QUALE psicologia, Nuova Serie, Anno 3, Numero 5, Supplemento n. 4, Gennaio 2016. Semestrale dell’Istituto per lo Studio delle Psicoterapie fondato nel 1992. Organo della Società Italiana di Psicoterapia e della Società Italiana di Psicoterapia Strategica. Direttore responsabile Valeria Verrastro. Copertina a cura di Renato De Marco. Direzione, Redazione e Amministrazione 00185 Roma; Via San Martino della Battaglia 31; Telefoni 06 44340019, 328 6068080; Fax 06 44340017; www.qualepsicologia.it Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 86 del 17 Aprile 2013. ISSN 1972-2338. Finito di stampare in proprio il 30 Gennaio 2016. Gambling, il trattamento del gioco d'azzardo patologico A cura di Valeria Verrastro A cura di Valeria Verrastro Gambling, il trattamento del gioco d'azzardo patologico QUALE psicologia, Nuova Serie, Anno 3, Numero 5, Supplemento n. 4, Gennaio 2016 ISSN 1972-2338 In collaborazione con l’ISP, Istituto per lo studio delle psicoterapie ed il BART, Behavioral Addiction Research Team A cura di Valeria Verrastro Gambling Il trattamento del gioco d’azzardo patologico QUALE psicologia, Nuova Serie, Anno 3, Numero 5, Supplemento n. 4, Gennaio 2016 ISSN 1972-2338 2 In collaborazione con l’ISP, Istituto per lo studio delle psicoterapie ed il BART, Behavioral Addictions Research Team QUALE psicologia, Nuova Serie, Anno 3, Numero 5, Supplemento n. 4, Gennaio 2016 Semestrale dell’Istituto per lo Studio delle Psicoterapie fondato nel 1992 Organo della Società Italiana di Psicoterapia e della Società Italiana di Psicoterapia Strategica Direttore responsabile Valeria Verrastro. Copertina a cura di Renato De Marco. Direzione, Redazione e Amministrazione 00185 Roma; Via San Martino della Battaglia 31; Telefoni 06 44340019, 328 6068080; Fax 06 44340017; www.qualepsicologia.it Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 86 del 17 Aprile 2013. ISSN 1972-2338 Finito di stampare in proprio il 30 Gennaio 2016. 3 Indice 5 Aspetti ossessivo-compulsivi e gioco d’azzardo patologico F. Petruccelli, P. Diotaiuti, V. Verrastro, I. Petruccelli, M. L. Carenti, D. De Berardis, F. Iasevoli, A. Valchera, M. Fornaro, G. Martinotti, M. Di Giannantonio, L. Janiri 22 Mercato d’azzardo. Il gioco online Carolina Zegarelli 27 Gambling: tra impulsività e pensiero magico David Scaramozzino 36 Il Gioco D’Azzardo e la sua progressione in patologia Maria Luisa Carenti 40 Il trattamento del gioco d’azzardo patologico Valeria Saladino 57 102 La scatola nera del gioco Matteo Pio Ferrara Autori 4 Aspetti ossessivo-compulsivi e gioco d’azzardo patologico F. Petruccelli, P. Diotaiuti, V. Verrastro, I. Petruccelli, M. L. Carenti, D. De Berardis, F. Iasevoli, A. Valchera, M. Fornaro, G. Martinotti, M. Di Giannantonio, L. Janiri traduzione a cura di Fiorenza Giordano Il gioco d’azzardo patologico (PG) è definito come un modo di giocare inadeguato e compulsivo che persiste nonostante conseguenze negative per l’individuo, il suo lavoro e la sua famiglia. Questo comportamento disfunzionale è spesso associato a un aumento di problemi finanziari, legali e psicologici. In Italia questa pratica è in aumento, è stato stimato che il 54% della popolazione adulta (tra i 18 e i 74 anni) gioca d’azzardo almeno una volta l’anno. I giocatori sono circa 30 milioni suddivisi nelle varie tipologie di gioco, e la spesa per il gioco d’azzardo, le scommesse e le lotterie è aumentata da 6000 a 17000 milioni di euro in quattro anni. Il gioco d’azzardo patologico riguarda anche gli adolescenti ponendo importanti questioni relative alla prevenzione. Attualmente la quinta edizione del Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali (DSM-5) include il PG nella categoria dei disturbi da dipendenza: è definito come disturbo da gioco d’azzardo (GD) e costituisce la sola nuova dipendenza ad essere stata aggiunta, l’unica “senza una sostanza”. Il GD presenta numerose analogie con i disturbi da 5 utilizzo di sostanze (SUDs), ad esempio, la progressiva perdita di controllo sul comportamento, la ricerca di uno stato euforico o “elevato”, la brama, la resistenza e i sintomi da astinenza. Inoltre, ma non meno importante, il PG mostra molteplici assonanze con il disturbo ossessivocompulsivo (OCD). Infatti il dibattito su come considerare il PG, se come un disturbo da dipendenza o come un disturbo appartenente allo spettro del disturbo ossessivo-compulsivo, è rimasto aperto fino alla pubblicazione del nuovo manuale. La definizione di disturbo ossessivocompulsivo è stata proposta da diversi ricercatori agli inizi del 1990 e si riferisce a un gruppo di disturbi che condividono alcune caratteristiche con l’OCD. L’OCD è il prototipo del disturbi compulsivi. Le ossessioni sono definite come pensieri ricorrenti e persistenti, percepiti dal soggetto come invasivi. I comportamenti compulsivi sono definiti come azioni ripetitive, rigide e stereotipizzate; gli individui riferiscono di essere spinti a compierle al fine di prevenire o ridurre conseguenze avvertite come negative. L’ossessione per il gioco d’azzardo descritta nel DSM-5 richiama i tipici pensieri ossessivi dei pazienti che soffrono di OCD; inoltre il giocare d’azzardo si presenta come un’azione ripetitiva, a cui è difficile opporre resistenza e sembra volta a neutralizzare o ridurre il cattivo umore come ad esempio l’ansia e la tensione, mostrando ancora una volta punti di contatto con l’OCD. Si è ipotizzato che nella dipendenza la compulsione abbia origine da una 6 squilibrio di specifiche sostanze neurochimiche che colpiscono i sistemi di gratificazione e di stress del cervello. Un’altra ipotesi ha proposto che alla base del comportamento compulsivo vi sia un coinvolgimento della sfera dell’anedonia. L’indebolimento della capacità edonistica, come possibile conseguenza di una disfunzione neuropsicologica di base, potrebbe essere decisivo nel determinare un coinvolgimento in frequenti e ripetuti episodi di gioco d’azzardo, che rappresenterebbero un tentativo di compensazione per riequilibrare un benefico stato di anedonia, nonostante le conseguenze negative. Questa ipotesi è stata proposta anche per altre tipologie di dipendenza. La relazione tra il disturbo da gioco d’azzardo e quello ossessivo-compulsivo è stata analizzata da diverse prospettive. La maggior parte delle ricerche si rivolgono agli aspetti fenomenologici dei due disturbi. Alcuni studi hanno messo a confronto contemporaneamente il PG e l’OCD dalla prospettiva della personalità, individuando delle analogie nell’ambito della personalità e riscontrando che i pazienti PG e quelli OCD presentano profili simili. Blaszczynski nel 1999 ha analizzato la presenza di ossessioni e compulsioni in soggetti affetti da PG utilizzando il Padua Inventory. Altri studi hanno riportato che il PG presenta maggiori analogie con i SUDs che con l’OCD. L’obiettivo del nostro studio è stato quello di valutare l’incidenza del gioco d’azzardo nel campione italiano, considerando l’influenza di variabili sociodemografiche e di individuare eventuali correlazioni tra le caratteristiche pro- 7 prie del gioco d’azzardo e quelle del disturbo ossessivo-compulsivo. Metodi e procedimento L’analisi è stata effettuata in Italia, più specificamente in piccoli paesini del Lazio, della Campania e della Sicilia, presso bar e tabaccai dotati di slot-machines e postazioni del lotto. I partecipanti sono stati informati degli obiettivi dello studio e la loro partecipazione è stata volontaria. Valutazione. Il gioco d’azzardo patologico è stato analizzato attraverso il South Oaks Gambling Screen (SOGS). Le variabili sociodemografiche e gli aspetti ossessivo-compulsivi sono stati esaminati e valutati in base all’Assessment CognitivoComportamentale 2.0 (CBA 2.0). Il South Oaks Gambling Screen (SOGS) è un questionario con 20 item basato sui criteri diagnostici del DSM-III relativi al gioco d’azzardo patologico. Si tratta di un questionario autosomministrato e sembra essere un valido e affidabile strumento di valutazione per un rapido screening sul gioco d’azzardo patologico. La batteria dell’Assessment Cognitivo-Comportamentale 2.0 (CBA 2.0) è costituita da dieci tabelle, ognuna delle quali comprende quesiti che esplorano uno specifico aspetto del soggetto, ad esempio la storia personale, l’ansia, alcune caratteristiche della personalità, lo stress, le paure, la depressione, e l’ossessione e compulsione. Le scale del CBA 2.0 utilizzate nel nostro studio sono state le tabelle numero 1 e numero 9. La tabella 1 è costituita da 25 quesiti e raccoglie i 8 dati personali. È una sorta di fascicolo autobiografico che indaga la storia personale del soggetto analizzando inoltre il percorso scolastico e accademico e le attuali condizioni di coabitazione. La tabella numero 9 (MOCQ-R) è un formato ridotto del Maudsley Obsessional-Compulsive Questionnaire (MOCQ). L’MOCQ-R consta di 21 quesiti dicotomici suddivisi in tre sottoscale ognuna delle quali comprende 7 quesiti che analizzano le tre principali caratteristiche del disturbo ossessivo-compulsivo: il controllo (comportamenti finalizzati a ripetere un controllo non necessario), la pulizia (preoccupazioni riguardo l’igiene, la pulizia e improbabili contaminazioni), e il dubbio-rimuginio (dubbi ricorrenti e pensieri invasivi). Per prima cosa sono stati misurati i comportamenti ossessivo-compulsivi, ad esempio il rituale del controllo (checking), i rituali relativi all’ordine e alla simmetria (ordering), i rituali riguardanti il lavarsi e le procedure di decontaminazione (cleaning), e i pensieri ossessivi (obsessing). In una seconda fase le misurazioni sono state volte a distinguere tra i giocatori d’azzardo patologici e sociali, individuando anche una zona borderline. Risultati Il campione è costituito da 300 soggetti di età compresa tra i 18 e i 65 anni (età media 36 anni); 174 maschi (58%) e 126 femmine (42%). La scelta dei soggetti è stata casuale. Abbiamo innanzitutto analizzato l’affidabilità dello strumento del South 9 Oaks Gambling Screen. I partecipanti che hanno raggiunto un punteggio compreso tra 0 e 2 sono stati considerati, in relazione al gioco, soggetti con un buon controllo, coloro che hanno ottenuto punteggi di 3 e 4 sono stati classificati come giocatori borderline, e infine coloro che hanno totalizzato un punteggio di 5 o più sono stati classificati come giocatori d’azzardo patologici. Tra questi ultimi, i punteggi superiori a 5 indicano un serio problema con il gioco d’azzardo. Come risultato di questa classificazione e in relazione ai punteggi ottenuti i partecipanti sono stati suddivisi in quattro gruppi in base al punteggio ottenuto (1= buon controllo; 2= borderline; 3= problemi con il gioco d’azzardo; 4=seri problemi) e in base all’età sono stati inseriti in tre gruppi principali con un intervallo di 15 anni ciascuno (18-33; 34-49; 50-65). Il 17.3% del campione si colloca in un’area caratterizzata da una relazione patologica con il gioco d’azzardo. Considerando anche coloro che si collocano in un’area borderline abbiamo potuto individuare un gruppo particolarmente ampio di soggetti (25.6%). Rispetto al genere, abbiamo registrato una notevole prevalenza di uomini. La fascia d’età maggiormente vulnerabile al gioco d’azzardo patologico è stata la prima (18-33 anni), mentre i casi borderline appartengono fondamentalmente alla seconda fascia d’età (34-49 anni). Il trend è lo stesso per maschi e femmine. Lo studio ha innanzitutto reso possibile identificare all’interno del campione un numero significativo di soggetti che per le loro caratteristiche comportamentali di pensiero e azioni possono essere 10 esclusi dal gruppo di coloro che presentano un disturbo di tipo ossessivo-compulsivo. La correlazione riscontrata tra gli strumenti ci ha fornito ulteriori spunti di riflessione sulla prospettiva da cui approcciare il disturbo ossessivo-compulsivo e il gioco d’azzardo. Il dibattito in letteratura è tutt’ora aperto e oscilla dal modello di gioco d’azzardo in quanto comportamento patologico (in cui le componenti ossessive-compulsive giocano un ruolo centrale) a quello delle dipendenze comportamentali. La controversia deriva dal fatto che spesso caratteristiche specifiche del disturbo ossessivo-compulsivo coesistono nel gioco d’azzardo insieme a elementi che possono invece condurre verso teorie differenti. Con il nostro studio abbiamo individuato chiaramente i profili del disturbo ossessivo-compulsivo, ma la correlazione tra la gravità del problema e l’ampiezza e la frequenza dei comportamenti ossessivocompulsivi è stata negativa. Cosa che suggerirebbe che il gioco riduce la tendenza al controllo continuo, l’emergere di dubbi e pensieri invasivi o i rituali compulsivi della pulizia. Questa tendenza sembra essere più pronunciata nel secondo gruppo (età 34-49), quello in cui i soggetti hanno mostrato i problemi più seri con il gioco d’azzardo. Una spiegazione potrebbe essere che, nell’approcciarsi al gioco d’azzardo, i soggetti con inclinazioni ossessivo-compulsive attraverso la ripetizione convulsa di sessioni di gioco ottengono continue rassicurazione sulla loro capacità di controllo, in questo caso una pratica composta da 11 brevi sessioni ritmiche, consente al soggetto un riscontro continuo che fondamentalmente esorcizza la paura della disintegrazione. La compensazione ossessivo-compulsiva determina l’emergere di una vera e propria disfunzione auto-regolatrice, laddove né il controllo ossessivo, né i pensieri invasivi, né i rituali riescono a proteggere il soggetto. In quest’ottica, la scoperta di una correlazione negativa con le sfere del controllo e della pulizia acquista senso in quanto il soggetto subisce un concreto indebolimento delle sue capacità di azione e dell’autodeterminazione. Questa interpretazione non intende escludere i comportamenti ossessivi e dipendenti; cerca piuttosto di osservare la transizione da una forma all’altra. Nel contesto italiano i dati mostrano una situazione estremamente critica riguardo al gioco d’azzardo, in particolar modo nelle aree di provincia. Nella fascia d’età che va dai 18 ai 33 anni, oltre alla presenza di situazioni clinicamente rilevanti relative a componenti ossessivo-compulsive, abbiamo riscontrato una più diffusa e ampia tendenza verso questi comportamenti, sebbene non ancora palesemente patologici. L’aumento di problemi comportamentali legati al bisogno di risorse, all’aumento dei debiti, e a una diminuzione di interesse verso il lavoro e/o lo studio, le problematiche familiari, e le difficoltà nella gestione dei contatti personali sembra essere sempre più correlata al contesto del gioco e a un disturbo ossessivo-compulsivo. Obiettivo di questo studio è stato anche quello di monitorare 12 come l’emergere di casi critici cambia in relazione all’età. Come abbiamo potuto osservare dai nostri risultati, la diffusione del gioco d’azzardo patologico tra la popolazione maschile aumenta con l’età. Un altro aspetto che merita attenzione è la valutazione e l’individuazione di strumenti di aiuto per il soggetto con problemi di gioco d’azzardo. La famiglia sembra essere ancora la principale istituzione in grado di fungere non solo da contenimento emotivo ma anche da supporto economico per il giocatore, che non è più in grado di autogestire efficacemente le sue risorse. In base a questa prospettiva diviene estremamente importante disporre di strumenti affidabili per la rilevazione e la diagnosi precoce dei casi. Conclusioni Attraverso questo studio è stato possibile verificare il significato e la rilevanza dell’uso combinato dei due strumenti per la misurazione della percezione dei problemi di gioco d’azzardo nei clienti di sale da gioco e bar dotati di slotmachines per una valutazione simultanea delle componenti ossessivo-compulsive. In Italia, dove il fenomeno è in crescita esponenziale, in parte a causa di forti interessi (più o meno legittimi) relativi a quest’ambito, sarà necessario monitorare costantemente il rapido evolvere della situazione. Parallelamente a un accurato assessment, è necessario individuare metodi appropriati di intervento specifico in base alla tipologia degli individui coinvolti e dei loro contesti, soltanto in que- 13 sto modo si possono raggiungere risultati realmente incisivi. Alla luce di quanto emerso dal nostro studio un altro punto fondamentale è lo sviluppo di trattamenti alternativi, sarebbe infatti più appropriato sviluppare modelli in grado di equilibrare aspetti psicopatologici e cognitivocomportamentali al fine di intervenire in quella che sembra emergere come una sindrome disomogenea. In base ai risultati del nostro studio il campione di giocatori d’azzardo che abbiamo analizzato non appartiene alla sfera dei disturbi ossessivo-compulsivi. I comportamenti compulsivi osservati nel PG sono molto simili alla compulsione osservata nel SUD piuttosto che a quella mostrata dai pazienti OCD. Questo è in linea con l’approccio recentemente proposto dal DSM5; tuttavia, sono necessari ulteriori studi al fine di chiarire il concetto estremamente ampio di compulsione. In definitiva la nostra ricerca conferma la validità del modello proposto dal DSM-5 riguardo alla classificazione del PG e suggerisce l’importanza di investire in trattamenti analoghi a quelli utilizzati nei disturbi da uso di sostanze piuttosto che in quelli propri dei disturbi ossessivo-compulsivi. Bibliografia American Psychiatric Association. (1994). