di Alessandro Gallucci,
avvocato del foro di Lecce
COME GESTIRE
UN CONDOMINIO
Gli aspetti pratici da affrontare
.COM
CONDOMINIOWEB
di Alessandro Gallucci,
avvocato del foro di Lecce
COME GESTIRE
UN CONDOMINIO
Gli aspetti pratici da affrontare
.COM
CONDOMINIOWEB
Seconda edizione - maggio 2015
Autore: Alessandro Gallucci
Copyright © 2015 - GRUPPO CONDOMINIOWEB S.R.L.
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Copertina, impostazione grafica e impaginazione: Alessandro Cavalieri
Capitolo 1. Iniziare ad amministrare
15
1. Amministrazioni condominiali: i dati di un fenomeno indefinito
15
2. I requisiti per l’amministrazione di un condominio alla luce della legge n. 220/2012
15
2.1 Godimento dei diritti civili
16
2.2 Assenza di condanne penali
17
2.3 Misure di prevenzione
18
2.4 Interdizione e inabilitazione
18
2.5 Protesto e amministrazione condominiale
18
2.7 Formazione iniziale ed aggiornamento
18
3. Il corso di formazione iniziale e di aggiornamento 19
3.1 Formazione dell’amministratore e la legge sulle professioni non regolamentate 20
4. Regime delle eccezioni ai requisiti per l’assunzione dell’incarico
21
1.4 Un caso limite: l’amministratore-avvocato
22
5. Amministratore persona fisica o giuridica?
23
6. Perdita e mancanza dei requisiti
24
7. Apertura della partita IVA o costituzione di una società?
25
8. Posizione previdenziale dell’amministratore
26
9. Meglio uno studio o un ufficio con vetrina sulla strada?
26
10. Pubblicità e passa parola: l’amministratore imprenditore e quello professionista
28
11. Esiste un limite al numero di condomini amministrabili?
29
12. Assicurazione: quando è utile?
30
13. Chi deve chiedere il codice fiscale del condominio?
31
14. La prima richiesta e la richiesta di variazione del C.F. da parte dell’amministratore
32
15. Modalità di presentazione del modello di richiesta del codice fiscale del condominio
33
Capitolo 2. L’assunzione dell’incarico
34
1. Nomina: facoltatività, obbligatorietà e quorum
34
1.1 Modalità di calcolo del numero dei condomini
35
1.2 Nomina da parte dell’Autorità Giudiziaria
36
1.2.1 La scelta dell’amministratore da parte dell’Autorità Giudiziaria ed i registri del Tribunale 38
2. Contatto con i clienti ed importanza di un sopralluogo preliminare
39
2.1 Amministratore di tutti, cioè niente favoritismi e partecipazioni per delega all’assemblea
41
2.2 Nomina in un condominio di cui si conosce l’attuale amministratore: che fare? 41
3. Modalità di nomina
42
3.1 Presentazione del preventivo e sua accettazione
42
3.2 Nomina ed accettazione con successiva presentazione del preventivo
44
4. La redazione del preventivo per il proprio compenso: attenzione a non dimenticare nulla
45
5. Il rapporto di collaborazione: il contratto di mandato
45
5.1 Mandato e amministrazione condominiale
46
6. Comunicazioni previste dall’art. 1129 secondo comma c.c.
47
6.1 Comunicazioni e dati sempre aggiornati: risolvere il problema con la carta intestata ed un
cartello nell’edificio
48
6.2 La targa con i recapiti dell’amministratore
48
7. Cambio di domiciliazione delle bollette
49
8. Prima apertura e cambio d’intestazione del conto corrente condominiale 49
9. Comunicazioni agli altri fornitori e incontri conoscitivi
49
10. Richiesta al precedente amministratore di consegnare la documentazione
50
11. Richiesta al precedente amministratore di consegnare la cassa condominiale
51
12. Richiesta di chiarimenti al precedente amministratore
52
13. Fissazione dell’assemblea per la valutazione della situazione pregressa e suggerimenti da parte
dell’amministratore52
14. Assunzione dell’incarico durante un anno di gestione: il ricalcolo del preventivo con il compenso
pattuito53
15. Redazione del preventivo e del relativo piano di riparto per la gestione annuale
Capitolo 3. Primi passi in condominio.
