I Normanni

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BREVE STORIA DELLA BASILICATA
di Palma Fuccella
I Normanni
Chi erano e da dove venivano questi
"vagabondi" come amava definirli
Guglielmo di Puglia nelle sue Gesta,
uomini che "erravano di qua e di là,
cambiando senza posa dimora"?45. I
nuovi guerrieri provenivano dal Ducato
di Normandia dove nel 911 si erano
insediati come vassalli del re di Francia;
avevano incominciato a frequentare il
Mezzogiorno di ritorno dai pellegrinaggi
in Terra Santa, quando solevano fermarsi
al Santuario di S. Michele sul Gargano.
Pare che proprio dopo la sconfitta di
Canne parte dei normanni superstiti
decisero di stabilirsi al Sud, richiamando
al seguito le proprie famiglie. In una
situazione in cui erano tanti i fronti su cui
battersi, i normanni non tardarono ad
inserirsi adeguatamente nel gioco
politico dei principi italiani e, quando i
tumulti antibizantini incendiarono Bari,
nel 1038 e nel 1040, provocando rivolte
in tutto il Catepanato, essi si schierarono
al fianco dei rivoltosi. Approfittando
della scarsa resistenza imperiale, poiché
gran parte delle truppe erano impegnate
in Sicilia contro i saraceni, il contingente
normanno guidato da Arduino, con
l'appoggio e forse la cieca complicità
delle forze locali, si impadroniva di
Lavello, Ascoli Satriano e Melfi. Sospinti
dall'appoggio incondizionato dei principi
longobardi di Salerno e Benevento, che
continuavano a considerarli alla stregua
di abili soldati di ventura, i normanni si
insediarono a Melfi, "la ricca città che li
fece grandi".46A questo punto i normanni
cominciavano a gestire la loro forza ed il
loro impegno militare con una nuova
mentalità strategica e politica e, grazie ai
territori della contea di Aversa e del
ducato di Melfi, riconosciutigli dal
Principe di Salerno, essi acquisivano una
posizione autonoma di dominio nel
Mezzogiorno. Guglielmo Braccio di
Ferro, primogenito degli Altavilla, fu
eletto capo a Melfi e la città, divisa fra i
dodici conti, diveniva la capitale del
nuovo stato e per questo rafforzata con
un castello e cinta di mura. Da questo
momento l'egemonia normanna cominciò
a crescere parallelamente al declino delle
aristocrazie longobarde e bizantine. Nel
gennaio del 1043 Guaimario, principe
longobardo di Salerno, velleitariamente e
con autonoma designazione, appoggiato
dai conti normanni, assumeva il titolo di
dux apuliae e calabrie, tentando
l'ennesimo vano sforzo unitario nel
Mezzogiorno. A frenare le mire
egemoniche di Guaimario, in un
panorama di crescente degradazione
sociale e politica, repentinamente giunse
d'Oltralpe Enrico III che, restituito il
Principato di Capua a Pandolfo IV,
confermava i possedimenti normanni a
Drogone d'Altavilla, erede del fratello
Guglielmo,
conferendogli
testè
l'investitura al pari dei principi
longobardi. Da questo momento, sulla
una costante verifica dei rapporti
fra le due parti, furono convocati
numerosi Concilii nella capitale
normanna di Melfi, dove ormai
risiedeva il fulcro delle attività
politiche ed amministrative. Il
primo venne promulgato da
Niccolò II fra il 3 e il 25 agosto
del 1059 con lo scopo ufficiale di
riaffermare
l'osservanza
del
celibato in un'area in cui i preti
facilmente prendevano moglie. In
realtà però questo Concilio
scorta dell'immunità imperiale, la
spinta conquistatrice dei normanni
diventò "legittima" ed irrefrenabile.
Roberto il Guiscardo, il più giovane
degli Altavilla, si impossessò di
importanti presidi, spingendosi fino
alla valle del Crati, dopo che
Drogone gli aveva aperto la strada
attraverso Tricarico. Le conquiste
normanne cominciavano a turbare il
Papa, che avvertiva nei modi di
questi guerrieri una preoccupante
irriverenza
nei
confronti
dell'autorità
dei
vescovi
e
dei
possedimenti della Chiesa. Leone IX si
diresse allora in Germania dove Enrico
III, informato delle violazioni normanne
promise la restaurazione dell'autorità
della chiesa. Ma ciononostante, il 18
giugno del 1053, il Papa perdeva la sua
guerra sul campo, poiché i normanni,
guidati da Umfredo d'Altavilla, Roberto
il Guiscardo e Riccardo Quarel,
sgominarono la resistenza germanica e
quella dell'esercito pontificio, duramente
battuto ed umiliato. Negli anni a venire i
rapporti fra la Santa Sede ed i normanni
non saranno mai troppo tranquilli e
questi, più volte scomunicati, riusciranno
però sempre a riconquistare le grazie
pontifice. E proprio per la necessità di
arrivava dopo lo scisma del 1054, in una
situazione i cui i rapporti fra le "due
Chiese" erano molto tesi e bisognosi di
chiarimenti. La necessità di una
protezione interna era per il Papa
divenuta una emergenza tanto che la
riconciliazione con i normanni avvenne
proprio in quella sede; Roberto
d'Altavilla, riconosciuto "Dei Gratia et
Sancti Petri dux Apuliae Calabrie et
utroque subveniente futurus Siciliae",
giurò dunque fedeltà al Pontefice,
garantendogli salvaguardia e protezione.