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 4th Edition. Washington, DC, USA : American Psychiatric Association. • 14 American Psychiatric Association. (2014). Manuale Diagnostico e statistco dei disturbi mentali, DSM-5. Milano: Raffaello Cortina Editore. • Angelucci, F., Martinotti, G., Gelfo, F., et al. 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Dagli albori con la legalizzazione nel paradiso fiscale di Antigua e Barbados, passando per la diffusione negli Stati Uniti e nel Vecchio Continente, l’iGaming ha compiuto passi da gigante coinvolgendo un target di riferimento molto ampio e variegato. Il primo prodotto di intrattenimento progettato per essere implementato su un terminale mobile, è stato sviluppato dagli ingegneri Nokia per alcuni dei suoi modelli ed è stato rilasciato nel 1997 con il titolo di “Snake”. Oggi, invece, si prevede che entro il 2016 il valore del mercato globale dei videogames sarà di 86,1 miliardi di dollari. L’Italia occupa il quarto posto a livello continentale nella classifica dei consumi; un giro di affari che produce un fatturato di ben 84 miliardi e che rappresenta il 4% del PIL e il 10% del totale della spesa per consumi privati. Queste sono le cifre, ovviamente da capogiro ma, nonostante questo, risulta ancora molto indietro nelle gerarchie legate allo sviluppo e produzione di giochi. L’esplosione economica del settore ha tuttavia alimentato la creazione di nuovi posti di lavoro e favorito la proliferazione di migliaia di ingegneri informati e sviluppatori italiani. Parallelamente al mercato classico dei 22 videogiochi si è affiancato quello del gambling, che dopo il largo successo ottenuto sulla rete, in particolare con i casinò games, ha trasferito i suoi prodotti anche su smartphone e tablet. Il mercato del gambling online gode di una salute invidiabile, e si prevede possa mantenere questa tendenza al rialzo anche per i prossimi anni, insediando in un breve lasso di tempo la leadership di altri settori dell’intrattenimento virtuale. In particolare, nel primo semestre del 2015 sono stati registrati un gran numero di accessi attraverso i sistemi portatili alle piattaforme di casinò games regolamentate AAMS: 4.4 milioni di utenti in Italia, hanno usufruito di smartphone e tablet per accedere da internet ai servizi di gambling, avendo a disposizione un’ampia selezione di roulette, migliaia di tavoli virtuali di blackjack e poker, oltre agli innovativi giochi a distanza. Per esempio, in terra campana, ben il 57,8% degli studenti delle scuole superiori è un giocatore assiduo. Stiamo parliamo quindi del gioco minorile e di una media nettamente superiore rispetto a quella nazionale, che si aggira intorno al 47%. Il tutto appare essere strettamente collegato a delle condizioni di povertà assoluta purtroppo abbastanza diffuse. Infatti, in Campania, sono 130 mila, ossia l’11,7%, rispetto ad una media nazionale del 10,3%, che vivono in questa condizione di disagio, che, il più delle volte, porta a fare un qualcosa di rischioso e che va al di là di ciò che un minore dovrebbe fare. Ed è proprio per questo che gli organi regionali stanno tentando di mettersi in moto per cercare di regolamentare in maniera dettagliata la mate- 23 ria, al fine di evitare che il tutto possa trasformarsi in un qualcosa di patologico. La diffusione dei casino games, sia tre le nuove generazioni che nella fascia adulta, ha innescato un vero e proprio fenomeno sociologico grazie alla nascita di gruppi e fanpage sui social network, agorà virtuali funzionali per innescare relazioni sociali che oltrepassano la semplice puntata ad una roulette o la sfida ad un tavolo virtuale di poker. L’approdo in pianta stabile su Facebook rappresenta la nuova frontiera dell’iGaming e dei casinò games, che hanno trovato terreno fertile per diffondere il proprio brand e la propria polarità. A fare da ulteriore cassa di risonanza ci hanno pensato le app dedicate sviluppate da tutti gli operatori di gambling e perfettamente compatibili con qualsiasi dispositivo portatile. Smartphone e tablet stanno contribuendo agli introiti del settore, perché forniscono agli appassionati del ramo di giocare da qualsiasi località in cui si trovino purché sia attiva una connessione a internet wi-fi o 3G/4G. In definitiva, possiamo concludere come la crescita dell’iGaming sia strettamente relazionata all’evoluzione tecnologica compiuta negli ultimi 10 anni dalla nostra società. Internet e i suoi social network, smartphone, tablet e le loro applicazioni, sono tutti strumenti innovativi capaci di rendere interattivi e sempre più attraenti i prodotti del gioco d’azzardo. 24 Bibliografia • • • • • • • • • Bergler, E. (1957). The psychology of gambling. New York: Hill and Wang. Buil, P., Solé Moratilla, M. J., & García Ruiz, P. (2015). Online Gambling Advertising Regulations in Spain. A Study on the Protection of Minors. Addiciones, 27(3), 198-204. Caretti, V., & La Barbera, D. (2005). Le dipendenze patologiche. Clinica e psicopatologia. Milano: Raffaello Cortina Editore. Donadeo, C. (2014). Gioco d'azzardo e ludopatia. Milano: Auditorium. Gainsbury, S. M. (2015). Online Gambling Addiction: the Relationship Between Internet Gambling and Disordered Gambling. Current Addictions Reports,2(2), 185-193. Gainsbury, S. M., King, D. L., Russell, A. M., Delfabbro, P., & Hing, N. (2015). Virtual addictions: An examination of problematic social casino game use among at-risk gamblers. Addictive Behaviors. doi: 10.1016/j.addbeh.2015.12.007. Janiri, L., Caroppo, E., Pinto, M., & Pozzi, G. (2006). Impulsività e compulsività: psicopatologia emergente. Milano: Franco Angeli. Kaptsis, D., King, D. L., Delfabbro, P. H., & Gradisar, M. (2015). Withdrawal symptoms in internet gaming disorder: A systematic review. Clinical Psychology Review, 43, 58-66. Khazaal, Y., Achab, S., Billieux, J., Thorens, G., Zullino, D., Dufour, M., & Rothen, S. (2015). Factor Structure of the Internet Addiction Test in 25 • • • • Online Gamers and Poker Players. JMIR Publications, 2(2). doi: 10.2196/mental.3805. King, D. L., Gainsbury, S. M., Delfabbro, P. H., Hing, N., & Abarbanel, B. (2015). Distinguishing between gaming and gambling activities in addiction research. Journal of Behavioral Addiction, 4(4), 215-220. doi: 10.1556/2006.4.2015.045. Petry, N. M. (2005). Pathological Gambling. Washington, DC: American Psychological Association. Valleur, M., & Matysiak, J. C. (2004). Sesso, passione e videogiochi. Le nuove forme di dipendenza. Torino: Bollati Boringhieri. Wu, J. Y., Ko, H. C., Wong, T. Y., Wu, L. A., & Oei, T. P. (2015). Positive Outcome Expectancy Mediates the Relationship Between Peer Influence and Internet Gaming Addiction Among Adolescents in Taiwan. Cyberpsychology, Behavior and Social Networking. 26 Gambling: tra impulsività e pensiero magico David Scaramozzino Giocare d’azzardo è un’attività che accomuna gran parte delle persone. Rappresenta un momento di svago, di evasione, di condivisione; un cerimoniale che arricchisce l’atmosfera di momenti aggregativi. Dietro al gioco, soprattutto se supportato da denaro, si cela la sfida dell’uomo alla natura, intesa come società e sistema produttivo. Il desiderio di riscatto immediato da una condizione esistenziale aberrante o semplicemente noiosa, ciclicamente svanisce e si rinnova attraverso la giocata, l’attesa, il verdetto. Non tutti coloro che si relazionano al gioco d’azzardo divengono vittime del gambling. Esistono giocatori occasionali che ben conoscono la misura e la cautela. La condotta del giocatore occasionale è contenuta dal buon senso, dalla paura e dall’ansia di perdere il denaro e cioè il controllo sui propri averi e le proprie certezze. Robert Custer (1984), uno dei maggiori studiosi dell’argomento, definisce tali soggetti “giocatori sociali casuali” e cioè coloro che cercano nel gioco un momentaneo ed isolato divertimento. Inoltre, come accade per chi si approccia alle sostanze stupefacenti, incombe la preoccupazione di sviluppare una morbosa dipendenza degenerativa. Talvolta tale timore è sufficientemente forte da conferire moderazione e autocontrollo. Per una vasta e altrettanto oscura mole di fattori 27 psicologici, comportamentali, culturali e persino genetici, alcuni soggetti sono più vulnerabili di altri (o semplicemente meglio predisposti) e finiscono per essere catturati nell’ipnotica trama dell’azzardo. La distinzione tra il “gioco per vincere” e il “gioco per il gioco” la ritroviamo già tra le pagine di Dostoieskij né “il giocatore”, di cui Freud (1920) fu studioso e critico. A muovere l’animo dei giocatori ritratti dallo scrittore russo non sembra essere la bramosia del guadagno, bensì un istinto innato, una vocazione, per certi aspetti delinquenziale, che soggioga la persona alla tirannia del rischio. Così il piacere ottenuto dalla giocata sancisce l’onnipotenza dell’IO e lo svincolo definitivo dalle pastoie dell’Altro. L’illusione del controllo, definizione che prendiamo in prestito dalla teoria cognitivista, è un effetto collaterale di tale onnipotenza e di un’euristica patologica improntata sull’istinto. Ricerche recenti di Psicologia Sperimentale e Clinica si sono orientate sull’esplorazione, non solo di fattori innati e predisponenti al gioco, bensì di caratteristiche di ragionamento e di funzionamento psichico che accomunano i giocatori vittime del gambling, come la superstizione e l’impulsività. Uno studio dell’Errore. Riferimento a collegamento ipertestuale non valido. (Chimienti V., De Luca R. 2012) ha evidenziato come l’impulsività e il ragionamento viziato siano caratteristiche presenti in gran parte dei giocatori affetti da gam- 28 bling. Secondo la ricerca, il giocatore è un impulsivo, più incline alla superstizione, a cogliere segnali propiziatori dall’ambiente, a trasformare il naturale in magico. Sarebbe proprio l’impulsività a dirottare il pensiero sul magico e cioè alla distorsione cognitiva della realtà e far derivare quello che viene chiamato gioco patologico o gambling. Freud, a riguardo sostiene che il giocatore patologico (gambling), attraverso l’azzardo, sfidi irriverente il Fato, al fine di sferrare l’attacco al padre punitivo e severo. Ciò produce inevitabilmente un rinvigorimento del senso di colpa e del circolo compulsivo del gioco. Il senso di colpa spinge compulsivamente verso il gioco e la perdita conferisce al giocatore l’espiazione. Il “masochismo psichico” di cui parla Bergler (1957) conduce il soggetto dapprima a mettere in scena una “latente ribellione” verso le autorità genitoriali, attraverso il gioco, per poi convincersi inconsciamente che la perdita è l’unica forma di espiazione per l’aggressione inflitta all’oggetto amato. In tal senso la sconfitta assume una valenza autopunitiva e rappresenta il vero obiettivo del giocatore d’azzardo. Il gioco diviene oppiaceo della sottostante sofferenza psichica associata alla colpa, all’angoscia o al tenere a bada impulsi di ostilità e aggressività. Senza dimenticare il carattere masturbatorio di un’attività che consente la “scarica immediata” in soggetti caratterizzati dall’“incapacità di tollerare la tensione psichica” (dsm IV-TR). 