1. L’individuazione delle parti comuni.
53
55
55
2. Servitù, dei diritti dei singoli e delle limitazioni all’uso delle parti comuni e di proprietà esclusiva
57
3. La lettura delle delibere, del regolamento e delle tabelle millesimali
57
4. Litigiosità del condominio: valutazione delle cause in corso e contatto con i legali che seguono
le controversie
58
5. Rapporti con i fornitori: la dichiarazione d’avvenuta sostituzione dell’amministratore
condominiale59
6. Valutazione dell’esistenza di crediti del precedente amministratore:
alle firme al momento del passaggio delle consegne
attenzione
59
Può accadere, soprattutto nei condomini con situazioni di morosità, che l’amministratore uscente
vanti dei crediti verso la compagine. In casi del genere è lecito domandarsi: chi deve dimostrare
l’esistenza di questo credito?
59
Al quesito ha più volte fornito risposta la giurisprudenza. In una delle più dettagliate pronunce in
materia si legge che:
t59
7. La convocazione della prima assemblea: la rapidità è il miglior biglietto da visita
61
8. Le abitudini dei condomini e l’organizzazione dello studio: mediare e non imporre
61
Capitolo 4. L’attività quotidiana dell’amministratore tra scelte d’opportunità e
obblighi giuridici.
63
1. L’organizzazione dello studio
63
2. L’importanza (o meno) della presenza costante sul condominio tra obblighi giuridici e valutazione
della reale utilità
63
3. I pagamenti delle rate condominiali: meglio bonifici o versamenti in studio?
64
4. Il rapporto con i condomini: meglio uno studio costantemente aperto o ricevere solo per
appuntamento?65
5. L’atto di esercizio del proprio incarico: il provvedimento dell’amministratore 66
5.1 La contestazione dei provvedimenti dell’amministratore condominiale
67
6. La richiesta di documentazione da parte dei condomini: risposte rapide e valutazione delle
somme da richiedere
68
7. Il registro di contabilità e l’aggiornamento periodico: tempi e modalità di tenuta
70
8. L’anagrafe condominiale 70
8.1 I dati relativi alle condizioni di sicurezza
71
8.1.1 I dati relativi alle condizioni di sicurezza ed il decreto Destinazione Italia
72
8.2 Formazione e aggiornamento dell’anagrafe condominiale tra doveri di collaborazione per il
condomino e poteri d’azione dell’amministratore
72
8.2.2 Dati relativi alle condizioni di sicurezza e contratti di locazione delle unità immobiliari e
decreto Destinazione Italia.
