioni
rapportate ai carichi gravanti e alle condizioni di vincolo.
Quando però non esistono sufficienti masse murarie di spalla, atte a convogliare le spinte entro
il nocciolo della sezione di spiccato delle medesime, è necessario ricorrere alla creazione di speroni
murari o alla messa in opera di catene metalliche, cui andranno fatte assorbire le spinte. Tale
situazione si presenta molto di frequente nei porticati ad arco, posti ai piani inferiori di antichi
edifici. Nei pilastri, o colonne, terminali la spinta, non risultando equilibrata da arcate successive,
tende a spostare verso l’esterno il piedritto, comportando seri pericoli di dissesto per
pressoflessione.
Per l’irrobustimento delle spalle degli archi è spesso difficoltoso, se non impossibile, ricorrere
alla costruzione di speroni in muratura, per cui risulta inevitabile ricorrere alla messa in opera di
tiranti metallici. Nei casi in cui non si vuole turbare l’estetica della costruzione, detti tiranti vengono
disposti al di sopra della chiave dell’arco e all’interno dello stesso (tiranti estradossati). Trovandosi
a quota superiore di quella del centro di spinta, gli interventi con tiranti estradossati sono senza
dubbio meno efficaci di quelli con tiranti a vista, posti all’altezza del centro di spinta.
Quest’ultimi, pur essendo maggiormente funzionali, sono poco accettabili esteticamente nelle
volte a botte e negli archi e ancor meno nelle volte a crociera e a padiglione. Nelle volte a crociera
infatti dovrebbero essere disposti diagonalmente, o, perimetralmente, all’altezza delle reni, mentre
in quelle a padiglione dovrebbero incrociarsi all’interno del locale per eliminare le spinte che
sollecitano non uniformemente i muri perimetrali. Nel caso di volte a botte sono previsti più tiranti,
sempre in corrispondenza delle reni, distanziati in rapporto allo spessore dei muri che sostengono la
volta. Infatti a ciascun tirante viene affidato il compito di neutralizzare la spinta della parte di volta
gravante sul tratto di muro compreso tra i punti medi degli interassi di tre tiranti contigui: se questo
muro è sottile, è piccola la superficie del cono di punzonamento del capochiave ed elevati gli sforzi
di flessione sul piano orizzontale a cui è sottoposto il muro tra due tiranti successivi.
Il dimensionamento dei tiranti (o catene), che possono essere messi in opera a caldo o a freddo,
muove a partire dall’entità della spinta e del carico di sicurezza dell’acciaio impiegato. Nelle
costruzioni antiche, soprattutto in fase di risanamento e ristrutturazione, risulta di estrema
importanza conoscere i reali sforzi assiali agenti sulle catene presenti e messe in opera in epoche e
circostanze diverse. Infatti, siano esse previste nello schema originario dell’edificio, o siano esse
state introdotti nell’ambito di successivi interventi di consolidamento, sono intimamente legate alle
vicende statiche del manufatto. Conoscere le reali sollecitazioni cui dette catene sono sottoposte,
potrà permettere di determinare le effettive condizioni di esercizio con il vantaggio di implementare
eventuali interventi migliorativi nel modo più mirato possibile,
La prova, oggetto della presente pubblicazione, consente di determinare lo stato di
sollecitazione di trazione mediante l’esecuzione di prove statiche di carico, attraverso la
misurazione di abbassamenti e deformazioni e prove dinamiche, tramite lo studio delle frequenze
delle oscillazioni libere, funzione del tiro cui sono soggette le catene.
