MERCOLEDÌ 29 GENNAIO 2014 CULTURA & SPETTACOLI IL GIORNO - Il Resto del Carlino - LA NAZIONE Eduardo secondo Servillo ‘In scena, scrittura e oralità’ Fino a domani a Siena con «Le voci di dentro» Antonella Leoncini · SIENA COME si sente alla quasi vigilia della notte degli Oscar, Toni Servillo, protagonista de «La grande bellezza» di Paolo Sorrentino, dopo aver già trionfato, al Golden Globe? «Una novità, una sorpresa e soprattutto un modo di ridurre la distanza con i sogni», risponde Toni Servillo in tournée con «Le voci di dentro», capolavoro di Eduardo de Filippo, fino al 30 gennaio, alle 21,15, al teatro dei Rinnovati, interpretato dai fratelli Peppe e Toni Servillo, che ne è anche regista. E con la partecipazione di Gigio Morra e Betti Pedrazzi. Una commedia intrigante ed enigmatica, sullo sfondo della disfatta dell’italia del dopoguerra. E’ uno degli attori italiani più camaleontici. Non preferirebbe avere un suo status definito? «Non mi sento un camaleonte, quanto piuttosto un attore capace di mettersi al servizio degli autori, dei testi e dei personaggi, che a teatro scelgo personalmente; al cinema è molto importante la sintonia con il regista». molto migliore di quella rappresentata nelle feste e sulle terrazze del film». Per lei, artista napoletano, chi è Eduardo De Filippo? «E’ il più straordinario e forse l’ultimo rappresentante di una drammaturgia contemporanea popolare. Dopo di lui, l’aspetto formale ha allontanato sempre più il teatro da una dimensione autenticamente popolare. Affrontare le sue opere significa insinuarsi nell’equilibrio instabile tra scrittura e oralità che rende ambiguo e sorprendente il suo teatro. Il profondo spazio silenzioso che esiste tra il testo, gli interpreti ed il pubblico, deve essere riempito di senso sera per sera sul palcoscenico, replica dopo replica». «Le voci di dentro» è una delle commedie di maggiore audience degli ultimi periodi. Pensa che abbia molto influito il suo grande successo al cinema? «Lo spettacolo ha debuttato meno di dieci mesi fa a Marsiglia, capitale europea della cultura 2013. La settimana prossima a Modena arriveremo alla centocinquantesi- Perché «La grande bellezza» è diventato un cult? «Per molti motivi. Per il talento visivo, di scrittura di Paolo Sorrentino e il suo sguardo speciale sulla dissipazione di un grande talento, sulla malinconia delle grandi occasioni mancate. “ «E’ la metafora di una parte dell’Italia odierna, che comunque nel suo insieme è DEBUTTO A BORGO SAN LORENZO Preziosi, Cyrano e la luna ‘Un classico è come leggere le analisi: ti conosci di più’ ALLA VIGILIA DEGLI OSCAR Sorrentino racconta la metafora dell’Italia odierna Molto migliore di quella delle delle feste ma replica, ancora meno della metà dei precedenti ’Sabato, domenica e lunedì’ e ’Trilogia della villeggiatura’. Il successo cinematografico contribuisce senz’altro ad attirare un pubblico nuovo e diverso, specialmente fra i giovani». Dal suo debutto, sono passati oltre tre decenni: per consentirle di diventare uno dei nostri più importanti attori. Se lo aspettava? «Quando ho cominciato nella seconda metà degli anni Settanta, da studente, insieme ad altri coetanei, in una piccola città come Caserta, speravo mi accadesse tutto quello che sta avvenendo a teatro. Il cinema è arrivato più tardi, come una gradita sorpresa, dopo i quarant’anni». Il protagonista è un uomo dalla duplice identità. Cosa le piace di più del suo personaggio e in cosa si ritrova? «Con una straordinaria invenzione drammaturgica, il protagonista Alberto Saporito si sente testimone e al tempo stesso tragicamente complice della vicenda, nell’impossibilità di far nulla per redimersi. Incapace di distinguere la realtà sognata da quella vera che lo circonda incalzandolo implacabilmente». Pensa che l’Italia sia veramente come la descrive Paolo Sorrentino? 