29 Per il DSM IV-TR, nella condizione di gap (giocatore d’azzardo patologico) “la persona è eccessivamente assorbita dal gioco d’azzardo (per es., è eccessivamente assorbita nel rivivere esperienze passate di gioco d’azzardo, nel soppesare o programmare la successiva avventura, o nel pensare ai modi per procurarsi denaro con cui giocare). Il gioco diventa oggetto di ogni pensiero oltre ad offrire una via di fuga dall’ansia, dalla scarsa autostima e dalla depressione. Divenire un giocatore d’azzardo comporta un cambio di vita, di relazioni, abitudini e persino d’identità. Il gioco rappresenta un’esperienza totalizzante che risponde a bisogni profondi della persona, legati a relazioni oggettuali arcaiche. Ad una tale trasformazione psichica, con il conseguente innesco di una reale dipendenza da gioco, contribuisce cognitivamente un’intuizione: la paura di perdere il denaro è la causa principale dell’insuccesso. Un vecchio proverbio infatti affermava: “Chi gioca per bisogno, perde per necessità”. Il raggiungimento più o meno graduale di tale consapevolezza implica, non solo un nuovo modo di vedere ed interpretare il tavolo da gioco, bensì anche uno spostamento libidico ed emotivo importante. L’ansia, che inizialmente affliggeva il giocatore occasionale, rientrava in una modalità prettamente anticipatoria e il raggiungimento del piacere risiedeva nell’aver fortuitamente vinto anziché perso una somma di denaro. Lo stato emotivo si intensificava quando era palese la possibilità di perdere il denaro. Il giocatore occasionale mal 30 tollera il rischio e se ne tiene alla larga. Evita le giocate nelle quali è male “equipaggiato” o che richiedono un grosso investimento di denaro. L’ansia, talvolta, soprattutto se la posta in palio è molto alta, impedisce al giocatore persino di stare al gioco, nonostante sia dotato di una “mano” di tutto rispetto, utilizzando un gergo pokeristico. Un passaggio determinante nella carriera del GAP è, dunque, il superamento della paura di perdere il denaro. Ciò comporta nuove modalità di raggiungimento del piacere e l’eccitazione che, adesso, prescindono dalla vincita o perdita di beni materiali. Il circuito del piacere si svincola dal denaro e dalla vincita per insediarsi nel brivido che avvolge la grande giocata. Vincere significa esclusivamente mettere in circolo adrenalina (dopamina nel nostro caso) attraverso il ritmico susseguirsi di giocate sempre più strategiche e stupefacenti. Il giocatore, di fatto, gode persino nel parlare di gioco, ricorda giocate storiche, tavoli agguerriti e avvincenti scambi. Tutto assume minore importanza rispetto all’euforia, quasi psicotropa, riconducibile al gioco. Subentra l’esplorazione del rischio prima del beneficio; la vittoria prima della vincita. L’attività cognitiva ed emotiva è fervida ma divorante. La giocata precede il baratro dell’annullamento e dell’autodistruzione. Adesso l’ansia non è più anticipatoria o riconducibile alla perdita: il malessere proviene dal tempo di nongioco, un craving agguerrito che demolisce la vita quotidiana, sempre più vuota e insignificante. Perdere non è un problema quanto lo è invece 31 non giocare. Chi è vittima di gambling spera di raggiungere una vincita per migliorare la propria condizione, la propria vita, in realtà non può fare a meno neppure di perdere. La celebre frase consolatoria: “l’importante è partecipare” in questo caso viene sostituita da “meglio perdere che non giocare”. Il vuoto cronico che la persona si accinge ad affrontare nel momento in cui interrompe una partita è intollerabile e carico di ansia e di instabilità emotiva, soprattutto a seguito di una perdita. La vincita produce dei benefici ed un alleggerimento della pressione ansiosa ma, in seguito alla perdita di una grossa somma, la sofferenza aumenta vertiginosamente e sorge l’urgenza di recuperare denaro per poter giocare. Come in molte dipendenze patologiche anche nel gambling, il GAP riduce la dimensione del problema di fronte ad amici e famiglia o nega del tutto la sua esistenza. Cresce il bisogno di negare il gioco con la stessa veemenza con cui lo si desidera. La negazione nasce da sentimenti di vergogna che da sempre accompagnano il giocatore d’azzardo conferendogli l’immagine di perdente e di “rovina famiglie”. Per reazione, il giocatore diviene con il tempo sempre più abile ad “occultare l’entità del proprio coinvolgimento nel gioco d’azzardo” (dsm-IV) Il volto perverso, ossessionante e distruttivo del gioco ha messo in allarme di recente persino la Commissione Affari Sociali della Camera per dar inizio ad una “indagine conoscitiva sugli aspetti sociali e sanitari del gioco d’azzardo”. Negli ultimi tempi stiamo assistendo ad una de- 32 contaminazione mediatica del gioco e delle sue conseguenze, prossimo alla assoluta legalizzazione. L’obiettivo sembra quello di voler allontanare il gioco dalla clandestinità, verso una dimensione sportiva e riconosciuta. La possibilità, inoltre, di salvaguardare l’anonimato attraverso il gioco online ha consentito la nascita di una nuova generazione di giocatori, altrettanto aggressivi e compulsivi ma meno esposti al giudizio sociale. L’accessibilità di tali servizi ha generato un progressivo aumento del desiderio di gioco in fasce dapprima non coinvolte, come le donne e gli adolescenti. Il rischio reale è che la legittimazione del gioco d’azzardo produca l’assottigliamento delle differenze e delle dovute distinzioni tra tipologie di giocatori, levigando sempre più i confini diagnostici e clinici di una categoria fortemente a rischio, che necessita di aiuto specialistico. Da un lato i governi, Italia in testa, con la loro monopolistica promozione del “gioco responsabile”, al punto da sponsorizzarne persino l’ingresso tra le discipline olimpiche di Londra 2012; dall’altro la psichiatria e le professioni di cura che traggono vantaggio economico dalle turbe psichiche associate al gioco e alle dipendenze in generale. Sarà di certo una “bella mano” che speriamo tenga conto in primis della disperazione e dalla richiesta d’aiuto. Per citare un saggio quasi sconosciuto: “Il gioco d’azzardo è il miglior modo per ottenere nulla da qualcosa”(Wilson Mizner). 33 Bibliografia • • • • • • • • • Bergler, E. (1957). Psychology of Gambling. New York: Hill & Wang. Chimienti, V., & De Luca, R. (2012). Impulsività, alessitimia e stili d’attaccamento in giocatori d’azzardo patologici e loro familiari. Italian Journal on Addiction, 2(3-4). Dostoevskij, F. M. (1977). Il giocatore. Milano: Garzanti. Freud, S. (1989). Opere. Vol. 8: Introduzione alla psicoanalisi (1915-1917). Torino: Bollati Boringhieri. Freud, S. (1977). Al di là del principio del piacere. Torino: Bollati Boringhieri. Grant John, E., & Potenza Marc, N. (2010). Il Gioco d'azzardo patologico. Una guida clinica al trattamento. Berlino: Springer Verlag. Hollander, E., DeCaria, C. M., Mari, E., Wong, C. M., Mosovich, S., Grossman, R., & Begaz, T. (1998). Short-term single-blind fluvoxamine treatment of pathological gambling. 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Il suo andamento progressivo è stato suddiviso da Custer (1982) in 7 fasi, ad oggi ancora molto utili ad illustrarne il suo sviluppo. La prima è la Fase Vincente, caratterizzata da gioco occasionale a scopo per lo più ricreativo e in cui predominano esperienze di vincite di denaro rispetto alle perdite. Una “grossa vincita”, di solito, rinforza il giocatore nell’idea di essere un professionista, contribuendo allo sviluppo di fantasie di vittorie esagerate, ottimismo irragionevole e all’aumento del tempo e del denaro impiegato nel gioco. La durata di questo momento va dai tre ai cinque anni. Segue una Fase Perdente, caratterizzata da gioco solitario ed in cui il gioco non è più un passatempo e le perdite, che ora superano le vincite, vengono attribuite ad un periodo sfortunato; questa fase dura mediamente più di cinque anni e il pensiero è completamente focalizzato sul gioco con una totale incapacità di astenersi. Il giocatore inizia così la “rincorsa della perdita”, gioca per recuperare denaro e chiede soldi in prestito per il gioco, iniziano le bugie che coinvolgono tutte le sue attività e che sono utili a mantenere, 36 all’apparenza degli altri, un’immagine di sé come abile e fortunato; conseguono le prime difficoltà finanziarie, i soldi chiesti in prestito per risanare i debiti sono spesso investiti nel gioco ed il gambler diventa irritabile ed agitato, spesso è inosservante degli obblighi lavorativi e mostra scarso interesse verso la famiglia ed il coniuge. Inizia così una Fase di Disperazione in cui il gambler ha totalmente perso il controllo sul gioco; gioca per alleviare le sue pene causate per lo più dal gioco stesso, si ostina a giocare nonostante le numerose perdite; le bugie e l’irritabilità sono fuori controllo. Spesso incorre in attività illegali, quali furti di vario genere ed appropriazione indebita, al fine di procurarsi del denaro da investire nell’attività di gioco; i soldi illegalmente ottenuti sono considerati dal giocatore come un prestito che è certo di restituire a seguito di una “grossa vincita” che sta per arrivare; la sua reputazione è ormai compromessa, è presente alienazione dagli amici, rimorso, panico, esaurimento nervoso e spesso abuso di sostanze. La famiglia, a questo punto, spesso inizia a prendere le distanze dal giocatore. È a questo punto che subentra, una Fase Cruciale in cui la situazione del gambler si riversa, infatti, anche sulla sua famiglia, che risente del problema soprattutto a livello finanziario. Le persone care al giocatore sono a conoscenza del suo problema e delle sue bugie, il coniuge spesso cade in depressione. Il giocatore incolpa tutti tranne se stesso dei suoi problemi ma internamente prova una grande angoscia: vorrebbe smettere di gioca- 37 re ma non ci riesce e non sa il perché, deve stare in azione pur sapendo di non poter vincere, spesso pensa al suicidio. Il partner non conosce niente sulla malattia del suo caro e spesso lo abbandona o ricorre a degli ultimatum. Iniziano da qui in poi le ultime tre fasi, cosiddette di “guarigione”, proposte da Custer, in cui il giocatore si trova in una situazione ingestibile, soprattutto a livello finanziario, capisce di aver bisogno d’aiuto e spesso intraprende un percorso terapeutico. Abbiamo una Fase Critica in cui finalmente si palesa un sincero desiderio di aiuto da parte del gambler che smette di giocare, inizia ad affrontare i suoi problemi e torna a lavorare, intraprendendo solitamente anche un programma di risarcimento debiti; segue, dunque, una Fase di Ricostruzione, in cui i rapporti con familiari migliorano ed il giocatore ricomincia a rispettare se stesso e riprogetta il suo futuro. La Fase di Crescita è invece il momento in cui la preoccupazione per il gioco finisce, i rapporti interpersonali, oltre che familiari, migliorano e il giocatore riacquista la comprensione degli altri oltre a recuperare la capacità di donare affetto (Custer 1982). In conclusione, lo schema proposto da Custer risulta uno strumento molto utile non solo per comprendere gli stadi che il giocatore attraversa durante lo sviluppo del problema del gioco ma anche le fasi della guarigione dalla medesima patologia. 38 Bibliografia • • • American Psychiatric Association. (2013). Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali quinta edizione, DSM-5. Milano: Raffaello Cortina Editore. American Psychiatric Association. (1980). Diagnostical and Statistical Manual of Mental Disorders 3th Ed. (DSM-III). Washington DC: American Psychiatric Association. Custer, R. (1982). Pathological Gambling. New York: Year Book Publication. 39 Il trattamento del gioco d’azzardo patologico Valeria Saladino Attualmente non è stato possibile individuare un trattamento scientificamente valido ed universalmente condiviso per la cura del gioco d’azzardo patologico. Persiste un dibattito che vede coinvolti clinici e ricercatori nella categorizzazione di quegli approcci basati sui valori e sulla quantificazione empirica della ricerca che possa supportare la teoria. Da un lato alcuni suggeriscono che senza un’esplorazione empirica sia impossibile conoscere l’efficacia del trattamento (Chambless, Ollendick, 2001). Dall’altra parte, altri affermano che la validazione empirica del trattamento dovrebbe derivare dai dati ottenuti attraverso i vari interventi terapeutici (ibidem). Questo dibattito è lontano dall’essere risolto poiché entrambe le argomentazioni risultano valide. I clinici e ricercatori che ci sono concentrati sulle problematiche legate al gambling hanno individuato non molti ma costanti step riguardanti il trattamento del GAP. Questo lavoro è tuttavia ancora ad uno stadio embrionale in quanto i clinici hanno interesse verso molte malattie mentali ed il trattamento del gambling rappresenta più un aneddoto; mentre i ricercatori sono molto attaccati alla comprensione della natura del problema e ad identificare l’estensione del fenomeno a livello della popolazione generale. Sono poche dunque le risorse utilizzate ai fini del trattamento. Tuttavia le strategie di trattamento sono state 40 “prese in prestito” dagli approcci clinici destinati alla cura dei disturbi mentali; questi protocolli sono stati adattati in base ad alcuni approcci e modelli che riguardano il disturbo da gioco d’azzardo patologico. Il gaming non è un’attività priva di rischi, sebbene vi siano molte persone che giocano d’azzardo senza incorrere in conseguenze negative, una percentuale di giocatori sviluppa una serie di problemi fisiologici, sociali, psicologici collegati in maniera diretta o indiretta al gioco d’azzardo. Vi sono una varietà di prospettive differenti riguardo il gaming. Queste derivano da interpretazioni informali sul fenomeno che influenzano comunque le modalità interpretative; inoltre tali interpretazioni sulla natura del gioco d’azzardo possono rappresentare delle vere proprie teorie circa le origini di questa dipendenza comportamentale. Questi modelli si muovono lungo un continuum. Tuttavia le prospettive sono tante, di considerevole respiro e racchiudono in se una serie di aspetti comuni capaci di spiegare il fenomeno del gioco d’azzardo (tab.1). Rivisitando i vari approcci è possibile vedere come i clinici tendano ad utilizzare la strategia trattamentale basata sulla propria prospettiva teorica. Ad esempio, il clinico che vede nel gaming una causa biologica potrebbe suggerire la farmacoterapia; altri che vedono il medesimo fenomeno come il risultato di distorsioni cognitive potrebbero invece suggerire una combinazione di strategie educative di tipo cognitivo comportamentale. 