Anestesia Generale L'anestesia (an-esthesis) assenza di sensazioni, è ormai intesa, nell'accezione piu' comune, come abolizione degli stimoli dolorosi. E' noto che già le popolazioni precolombiane usassero sostanze ricavate da piante dotate di effetti allucinatori. La vera svolta si ha nel 1772 con Priestley che scoprì una sostanza che dava disforia, nota come protossito di azoto (gas esilarante). Nel 1846, Morton utilizzò l'etere per asportare un tumore dal collo di un paziente. Solamente negli anni'60 si cominciò a vedere la pratica anestesiologica come una scienza. Le finalità dell'anestesia sono: - abolizione del dolore (azione analgesica); - abolizione degli stimoli rilessi (questi stimoli agiscono sul nervo vago che influisce sul rilascio di catecolamine, dannose, per l'organismo); - abolizione della coscienza (azione ipnotica che avviene solo nell'anestesia generale); - rilasciamento muscolare (azione miorilassante). ANESTESIA GENERALE E' definita come la depressione, irregolarmente discente, del S.N.C. Viene realizzata usando più farmaci e sfruttando il sinergismo d'azione, ovvero il potenziamento reciproco così da poter usare meno farmaci e causare meno danni all'organismo. Le vie che si utilizzano sono: - Inalatoria (più veloce) Si sfrutta la legge sugli equilibri di dalton, alterando la pressione tra vaso ed alveolo. - Intramuscolare, Ha effeto dopo circa 20 minuti - Rettale, Le vie rettale e orale possono causare l'inattivazione di alcuni farmaci,in quanto passano in organi in grado di bio-trasformare i farmaci prima che agiscano - Endovenosa. Il farmaco subisce trasformazioni in base al pH del mezzo che ne modifica la dissociazione e quindi l'efficacia. I farmaci più usati sono definiti per le loro caratteristiche: Ipnoinduttori inducono il sonno anche similfisiologico, e si dividono in: - Barbiturici sprovvisti di potere analgesico,sono derivati dell'ac. barbiturico(tiopentone sodico). Nella maggior parte non vengono usati perchè la durata dell'azione è troppo prolungata,inoltre il pH acido puo'causare, se stravasa,necrosi dei tessuti circostanti. Il più usato è il pentotal,che ha pochi effetti collaterali,agisce e viene eliminato in poco tempo, determinando una depressione cardio respiratoria. - Non barbiturici di cui troviamo: Benzodiazepine agiscono a livello del bulbo,ponte e mesencefalo. Sono induttori di un sonno similfisiologico sprovvisti di potere analgesico,il più usato è il Midazepam,che a basse dosi è un ansiolitico,mentre a dosi maggiori induce il sonno e amnesia dei fatti recenti. Farmaci ad azione mista come la Ketamina,che provoca l'insorgenza di allucinazioni visive ed uditive,somministrata per via intramuscolo Propofol è il più usato,è stabile a temperatura ambiente e vi è associata un a blanda azione analgesica,causa depressione respiratoria con breve apnea,ipotensione e aumento della F.C. può causare allergie per via della sua forma lattiginosa. ANALGESICI: modulano la risp. dolorosa e si dividono in: Oppiodi: attivi per tutte le vie di somministrazione,danno inoltre una sensazione di benessere,euforia ed una risposta endocrina(inibizione catecolamine). Gli effetti negativi sono nausea,vomito,costipazione,depressione respiratoria e aumento delle secrezione gastriche. Si dividono in Naturali(morfina,cocaina),Semisintetici (eroina),e Sintetici(fentanyl). Non oppiodi: sono usati sopratutto nella terapia del dolore post-operatorio.gli effetti collaterali sono,danni ai reni alla coagulazione(inibizione prostaglandine),e danni a livello epatico. ANESTETICI GASSOSI O VOLATILI: determinano analgesia e perdita di coscienza con lieve rilasciamento muscolare. protossido di azoto:blando analgesico,ma potenzia gli effetti di quest'ultimi,conservato in bombole blu con la sigla N2o Alotano: di odore fruttato,scarso irritante per le vie aeree,ma epato-tossico Isoforano: simile all'alotano non è epato-tossico,ma irritante per le vie aeree Sevorano: agisce rapidamente ed è eliminato rapidamente non è irritante Etere:ritirato perchè causa di esplosioni,ma è da considerarsi il meno pericoloso per il paziente insieme ad esso sono stati ritirati anche il ciclopropano e il pentrano MIOIRILASSANTI: altrimenti detti curari,inducono il rilasciamento muscolare agendo sulla giunzione neuromuscolare impedendo la trasmissione del segnale.non sono veleni e sono sprovvisti di poteri ipnotico-anlgesici.si dividono in: DEPOLARIZZANTI(succinilcolina): inattivi per via orale ed intramuscolare fanno scaricare l'acetilcolina(ach),provocando un periodo di refrattarietà assoluta cui consegue un blocco muscolare. Successivamente all'immissione del farmaco si noterà nell paziente una fascicolazione,ovvero dei movimenti muscolari veloci che seguono uno schema preciso,partendo dall'alto e andando verso il basso,non passano la barriera ematoencefalica,si inattivano al calore,danno ipotensione, tachicardia e puÚ dare ipertermia maligna. COMPETITIVI(pancuronio,vecuronio): il rilasciamento muscolare è meno intenso,ma più prolungato. Sfrutta l'azione di massa di mediatori simili all'ACH con cui entra in conflitto per legarsi con i recettori della placca neuromuscolare. Ë inerte e quindi non causa reazioni allergiche come la succinilcolina. ANESTESIA GENERALE (tempi) L'atto anestesiologico è un atto clinico complesso, l'anestesista si assume precise responsabilità nei confronti del paziente e, in sintonia con il chirurgo, mette il paziente nelle migliori condizioni per affrontare un intervento che può essere notevolmente complesso e gravato da pesanti rischi, e via via accompagnarlo lungo il percorso intraospedaliero sino al momento in cui egli, riacquistata la propria autonomia delle funzioni biologiche, e sia nuovamente in grado di reinserirsi nella vita di tutti i giorni. E' una procedura che potremmo dividere in varie fasi: - Visita anestesiologica - Preanestesia - Induzione - Mantenimento - Risveglio VISITA ANESTESIOLOGICA Rappresenta un atto specialistico DOVUTO che è,al tempo stesso indipendente e complementare con la visita chirurgica. Al suo interno vengono messi in evidenza degli atti di fondamentale importanza : 1)Raccogliere l'anamnesi 2)Effettuare un esame obiettivo 3)Valutare indagini diagnostiche effettuate 4)Richiedere ulteriori accertamenti o consulenze 5)Valutare il rischio 6)Ottenere il consenso del paziente alle procedure La visita anestesiologica sarebbe preferibile che fosse effettuata ben prima dell'intervento chirurgico, infatti nell'imminenza di una operazione il paziente può essere talmente angosciato, impaurito che un eventuale consenso dato in simili condizioni può essere ritenuto non valido. L'anestesista deve riportare tutti i dati su una cartella che sarà poi parte integrante di tutta la documentazione del paziente. ANAMNESI: il paziente può essere portatore di notizie di fondamentale importanza, il colloquio deve prevedere una accurata ricerca di dati su malattie pregresse, interventi operatori. Si deve anche indagare sulla eventuale assunzione di farmaci (possono rivelare malattie che il paziente non aveva ricordato), e si deve anche far in modo che tali terapie non vengano interrotte onde evitare ulteriori danni per la salute del paziente ESAME OBIETTIVO: un buon esame obiettivo deve poter ottenere informazioni preziose sui vari organi od apparati del paziente (affezioni respiratorie, epatiche, alterazioni cardiocircolatorie). Per l'anestesista particolare importanza possono rivestire rilievi inerenti la conformazione del volto, della bocca, dei denti, della mobilità del collo, dello stato del sistema venoso superficiale, del colorito del paziente. VALUTAZIONE DELLE INDAGINI DIAGNOSTICHE EFFETTUATE: dopo aver parlato e visitato il paziente l'anestesista esaminerà con attenzione le indagini diagnostiche già effettuate dal paziente circa lo stato di salute dei vari organi od apparati (cardio-circolatorio, respiratorio, fegato, reni, sangue). RICHIESTA DI ULTERIORI ACCERTAMENTI E/O CONSULENZE SPECIALISTICHE: se dopo aver preso visione delle iniziali indagini del paziente si configura la presenza di altre affezioni (patologie associate) che possano incidere in maniera più o meno seria sulle condizioni di salute del paziente è sicuramente opportuno ricorrere ad ulteriori accertamenti, a consulenze di specialisti di altre discipline (cardiologo, nefrologo ecc.) onde portare il paziente in sala operatoria nelle migliori condizioni possibili. Tutto ciò è e deve essere finalizzato ad ottenere un quadro quanto più possibile chiaro, ineccepibile delle condizioni generali del paziente onde poter effettuare una quanto più corretta valutazione dei rischi insiti in un atto operatorio e, soprattutto, di comunicare al suddetto paziente le conclusioni della fase di indagine preliminare ed ottenere un assenso dallo stesso (consenso informato). IL RISCHIO Nell'accezione piu'comune è la possibilità che ci accada qualcosa di spiacevole così si potrebbe arrivare a definire il rischio legato a procedure mediche come : Possibilità che nel perioperatorio si configuri una qualche complicanza Il fattore rischio può articolarsi in varia maniera in funzione di : DALLA PATOLOGIA SPECIFICA: alcune patologie comportano atti terapeutici complessi, talora devastanti (interventi demolitivi di chirurgia maggiore); DI PATOLOGIE ASSOCIATE: molto spesso c'è il rilievo di patologie associate, note od addirittura misconosciute, che vengono scoperte in occasione delle procedure diagnostiche per la malattia che ha portato al ricovero. Altro fattore di rischio è rappresentato dall'età,infatti le persone della terza età evidenziano più facilmente malattie associate o sono in condizioni compromesse per la semplice senescenza. DI ALTRI FATTORI(AMBIENTALI,ORGANIZZATIVI,ECONOMICI ECC.): anche se per incidente si dovrebbe intendere ìun avvenimento indipendente dalla volontà umana conseguente sia all'improvvisa azione di una causa esterna,quasi sempre vi è alla base dell'accaduto un errore umano, e tale errore può essere condizionato da fattori quali una organizzazione deficitaria, scarso impiego di risorse economiche (ricorso a materiali, apparecchiature e quantíaltro scadente), impiego di risorse umane non adeguatamente qualificate ed incentivate. Sono stati effettuati molti studi in materia di valutazione del rischio, sono state anche elaborate molte tabelle e elaborazioni numeriche,ma, in definitiva, ancora oggi è in uso da parte degli anestesisti di tutto il mondo di fare riferimento alla tabella di valutazione del rischio anestesiologico stilata dall'American Society of Anesthesia (A.S.A.), in essa si ricorre ad un giudizio di tipo essenzialmente clinico-biologico, e presenta una scala di 5 gradi di gravità : CLASSE 1 Nessuna malattia, nessun danno biologico. CLASSE 2 Lievi alterazioni dello stato biologico quali soffi valvolari, iperglicemia, broncopatia moderata. CLASSE 3 Danno biologico importante: ipertensione arteriosa, epato-nefropatie, diabete, malattie cardiovascolari e respiratorie (1% DI MORTALITA'). CLASSE 4 Scompenso di funzioni biologiche fondamentali: circolatorie, respiratorie, nutrizionali ecc. CLASSE 5 Grave compromissione dello stato generale: rischio serio di decesso a medio-breve tempo (50% DI MORTALITA'). Le classi ASA 1 e 2 rappresentano quelle ove sono collocati i pazienti che dovrebbero correre i minori rischi in funzione di uno stato fisico praticamente buono. Man mano che si sale la prognosi si fa sempre più delicata sino a che, in caso della classe 5, si parla di mortalità attesa pari al 50%. LA PREPARAZIONE Il paziente, prima di ogni intervento di chirurgia sia in elezione che d'urgenza deve essere preparato in reparto avendo cura di : Controllare lo stato di vacuità gastrica: (deve essere digiuno da almeno 6 h.) eventualmente si