I conti normanni, per la prima volta, si
riconoscevano vassalli del proprio duca
Roberto d'Altavilla.
Nel gennaio del 1072 l'egemonia
normanna si era estesa fino alla Sicilia e
nulla aveva potuto la reazione bizantina
contro l'astuzia e l'abilità di Roberto
d'Altavilla, proprio per questo detto il
Guiscardo. Ma Gregorio VII non vedeva
di buon occhio l'avanzata dei normanni, e
quando questi conquistarono anche
Capua, lanciò la scomunica contro gli
Altavilla che, per tutta risposta, nel
dicembre del 1076, presero Salerno.
Le trame ordite da Gragorio VII e dai
conti infedeli cercavano invano di
incitare alla rivolta le popolazioni
locali, stremate da anni di
conflitti, spesso incomprensibili, e
dalla peste che, in particolare,
aveva colpito la bassa valle del
Bradano e Matera. Dopo aver
domato
l'ennesima
congiura
interna il Guiscardo conferma al
nipote
Roberto,
conte
di
Montescaglioso, la contea di
Matera,
ma
gli
sottrae
Santarcangelo,
Roccanova,
Castronuovo,
Colobraro
e
Policoro, che assegna al duca di
Andria già possessore di Banzi.
Il 31 maggio del 1081 Gregorio
VII
dovendo
fronteggiare
l'elezione dell'antipapa ritira la
scomunica e riconosce la signoria
degli Altavilla su Salerno e
Amalfi, in cambio di fedeltà e
protezione.47Ad Acerenza intanto
il vescovo Arnoldo dava inizio
alla costruzione della nuova
basilica e, mentre il duca Roberto,
soprattutto in tempi di scomunica,
concedeva beni e privilegi ai
vescovi della sua zona, il conte di
Chiaromonte faceva donazioni
alla comunità monastica di rito
greco di Carbone, sulla quale esercitava
giurisdizione il vescovo di Tursi, di rito
latino. La situazione religiosa era ancora
molto confusa.
Il 17 luglio del 1085, a Cefalonia,
un'epidemia malarica stroncava la vita di
Roberto il Guiscardo che si era recato in
Terra Santa. Ruggiero, figlio in seconde
nozze di Roberto con Sicelgaita, venne
riconosciuto Duca di Puglia, elezioni alle
quali si oppose Boemondo, nato dal
primo matrimonio con la ripudiata
Alberada; dopo anni di lotte interne, nel
1089, i due si accordarono con la
spartizione dei territori cosicché a
Boemondo venne affidato un grande
feudo che comprendeva, fra gli altri,
Taranto, Matera, Montepeloso e Torre di
Mare o Santa Trinità (l'antica
Metaponto). Nel settembre del 1089
Urbano II convocava un nuovo Concilio
a Melfi nel quale i baroni furono indotti a
firmare la "tregua di Dio" per assicurare
un pò di pace alle popolazioni locali
stremate dalle guerre. Sei anni più tardi
lo stesso Papa, nel Concilio di Clermont,
bandiva la crociata in Terra Santa. Una
moltitudine di fedeli partì allora, dalle
coste pugliesi, per liberare il sepolocro di
Cristo dalle mani dei turchi; salparono in
settemila, secondo le cronache del tempo,
e fra questi vi erano Boemondo
d'Altavilla e quel Tancredi che, cantato
dal Tasso nella Gerusalemme Liberata,
pare fosse figlio di Ottobono Marchisio,
signore di S. Chirico Raparo.