41 Tabella 1 risulta comprensibile dunque l’esistenza di vari metodi e modelli per quanto riguarda il trattamento del gambling. È importante sottolineare 42 che la ricerca di una cura non è l’unico modo per risolvere la problematica del giocatore d’azzardo. Come molti altri comportamenti nel pattern della dipendenza si nota come le persone con disturbo da gioco d’azzardo compulsivo possono cambiare anche senza un trattamento definito “formale”. Allo stesso modo la stessa opzione dell’auto aiuto potrebbe dare dei benefici (Hodgins, Wynne, & Makarchuk). Esistono infatti varie tipologie di trattamento. Un primo tipo può essere definito “naturale” o senza assistenza. Molti riferiscono che l’unico modo per guarire dalla dipendenza sia ricevere un trattamento, mentre autori come Winick (1962) hanno per la prima volta descritto l’idea di un intervento informale. Idea tra l’altro molto più diffusa di quello che si possa pensare. Questo pensiero è stato maturato per quanto concerne l’uso di sostanze narcotiche, soprattutto con i fumatori (Schachter, 1982). Tuttavia, se il gaming è un disordine simile all’uso di sostanze allora coloro i quali ne soffrono potrebbero ricavare lo stesso giovamento tramite il medesimo trattamento, definito naturale, utilizzato per le altre dipendenze. Un altro tipo di trattamento è quello “assistito”. Non tutti possono o credono di potere attivamente riprodurre il cosiddetto trattamento naturale. Di conseguenza molte di queste persone utilizzano un intervento che veda anche una componente clinica. Tuttavia, vi sono vari fattori che influenzano il trattamento ed alcuni metodi che non sono propri dell’approccio clinico e che ven- 43 gono utilizzati da molti di coloro i quali soffrono di gambling. Fattori e outcome Le caratteristiche di un trattamento informale includono tutti quegli aspetti di tipo anagrafico che fanno parte della persona e che influenzano la terapia, come l’educazione ricevuta, il supporto familiare ed altri aspetti simili; i fattori relazionali che si innescano e che caratterizzano la stessa alleanza terapeutica, ad esempio l’empatia, il prendersi cura e la comprensione che il terapeuta ha del suo paziente. Un altro aspetto fondamentale riguarda le aspettative del cliente ed il cosiddetto effetto placebo. Questo solitamente coincide con l’inizio dello stesso trattamento. Da una stima degli effetti terapeutici dei programmi trattamentali è emerso che incidono sulla terapia anche dei fattori non terapeutici. Uno di questi aspetti è la prevenzione che avviene prima del trattamento, ricerche suggeriscono che il gambling è un problema di tipo sociale che necessita di attenzione e approfondimenti ulteriori, oltre che di modalità di prevenzione diverse, (Dunne, 1985). Analogamente, alcuni asseriscono che definire tale problema un disagio sociale accresca la consapevolezza circa le professioni d’aiuto ed inoltre fornisca una visione multifattoriale dello stesso problema, che includa l’aspetto sociale, biologico, economico, psicologico e tanti altri aspetti. Dunque maggiore rilevanza viene attribuita al pro- 44 blema ed anche alle pratiche preventive (Korn & Shaffer, 1999). La possibilità per giovani ed educatori di ottenere informazioni circa il gambling tramite delle attività educative, scolastiche e teorico pratiche è scarsa; tuttavia vi sono stati alcuni successi educativi presso alcune scuole medie in cui è stato proposto un progetto di video educazione (Ferland, Ladouceur, & Vitaro). I risultati di tali interventi educativi hanno dimostrato che questi comportano realmente dei benefici. Ad esempio, nonostante il fatto che il gaming stia divenendo socialmente più accettato ed anche più accessibile, alcuni interventi come d’esempio dei semplici opuscoli permettono già di ampliare le conoscenze circa il problema ed i rischi; dunque di incrementare le risorse per combatterlo. La maggiore accessibilità alla conoscenza circa il gaming non sempre però gode di buoni risultati ma un breve intervento educativo potrebbe cambiare ciò. Questo suggerimento fa pensare alla prevenzione e alle strategie riguardanti la salute pubblica. Inoltre ricerche nel campo della prevenzione delle altre dipendenze sopportano tale teoria (Brown & Miller, 1993; Walitzer, Dermen, & Connors, 1999). Tuttavia vi sono anche risultati contrari. Da un test-retest svolto in alcune scuole superiori circa la legalità, il commercio, i comportamenti ossessivi, la patologia e le coping skills legate al gambling è emerso come al follow up le strategie di coping ed i comportamenti legati al gambling non avevano subito modifiche (Gaboury & Ladouceur, 1993). Ciò ovviamente non vuol dire che i programmi di intervento mostrano a 45 priori i risultati misti, ma unicamente che non sempre comportano un successo totale. Tali risultati suggeriscono l’importanza di ulteriori ricerche. Un altro fattore fondamentale è l’assessment. Ogni trattamento inizia con una valutazione iniziale, il trattamento e la valutazione sono rappresentabili in ciò è possibile definire un feedback infinito o feedback loop, in cui ogni attività programmata produce una risposta nell’altro, costituendo una sequenza di interventi. Ciò comporta che una valutazione non possa essere compresa senza l’aver stabilito degli obiettivi comuni. Allo stesso modo non si può comprendere un trattamento senza aver fatto prima una valutazione. La storia del trattamento delle dipendenze rivela che il prefiggersi degli obiettivi rimane uno dei più controversi concetti del trattamento. Questa problematica comprende anche il trattamento del gambling. Per esempio, mentre per convenzione l’astinenza è l’obiettivo più comune di programmi di trattamento, l’obiettivo della maggior parte dei programmi terapeutici rispetto al gambling è quello di migliorare e controllare l’outcome. Infatti, coerentemente con i concetti e le nozioni cliniche, i terapeuti riconoscono l’importanza di alternare comportamenti di gioco non patologico e non di sospendere del tutto il comportamento come di solito avviene nella cura delle dipendenze da sostanza. Un approccio di questo tipo, focalizzato su la “non astinenza” è stato ampiamente criticato. Molti clinici ritengo- 46 no che l’ideologia dei 12 step rimanga dubbia. Questi concetti non vengono espressi senza una giusta causa, infatti vi sono molte ricerche che danno risultati di tipo opposto. Inoltre, è importante enfatizzare che molte persone non intraprenderanno un trattamento se pensano che l’unico obiettivo della terapia sia l’astinenza. Di conseguenza, la prospettiva circa il controllo del comportamento del gioco d’azzardo, spesso comporta una maggiore aderenza delle persone al trattamento. Setting Il setting clinico influenza l’andamento della terapia e della relazione. I setting che il clinico ha a disposizione sono di tre tipi: contesto ospedaliero, contesto non ospedaliero, entrambi i contesti. La scelta del setting dipende unicamente dalla gravità del disturbo e dai fattori individuali. Motivo per cui i vari setting possono essere intervallati in base all’andamento della terapia. Esistono inoltre anche dei trattamenti definiti di self-help che includono una varietà di strategie e setting. Ognuna di queste deve districarsi con le dimensioni principali della vita del soggetto, ossia l’aspetto psicologico, sociale e biologico. Tra le tipologie di trattamento esiste anche l’utilizzo di libretti informativi ed opuscoli, metodo non del tutto comprovato per la cura del gambling. Per quanto riguarda le altre dipendenze è stata dimostrata l’efficacia di questo metodo (Fleming, 1993; Sobell, Cunningam, Sobell, et.al., 1996). Un lavo- 47 ro preliminare di ricerca, che non ha previsto un gruppo di controllo, suggerisce che i workbook e gli opuscoli riducono in effetti l’incidenza del gioco d’azzardo. Inoltre, Miller (2000) suggerisce che questo tipo di trattamento non sia meno efficace di uno più intensivo. L’empatia che si sviluppa in una singola sessione di counseling è predittiva del futuro outcome del trattamento. Questo tipo di intervento, basato unicamente sull’informazione, sia con che senza un supporto motivazionale, interviene nel ridurre o eliminare il comportamento patologico (Hodgins, Currie, & el-Guebaly, 2001). Ancora, vediamo il trattamento occupazionale. Deriva dal senso comune l’idea che tenere occupata la mente comporti un giovamento per coloro i quali soffrono di una dipendenza, poiché questo sembra alleviare l’urgenza di mettere in atto il comportamento. Vi sono infatti molti programmi terapeutici e di supporto che inseriscono all’interno dei loro programmi aspetti di questo approccio (Griffith, Bellringer, Farrell-Roberts & Freestone, 2001). Recenti ricerche hanno validato empiricamente la sostituzione di strategie terapeutiche. Ad esempio l’utilizzo del metadone per contrastare il tabagismo. Mentre per quanto riguarda le dipendenze comportamentali, che non riguardano l’ingestione di alcuna sostanza, si prevede di applicare la sostituzione di un pensiero alternativo e di illustrare forme di comportamento diverso da quello patologico. Le ricerche suggeriscono che il sopprimere volontariamente un pensiero può comportare il riemergere dello stesso fre- 48 quentemente (Wenzlaff & Wegner, 2000). Bisogna dunque incrementare gli studi per comprendere quanto questo intervento possa servire nella cura del gioco patologico d’azzardo. Un filone di intervento molto conosciuto riguarda la terapia psicodinamica, ed il counseling che sono stati applicati ampiamente con persone che hanno problemi di gioco d’azzardo, prima dell’emergere della terapia cognitivo comportamentale. Questa infatti è la più utilizzata nell’ambito delle dipendenze. Tuttavia vi sono delle evidenze empiriche che supportano l’efficacia della terapia psicodinamica nell’ambito delle dipendenze. Lo scopo della terapia psicodinamica nella cura del gambling è quello di aiutare queste persone a comprendere le origini emotive e del significato attribuito al comportamento del gioco. Questa prospettiva teorica tenta così di spiegare il comportamento ripetitivo che affligge il giocatore d’azzardo a partire da contenuti inconsci di cui lo stesso è inconsapevole. 49 Financial Management Counseling Il financial counseling da assistenza alle persone che hanno dei debiti finanziari derivati dal gioco, indicandogli un piano finanziario, insegnandogli ad amministrare il loro budget ed a sviluppare modalità di pagamento, oltre che a migliorare la capacità di valutare il valore del denaro (National Endowment for Financial Education & National Council on Problem Gambling, 2000). Questo tipo di supporto potrebbe essere utile sia ai giocatori d’azzardo che hanno debiti che per coloro i quali non hanno debiti ma giocano d’azzardo. Dal momento che la principale preoccupazione del gambler deriva dal denaro, è fondamentale indirizzare il soggetto verso una maggiore responsabilizzazione nella gestione delle sue finanze. Tramite la gestione di questi problemi che sono reali e pressanti nel quotidiano della persona, il trattamento potrebbe diminuire il livello di stress e di ansia associate ai debiti finanziari che la persona che potrebbe avere. Un programma, il “Personal Financial Strategies for Loved Ones of Problem Gamblers”, prevede alcuni interventi per imparare a gestire le proprie finanze. Il primo step riguarda identificare il proprio reddito e patrimonio, il secondo invece creare e mantenere un piano di spesa; coinvolgere i membri della famiglia nella gestione e controllo delle finanze ed infine ripagare i debiti ed investire con saggezza. Questo programma prevede anche che il giocatore d’azzardo e la sua famiglia consultino un rappresentante legale ed uno specialista pri- 50 ma di fare delle modifiche finanziarie. Questo tipo di approccio permette di sviluppare un maggiore senso di controllo ed efficacia rispetto alla propria capacità di amministrare il denaro e di affrontare il problema. Ciò comporta una maggiore motivazione al cambiamento e al trattamento. Come già detto in precedenza la terapia cognitivo comportamentale è quella maggiormente utilizzata per la cura delle dipendenze. Kadden (2001) ha sintetizzato le strategie utilizzate per la cura dell’alcolismo e le ha applicate al trattamento del gambling. Secondo la terapia cognitivo comportamentale il gambling è un comportamento appresoe come tale può essere modificato per interrompere il comportamento patologico. Di conseguenza, dopo aver analizzato attentamente ed aver determinato dove, come e quanto frequentemente il comportamento avviene, lo specialista aiuterà il giocatore d’azzardo ad individuare il contesto emotivo e sociale che attiva il comportamento. Una volta individuato il paziente sarà indirizzato verso un comportamento alternativo in un setting di vita reale per ridurre la probabilità di ricaduta. Gli psicologi dunque riconoscono le cognizioni interne come risposta al contesto e per questo applicano questi principi per modificarle. Questo tipo di approccio si basa sulla valutazione del comportamento di dipendenza come di uno schema maladattivo l’obiettivo è quindi quello di correggere la percezione erronea circa le probabilità, le abilità, e la fortuna. Di conseguenza il trattamento prevede la ristrutturazione cognitiva ed il social skill trai- 51 ning. In questo modo il paziente è capace di mantenere gli obiettivi terapeutici prefissatisi. Un’altra tecnica terapeutica è quella della motivazione, che consiste nell’incrementare la capacità da parte dei pazienti di riconoscere l’ambivalenza del loro comportamento. É proprio a causa di tale ambivalenza che spesso il paziente usa il meccanismo di difesa della negazione. Il clinico che utilizza la tecnica motivazionale solitamente si focalizza sull’incrementare l’inadeguata motivazione e sullo smontare la resistenza al cambiamento. Ad esempio, se la motivazione a cambiare è scarsa deve essere rinforzata esattamente come una batteria scarica. Per poter far ciò il clinico utilizza una serie di strategie che consistono nello stimolare il paziente. Lo stesso vale per la resistenza al cambiamento, che non è altro che il risultato di una scarsa motivazione. Solitamente si chiede al paziente quali sono i benefici di questa sua attività. Relapse Prevention (RP) Un’altra tecnica utilizzata è la prevenzione dalla ricaduta che si basa sull’ incrementare e sull’identificare le situazioni ad alto rischio più comuni che potrebbero comportare una ricaduta. Questa tecnica viene molto utilizzata nell’ambito delle dipendenze da sostanza. Di recente questo metodo è stato utilizzato per il trattamento del gambling. Tra i fattori ad alto rischio rientrano anche il contesto, come il casinò è le lottery; i fat- 52 tori individuali, quindi ansia, rabbia, depressione e stress; le difficoltà interpersonali che comprendono la famiglia, il lavoro ed i problemi finanziari. Lo scopo è sviluppare delle strategie di coping per contrastare queste situazioni ad alto rischio senza ricadere nella dipendenza. Vi sono diverse ricerche che dimostrano l’efficacia della prevenzione della ricaduta nel gambling. Ladoucer (et.al, 1998) hanno identificato un protocollo per la cura del gioco d’azzardo patologico partendo dall’identificazione di situazioni ad alto rischio e dai pensieri erronei che emergono in queste situazioni; questo dà la possibilità di applicare una seconda correzione sulla distorsione cognitiva. Un’applicazione di tale modello all’interno dei trattamenti terapeutici si evince dall’adattamento dell’Inventory of Gambling Situations (IGS), basato su uno strumento simile all’ Inventory of Drinking Situations (IDS) e all’ Inventory of Drug-taking Situations (IDTS) (Annis, 1982, 1985). L’IGS si basa su situazioni ad alto rischio, partendo da una valutazione delle aree più problematiche nella vita del paziente, che potrebbero dunque esporlo a situazioni di ricaduta. Questo strumento può essere utile dunque al paziente per insegnarli come affrontare tali situazioni durante e dopo il trattamento. Inoltre questo strumento è utile per alimentare la consapevolezza del paziente circa il suo comportamento. 53 Self-Help Gamblers Anonymous (GA) Originariamente fondato nel 1957, Gamblers Anonymous (GA) è una comunità di auto aiuto per persone che hanno problemi di gioco d’azzardo, esattamente come nel gruppo degli alcolisti anonimi si compone di 12 passi. Questo non vuol essere un trattamento formale tuttavia presenta dei risultati terapeutici per i suoi membri. Ciò è reso possibile dal potenziale terapeutico delle risorse personali, infatti lo scopo principale di tali comunità è quello di stimolare l’impegno dell’aiuto reciproco fra i membri tramite la partecipazione e l’incontro. Le ricerche mostrano che vi è un’astinenza dell’8% durante il primo anno. Inoltre gli step del GA sono stati spesso integrati nelle terapie formali. I Dodici passi 1 Noi abbiamo ammesso di essere impotenti di fronte al gambling e che la nostra vita era diventata incontrollabile. 2 Siamo giunti a credere che un Potere più grande di noi avrebbe potuto riportarci alla salute della mente. 3 Abbiamo deciso di affidare la nostra volontà e la nostra vita a questo potere superire, così come noi potevamo concepirLo. 4 Abbiamo fatto un inventario morale, profondo e coraggioso, di noi stessi. 5 Abbiamo ammesso di fronte a noi stessi, e ad un’altra persona, la natura esatta dei no- 54 stri torti. 