posiziona un sondino naso-gastrico,in quanto lo stomaco del paziente deve essere vuoto altrimenti al momento dell'induzione a causa del rilasciamento dello sfintere cardiale e delle manovre che si debbono eseguire (ventilazione assistita, intubazione), il materiale eventualmente rimasto nella cavità può refluire in esofago, nel cavo faringeo e può anche penetrare nella trachea del paziente che, essendo addormentato e curarizzato, non ha i riflessi protettivi. Tutto questo può portare alla: Sindrome di Mendelson:è il nome con il quale viene indicata appunto la sindrome conseguente all'inalazione nelle vie respiratorie di materiale gastrico, viene suddivisa in due tipi : da inalazione di materiale solido (cibi non digeriti) da materiale liquido (liquidi o succo gastrico). Quest'ultima possibilità di inalazione è indubbiamente la più pericolosa perchè il succo gastrico non tamponato ha un pH estremamente basso (2.5 ñ 3) ed è causa di gravissime lesioni della mucosa delle vie respiratorie, può inoltre causare broncospasmo serrato con conseguente insufficienza cardio-respiratoria acuta. In conclusione comunque si raccomanda che un paziente non assuma liquidi da almeno 2 ore e che non abbia assunto cibi solidi da almeno 6 ore. Le protesi dentarie: se mobili, vanno rimosse, come pure le lenti corneali, una protesi durante l'intubazione si può lussare causando ferite in bocca al paziente, se piccola (ad esempio un solo dente mobile) può essere inalata causando danni simili a quelli sopra citati. si posiziona catetere vescicale: in corso di interventi lunghi, specialmente se riguardanti l'addome inferiore eviterà che si possa avere distensione vescicale e, al tempo stesso, consentirà di monitorizzare la diuresi fornendo quindi dati utili circa lo stato di funzionalità dei reni. LA PREANESTESIA Azione volta a preparare il paziente all'atto operatorio vero e proprio e si cerca di effettuare un intervento che sia finalizzato a modulare: _il dolore e l'ansia; _attività riflessa(aritmie, broncospasmo); _effetti collaterali (nausea, vomito, reazioni allergiche); _potenziare l'effetto dei farmaci anestetici consentendo un risparmio sulle dosi degli stessi. La preanestesia va effettuata, se per via intramuscolare, non meno di 25-30 minuti prima dell'intervento, altrimenti i farmaci non possono essere trasportati in circolo in tempo e quindi non possono esplicare la azione loro richiesta, anzi possono agire successivamente creando interferenze con altri farmaci. L'INDUZIONE E'quella fase che va da quando il paziente è sul letto operatorio fino a quando non si addormenta percui si usano farmaci ipnoinduttori, analgesici e miorilassanti. Proprio l'uso dei miorilassanti comporta le necessità del controllo della respirazione, si ricorre così all'intubazione tracheale con successiva ventilazione meccanica. Tale tecnica consiste nella introduzione di un tubo monouso in trachea al di sopra della sua biforcazione, previa introduzione attraverso la bocca o dal naso (intubazione oro-tracheale o naso-tracheale) ciò consente di : _Mantenere in qualunque momento la pervietà delle vie aeree; _Aspirare secrezioni ristagnanti; _Effettuare una ventilazione meccanica o controllata _Proteggere il paziente dalla inalazione di secrezioni o di materiale ematico. I tubi possono essere in gomma , materiale plastico (PVC o silicone) possono contenere una spirale metallica che evita il collabimento delle pareti (tubi armati), possono consentire la ventilazione di un solo polmone (tubi di Carlens o di White) o l'introduzione attraverso tracheostomie (tubi di Montandon). Tutti, in genere, presentano all'estremità distale un palloncino che, gonfiato, aderisce alle pareti tracheali evitando così inalazione di qualsiasi sostanza. Per un agevole collocamento in situ dei tubi si ricorre al laringoscopio (in metallo od in plastica),mediante il quale visiono la laringe. Materiali accessori indispensabili sono le cannule di Guedel atte ad evitare la caduta della lingua con conseguente ostruzione delle vie aeree, la pinza di Magill, il mandrino (anima metallica o di plastica flessibile che si introduce dentro il tubo per modificarne la curvatura). Vengono inoltre usati:tubi tracheali di varie misure,aspiratore,paradenti,pray/gel anestetici,non chè lubrificante per provocare meno traumi possibbile. Si possono avere varie complicanze quali la frattura o lussazione dei denti, la inalazione di materiale gastrico, se non preventivamente aspirato, nella fase immediatamente precedente l'intubazione. Il momento dell'intubazione tracheale rappresenta un momento in cui bisogna prestare massima attenzione e collaborazione rimandando a dopo ogni altra occupazione,perchè laddove si possa trovare difficoltà alla escuzione della tecnica si può andare incontro ad una ipossia pericolosissima per il paziente,infatti le cellule della corteccia hanno un'autonomia di circa 4-5 minuti senza O2,mentre quelle del midollo circa 20 minuti. sono da considerare condizioni di potenziale pericolo : -Assunzione di cibo o di liquidi nelle ultime 6 ore -Presenza di epistassi, emorragie dentarie, della bocca ecc. -Stenosi pilorica, occlusione intestinale od ileo paralitico per processi flogistici (appendiciti, colecistiti) -Gravidanza negli ultimi mesi, dolore, stato d'ansia -Intossicazioni da farmaci, stati di coma. Alcuni pazienti hanno delle particolari condizioni che non consentono un'intubazione agevole In questi casi viene definita "difficile" e si ha quando il paziente ha: -collo corto e muscoloso; -mento sfuggente(sindrome del prognatismo,i denti di sopra sono piu' sporgenti rispetto a quelli in basso); -protusione degli incisivi; -scarsa mobilita' della mandibola; -palato alto e allungato. Complicanze: -trauma tessuti molli; -riflessi cardiovascolari(aritmie,ipertensioni maggiori della P.IntraCranica) -intubazione esofagea con danni celebrali -ostruzione del tubo -broncospasmo -dislocazione del tubo Per prevenire tali rischi o comunque essere preparati,nella scheda anestesiologica, troviamo oltra alla scala A.S.A,anche quella di MALLAMPATI che indica il grado di visione della bocca per un'intubazione piu' o meno agevole. IL MANTENIMENTO Questa fase implica il perpetuarsi dello stato di anestesia, è di durata variabile in funzione del tipo di intervento chirurgico e anche della velocità del chirurgo che esegue l'intervento, oltre al mantenimento della anestesia è tassativo il controllo continuo dei principali parametri vitali del paziente (pressione arteriosa, monitoraggio dell'attività cardiaca, saturazione arteriosa di ossigeno,etc.). In certe situazioni è capitato che il paziente sentisse qualcosa durante l'intervento,cosi ultimamente s'inizia a monitorare anche la profondità dell'anestesia. Si distinguono tre forme di risveglio intraoperatorio : -Sensazioni vaghe, indefinite di un qualcosa che è accaduto, -Risveglio senza dolore,il paziente può sentire le voci degli operatori, ricordare successivamente ogni cosa, -Risveglio con dolore,può portare a seri squilibri psichici del paziente, è in genere frutto di guasti o malfunzionamenti di apparecchiature medicali (respiratori automatici, vaporizzatori). IL RISVEGLIO Un anestesista deve conoscere bene i tempi degli interventi chirurgici onde poter calcolare il risveglio del paziente che deve lasciare il letto operatorio avendo recuperato almeno la possibilità di respirare autonomamente, deve poter rispondere ad ordini elementari (aprire gli occhi, tirar fuori la lingua). Al termine dell'atto chirurgico egli deve essere portato in una sala di risveglio (recovery room) ove, sotto la sorveglianza di personale medico ed infermieristico, riceve le prime cure e da dove viene avviato in corsia solo allorquando ha raggiunto una buona stabilità dei parametri vitali e pertanto necessita di minor sorveglianza. Sono state anche proposte vari schemi per dare un giudizio quanto meno soggettivo possibile della situazione del paziente uscito dalla sala operatoria,uno di questi è il punteggio di Aldrete(1970) e basato sulla osservazione dei seguenti parametri : -Coscienza -Colorito -Motilità -Validità respiratoria -Stabilità circolatoria Per ogni parametro viene assegnato un punteggio da 0 a 2 (da un minimo ad un massimo), il massimo ottenibile è 10, pazienti con valori di 8 o più possono essere inviati in reparto. In ogni caso è opportuno esercitare una continua osservazione della posizione del paziente sul letto, perlomeno sino a che non ha recuperato un buon grado di autosufficienza, egli infatti deve giacere supino con la testa estesa, in tale posizione si previene la caduta all'indietro della lingua,evenienza che porterebbe alla ostruzione delle vie aeree superiori con grave insufficienza respiratoria, cianosi e pericolose alterazioni cardio-vascolari conseguenti. Il monitoraggio Può capitare che durante l'intervento si verifichino eventi indesiderati, inattesi, talora caratterizzati da conseguenze anche drammatiche, talora estreme. Tali eventi vengono definiti “incidenti”,(avvenimento indipendente dalla volontà umana conseguente sia all’improvvisa azione di una causa esterna sia per responsabilità della vittima),e molte volte continuano a ripetersi inevitabilmente a causa della ripetitività. Gli incidenti non sono avvenimenti puramente fortuiti, semplici frutti del caso, in genere in ognuno si può risalire ad una serie di cause che spesso sarebbero evitabili: -Carenze organizzative(mancato controllo del campo operatorio); -Malfunzionamento di attrezzature; -Inesperienza, imperizia, ignoranza, fatica del medico specialista; -Effetti indesiderati dei farmaci(a volte questi errori sono dovuti alle confezioni simili di farmaci diversi); Uno studio effettuato nel 1989 dall'A.S.A. ha portato alla conclusione che l’adozione di adeguati sistemi di monitoraggio avrebbe portato ad una riduzione di circa il 70 % ed oltre delle complicanze, da allora si è cominciato a rendere obbligatorio il monitoraggio multiparametrico intraoperatorio: Vengono adoperate allo scopo apparecchiature di vario genere dotate di allarmi acustici e visivi, che possono essere impiegate con tecniche cruente od incruente di rilevazione. Nel 1996 la Società Italiana di Anestesia e Rianimazione ha elaborato delle proprie linee guida per il monitoraggio del paziente da effettuare controllando: Ossigenazione:si ricorre ad un analizzatore della quantità di ossigeno erogato dal ventilatore automatico ed alla misurazione della ossigenazione del paziente (pulsossimetria e capnometria mi dicono se c'e' stata un'errata intubazione con tutti gli effetti conseguenti come ipotensione,shok e ipotermia); Ventilazione:si ricorre all’adozione di uno spirometro (sul ventilatore) per la misurazione dei volumi del paziente, di un capnometro per la determinazione della quantità di anidride carbonica (CO2) presente nell’espirato del paziente e di un allarme di apnea (una eventuale deconnessione del paziente dal circuito viene segnalata dopo alcuni secondi) Funzione Cardiocircolatoria: mediante rilevazione del tracciato elettrocardiografico e della frequenza cardiaca. Temperatura Corporea Trasmissione Neuromuscolare In questi anni sui monitor è possibile osservare anche altre funzioni utili in sala operatoria, come: Funzione cerebrale: (EEG,TC e RMN),si utilizza una macchina che misura la profondità dell’anestesia che si chiama B.I.S. (bispectral index score) mediante un elettrodo posto sulla fronte del paziente invia impulsi ad un computer che mostra poi un numero che sarebbe l’indice della profondità dell’anestesia,(30,il paziente dorme,>40 il paz. superficializza); Funzione emodinamica: mediante la rilevazione dell’E.C.G., della frequenza, della pressione arteriosa; della pressione venosa centrale; Funzione respiratoria:oltre a