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METODOLOGIA
La conoscenza del tiro al quale sono sottoposte le catene costituisce un elemento estremamente
utile al fine di individuare le condizioni di equilibrio della struttura esaminata, determinandone la
reale situazione statica. D’altronde la determinazione sperimentale di uno stato di tensione di un
struttura in opera risulta di estrema difficoltà in quanto ciò che si riesce usualmente a fare, nel
campo delle misure e della diagnostica, è determinare le variazioni delle grandezze fisiche di
interesse a partire da un dato istante (istante zero o di inizio della misura). Determinare, per
esempio, qual’è il tasso cui sta lavorando una barra di armatura di una trave è praticamente
impossibile; agevole risulta invece la misura della variazione di tensione, provocata da una
variazione delle cause, a partire da un determinato istante, da quando cioè si è deciso di strumentare
l’elemento strutturale. In sostanza non si riesce ad avere una misura assoluta della tensione (nel caso
specifico della tensione, ma il concetto è estendibile alla stragrande maggioranza delle grandezze
fisiche), ma soltanto una misura relativa, a partire da un certo istante e da certe condizioni di
vincolo e carichi esterni. Va da se che se si strumenta l’elemento strutturale a partire dalla sua
realizzazione, ogni variazione relativa misurabile da quel momento, quando non sono presenti né
carichi permanenti, né carichi accidentali, è da intendersi a tutti gli effetti come misura assoluta.
Da ciò deriva che nell’ambito delle strutture esistenti, non avendo effettuato installazioni
preventive di sistemi di controllo, risulta sovente impossibile determinare sperimentalmente il reale
stato di sollecitazione cui i vari elementi che le compongono sono soggetti.
Nel caso delle catene di archi e volte, si può ovviare a quanto sopra ricorrendo ad un metodo
combinato (statico e dinamico) in cui si misurano le frecce causate da carichi noti, applicati nelle
mezzerie e le frequenze proprie, corrispondenti ai primi moti propri, provocate da carichi impulsivi
applicati con il martello strumentato.
Ricorrendo a formule chiuse o, meglio ancora, a modellizzazioni con il metodo agli elementi
finiti, possono essere individuati, per corrispondenza sperimentale-teorica, i tiri che danno gli stessi
valori delle frecce e delle frequenze caratteristiche. La doppia verifica, e di conseguenza
determinazione del tiro, in campo statico e dinamico, con teorie e formule diverse, consente la
determinazione della forza assiale nelle catene con una maggiore attendibilità.
FORMULAZIONI TEORICHE
Dalla scienza delle costruzioni e dalla meccanica delle vibrazioni si hanno espressioni, in forma
chiusa, sia statiche che dinamiche, che consentono di correlare il tiro, in senso longitudinale, alla
freccia statica, o deformazioni, e alle frequenze corrispondenti ai primi modi di vibrare della catena.
Dette metodologie, sia statiche che dinamiche, si basano su ipotesi di vincolo estreme, di aste
perfettamente incastrate o, in alternativa, incernierate agli estremi. Qualora ci si trovi ad esaminare
incatenamenti presenti in vecchi edifici (come accade nella stragrande maggioranza dei casi), di cui
non siano note le reali condizioni di ancoraggio, risulta difficile fare una stima esatta della
situazione di vincolo effettiva. Ulteriori fattori variabili utili ai fini dell’esame, oltre al grado di
vincolo, sono gli spessori della muratura, la forma e le dimensioni dei capochiavi e delle catene e
gli stati tensionali presenti nelle porzioni murarie di attestazione dei tiranti. L’attendibilità dei
risultati forniti è legata alla definizione di una banda, all’interno della quale è compreso il valore
effettivo.
Tirante soggetto a carico statico trasversale
Se un tirante è soggetto all’azione di forze di trazione S (lungo il suo asse) e ad un carico
trasversale P, dall’integrazione dell’equazione della linea elastica, con le opportune condizioni al
contorno derivanti dalle modalità di vincolo agli estremi, si possono ricavare le espressioni relative
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al massimo abbassamento ed al massimo momento in mezzeria. Volendo considerare anche l’effetto
del peso proprio q della catena e facendo riferimento ad una condizione di vincolo di carrellocerniera si ha:
ymax =
P ⋅ l 3 u − tghu 5 q ⋅ l 4
⋅ ϕ1 (u) 1)
⋅
+
⋅
48 ⋅ E ⋅ J 1 ⋅ u 3
384 E ⋅ J
3
e
M max =
P ⋅ l tghu q ⋅ l 2
⋅
+
⋅ Ψ1 (u )
4
u
8
2)
in cui:
1
u2
−1 +
2
ϕ1 (u ) = cosh u
5
( )⋅u4
24
e
Ψ1 (u ) =
2 ⋅ (cosh u − 1)
u 2 ⋅ cosh u
con
u=
p ⋅l
2
p=
S
E⋅J
e
Le formule, sopra riportate, relative alla freccia e al momento massimi, in mezzeria, sono quelle
classiche per un elemento trave, doppiamente appoggiato, a meno di fattori moltiplicativi,
dipendenti da u a sua volta funzione di p, che tengono conto del tiro longitudinale. Pertanto, nel
caso in cui si volesse fare riferimento ad una condizione di vincolo di doppio incastro agli estremi, i
fattori moltiplicativi dei due termini risultano pari a 1/192 e 1/384, nel caso della freccia massima, e
1/8 e 1/24, nel caso del momento massimo.
