ESSEBI S.r.l DETERMINAZIONE TENSIONAMENTO CATENE IN OPERA Metodologia Formulazioni teoriche Applicazione pratica Strumentazione Confronto dati sperimentali e teorico-numerici 18 febbraio 2006 V.le Giulio Agricola, 130 – 00174 Roma www.essebiweb.it tel. 06-71.00.152 06-710.75.339 [email protected] ESSEBI Srl Robustae mentis esse Solidam sapientiam sustinere PREMESSA Gli archi e le volte in muratura, per la loro stabilità devono essere soggette esclusivamente a tensioni interne di compressione, che non superino il carico di sicurezza del materiale costituente. Inoltre le azioni inclinate da esse esercitate, componendosi con i carichi verticali, non devono indurre nei sostegni stessi sforzi di trazione in tutte le sezioni, dalla sommità alle fondazioni, né scorrimento sul piano orizzontale, né ribaltamento. Per ottenere questo, data l’incapacità delle strutture murarie di resistere a sforzi di trazione, occorre dare a tali strutture forme e dimensioni rapportate ai carichi gravanti e alle condizioni di vincolo. Quando però non esistono sufficienti masse murarie di spalla, atte a convogliare le spinte entro il nocciolo della sezione di spiccato delle medesime, è necessario ricorrere alla creazione di speroni murari o alla messa in opera di catene metalliche, cui andranno fatte assorbire le spinte. Tale situazione si presenta molto di frequente nei porticati ad arco, posti ai piani inferiori di antichi edifici. Nei pilastri, o colonne, terminali la spinta, non risultando equilibrata da arcate successive, tende a spostare verso l’esterno il piedritto, comportando seri pericoli di dissesto per pressoflessione. Per l’irrobustimento delle spalle degli archi è spesso difficoltoso, se non impossibile, ricorrere alla costruzione di speroni in muratura, per cui risulta inevitabile ricorrere alla messa in opera di tiranti metallici. Nei casi in cui non si vuole turbare l’estetica della costruzione, detti tiranti vengono disposti al di sopra della chiave dell’arco e all’interno dello stesso (tiranti estradossati). Trovandosi a quota superiore di quella del centro di spinta, gli interventi con tiranti estradossati sono senza dubbio meno efficaci di quelli con tiranti a vista, posti all’altezza del centro di spinta. Quest’ultimi, pur essendo maggiormente funzionali, sono poco accettabili esteticamente nelle volte a botte e negli archi e ancor meno nelle volte a crociera e a padiglione. Nelle volte a crociera infatti dovrebbero essere disposti diagonalmente, o, perimetralmente, all’altezza delle reni, mentre in quelle a padiglione dovrebbero incrociarsi all’interno del locale per eliminare le spinte che sollecitano non uniformemente i muri perimetrali. Nel caso di volte a botte sono previsti più tiranti, sempre in corrispondenza delle reni, distanziati in rapporto allo spessore dei muri che sostengono la volta. Infatti a ciascun tirante viene affidato il compito di neutralizzare la spinta della parte di volta gravante sul tratto di muro compreso tra i punti medi degli interassi di tre tiranti contigui: se questo muro è sottile, è piccola la superficie del cono di punzonamento del capochiave ed elevati gli sforzi di flessione sul piano orizzontale a cui è sottoposto il muro tra due tiranti successivi. Il dimensionamento dei tiranti (o catene), che possono essere messi in opera a caldo o a freddo, muove a partire dall’entità della spinta e del carico di sicurezza dell’acciaio impiegato. Nelle costruzioni antiche, soprattutto in fase di risanamento e ristrutturazione, risulta di estrema importanza conoscere i reali sforzi assiali agenti sulle catene presenti e messe in opera in epoche e circostanze diverse. Infatti, siano esse previste nello schema originario dell’edificio, o siano esse state introdotti nell’ambito di successivi interventi di consolidamento, sono intimamente legate alle vicende statiche del manufatto. Conoscere le reali sollecitazioni cui dette catene sono sottoposte, potrà permettere di determinare le effettive condizioni di esercizio