quello già citato nell'ossigenazione,si può ricorrere anche ad esami radiologici ed alla emogasanalisi; Funzione epatica e renale : indagabili con esami ematochimici o ecografici(colorito & diuresi); Funzione neuromuscolare: oltre che con il B.I.S. è indagabile mediante l’uso di piccoli stimolatori elettrici, in caso di mancata o diminuita risposta muscolare alla stimolazione si constata la presenza di un blocco neuromuscolare più o meno intenso ottenuto mediante la iniezione endovenosa di curari(elettromiografia); Temperatura corporea : si ricorre a rilevazioni della temperatura mediante l’uso di elettrodi disposti in varie sedi (cutanea, timpanica, esofagea, vescicale, intravascolare). Il monitoraggio può essere: Incruento:cioè non invasivo Cruento:più impegnativo,in quanto si fa un piccolo intervento per misurare certi parametri(p. intracardiaca)minuto per minuto. Il rischio del monitoraggio Quando si parla di monitoraggio,incidenti si deve parlare anche del rischio. E' definito come la condizione in cui c'è la possibilità che possa accadere qualcosa di sgradevole per il paziente legati all'azione umana,questi errori sono dovuti: -azione umana: mancato controllo campo operatorio,errori con i farmaci e attrezzature,intubazione difficile e deconnessione del ventilatore. -guasti:derivati dal possibile errore umano. Omeostasi termica in anestesia L’essere umano è omeoterme e quindi di fronte a qualsiasi situazione che tenda a produrre variazioni della sua temperatura corporea reagisce mettendo in atto una serie di meccanismi di difesa che, laddove efficaci, consentono di mantenere costante la stessa permettendo solo minimi allontanamenti da quanto è considerato il valore basale. E’ stata dimostrata l’esistenza di un centro termoregolatore situato nell’ipotalamo anteriore cui giungono afferenze da tutto il corpo; infatti i recettori termici sono diffusi ovunque. Secondo altri studi sembrerebbe che la regione anteriore dell’ipotalamo medierebbe solo le risposte alle situazioni in cui vi è perdita di calore corporeo ed invece quelle relative a situazioni comportanti aumento di calore siano modulate dall’intervento dell’ipotalamo posteriore(le vie della temperatura viaggiano insieme a quelle del dolore). Le risposte al freddo sono rappresentate da: Vasocostrizione: riguarda gli shunts artero-venosi dei capillari sottocutanei, la loro chiusura può determinare una diminuzione del flusso ematico sino a 20 volte inferiore al normale. Ciò è dovuto al sistema endocrino che, mediante gli sfinteri precapillari,fa si che il sangue salti le tappe periferiche per trattenere il calore Brivido: rappresenta la successiva risposta al freddo, consente un aumento della produzione di calore anche del 200%,ma esso comporta comunque un importante aumento del consumo di ossigeno (VO2) e dei livelli di catecolamine circolanti Termogenesi senza brivido (tsb): è un meccanismo di guadagno calorico possibile nella primissima epoca di vita, è limitata a pochi mesi L’età avanzata e le malattie neuro-muscolari possono determinare delle risposte termoregolatrici insufficienti, l’età avanzata poi, in genere, è associata ad una netta diminuzione della massa muscolare ed ad una diminuzione della produzione di calore. La produzione di calore da parte dell’organismo in condizioni di normalità è di circa 1 kcal/kg/h, la dispersione di calore avviene principalmente attraverso la cute, per circa il 90%, il rimanente 10% viene disperso mediante la respirazione. Nel caso in cui ci si trovi ad una temperatura ambientale di 28 °C si può assistere ad un sostanziale equilibrio tra produzione di calore e sua dispersione, questa condizione viene definita con il nome di zona termica neutra. Essendo l'organismo una macchina,ne consegue che per produrre calore quando la Temperatura scende serve del carburante che in questo caso è l'ossigeno. Le risposte dell'organismo al caldo sono: Vasodilatazione: consente un aumento della dispersione del calore, è a carico dei capillari sottocutanei, per azione del caldo si ha apertura degli stessi e, conseguentemente si può ottenere un flusso ematico periferico anche 100 volte maggiore, Sudorazione: può arrivare a consentire una dispersione del calore cinque volte maggiore Stabilito che di normotermia si parla allorquando si ha una temperatura interna di 37 °C,laddove essa scenda al di sotto di 36 °C si parla di ipotermia e, di essa, si distinguono vari gradi : -mite: per temperature comprese tra 35-32 °c -moderata: per temperature comprese tra 32-28 °c -severa: per temperature comprese tra 28-20 °c -profonda: per temperature al di sotto di 20 °c TERMOREGOLAZIONE ED ANESTESIA Nonostante gli studi svoltisi fino ad ora,il problema dell'ipotermia durante un’intervento,rimane tutt’ora un problema importante. Gli agenti anestetici possono essere responsabili dei seguenti effetti: -Deprimono il metabolismo e quindi la produzione di calore del 15-30 %; -Esplicano azione deprimente sui meccanismi termoregolatori ipotalamici abbassando la soglia di termoregolazione per cui le risposte specifiche all’ipotermia vengono evocate da temperature inferiori,nello stesso tempo essi determinano un innalzamento della soglia di vasodilatazione e sudorazione(questa modificazione però riveste minor importanza rispetto alla precedente); -Il range di temperatura nel quale non si riescono ad evocare risposte termoregolatrici diviene molto più ampio, il paziente anestetizzato pertanto è molto più esposto alle variazioni della temperatura ambientale ed a tutte le possibili cause di ipotermia; -Inibiscono la risposta vasomotoria,(farmaci simpaticolitici) e pertanto ostacolano il principale meccanismo di compenso che è rappresentato dalla vasocostrizione; -Deprimono la termogenesi senza brivido del neonato; Di conseguenza le risposte dei pazienti anestetizzati a variazioni della propria temperatura corporea risultano