All’Unità Operativa di Audiologia ampiamente superato
il traguardo dei 200 Orecchi Bionici impiantati
ENRICO FAGNANI
Presso l’Unità Operativa Complessa di Audiologia
della Fondazione Policlinico Mangiagalli e Regina
Elena, attiva nell’area di via Pace 9 dal marzo 2005
sotto la direzione del prof. Antonio Cesarani, vengono svolte tutte le attività caratteristiche di questa
attualissima branca delle Neuroscienze.
La U. O. C. di Audiologia raccoglie la preziosa
eredità culturale dell’Istituto di Audiologia che
operò presso il Policlinico di Milano dal 1969 al
1997 sotto la guida del prof. Massimo Del Bo, pioniere dell’Audiologia Italiana.
L’Audiologia, disciplina medico chirurgica nata in
Italia negli anni ’60 per gemmazione dall’Otorinolaringoiatria, si occupa fondamentalmente di tutti
gli aspetti clinici dell’orecchio, ovvero dell’apparato uditivo, sistema sensoriale complesso al quale le
moderne scienze cognitive attribuiscono una fondamentale importanza nel fornire all’individuo informazioni indispensabili a rapportarsi correttamente
con l’ambiente circostante, a comunicare con altri
individui e sostanzialmente ad apprendere.
Sono quindi di specifica competenza audiologica la
diagnosi e la terapia delle sordità e delle problematiche uditive così come la diagnosi e la terapia dei
disturbi dell’equilibrio.
In questo vasto settore la terapia può essere medica, chirurgica, audioprotesica o riabilitativa; la riabilitazione è fondamentale sia come momento terapeutico autonomo sia come supporto alla terapia
chirurgica o audioprotesica.
La diagnosi precoce della sordità infantile è certamente un argomento molto attuale in quanto grazie
alle moderne metodiche di screening uditivo, oggi
è possibile evidenziare già alla nascita i bambini
con probabile sordità da sottoporre ad accertamenti
più approfonditi per definirne la diagnosi.
Ciò significa che si può porre diagnosi di sordità
nei primissimi mesi di vita e prendere gli opportuni
provvedimenti terapeutici assolutamente in tempo
per consentire un corretto apprendimento del lin-
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guaggio verbale ed un normale sviluppo cognitivo
e psicomotorio.
L’incidenza della sordità bilaterale congenita neurosensoriale profonda, a livello della popolazione
mondiale, è di poco superiore ad un caso ogni
mille nuovi nati; ciò significa che in Italia ogni
anno nascono oltre 500 bambini sordi profondi che
necessitano di adeguata terapia per poter sperare in
un efficace apprendimento del linguaggio verbale,
un adeguato sviluppo psicomotorio ed un valido
inserimento nella società.
Questo dato è tendenzialmente in aumento anche
per la sempre più frequente prematurità dei nuovi
nati, alla quale frequentemente si associa il danno
uditivo.
Teniamo presente che al deficit uditivo si associano
talora anche altre patologie correlate, le quali possono notevolmente complicare il quadro clinico.
A questa realtà di sordità congenita che, non
dimentichiamo, può essere anche evolutiva, si deve
aggiungere la sordità acquisita dopo la nascita
nelle varie fasi della vita per cause infettive, tossiche, metaboliche, degenerative e da malattie sistemiche correlate.
Si può intuire come il campo della sordità, ovvero
delle ipoacusie come si definiscono scientificamente, sia vastissimo e richieda competenze di altissimo livello.
Limitiamo in questa sede la nostra attenzione al
settore dell’ipoacusia neurosensoriale cocleare
bilaterale grave e profonda, congenita o acquisita,
vale a dire la sordità che colpisce la coclea o chiocciola che è la parte nervosa dell’orecchio, quella
che codifica i suoni in segnali elettrici comprensibili dal Sistema Nervoso Centrale.
Oggi possiamo affermare che la terapia più efficace
di quest’affezione è costituita dall’impianto o protesi cocleare altrimenti definito in questi anni dagli
organi d’informazione orecchio bionico.
Questo dispositivo, che costituisce uno dei più
significativi avanzamenti in campo biomedico
degli ultimi venti anni, è costituito da un attivatore
elettrico del nervo acustico dotato di 22 elettrodi di
stimolazione (fig. 1) il quale viene posizionato
mediante un intervento di microchirurgia, della
durata di circa tre ore, all’interno della Chiocciola,
in vicinanza delle fibre nervose residue del nervo
acustico (fig. 2).
