La politica fiscale nell`Unione Economica e Monetaria

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La politica fiscale nell’Unione
Economica e Monetaria
Il Trattato di Maastricht
• 11 dicembre 1991: 12 paesi membri della CEE adottano
a Maastricht gli accordi sull’Unione politica, economica e
monetaria, integrati in un unico testo costitutivo del
Trattato sull’Unione Europea (TUE), comprendente
252 articoli, nuovi o risultanti dalle modifiche dei Trattati
CEE, CECA ed EURATOM.
• Con il Trattato di Maastricht i 12 paesi della vecchia
CEE istituiscono una Unione Europea, che si
sovrappone alle comunità esistenti (CEE, CECA ed
EURATOM), e alle vecchie forme di cooperazione
politica aggiunge il coordinamento in tema di politica
estera e affari interni e giudiziari.
Il Trattato di Maastricht
• Il Trattato vuole instaurare una vera e propria
politica economica comune, fondata su:
– uno stretto coordinamento delle politiche
economiche nazionali dei paesi membri;
– sul mercato unico in cui realizzare definitivamente le
4 libertà di movimento previste dai trattati originari
(beni, servizi, persone e capitali)
– su obiettivi macroeconomici comuni, nell’ambito di
una completa libera concorrenza.
Il Trattato di Maastricht
• Secondo il disegno del Trattato, la politica
economica comune richiede e determina:
– Una politica monetaria e di cambio comune.
– L’instaurazione della moneta unica, l’ECU.
• L’azione deve essere condotta nel rispetto di
alcuni principi guida:
– Stabilità dei prezzi
– Risanamento delle finanze pubbliche
– Stabilità della bilancia dei pagamenti
Il Trattato di Maastricht
• Questi principi hanno rilevanza costituzionale,
e fanno si che, per garantirne il rispetto, agli stati
membri possano essere imposti vincoli alla
conduzione delle politiche economiche.
• In altri termini, viene definitivamente sancita la
perdita di una rilevante porzione di sovranità
nazionale sulla politica economica.
Il “governo” dell’economia europea
• Secondo il Trattato, la realizzazione dell’UEM sarà
sostenuta dalla presenza di un “governo dell’economia
europea”, affidato al Consiglio dei Ministri, che:
– Fisserà ogni anno i grandi orientamenti di politica economica
dell’Unione.
– Sorveglierà l’evoluzione economica di ciascuno stato
membro, con particolare riguardo per l’andamento dei disavanzi
pubblici, affinché non risultino eccessivi.
• Per questi fini il Consiglio dei Ministri potrà servirsi di:
– Raccomandazioni.
– Sanzioni, nei casi più gravi di incoerenza con gli indirizzi
generali dell’Unione.
Il “governo” dell’economia europea
• Di fatto si sanziona l’irreversibilità del
processo di convergenza delle politiche
economiche e una progressiva perdita della
sovranità nazionale in questo campo.
• Gli orientamenti generali di politica economica
non possono più essere decisi a livello
esclusivamente nazionale, e non possono
mutare in base al colore delle maggioranze
politiche.
• Si accetta invece l’idea che la politica economica
debba essere concepita nel rispetto di
determinati vincoli di partenza.
Le tre fasi dell’UEM
• Conformemente con le prescrizioni del Rapporto Delors,
il Trattato di Maastricht prevede 3 tappe per la
realizzazione dell’UEM.
• Dal 1 luglio 1990, è previsto un periodo interlocutorio per
la piena realizzazione del mercato comune,
caratterizzato dallo sforzo di convergenza economica
degli stati membri sottoposto ora a procedure di
sorveglianza da parte delle istituzioni comunitarie.
• Dal 1 gennaio 1994, si richiede agli stati membri di
conseguire gli obiettivi di convergenza previsti per il
passaggio alla terza fase che, secondo il Trattato,
inizierà, secondo le circostanze, il 1 gennaio 1997 oppure
1999. Viene istituito l’Istituto Monetario Europeo, che
prefigura alcune delle funzioni che, nella terza fase,
saranno affidate alla Banca Centrale Europea.
Le tre fasi dell’UEM
• A partire dalla terza fase, la politica monetaria dovrà
essere gestita da una nuova istituzione comune, il
Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC),
composto dalla Banca Centrale Europea, dotata di
personalità giuridica, e dalle Banche centrali nazionali
dei paesi membri.
• In questa fase gli stati che parteciperanno all’Unione
saranno obbligati a rispettare regole precise sulle
politiche economiche, comprese quelle di bilancio,
per assicurare la stabilità della moneta unica e
l’omogeneità complessiva del sistema.
Il meccanismo di sorveglianza multilaterale
• Il Consiglio dei ministri dell’economia dell’UE
(ECOFIN) assume un ruolo centrale nel meccanismo
di sorveglianza multilaterale.
– L’ECOFIN, a maggioranza qualificata, su raccomandazione
della Commissione, elabora un progetto di indirizzi di massima
per le politiche economiche degli stati membri.
Corrispondentemente, il Consiglio Europeo adotta una
raccomandazione che adotta tali indirizzi.
– Sulla base delle relazioni presentati dalla Commissione,
l’ECOFIN sorveglia l’evoluzione economica degli stati membri e
la coerenza delle loro politiche economiche con gli indirizzi di
massima.