6 Siamo giunti ad accettare di eliminare tutti questi difetti del nostro carattere. 7 Gli abbiamo umilmente chiesto di porre rimedio alle nostre insufficienze. 8 Abbiamo fatto un elenco di tutte le persone a cui abbiamo fatto del male ed abbiamo deciso di fare ammenda verso tutte queste persone. 9 Abbiamo fatto direttamente ammenda verso queste persone quando possibile, salvo nei casi in cui questo avrebbe potuto recar danno a loro o ad altri. 10 Abbiamo continuato a fare il nostro inventario personale e, quando ci siamo trovati in torto, lo abbiamo ammesso senza esitare. 11 Abbiamo cercato, con la preghiera e la meditazione, di migliorare il nostro contatto cosciente con Dio, così come noi potevamo concepirLo, chiedendoGli solo di farci conoscere la Sua volontà e di darci la forza per compierla. 12 Avendo ottenuto, come risultato di questi Passi, un risveglio spirituale, abbiamo cercato di trasmettere questo messaggio ad altri giocatori d’azzardo compulsivo e di mettere in pratica questi principi in tutti i campi della nostra vita. 55 Bibliografia • • • • • • • Bricolo, M. Gomma, E. Bellamoli, G Serpelloni. (2010). Rassegna dei modelli teorici di interpretazione della dipendenza da sostanze stupefacenti. Elementi di Neuroscienze e Dipendenze, 2° edizione. Marlatt, G, Baer, J.S. & Quigley, L.A. (1996) L’autoefficacia nelle dipendenze in Bandura A. (a cura di) Il senso di auto- efficacia. Trento: Erikson. Sznitman, R. (2007). Socially integrated drug users: between deviance and normality.Centre for Social research on alcohol and drugs, Stockholm University. Rosengren, D. (2011). Guida pratica al Counseling motivazionale, Trento: Erikson. Sampl, S., & Kadden, R. Motivational Enhancement Therapy and Cognitive Behavioral Therapy for Adolescent Cannabis Users: 5 Sessions, Cannabis Youth Treatment (CYT) Series, Volume 1. Rockville, MD: Center for Substance Abuse Treatment, Substance Abuse and Mental Health Services Administration. BKD384 Croce, M. & Zerbetto, R. (2002) (a cura di). Il Gioco e l’Azzardo - il fenomeno la clinica le possibilità d’intervento Milano:FrancoAngeli. Marlatt, G.A. & Donovan, D. M. (2005). Relapse Prevention. Maintenance Strategies in the treatment of Addictive Behaviors. Second Edition. London: The Guilford Press. 56 La scatola nera del gioco Matteo Pio Ferrara Le new addictions sono quelle dipendenze in cui non è previsto l’uso di una sostanza tossicochimica, ma una o più attività lecite/legali e socialmente riconosciute, come lo shopping, il gioco d’azzardo, l’utilizzo di internet, il lavoro, il sesso, le relazioni sentimentali. Tutti questi comportamenti, pur essendo considerati come normali abitudini o attività della vita quotidiana, possono, per alcuni versi e per alcuni individui, divenire delle vere e proprie dipendenze comportamentali, che sconvolgono ed invalidano l’esistenza del soggetto stesso e del suo sistema relazionale. Le dipendenze comportamentali, infatti, si manifestano quando vi è l’urgente bisogno di dover praticare un’attività, per riempire un qualche vuoto e tutto questo, a lungo andare, condurrà inconsapevolmente all’autodistruzione. Pertanto, anche se non vi è assunzione di sostanze chimiche, il quadro fenomenologico è molto simile a quello della tossicodipendenza e dell’alcolismo. Spesso le new addictions si incrociano tra loro, o si accompagnano alle dipendenze da sostanze; molto frequente è, per esempio, l’associazione di Gioco d’Azzardo Patologico e Dipendenza dall’Alcol (Croce & Zerbetto, 2001; Guerreschi, 2000). Si riscontrano, inoltre, passaggi da una dipendenza ad un’altra, la quale diventa sostitutiva 57 di quella precedente (Lavanco, 2001). In alcuni casi, si riscontra che il soggetto che riesce ad uscire dal tunnel della tossicodipendenza, cessa l’uso delle sostanze, ma in seguito sviluppa un incontrollabile bisogno di giocare d’azzardo, quindi non è realmente guarito, ma ha solamente spostato sul comportamento di gioco l’oggetto della propria dipendenza. Si può avere anche una dipendenza fisica senza sviluppare una vera e propria addiction, cioè senza sviluppare una fenomenologia patologica che conduce mano a mano alla completa autodistruzione e all'isolamento del soggetto. Si pensi, ad esempio, alla dipendenza dalla nicotina: l'organismo richiede la sostanza e si sviluppa anche una dipendenza psicologica, ma difficilmente si arriva ad azioni illegali o comportamenti antisociali a causa del fumo (Shaffer, 1996). Tra le new addiction si prenderà in considerazione il gioco d’azzardo patologico (GAP) che si presenta in realtà come un fenomeno estremamente sfuggente e particolarmente invalidante, di difficile classificazione e dall’eziologia incerta. Nonostante i numerosi studi effettuati su tale argomento, in particolar modo per ciò che riguarda la sua collocazione nella III edizione del DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) del 1980, i punti aperti rimangono ancora molti, anche se gli studi e le ricerche stanno proseguendo. Sembra doveroso, in questo contesto, citare Wittgenstein che nel suo Trattatus, sostiene che “ciò che non si può teorizzare si deve narrare”. 58 Narrare e cercare di comprendere dalle diverse e svariate storie cliniche dei giocatori il significato simbolico che il gioco ha assunto per loro, come esso si sia insidiato nelle loro esistenze, quali “vuoti abbia colmato”, quali emozioni abbia offerto, anziché cercare forzatamente una entità psicopatologica sofferta nella costruzione e debole nella verifica empirica. Le stesse amare conclusioni del rapporto della National Research Council del 1999, del resto, hanno metaforicamente collocato nella fase dell’infanzia lo stato della ricerca sul gioco d’azzardo, mettendo in evidenza la necessità di un approccio multidimensionale e lo sviluppo di programmi di trattamento multimodali in grado di comprendere le diverse angolazioni e specificità che il gioco patologico presenta. Essendo il gioco d’azzardo patologico interesse di diverse discipline, si è assistito in particolar modo negli ultimi anni, alla pubblicazione in campo nazionale ed internazionale di una gran mole di studi da prospettive differenti, abbracciando un modello olistico, bio-psico-sociale. Presupposto fondamentale di tale modello è che ogni condizione di salute o di malattia sia la conseguenza dell’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali (Adler, Engel, 1977, 1980). La concezione di uomo come unità inscindibile bio-psico-socioculturale, appare molto in sintonia con quanto le ultime ricerche affermano sull’eziopatogenesi del gioco d’azzardo patologico che rintraccia in fattori ambientali (pressione sociale, ambiente familiare e suoi valori, ecc.), 59 psicologici (volontà di autopunizione, necessità di fuga e di eccitazione, sensazione di poter controllare l’esito del gioco, ecc.) e neurobiologici (deficit del sistema neurotrasmettitoriale della ricompensa, fattori ereditari, ecc.) gli elementi che possono essere causa del comportamento di dipendenza del GAP, e gli effetti catastrofici che si ripercuotono sullo stato di salute. Infatti la salute è definita, nella Costituzione dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) all’interno di un Continuum benesseremalattia, non più come conseguenza dell’assenza di malattia, ma determinata da una molteplicità di fattori biologici, psicologici e sociali che s’influenzano e determinano reciprocamente (Fulcheri, 2005). La salute viene a coincidere con uno “stato di benessere fisico, psicologico e sociale” (OMS, 1986). I fattori della dipendenza La dipendenza è una manifestazione estremamente articolata, che comprende una molteplicità di fattori, concernenti il comportamento delle persone in tutti i suoi aspetti, che vanno dalla sua storia personale, le sue evidenze psicologiche e le ripercussioni che scaturiscono da tale esperienza. Per tale presupposto il concetto di dipendenza può essere definito secondo molteplici punti di vista, ed una definizione unica ed univoca risulterebbe alquanto fragile nella sua spiegazione. È infatti oggi riduttivo spiegare ad esempio il con- 60 cetto di tossicodipendenza avvalendosi esclusivamente alle caratteristiche chimiche della sostanza, o comunque appellandosi ad un unico tratto di fragilità della personalità del soggetto. Da una prospettiva psicologica si ritiene opportuno focalizzare l’attenzione sulla costruzione delle relazioni che il soggetto costruisce e il valore che assegna a tali relazioni, poiché gli stessi scambi patologici possono innescare la medesima relazione con la sostanza dandole particolare significato (Shaffer, 1996; Rigliano, 1998). Per questo motivo sarebbe opportuno comprendere che non è il tipo di sostanza o di attività a causare la dipendenza, ma il rapporto o l’interazione che si instaura tra il soggetto, l’oggetto e il contesto. Bateson (1976; 1984) ha formulato un concetto molto interessante per chiarire la complessità dei sistemi di interazioni tra persone, spiegando che queste relazioni/interazioni non procedono lungo una struttura che richiama un unico aspetto. Quindi ciò che si determina in seguito ad un evento agisce e retroagisce sulle cause, andando a ristrutturare il vissuto e la percezione della persona e delle sue relazioni. Pertanto non sono le cause a determinare il comportamento, ma è l’esito del comportamento stesso che, creando un particolare significato, ne faciliterà o meno la reiterazione. Prendendo in considerazione i presupposti sistemici di G. Bateson, Rigliano (1998) teorizza una definizione sulla dipendenza ricca di significato: “La dipendenza è ciò che risulta dall’incrocio tra il potere che la sostanza ha in potenza e il potere 61 che quella persona è disposta ad attribuire alla sostanza”. Il soggetto, avente un insieme di caratteristiche e di necessità, potrebbe nel suo cammino incontrare l’oggetto della dipendenza che potrebbe essere una sostanza, un comportamento o una relazione, di conseguenza potrebbe sviluppare un’esperienza speciale dettata dalla ristrutturazione che la persona subisce a seguito del particolare incontro. Shaffer (1996) ritiene che il nucleo della dipendenza è l’esperienza soggettiva, la maniera in cui l’oggetto trasforma la condizione dell’individuo. Pertanto la dipendenza non può essere solo “vizio”, né tanto meno una malattia, ma è un andamento che si innesca quando la persona, nel contatto con un particolare oggetto si sperimenta in situazioni diverse ed elabora questa ristrutturazione del sé come positiva e funzionale. Queste interpretazioni, dunque, sostengono che la dipendenza, sia essa chimica o comportamentale, si innesca per diverse cause ed attraverso la necessità di colmare vuoti o bisogni. Gioco d’azzardo patologico: addiction or dipendence La lingua inglese opera un rilevante distinzione tra i termini Dipendence e Addiction che in italiano vengono frequentemente tradotti con il termine unico “Dipendenza”. Addiction è un termine inglese ma di origine latina, che riflette l’etimologia della parola “schia- 62 vitù” (“addictus” in latino indicava colui che si era reso “schiavo per un debito contratto con un padrone”); questo si riferisce alla dipendenza psicologica che spinge alla ricerca dell’oggetto senza il quale l’esistenza diverrebbe priva di significato. Questo termine che racchiude in sé un po’ tutto il quadro fenomenologico della dipendenza, comprese le conseguenze negative che ne derivano e che invalidano la vita dell’individuo, portandolo ad un coinvolgimento sempre maggiore, entrando in una spirale distruttiva; un disordine progressivo, cronico recidivante che, in genere, comprende compulsione e perdita di controllo. Per dipendence si intende quella condizione psichica e fisica, che si determina dall’interazione tra un individuo e una sostanza tossica, chimica o naturale, caratterizzata da risposte comportamentali e da altre reazioni, concernenti bisogni compulsivi di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, allo scopo di provare i suoi effetti psichici e talvolta di evitare il malessere della sua privazione. Gli elementi patognomonici da prendere in considerazione come sintomi della patologia da dipendenza sono: 1) craving (desiderio irrefrenabile e incontrollabile di ripetere l’uso della sostanza); 2) drug-seeking-behavior (comportamentocompulsivo di ricerca della sostanza che si mette in pratica senza preoccuparsi delle conseguenze). L'addiction è dunque l'atto di consegnarsi completamente ad un padrone (un oggetto, un'attività o una persona) tanto da esserne interamente pos- 63 seduti. L'individuo quindi perde la propria individualità e integrità personale spesso anche morale, ma soprattutto la propria libertà. Per essere ancora più precisi, possiamo prendere in considerazione quanto Maddux e Desmond (2000) hanno tenuto a sottolineare: con Addiction si intende definire una condizione generale in cui la dipendenza psicologica spinge alla ricerca dell'oggetto, senza il quale l'esistenza diventa priva di significato. Con Dependence si vuole indicare la dipendenza fisica e chimica, la condizione in cui l'organismo necessita di una determinata sostanza per funzionare, perciò la richiede. Al fine di non creare confusione, nell’elaborato seguente si utilizzeranno i due termini in maniera interscambiabile. 64 Psiche e Gioco Come detto in precedenza la propensione al gioco è presente in ognuno di noi. Probabilmente potremmo tutti definirci giocatori occasionali (scommettiamo in occasione dei Mondiali di calcio, una schedina del superenalotto) o regolari (ogni settimana o una volta al mese compriamo un "gratta e vinci"). In questi casi il gioco rappresenta un passatempo, un'attività piacevole, il sogno di una vincita che permetterebbe di abbandonare una quotidianità forse un po' noiosa e frustrante, ma non tutti siamo per questo giocatori d’azzardo. Il gioco d’azzardo patologico o compulsivo è poco conosciuto, sicuramente per il fatto di avere un’apparenza innocua, socialmente ben accettata e con profonde tradizioni popolari. In realtà, finché la sua pratica si mantiene nei termini di una tranquilla frequentazione, esso può svolgere un ruolo ricreativo e ludico assolutamente positivo. Significativi problemi nascono quando, per una serie complessa e profonda di cause, il piacere del gioco diventa un impulso incontrollabile, patologico, che arriva a stravolgere i rapporti familiari, sociali, finanziari in una maniera forse ancora troppo sconosciuta nel nostro paese. Un giocatore veramente dipendente è una persona in cui l’impulso per il gioco diviene un bisogno irrefrenabile e incontrollabile, al quale si accompagna una forte tensione emotiva ed una incapacità, parziale o totale, di ricorrere ad un pensiero riflessivo e logico. L’autoinganno e il ricorso 65 a ragionamenti apparentemente razionali assumono la funzione di strumenti di controllo del senso di colpa e innestano ed alimentano un circolo autodistruttivo in cui se il giocatore dipendente perde, giustifica il suo gioco insistente col tentativo di rifarsi e di “riuscire almeno a riprendere i soldi persi”, se vince si giustifica affermando che “è il suo giorno fortunato e deve approfittarne”, sottolineando una temporanea vittoria che supporta, attraverso una realtà vera ma alquanto instabile e temporanea, questa affermazione interiore o esteriore. Lo stato mentale di un giocatore patologico è pertanto estremamente diverso da quello di un giocatore anche assiduo non patologico e si caratterizza per il raggiungimento di uno stato similare alla sbornia, con una modificazione della percezione temporale, un rallentamento o perfino blocco del tempo, che nasce da una tendenza a raggiungere uno stato alterato di coscienza completamente assorbiti, fino ad uno stato di estasi ipnotica, dal gioco. Talvolta questa condizione della mente è favorita da un reale consumo di alcolici o di altre sostanze, associato al gioco, che alimenta la perdita di controllo della propria condotta. Ma chi è il giocatore d’azzardo patologico? Guerreschi ha ritenuto opportuno differenziare 6 macro categorie. 