La sordità neurosensoriale è prevalentemente di
natura cocleare, ciò significa che la lesione interessa le cellule microfoniche della coclea ma non le
fibre del nervo acustico che sono in gran parte
risparmiate e quindi, qualora potessero essere adeguatamente stimolate, ancora in grado di condurre
alle strutture uditive centrali i segnali contenenti le
informazioni acustiche dei suoni.
L’impianto cocleare svolge, naturalmente in modo
semplificato, le funzioni della chiocciola umana;
viene, infatti, correttamente definito anche con il
termine di protesi cocleare.
Esso è realizzato con una parte interna, che viene
impiantata nell’orecchio del paziente e non è quindi visibile dall’esterno e da una parte esterna che si
posiziona dietro il padiglione dell’orecchio.
Queste due componenti non sono in contatto fisico, ma dialogano attivamente fra loro grazie ad
una tecnologia senza fili (wireless) che utilizza le
onde radio.
La parte esterna, che assomiglia ad una normale
protesi acustica retroauricolare di tipo tradizionale,
è in realtà un processore digitale di suoni, dotato di
un microfono e di complessi circuiti elettronici, il
quale produce una rappresentazione elettrico matematica dello spettro acustico codificandola in
segnali elettrici impulsivi (fig. 3).
Questi segnali sono trasmessi via radio al ricevitore
stimolatore interno, quello impiantato nel paziente
mediante l’atto chirurgico, che provvede a depolarizzare le fibre residue del nervo acustico. È questo
lo stesso compito che la chiocciola umana realizza
mediante 3500 microfoni principali (le cellule
cigliate interne) assistiti da circa 12000 amplificatori picomeccanici (le cellule cigliate esterne); la
non trascurabile differenza è che tutto ciò, nell’impianto cocleare, viene effettuato con 1 microfono e
22 punti di stimolazione costituiti dagli elettrodi
intracocleari.
Come fa allora l’impianto cocleare a produrre
fig. 1
Elemento porta elettrodi che si adatta alla forma della chiocciola.
fig. 2
Immagine radiografica che mostra gli elettrodi di stimolazione inseriti
nella chiocciola.
fig. 3
Processore vocale retroauricolare con antenna radio.
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risultati così straordinari sul piano della comprensione e della comunicazione?
È tutto merito dell’incredibile capacità di elaborazione e integrazione delle informazioni di cui è
dotato il cervello umano, una capacità che viene
notevolmente implementata dalla neurostimolazione sensoriale elettrica prodotta dall’orecchio bionico (fig. 4) come è stato di recente dimostrato
mediante studi di neuroimaging funzionale.
Attualmente gli impianti cocleari sono in grado di
effettuare la cosiddetta telemetria neurale: si tratta
di una acquisizione di informazioni elettrofisiologiche sul funzionamento delle vie uditive che vengono registrate dagli elettrodi i quali, oltre a stimolare elettricamente il nervo acustico, sono in
grado anche di ricevere segnali biologici e trasferirli all’esterno per essere analizzati da un software idoneo.
In questo modo l’impianto è in grado di monitorare
gli effetti prodotti sulle vie uditive dalla sua stessa
stimolazione.
Presso l’Istituto di Audiologia dell’Università di
Milano al padiglione Moneta dell’Ospedale Policlinico, venne effettuato il primo intervento di
impianto cocleare multicanale dal prof. Massimo
Del Bo e dai suoi collaboratori nel 1992.
Nel 1993 organizzammo un corso per medici e
operatori durante il quale l’intervento di impianto
venne eseguito in diretta televisiva dalla camera
operatoria all’aula didattica del padiglione Moneta
e costituì uno storico incontro di aggiornamento
scientifico per gli specialisti del settore che, giunti
da varie regioni italiane, ebbero l’opportunità di
assistervi dando vita in seguito ad un acceso dibattito fra cultori della materia; furono approfonditamente analizzate anche le ricche presentazioni,
inerenti le specifiche tematiche correlate all’impianto, che furono illustrate dagli audiologi dell’equipe (fig. 5).
A quei tempi i Centri Audiologici in grado di compiere un intervento del genere si contavano in Italia
sulle dita di una mano e certamente quello del Policlinico milanese è stato all’avanguardia ed è ancora
oggi, a distanza di quindici anni, l’unico centro
operante in una struttura pubblica di Milano ad
offrire normalmente ai pazienti questo tipo di prestazione avanzata.