– In caso di “politiche non coerenti”, l’ECOFIN, deliberando a
maggioranza qualificata, può rivolgere allo stato membro in
questione le necessarie raccomandazioni, che può anche
rendere pubbliche.
I criteri della convergenza
•
I criteri di convergenza, che sono tuttora al centro di
un lungo dibattito teorico e politico, sono collocati
nell’art. 109J del Trattato. Essi sono:
1. Raggiungimento di un alto grado di stabilità dei
prezzi. Questo risulterà da un tasso di inflazione
prossimo a quello dei tre Stati membri che hanno
conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei
prezzi.
2. Sostenibilità della situazione della finanza
pubblica; questa risulterà dal conseguimento di
una situazione di bilancio pubblico non
caratterizzata da un disavanzo eccessivo secondo
la definizione di cui all'art.104C, paragrafo 6.
I criteri della convergenza
3. Rispetto dei margini normali di fluttuazione previsti
dal meccanismo di cambio del Sistema Monetario
Europeo per almeno due anni, senza svalutazioni nei
confronti della moneta di un qualsiasi altro Stato
membro.
4. Livelli dei tassi di interesse a lungo termine che
riflettano la stabilità della convergenza raggiunta dallo
Stato membro e della sua partecipazione al
meccanismo di cambio dello SME.
I valori della convergenza
• I criteri hanno carattere qualitativo, e nelle intenzioni
avrebbero dovuto permettere un certo grado di
discrezionalità. Tuttavia sono stati da subito molto
controversi, anche dal punto di vista tecnico:
1. Disavanzo pubblico: si potrebbe considerare eccessivo un
disavanzo superiore alla media degli stati membri.
2. Inflazione: ci si deve chiedere quando un tasso di inflazione sia
sufficientemente prossimo a quello dei 3 paesi più virtuosi.
3. Il rispetto dei margini normali di fluttuazione per 2 anni può dar
luogo ad altre difficoltà, visto che fa sembrare l’UEM come uno
sbocco dello SME nella sua fase ultima di quasi-fissità dei
cambi.
4. Tassi di interesse: la loro convergenza dipende in pratica dalle
altre condizioni, visto che risulterebbe quasi automaticamente
dalla convergenza dei tassi di inflazione e dall’eliminazione del
rischio di cambio.
I valori della convergenza
•
Il Protocollo sulla procedura per i
disavanzi eccessivi stabilisce i valori di
convergenza per deficit e debito
pubblico:
1. Il rapporto tra disavanzo pubblico
(previsto o effettivo) e PIL ai prezzi di
mercato non deve superare il 3%.
2. Il rapporto tra debito pubblico e PIL ai
prezzi di mercato non deve superare il
60%.
I valori della convergenza
• Il Protocollo sui criteri di convergenza previsti
dall’articolo 109J stabilisce i criteri monetari:
3. Il tasso medio di inflazione degli stati membri,
osservato per un anno prima dell’esame, non deve
superare di più dell’1,5% quello dei 3 stati membri
che hanno conseguito i migliori risultati in termini di
stabilità dei prezzi.
4. Il tasso di interesse nominale degli stati membri
non deve eccedere di più del 2% quello dei 3 stati
membri con i tassi di interesse più bassi.
L’importanza della disciplina fiscale
• Vi è un’estesa letteratura che evidenzia i benefici della
disciplina fiscale, nel breve, medio e lungo periodo.
• Nel medio periodo, la disciplina fiscale permette di
contribuire alla stabilità dei prezzi e ad aspettative di
inflazione basse e stabili.
• Secondo la Fiscal Theory of the Price Level (FTPL), se
la politica fiscale non assicura la solvenza del settore
pubblico per ogni livello dei prezzi, la politica monetaria
perde il controllo sulla determinazione del livello dei
prezzi: bilanci fuori controllo spingerebbero prima o poi i
banchieri centrali a intervenire attraverso politiche
monetarie espansive, in modo da monetizzare il debito
pubblico e riportarlo sotto controllo per evitare una crisi
finanziaria.
L’importanza della disciplina fiscale
• La monetizzazione del debito è l’emissione di debito
verso la Banca centrale, che determina un aumento
della moneta in circolazione e (almeno nel lungo
periodo) dell’inflazione: la Banca centrale compra il
debito pubblico stampando nuova moneta
(emettendo base monetaria) che affluisce nelle casse
pubbliche e viene usata per pagare la spesa
pubblica.
• Perciò, per permettere alla politica monetaria di
mantenere l’inflazione sotto controllo, la politica fiscale
deve adattare l’avanzo primario nella misura necessaria
a rispettare il vincolo di solvibilità per ogni livello dei tassi
di interesse.
L’importanza della disciplina fiscale
• Finanze pubbliche sotto controllo favoriscono anche un
policy-mix appropriato alla crescita, poiché:
1. permettono di mantenere bassi i tassi d’interesse, con
effetti positivi sugli investimenti privati.
2. Agevolando la stabilità e la comparabilità dei prezzi esse
favoriscono una migliore allocazione delle risorse.
3. Evitando la formazione di uno stock troppo elevato di
debito pubblico, o portando alla sua riduzione, la
disciplina fiscale permette inoltre di mantenere basso o
ridurre il pagamento degli interessi sul debito
pubblico, e dunque facilita uno spostamento di risorse
pubbliche a vantaggio di categorie di spese più
produttive.