con il vantaggio di implementare eventuali interventi migliorativi nel modo più mirato possibile, La prova, oggetto della presente pubblicazione, consente di determinare lo stato di sollecitazione di trazione mediante l’esecuzione di prove statiche di carico, attraverso la misurazione di abbassamenti e deformazioni e prove dinamiche, tramite lo studio delle frequenze delle oscillazioni libere, funzione del tiro cui sono soggette le catene. _______________________________________________________ www.essebiweb.it 1 [email protected] ESSEBI Srl METODOLOGIA La conoscenza del tiro al quale sono sottoposte le catene costituisce un elemento estremamente utile al fine di individuare le condizioni di equilibrio della struttura esaminata, determinandone la reale situazione statica. D’altronde la determinazione sperimentale di uno stato di tensione di un struttura in opera risulta di estrema difficoltà in quanto ciò che si riesce usualmente a fare, nel campo delle misure e della diagnostica, è determinare le variazioni delle grandezze fisiche di interesse a partire da un dato istante (istante zero o di inizio della misura). Determinare, per esempio, qual’è il tasso cui sta lavorando una barra di armatura di una trave è praticamente impossibile; agevole risulta invece la misura della variazione di tensione, provocata da una variazione delle cause, a partire da un determinato istante, da quando cioè si è deciso di strumentare l’elemento strutturale. In sostanza non si riesce ad avere una misura assoluta della tensione (nel caso specifico della tensione, ma il concetto è estendibile alla stragrande maggioranza delle grandezze fisiche), ma soltanto una misura relativa, a partire da un certo istante e da certe condizioni di vincolo e carichi esterni. Va da se che se si strumenta l’elemento strutturale a partire dalla sua realizzazione, ogni variazione relativa misurabile da quel momento, quando non sono presenti né carichi permanenti, né carichi accidentali, è da intendersi a tutti gli effetti come misura assoluta. Da ciò deriva che nell’ambito delle strutture esistenti, non avendo effettuato installazioni preventive di sistemi di controllo, risulta sovente impossibile determinare sperimentalmente il reale stato di sollecitazione cui i vari elementi che le compongono sono soggetti. Nel caso delle catene di archi e volte, si può ovviare a quanto sopra ricorrendo ad un metodo combinato (statico e dinamico) in cui si misurano le frecce causate da carichi noti, applicati nelle mezzerie e le frequenze proprie, corrispondenti ai primi moti propri, provocate da carichi impulsivi applicati con il martello strumentato. Ricorrendo a formule chiuse o, meglio ancora, a modellizzazioni con il metodo agli elementi finiti, possono essere individuati, per corrispondenza sperimentale-teorica, i tiri che danno gli stessi valori delle frecce e delle frequenze caratteristiche. La doppia verifica, e di conseguenza determinazione del tiro, in campo statico e dinamico, con teorie e formule diverse, consente la determinazione della forza assiale nelle catene con una maggiore attendibilità. FORMULAZIONI TEORICHE Dalla scienza delle costruzioni e dalla meccanica delle vibrazioni si hanno espressioni, in forma chiusa, sia statiche che dinamiche, che consentono di correlare il tiro, in senso longitudinale, alla freccia statica, o deformazioni, e alle frequenze corrispondenti ai primi modi di vibrare della catena. Dette metodologie, sia statiche che dinamiche, si basano su ipotesi di vincolo estreme, di aste perfettamente incastrate o, in alternativa, incernierate agli estremi. Qualora ci si trovi ad esaminare incatenamenti presenti in vecchi edifici (come accade nella stragrande maggioranza dei casi), di cui non siano note le reali condizioni di ancoraggio, risulta difficile fare una stima esatta della situazione di vincolo effettiva. Ulteriori fattori variabili utili ai fini dell’esame, oltre al grado di vincolo, sono gli spessori della muratura, la forma e le dimensioni