E’ opportuno notare che nella pratica applicativa, considerando il basso peso proprio del tirante
per unità di lunghezza (pari a qualche kg), è lecito trascurare il secondo termine delle suddette
espressioni.
Tirante soggetto a carico impulsivo
Per la valutazione della forza di tensionamento agente sulle singole catene, si è fatto riferimento
all’equazione chiusa della trave soggetta a piccole oscillazioni trasversali nell’intorno della
condizione di equilibrio [1- pag 260] in funzione dei diversi tipi di vincolo
⎛ nπ ⎞
⎟
⎝ L ⎠
ωn = K n ⎜
2
(EJ ⋅)
3)
m
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ed all’equazione chiusa della trave tesata in funzione del valore della forza di tensionamento [1 –
pag 266] S.
2
⎞
⎛
n
π
⎞
⎛
⎟
⎜ S + EJ ⎜
⎟
⎜
⎝ L ⎠ ⎟⎠
⎛ nπ ⎞ ⎝
ωn = ⎜ ⎟
m
⎝ L ⎠
4)
Dalla combinazione delle due è possibile risalire all’espressione:
2
⎞
⎛
⎜ S + EJ ⋅ k n 2 ⎛⎜ nπ ⎞⎟ ⎟
5)
⎜
⎝ L ⎠ ⎟⎠
⎛ nπ ⎞ ⎝
ωn = ⎜ ⎟
m
⎝ L ⎠
che fornisce la frequenza naturale n_esima in funzione della lunghezza L, del tensionamento S e
della densità per unità di lunghezza m al variare del tipo di vincolo, esplicitato dalla costante k i cui
valori sono presenti in letteratura [1 –pag. 261].
APPLICAZIONE PRATICA
Viene di seguito descritta una esperienza mirata alla determinazione del valore del tiro al quale sono
sottoposte otto catene ( adue diversi piani) presenti nell’edificio storico “Palazzo dei Domenicani
alla Minerva” in Roma. L’esperienza ha avuto luogo in tre fasi. La prima fase è stata caratterizzata
da misure dinamiche in campo volte alla determinazione delle frequenze naturali. La seconda fase
ha riguardato la simulazione teorica e numerica del comportamento delle strutture indagate. Infine,
la terza fase ha avuto come oggetto il confronto tra le risultanze sperimentali e quelle teoriche
finalizzato alla migliore valutazione possibile del valore del tiro.
Descrizione delle strutture
Sono state prese in considerazione otto catene presenti nel suddetti Palazzo dei Domenicani alla
Minerva in Roma. In particolare esse sono collocate presso i locali che affacciano su uno dei quattro
lati del chiostro interno: quattro al piano terra e le rimanenti quattro al piano primo. Si tratta di
catene a vista, poste in corrispondenza dei pennacchi delle volte a crociera che sono tenute a
contrastare.
Le catene sono costituite da una barra di acciaio a sezione circolare. Tuttavia il raggio, lungo lo
sviluppo longitudinale delle barre, varia in maniera irregolare, facendo presumere un modellamento
delle barre non per laminazione o trafilatura, ma per lavorazione manuale a caldo. In particolare è
stato rilevato, per le catene al piano primo, una forte variabilità della forma della sezione, tale da
apparire quasi quadrata con angoli molto smussati. Per contro le catene al piano secondo
manifestano una forma molto più regolare, ragionevolmente definibile come circolare. Pertanto si
possono classificare due tipologie di catene: la prima, caratterizzante le quattro catene dei locali a
piano primo, prevede una lunghezza netta variabile tra 3,90 e 4,00 m ed un diametro variabile tra i
37 ed i 43 mm; la seconda, tipica delle catene del piano secondo, comporta una lunghezza netta
variabile tra 4,85 e 4,90 m ed un diametro di 25 o 26 mm.
