Riabilitazione del Piede Piatto Infantile.pages

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Dott. Tony Paradiso
Medico Chirurgo Specialista in Fisioterapia
Master in Posturologia
(OMCeO Milano n. 41938)
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“Trattamento riabilitativo del piede piatto infantile”
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(realizzato nel 1987 in collaborazione con i Dottori
T.W.Bilotta, I.Fusaro, L.Prioli, G.Mari, A.Mignani, E.Teutonico
presso il Servizio di Recupero e Rieducazione Funzionale degli Istituti Ortopedici Rizzoli di Bologna)
Il trattamento rieducativo del piede piatto è indicato in fasi diverse della
deformità e con modalità diverse a seconda della gravità del quadro clinico e
dell’etiologia. In caso di piede piatto essenziale distinguiamo pertanto: la prevenzione,
la rieducazione delle forme di I e II grado associata al plantare, la rieducazione del
piede piatto operato.
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Prevenzione:
molto spesso il medico viene consultato da mamme preoccupate per i piedi dei figli. Se
il bambino è piccolo (2-3 anni) si tratta di un piede piatto cosiddetto “falso” che non
richiede trattamento rieducativo. Tuttavia, non essendo oggigiorno il normale sviluppo
del piede facilitato dalla calzatura spesso incongrua e dal cammino su superfici
omogenee, è bene consigliare alle mamme l’uso di calzature adeguate e la
deambulazione su terreni diversi per fondo ed elasticità. Il discorso preventivo si allarga
ai bambini dai 4 ai 6-7 anni qualora presenti quei fattori costituzionali, psicologici o
ambientali che possano favorire l’insorgenza di un piede piatto. In questi casi, oltre al
controllo ponderale, sollecitiamo l’inserimento in ambienti sociali idonei dove il
bambino sta con i coetanei, possibilmente all’aria aperta e pratica attività fisica di
gruppo.
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Trattamento rieducativo del piede piatto di I grado:
in queste forme con prove funzionali positive per la correggibilità e quindi lievi, la
correzione della deformità e la stabilizzazione del risultato si ottengono sfruttando
meccanismi attivi, i muscoli cavisti, e meccanismi passivi, articolari e capsuloligamentosi. Associamo inoltre un trattamento sensitivo-propriocettivo allo scopo di
migliorare lo sviluppo del piede. Per quanto riguarda la componente muscolare
consideriamo importante soprattutto l’azione del muscolo tibiale posteriore, del
muscolo flessore proprio dell’alluce e dei muscoli intrinseci che rinforziamo in
associazione al muscolo peroneo lungo ed al muscolo flessore comune delle dita.
Il muscolo tibiale posteriore contraendosi richiama lo scafoide in basso e in dietro sotto
la testa dell’astragalo che così corregge la sua posizione spostandosi in alto e in dietro.
Il muscolo flessore proprio dell’alluce la cui contrazione, provocando il sollevamento
del “sustentaculum tali”, sollecita in varo il calcagno.
I muscoli intrinseci agiscono sia a livello del retropiede, determinando l’inversione del
calcagno, sia a livello dell’arcata che stabilizzano e livellano.
I meccanismi passivi che sfruttiamo per correggere il piattismo sono:
•l’aponeurosi plantare che durante il movimento di estensione
delle dita funziona con meccanismo a verricello e si avvolge
intorno alle teste metatarsali con conseguente elevazione
dell’arcata longitudinale;
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Studio Medico Associato Mararaton - Viale Lombardia, 34 - 20131 Milano
OMNIA MEDICA - Via Tiro a Segno, 23/A - 71100 Foggia
cell.: (+39) 3356677115
web: http://www.tonyparadiso.it
e-mail: [email protected]
Dott. Tony Paradiso
Medico Chirurgo Specialista in Fisioterapia
Master in Posturologia
(OMCeO Milano n. 41938)
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•il metatarsal break, asse obliquo metatarsale che concorre in carico
a muovere l’avampiede all’esterno permettendo l’inversione del
calcagno.