73
9. L’attività fiscale
74
10. Le richieste di convocazione dell’assemblea (ai sensi dell’art. 1120 c.c. e 66 disp. att. c.c. ecc):
obblighi e conseguenze
74
11. Gli atti conservativi tra azioni concrete e iniziative giudiziarie
75
12. L’esecuzione delle delibere, l’osservanza del regolamento, la disciplina dell’uso delle cose comuni
e della fruizione dei servizi nell’interesse comune
77
2.1 Il regolamento ed il divieto di detenzione di animali domestici
80
13. La suggestione dell’amministratore “sceriffo”: applicare le sanzioni non è cosa molto agevole
81
14. Comunicazione del condomino di distacco dall’impianto di riscaldamento: adempimenti 83
15. Comunicazione del condomino di esecuzione di opere nella proprietà esclusiva: adempimenti
83
16. Impianto di ascensore: manutenzione e adeguamenti normativi
84
17. Impianto di riscaldamento: manutenzione, funzionamento ed adeguamenti normativi
87
18. L’attestato di prestazione energetica
88
19. Impianto idrico: manutenzione ed adeguamenti normativi alla luce del d.lgs n. 31/01
89
20. Prevenzione incendi e parti comuni: poteri e doveri dell’amministratore
90
21. Certificazioni di conformità e rispondenza degli impianti
91
22. Privacy e condominio: poteri e doveri dell’amministratore
92
23. La riscossione dei crediti e conto corrente: rinvio
93
Capitolo 5. L’amministratore, i condomini ed il denaro
94
1. Gestione trasparente del condominio: l’obbligo di apertura ed utilizzazione del conto corrente
condominiale 94
1.1 Uso del conto corrente vuol dire fine dell’uso del contante?
95
2. L’erogazione delle spese e l’importanza del preventivo di gestione
96
3. L’erogazione delle spese straordinarie per il caso d’interventi manutentivi straordinari urgenti97
4. Le anticipazioni dell’amministratore ed il loro rimborso
99
5. Il pagamento delle rate condominiali: chi decide la frequenza? 100
6. Il ritardo nel pagamento delle quote: conseguenze.
100
6.1 Segue: gli obblighi per l’amministratore
101
6.2 Segue: i rischi per i condomini (compresa sospensione servizi)
101
7. Il decreto ingiuntivo condominiale
102
8. La possibilità per l‘amministratore di agire personalmente in giudizio e l’obbligo di rivolgersi ad
un avvocato
104
9. La richiesta delle somme necessarie per intraprendere l’azione legale
105
10. Che cosa accade se il condominio paga prima della notifica del decreto ingiuntivo?
105
11. Le azioni esecutive e le responsabilità dell’amministratore
106
12. La prescrizione dei crediti condominiali
106
13. La solidarietà tra venditore ed acquirente
107
13.1 Niente comunicazione della cessione? Il venditore resta coobbligato
109
14. I rapporti economici tra condominio, proprietario e conduttore
110
15. I rapporti economici tra condominio, nudo proprietario e usufruttuario
111
16. Diritto d’uso e d’abitazione e spese condominiali 112
17. La legge di riforma facilita i morosi?
112