1. Giocatori d’azione con sindrome da dipendenza: hanno perso il controllo sul loro modo di giocare. Per loro, giocare d’azzardo è la cosa più importante nella 66 vita, l’unica cosa che li mantiene in “azione”. Il gioco d’azzardo compulsivo è una dipendenza progressiva che abbraccia tutti gli aspetti della quotidianità e della vita del giocatore. Mentre continua a giocare, la sua famiglia, i suoi figli, i suoi amici ed il suo lavoro vengono influenzati negativamente dalla sua attività di gioco. Il giocatore compulsivo non può smettere di giocare, indipendentemente da quanto lo desideri o da quanto duramente ci provi. 2. Giocatori per fuga con sindrome da dipendenza: giocano per trovare sollievo dalle sensazioni di ansietà, depressione, rabbia, noia o solitudine, da un particolare vuoto interiore. Usano il gioco d’azzardo per sfuggire da crisi o difficoltà. Il gioco provoca un effetto analgesico invece di una risposta euforica. 3. Giocatori sociali costanti: il gioco d’azzardo è la fonte principale di relax e divertimento, sebbene questi individui mettano il gioco in secondo piano rispetto alla famiglia e al lavoro. I giocatori sociali costanti mantengono ancora il controllo sulle loro attività di gioco. 4. Giocatori sociali adeguati: giocano per passatempo per svago, per socializzare e per divertirsi: Per questa classe, il giocare d’azzardo può essere una distrazione o una forma di relax. Il gioco non interferisce con le obbligazioni familiari, sociali o lavorative. A questa categoria di giocatori 67 appartiene la maggior parte della popolazione adulta. 5. Giocatori antisociali: sono giocatori antisociali coloro che si servono del gioco d’azzardo per ottenere un guadagno in maniera facile ma soprattutto illegale. 6. Giocatori professionisti non-patologici: si mantengono giocando d’azzardo e considerano il gioco d’azzardo una professione. L’evoluzione del gioco I giochi d’azzardo, ormai, non sono più solo i Casinò, bische o giochi clandestini (lontani dalla maggior parte della gente comune), ma scommesse (cavalli, sport, ecc.) disponibili in svariate forme e tipologie (fisiche e locali, ma anche telefoniche, tramite tv digitale, telematiche ecc.). I nuovi giochi tecnologici (pur rifacendosi o richiamando in qualche caso i giochi tradizionali) si stanno caratterizzando per la loro attitudine ad un gioco solitario ed a-sociale con evidenti rischi di sconfinamento in forme di gioco problematico e patologico. Questi nuovi giochi, quali Lotto e derivati dello stesso, Bingo, Win for life, 10 e Lotto, Slot-machine, New Slot e VLT (acronimo di video lottery terminal con la possibilità di giocare fino ad un massimo di 10 euro a tiro e con la possibilità di vincere un jackpot tra gli apparecchi racchiusi nella stessa rete), facilmente accessibili a tutti, diffusi sui territori anche online e in maniera spropositata. Questi attività restano co- 68 munque legali ma non per questo risultano meno legati alle tematiche dell’azzardo, poiché giocandoci vengono investite somme di denaro (spesso ingenti) sulla previsione di una vincita che esula da qualsiasi abilità del giocatore ma riguarda solo il caso, il fato e il denaro investito non verrà più reso se perduto. Il gioco d’azzardo attualmente si presenta come una nuova e incentiva forma di consumo, che produce alte forme di benefici economici sia per chi lo gestisce, che per lo Stato. Oggi più che mai ci si rende conto dell’enorme impatto che le politiche di progressiva legittimazione ed incentivazione del gioco d’azzardo ha avuto a livello sociale. A partire dal 1990 negli Stati Uniti e in Europa, si sono moltiplicate le ricerche volte a stabilire il tasso di prevalenza dei giocatori problematici e patologici. In Italia si stima che l’80% della popolazione giochi almeno una volta l’anno e che, la percentuale dei giocatori patologici è compresa tra l’1% e il 3% (Lavanco e Varveri, 2001). A tal proposito, Guerreschi (2000) sostiene che lo Stato dovrebbe contribuire alla creazione di una cultura del gioco d’azzardo, per cui il gioco diventi una possibilità di divertimento e di arricchimento, e non un’alternativa all’attività lavorativa. Basti pensare che in Italia il settore dei giochi non conosce crisi, infatti, il gioco d’azzardo patologico (GAP) rappresenta la terza impresa Nazionale dopo Eni e Fiat, con cifre che oscillano tra gli 86/90 miliardi di euro annui. Cifre che, nostro malgrado, sono costrette ad aumentare. 69 I giocatori patologici sono più di 800 mila, mentre i soggetti a rischio sono oltre 2 milioni. Ogni persona gioca una cifra media di 1.300 euro, che se moltiplicata per i soggetti patologici o a rischio, rappresenta il 4% del Prodotto Interno Lordo (PIL) Nazionale. Solo nel 2006 gli italiani hanno per così dire “investito” 33,4 miliardi di euro. Tra i tanti giochi precedentemente citati e presenti sul territorio nazionale, il terribile primato spetta al “Gratta & Vinci” che ha registrato il record di incremento tra il 2005/06 del 150% in più, grazie alla sua versione telematica, i suoi bilanci saranno costretti ad aumentare. Anche le New Slot hanno particolarmente sedotto il popolo italiano e non solo, con un incremento del 30% tra il 2005/06. Nel complesso il tasso di crescita dei giochi pubblici in Italia tra il 2005 e 2006 è cresciuto del 16% con un trend in particolare aumento. Un altro aspetto di cui poco si parla e poco si studia è il giocare in borsa tramite internet (trading online), e in alcuni casi assume caratteristiche simili a quelle del gioco d’azzardo patologico: il soggetto vive un’esperienza di rischio soggettivo che si accompagna ad una transitoria alterazione del contatto con la realtà (“dissociazione”) e ad una sensazione di “potere” derivante dall’operare in prima persona davanti alla consolle (Pc). Può causare problemi economici, familiari e sociali di entità superiore ad altri giochi d’azzardo, con l’unica differenza che non è accessibile a tutti per questioni culturali e di interessi di natura economico-politico, poiché bisogna essere a cono- 70 scenza dei vari andamenti di mercati nazionali ed internazionali, documentarsi sulle varie fusioni ed acquisizioni tra aziende, riconoscere il trend in rialzo o in calo di un titolo azionario e tanto altro. Tuttavia, alcuni soggetti arrivano a sviluppare forme problematiche di gioco o, peggio, patologiche. Dunque, anche il gioco d'azzardo è figlio della rivoluzione tecnologica degli ultimi anni e della cultura della globalizzazione che non poteva non investire anche il mondo delle scommesse. Il gioco e l’uomo “Il gioco ci rapisce. Giocando siamo per un po’ liberati dall’ingranaggio della vita, come trasferiti su un altro mondo dove la vita appare più leggera, più aerea, più felice”. (Fink E., 1969. Il gioco come simbolo del mondo) Il gioco è una costante del comportamento culturale dell’essere umano ed accomuna sia il bambino che l’adulto; dà libero sfogo alle fantasie ed, al contempo, detta ed insegna delle regole che il gioco stesso racchiude in sé. Il gioco è spesso scisso dalla realtà comune, sono numerosi e di diverso genere: di società, di destrezza, d’azzardo, di pazienza, di costruzione, ecc.; ed il grandissimo numero e l’infinita varietà rende complessa una loro classificazione secondo un principio che consente di suddividerli tutti in un numero di categorie ben definite. Un’interessante chiave interpretativa delle dinamiche psicologiche inerenti il gioco d’azzardo 71 ci sono data da Caillois (1962) tramite una riflessione che ricompone osservazioni etologiche, filosofiche e pedagogiche, l’autore propone una classificazione dei giochi (accolta ed adottata coralmente dagli studiosi della materia) riconducibile a quattro tipologie, in base all’elemento motivazionale predominante e al tipo di attitudine richiesta: 1) Giochi di Agòn (competizione); 2) Giochi di Mimicry (imitazione); 3) Giochi di Alea (rischio); 4) Giochi di Ilinx (vertigine). Nei giochi di Agon gli elementi dominanti sono rappresentati dalla fiducia nelle proprie capacità e nella propria intelligenza, dall’assertività e dalla tenacia, dallo spirito di sacrificio, dalla generosità, dall’autostima e dalla stima dei propri meriti e delle proprie responsabilità. Rappresentano il trionfo delle potenzialità umane e l’appagamento dei bisogni esistenziali più importanti, in tutte le età della vita. Inoltre l’aspetto agonistico incita lo spirito di squadra e l’emergere di valori e sentimenti “sani” rafforzando il senso di competenza e autoaffermazione. Fanno parte di questo tipo, naturalmente, tutte le discipline sportive e i giochi di abilità. I giochi di Mimicry si basano sulla componente fantastica e immaginativa e sul desiderio, innegabilmente presente in tutti gli esseri umani, di poter essere qualcun altro o qualcos’altro, di reinventarsi, di descriversi in una realtà diversa dalla ordinaria. Senz'altro il modo stesso in cui queste attività sono predisposte presuppone l’utilizzo di “analogie” e il ricorso al pensiero magico. In questo senso questi giochi rivestono una funzione importante, soprattutto 72 nell’infanzia, per apprendere e gestire aspetti della vita reale attraverso gradi variabili di simulazione. Esempi di queste attività sono i giochi di ruolo, le recite, le mascherate, ma anche le rappresentazioni teatrali stesse. I giochi di Ilinx sono caratterizzati dalla ricerca della vertigine e del brivido e dal tentativo deliberato di alterare la normale percezione della realtà attraverso il ricorso ad esperienze tipicamente “no limits”; l’aspetto motivazionale di base di soggetti dediti a queste attività sembra essere la ricerca del sensazionale (il cosiddetto “sensationseeking behavior”) come compensazione ad un livello di attivazione fisiologica percepita come insufficiente. Ne sono esempi gli sport estremi, le pratiche fisiche di caduta o lancio, le corse illecite di auto truccate, e altre condotte pericolose. Com’è intuibile, già in questo tipo di giochi si riscontra l’aspetto di assunzione del rischio (“risk taking”), ma nello specifico sono i giochi di Alea (dalla parola latina che indica il gioco dei dadi) quelli che intrinsecamente contengono l’elemento dell’“azzardo” per antonomasia, rappresentato dall’incertezza dell’esito e dall’affidamento al caso, cui si aggiunge la presenza di una posta in gioco attraverso la scommessa. “Aleatori” sono infatti quei giochi in cui il risultato finale dipende quasi esclusivamente dalla “Dea Bendata”, dalla sorte e solo in minima parte dall’abilità del giocatore. È interessante notare come ciò che qualifica l’azzardo in questi giochi non sia rappresentato tanto dalla presenza di una posta economica, quanto dall’atto dello “scommettere”, che assume 73 la valenza di una sfida dell’uomo versus il proprio destino, nell’illusione di controllarlo (un esempio fra tutti la pratica mortale della roulette russa in cui ci si gioca la vita per confermare il valore e il senso perduto dell’esistenza). Nel rapido break della scommessa la tensione adrenalinica, determinata dall’incertezza dell’esito e dall’azzardo, sale a dismisura e trasloca il giocatore in una dimensione fantastica ed estatica in cui il principio di realtà è soverchiato da quello del piacere. Per questo i giochi con una forte componente aleatoria, rispetto a quelli di Agòn, possono rappresentare un’abdicazione del senso di responsabilità, in favore di un passivo e regressivo abbandono a ciò che la sorte riserva, senza più valutazione di merito, né sacrificio, nè senso di frustrazione per aver fallito, perché buona parte della responsabilità dell’esito sarà sempre attribuibile alla presenza del fato. È pur vero che tale distinzione non deve essere interpretata rigidamente, in quanto diversi giochi racchiudono sia aspetti di Agòn che di Alea simultaneamente (ad esempio il poker e anche alcune competizioni sportive). Le forme più patologiche di gambling sono associate a quei giochi caratterizzati da un grado molto elevato di aleatorietà rispetto a quello di abilità, perché ciò procura loro quelle particolari condizioni psicofisiche che il giocatore percepisce come pressanti e indispensabili e che possono assumere l’aspetto di una vera e propria forma di dipendenza. La sfida non è più quindi uomo versus uomo ma diventa uomo versus fortuna (caso o destino) spostandosi dal piano reale 74 a quello fantasmatico (perciò necessariamente impari) con la predisposizione a far scivolare il giocatore in una dimensione sempre più artefatta e separata dalla realtà, amministrata da forze e leggi di tipo magico, che oltrepassano sempre più la consapevolezza di sé e delle proprie reali facoltà. Alla luce di questa distinzione delle attività di gioco, un’interessante ipotesi interpretativa riguarda appunto quanto possano influire sulla spinta motivazionale il rapporto fra la componente di abilità (Agòn), quella di rischio (Alea) e il sistema di aspettative del soggetto riguardo alla propria competenza. Il pathological gambler che fa del gioco d’azzardo il suo mestiere cerca di dichiarare la propria capacità su un terreno in cui non può esserci una reale valutazione di capacità, poiché il caso domina su tutto, incontrastabile, nonostante i sistemi di credenze magiche innalzate dal giocatore stesso. L’atteggiamento di disprezzo, del pericolo e di assunzione del rischio, ostentato dal giocatore come atto di coraggio, (e anche, talvolta, come stile di vita) si rivela, spesso, come il patetico e fallace tentativo di lenire sentimenti di inefficacia, fallimento e insoddisfazione personale presenti su altri fronti, di compensare un’autostima carente e una scarsa fiducia in sé e nelle proprie capacità. Così il gioco si configura come evasione rispetto a sentimenti di inferiorità e\o a dimensioni depressive e richiama sempre più l’azzardo, innescando un circolo vizioso in cui c’è sempre meno spazio per l’Agòn. Ne deriva che facendo aumentare la percezione di compe- 75 tenza personale del soggetto in attività di gioco che implichino e sviluppino capacità fisiche o intellettuali e possano fortificare la percezione della propria autostima, si potrebbe attendere un’evoluzione nell’assetto psicologico e cognitivo del giocatore, facilitando