La nostra prima paziente impiantata ha oggi quasi
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fig. 4
Un piccolo paziente portatore di impianto cocleare
fig. 5
Articolo pubblicato sul Corriere della Sera che si riferisce all’Impianto
Cocleare effettuato presso il Policlinico di Milano durante il corso per
medici e tecnici sanitari all’inizio del 1993.
85 anni, vive in Friuli al confine con l’Austria,
comprende correttamente l’italiano, il tedesco e il
ladino; periodicamente ci contatta in voce al telefono unicamente per confermarci la sua soddisfazione e fissare eventuali appuntamenti di controllo che
sono più l’occasione di un simpatico reincontro
che una reale necessità.
Inizialmente l’Impianto Cocleare non era riconosciuto come presidio erogabile a carico del Servizio Sanitario Nazionale e i primi pazienti vennero
impiantati con fondi della ricerca e con donazioni
di enti assistenziali.
Furono necessari numerosi anni per convincere gli
amministratori della sanità lombarda sull’assoluta
validità di questo presidio per i pazienti bisognosi
che lo ricevono, oltre che della convenienza, in termini di risparmio di risorse pubbliche, nel trovarsi
con pazienti udenti, pienamente inseriti nel contesto della società, piuttosto che portatori di handicap
e bisognosi di aiuti sociali.
Studi pubblicati in tutto il mondo negli anni successivi hanno confermato senza ombra di dubbio il
vantaggiosissimo cost effectiveness dell’impianto
cocleare.
Nei primi anni di attività l’indicazione all’intervento di impianto cocleare era riservata al cosiddetto
candidato ideale, vale a dire un paziente che presentasse delle caratteristiche di assoluta idoneità:
adulti divenuti sordi bilateralmente da non più di
cinque anni, con buona competenza linguistica e
memoria uditiva o che fossero portatori da tempo
di protesi acustiche convenzionali con buoni risultati, successivamente andati incontro ad un peggioramento tale da non ottenere più beneficio dalle
protesi acustiche stesse.
Pazienti quindi non affetti da patologie associate
che controindicassero l’intervento.
I risultati furono subito incoraggianti e convinsero
il prof. Del Bo e ancor di più noi che eravamo i
suoi entusiasti collaboratori, ad allargare le indicazioni al settore della sordità infantile operando
pazienti di età via via inferiore, fino a scoprire che
i migliori risultati si ottengono impiantando i piccoli pazienti nati sordi, diagnosticati precocemente,
operandoli poco dopo l’anno di età.
Questi piccoli pazienti, impiantati precocemente,
sono in grado di accedere ad un linguaggio adeguato a quello dei coetanei normoudenti e di poter
affrontare le difficoltà scolastiche comuni a tutti i
bambini senza dover ricorrere a sostegni didattici e
sociali. In tutti questi anni abbiamo dovuto affrontare non poche difficoltà organizzative legate dapprima alla prematura scomparsa del prof. Del Bo e
conseguente confluenza nell’Unità ORL, alla
carenza di personale strutturato e successivamente
alle difficoltà riorganizzative delle attività chirurgiche nel nuovo Ente che hanno necessariamente
ridotto gli accessi alla camera operatoria.
Purtroppo un ulteriore fattore limitativo è rappresentato anche dall’esiguo numero di dispositivi che
il budget dell’Ente riesce a mettere a nostra disposizione. In realtà la Regione Lombardia ha emanato da tempo una normativa che prevede il completo
rimborso alle amministrazioni ospedaliere degli
impianti cocleari acquistati, senza limitazione di
numero.
Nella terapia chirurgica della sordità neurosensoriale profonda, l’aspetto tecnico dell’intervento,
costituito dal posizionamento del ricevitore stimolatore nella coclea, pur rappresentando un’attività
oto-microchirurgica di altissimo livello, è forse l’aspetto più semplice di tutta la procedura.
In effetti le competenze più evolute e specifiche si
esprimono nella fase diagnostica e di corretta selezione del candidato oltre che nelle fasi successive
alla chirurgia, vale a dire l’attivazione e la programmazione del processore vocale con il conseguente progetto riabilitativo, fasi queste che devono essere concretizzate da personale dotato di elevata preparazione specifica.