Nel 1111 morirono sia il duca di Puglia
Roberto che il fratello Boemondo
cosicché, dopo la breve reggenza di
Guglielmo, il duca di Sicilia Ruggiero
veniva acclamato duca di Puglia. Ma nel
fare domanda di legittimazione al
pontefice questi non solo gliela negò ma,
per presunte irregolarità commesse
contro alcuni vescovi siciliani, lo
scomunicò. La storia si ripeteva. Onorio
II "a capo delle milizie raccozzate dei
baroni a sè aderenti"48si faceva incontro a
Ruggiero verso il Bradano; questi,
astutamente e per quaranta giorni, attese
sulla sponda sinistra del fiume, un tempo
infinito in cui, come previsto, si sgretolò
l'esercito "raccozzato" del Papa che
dovette infine trattare e riconoscrere a
Ruggiero la legittimità del ducato di
Puglia e Calabria in cambio della sua
fedele protezione.
La difesa dei normanni era affidata ad un
forte e numeroso esercito composto di
vassalli armati e saraceni, i quali
dimoravano ormai stabilmente nei
territori del Regno; Castelsaraceno, del
resto, era sorta già nel 1031. Le vicende
dell'investitura
di
Ruggiero
si
intrecciarono con l'ennesimo scisma, la
duplice elezione al soglio pontificio di
Anacleto ed Innocenzo. Anacleto,
l'antipapa, in cambio dell'appoggio
normanno, nel dicembre del 1130 coronò
Ruggiero sovrano di Sicilia, di Puglia e
di Calabria. Questa mossa scatenò le ire
di papa Innocenzo che nel 1137,
accompagnato da Lotario III, varcò le
Alpi dirigendosi verso il Sud.
Sopraggiunti in Melfi, il papa e
l'imperatore delegittimarono Ruggiero in
favore di Rainulfo, ed a Lagopesole,
dove ancora non vi era che un casale,
Innocenzo concesse il perdono ai
benedettini che avevano appoggiato
l'antipapa.49La fortuna però era dalla
parte dell'impavido Ruggiero poiché "al
novello anno, morto l'antipapa, morto
l'imperatore al passaggio delle Alpi,
morto Rainolfo il pretendente",50sorpreso
e fatto prigioniero Innocenzo II, otteneva
in cambio la legittima corona di re di
Puglia, Calabria e Sicilia. Il fulcro delle
attività normanne si spostava così a
Palermo e gli Altavilla potevano dirsi
padroni del Mezzogiorno d'Italia.
Nella sua lunga reggenza Ruggiero ebbe
il merito di dare un ordinamento ed una
legislazione unitaria al Regno, opera poi
completata da Guglielmo I con il
Catalogus
Baronum;
egli
prima
trasformò i vecchi feudi in Camerariati e
Giustizierati
-nasceva
così
il
51
Giustizierato
di
Basilicata- e
successivamente istituì appositi registri
(quaterni
fiscales)
per
definire
adeguatamente i confini dei feudi. In
questo periodo se l'area del Vulture
manteneva buoni rapporti economici e
commerciali con la Puglia, nel resto del
Giustizierato prevaleva una economia
sostanzialmente chiusa, nonostante i
nuovi contratti di
locazione delle
terre, introdotti
da
Ruggiero,
consentissero
una
certa
rivitalizzazione
del
settore
52
agricolo. Ma la
crisi
che
fomentava
era
causata
dalla
resistenza
alle
rigide
regolamentazioni
normanne
opposta
dall'aristocrazia
feudale, sempre
più
subalterna
sul piano politico
e
amministrativo.
Le vicende delle
successioni
al
trono,
seguite
alla morte di
Ruggiero II, non
toccarono
da
vicino i paesi e
le
terre
di
Basilicata poiché
il cuore della
politica
normanna si era
ormai spostato a
Palermo, dove
risiedevano
anche gran parte dei conti. Melfi,
Venosa, Potenza e Matera, nonostante
città demaniali, non vivevano quel
fermento che animava soprattutto al Nord
le
società
dei
Comuni,
una
emancipazione non facile sia per la
politica poco incline alle autonomie
locali praticata dai normanni e sia perché
le città lucane erano tagliate fuori dei
grandi scambi economici e commerciali.
In fermento invece si presentava la
situazione delle comunità monastiche che
ebbero un discreto incremento soprattutto
grazie
all'opera
dei
benedettini.
Particolare rilievo assunse la comunità di
San Michele Arcangelo di Monticchio,
mentre decadeva progressivamente la
badia di Venosa e la chiesa della Trinità,
lasciata incompiuta dagli Altavilla che
dopo la morte del Guiscardo preferirono
il sepolcro del duomo di Palermo. Fra il
XII e il XIII sec. svolse un grande ruolo
la diocesi di Marsico guidata dal vescovo
Giovanni, benedettino di Cava, che si
operò molto per la diffusione delle
comunità e delle donazioni; in tale
contesto terre e privilegi continuvano ad
esser deputati alle Chiese ed alle
comunità
monastiche
soggette
all'archimandrita del monastero di
Sant'Elia e di Sant'Anastasio di Carbone,
fino a quando, nel 1174 un incendio
devastò il vecchio monastero e i monaci
che riuscirono a salvare dalle fiamme
gran parte della biblioteca, ripararono sul
monte Chiaro dove, presso la chiesa di S.