Flessibilità nell’interpretazione dei criteri
•
•
I criteri relativi alla finanza pubblica sono tuttavia i più
controversi. Il Trattato ne prevede un’interpretazione
flessibile. L’art. 104C prescrive che il disavanzo non
possa superare un certo valore di riferimento, “a meno
che”:
1. Il rapporto non sia diminuito in modo sostanziale e
continuo e abbia raggiunto un livello che si avvicini al
valore di riferimento.
2. Oppure, in alternativa, il superamento del valore di
riferimento sia solo eccezionale e temporaneo, e il
rapporto resti vicino al valore di riferimento.
Analogo elemento di elasticità viene introdotto sul
rapporto debito/PIL. Questo non deve superare il valore di
riferimento, a meno che detto rapporto non si stia
riducendo in misura sufficiente e non si avvicini al
valore di riferimento con un ritmo adeguato.
La convergenza difficile
• Tra la fine del ’95 e l’inizio del ’96 si riapre la
discussione sulla capacità dei singoli paesi di
soddisfare i criteri previsti dal trattato. Le
prospettive dell’economia reale cambiano, e la
ripresa si rivela più bassa del previsto. Anche in
Germania la crescita rallenta.
• 2 conseguenze:
– 1. Forte aumento della disoccupazione.
– 2. Aumento del rapporto deficit/PIL in tutti i paesi
europei.
• Perfino la Germania rischia di non rispettare il
criterio di convergenza.
Le difficoltà dell’Italia
• Nel 1995, l’Italia è lontana dal soddisfare tutti i criteri di
convergenza.
• Alla fine del 1995, il tasso di inflazione è di circa il 5,6%,
il triplo della media dei 3 paesi più virtuosi.
• Alla fine del 1992, l’Italia era uscita dallo SME, e quindi
neanche il criterio del cambio era soddisfatto.
• La situazione della finanza pubblica è peggiore. Alla fine
del 1995, il rapporto deficit/PIL è al 7,4%, e il rapporto
debito/PIL supera il 120%.
• Le preoccupazioni sono aggravate dal fatto che le
politiche restrittive hanno peggiorato notevolmente la
distribuzione del reddito, riducendo la quota dei salari sul
reddito nazionale di oltre 4 punti percentuali.
Il Patto di Stabilità e Crescita
• Il dibattito riguarda anche quelli che saranno i criteri che
gli stati membri dovranno soddisfare per rimanere
nell’UEM, dopo esserci entrati.
• Nel Consiglio Europeo di Dublino del dicembre 1996 il
ministro delle finanze tedesco Theo Waigel propone di
adottare un Patto di Stabilità.
• Il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) viene introdotto
formalmente con una risoluzione del Consiglio Europeo
di Amsterdam del giugno 1997 e due regolamenti, “sul
rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di
bilancio e del coordinamento delle politiche economiche”
(1466/97) e “sull’accelerazione e il chiarimento delle
modalità di attuazione della procedura per i disavanzi
eccessivi” (1467/97).
Il Patto di Stabilità e Crescita
• Il PSC prevede una doppia strategia:
1. Identificazione preventiva degli eccessi di politica
fiscale
2. Fissazione di misure correttive per i disavanzi definiti
eccessivi.
• Obiettivo del PSC è permettere le fluttuazioni
cicliche del bilancio pubblico, tenendo il
disavanzo strutturale a un livello prestabilito o
sotto di esso.
• I paesi membri devono quindi fissare obiettivi di
bilancio di medio periodo per ottenere un saldo
“prossimo al pareggio o positivo”.
Il Patto di Stabilità e Crescita
•
I due principi teorici su cui si basa il PSC
sono:
1. I paesi membri devono attuare politiche di
tax smoothing, cioè tenere costanti le
aliquote indipendentemente dalla fase del
ciclo, per ridurre l’effetto distorsivo del
prelievo fiscale.
2. La politica fiscale deve in generale essere
basata sugli stabilizzatori automatici e non
sull’azione discrezionale dei governi.
Elementi costitutivi del PSC
•
Gli elementi costitutivi del Patto di
Stabilità e Crescita sono:
1. Definizione delle condizioni di eccezionalità
e temporaneità delle fluttuazioni del deficit.
2. Definizione temporale della procedura per i
disavanzi eccessivi.
3. Specificazione delle eventuali sanzioni a
carico dei paesi che dovessero avere
disavanzi eccessivi senza che ci siano le
condizioni di eccezionalità e transitorietà.
Condizioni di eccezionalità e transitorietà nel PSC
• Il superamento del valore di riferimento per il disavanzo
pubblico è considerato eccezionale e temporaneo qualora
sia determinato da un evento inconsueto non soggetto al
controllo dello stato membro interessato, e che abbia rilevanti
ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica
amministrazione,
• oppure nel caso sia determinato da una grave recessione
economica.
• Il superamento del valore di riferimento provocato da una
grave recessione è eccezionale solo se sussiste un declino
annuo del PIL in termini reali di almeno il 2%.