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Metodologia di prova
Sulla superficie delle strutture indagate, è stata definita una distribuzione ordinata ed equispaziata di
punti di misura (nodi) che poi, nell’analisi dei risultati, ha costituito una discretizzazione del sistema
reale. Vengono fissate così le dimensioni della matrice delle FRF(Funzioni di Risposta in
Frequenza). La scelta del numero dei punti di misura dipende dal grado di accuratezza che si vuole
ottenere: ad esempio, se si vogliono ricostruire le deformate modali con buona rispondenza alla
realtà, occorre che la discretizzazione della struttura contenga molti punti.
Nel caso specifico, trattandosi di strutture nelle quali una dimensione è predominante rispetto
alle altre due, è stato sufficiente disporre cinque punti di misura secondo una distribuzione
monodimensionale, coerente con lo sviluppo longitudinale delle barre.
L’eccitazione delle barre è stata di tipo impulsivo, generata da un martello strumentato.
La misura della risposta delle catene nei cinque nodi individuati, è stata condotta mediante
cinque accelerometri monoassiali, posizionati (incollaggio con adesivo bicomponente) sul dorso
delle catene per la misura esclusiva delle oscillazioni nel piano verticale,lungo la retta di azione
della gravità. L’accelerometro posto nella mezzeria di ciascuna catena è invece triassiale. In questo
modo è stato possibile misurare anche le oscillazioni lungo le rimanenti due direzioni ortogonali
(direzione parallela allo sviluppo longitudinale e direzione trasversale, o quella rimanente a formare
una terna di assi cartesiani). Il punto di applicazione dell’eccitazione è stato fatto variare, per ogni
catena, lungo l’insieme dei cinque nodi al fine di ottenere tutti termini del matrice 5x5 della FRF
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Strumentazione impiegata
Il sistema di eccitazione è costituito da un martello, con integrato un accelerometro (con fondo
scala pari a 500 g), che consente la misura indiretta (attraverso la moltiplicazione per la massa nota,
diversa a seconda del tipo di applicazione) della forza di eccitazione fornita alla struttura di cui si
vogliono determinare le caratteristiche dinamiche. La forza registrata dal martello naturalmente è
assunta uguale ed opposta a quella avvertita dalla struttura.
Per l’espletamento dell’analisi modale è stato impiegato un martello avente massa di 0,5 kg dotato
di un accelerometro adatto alla misura di urti:
Intervallo di frequenza: 0 ÷500 Hz
Intervallo di forza:
0 ÷ 7.300 N
Sensibilità media:
0,68 mV/N
Per le misurazioni ai nodi sono stati impiegati n° 3 accelerometri piezoelettrici ICP (di cui uno
triassiale), e due accelerometri capacitivi:
n.1 accelerometro piezoelettrico1 ICP2, modello PCB 356B18 (sensibilità 1 V/g; Range ±5 g;
Risoluzione 0,00005 g rms) triassiale
n.2 accel. piezoelettrici ICP, modello PCB 333 B30 (sensibilità 100 mV/g; Range ±50 g;
Risoluzione 0,00015 g rms)
n.2 accel. capacitivi1, modello PCB 3701G3FA3G (sensibilità 1 V/g; Range ±3 g;
Risoluzione 0,00003 g rms);
La catena di misura è completata da un sistema di acquisizione che provvede all’alimentazione e
al condizionamento dei sensori ed alla registrazione dei dati raccolti durante le prove. E’ stato
impiegato un sistema portatile costituito dai seguenti componenti:
Alimentatore e condizionatore di segnale per accelerometri ICP (piezoelettrici) NI SCXI1531 della National Instruments con sistema truck & hold per campionamento simultaneo (8
canali, guadagno programmabile, filtro passa basso programmabile)
Alimentatore per accelerometri capacitivi PCB 478B05 (3 canali, offset regolabile, uscita in
tensione)
Modulo di acquisizione segnali in tensione NI SCXI 1302C a 32 canali
Scheda di acquisizione NI DAQCard 6036E (16 inputs, 16 bit, 200 kS/s);
Pc portatile con processore della famiglia Pentium;
1
Si basano sull’effetto piezoelettrico del quarzo o di cristalli ceramici di generare un output elettrico proporzionale
all’accelerazione applicata. In sostanza si viene a creare una accumulazione di particelle cariche nel cristallo, quelle
di un segno separate da quelle dell’altro. Una forza applicata al quarzo (forza che può provocare taglio, compressione
o flessione) altera l’allineamento degli ioni positivi e negativi, con il risultato di accumularli su facce opposte del
cristallo. Questi ioni carichi si accumulano su un elettrodo dove sono, in definitiva, condizionati da microelettronica a
transistors.