Capitolo 6. L’amministratore alle prese con i piani di riparto
116
1. Ripartizione delle spese: il ruolo della legge e quello degli accordi tra i condomini
116
2. I criteri legali di ripartizione delle spese: la ripartizione secondo i millesimi di proprietà
116
2.1 La ripartizione secondo l’uso
116
2.1.1 Manutenzione di scale ed ascensori
117
2.1.2. Le spese per il lastrico solare di uso esclusivo
118
2.2 Il condominio parziale
119
3. I criteri convenzionali
119
4. La scelta sbagliata dell’amministratore e la scelta derogatoria dell’assemblea: differenze
120
5. Esempi di ripartizione delle spese
121
Capitolo 7. L’amministratore, il preventivo ed il rendiconto di gestione
130
1. Che cosa sono il preventivo ed il rendiconto?
130
2.2 Il riepilogo finanziario
131
2.3 La nota sintetica 132
3. Criterio di cassa o di competenza?
132
4. I tempi di presentazione
134
5. Conseguenze per il caso d’inadempimento
134
6. La revisione contabile
135
7. Le maggioranze necessarie per la deliberazione in merito all’approvazione
136
8. L’approvazione del rendiconto
136
9. L’approvazione del rendiconto con modifiche
136
10. Il respingimento del rendiconto e le conseguenze sulla gestione del condominio
137
11. Il piano di riparto allegato al rendiconto: rinvio
138
12. I gruppi omogenei di spesa: rinvio
138
Capitolo 8. L’amministratore ed il rapporto con i terzi
139
1. L’amministratore tra organo esecutivo e potere d’iniziativa
139
2. Chi sceglie l’impresa di pulizia delle scale?
139
2.1 Attenzione alla regolarità dell’impresa
140
2.2 Pulizia fai da te, perché sconsigliarla?
141
3. Chi sceglie il fornitore di energia elettrica o di gas?
142
4. I rapporti con l’ente erogatore del servizio idrico
143
4.1 Il contatore condominiale ed i così detti contatori di sottrazione
144
5. L’amministratore e la manutenzione e la cura del giardino
145
6. L’amministratore e la piscina condominiale
145
7. L’amministratore ed il costruttore dell’edificio: rinvio
146
8. La gestione del portico aperto ed i rapporti con l’amministrazione comunale
147
9. L’amministratore e la pubblica amministrazione
148
11. L’amministratore ed i condominii confinanti
148
12. L’amministratore ed i creditori del condominio
149
13. Il decreto ingiuntivo contro il condominio e il ruolo dell’amministratore
151
14. La comunicazione del decreto ai morosi ed il caso di mancanza di contestazioni da parte del
condominio151
15. L’amministratore ed il fallimento di uno dei condomini
151
16. L’amministrazione, i reati contro le parti comuni ed i poteri di iniziativa
152
17. L’amministratore e la vendita delle parti comuni
152
18. I rumori da edifici limitrofi ed i poteri dell’amministratore
153
19. L’amministratore ed i rapporti con il portiere
153
20. L’amministratore ed il contenzioso “endo-condominiale” ed “eso-condominiale”
154
21. L’amministratore ed il procedimento di mediazione
156
Capitolo 9. L’amministratore ed il fisco.