• Nello stabilire l’esistenza di queste condizioni, il Consiglio
tiene conto delle osservazioni formulate dallo stato membro
per dimostrare che il declino annuo del PIL è a sua volta
dovuto a eventi eccezionali (esogeni).
La procedura prevista dal PSC
• Ogni anno gli stati membri devono presentare un
programma di stabilità, che deve contenere:
1. Un obiettivo di bilancio per il medio termine (in
pareggio o in surplus)
2. Il sentiero di aggiustamento per conseguire questo
obiettivo.
• Il Consiglio, a maggioranza qualificata e sentito il parere
della Commissione (organo tecnocratico!), approva il
programma o chiede di modificarlo, e vigila sulla sua
attuazione, con il potere di emettere delle
raccomandazioni in proposito.
La procedura prevista dal PSC
• Due volte l’anno (entro il 1 marzo e il 1 settembre) i
paesi membri sottopongono alla Commissione i dati del
bilancio pubblico.
• La Commissione stila un rapporto e, sulla base di esso, il
Consiglio, a maggioranza qualificata, decide
sull’esistenza o meno di un disavanzo eccessivo, ed
emette una raccomandazione sulle misure da
prendere.
• Se la raccomandazione non viene seguita entro 4 mesi,
il paese viene invitato a prendere misure concrete.
• Se queste sono disattese, dopo due mesi vengono
comminate delle sanzioni, sotto forma di depositi
infruttiferi.
I depositi infruttiferi
• L’ammontare del deposito è costituito da:
– un elemento fisso, pari allo 0,2 % del PIL e
– un elemento variabile pari ad un decimo della differenza
tra il disavanzo espresso in percentuale del PIL nell’anno
precedente ed il 3%.
• Tale deposito non può comunque superare lo 0,5% del PIL.
• Pur se questa forma di sanzione è considerata dannosa,
soprattutto se applicata in periodi di bassa crescita, va
considerato che nei primi due anni, quando la sola sanzione
comminata è un deposito, il suo costo è principalmente
reputazionale: il costo finanziario è infatti rappresentato solo
dal servizio del debito emesso per finanziare il deposito (il
deposito viene poi restituito).
L’Euro
• Il 1 gennaio 1999, 11 degli allora 15 stati membri
dell’Unione Europea adottano l’Euro come valuta
comune.
• A questi si aggiunge la Grecia, che rientra nei parametri
economici richiesti nel 2000, e viene ammessa
nell'eurozona il 1 gennaio 2001.
• In questi primi dodici stati l'euro entra ufficialmente in
circolazione il 1 gennaio 2002 sotto forma di monete e
banconote.
• Nel 2006 un tredicesimo stato, la Slovenia, entrata
nell'Unione nel 2004, dimostra di rispettare i criteri di
convergenza e viene ammessa nella zona euro il 1
gennaio 2007.
• Nel 2007, Malta e Cipro raggiungono il rispetto dei criteri
di convergenza e vengono ammessi nella zona euro.
L'introduzione della divisa comune nelle due isole
mediterranee è avvenuta il 1 gennaio 2008.
• Il 1 gennaio del 2009 è entrata la Slovacchia.
• Il 1 gennaio del 2011 l’Estonia.
Eurolandia
L’Eurosistema
• Con una moneta unica, ci può essere:
– un unico tasso di interesse;
– un unico tasso di cambio verso il resto del mondo;
– un’unica politica monetaria.
• Normalmente ciò implicherebbe una sola Banca
centrale ma, come sappiamo, non è questo il
caso dell’Eurosistema.
• Ogni paese membro è entrato nell’UEM avendo
già una propria Banca centrale, ultima traccia
della perduta sovranità monetaria.
• Il Trattato di Maastricht non prevede infatti la
fusione delle banche centrali nazionali in una
sola istituzione (anche per la paura di licenziare
migliaia di dipendenti).
Il fiscal compact
• Nella primavera 2010 la Germania spinge gli altri stati
membri ad inasprire le regole sul raggiungimento del
pareggio di bilancio.
• Alla fine del 2010 sono avanzate proposte emendative
del Patto di stabilità e crescita volte al rafforzamento del
coordinamento delle politiche fiscali.
• Nel febbraio 2011 la Germania e la Francia propongono
il “Patto di competitività”, volto a rafforzare il
coordinamento economico nella zona euro; tale proposta
è stata approvata anche dalla Spagna.
• Il cancelliere tedesco Angela Merkel, diversi ministri
delle finanze europei ed il presidente della Banca
centrale europea cominciano a sostenere l'idea di
un'unione fiscale.
Il fiscal compact
• Nel marzo 2011 viene proposta una nuova riforma del
Patto di stabilità e crescita, volta a rendere automatiche
le sanzioni per chi viola i parametri riguardanti il 3% nel
rapporto deficit/PIL e il 60% nel rapporto debito/PIL. È il
famigerato Fiscal compact.
• Angela Merkel insiste affinché la Commissione europea
e la Corte di giustizia dell'Unione europea (organi non
rappresentativi!) svolgano un ruolo importante di
garanzia nel controllare il rispetto degli obblighi da parte
dei paesi.
• il 30 gennaio 2012 il Consiglio europeo, con l'eccezione
del Regno Unito e della Repubblica Ceca, approva il
nuovo patto fiscale.