33 il caffè Toni Servillo Titti Giuliani Foti · FIRENZE «IL NOSTRO è un esperimento innovativo nella misura in cui spiegare uno spettacolo non è mai una cosa giusta: perchè va visto e ognuno deve avere il suo punto di vista. Ma in questo caso è interessante spiegare l’eroe». Alessandro Preziosi cioè Cyrano, in questo caso è “Cyrano sulla luna”. Un personaggio post romantico, che è la summa delle potenzialità espressive nella sfera dei sentimenti e delle passioni umane, prende vita attraverso un grande interprete, un generoso artista come raramente se ne incontrano. Preziosi sarà in un mini torunèe in Toscana: venerdì, il debutto al Teatro Giotto di Borgo San Lorenzo in prima nazionale; domenica 2 febbraio, al Teatro Capodaglio di Castelfranco di Sopra e giovedì 20 febbraio al Teatro degli Oscuri, Torrita di Siena, circuito della Fondazione Toscana Spettacolo. Dopo il trionfale Cyrano perchè questo spettacolo? «Perché Cyrano anela alla luna, alla bellezza, è affascinante in modo complesso, si impone per qualità che non sono la semplice avvenenza fisica. Si sente diverso, ma non frustrato; solo, ma non abbandonato. Ci siamo fermati al quinto atto e quando Cyrano sta per per morire, dice “vado a raggiungere la mia amica luna”. Dunque per lui la morte si trasforma nella possibilità di ascendere, di volare finalmente verso una dimensione cercata». Cosa sente per Cyrano? «E’ come quando leggi bene le tue analisi del sangue: studiandolo vai a capire dove appropriarsi del personaggio. Da essere solo un romanzo lo fai tuo. Non è casuale, perchè entrare nell’anima di un classico è in qualche modo fare di se stessi un ritratto. Come le grandi eroine raccontate nei romanzi, perchè vorrebbero quella vita lì. Io di Cyrano ho preso quel che mi mancava e gli ho dato quello che ho in abbondanza». Dimenticare Cyrano, il suo naso, l’amore per Rossana. «Questa è un’opera scritta “da” Cyrano, non un’opera “su” Cyrano. Con scelta spiazzante: è unodei suoi testi più famosi che narra di un favoloso viaggio sulla Luna, a cui Cyrano giunge con un razzo lanciato dal Canada, dove è arrivato a seguito di una evaporizzazione di alcune ampolle di rugiada. Mi sono chiesto: il vero Cyrano, che è realmente esistito, ci è andato veramente sulla luna?». Uno spettacolo visionario. «Anche assurdo, dissacrante, surreale e bizzarro: ricco di metafore e non cela critiche pungenti alla società. Di ieri come quella di oggi. E’ uno dei motivi di portarlo in giro per i teatri piccoli. L’ obiettivo è andare a raccontare il Cyrano dove la gente lo potrà vedere nell’allestimento vero perchè nei piccoli teatri non ci sta. Ci siamo detti: andiamo? E siamo andati». DA DOMANI AL METASTASIO DI PRATO “Il servitore di due padroni” firmato Latella · PRATO SCORDATEVI la tradizione. Il «Servitore di due padroni» che Antonio Latella porta da domani a domenica al teatro Metastasio di Prato parte da Goldoni ma, come spiega lui stesso, «è una totale riscrittura che vuole prendere forza dalla nostra tradizione per lanciarsi in avanti, nel tempo che deve venire». Un ponte, insomma, per spiegare l’oggi con la forza della tradizione. «Gol- doni — continua il regista — è il nostro teatro scritto, la nostra origine... Arlecchino è il nostro Amleto, non si può non incontrarlo nel proprio cammino teatrale, almeno per me». La versione di Latella non è quella tradizionalmente e convenzionalmente abituale di questa opera, ma una diversa e nuova lettura che intende riaffermare la modernità del teatro di Carlo Goldoni non sottraendosi al confronto con una delle versioni più riuscite di questo testo che, nell’immaginario di chiunque entri in teatro, è la storica versione di Giorgio Strehler. IL «SERVITORE» che va in scena allo Stabile pratese è una produzione a tre (Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Stabile del Veneto, Teatro Metastasio Stabile della Toscana) ed è rappresentata da Marco Cacciola, Federica Fracassi, Giovan- ni Franzoni, Roberto Latini, Annibale Pavone, Lucia Peraza Rios, Massimiliano Speziani, Rosario Tedesco, Elisabetta Valgoi. Una mezza maratona (due ore e mezzo senza intervallo) con inizio alle 21 nei feriali e alle 16 per la recita di domenica. Per chi volesse approfondire i temi dello spettacolo, come di consueto c’è la possibilità di incontrare la compagnia: sabato alle 17, al ridotto del Metastasio, a ingresso libero. Luca Boldrini Una scena dello spettacolo