Prassi e comunicazione – a.a. 2009/10 – Comunicazione e DAMS

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Prassi e comunicazione – a.a. 2009/10 – Comunicazione e DAMS – Modulo 6 CFU (E. Fadda)
Umberto Eco
SEGNI, PESCI E BOTTONI
Appunti su semiotica, filosofia e scienze umane1
(RIASSUNTO)
In quest’intervento, scritto poco dopo la prefazione a Semiotica e filosofia del linguaggio, Eco
riprende le acquisizioni di quel testo sul ruolo di una semiotica generale come filosofia del segno, e
a partire da esse formula un’ipotesi interpretativa sulla distinzione tra scienze naturali e
umanistiche, e sullo speciale statuto epistemologico di queste ultime.
1. La paura del segno
In questa sezione, Eco si dedica a ribattere ad alcune critiche indirizzate a lui e alla semiotica
in generale, e in particolare a quelle di R. Scruton. Questo autore aveva rimproverato alla semiotica
di volersi fare scienza naturale, ma avendo ad oggetto un qualcosa di cui scienza naturale non può
darsi. Si può fare scienza naturale – osserva Scruton – di cose come i pesci (che si trovano in natura,
e hanno una loro omogeneità che preesiste alla scienza che ne tratta), non di cose come i bottoni
(che sono costruiti e identificati in base alla funzione che si assegna loro). La risposta di Eco mostra
come lo schema generale segno/inferenza vada in qualche modo al di là della distinzione tra generi
naturali e non naturali, sicché si può fare semiotica dei pesci, dei bottoni e di tante altre cose ancora.
2. Un “consensus” alquanto dissenziente
In questa sezione, Eco mostra come – al di là della tradizionale relazione di rinvio – vi siano
parecchie differenze tra tutti coloro che si sono occupati e si occupano degli schemi sul segno – a
partire da quello linguistico. Per esempio, gli elementi del tradizionale triangolo semantico hanno
ricevuto nei secoli svariate denominazioni diverse, e la differenza dei nomi implica anche una
differenza nelle concezioni. Il principale (ma non l’unico) spartiacque tra gli studiosi è l’intendere il
significato denotativo in senso intensionale (come p. es. Saussure) o estensionale (come p. es.
Frege). Ciò nonostante, deve essere possibile enucleare i capisaldi di una semiotica generale che sia
valida per tutte queste concezioni differenti.
3. Verso un’archeologia dei concetti
Il primo mezzo per recuperare una nozione unitaria di segno sta nello svolgere un’archeologia
dei concetti che ad essa sono legati. Per mezzo di un tale lavoro (che egli ha svolto, p. es., in
Semiotica e filosofia del linguaggio) è possibile ricondurre il più recente paradigma equazionale
(esemplato sulle lingue storico-naturali) a un più generale paradigma istruzionale e inferenziale (per
cui ogni fenomeno semiotico è riconducibile allo schema p → q).
4. Segno e interpretazione
In particolare, un autore che ci aiuta a definire i connotati di un modello inferenziale della
semiosi è Charles S. Peirce. Nel suo modello, la relazione tra representamen e oggetto immediato,
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In Sugli specchi e altri saggi (Milano, Bompiani, 1985), pp.301-333
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mediata da un interpretante, non può mai risolversi in un’eguaglianza, ma evoca sempre ulteriori
interpretazioni. In questo modo logica della scoperta, paradigma indiziario e teoria delle lingue sono
riunite sotto l’insegna del criterio di interpretanza, che ci dice semplicemente che è segno qualsiasi
cosa che possa essere ulteriormente interpretata.
5. Interpretazione e scienze umane
La distinzione tra scienze naturali e umane (che data almeno dal XIX secolo) è stata discussa
e valutata variamente nel corso degli anni, sia da coloro che volevano squalificare le scienze umane
(considerandole “meno scientifiche” delle altre), sia da coloro che volevano porne in luce le
peculiari difficoltà, e l’irriducibilità alle scienze naturali (affermando p. es. che l’oggetto della
sociologia o di altre discipline non può essere trattato con gli stessi metodi che si usano per parlare
di atomi o di cellule, ecc.).
La strategia adottata da Eco per accostarsi al problema è la seguente:
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Dapprima, egli riunisce sotto l’insegna dell’interpretazione tutte le pratiche
conoscitive e scientifiche: ogni volta che vogliamo dare un senso a qualcosa,
dobbiamo trattarlo come un segno e interpretarlo (facendolo entrare nel circuito ella
semiosi illimitata)
In seguito (a partire da Peirce, ma anche e soprattutto da Prieto), egli mostra come
anche una pratica – ovvero: tutto ciò che facciamo non istintivamente – sia (frutto di)
un’interpretazione. P. es., beviamo da un-oggetto-fatto-così-e-così perché l’abbiamo
previamente interpretato come un bicchiere.
Le pratiche, come ha mostrato (anche) Peirce, si organizzano in abiti (abitudini, modi
standard di comportarsi in determinati frangenti). Ma proprio questi abiti sono il tipico
oggetto delle scienze umane e sociali.
Dunque gli abiti, frutto di interpretazioni, vengono a loro volta interpretati dalle
scienze umane e sociali che cercano di conoscerli e dar loro un senso. Ecco dunque
trovata la distinzione tra scienze naturali e umane: entrambe si riallacciano al criterio
di interpretanza, ma le prime producono interpretazioni, mentre le seconde producono
interpretazioni di interpretazioni (di secondo grado, o di grado n).
6. Semiotica generale e filosofia
In questo contesto, qual è il ruolo della semiotica generale, e quale la sua vocazione
filosofica?
 Anzitutto (come accade in generale per la filosofia), essa va inquadrata come un’attività, e
non propriamente come una scienza.
 La si può accostare alla filosofia del linguaggio, ma solo laddove si comprenda che il suo
oggetto deve essere, per forza di cose, più ampio del solo linguaggio (ma del resto, non è
stato così per tutte le migliori filosofie del linguaggio?).
 Inoltre, non si può limitare il suo campo di ricerca ai prodotti della semiosi, ma esso deve
includere anche (e, forse, primariamente) lo studio dei processi e dei meccanismi semiotici insomma: la semiosi non meno che i segni
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