particolarmente problematiche,inoltre ogni persona, in corso di anestesia,può perdere calore oltre che per le ragioni sopra esposte anche per le seguenti ragioni, che spesso anche coesistono: Conduzione: (verso l’ambiente che lo circonda, verso il tavolo operatorio, verso sangue o fluidi infusi a temperature basse); Irradiazione: (sostanzialmente verso l’ambiente,la sua importanza varia in relazione alla superficie esposta); Convenzione: (verso l’ambiente circostante); Evaporazione: (fluidi freddi sulla cute, gas anestetici freschi non riscaldati); Grande importanza da anni è stata data all’ambiente operatorio,secondo dati recenti una ipotermia misconosciuta è molto frequente per temperature ambientali di 20-23 °C ed il paziente anziano è maggiormente sensibile alla bassa temperatura ambientale in quanto, anche in condizioni normali, ha una minor produzione di calore e le sue risposte termogeniche (vasocostrizione e brivido) sono molto meno efficaci. Una ipotermia misconosciuta può essere presente anche in corso di quadri patologici diversi come ad esempio: -lesioni cutanee con rilevante perdita di sostanza per danneggiamento dei termorecettori periferici (ustioni, dermatiti) -neuropatie centrali e periferiche -Uremia e diabete -endocrinopatie (mixedema, insufficienza surrenalica) -etilismo acuto e cronico -assunzione di psicofarmaci sia terapeutica che non (accidentale o volontaria) -senescenza Effetti dell’ipotermia Il calo della temperatura interna di un paziente può comportare effetti sia favorevoli che sfavorevoli: Effetti favorevoli : -Riduzione delle richieste tissutali di ossigeno per riduzione del metabolismo -In corso di chirurgia toracica e del midollo spinale -In corso di cardiochirurgia pediatrica e per adulti e per clampaggio aortico Effetti sfavorevoli: Apparato cardiovascolare 34 °C = vasocostrizione, > postcarico 32 °C = depressione, irritabilità miocardica 31 °C = anomalie della conduzione 28 °C = fibrillazione ventricolare Aumentato rischio di ischemia miocardica; La vasocostrizione diminuisce il flusso ematico tissutale ostacolando la cicatrizzazione di ferite Apparato respiratorio Ipossia da vasocostrizione polmonare Ipocapnia da diminuita produzione/iperventilaz. Spostamento a sin della curva dell'Hb Ipossia S.n.c. 34 °C = < metabolismo cerebrale 33 °C = obnubilamento del sensorio 30 °C = coma Immunita’ Depressione risposta immunitaria Effetti Ematologici > viscosità Vengono bloccati i fattori della coagulazione Effetti metabolici e del metabolismo dei farmaci Iperglicemia Ipopotassiemia Alterazione del metabolismo miorilassanti Tutte le razione di scissione avvengono a temperatura ottimale Effetti Renali > diuresi (ostacolato riass. Del sodio) Trattamento dell’ipotermia In funzione di quanto è stato sin qui esposto risulta ovvio che la messa in opera di sistemi di prevenzione può rappresentare il miglior metodo di trattamento dell’ipotermia perioperatoria,esistono molti metodi di prevenzione dell’ipotermia perioperatoria : -Controllo della temperatura ambientale:Ciò risulterebbe di grande utilità, ma la più grossa limitazione è rappresentata dal notevole discomfort per gli operatori sanitari che si troverebbero ad agire a temperature oscillanti tra i 24 e 26 °C -riscaldamento dei fluidi e del sangue da infondere:o dei liquidi da usare per irrigazioni interne:Questo viene ritenuto il metodo più efficace di prevenzione dell’ipotermia -riscaldamento ed umidificazione dei gas anestetici:In ventilazione meccanica si possono perdere circa il 15% della produzione di calore di un paziente normotermico; si devono usare scambiatori di calore sui circuiti respiratori e non sono esenti da rischi (contaminazione batterica) -uso di materassi e biancheria riscaldata:Basa la sua efficacia sul fatto che la cute rappresenta la principale via di dispersione del calore del corpo umano, erano state usate delle coperte elettriche ma, attualmente, si ricorre all’uso di dispositivi nell’interno dei quali viene immessa aria calda -associazione di uno o più metodi sopra esposti:Tale metodica consente di minimizzare gli svantaggi di ciascun metodo e di ottenere un efficace sistema di prevenzione dell’ipotermia perioperatoria Ipertermia maligna La ipertermia maligna è una rara ma gravissima complicanza dell’anestesia generale, che si evidenzia in seguito alla somministrazione di alcuni farmaci, peraltro di larghissimo impiego in anestesia generale (succinilcolina, anestetici alogenati) in pazienti geneticamente predisposti(Autosomica dominante). Sembra che si evidenzi con una lieve predisposizione per il sesso maschile e per l’età pediatrica. Dato che la sindrome è trasmessa geneticamente, particolare attenzione deve essere sempre rivolta alla raccolta accurata dei dati anamnestici, indagando anche per sapere se per caso parenti del paziente abbiano avuto problemi in corso di anestesie generali. Anche il riscontro di anomalie muscolo-scheletriche (crampi ed affaticabilità muscolare, ptosi palpebrale, strabismo, atrofie muscolari) ed il rilievo di alterazioni del livello serico del CPK sono stati interpretati come elementi predittivi della sindrome, anche se non con assoluta certezza. Altri farmaci,invece, sono stati riconosciuti come sicuramente non scatenanti la sindrome: -Anestetici locali -il Propofol, le benzodiazepine -I curari non depolarizzanti, gli oppioidi. I segni clinici della comparsa di Ipertermia maligna sono rappresentati da tachicardia, contratture muscolari,in seguito si evidenziano ipercapnia ed acidosi metabolica, infine ipertermia più o meno spiccata. La terapia aspecifica volta a: determinare rapida riduzione della temperatura (infusione di soluzioni fredde), uso di materassini termici; a proteggere la funzione renale (somministrazione di grandi quantità di liquidi associati a diuretici) e la funzione cerebrale (per ridurre il consumo di O2 in un