• A fine febbraio il capo del governo dell'Irlanda Enda
Kenny annunciò che il suo paese intendeva sottoporre a
referendum popolare l'accordo sul patto di bilancio
europeo.
Il fiscal compact
• Il Fiscal Compact (Treaty on Stability, Coordination and
Governance in the Economic and Monetary Union; noto
anche come Fiscal Stability Treaty) è un trattato
internazionale che sostituisce – con termini più restrittivi – il
Patto di Stabilità e Crescita, firmato il 2 marzo 2012 da tutti gli
stati membri dell’UE tranne Repubblica Ceca e Regno Unito.
• Il nuovo trattato entrerà in vigore quando sarà stato ratificato
da almeno 12 dei paesi interessati e a partire dal 1º gennaio
2013.
• Ogni paese, dopo la ratifica del trattato, avrà tempo fino al 1º
gennaio 2014 per introdurre la regola che impone il pareggio
di bilancio nella legislazione nazionale (non è detto che
ciò debba avvenire a livello costituzionale).
• Solo i paesi che avranno introdotto tale regola entro il 1º
marzo 2014 potranno ottenere eventuali prestiti da parte del
Meccanismo Europeo di Stabilità. L'obiettivo, dopo l'entrata in
vigore, è quello di incorporare entro cinque anni il nuovo
trattato nella vigente legislazione europea.
Il fiscal compact
• Il testo del trattato si trova sul sito della
Commissione: http://www.europeancouncil.europa.eu/media/639226/10__tscg.it.12.pdf
Il fiscal compact
• L'impegno ad avere un deficit pubblico “strutturale” (cioè
“corretto” per il ciclo economico) che non deve superare
lo 0,5% del PIL e, per i paesi il cui debito pubblico è
inferiore al 60% del PIL, l'1%.
• Questo significa che le uscite dello Stato possono essere ogni
anno superiori alle entrate al massimo dello 0,5 per cento del
PIL, comprese le spese per gli interessi sul debito
pubblico.
• La parola “strutturale”, però, introduce complicati meccanismi
statistici che aggiustano il calcolo a seconda del ciclo
economico.
• Se ci si trova in una fase di difficoltà dell’economia, infatti, le
entrate del sistema fiscale si abbassano e le uscite si alzano,
per esempio per maggiori spese per i sussidi di
disoccupazione.
• I calcoli statistici dovrebbero riuscire a tener conto di questo
contesto, ed è quindi possibile che un paese che in termini
assoluti ha un deficit del 2 per cento del PIL abbia un deficit
“strutturale” inferiore allo 0,5 per cento stabilito dal trattato.
Il fiscal compact
• L'obbligo per i Paesi con un debito pubblico
superiore al 60% del PIL, di rientrare entro tale soglia
nel giro di 20 anni, ad un ritmo pari ad un ventesimo
dell'eccedenza in ciascuna annualità (20 anni di
decrescita?).
• L'obbligo per ogni stato di garantire correzioni
automatiche con scadenze determinate quando non sia
in grado di raggiungere altrimenti gli obiettivi di bilancio
concordati.
• L'impegno a inserire le nuove regole in norme di tipo
costituzionale o comunque nella legislazione nazionale,
che verrà verificato dalla Corte europea di giustizia.
• L'obbligo di mantenere il deficit pubblico sempre al di
sotto del 3% del PIL, come previsto dal Patto di stabilità
e crescita; in caso contrario scatteranno sanzioni semiautomatiche.
• L'impegno a tenere almeno due vertici all'anno dei 17
leader dei paesi che adottano l'euro.
L’inserimento del pareggio di bilancio in
costituzione
• Il testo, scritto dal governo Berlusconi promuove a
principio costituzionale un approccio di politica
economica estremamente liberista ed estremamente
orientato sul piano ideologico, secondo cui la spesa
pubblica in deficit, cioè non interamente finanziata dalla
tassazione, è intrinsecamente sbagliata.
• Cenni al contesto in cui nasce tale proposta di
importanza capitale: le accuse di prostituzione minorile!
• In pratica non sarà più possibile emettere titoli del debito
pubblico per finanziare la spesa, a meno che non
ricorrano determinate condizioni.
• Diversi analisti hanno osservato che sarà comunque
facile per le forze politiche accordarsi per aggirare il
nuovo testo costituzionale, e che questo ridurrà
ulteriormente la trasparenza dei conti pubblici (si veda
per esempio il contributo di Tito Boeri e Fausto Panunzi
su La Voce).
L’inserimento del pareggio di bilancio in
costituzione
• Ma non è questo il punto. Di fatto, la nuova formulazione della
Costituzione implica il rifiuto dell’idea che lo stato sociale sia una
istituzione fondamentale del nostro sistema economico e
sociale.
• È praticamente impossibile istituire uno schema pubblico di
protezione sociale in pareggio di bilancio.
• È vero che in Italia tali schemi esistono già e non dobbiamo certo
cominciare da zero. Ma il nostro stato sociale versa da almeno due
decenni in una profonda crisi e necessita di riforme strutturali per
poter garantire con efficienza un livello accettabile di servizi
essenziali quali la sanità e l’assistenza.
• Tali riforme costano e, considerando la situazione di forte stress
fiscale cui è gia sottoposto il nostro paese, non sarà facile
finanziarle con la tassazione. Adesso, con l’approvazione della
riforma, non si potrà più ricorrere nemmeno al debito pubblico per il
finanziamento.