2
Sta per Integrated Circuit Piezoelectric.
1
Il funzionamento di questi sensori sfrutta la variazione di campo elettrico generata dalla variazione della distanza tra
due sottili lamine di metallo cariche. Una lamina è solidale alla cassa del sensore, mentre l’altra è libera di muoversi
lungo una direzione: la direzione di misura del sensore. Una molla di caratteristiche note si oppone al movimento di
questa lamina generato solitamente da forze variabili o costanti. La misura del campo elettrico permette di risalire alla
forza, e quindi all’accelerazione, cui è sottoposta la lamina, istante per istante.
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Il software di acquisizione e di analisi ed elaborazione dei dati è stato realizzato in ambiente
LabVIEW™ rel.7.0.
I dati registrati, mediante programmi di calcolo sviluppati in ambiente LabVIEW™ rel.7.0., sono
stati dapprima elaborati nel dominio dei tempi (windowing) e poi analizzati nel domino delle
frequenze al fine di ottenere le FRF, da cui ricavare indicazioni sui valori delle frequenze proprie di
vibrazione. Le risposte dinamiche di tutte le catene sono state pertanto efficacemente descritte dalle
funzioni di trasferimento che, nel caso in esame, sono rappresentative della grandezza nota in
letteratura come “inertance” o “accelerance” [m/Ns2], ovvero il rapporto tra la trasformata di
Fourier delle accelerazioni nei vari punti di misura (risposta) e la trasformata di Fourier delle forza
eccitatrice (stimolo).
Dall’analisi dei dati sperimentali è stato pertanto possibile ricavare gli spettri delle frequenze
naturali di ciascuna catena.
2^ fase: ricerca delle frequenze naturali mediante formule chiuse e modellazione agli elementi
finiti
Applicazione delle formule chiuse
Applicando la (5) con diversi valori del tiro, si è ottenuta una serie di spettri delle frequenze
naturali per ciascuna catena. I vincoli ad entrambe le estremità sono stati assunti del tipo incastro
.
Va sottolineato comunque il fatto che la (5), pur essendo di semplice applicazione, contiene la
costante J, momento di inerzia della sezione, che nel caso di sezione variabile lungo lo sviluppo
longitudinale, non può tenere conto di tali variazioni. Pertanto, in questi casi, fornisce risultati
inficiati da un valore di J che per forza di cose deve essere considerato come media di tutti i valori
di J che si hanno sezione per sezione.
Modellazione agli elementi finiti
E’ stato realizzato un modello agli elementi finiti delle catene e delle relative condizioni al
contorno. Il modello è stato effettuato con il software ProSap rel 4.7.5 unito al solutore Algor. Il
software è prodotto dalla 2SI di Ferrara.
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Per ciascuna catena sono stati introdotti i valori della lunghezza e del diametro misurati. Per
quel che riguarda il tensionamento, ad uno dei due nodi di estremità è stato applicato un carico
concentrato, avente direzione parallela a quella longitudinale della trave. Dato lo spessore dei muri
entro i quali sono posizionate le catene (non inferiore ai 50 cm), è stato considerato per loro stesse
un vincolo di incastro ad entrambe le estremità. Nel caso del nodo caricato, è stato sbloccato solo il
vincolo in direzione longitudinale (mentre tutte le rotazioni e i due spostamenti in direzione
ortogonale all’asse di sviluppo longitudinale2 sono stati mantenuti bloccati). L’analisi modale
eseguita sul modello, ha permesso di ricavare, per ciascuna catena, differenti spettri delle frequenze
naturali al variare del tiro applicato.
