La disfagia nel tetraplegico in fase acuta: studio retrospettivo

EUR MED PHYS 2008;44(Suppl. 1 to No. 3)
La disfagia nel tetraplegico in fase acuta: studio retrospettivo
F. CELIN, L. OLINO, G. NOVELLONE, N. AFFILASTRO, G. BALLÌ, N. GIUNTA, M. V. ACTIS
Introduzione
Gli Autori propongono i risultati di uno studio retrospettivo
riguardante la lesione midollare in fase acuta e i disturbi della deglutizione. Vengono valutati i fattori che si correlano con il rischio di
disfagia in particolare per i pazienti con quadro di tetraplegia e l’iter
logopedico che ne è seguito. Scopo di tale lavoro è evidenziare i fattori di rischio della popolazione medullolesa per disfagia e l’importanza di una precoce e corretta valutazione dei disturbi deglutitori,
partendo dalla Letteratura.
In Letteratura si trovano pochi studi riguardanti la disfagia nel
paziente con trauma vertebrale. Tali studi possono essere suddivisi
in due gruppi principali: studi che analizzano l’incidenza di disfagia
in tutti i pazienti sottoposti a chirurgia vertebrale cervicale o tutorizzati (mediante collari, Minerva gessata o Halo-Vest) oppure studi che
analizzano l’incidenza di disfagia in pazienti con mielolesione cervicale sottoposti a trattamenti d’emergenza come l’intubazione, la tracheostomia, la ventilazione meccanica assistita.
L’incidenza della disfagia in pazienti con trauma del midollo spinale varia in letteratura dal 16% al 30% a seconda del campione analizzato. Dall’analisi di tali studi emerge che i fattori di rischio correlati alla disfagia sono: la via di accesso anteriore nell’intervento di chirurgia vertebrale cervicale, l’immobilizzazione rigida della colonna
cervicale, l’età avanzata, il livello lesionale alto, l’intubazione oro o
naso laringea, la presenza di valvola tracheostomica (in associazione
a cuffiatura della cannula e ventilazione meccanica per tempi prolungati).
L’associazione di tali fattori aumenta il rischio di comparsa di
disfagia; ad esempio i pazienti operati per via anteriore e tracheostomizzati avranno una maggiore probabilità di manifestare disturbi
deglutitori soprattutto se in età avanzata.
Per alcuni Autori, fra cui Abel et al.1, la rimozione di alcuni di tali
fattori come ad esempio l’ortesi cervicale si correla con un miglioramento del quadro disfagico; altri studi non confermano tale dato,
per esempio Kirshblum et al.2, o evidenziano una bassa incidenza di
disfagia correlata alla posizione in iperestensione obbligata del
rachide cervicale. È interessante notare come uno studio condotto su
soggetti sani a cui è stato applicata un’ortesi cervicale con posizione
del rachide in iperestensione abbia evidenziato come questa posizione risulta influenzare negativamente la funzionalità deglutitoria3.
Non costituiscono fattore di rischio4 invece il livello chirurgico, il
tipo di strumentazione utilizzata, il tempo operatorio, la presenza di
comorbidità.
Le principali complicanze legate alla disfagia e denunciate dagli
studi analizzati sono la polmonite ab ingestis, la necessità di restriVol. 44 - Suppl. 1 to No. 3
Dipartimento di Recupero e Riabilitazione Funzionale,
A.S.O. CTO, Maria Adelaide, Torino
zioni nella dieta, la malnutrizione e di conseguenza la necessità di
nutrizione artificiale parenterale o enterale (con posizionamento di
sondino nasogastrico o PEG) per garantire un adeguato apporto
nutrizionale.
La tesi per cui la disfagia sarebbe direttamente correlata al trauma
spinale non è supportata da tutti gli studi; ci sono ragioni di supporre che la disfagia sia invece correlata con la necessità di ventilazione
meccanica prolungata e con l’approccio chirurgico cervicale anteriore1.
La prognosi funzionale è buona in tutti i pazienti che presentano
un deficit isolato della prima fase della deglutizione; fondamentale è
la presa in carico logopedica precoce, se possibile, in modo da prevenire le complicanze (la malnutrizione e la polmonite ab ingestis)
che possono mettere a rischio la vita del paziente5.