L’inserimento del pareggio di bilancio in costituzione
• Uno degli aspetti più assurdi della trasformazione
istituzionale in corso è la totale assenza di dibattito
politico su queste misure.
• Il Parlamento si è espresso in modo quasi unanime
sull’approvazione della riforma costituzionale, e le forze
parlamentari hanno tradito una sostanziale ignoranza
della sostanza profonda della riforma che si stava
approvando.
• Ciò è tanto più grave se si considera che il Parlamento in
carica ha seri problemi di rappresentatività democratica,
ma può prendere provvedimenti di importanza capitale
grazie a una maggioranza estesissima dovuta alla
“alleanza” programmatica tra Pd e Pdl.
• Ciò ha consentito di approvare il testo da parte dei due
terzi del Parlamento, soglia che implica l’impossibilità di
sottoporre la riforma a referendum popolare.
Fiscal Compact e riduzione del debito
• Il paese è obbligato quindi, nei prossimi vent’anni, a portare il
suo debito pubblico dal 126% (previsioni FMI per il 2012) al
60% del PIL. Si tratta di circa 45 miliardi di risparmi l’anno,
miliardo più, miliardo meno, a seconda dell’andamento del
ciclo economico.
• E, si noti, poiché il PIL durante una recessione scende, il
rapporto debito/PIL sale. Pertanto il nuovo accordo si
configura come una manovra suicida che aggraverà gli
effetti di una fase discendente del ciclo.
• Per avere una dimensione di paragone, la spending review di
cui tanto si parla incide per appena 29 miliardi in tre anni,
meno di 10 miliardi l’anno. O, in altri termini, si può dire che
per rispettare il fiscal compact lo Stato toglierà agli italiani
circa il 3% della ricchezza generata ogni anno.
• Nonostante l’avanzo primario sia stato costantemente
positivo fino al 2009, il debito si è ridotto di 20 punti in
quattordici anni, dal picco del 1995 fino 2008.
• Ora si richiede di ridurlo di 66 punti in 20 anni: suicida!
Debito pubblico in % del Pil
130
120
110
100
90
80
70
60
50
40
30
debito/Pil
Obiettivo Patto Stabilità e Crescita
20
10
0
70
71
72
73
74
75
76
77
78
79
80
81 82
83
84
85
86
87
88
89
90
91 92
93
94
95
96
97
98
99
00
01
02
03
04
05
06
07
Fiscal Compact e riduzione del debito
• La diminuzione del debito pubblico sulla base di una
crescente sottrazione di risorse può avere un effetto
ancor più traumatico.
• Quando il debito pubblico scende perché diminuisce la
spesa pubblica, infatti, è molto probabile che quello
privato salga. Il motivo è che l’austerità costringe
imprese e famiglie ad indebitarsi, spesso anche solo
per mantenersi.
• E cosa succede quando il debito privato cresce? La
Spagna e l’Irlanda ci dicono molto sugli effetti perversi di
questa politica e di come in un paio d’anni si può far
schizzare nuovamente su il debito pubblico anche di 70
punti.
Fiscal Compact e congiuntura
• La disoccupazione è a livelli record, con un giovane su
due senza lavoro in Spagna e uno su tre in Italia.
• In Italia, in ottobre il tasso di disoccupazione ha superato
la soglia dell’11%, raggiungendo l’11,1%, in rialzo di 0,3
punti percentuali su settembre e di 2,3 punti su base
annua.
• Situazione ancora peggiore per i giovani. Il tasso di
disoccupazione giovanile (15-24 anni) a ottobre è al
36,5%, è il livello più alto sia dall’inizio delle serie
mensili, gennaio 2004, sia dall’inizio delle serie
trimestrali, cominciate nel IV trimestre del 1992.
• secondo l'Istat, nel terzo trimestre 2012 le figure
lavorative a tempo pieno continuano a mostrare una
forte caduta (-2,0%, pari a -398.000 unità rispetto allo
stesso periodo di un anno prima).
• Il risultato riflette soprattutto il calo dei dipendenti a
tempo indeterminato (-2,7%, pari a -347.000 unità).
Fiscal Compact e congiuntura
• Prosegue, ininterrotta dal I trimestre 2010, la crescita
degli occupati a tempo parziale che nel terzo trimestre
2012 manifesta un incremento su base annua dell’11,6%
(+401.000 unità).
• L’aumento coinvolge le posizioni lavorative dipendenti
maschili e, nei valori assoluti, soprattutto quelle
femminili; in tre casi su quattro si tratta di part-time
involontario, ossia dei lavori accettati in mancanza di
occasioni di impiego a tempo pieno.
• Continua a crescere il numero dei dipendenti a termine
(+3,5% pari a 83.000 unità), ma esclusivamente nelle
posizioni a tempo parziale. Circa la metà dell’incremento
del lavoro a termine interessa i giovani di età inferiore a
35 anni.
• Come vedremo nelle prossime slides, queste categorie
di lavoratori sono per lo più escluse dai benefici del
welfare.