cervello ipertermico, è possibile impiegare farmaci come il diazepam). specifica: comporta l’uso del dantrolene (Dantrium,alla dose di 2.5mg/kg)è considerato farmaco indispensabile, ogni presidio ospedaliero deve tenerne almeno quanto basta per un trattamento in condizioni di emergenza. In caso di non completa regressione dei sintomi si continua iniettando il farmaco alla dose di 1 mg/kg. La forma può essere: -fulminante -moderata -aborto La temperatura può essere misurata in vari siti: -cutanea,ascellare,orale:in corrispondenza dei grossi vasi -rettale:non attendibile in quanto influenzabile dall'esterno e dalle feci -esofagea:tramite sonda la facciamo arrivare fino al 3 distale,dietro al cuore -arteria polmonare:si fa un cateterismo cardiaco,il monitoraggio è più complesso e più completo perchè le parti più calde e precise sono il mediastino e la scatola cranica -timpanica:misurata nel condotto uditivo esterno con rilevazione dopo 4-5 minuti in modo da poterla misurare senza aria -vescicale:abbastanza attendibile e pratico Anestesia Loco-temporale L'anestesia periferica è da considerare metodica idonea per abolire il dolore in quanto particolari farmaci vengono posti in contatto con fibre, tronchi o plessi nervosi spesso senza che la capacità dell'individuo di mantenere relazione con l'ambiente esterno venga intaccata in alcuna maniera, si parla quindi più propriamente di tecniche di analgesia. Le fibre le distinguiamo per quantità di mielina e per grandezza;detto questo possiamo dire che gli anestetici locali sono sostanze che venute in contatto con le fibre nervose ne modificano temporaneamente la capacità di conduzione,bloccandole in ragione inversa al proprio diametro, quindi le dolorifiche "C" vengono interessate per prime (sono quelle più piccole e con meno mielina)per arrivare poi a quelle motorie "A alfa" (sono quelle più grandi). E'ormai assodato che l’azione degli anestetici locali si esplica proprio in virtù di un ingresso nella fibra attraverso quelle soluzioni di continuo della guaina mielinica stessa chiamate “nodi di Ranvier”. Lo constatiamo dal fatto che uno dei primi sintomi dell’inizio dell’anestesia periferica è rappresentato da un certo senso di calore alle estremità per il blocco delle fibre simpatiche, ma proprio questo blocco è anche responsabile di una ipotensione più o meno importante che si può avverare nel corso delle anestesie periferiche. Per combattere l’ipotensione indotta dagli anestetici locali non si può usare le usuali amine simpatico-mimetiche (adrenalina, dopamina, dobutamina) esse infatti dopo iniezione endovenosa causano immediatamente vasocostrizione anche delle arterie uterine(in caso di donna in cinta)finendo così per aggiungere danno su danno. Si usa pertanto ricorrere alla somministrazione dell’efedrina che è una amina simpaticomimetica sprovvista di azione vasocostrittrice sulle suddette arterie uterine. Man mano che si instaura il blocco si potrà arrivare sino al blocco delle fibre A-alfa, cioè si potrà avere anche blocco motorio completo con paralisi dei distretti innervati dalle fibre soggette al blocco. Attualmente vi sono due grandi gruppi : amminoamidi ed amminoesteri,in base a questi i farmaci più usati sono: -Lidocaina o xylocaina: caratterizzato da rapida insorgenza di azione, la sua durata è media,e viene metabolizzata dal fegato,può anche essere usata per la cura di aritmie -Mepivacaina: di durata superiore alla lidocaina, segue lo stesso metabolismo;(carbocaina) -Bupivacaina: ha una durata 2 –3 volte superiore alla lidocaina, è però più tossica -Ropivacaina: è un isomero della bupivacaina, ma è dotato di minor tossicità,è usata in ostetricia in quanto determina un minor blocco motorio. In un’anestetico guardiamo: -L'onset TIME: cioè il tempo tra l'iniezione del farmaco e l'insorgenza del blocco e dipende dal valore del pH che influenza l'associazione e la dissociazione del farmaco (un'alcalosi fa si che il farmaco non si dissoci e passi prima la barriera nervosa riducendo il tempo di latenza dello stesso). -Durata Del Blocco: come citato sopra il pH determina un'aumento della quota di anestetico libero nell'organismo.Un'aggiunta poi di vasocostrittori(adrenalina)all'anestetico determina un ostacolo al riassorbimento del farmaco e quindi si traduce in un aumento della sua durata di azione. -Potenza E Tossicita': la potenza è legata alla sua liposolubilità e al suo fissarsi con le proteine plasmatiche(albumina e alfa-1-glicoproteina),però più aumenta la potenza più il farmaco è tossico Gli anestetici locali possono dar luogo ad eventi indesiderati quali : -Reazioni allergiche: (nel caso delle amino amidi sembra che le reazioni non siano ad esse ma piuttosto ad un conservante, il metilparabene che viene aggiunto nelle confezioni multidose degli anestetici locali) che si possono manifestare con rush cutanei, prurito, broncospasmo,shock anafilattico.Sono eventi estremamente rari con le amidi. -Tossicità: -locale: può determinare lesione delle terminazioni nervose con cui l’anestetico locale entra in contatto,dovuta alla concentrazione dello stesso, -sistemica:dovuta a due cause : Iniezione intravascolare accidentale o sovradosaggio -Tossicità sul S.N.C.: si può assistere a sedazione, sonnolenza, cefalea, percezioni di suoni acuti (tinnito), offuscamento della vista, confusione, tremori, convulsioni, coma -Tossicità sull’apparato cardiovascolare: tachicardia, aritmie, depressione dell’attività cardiaca sino all’insufficienza acuta(si danno insieme farmaci vasocostrittori perchè il blocco delle fibre causa vasodilatazione e ipotensione) Vantaggi dell’anestesia periferica -Praticamente nessuna interferenza con l’apparato respiratorio -Evita il rischio di inalazione di materiale di provenienza gastrica -Ridotta risposta allo stress -Minor rischio di trombosi post-operatoria -Miglior controllo sul dolore post-operatorio -Paziente sveglio Rischi -Minori (deficit neurologici transitori, dolore lombare, cefalea) -Maggiori (ematoma epidurale, ascesso epidurale, aracnoidite, paraplegia) -Deficit neurologici transitori : alle basse dosi e concentrazioni di anestetico locale non corrisponde alcuna tossicità locale, eventuali deficit nervosi possono essere da imputare a lesione diretta, meccanica, con l’ago da inezione impiegato durante l’esecuzione della tecnica -Dolore lombare: può persistere per giorni o settimane dopo l’esecuzione dell’anestesia epidurale o subaracnoidea, è dovuto a traumatismo durante la effettuazione dell’anestesia, su strutture legamentose, anche con formazione di minuscoli ematomi che si riassorbono con molta lentezza -Cefalea post puntura durale: si evidenzia dopo anestesia epidurale o subaracnoidea, è dovuta a perforazione della dura madre con conseguente fuoriuscita di liquido cefalorachidiano nello spazio epidurale. La terapia principale consiste nel riposo a letto, secondo alcuni Autori si dovrebbe ricorrere al blood patch inoltre farlo sdraiare e bere molto -Blood patch: tradotto letteralmente significa “toppa di sangue” consiste nella immissione nello spazio epidurale di 12 - 15 ml. circa di sangue del paziente, prelevato con scrupoloso, rigido rispetto delle norme di asepsi; viene effettuato dopo un periodo variabile (poche ore o qualche giorno) dall’insorgenza della cefalea. -Ascesso epidurale: può derivare sia da infezione sistemica, generalizzata sia per contaminazione locale (mancato rispetto delle norme di asepsi).In questi il paz. lamenterà cefalea regione nucale,NON farlo alzare e trattarlo con liquidi -Ematoma epidurale: risulta conseguente a lesione di uno o più vasi dello spazio epidurale in pazienti con deficit più o meno gravi della coagulazione. Bisogna far molta attenzione a dolori o a paresi insorgenti dopo l’esecuzione delle anestesie periferiche. -Aracnoidite: gravissima complicanza ma rara; dovuta ad iniezione accidentale nello spazio subaracnoideo di alcune sostanze (detergenti, contaminanti pirogeni del glucosio che si ritrova negli anestetici locali iperbarici) -Paralisi: altra rarissima e gravissima complicazione dovuta a trombosi dell’arteria spinale anteriore causata da trauma diretto, tossicità di alcuni farmaci o sostanze. Controindicazioni della anestesie periferiche(assoluta o relative) -Rifiuto del paziente(assoluta) -Emorragie(assoluta) -Sepsi locale(assoluta) -Coagulopatie, piastrine <> L’anestetico locale può essere iniettato in varie sedi per cui si parla di : Analgesia Spinale IL farmaco analgesico viene portato a contatto con le radici dei nervi spinali. Si distingue : -Anestesia subaracnoidea -Anestesia epidurale o peridurale Analgesia Extraspinale In base alla sede di applicazione del farmaco possiamo distinguere: Anestesia paravertebrale Anestesia plessica ( plesso brachiale ecc. ) Anestesia tronculare ( lungo il decorso di un nervo ) Anestesia loco-regionale (sia per infiltrazione che per applicazione topica). Anestesia subaracnoidea o rachianestesia L'anestetico viene iniettato direttamente nello spazio subaracnoideo,diffondendosi poi nel liquido cefalo-rachidiano,venendo a contatto con le radici posteriori dei nervi spinali attraverso le quali passano gli stimoli dolorifici provenienti dalla periferia ottenendo cosi una interruzione delle sensazioni dolorifiche dei territori innervati dalle fibre bloccate dal farmaco. Con questo tipo di anestesia si ottiene analgesia della parte inferiore del corpo, ciò può consentire la esecuzione di interventi chirurgici sugli arti e sui quadranti inferiori dell'addome. La tecnica di esecuzione del blocco è relativamente semplice: il paziente viene posto seduto sul letto operatorio od in decubito laterale, con la schiena flessa (non piegata) onde consentire una protusione della colonna lombare ed una maggiore apertura degli spazi interspinosi. Si disinfetta con accuratezza la cute della zona che permette l'accesso agli spazi vertebrali compresi tra L2 ed L4 ove verrà inserito un ago, di piccolo calibro (in genere 25G), sino a quando si nota fuoriuscita di liquido limpido (liquor). Si sceglie questa sede per l'iniezione in quanto a questo livello non si rischia di pungere accidentalmente il midollo spinale che termina a L1. E’ quindi tassativo un rigoroso rispetto delle norme di sterilità in tutta la procedura a causa della gravità di eventuali infezioni conseguenti. La posizione sdraiata è più complicata ma anche più sicura per il paz. in quanto in quella seduta si rischia che cada in avanti a peso morto. Anestesia peridurale od epidurale In questo tipo di procedura si inietta il farmaco nello spazio estremamente esiguo compreso tra la dura madre e, anteriormente, dal legamento longitudinale anteriore che ricopre i corpi delle vertebre ed i dischi intervertebrali e, posteriormente, dal legamento giallo e, lateralmente dalle lamine vertebrali. Esso è meno voluminoso dello spazio subaracnoideo e contiene tessuto adiposo e numerosi vasi, viene chiamato pertanto spazio epidurale o peridurale. La tecnica non è facile e richiede esperienza, ma consente di poter effettuare una anestesia periferica con relativa tranquillità senza avere inoltre il problema della cessazione improvvisa al termine dell'azione del farmaco la cui dose, nell'anestesia subaracnoidea, non può essere ripetuta. Infatti con questa metodica è anche possibile posizionare nello spazio peridurale un cateterino attraverso il quale si possono fare dosi subentranti di farmaco le quali prolungano adeguatamente il tempo di analgesia, sino a svariate ore. Si parla in questo caso di "peridurale continua", tecnica con la quale, tra l'altro si può in ostetricia realizzare il parto indolore. Inoltre la possibilità di iniettare dosi frazionate di anestetico locale può anche portare ad una delimitazione del blocco alle zone desiderate.