dei capochiavi e delle catene e gli stati tensionali presenti nelle porzioni murarie di attestazione dei tiranti. L’attendibilità dei risultati forniti è legata alla definizione di una banda, all’interno della quale è compreso il valore effettivo. Tirante soggetto a carico statico trasversale Se un tirante è soggetto all’azione di forze di trazione S (lungo il suo asse) e ad un carico trasversale P, dall’integrazione dell’equazione della linea elastica, con le opportune condizioni al contorno derivanti dalle modalità di vincolo agli estremi, si possono ricavare le espressioni relative _______________________________________________________ www.essebiweb.it 2 [email protected] ESSEBI Srl al massimo abbassamento ed al massimo momento in mezzeria. Volendo considerare anche l’effetto del peso proprio q della catena e facendo riferimento ad una condizione di vincolo di carrellocerniera si ha: ymax = P ⋅ l 3 u − tghu 5 q ⋅ l 4 ⋅ ϕ1 (u) 1) ⋅ + ⋅ 48 ⋅ E ⋅ J 1 ⋅ u 3 384 E ⋅ J 3 e M max = P ⋅ l tghu q ⋅ l 2 ⋅ + ⋅ Ψ1 (u ) 4 u 8 2) in cui: 1 u2 −1 + 2 ϕ1 (u ) = cosh u 5 ( )⋅u4 24 e Ψ1 (u ) = 2 ⋅ (cosh u − 1) u 2 ⋅ cosh u con u= p ⋅l 2 p= S E⋅J e Le formule, sopra riportate, relative alla freccia e al momento massimi, in mezzeria, sono quelle classiche per un elemento trave, doppiamente appoggiato, a meno di fattori moltiplicativi, dipendenti da u a sua volta funzione di p, che tengono conto del tiro longitudinale. Pertanto, nel caso in cui si volesse fare riferimento ad una condizione di vincolo di doppio incastro agli estremi, i fattori moltiplicativi dei due termini risultano pari a 1/192 e 1/384, nel caso della freccia massima, e 1/8 e 1/24, nel caso del momento massimo. E’ opportuno notare che nella pratica applicativa, considerando il basso peso proprio del tirante per unità di lunghezza (pari a qualche kg), è lecito trascurare il secondo termine delle suddette espressioni. Tirante soggetto a carico impulsivo Per la valutazione della forza di tensionamento agente sulle singole catene, si è fatto riferimento all’equazione chiusa della trave soggetta a piccole oscillazioni trasversali nell’intorno della condizione di equilibrio [1- pag 260] in funzione dei diversi tipi di vincolo ⎛ nπ ⎞ ⎟ ⎝ L ⎠ ωn = K n ⎜ 2 (EJ ⋅) 3) m _______________________________________________________ www.essebiweb.it 3 [email protected] ESSEBI Srl ed all’equazione chiusa della trave tesata in funzione del valore della forza di tensionamento [1 – pag 266] S. 2 ⎞ ⎛ n π ⎞ ⎛ ⎟ ⎜ S + EJ ⎜ ⎟ ⎜ ⎝ L ⎠ ⎟⎠ ⎛ nπ ⎞ ⎝ ωn = ⎜ ⎟ m ⎝ L ⎠ 4) Dalla combinazione delle due è possibile risalire all’espressione: 2 ⎞ ⎛ ⎜ S + EJ ⋅ k n 2 ⎛⎜ nπ ⎞⎟ ⎟ 5) ⎜ ⎝ L ⎠ ⎟⎠ ⎛ nπ ⎞ ⎝ ωn = ⎜ ⎟ m ⎝ L ⎠ che fornisce la frequenza naturale n_esima in funzione della lunghezza L, del tensionamento S e della densità per unità di lunghezza m al variare del tipo di vincolo, esplicitato dalla costante k i cui valori sono presenti in letteratura [1 –pag. 261]. APPLICAZIONE PRATICA Viene di seguito descritta una esperienza mirata alla determinazione del valore del tiro al quale sono sottoposte otto catene ( adue diversi piani) presenti nell’edificio storico “Palazzo dei Domenicani alla Minerva” in Roma. L’esperienza ha avuto luogo in tre fasi. La prima fase è stata caratterizzata da misure dinamiche in campo volte alla determinazione delle frequenze naturali. La seconda fase ha riguardato la simulazione teorica e numerica del comportamento delle strutture indagate. Infine, la terza fase ha avuto come oggetto il confronto tra le risultanze sperimentali e quelle teoriche finalizzato alla migliore valutazione possibile del valore del tiro. Descrizione delle strutture Sono state prese in considerazione otto catene presenti nel suddetti Palazzo dei Domenicani alla Minerva in Roma. In particolare esse sono collocate presso i locali che affacciano su uno dei quattro lati del chiostro interno: quattro al piano terra e le rimanenti quattro al piano primo. Si tratta di catene a vista, poste in corrispondenza dei pennacchi delle