I molteplici aspetti diagnostici terapeutici e riabilitativi della sordità neurosensoriale grave e profonda, giustificano senza ombra di dubbio l’esistenza
di una Unità Operativa Semplice che raccolga,
organizzi e sviluppi, con modalità multidisciplinari, le specifiche competenze.
Questo corretto modello organizzativo si è favorevolmente realizzato presso la Fondazione Ospedale
Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena,
identificando nella figura del dott. Arturo Zaghis il
referente di questa peculiare ed attualissima attività
audiologica di confine fra biofisica e neuroscienze.
Questo modulo è pienamente operante dal maggio
2002 con l’attiva partecipazione dei medici, logopedisti e audiometristi in organico presso l’Unità
Operativa Complessa di Audiologia.
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In questi anni di attività si è dato molto spazio alla
ricerca con la presentazione di dati a congressi
nazionali ed internazionali e la pubblicazione dei
relativi risultati ottenuti.
Nella nostra personale esperienza si sono decisamente allargate le indicazioni di questa procedura
terapeutica in quanto ci siamo resi conto, dalle evidenze quotidiane, che l’Impianto Cocleare non serviva soltanto per ristabilire una soglia di normalità
audiometrica ovvero di sensibilità uditiva, ma riusciva ad ottenere sorprendenti risultati come riattivatore delle reti neuronali che sovrintendono a
numerose abilità cognitive.
Fra i nostri pazienti più piccoli hanno trovato significativo giovamento dall’impianto soggetti che
oltre alla sordità presentavano problematiche associate quali: il disturbo pervasivo generalizzato
dello sviluppo, le neuropatie uditive, il disturbo
specifico di linguaggio, la sordità inserita in un
quadro sindromico e, non ultimo, l’ambiente bilinguistico, come testimoniato dal numero ormai ragguardevole di pazienti provenienti da altre nazioni
che impiantati presso il nostro Centro.
La tecnologia ci ha supportato notevolmente consentendo di miniaturizzare ulteriormente sia la
parte interna sia soprattutto il processore vocale
esterno, il quale non si presenta più come una scatoletta delle dimensioni di un pacchetto di sigarette
bensì come una normalissima protesi acustica
retroauricolare interfacciabile con sistemi telefonici, con le apparecchiature audio TV, MP3 ed i
sistemi di comunicazione dedicata senza fili.
Al suo esordio, alla fine degli anni ’Ottanta, quando l’Impianto Cocleare era un ausilio pensato per
l’impiego in un solo orecchio con la finalità di
ripristinare la funzionalità uditiva monoaurale, il
risultato raggiunto aveva un che di miracoloso sia
per i pazienti sia per gli addetti ai lavori.
Dal 2005, presso l’U.O. di Audiologia della Fondazione si eseguono Impianti Cocleari anche binaurali, vale a dire in entrambi gli orecchi; ciò naturalmente è possibile solo in pazienti accuratamente
selezionati che dimostrino caratteristiche percettive
adeguate ad un possibile implemento della stereofonia.
Il futuro ulteriore riguarda il campo applicativo
delle nano tecnologie e sarà presto possibile infatti
realizzare un Impianto Cocleare completamente
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interno che utilizzerà come microfono le strutture
dell’orecchio medio e come fonte d’alimentazione
l’energia recuperabile dalle strutture corporee.
Sebbene si senta parlare di cellule staminali e terapia genica come possibili futuri provvedimenti per
la sordità, e naturalmente di ciò il nostro gruppo
tiene ben conto nella scelta di impiantare binauralmente perché il secondo orecchio potrebbe attendere questa eventuale soluzione, allo stato dell’arte l’Impianto Cocleare costituisce la realtà terapeutica più brillante ed efficace per la sordità profonda/grave.
Tale affermazione è testimoniata quotidianamente
dagli oltre 120mila pazienti che nel mondo utilizzano con soddisfazione questo dispositivo.
Certamente il contributo dell’Unità Audiologica
operante presso il Policlinico milanese potrebbe
essere considerato piccola cosa se rapportato alle
casistiche di altri paesi che dispongono di strutture
specificamente dedicate le quali operano a pieno
ritmo da anni; è doveroso tuttavia tenere in considerazione che per un certo periodo si è operato in
condizioni difficoltose.