Sfruttando questi principi il nostro programma rieducativo
prevede esercizi sia in scarico che in carico senza e con stimoli
sensitivo-propriocettivi. Data l’età dei pazienti abbiamo elaborato
esercizi semplici ma molto variati, sotto forma di un gioco, che il
bambino deve ripetere a casa quotidianamente ed il più
frequentemente possibile.
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Trattamento rieducativo del piede piatto in associazione al plantare:
dopo i 3-4 anni di età il piede clinicamente e funzionalmente piatto di II e III
grado, non doloroso, necessita di un trattamento con ortesi. Questa ha lo
scopo di ristabilire il normale rapporto tra astragalo e calcagno e mantenere
la correzione per un tempo sufficiente alla strutturazione del retropiede.
Costruiamo il plantare tramite osservazione podoscopica ed E.D.G. ed
utilizziamo quest’ultimo anche per valutare l’efficacia dell’ortesi durante il
cammino. Se l’ortesi è ben costruita, l’E.D.G. eseguito con i plantari
indossati mostra la normalizzazione dei parametri patologici riscontrati
nell’esame a piedi nudi. Il plantare deve essere usato a tempo pieno
associando al trattamento ortesico quello chinesiterapico allo scopo di
favorire lo sviluppo scheletrico del piede in posizione corretta e la
stabilizzazione della correzione. In scarico il bambino rinforza i muscoli
cavisti, in piedi con plantari e calzature si esercita nel cammino sui talloni,
sulle punte e nel passo incrociato. Dopo l’abolizione del plantare, cioè dopo
un periodo di circa 2 o 3 anni di trattamento, il bambino deve continuare gli
esercizi di rinforzo muscolare associando a questo punto anche la ginnastica
di stimolazione sensitivo-propriocettiva.
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Trattamento rieducativo del piede piatto operato:
dopo l’intervento chirurgico è sempre presente un deficit articolare e propriocettivo
dovuto alla traumaticità dell’atto operatorio sulle strutture capsulo-ligamentose e
tendinee. La successiva immobilizzazione gessata aumenta questo squilibrio provocando
inoltre una riduzione del tono-trofismo muscolare. Pertanto il trattamento rieducativo
del piede piatto operato si prefigge il ripristino dell’articolarità, il rinforzo muscolare e
la rieducazione propriocettiva.
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Recupero dell’articolarità.
Data l’età dei pazienti, il ripristino dell’articolarità si ottiene facilmente in caso di
endortesi del canale del tarso. Interventi più impegnativi come l’intervento di Grice,
specie se associati al “tempo interno”, determinano frequentemente rigidità secondarie
della sottoastragalica anche per il lungo tempo dell’immobilizzazione gessata. Il
recupero dell’articolarità si avvale delle mobilizzazioni passive che vanno eseguite su
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tutte le articolazioni, anche a livello della sottoastragalica qualora la tecnica operatoria
non ne preveda il blocco.
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Rinforzo muscolare.
Per il rinforzo muscolare, che va rivolto a tutti i compartimenti, si utilizzano le
metodiche classiche di mobilizzazione attiva e contrastata comprese le facilitazioni
neuro-muscolari. Se non è stato eseguito il “tempo interno” favoriamo la ritensione del
muscolo tibiale posteriore praticando esercizi in accorciamento. Quando il trofismo è
particolarmente deficitario associamo elettroterapia con correnti di Kots, ad effetto
altamente trofico.
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Rieducazione del cammino, rieducazione propriocettiva.
Costituiscono il momento più importante del trattamento riabilitativo perchè si
propongono di ridare al piede la sua funzione di valido e corretto sostegno. Per quanto
riguarda la deambulazione occorre ricercare il corretto appoggio del piede ed il normale
svolgimento del passo associando esercizi sui talloni
e sulle punte. In questo modo il bambino ritrova
l’armonia e la correttezza del passo e l’automatizza.
Contemporaneamente pratichiamo la rieducazione
propriocettiva per riattivare quei circuiti riflessi
necessari per mantenere l’andatura che l’intervento
chirurgico e l’uso dell’apparecchio gessato hanno
ridotto. L’attivazione propriocettiva, dando al
bambino la sicurezza dell’appoggio statico e
soprattutto dinamico, crea la condizione
indispensabile per l’esecuzione del salto e della
corsa e quindi per il recupero totale della funzione del piede.
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