ASFODELO Associazione di volontariato per l’Educazione Ambientale M. ACERO Itinerario e notizie storiche Abbazia benedettina del S. Salvatore Carta I.G.M. a cura di Giuseppina Moleta Tel. 0817145681 - 3490692869 E-mail: [email protected] homepage: http://assoasfodelo.altervista.org/ 1 ITINERARIO e NOTIZIE STORICHE Si prende l’autostrada Napoli-Roma, si esce a Caianello e per la SS 372 si raggiunge Faicchio (BN). Il Castello Ducale di Faicchio risalente al sec XV, appartenne ai principi Carafa e ai duchi De Martino; ha quattro torri cilindriche e una finestra durazzesca; restaurato nel 1962 e trasformato in albergo ristorante, all’interno è addobbato in stile medievale. Proseguendo lungo la SS, si raggiunge il Ponte romano Fabio Massimo, che permetteva le comunicazioni tra il Massiccio del Matese e il M. Erbano. Il ponte, largo circa un metro e mezzo, poggia su pilastri poligonali. Dopo poco s’incontra il cimitero di Massa, frazione di Faicchio, che prende il nome proprio da Quinto Fabio Massimo. Da qui, dopo aver parcheggiato, inizia il percorso a piedi. Si percorre la SS per qualche centinaio di metri fino ad incontrare sulla destra una calcara in ottime condizioni. Le calcare, costruzioni in pietra calcarea, a forma cilindrica, talvolta su una base quadrata, con una grossa apertura in basso e prive di tetto, erano forni da calce. Venivano caricate dall’alto di legna e frammenti di pietre calcaree, pietre che, dopo una cottura prolungata, si trasformavano in calce viva che si poteva conservare fino al momento dell’utilizzo quando, previa immersione in acqua, si trasformava in calce. Inizia la mulattiera che sale in un bosco di lecci e conifere e, da quota 200 m, in circa 2 ore, raggiunge la sella tra le due cime del M. Acero. Sulla cima più bassa (725 m s.l.m.) sorge, affiancato dagli immancabili ripetitori, il Monumento al Redentore, eretto il 30 novembre del 1902 dalla diocesi di Telese e Cerreto Sannita. La statua, una delle 19 statue fatte erigere in Italia da Papa Leone XIII, in ghisa bronzata, dell’altezza di 3 metri e del peso di 16 quintali, poggia su un basamento tronco-piramidale in pietra a vista squadrata; quest’ultimo presenta sui lati una lapide con lo stemma vescovile ed una piccola edicola con arco a sesto acuto. La statua crollò nel 1974 ma è stata rimessa nella sua posizione originaria, poggiata su un cubo di cemento armato. Intorno alla cima più alta (736 m s.l.m.) si trovano gli imponenti ruderi dell’Arce Sannita. L’arce (dal latino arx, arcis) presenta una cinta di mura megalitiche, considerate dal Maiuri un’opera di sbarramento verso l’altopiano del Matese, costruita nel VI secolo A.C. da popoli pastori per difesa dalle genti Osche. Altri studiosi invece la considerano uno dei più importanti esempi di architettura militare sannita: unitamente a Piedimonte Matese e a Sepino, costituirebbe la più singolare opera difensiva dell’antico Sannio. I Sanniti, fieri avversari dei Romani, seppero contrastare il desiderio espansionistico di Roma, costringendola a sostenere ben tre guerre. Secondo Tito Livio, in questa zona, nel 308 A.C., si tenne una delle battaglie più aspre e qui Annibale, durante la II guerra punica, evitò l’esercito di Quinto Fabio Massimo attraversando le gole del Titerno. La tecnica costruttiva dei Sanniti è detta poligonale perché accostava a secco conci poligonali di grandi dimensioni, pietre calcaree cavate in loco che, grezze o appena sbozzate, venivano 2 sovrapposte senza alcun legante e si connettevano in forza del proprio peso. La catena di muraglia che circonda le pendici del M. Acero e del M. Monaco di Gioia sale verso le vette lungo un percorso rettilineo che descrive un ideale triangolo isoscele con la base di m. 250, l’altezza di m. 400 e un’area di 5 ettari. La muraglia sale su fino all’arce, la parte più elevata della città, la cittadella fortificata, l’osservatorio militare da cui controllare tutta la valle telesina. L’ABBAZIA BENEDETTINA DEL S. SALVATORE: 1000 anni di storia Incerte sono le origini dell’Abbazia, le cui fondazioni sono di epoca romana, villa rustica o tempio pagano. O voluta da Arechi, principe di Benevento, verso la fine del 700, o fondata nel IX sec. come cella monastica alle dipendenze di Monte Cassino, la sua esistenza è, comunque, testimoniata nel 1075 da una Bolla emessa dall’Arcivescovo Milone di Benevento. Da quella data la storia dell’Abbazia è nota attraverso la successione degli abati fino alla soppressione, avvenuta nel 1450-60 per volere di Ferdinando d’Aragona. Con le sue rendite fu fondata una Commenda che, dopo varie vendite, fu acquistata dalla famiglia Pacelli di S. Salvatore Telesino. Il convento è tuttora privato e un muro chiude la comunicazione con la chiesa utilizzata fino a una decina di anni fa come casa colonica e come stalla. Un recente restauro ha permesso di evidenziare quello che resta: una tomba con corredo, affreschi nelle absidi, una cripta usata come reliquario, le cantine sottostanti scavate nel tufo e il pozzo di S. Anselmo legato ad una leggenda. Nel 1098 Sant’Anselmo soggiornò nell’Abbazia, in un’estate particolarmente torrida e sembra avere indicato ai monaci l’ubicazione della sorgente che alimenta il pozzo a lui dedicato. Le mura perimetrali contengono iscrizioni latine da cui si deduce che provengono da Telesia, la Tulision degli Osci, devastata più volte dai Romani e da successivi invasori. 3