Adesso è il momento di voltare pagina, di ripartire
con rinnovate energie in quanto riscontriamo che la
richiesta di eccellenza nelle prestazioni audiologiche da parte dei pazienti è elevatissima e riteniamo
doveroso che la Fondazione IRCCS Ospedale
Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena,
alla quale siamo orgogliosi di appartenere, debba
adeguatamente rispondere a queste aspettative.
Negli ultimi tempi abbiamo richiesto ad alcuni
nostri pazienti sordi, sottoposti all’intervento di
protesi cocleare, di comunicarci brevemente alcune
riflessioni sulla loro esperienza, esprimendo possibilmente anche suggerimenti e critiche.
Le lettere che ci sono pervenute sono emozionanti e
talvolta commoventi; abbiamo appreso molto da
questi scritti a volte semplici ma molto carichi di
sentimento: essi ci procurano uno stimolo ed una
motivazione ancora maggiore per moltiplicare il
nostro impegno in questo straordinario settore della
scienza medica nel quale abbiamo scelto di operare.
Per informazioni: [email protected]
Qui riportiamo simbolicamente la lettera riconoscente di una mamma.
Penso che qualsiasi mamma di fronte alla diagnosi
di sordità del proprio bambino si senta smarrita e,
dopo la prima fase di totale disorientamento, chieda all'audiologo se il suo bambino parlerà.
Anche per me è stato così. A quella fatidica
domanda è stato risposto “parlerà in modo adeguato”. Non ho osato o voluto chiedere altre spiegazioni ma quel sibillino “adeguato” mi è girovagato nella mente per tanto tempo.
Adeguato a che cosa?
Poi lungo il percorso della rieducazione ho capito.
Adeguato all'intelligenza del bambino stesso, alla
sua volontà, alla volontà e alla costanza e alla
fiducia dei genitori che devono credere fortemente
in quello che fanno, alla competenza dei medici,
dei terapisti e dei tecnici che seguono il piccolo.
La strada è molto lunga e faticosa e tutta in salita.
A volte frustrante, ma ogni parolina imparata e
usata dal bimbo nel suo linguaggio spontaneo è
una conquista e rappresenta per la mamma una
soddisfazione indescrivibile, è qualcosa che si
avvicina alla felicità.
È proprio così: seguendo con pazienza e amore i progressi del proprio bambino si raggiunge la felicità.
Io oggi sono la mamma felice di Daniele, un ragazzo di 27 anni, laureato al Politecnico di Milano in
architettura, portatore di impianto cocleare da 12
anni, che dice di sé: “se fossi sordo mi ucciderei....”
Attualmente Daniele si è trasferito a Parigi, abita
da solo, lavora per un architetto e contemporaneamente frequenta l’Università per gli stranieri di
Parigi, è praticamente diventato bilingue, comunica con tutti gli amici e con noi genitori quotidianamente con il telefono come se fosse assolutamente
normale.
Di questa sua esperienza di vita dice: “ho imparato l’italiano a tavolino con la logopedista con
tanto esercizio e con tanta fatica, utilizzando le
protesi, ma usando gli occhi per la lettura labiale
più che le orecchie per ascoltare, sempre teso,
sempre incerto di non capire, sempre frustrato per
la fatica del vivere in mezzo agli utenti che si
dimenticano il problema sordità....
L’impianto mi ha dato la sicurezza, capisco che
imparo il francese perché sento con le orecchie, i
suoni e le parole si stampano nel mio cervello
naturalmente senza bisogno di continui esercizi,
sto imparando una lingua come un bambino piccolo udente che ripete e memorizza senza pensare,
quasi giocando.
Mi diverto e mi sorprendo felice quando in metropolitana capto e capisco conversazioni di passeggere francesi che parlano tra di loro, velocemente
come sanno fare loro. Non ho più bisogno di concentrarmi tanto per capire, non ho più bisogno
della vista, posso finalmente vivere fra la gente
rilassato e sicuro di me e delle mie possibilità.
Senza descrivere la gioia di poter telefonare e raccontare nei minimi particolari la mia vita parigina. Prima dell'impianto il telefono era l'oggetto
dei miei desideri, invidiavo mio fratello che stava
ore al telefono, adesso mi sento come lui, posso
comunicare senza problemi con tutti, insomma mi
sento normale.
La mia data di nascita? È il giorno in cui il prof.
Del Bo mi ha impiantato e voi equipe del Policlinico mi avete insegnato a vivere ascoltando!”
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