volte a crociera che sono tenute a contrastare. Le catene sono costituite da una barra di acciaio a sezione circolare. Tuttavia il raggio, lungo lo sviluppo longitudinale delle barre, varia in maniera irregolare, facendo presumere un modellamento delle barre non per laminazione o trafilatura, ma per lavorazione manuale a caldo. In particolare è stato rilevato, per le catene al piano primo, una forte variabilità della forma della sezione, tale da apparire quasi quadrata con angoli molto smussati. Per contro le catene al piano secondo manifestano una forma molto più regolare, ragionevolmente definibile come circolare. Pertanto si possono classificare due tipologie di catene: la prima, caratterizzante le quattro catene dei locali a piano primo, prevede una lunghezza netta variabile tra 3,90 e 4,00 m ed un diametro variabile tra i 37 ed i 43 mm; la seconda, tipica delle catene del piano secondo, comporta una lunghezza netta variabile tra 4,85 e 4,90 m ed un diametro di 25 o 26 mm. _______________________________________________________ www.essebiweb.it 4 [email protected] ESSEBI Srl Metodologia di prova Sulla superficie delle strutture indagate, è stata definita una distribuzione ordinata ed equispaziata di punti di misura (nodi) che poi, nell’analisi dei risultati, ha costituito una discretizzazione del sistema reale. Vengono fissate così le dimensioni della matrice delle FRF(Funzioni di Risposta in Frequenza). La scelta del numero dei punti di misura dipende dal grado di accuratezza che si vuole ottenere: ad esempio, se si vogliono ricostruire le deformate modali con buona rispondenza alla realtà, occorre che la discretizzazione della struttura contenga molti punti. Nel caso specifico, trattandosi di strutture nelle quali una dimensione è predominante rispetto alle altre due, è stato sufficiente disporre cinque punti di misura secondo una distribuzione monodimensionale, coerente con lo sviluppo longitudinale delle barre. L’eccitazione delle barre è stata di tipo impulsivo, generata da un martello strumentato. La misura della risposta delle catene nei cinque nodi individuati, è stata condotta mediante cinque accelerometri monoassiali, posizionati (incollaggio con adesivo bicomponente) sul dorso delle catene per la misura esclusiva delle oscillazioni nel piano verticale,lungo la retta di azione della gravità. L’accelerometro posto nella mezzeria di ciascuna catena è invece triassiale. In questo modo è stato possibile misurare anche le oscillazioni lungo le rimanenti due direzioni ortogonali (direzione parallela allo sviluppo longitudinale e direzione trasversale, o quella rimanente a formare una terna di assi cartesiani). Il punto di applicazione dell’eccitazione è stato fatto variare, per ogni catena, lungo l’insieme dei cinque nodi al fine di ottenere tutti termini del matrice 5x5 della FRF _______________________________________________________ www.essebiweb.it 5 [email protected] ESSEBI Srl Strumentazione impiegata Il sistema di eccitazione è costituito da un martello, con integrato un accelerometro (con fondo scala pari a 500 g), che consente la misura indiretta (attraverso la moltiplicazione per la massa nota, diversa a seconda del tipo di applicazione) della forza di eccitazione fornita alla struttura di cui si vogliono determinare le caratteristiche dinamiche. La forza registrata dal martello naturalmente è assunta uguale ed opposta a quella avvertita dalla struttura. Per l’espletamento dell’analisi modale è stato impiegato un martello avente massa di 0,5 kg dotato di un accelerometro adatto alla misura di urti: Intervallo di frequenza: 0 ÷500 Hz Intervallo di forza: 0 ÷ 7.300 N Sensibilità media: 0,68 mV/N Per le misurazioni ai nodi sono stati impiegati n° 3 accelerometri piezoelettrici ICP (di cui uno triassiale), e due accelerometri capacitivi: n.1 accelerometro piezoelettrico1 ICP2, modello PCB 356B18 (sensibilità 1 V/g; Range ±5 g; Risoluzione 0,00005 g rms) triassiale n.2 accel. piezoelettrici ICP, modello PCB 333 B30 (sensibilità 100 mV/g; Range ±50 g; Risoluzione 0,00015 g rms) n.2 accel. capacitivi1, modello PCB 3701G3FA3G (sensibilità 1 V/g; Range ±3 g; Risoluzione 0,00003 g rms); La catena di misura è completata da un sistema di acquisizione che provvede all’alimentazione e al condizionamento dei sensori ed alla registrazione dei dati raccolti durante le prove. E’ stato impiegato un sistema portatile costituito dai seguenti componenti: Alimentatore e condizionatore di segnale per accelerometri ICP (piezoelettrici) NI SCXI1531 della National Instruments con sistema truck & hold per campionamento simultaneo (8 canali, guadagno programmabile, filtro passa basso programmabile) Alimentatore per accelerometri capacitivi PCB 478B05 (3 canali, offset regolabile, uscita in tensione) Modulo di acquisizione segnali in tensione NI SCXI 1302C a 32 canali Scheda di acquisizione NI DAQCard 6036E (16 inputs, 16 bit, 200 kS/s); Pc portatile con processore della famiglia Pentium; 1 Si basano sull’effetto piezoelettrico del quarzo o di cristalli ceramici di generare un output elettrico proporzionale all’accelerazione applicata. In sostanza si viene a creare una accumulazione di particelle cariche nel cristallo, quelle di un segno separate da quelle dell’altro. Una forza applicata al quarzo (forza che può provocare taglio, compressione o flessione) altera l’allineamento degli ioni positivi e negativi, con il risultato di accumularli su facce opposte del cristallo. Questi ioni carichi si accumulano su un elettrodo dove sono, in definitiva, condizionati da microelettronica a transistors. 2 Sta per Integrated Circuit Piezoelectric. 1 Il funzionamento di questi sensori sfrutta la variazione di campo elettrico generata dalla variazione della distanza tra due sottili lamine di metallo cariche. Una lamina è solidale alla cassa del sensore, mentre l’altra è libera di muoversi lungo una direzione: la direzione di misura del sensore. Una molla di caratteristiche note si oppone al movimento di questa lamina generato solitamente da forze variabili o costanti. La misura del campo elettrico permette di risalire alla forza, e quindi all’accelerazione, cui è sottoposta la lamina, istante per istante. _______________________________________________________ www.essebiweb.it 6 [email protected] ESSEBI Srl Il software di acquisizione e di analisi ed elaborazione dei dati è stato realizzato in ambiente LabVIEW™ rel.7.0. I dati registrati, mediante programmi di calcolo sviluppati in ambiente LabVIEW™ rel.7.0., sono stati dapprima elaborati nel dominio dei tempi (windowing) e poi analizzati nel domino delle frequenze al fine di ottenere le FRF, da cui ricavare indicazioni sui valori delle frequenze proprie di vibrazione. Le risposte dinamiche di tutte le catene sono state pertanto efficacemente descritte dalle funzioni di trasferimento che, nel caso in esame, sono rappresentative della grandezza nota in letteratura come “inertance” o “accelerance” [m/Ns2], ovvero il rapporto tra la trasformata di Fourier delle accelerazioni nei vari punti di misura (risposta) e la trasformata di Fourier delle forza eccitatrice (stimolo). Dall’analisi dei dati sperimentali è stato pertanto possibile ricavare gli spettri delle frequenze naturali di ciascuna catena. 2^ fase: ricerca delle frequenze naturali mediante formule chiuse e modellazione agli elementi finiti Applicazione delle formule chiuse Applicando la (5) con diversi valori del tiro, si è ottenuta una serie di spettri delle frequenze naturali per ciascuna catena. I vincoli ad entrambe le estremità sono stati assunti del tipo incastro . Va sottolineato comunque il fatto che la (5), pur essendo di semplice applicazione, contiene la costante J, momento di inerzia della sezione, che nel caso di sezione variabile lungo lo sviluppo longitudinale, non può tenere conto di tali variazioni. Pertanto, in questi casi, fornisce risultati inficiati da un valore di J che per forza di cose deve essere considerato come media di tutti i valori di J che si hanno