Le tecniche usate nella maggior parte degli studi per la diagnosi
di disfagia sono: la valutazione a letto del paziente6, il test con il Blu
di Metilene (Methylene Blue dye Test, MBT), la Fibroendoscopia
(FESS)5 e la Videofluoroscopia (VFSS)7. In uno studio si è ricorsi a
un questionario telefonico8.
Materiali e metodi
La casistica comprende 36 pazienti che hanno subito un insulto a
carico del midollo spinale e sono stati ricoverati negli anni 20052007; il livello neurologico considerato è fino a T1.
Tutti i pazienti sono stati presi in carico dal punto di vista riabilitativo sin dai primi giorni; quando si sono sospettati disturbi del
quadro deglutitorio, i pazienti sono stati avviati a una valutazione
più approfondita dal punto di vista logopedico. In questo modo
negli anni si sono creati spontaneamente due gruppi di pazienti
tetraplegici: coloro per i quali era stato avviato un iter logopedico e
coloro per i quali non ne era stata ravvisata la necessità.
Del gruppo con valutazione logopedica (GL) e del gruppo non
logopedico (GNL) vengono esaminati: l’età, la causa della lesione, la
necessità di ricovero in Terapia Intensiva e la durata della degenza,
l’utilizzo di un’ortesi, la via di accesso chirurgico adottata, il livello
lesionale secondo la Scala ASIA, la presenza di lesioni associate, la
necessità di tracheostomia e di ventilazione meccanica assistita, la
prognosi.
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CELIN
LA DISFAGIA NEL TETRAPLEGICO IN FASE ACUTA: STUDIO RETROSPETTIVO
Figura 1. – Distribuzione dell’età (maggiore o minore di 60 anni) nei due
gruppi.
Figura 2. – Distribuzione del livello lesionale nei due gruppi secondo Scala
ASIA.
Tabella I. – Suddivisione nei 2 gruppi della via di approccio nei
pazienti trattati chirurgicamente.
Via posteriore
Via anteriore
Anteriore + posteriore
Figura 3. – Distribuzione del grado di compromissione nei due gruppi
secondo Classificazione AIS.
I pazienti avviati a valutazione logopedica rispondevano ai requisiti minimi di: vigilanza, respiro spontaneo, capacità di mantenere
una sufficiente saturazione di pO2 per la durata dell’esame, assenza
di impedimenti meccanici a livello oro-mandibolare e sufficiente stabilizzazione dal punto di vista emodinamico9.
Le prove di deglutizione nella maggior parte dei casi vengono
effettuate con liquidi e semiliquidi-semisolidi eventualmente con
l’aggiunta di Blu di Metilene10; in un caso è stata eseguita la Videofluoroscopia.
Particolare importanza viene data ai seguenti segni: la ipovalidità
della tosse e del riflesso deglutitorio e i segni di aspirazione quali
tosse, voce gorgogliante o diminuita dopo deglutizione, deficit di
elevazione laringea10.
Prima della dimissione viene rivalutato il paziente per quanto
concerne la ripresa o meno dell’alimentazione per os, con o senza la
necessità di modificazioni posturali (come la flessione in avanti del
capo, se è possibile per il paziente mobilizzare il rachide cervicale)11
e dietetiche (consistenza modificata).
Risultati
I pazienti esaminati sono 36, 31 maschi e 5 femmine; 13 hanno
avuto necessità di intervento logopedico (GL), mentre 23 no (GNL).
L’età media di GL è 65 anni (range 25-77 anni), in GNL 43 anni (range 19-77 anni). In GL i pazienti di età oltre i 60 anni sono il 77%, in
GNL il 30% (Fig. 1).
La causa delle lesione è traumatica per la maggioranza dei
pazienti di entrambi i gruppi (85% GL, 87% GNL).
Il 92% di GL è stato ricoverato in Terapia Intensiva con una
degenza media di 90 giorni (range 34-188 giorni); il 52% di GNL è
stato ricoverato in Terapia Intensiva con una degenza media di 63
giorni (range 6-250).
2
GL
GNL
7 (64%)
4 (36%)
0
11 (61%)
6 (33%)
1 (6%)
Tabella II. – Pazienti nei 2 gruppi sottoposti a tracheostomia e apposizione di Minitrack con rimozione della cannula prima della dimissione dai Reparti per acuti.
Tracheostomia
Minitrack
Rimozione pre dimissione
GL
GNL
12 (92%)
5 (42%)
1 (8%)
11 (48%)
7 (63%)
5 (46%)
L’uso di un’ortesi per immobilizzare il tratto cervicale si è reso
necessario nel 77% di GL e nel 83% di GNL.