Il fiscal compact
• I premi Nobel per l'economia Kenneth Arrow, Peter Diamond,
William Sharpe, Eric Maskin e Robert Solow, in un appello
rivolto al presidente Obama, hanno affermato che «Inserire
nella costituzione il vincolo di pareggio del bilancio
rappresenterebbe una scelta politica estremamente
improvvida.
• Aggiungere ulteriori restrizioni, quale un tetto rigido della
spesa pubblica, non farebbe che peggiorare le cose»;
soprattutto «avrebbe effetti perversi in caso di recessione.
Nell'attuale fase dell'economia, continuano, «è pericoloso
tentare di riportare il bilancio in pareggio troppo rapidamente.
I grossi tagli di spesa e/o gli incrementi della pressione fiscale
necessari per raggiungere questo scopo, danneggerebbero
una ripresa economica già di per sé debole».
• Anche Paul Krugman, il quale ritiene che l'inserimento in
costituzione del vincolo di pareggio del bilancio, possa portare
alla dissoluzione dello stato sociale.
• Consiglio di lettura: http://blogmicromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/04/11/pare
ggio-di-bilancio-e-declino-del-welfare-dove-la-sinistra/
Fiscal Compact e congiuntura
• Altri consigli di lettura: blog di Paul Krugman su
NYT – spesso tradotto in italiano da MicroMega.
• Secondo l'Eurostat, nell'Eurozona a ottobre sono
stati registrati 18,7 milioni di disoccupati, pari
all'11,7% dato in crescita (+0,1 punti) rispetto al
mese precedente. Su base annua l'aumento
della disoccupazione è stato di +1,3 punti
(10,4% a ottobre 2011), colpendo 2,16 milioni di
persone in più in 12 mesi.
• In tali condizioni, un inasprimento delle politiche
di austerità come quello previsto dal fiscal
compact rischia di essere suicida.
European Stability Mechanism
• European Stability Mechanism (ESM): è il cosiddetto “fondo salvastati”, che sarà utilizzato per prestare fino a un totale di 500 miliardi
di euro ai paesi dell’eurozona che ne faranno richiesta. Con l’ESM
l’Europa si dota per la prima volta di uno strumento permanente per
aiutare gli stati membri in difficoltà finanziaria.
• Il capitale di cui sarà dotato l’ESM sarà in parte versato dal fondo
provvisorio che operava in precedenza (EFSF l’European Financial
Stability Facility) e in parte dagli stati che hanno aderito all’ESM
(cioè tutti i 17 paesi dell’eurozona). In tutto, entro il 2014, il fondo
avrà in cassa 80 miliardi di euro. Altri 620 miliardi saranno
“garantiti”: i vari paesi aderenti si impegnano a tirarli fuori nel caso
ce ne fosse bisogno.
• Il fondo ha il compito di fornire assistenza finanziaria a un paese
membro della zona euro, che abbia difficoltà ad accedere ai mercati
finanziari a costi sostenibili, a causa di una situazione di finanza
pubblica già compromessa: l’eccessivo costo del finanziamento sul
mercato potrebbe fare precipitare quel paese nell’insolvenza,
minacciando la stabilità finanziaria della zona euro nel suo
complesso.
• La finalità dell’intervento dovrebbe essere quella di ripristinare
al più presto la capacità del governo di accedere al mercato a
costi ragionevoli.
European Stability Mechanism
• Con questo totale di 700 miliardi, tra soldi versati e garanzie, l’ESM
potrà emettere obbligazioni o altri strumenti finanziari per
raccogliere sul mercato circa 500 miliardi di euro. Non di più, perché
200 miliardi dovranno restare liberi: una specie di riserva di
emergenza, per garantire che quei 500 miliardi di obbligazioni
godano di un rating tripla A.
• Proprio il 30 novembre però Moody's ha tolto la tripla A, il voto
massimo, al fondo di stabilità europeo Esm portando il voto a AA1
con outlook negativo. Lo stesso ha fatto per l'Efsf, il Fondo europeo
di stabilità finanziaria. A spingere Moody's a rivedere al ribasso il
voto di Esm e Efsf, si legge in una nota dell'agenzia di rating, è stato
il taglio del rating della Francia che a sua volta ha perso la tripla A
ed è scesa a AA1.
European Stability Mechanism
• Denaro e garanzie saranno versati dai vari paesi
dell’Eurozona in proporzione alla loro partecipazione al
capitale della BCE. La Germania sarà il primo contributore e
verserà 21 miliardi garantendone altri 190. La Francia sarà il
secondo, con 20 miliardi versati e 142 garantiti e l’Italia sarà il
terzo con 17 miliardi versati e 125 garantiti.
• In base a queste quote sarà ripartito anche il diritto di voto
negli organismi di governo del fondo. Il principale si chiamerà
Consiglio dei governatori e ne faranno parte tutti i ministri
delle Finanze dei 17 paesi aderenti. Ognuno di loro voterà in
base alla percentuale del capitale del fondo versata dal suo
paese.
• Il Consiglio eleggerà un Consiglio di amministrazione e un
direttore generale, che si occuperanno della gestione giorno
per giorno delle attività del fondo, mentre il governatore della
BCE e il Commissario agli affari economici dell’Unione
Europea saranno osservatori senza diritto di voto.
European Stability Mechanism
• I prestiti dell’ESM saranno concessi a stati che si
troveranno in difficoltà nel pagare i loro conti oppure
con un sistema bancario che potrebbe entrare in
crisi se non venisse sostenuto.