sezione per sezione. Modellazione agli elementi finiti E’ stato realizzato un modello agli elementi finiti delle catene e delle relative condizioni al contorno. Il modello è stato effettuato con il software ProSap rel 4.7.5 unito al solutore Algor. Il software è prodotto dalla 2SI di Ferrara. _______________________________________________________ www.essebiweb.it 7 [email protected] ESSEBI Srl Per ciascuna catena sono stati introdotti i valori della lunghezza e del diametro misurati. Per quel che riguarda il tensionamento, ad uno dei due nodi di estremità è stato applicato un carico concentrato, avente direzione parallela a quella longitudinale della trave. Dato lo spessore dei muri entro i quali sono posizionate le catene (non inferiore ai 50 cm), è stato considerato per loro stesse un vincolo di incastro ad entrambe le estremità. Nel caso del nodo caricato, è stato sbloccato solo il vincolo in direzione longitudinale (mentre tutte le rotazioni e i due spostamenti in direzione ortogonale all’asse di sviluppo longitudinale2 sono stati mantenuti bloccati). L’analisi modale eseguita sul modello, ha permesso di ricavare, per ciascuna catena, differenti spettri delle frequenze naturali al variare del tiro applicato. Confronto tra risultati sperimentali e teorico-numerici Disponendo degli spettri sperimentali relativi a ciascuna catena, è stato eseguito, è stato eseguito un best fitting con gli spettri forniti sia dalla formula teorica chiusa, sia da quelli ottenuti con la modellazione FEM agendo sul parametro teorico pensionamento CATENA A (D=2,5cm) modi f misura [Hz] 1 12,8 12,7 13,5 2 27,2 27,1 28,2 3 43,8 44,0 45,1 4 64 63,8 64,8 5 87,8 87,0 87,3 5135 5090 f S [kg] teor [Hz] f ProSap Hz] I risultati sono riportati in forma numerica nelle tabelle che seguono (una per ogni catena). CATENA B (D=2,5mm) modi 1 2 3 4 5 f misura [Hz] f 11,0 24,2 39,4 58,7 81,3 teor [Hz] 80,6 f ProSap Hz] 11,6 24,6 40,2 58,9 81,1 3563 3630 11,0 23,7 39,4 58,2 S [kg] Per ciascuna tabella, relativamente ad ogni modo proprio (riga) sono riportate, per ogni modo naturale, tre valori di frequenza, esplicitati nell’ordine come frequenze derivanti dalle misure in campo, frequenze determinate dalla formula chiusa ed infine frequenze ottenute dalla simulazione agli elementi finiti tramite il software ProSap. 2 In direzione lungo l’asse longitudinale la catena può allungarsi ed è grazie a tale deformazione, in fase di installazione, che è applicata la tensione di precarico. _______________________________________________________ www.essebiweb.it 8 [email protected] ESSEBI Srl CATENA C (D=2,5 cm) f modi f misura [Hz] 1 11,9 11,9 12,4 2 25,2 25,5 26,1 3 40,6 41,7 41,9 4 60 61,1 60,8 5 80,3 83,8 82,9 4349 4410 S [kg] teor [Hz] f ProSap Hz] Per ciascuna tabella l’ultima riga riporta i valori del tiro (S) per il quale si ottiene il “best fitting” degli spettri teorici e numerici sullo spettro reale, derivante dalle misure in campo. CATENA D (D=2,5cm) f modi f misura [Hz] 1 12,8 12,9 13,4 2 27,6 27,3 27,9 3 44,6 44,2 44,6 4 65 64,1 64 5 88,5 87,3 86,6 5232 5260 S [kg] teor [Hz] f ProSap Hz] Considerazioni conclusive Dall’esame dei risultati relativi al primo gruppo di catene (A-D, primo piano, sezione uniforme) si nota una buona corrispondenza tra i risultati ottenuti dalla formula teorica e quelli ottenuti dall’analisi FEM, sia in termini di frequenze che di valore assoluto della forza di tiro. Invece, per il secondo gruppo di catene (E-H, piano terra, sezione non uniforme) i risultati dell’analisi FEM ricalcano, più fedelmente di quelli teorici, le risultanze sperimentali. Anche in termini di valore del tiro, le differenze tra i due approcci risultano evidenti. Sotto questo punto di vista appare irrinunciabile il ricorso ad una modellizzazione dettagliata di questi elementi costruttivi allorquando presentino irregolarità nella sezione resistente. BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. G. Diana, F. 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