a.p.c.i. associazione proprietari casa & immobili Corte di Cassazione n. 6877 del 24 marzo 2014 Nuda proprietà. Le spese condominiali rimangono a carico di chi continua ad abitare l'appartamento. La crisi economica ha fatto registrare negli ultimi anni un vero e proprio boom di vendite di immobili in nuda proprietà, soprattutto tra le fasce economicamente più deboli della popolazione. L’obiettivo è quello di “monetizzare” il valore della propria casa cedendone la proprietà, ma conservando per sé il diritto di abitarla. La sentenza della Corte di Cassazione n. 6877 del 24 marzo 2014 ha affrontato l’argomento nell’ambito degli edifici in condominio e con specifico riferimento alla ripartizione delle spese condominiali, stabilendo che il condomino che vende l’appartamento, conservando per sé il diritto di abitazione, rimane obbligato ad adempiere tutti gli oneri relativi alla custodia, all’amministrazione ed alla manutenzione dell’immobile ceduto, compreso l’obbligo di pagare le spese condominiali. Al nudo proprietario, invece, spettano le sole spese straordinarie nei limiti di cui all’art. 1005 c.c. Non è il nudo proprietario, dunque, ma il venditore che rimane a vivere in condominio a dover pagare le spese condominiali. L’atto di costituzione del diritto di abitazione intervenuto tra le parti precisa la Corte - è opponibile al Condominio anche in assenza di trascrizione nei registri immobiliari. Ai fini dell’opponibilità è sufficiente la comunicazione dell’atto predetto effettuata dal venditore. Il diritto di abitazione conferisce al titolare il diritto di abitare in un immobile di cui non è proprietario. Non è né cedibile né trasmissibile per successione (art. 776 c.c.) e dura fine alla morte del titolare o all’uscita di quest’ultimo dall’immobile per trasferirsi altrove. Ha una disciplina simile a quella dell’usufrutto, di cui costituisce una specie. Se ne differenzia per il contenuto (il diritto d’abitazione conferisce unicamente l’uso dell’immobile per abitarci, mentre l’usufrutto attribuisce il pieno ed esclusivo godimento del bene) e per i poteri di disposizione (il diritto di abitazione, come detto, è incedibile e intrasmissibile, mentre l’usufrutto è cedibile a terzi (art. 758 c.c.). In particolare, dal combinato disposto degli artt. 1025, 1004 e 1005 c.c. si ricava che chi ha il diritto di abitazione e occupa tutta la casa è tenuto alla spese e, in genere, agli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa. Le riparazioni straordinarie sono, invece, a carico del nudo proprietario, tranne quelle che si rendono necessarie dall’inadempimento degli obblighi di ordinaria amministrazione spettanti all’utilizzatore. Il caso affrontato dalla cassazione. La complessa vicenda al vaglio della suprema Corte ha inizio nel 1993, quando una condomina comunica a mezzo raccomandata al Condominio di aver venduto il proprio appartamento con la clausola di nuda proprietà e costituzione del diritto di abitazione a suo favore, chiedendo la suddivisione delle spese condominiali secondo le disposizioni di legge. A seguito dell’avvio del procedimento per ingiunzione di pagamento da parte dell’amministratore, si apriva una diatriba giudiziaria per il pagamento delle spese condominiali ordinarie. In sintesi, secondo la venditrice l’atto costitutivo del diritto di abitazione in suo favore non era stato trascritto, per cui unica obbligata nei confronti del Condominio era l’acquirente. Quest’ultima, dal canto suo, richiamava il contenuto dell’atto di costituzione predetto, che prevedeva l’obbligo della venditrice di corrispondere qualsiasi onere condominiale. La vicenda veniva definita dalla Corte d’appello con la condanna della venditrice al pagamento delle spese. Per il giudice di merito, la comunicazione inviata dalla stessa al Condominio, indipendentemente della mancata trascrizione della scrittura privata, costitutiva del diritto di abitazione, aveva validità ed efficacia per pretendere gli oneri condominiali, non ponendosi alcuna ipotesi da risolvere alla luce dell’art. 2644 c.c. La Corte di cassazione ha confermato la decisione di merito. Secondo i giudici del Palazzaccio, nel caso in esame la questione dell’individuazione del soggetto tenuto al pagamento degli oneri nei confronti del Condominio va risolta tenendo conto della natura del diritto di usufrutto (o di abitazione), che costituisce un diritto reale che deve essere reso pubblico con il messo della trascrizione (art. 2643, comma 2, c.c.). Correlando tale disciplina a quella, sopra richiamata, relativa agli obblighi nascenti dell’usufrutto, si ricava che l’usufruttuario è obbligato ad adempiere tutti gli oneri relativi alla custodia, all’amministrazione ed alla manutenzione della cosa oggetto del diritto e, per altro verso, che la sua posizione di titolare di un diritto valevole erga omnes determina tutti gli effetti conseguenti, sostanziali e processuali. Le disposizione citate consentono, pertanto, di individuare una precisa e distinta legittimazione attiva e passiva in capo all’usufruttuario ed al nudo proprietario: è l’usufruttuario (o il titolare del diritto di abitazione) legittimato attivo e passivo in tutti i rapporti ordinari che sono comunque riconducibili al godimento della cosa (nella specie, l’unità immobiliare facente parte del condominio), nei limiti previsti dall’art. 1004, commi 1 e 2, c.c., mentre è il nudo proprietario che deve provvedere alle riparazioni straordinarie ex art. 1005 c.c. Confermata dunque la condanna della venditrice al pagamento degli oneri condominiali, in quanto rientranti, appunto, nei rapporti ordinari riconducibili al godimento dell’immobile. A nulla rileva la mancata trascrizione del titolo costitutivo del diritto di abitazione. Nel caso di specie, osserva la Corte, la scrittura privata di costituzione del diritto di abitazione è opponibile al Condominio, pur in assenza di prova dell’intervenuta trascrizione del diritto, sulla base della mera comunicazione di detto atto effettuata, all’epoca, dalla stessa venditrice. Su quest’ultimo punto, peraltro, merita di essere richiamato l’ultimo comma dell’art. 63 disp. att. c.c., riscritto dalla legge di riforma del condominio n. 220 del 2012, ai sensi del quale chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.