159
1. Il pagamento delle ritenute d’acconto
159
2. La presentazione del modello 770
161
3. Il così detto quadro AC
161
4. Le agevolazioni per le ristrutturazioni 162
5. Le agevolazioni per la riqualificazione energetica
163
6. Amministratore, imposte e tasse per le parti comuni
164
1. Il ruolo dell’assemblea
165
2. Il ruolo dell’amministratore nell’assemblea
166
3. La convocazione dell’assemblea condominiale
167
4. La comunicazione dell’avviso ed il conteggio dei termini tra spedizione e ricezione
168
4.1 La comunicazione dell’avviso ex art. 1117-ter c.c.
170
4.2 La comunicazione dell’avviso nei casi di decadenza dell’amministratore per la perdita dei
requisiti171
5. L’individuazione del soggetto da convocare: il proprietario, l’usufruttuario o il conduttore (e gli
equiparabili)?171
6. Immobili in comunione: chi dev’essere convocato e chi deve partecipare?
173
7. Decesso del condomino e eredi: come comportarsi?
173
8. L’ordine del giorno
174
8.1 L’ordine del giorno ex art. 1117-ter c.c.
175
9. Le richieste dei condomini sono vincolanti rispetto alla formazione dell’ordine del giorno? 176
10. La scelta del luogo, del giorno e dell’ora di svolgimento dell’assemblea tra esigenze dei condomini
e dell’amministratore
177
11. Amministrare non significa dirigere l’assemblea: come comportarsi durante la riunione
179
11.1 La conferma dell’incarico: essere presente o allontanarsi
179
12. La richiesta di chiarimenti e l’indispensabilità d’un comportamento trasparente
179
13. Le deliberazioni ed i quorum: aiutare i condomini a non sbagliare
180
14. Vari esempi di deliberazioni
180
14.1 Nomina e revoca dell’amministratore
181
14.2 La polizza per l’assunzione dell’incarico
181
14.3 Approvazione del preventivo e del rendiconto di gestione
182
14.4 Attivazione del sito internet condominiale
182
14.5 Installazione di un impianto di videosorveglianza
183
14.6 Innovazioni: nozione e quorum183
14.7 Liti condominiali e dissenso ex art. 1132 c.c.
184
14.8 Mediazione ex d.lgs n. 28/2010
185
14.9 Revisione contabile
186
14.10 Lavori straordinari
186
14.11 Lavori straordinari di notevole entità
187
14.12 Lavori straordinari, innovazioni e fondo riserva obbligatorio 188
14.12.1 Fondo obbligatorio e decreto Destinazione Italia
189
14.13 Il regolamento condominiale
190
14.14 La sostituzione di delibera
193
14.15 L’accensione di un mutuo condominiale
193
14.16 La particolare procedura di modificazione delle destinazioni d’uso
194
14.17 La tutela delle destinazioni d’uso delle parti comuni
195
14.18 Le deliberazioni ai sensi dell’art. 1122-bis c.c.
195
14.19 Lo scioglimento del condominio
196
14.20 Assunzione, licenziamento del portiere e soppressione del servizio di portierato
197
14.21 Approvazione e revisione delle tabelle millesimali
198
14.22 La nomina del consiglio dei condomini
200
14.23 Dismissione dell’impianto di riscaldamento centralizzato
200
14.24 Tabella riepilogativa
201
15. Le assemblee dei piccoli condominii senza amministratore
208
16. Le assemblee nei condominii minimi
208
17. Il divieto di delegare l’amministratore e le deleghe
209
18. Presidente e segretario: nomina e funzioni
210
19. Che cosa accade se uno o più condomini si allontanano durante l’assemblea?
211
20. Supercondominio, assemblea, amministratore e rapporti con i vari condominii
211
21. Il verbale: indicazioni per non sbagliare
212
21.1 Il verbale per le deliberazioni ex art. 1117-ter c.c.
213
Capitolo 11. Revoca e cenni sulla responsabilità civile e penale.
215
1. Revoca assembleare
215
1.1 Revoca assembleare senza giusta causa e risarcimento del danno
215
1.2 Revoca assembleare e conferma tacita dell’incarico
216
2. Revoca giudiziale
216
2.1 Le cause di revoca giudiziale
217
2.1.1 Provvedimenti giudiziali eccedenti le proprie attribuzioni
217
2.1.2 Omessa presentazione del rendiconto di gestione
217
2.1.3 Revoca per gravi irregolarità
218
3. La revoca giudiziale ed il preventivo passaggio assembleare
219
4. Il procedimento di revoca
220
5. Revoca, nuova nomina e la prorogatio
220
6. Revoca giudiziale e impossibilità di nuova nomina
221
7. Revoca e risarcimento del danno
221
8. Responsabilità civile: cenni
221
8.1 Responsabilità e tentativo di mediazione
222
8.2 Cose in custodia, responsabilità del condominio e rivalsa sull’amministratore
222
9. Responsabilità penale: cenni
Capitolo 12. Le dimissioni e il passaggio di consegne.
1. Le dimissioni e la convocazione dell’assemblea
223
224
224
2. Dimissioni e prorogatio224
3. Dimissioni e ricorso all’Autorità Giudiziaria
225
1. Preventivo di gestione 226
2. Richiesta compenso dopo nomina
229
3. Targa condominiale
231
4. Comunicazione dei dati al momento dell’accettazione dell’incarico (se non s’è provveduto ad
inviarli con il preventivo o al momento della richiesta di compenso seguente la nomina)
232
5. Comunicazione ai fornitori dell’assunzione dell’incarico di amministratore
233
6. Richiesta bonaria di consegna della documentazione al precedente amministratore 234
7. Lettera di messa in mora per la documentazione al precedente amministratore 235
8. Ricorso ai sensi dell’art. 700 del codice di procedura civile per la consegna della documentazione
condominiale 236
9. Verbale di passaggio di consegne
238
10. Provvedimento dell’amministratore
239
11. Modello dell’atto di contestazione di un provvedimento dell’amministratore ex art. 1133 c.c.
240
12. Modello di ricorso giudiziale per l’annullamento di un provvedimento dell’amministratore ex
art. 1133 c.c.