Caterina, riedificarono il monastero. Sul
finire del XII secolo grazie al matrimonio
fra Costanza d' Altavilla, l'ultima figlia di
Ruggero II, e l'erede al trono di Roma,
Enrico di Svevia (figlio di Federico I
Barbarossa), celebrato il 25 dicembre del
1194 malgrado le resistenze della Chiesa,
il Sacro Romano Impero e il Regno dei
normanni si univano sotto la stessa
corona. Ma la morte prematura di Enrico
IV di Svevia infuocò gli animi dei
pretendenti che provarono in tutti i modi
a delegittimare l'erede al trono, ancora
minorenne e sotto la tutela di Costanza.
Ottone di Brunswick, nonostante la
scomunica di papa Innocenzo III,
rivendicava i diritti sul Regno al punto da
scendere in armi nel Mezzogiorno, fra il
1210 e il 1211, dove gran parte delle città
e dei vescovi si schierarono dalla sua
parte.
Nessuno in Germania voleva riconoscere
i diritti del giovane Federico, ma la sorte
era dalla sua parte: Filippo di Svevia,
fratello di Enrico IV, moriva assassinato
il 21 giugno del 1208, mentre Ottone di
Brunswick veniva messo fuorigioco dalla
scomunica emanata da Innocenzo III,
custode di Federico dopo la morte di
Costanza. Nel frattempo, per rispettare il
volere del papa che poi rispecchiava le
ultime volontà di Costanza d'Altavilla, il
giovane Federico rinunciava alla corona
di Sicilia in favore del figlio Enrico,
affinché
non
si
compisse
mai
l'assimilazione del Regno di Sicilia
all'Impero. Così fatto, nell'autunno del
1220 Federico potè finalmente entrare in
Italia per essere incoronato Imperatore da
Onorio III, confermando fedeltà alla
chiesa e promessa di crociata in Terra
Santa.
47
45
Vedi, Salvatore Tramontana, La monarchia
normanna e sveva, in Storia d'Italia diretta da
Giuseppe Galasso, Torino, Utet, 1983, vol. III,
pg.464.
46
Cfr. Giacomo Racioppi, op.cit., pg. 104.
Melfi era stata fondata dal Catapano Basilio Bojanna
nel 1018 con obiettivi militari e difensivi, in una
posizione consona al controllo della strada per
Napoli.
"il conquistatore donava le acquistate terre a S.
Pietro, e il successore di S. Pietro le concedeva in
feudo al conquistatore: il quale dava giuramento di
fedeltà al santo e al suo successore, e prometteva di
pagarne un censo in perpetuo e aiutarli di soldati
contro i loro nemici, Era il crisma della legittimità che
la Chiesa impartiva al nuovo arrivato nella famiglia
dei re: era la fonte della forza morale che invigoriva
il nuovo Duca in faccia ai popoli soggetti", cfr.
Giacomo Racioppi, op.cit, vol. II, pg.111.
48
Ivi, vol. II, pg. 119.
"Le due maggiori potestà della terra, sbalzate così
da lungi su quel monte di Lucania (... ). Lagopesole,
certamente, non aveva mai visto -nè mai più
vedrebbe- uno spettacolo simigliante". Cfr. Giustino
Fortunato, Il castello di Lagopesole, a c.d. Franco
Sabia, Pianeta Libro Editori, 1995, pg.28/29.
50
Ivi, pg.33.
51
Non è possibile datare con documento certo la
nascita di un Giustizierato di Basilicata come poi
invece si presenta in epoca federiciana, è certo però
che sin dagli anni successivi al 1133 è attestata la
presenza di giustizieri a regolare le vicende
amministrative del Regno. Sull'acquisizione del
nome della regione cfr. Giacomo Racioppi, op.cit.,
vol. II, pg. 22 e ss.
52
Il contratto garantito dall'enfiteusi consentiva di
pagare il censo solo dal momento in cui le
coltivazioni introdotte cominciavano ad essere
redditizie; il contratto di pastinato, molto utilizzato
dalle comunità monastiche, consentiva, allo scadere
del decimo anno, il riscatto di metà della quota con
diritto di prelazione sull'altra.
49
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