il riappropriarsi del proprio ruolo attivo e produttivo anche nella vita. Devereux (1968), considerava il gioco d’azzardo come un modello di devianza istituzionalizzata, sviluppatosi a partire dalle pratiche magiche e religiose di gente che ambiva a confrontarsi con l’incertezza e con il fato. Secondo l’autore, l’etica del lavoro protestante incentrato sulla diligenza e sull’abitudine di vita ispirati alla morale e alla castigazione dei costumi era di per se frustante all’interno di una società di sistemi capitalistici. Quindi il gioco d’azzardo veniva definito come attività strumentale volta in modo cosciente solo a fini economici e come divertimento fine a se stesso. A tal proposito, si potrebbe affermare quanto detto da autori quali Caldwell (1972) e Cornish (1978), che il gioco d’azzardo è legato all’insoddisfazione del proprio status, ed è associato all’appagamento che nasce dall’esperienza in sé, dall’attività stessa di giocare. Ulteriori studi, sostengono il movente economico, che tuttavia potremmo riscontrare anche con lo stato attuale delle cose. Oltre cinquant’anni fa, Tec (1964), in una sua ricerca, condotta in Svezia, su giocatori di totocalcio, ha provato che essi si concentravano più di altri a migliorare le proprie condizioni e prospettive lavorative, ed erano più insoddisfatti del loro livello salariale di coloro 76 che non si dedicavano al gioco: consideravano le vincite al totocalcio come una possibile via per migliorare il proprio stile di vita economico e sociale. Secondo Croce (2002), il gioco d'azzardo è un'attività ludica che ha tre caratteristiche fondamentali: 1. lo scopo del gioco è l'ottenimento di un premio in denaro, beni materiali, ecc; 2. per parteciparvi è necessario rischiare una somma più o meno ingente di denaro o altri tipi di beni (mobili o immobili); 3. la vincita è spesso dettata dal caso, quasi mai dalle abilità del giocatore o solo in rarissimi casi. I nuovi giocatori: le donne In passato il giocatore era l’uomo, le donne potevano partecipare solo ad alcuni giochi, sia per questioni di contesto socio-culturale sia per ragioni economiche, oggi, nel presente, “l’azzardo si veste di rosa” (Cesare Guerreschi); infatti si è constatato un incremento del gioco d’azzardo da parte di donne, mamme, mogli. La classica immagine è quella di un uomo giovane, alla ricerca di sensazioni forti, amante del rischio, delle belle donne, di soldi. Oggi, invece, l’immagine è anche quella di una donna semplice, una casalinga di mezza età, alle prese con le fatiche della vita quotidiana e della routine, della famiglia, che lotta contro la depressione, la soli- 77 tudine degli affetti, tutto meno che alla ricerca dell’avventura. La probabilità di sviluppare una dipendenza da gioco d'azzardo sembra essere due volte maggiore per gli uomini rispetto alle donne (La Barbera, 2010). La prevalenza del disturbo è però influenzata dalla crescente disponibilità del gioco d'azzardo unita alla pubblicità sempre più invasiva, si pensi che su alcuni siti web vi sono dei tutorial per imparare a giocare a diversi giochi, pseudo-trucchi ecc; il solo cliccare o cercare uno di questi fa sì che in automatico arrivino proposte di gioco, di casinò online e tanto altro. La percentuale di donne dipendenti dal gioco ha quindi iniziato ad aumentare costantemente tanto da avvicinarsi a quella degli uomini (stime nazionali ed europee, si muovono dal 30 al 40%). Le donne, così come si osserva per altre dipendenze, impiegano più tempo degli uomini per valicare la barriera della trasgressione, ma se questo accade, lo si fa in modo esasperato; il GAP rappresenta oggi per le donne un altro “tabù infranto” (Prever, 2011). L’evolversi della dipendenza nelle donne è spesso più rapido che per gli uomini e, in breve tempo passano alla fase della disperazione (Custer, 1982). Si è constatata una maggiore difficoltà da parte delle donne nella richiesta di aiuto, poiché il sintomo viene sottovalutato o negato dai familiari o semplicemente non accettato; difficile è anche trovare servizi “tagliati su misura”, con orari e setting adeguati che favoriscano le attività 78 svolte quotidianamente dalle donne che sono maggiormente impegnate tra casa e lavoro. Nell’intervento elettivo, quello di gruppo, spesso non trovano spazio per esprimere sentimenti legati a problemi relazionali più intimi, che solo nel femminile trovano ascolto ed empatia (Prever e Locati, 2010; Locati e Tadini, 2010). Gli adolescenti Particolare preoccupazione riveste il forte impatto e la diffusione delle nuove forme di gioco tra gli adolescenti, dove si riscontra il passaggio da giochi informali auto-organizzati e autogestiti verso il consumo a forme di gioco commerciale a forte rischio di addiction, poiché questi sono facilmente reperibili tramite internet; oggi presente su tutti i dispositivi (cellulari, smartphone, tablet, ecc.). Tale aumento è stato spiegato da uno studio condotto da Ladd e Petry (2002), su soggetti adolescenti con problematiche di gioco d’azzardo. Lo studio riporta come i ragazzi che utilizzavano internet hanno maggiori problematiche gioco d’azzardo correlate, probabilmente dovute alla semplicità nell’accedere a vari casinò e giochi online. Di contro, i ragazzi che non utilizzavano molto internet o che non erano pratici nell’utilizzo di tale strumento, mostravano una soglia più bassa nella perdita del controllo degli impulsi, quindi minori problematiche nel controllare l’esordio del gioco d’azzardo. 79 Un'altra importante ricerca (Capitanucci, 2005) mette in evidenza come i giovani oggi sono particolarmente coinvolti in attività di gioco d’azzardo e come sviluppano e conservano pensieri irrazionali sul gioco con il rischio di incorrere in gravi problemi di addiction. I primi contatti con il gioco d’azzardo avvengono sin dalle Scuole Primarie e l’abitudine a giocare d’azzardo è già ben consolidata in tarda adolescenza. Quanto prima una persona inizia a giocare tanto più è a rischio di sviluppare un problema di gioco d’azzardo patologico in età adulta. Molinaro (2012), osserva come circa il 40% degli studenti italiani alle scuole superiori, circa 45.000 giovani tra 15 e 19 anni, sostiene di essersi avvicinato al gioco almeno una volta nell’arco dell’anno. L’incontro con il mondo dei giochi è spesso fortuito: il 52% ha iniziato a giocare per caso. I ragazzi giocano di più rispetto alle coetanee (52,6 vs. 28,8%). I giochi preferiti sono Gratta e Vinci, Lotto, Superenalotto e Poker. Tipicamente maschili, invece, slot-machine (almeno una volta il 14% dei maschi e il 4% delle ragazze) e scommesse sportive (30% dei ragazzi e appena il 3% delle femmine). Tra gli studenti giocatori, il 69% nell’ultimo mese ha speso fino a 10 euro, il 24% tra gli 11 e i 50 euro ed il 7% più di 51 euro. Simili i dati raccolti da Bono (2009), su un campione rappresentativo di 8.582 studenti dell’ultimo biennio delle superiori: evidenziando le motivazioni al gioco, prevalgono speranza di vincita (51%) e divertimento (28%). 80 Bastiani e collaboratori (2012, 2013), confermano che sebbene i giovani giochino meno degli adulti (35,7% vs. 45,3%) manifestano maggiori problemi sia in forma lieve (6,9% vs 5,8%) che severa (2,3% vs 2,2%). Atteggiamenti e cognizioni relativi all’attività di gioco costituiscono importanti fattori di rischio per lo sviluppo di comportamenti patologici. Un fenomeno da considerare, poiché segue un’evoluzione esponenziale grazie ad internet, è il poker online, sia a torneo che cash, la propensione a questo gioco coinvolge giovani dai 14 ai 30 anni e vi si investe molto tempo e denaro, i controlli per età o conti correnti esistono ma sono in alcuni casi eludibili, inoltre vi è una cospicua presenza di banner pubblicitari, che invogliano al gioco, su diversi siti web con offerte e bonus che possono facilmente catturare l’attenzione di un ragazzo minorenne e non solo. Secondo Bedrina (2012), si tratta delle nuove leve del poker: tra 18 e 30 anni (ma anche minorenni che aggirano le barriere del web riuscendo ad aprire conti-gioco) sono studenti, impiegati, disoccupati; giocano solo online e il poker viene visto e «studiato» in quanto fonte di guadagno. Spesso giocano a livelli troppo alti per le loro possibilità e giocare diventa lo scopo della giornata. Possono praticare questa attività fino a 18 ore al giorno, con circa 2.000 – 2.500 mani, anche su 16 tavoli contemporaneamente. Inseguendo il sogno di diventare Professional Poker Players, molti abbandonano studi o lavoro sperando di ottenere contratti con le poker room online per scalare le vette e giun- 81 gere al successo ed emulare idoli quali Tom Dwan o Dario Minieri, diventando a loro volta star del circuito, guadagnando molto denaro, trasformando una passione in un lavoro, acquisendo fama e popolarità, viaggi di lusso, suite e limousine. Anche senza risultati, molti tentano la strada del professionismo pensando di farcela prima o poi: ma nel frattempo dilapidano conti correnti, smettono di investire sulla costruzione del loro futuro. Probabilità ed illusione Molte ricerche hanno messo in evidenza, come frequentemente la maggior parte delle persone vada incontro ad “errori e credenze” che si fondano sull’idea che gli eventi aleatori siano trasformabili, siano interpretabili, siano prevedibili. In altre parole, non solo che “abbiano una loro logica, siano correlati o correlabili con altri eventi”, ma che sia possibile comprendere tale logica, prevederla, manipolarla o interpretarla da “segni esterni”, il classico messaggio premonitore. I meccanismi più frequenti che si possono rintracciare riguardano, ad esempio, l’avvicinamento alla vincita (come accade nei gratta e vinci se un numero sorteggiato si avvicina a quelli della fascia superiore dello stesso), cosi come può essere il sorteggio di un numero vicino o simile a quello di cui si era in possesso (Reid, 1986). Questa percezione di essere “vicini alla vittoria” può sviluppare l’aberrante convinzione che sia necessario 82 continuare ad insistere per raggiungere l’obiettivo e, di conseguenza, i buoni propositi di limitazione che si erano prefissati debbano essere accantonati in quanto “ormai è fatta”. Anche la cosiddetta teoria dei “numeri ritardatari”, ovvero l’idea che, poiché un numero non viene estratto da molto tempo ha una probabilità di gran lunga superiore di essere estratto a differenza di altri numeri, questo fenomeno può portare a “dimenticare l’aleatorietà degli eventi” e, continuare ad insistere sul numero o sulla combinazione che da tempo non viene sorteggiata (Cohen, 1972). Tuttavia, per il giocatore pervaso dal pensiero magico può valere anche il procedimento inverso, sebbene della stessa (a)logica, ovvero l’insistere sull’evento “fortunato” perché si interpreta la ricorrenza come segno del destino, come “filotto”, come momento fortunato, come “provocazione-segnale”. Ovviamente, questo atteggiamento accresce il senso di onnipotenza del giocatore, in quanto “a dispetto” della “logica” che porterebbe a scommettere sull’evento ritardatario, si segue invece l’istinto, l’emozione, il rischio. Anche l’idea di avere un “ruolo attivo” nel gioco spesso sostiene la reiterazione e la (a)logica nella condotta. Si pensi ad esempio, ad alcuni esperimenti condotti con il lancio dei dadi, in cui la velocità e la forza con cui si lanciano i dadi appare in correlazione all’aspettativa di uscita di numeri alti o viceversa (Henslin, 1967). Già Wortman (1975), aveva notato come la partecipazione attiva favorisca un sentimento immoti- 83 vato di scelte e di responsabilità che, tuttavia, modifica la percezione di controllo. Un altro fattore che può influenzare la condotta del gioco è relativo alla credenza di “essere scelti”. Si pensi, alla gente che acquista un biglietto della lotteria, ha la tendenza a rifiutare la vantaggiosa idea di scambio con più biglietti, ritenendo che il proprio biglietto abbia maggior possibilità di vittoria o che comunque non lo si “debba tradire” di fronte ad un’offerta, sebbene vantaggiosa o comunque sicura. Un altro fattore di fallacia percettiva è determinata dalla combinazione dei numeri che assumono un valore “divinatorio” e contrario alle leggi della logica e delle probabilità. Non si sceglie un numero di biglietti della serie A123456 se si ha l’alternativa di uno della serie N123456, in quanto si ritiene impossibile che esca dall’estrazione un biglietto della serie A, nonostante abbia le stesse probabilità di uscita nell’estrazione. La stessa identica motivazione che porta alcuni giocatori del lotto a non giocare numeri quali: 1,2,3,4,5 oppure 10,20,30,40, ma si preferisce disporre diversamente la propria scelta, per esempio, 25,47,55,29. Questi fattori, comuni anche ai non giocatori patologici, di fatto “predispongono, costruiscono, mantengono” comportamenti di gioco e spesso costituiscono il fondamento sulla quale si innescano escalation e reiterazioni. Uno dei meccanismi problematici più frequenti, che indicano anche la gravità dei giocatori problematici è la cosiddetta rincorsa alle perdite (chasing), che porta il gioco ad un incremento 84 esponenziale, dettato dall’esigenza di recuperare il denaro perduto e all’assunzione di forti rischi (per esempio, usura, indebitamento, condotte di rilevanza penale, che riguarderebbero il criterio 8 del DSM-IV-TR), finalizzati al procacciarsi denaro per poter continuare. Questa esigenza di recupero è spesso accompagnata dall’ideologia che una volta raggiunti il pareggio tra vincite e perdite non si continuerà a giocare. In alcuni studi condotti da Kahneman e Tversky (1979), sul paradosso della propensione al rischio, ovvero che, le persone sono più propense ad accettare rischi nelle fasi di perdita piuttosto che in quelle di vincita. Questo fenomeno venne dimostrato attraverso un esperimento in cui venivano offerti 1000 dollari a dei soggetti con la possibilità di raddoppiare tale somma oppure di perderla con una probabilità del 50%. La maggior parte dei partecipanti di fronte ad un guadagno sicuro non accettava il rischio. Tuttavia, se si proponeva loro una perdita sicura di 100 dollari con la possibilità, sempre con il 50% di probabilità di andare a pari oppure di perderne 200 dollari, la maggior parte delle persone preferiva accollarsi il rischio. Applicando questa teoria in diversi ambiti del comportamento umano, si spiegherebbe come nel caso del gioco in “fase di perdita” e di “necessità di recupero” il giocatore patologico assumerebbe maggiori rischi. Non meno rilevante è il “sunk cost effect” (Thaler, 1985), ovvero la teoria “dell’affondamento”, che spiega come la volontà di mantenere il proprio modus operandi possa essere influenzato in maniera spropositata ed ir- 85 ragionevole dalle proprie risorse (tempo, denaro, fatica) precedentemente investite. Tali teorizzazioni non riguardano solo il gioco d’azzardo ma gli investimenti con un’accezione generale: economici, affettivi, professionali e spiegherebbe come le persone persistano in comportamenti distruttivi e deleteri o ancora antieconomici, anche di fronte a realtà che suggeriscano di modificare i propri atteggiamenti. Il giocatore d’azzardo patologico