Nei pazienti trattati chirurgicamente, la via posteriore si è dimostrata la più frequente in entrambi i gruppi con il 64% di GL e 61%
di GNL; il tempo anteriore è stato necessario nel 36% di GL e nel
33% di GNL (nel gruppo dei non disfagici è presente un caso in cui
è stato necessario l’intervento con i due tempi operatori) (Tab. I).
In GL il livello di lesione risulta essere prevalentemente C4 C5
(85%) e con A.I.S. A (54%), mentre in GNL è compreso tra C5 e C7
(91%) con prevalenza di A.I.S. C e D (52%) (Figg. 2 e 3).
Tra le lesioni associate alla mielolesione, la più frequente risulta la
lesione cerebrale, presente nel 31% nel GL contro il 13% in GNL; meno
rappresentate il politrauma, l’ernia del disco intervertebrale, il tumore.
L’intervento di tracheostomia è stato necessario per GL nel 92%,
in GNL 48%. L’iter successivo per i pazienti tracheostomizzati è stato
nel caso di prognosi funzionale positiva, il passaggio alla Minitrack e
la successiva rimozione della cannula prima della dimissione dal
Reparto per acuti (Tab. II).
I pazienti sottoposti a ventilazione meccanica assistita sono il 92%
in GL, il 39% in GNL.
L’exitus si è verificato nel 39% di GL e nel 4% di GNL.
Nei pazienti in cui è avvenuta la presa in carico logopedica,
durante le valutazioni è emersa la presenza di deficit del meccanismo difensivo della tosse nel 46% e di deficit del riflesso deglutitorio
nel 62% con segni e sintomi di aspirazione.
Degli 8 pazienti sopravvissuti, alla dimissione dalla Terapia Intensiva o dal Reparto per acuti, in 7 casi è stata possibile la ripresa del-
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October 2008
LA DISFAGIA NEL TETRAPLEGICO IN FASE ACUTA: STUDIO RETROSPETTIVO
l’alimentazione per os; in 4 di essi ciò è stato possibile però con
variazioni della dieta in particolare per quanto riguarda le modificazioni della consistenza e/o attivazione di meccanismi di compenso
posturali pro deglutitori. Un paziente è stato sottoposto a PEG.
Nel 33% dei casi è emersa inoltre la presenza di voce disfonica.
Conclusioni
I pazienti tetraplegici che hanno richiesto un intervento logopedico presentano caratteristiche peculiari rispetto al gruppo dei non
trattati: età avanzata, livello lesionale alto e frequentemente completo, quadro clinico grave con necessità di degenza prolungata in
Terapia Intensiva, lesione cerebrale associata, necessità di tracheostomia e ventilazione meccanica. Diversamente dalla Letteratura in
questo studio non risultano differenze significative per quanto
riguarda la via di accesso chirurgica e l’uso di ortesi cervicale.
Come già evidenziato, non vi sono molti studi in Letteratura che
prendano in considerazione il problema della disfagia legato alla
lesione midollare. Questo diminuisce la possibilità di impostare una
Linea Guida comune tra Medici dei Reparti della fase acuta in primis
i Rianimatori, Fisiatri e Fisioterapisti, Foniatri e Logopedisti.
A differenza di altre patologie neurologiche in cui è diretto il
coinvolgimento delle strutture della deglutizione, la tetraplegia non
prevede una diminuzione dello stato di vigilanza o di coscienza né
un coinvolgimento delle vie centrali della deglutizione o dei nervi
cranici; soprattutto nelle prime fasi, però è frequente12 la necessità di
intubazione o tracheostomia, di ventilazione meccanica assistita, di
sedazione farmacologica, di decubito supino obbligato, tutte caratteristiche che possono influenzare la deglutizione e che in questi
pazienti si ritrovano associate. Infine sono da considerare le caratteristiche premorbose del paziente: l’età avanzata, la presenza di disfagia prelesionale di vario grado.
In questo studio, si è voluto porre l’accento sul rischio di sottovalutare questo particolare aspetto nella grande varietà di problemi
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CELIN
che si associano alla lesione midollare. Non ultima è emersa la presenza di deficit della vocalità, che ha portato ad ampliare l’intervento logopedico anche alla valutazione e al trattamento della disfonia.
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