Confronto tra risultati sperimentali e teorico-numerici
Disponendo degli spettri sperimentali relativi a ciascuna catena, è stato eseguito, è stato eseguito
un best fitting con gli spettri forniti sia dalla formula teorica chiusa, sia da quelli ottenuti con la
modellazione FEM agendo sul parametro teorico pensionamento
CATENA A (D=2,5cm)
modi
f misura
[Hz]
1
12,8
12,7
13,5
2
27,2
27,1
28,2
3
43,8
44,0
45,1
4
64
63,8
64,8
5
87,8
87,0
87,3
5135
5090
f
S [kg]
teor
[Hz]
f ProSap
Hz]
I risultati sono riportati in forma numerica nelle tabelle che seguono (una per ogni catena).
CATENA B (D=2,5mm)
modi
1
2
3
4
5
f misura
[Hz]
f
11,0
24,2
39,4
58,7
81,3
teor
[Hz]
80,6
f ProSap Hz]
11,6
24,6
40,2
58,9
81,1
3563
3630
11,0
23,7
39,4
58,2
S [kg]
Per ciascuna tabella, relativamente ad ogni modo proprio (riga) sono riportate, per ogni modo
naturale, tre valori di frequenza, esplicitati nell’ordine come frequenze derivanti dalle misure in
campo, frequenze determinate dalla formula chiusa ed infine frequenze ottenute dalla simulazione
agli elementi finiti tramite il software ProSap.
2
In direzione lungo l’asse longitudinale la catena può allungarsi ed è grazie a tale deformazione, in fase di
installazione, che è applicata la tensione di precarico.
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CATENA
C (D=2,5 cm)
f
modi
f misura
[Hz]
1
11,9
11,9
12,4
2
25,2
25,5
26,1
3
40,6
41,7
41,9
4
60
61,1
60,8
5
80,3
83,8
82,9
4349
4410
S [kg]
teor
[Hz]
f ProSap
Hz]
Per ciascuna tabella l’ultima riga riporta i valori del tiro (S) per il quale si ottiene il “best fitting”
degli spettri teorici e numerici sullo spettro reale, derivante dalle misure in campo.
CATENA
D (D=2,5cm)
f
modi
f misura
[Hz]
1
12,8
12,9
13,4
2
27,6
27,3
27,9
3
44,6
44,2
44,6
4
65
64,1
64
5
88,5
87,3
86,6
5232
5260
S [kg]
teor
[Hz]
f ProSap
Hz]
Considerazioni conclusive
Dall’esame dei risultati relativi al primo gruppo di catene (A-D, primo piano, sezione uniforme) si
nota una buona corrispondenza tra i risultati ottenuti dalla formula teorica e quelli ottenuti
dall’analisi FEM, sia in termini di frequenze che di valore assoluto della forza di tiro. Invece, per il
secondo gruppo di catene (E-H, piano terra, sezione non uniforme) i risultati dell’analisi FEM
ricalcano, più fedelmente di quelli teorici, le risultanze sperimentali. Anche in termini di valore del
tiro, le differenze tra i due approcci risultano evidenti.
Sotto questo punto di vista appare irrinunciabile il ricorso ad una modellizzazione dettagliata di
questi elementi costruttivi allorquando presentino irregolarità nella sezione resistente.
BIBLIOGRAFIA
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J.T. Brench “Mechanical Vibration an Shock Measurements” – 1984
S.Timoshenko “Vibrations Problems in Engineering” – 1974 – Wiley and Sons
A. Del Bufalo “Coinservazione Edilizia e Tecnologia del Restauro” – 1992 – Ed. KAPPA
P. Rocchi, C. Piccirilli “ Manuale della Diagnostica” – 1999 – Ed. KAPPA
S. Timoshenko “Scienza delle Costruzioni” – Vol. II – 1970 - VIGLONGO
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