commette degli errori cognitivi di logica: applica delle strategie proprie, cerca di interpretare ogni segnale dell’ambiente che lo circonda, si affida alle sue sensazioni interne e a calcoli particolari sulle probabilità, ben lontana dalle leggi della statistica pura, tutto ciò al fine di dominare la situazione di gioco e ottenere una vincita, nella speranza che sia quella che gli cambi per sempre il resto della vita. Quando si rivedono gli aspetti decisionali del gioco, bisogna prendere in considerazione tre importanti fenomeni che illustrano l’irrazionalità del pensiero e delle decisioni prese da chi vi partecipa: la “fallacia del giocatore” (fallacia di Montecarlo), “l’illusione di controllo” e “la quasi vincita” (Gilovich, 1983) cioè la convinzione che gli insuccessi sono vicini a diventare successi. La fallacia del giocatore viene spesso associato al nome di Cohen (1972) e si verifica quando il giocatore tende a sopravvalutare la probabilità di successo di una scommessa dopo una serie di sequenze inesatte e scommesse perse; al contrario 86 un giocatore si sente meno sicuro della vincita in seguito ad una scommessa vinta. L’illusione di controllo di cui parlava Langer (1975) definita come “aspettativa di successo personale erroneamente alta rispetto a quanto l’obiettivo possa garantire” si riferisce alla situazione in cui le persone manipolano gli eventi casuali come se dipendessero dalla loro personale volontà, o percepiscono il gioco d’azzardo come un gioco di abilità. Frequentemente queste tre variabili si scontrano tra di loro e i giocatori d’azzardo compiono rituali di ogni genere pur di esorcizzare la sfortuna. Gambling e Disedonia Koob & Le Moal (1997), in uno studio delle dipendenze hanno parlato, per la prima volta, di “disregolazione omeostatica edonica”, nota come “disedonia”. Ma cos’è di fatto? Analizzando il termine da un punto di vista etimologico è possibile provare ad individuare una chiave interpretativa. Il suffisso “dis-” sta ad indicare una mancanza o carenza in una qualche funzione, in questo caso in quella edonica, ovvero la capacità di provare piacere. L’uomo è per istinto portato a ricercare piacere pertanto seleziona comportamenti tesi a questo precipuo fine. In essi è possibile identificare diverse componenti distinguibili in: una componente preparatoria (desiderio), una incentivante (attivazione/eccitazione/approcci) 87 ed una componente consumatoria (piacere/soddisfazione/gratificazione). L'aspetto incentivante degli stimoli motivazionali naturali è associato alle loro proprietà sensoriali specifiche (odore, sapore, forma, temperatura) che li identifica. La componente consumatoria dei comportamenti motivazionali, coinvolge gli effetti metabolici e fisiologici, del contatto e dell'interazione, con lo stimolo gratificante (piacere, sazietà, orgasmo). Ognuna di queste componenti può considerarsi piacevole ed indurre uno stato emotivo positivo (gratificazione), ma tutte risultano indispensabili agli stimoli motivazionali naturali, per essere del tutto rinforzanti. Una prima definizione di alterazione nella funzione edonica venne proposta sin dal 1897 da Ribot, il quale coniò il termine “anedonia” per definire una condizione tipica di alcune patologie psichiatriche che si caratterizzava per l’incapacità nel provare piacere. Con il termine “disedonia” oggi si intende invece la disregolazione dell’omeostasi edonica, ovvero una patologia funzionale dei sistemi cerebrali di modulazione della gratificazione. Essa include tutte le possibili variazioni qualitative e quantitative della capacità di gratificazione di un soggetto. In particolare, possono essere evidenziate clinicamente e correlate neuro-biologicamente, variazioni qualitative e quantitative della funzione edonica, nella componente preparatoria, incentivante-motivazionale ed in quella consumatoria (Manna et al. 2003). Queste stesse variazioni, innescando alterazioni a livello dei sistemi neuro- 88 trasmettitoriali, sottostanti al piacere, si pongono alla base non solo delle dipendenze da sostanze ma anche di quelle comportamentali. Uno dei sistemi principalmente coinvolto è quello dopaminergico, dove la dopamina appare funzionalmente correlata, non solo a tutte le fasi del comportamento d’approccio allo stimolo gratificante ma anche all’apprendimento condizionato dei rinforzi secondari. L’attività funzionale del sistema cerebrale di ricompensa e la connessa capacità edonica, secondo alcuni studiosi, potrebbe essere distinta in due componenti fondamentali: - l’impatto edonico (correlato all’attivazione elicitata dallo stimolo incondizionato); - l’apprendimento della ricompensa (associazione tra stimolo condizionato e stimolo incondizionato). Qualora lo stimolo sia risultato piacevole e immagazzinato in memoria si registrerà una maggiore o minore propulsione alla ricerca dello stesso. Tutto ciò è siglabile nella sola accezione di: craving, condizione che è manifesta non solo nelle sostanze d’abuso ma anche per quel che concerne cibo, sesso, alcol e gioco d’azzardo (Berger et al. 1996; Brauer et al. 1997). Dimostrando così come la ricerca spasmodica dell’oggetto della dipendenza non sia imposta solo da meccanismi fisiologici che richiedono la sostanza al fine di poter funzionare bene, ma anche da fattori psichici. La “disedonia” potrebbe, perciò, correlarsi, non solo ad alterazioni funzionali della ca- 89 pacità di provare piacere, ma anche ad alterazioni funzionali della capacità di desiderare e rapportarsi agli stimoli gratificanti, in un approccio concettuale di spettro psicopatologico, che potrebbe includere non solo disturbi del tono dell’umore e schizofrenia, ma anche disturbi da abuso di sostanze, disturbi dell’alimentazione, alcolismo, disturbi del controllo degli impulsi e disturbi di personalità. (Manna 2006; Manna et al. 2006). Conclusioni Recentemente all’espansione del fenomeno sociale del gioco d’azzardo si va associando un aumento di casi di patologia da dipendenza da gioco. Si stima che nella maggior parte delle società dove il gioco si è sviluppato rapidamente nel corso degli ultimi decenni, la percentuale dei giocatori patologici oscilla tra l’1-3% della popolazione. Sono 500 mila gli italiani per i quali il brivido saltuario di una giocata alla slot-machine, gratta e vinci o poker online finisce per trasformarsi in una vera e propria ossessione quotidiana. Alcune persone finiscono per stravolgere la propria esistenza secondo i dettami del “dio azzardo”: prestiti, ipoteche, aguzzini ed in un attimo il giocatore si trova inghiottito in una spirale da cui non è più in grado di uscire. Questi sono dati che parlano di giocate legali ma resta un fenomeno di difficile quantificazione. Secondo uno studio condotto da “Libera” (Fondatore Don Luigi Ciotti) nel nostro 90 paese ci sono oltre due milioni di giocatori a rischio di dipendenza e circa 800 mila giocatori 'patologici'. La dipendenza, psicologica ed economica, è uno dei principali fattori di allarme lanciato nel corso della presentazione del dossier di Libera. Il gioco d’azzardo, un fenomeno personale e sociale di difficile gestione, anche dovuto al fatto che resta legale, in ogni bar, tabacchi, club ricreativi in ogni angolo siamo perseguitati da slot-machine, video poker, gratta e vinci, superenalotto ecc. Per quanto il problema si sia ormai reso evidente alla “coscienza collettiva” il problema resta e non viene ben delineato dalle forze Politiche. Anche il Decreto Balduzzi che in un certo qual modo cerca di mettere a freno questo problema ha comunque delle falle che andrebbero colmate. Inoltre lo Stato non si rende conto che gli introiti di oggi saranno le spese di domani che serviranno a curare tutti coloro che sono diventati giocatori patologici. Il problema gioco è sempre esistito e come detto all’inizio del trattato, vi sono dei riferimenti già nel 3000-4000 a.C., ma negli ultimi anni questo fenomeno si è esteso a macchia d’olio coinvolgendo ragazzi adolescenti, anziani, uomini e donne che per diverse ragioni di tipo psicologico, sociale ed economico sono rimasti imbrigliati nella trappola fatale del vincere facile del gioco d’azzardo. Le conseguenze sociali e psicologiche di questa trappola spesso hanno costi alti da pagare e non solo in termini economici. Basti pensare a tutte le cascate di eventi che ne conseguo- 91 no. Sentiamo parlare di una mamma che lascia i suoi due bambini in auto mentre lei passa qualche ora al Bingo, oppure un ragazzo di 19 anni che si toglie la vita perché non riesce a smettere di giocare e non sa come spiegarlo ai suoi genitori. In conclusione di tale elaborato, dopo avere indagato e interpretato scientificamente i vari aspetti psicopatologici del gioco d’azzardo, si vuole rimandare il lettore ad una riflessione più umanistica. Attualmente non stiamo affrontando sicuramente un periodo florido, le aziende chiudono bottega, le tasse sono molte e spesso le famiglie non riescono ad arrivare a fine mese; ma come diceva uno dei grandi padri dell'economia, Adam Smith, filosofo che più di 200 anni fa scrisse cose che ad oggi sarebbero state molto utili e attuali: “Non s’è mai visto e mai si vedrà una lotteria perfettamente equa”, non solo ai patiti di lotteria, ma a tutti coloro che sarebbero incappati nella morsa del vincere facile. Detto in maniera grossolana, se il gioco fosse stato una fonte di reddito sicura per tutti coloro che ne intraprendono il percorso oggi saremmo tutti giocatori e non esisterebbero professioni. Basti pensare come nel caso del Milionario (uno dei gratta e vinci più diffusi in Italia) che la possibilità di vincere 500mila euro è 1 su 6 milioni e la probabilità di beccarlo è lo 0,0000167% ma ovviamente questo non è scritto sul biglietto. Per rendere ancora più chiara la possibilità di vincita “immaginate l’intera strada da Milano a Potenza, 912 km, coperta di gratta e vinci, quelli 92 del Milionario per la precisione, lungo 15.33 cm, uno in fila all’altro. Tra i 6 milioni di biglietti che servono per coprire la distanza ce n’è uno, uno soltanto, che vale 500mila euro. Immaginate di poterne scegliere un biglietto. Uno soltanto. I 500mila euro vi sembrerebbero ancora a portata di mano? (Matteo Iori, presidente del Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo Conagga)”. Come è stato ampiamente discusso, alla base di coloro che giocano e diventano giocatori patologici vi sono altre problematiche di base che, non riguardano solamente la sfera economica, ci sono problemi personali, familiari e psicologici e sociali. Spesso si comincia a giocare qualche euro e dopo un po’ il gioco diventa oasi di distacco da tutti gli altri problemi che vengono lasciati alle spalle, si ha una depersonalizzazione che porta il giocatore a non rendersi conto di ciò che sta accadendo e molto spesso solo toccando il fondo se ne rende conto. L’ invito è cercare di affrontare i problemi con le persone più care senza cercare aiuto o supporto in attività dannose quali alcool, gioco d’azzardo o sostanze stupefacenti, per poi arrivare a conseguenze ancora peggiori. Se si è già intrapreso un percorso dannoso, esistono figure di riferimento utili e capaci che in scienza e coscienza possono dare una mano: oggi sul territorio nazionale ci sono centri con figure professionali come Psicologi, Psichiatri, Sociologi, Educatori e Tutor che seguono anche le vicende economiche per cercare di ripristinare le finanze. 93 Bibliografia • • • • • • • • • Anderson, G., Brown, R.I.F. (1984). Real and laboratory gambling, sensation seeking and arousal. British Journal of Psychiatry, 75, 401-441. Bastiani, L., Gori, M., Colasante, E., Siciliano, V., Capitanucci, D., Jarre, P., Molinaro, S. (2011). Complex factors and behaviors in the gambling population of Italy. Journal of Gambling Studies. Bateson, G. (1984). Mente e natura. Milano: Adelphi. Bateson, G. (1976). Verso un’ecologia della mente. Milano: Adelphi. Bedrina, D. (2011). Slide del workshop “I segreti del poker”. Organizzato da AND-Azzardo e Nuove Dipendenze con il patrocinio di ALEA. Bellio, G., Fiorin, A. 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Filippo Petruccelli, professore associato di psicologia dello sviluppo e dell’educazione, Università di Cassino e del Lazio Meridionale. Irene Petruccelli, assistant professor di psicologia sociale, Università “Kore” di Enna. Matteo Pio Ferrara, Psicologo clinico. David Scaramozzino, psicologo-psicoterapeuta, Istituto per lo Studio delle Psicoterapie. Valeria Saladino, Psicologo clinico. Alessandro Valchera, Ospedale Villa San Giuseppe, Ascoli Piceno. Valeria Verrastro, psicologo-psicoterapeuta, Istituto per lo Studio delle Psicoterapie. Carolina Zegarelli, Psicologo clinico. 102 Gli Autori contribuiscono ai progetti di ricerca del BART, Behavioral Addictions Research Team, che ha come partner l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, l’Istituto per lo Studio delle Psicoterapie, l’Università degli Studi di Chieti Pescara “Gabriele D’Annunzio”, la Società Italiana di Psichiatria delle di- pendenze e l’Associazione Maninellaterra. Behavioral Addictions Research Team Il campo delle dipendenze comportamentali sta acquisendo un posto sempre più di rilievo nell’attenzione della comunità scientifica, delle autorità socio sanitarie e dell’opinione pubblica. A tal proposito, a seguito di rapporti di collaborazione, oramai consolidati, tra enti qualificati, nasce il progetto BART (Behavioral Addictions Research Team), in cui le parti coinvolte, per le quali non sono previsti costi diretti, si impegnano, ognuna con le sue specificità, nella ricerca, nell’organizzazione e gestione di corsi di formazione e nella pianificazione di progetti di intervento (prevenzione, percorsi terapeutici e rieducativi ecc..) nel campo delle dipendenze comportamentali. In un’ottica di miglioramento dei risultati e risparmio delle risorse, le parti coinvolte pongono l’accento sulla necessità di “fare rete” e, lasciano libera la possibilità di aderire al BART ad altri enti, pubblici e privati, nazionali ed esteri, che si occupino degli stessi campi di ricerca, di 103 formazione ed intervento. Ciò anche al fine di favorire la collaborazione tra istituzioni competenti e per poter accedere a fondi nazionali e sovranazionali per reperire sovvenzioni. Valeria Verrastro: curatore del presente volume; psicologo-psicoterapeuta, Istituto per lo Studio delle Psicoterapie; direttore scientifico della rivista Qualepsicologia; ricercatore, Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale. 104 IstitutoperloStudiodellePsicoterapiesrl ScuoladiSpecializzazionein PsicoterapieBrevi adApproccioStrategico RiconosciutaconDM20/3/1998aisensidell’art.3dellalegge 56/1989 BARI–ViaG.Capruzzi326 CATANIA–ViaPlebiscito158 LAMEZIATERME(CZ)–ViaRoccoScotellaro14 ROMA-ViaSanMartinodellaBattaglia31 SANTICOSMAEDAMIANO(LT)–ViaCadore8 www.istitutopsicoterapie.it [email protected] 0644340019-3286068080 105 BART-BehavioralAddictionsResearchTeam www.beavioraladdictions.it [email protected] 3479247118 106 Annotazioni 107 Annotazioni 108 Annotazioni 109 Annotazioni 110 Annotazioni 111 Annotazioni 112 Annotazioni 113