• Il prestito sarà concesso soltanto se lo stato
sottoscriverà un Memorandum of Understanding,
cioè un impegno ad adottare una serie di misure
economiche per risolvere i suoi problemi di bilancio.
• Per ottenere l’aiuto dell’ESM lo stato dovrà anche
aver sottoscritto il trattato del Fiscal compact.
• I contenuti del memorandum saranno decisi dalla
direzione dell’ESM.
Limiti dello European Stability Mechanism
• Le risorse a disposizione sono limitate, per quanto
ampie possano sembrare.
• La loro governance è politica: le decisioni sono prese da
un Consiglio dove siedono i ministri economici degli stati
membri.
• Le decisioni sono prese all’unanimità; anche nel caso in
cui si adotti la cosiddetta “procedura veloce”, che
permette di prendere una decisione a maggioranza
qualificata (85 per cento del capitale), tre paesi
mantengono il potere di veto: Germania, Francia e Italia
(che hanno quote di capitale superiori al 15 per cento).
• La concessione della assistenza finanziaria avverrà solo
su richiesta del governo interessato e dopo la firma di un
Memorandum of Understanding , che contiene le
condizioni per l’erogazione del prestito.
Limiti dello European Stability Mechanism
• Quest’ultimo punto è particolarmente delicato. Nel
vertice di fine giugno i governi europei avevano trovato
un accordo politico sul fatto che il Memorandum NON
dovrebbe contenere condizioni aggiuntive rispetto a
quanto già previsto dagli altri strumenti di controllo
europeo sui conti pubblici dei singoli paesi: fiscal
compact, procedure per disavanzo eccessivo (PSC).
• Tuttavia, lo stesso fatto di dovere arrivare alla firma di un
Memorandum apre la strada a una trattativa tra il
governo interessato e gli altri, con la mediazione della
Commissione UE. In questa trattativa è probabile che si
faccia pressione sul governo interessato perché adotti
misure ulteriori, rispetto a quelle già previste, per
accedere all’assistenza del fondo.
Limiti dello European Stability Mechanism
• Questo è ciò che sta accadendo nel caso della Spagna: da quando
si è profilata la necessità di ricorrere allo Esm, è iniziata una
trattativa serrata tra governo spagnolo e Commissione sulle misure
di finanza pubblica da adottare; l’esito di questa trattativa verrà poi
formalizzato nel Memorandum of Understanding.
• Non solo, ma il suo rispetto verrà poi verificato dalla
Commissione e dalla Bce (rimane da chiarire il ruolo del Fmi):
insomma, lo spettro della Troika è sempre presente. Non è un caso
se il governo spagnolo si mostra assai riluttante all’idea di chiedere
l’assistenza dello Esm (se non per il settore bancario, per il quale ha
già firmato un apposito Memorandum).
• Il governo italiano, dal canto suo, non perde occasione per
dichiarare che l’Italia non ha alcun bisogno di chiedere
l’assistenza del Fondo.
• L’impressione che si ha, tenendo conto anche del ruolo che sta
giocando la Francia, è che ciascun paese speri che sia un altro
governo a richiedere l’assistenza del Fondo, confidando così di
ottenere un effetto benefico sul costo del suo debito – grazie alla
stabilizzazione dei mercati finanziari – ma senza pagare il costo
politico della richiesta di assistenza.
Limiti dello European Stability Mechanism
• L’eventuale richiesta di assistenza allo Esm potrebbe essere
una buona notizia, per il paese interessato e per i mercati
finanziari, solo per una ragione. Potrebbe aprire la strada
all’intervento della Bce sul mercato del debito pubblico di quel
paese.
• La svolta avvenuta durante l’estate ha introdotto nel
panorama europeo il solo “scudo anti-spread” che sia
veramente in grado di funzionare: l’acquisto,
potenzialmente illimitato, di titoli pubblici da parte della
banca centrale.
• Questa è l’unica istituzione dotata della capacità finanziaria e
dei processi decisionali in grado di esercitare una efficace
stabilizzazione dei tassi d’interesse, evitando gli ampi divari
tra un paese e l’altro. Non a caso il semplice annuncio della
svolta nella strategia della Bce ha determinato una netta
riduzione degli spread: quello italiano è calato di circa 150
punti base dalla fine di luglio a ottobre.
Riepilogo
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Trattato di Maastricht
Unione Economica e Monetaria
Criteri di convergenza
Importanza della disciplina fiscale
Patto di Stabilità e Crescita
Fiscal Compact
European Stability Mechanism
Limiti della governance europea
Possibili domande d’esame
• Si descrivano accuratamente i criteri e i valori della
convergenza previsti dal Trattato di Maastricht
• Si descrivano dettagliatamente gli elementi costitutivi del
Patto di Stabilità e Crescita (Condizioni di eccezionalità e
temporaneità delle fluttuazioni del deficit, e procedura
per i disavanzi eccessivi)
• Si descrivano dettagliatamente gli elementi costitutivi del
Fiscal Compact, con particolare riferimento al caso del
debito italiano.
• Si discutano brevemente i limiti del Fiscal Compact, con
particolare riferimento all’attuale congiuntura recessiva.
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