241
13. Richiesta di accesso alla documentazione condominiale da parte del condomino e relativa
richiesta di copia degli atti
243
14. Messa in mora a seguito di mancata risposta alla richiesta di accesso alla documentazione
condominiale da parte del condomino 244
15. Modello di richiesta della documentazione condominiale predisposto dall’ufficio
dell’amministratore245
16. Lettera di richiesta per la compilazione del registro di anagrafe condominiale e scheda anagrafica
246
SCHEDA ANAGRAFICA CONDOMINIALE
247
INFORMATIVA AI SENSI DELL’ART. 13, L. 196/03 SULLA TUTELA DEI DATI PERSONALI
249
17. Comunicazione dell’atto di compravendita ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c.
250
18. Lettera di messa in mora per omesso pagamento dei contributi condominiali 251
19. Lettera di messa in mora per omesso pagamento dei contributi condominiali con contestuale
comunicazione di prossima sospensione dei servizi comuni
252
20. Lettera di richiesta somme per un’azione di recupero del credito
253
21. Ricorso per decreto ingiuntivo di pagamento ex art. 63 disp. att. c.c.
254
22. Richiesta del condomino rivolta all’amministratore di corretta applicazione dei criteri legali
256
23. Lettera di sollecito per la convocazione dell’assemblea al fine di discutere sul rendiconto 257
24. Contratto di appalto per la pulizia degli spazi comuni
258
25. Lettera per la disdetta del servizio di pulizia delle parti comuni
260
26. Richiesta all’impresa di pulizie di informazioni sull’iscrizione alla C.C.I.A.A.
261
27. Contratto per la prestazione del servizio di giardinaggio
262
28. Lettera per la disdetta del servizio di manutenzione del giardino condominiale
264
29. Richiesta dell’amministratore al Comune degli interventi in relazione alle servitù di uso
pubblico265
30. Richiesta dell’amministratore al proprietario del fondo vicino per chiedere l’accesso per
l’esecuzione opere di manutenzione
266
31. Richiesta del nome dei condomini morosi
267
32. Comunicazione del nome dei condomini morosi
268
33. Richiesta di ammissione allo stato passivo
269
34. Segnalazione alla pubblica autorità di rumori intollerabili dagli edifici limitrofi
270
35. Querela per reati contro il disturbo e le occupazioni delle persone
271
36. Querela per reati contro le parti comuni
272
38. Avviso di convocazione ex art. 1117-ter c.c.
274
39. Avviso di convocazione per deliberazione in merito all’assegnazione dell’incarico di revisione
contabile275
40. Richiesta di convocazione dell’assemblea straordinaria da parte dei condomini ai sensi dell’art.
66 disp. att. c.c.
276
41. Autoconvocazione a seguito di richiesta ai sensi del primo comma dell’art. 66 disp. att. c.c.
277
42. Richiesta di convocazione dell’assemblea straordinaria da parte di uno o più condomini per la
discussione sulle innovazioni ai sensi dell’art. 1120, secondo comma, c.c.
279
43. Richiesta all’amministratore di evitare o svolgimento delle assemblee in determinati giorni ed
orari280
44. Delega a partecipare all’assemblea di condominio così detta in bianco
281
45. Delega a partecipare all’assemblea di condominio con indicazione di voto
282
46. Verbale assemblea condominiale
283
47. Delibera di assegnazione dell’incarico di revisione contabile
284
48. Delibera di approvazione del rendiconto
285
49. Delibera di approvazione del rendiconto modificato
286
50. Delibera di scelta dell’impresa per la pulizia delle parti comuni
287
51. Delibera di scelta dell’impresa per i servizi di giardinaggio
289
52. Delibera ai sensi dell’art. 1117-ter c.c.
291
53. Delibera di regolamentazione degli orari, del luogo e dei giorni di svolgimento dell’assemblea
292
54. Delibera di costituzione di un fondo speciale di pari all’importo all’ammontare dei lavori 293
55. Delibera di approvazione di un regolamento condominiale
294
56. Delibera di sostituzione di altra decisione assembleare
295
57. Avviso di convocazione assemblea ordinaria del supercondominio
296
58. Delibera dell’assemblea ordinaria del supercondominio
297
59. Comunicazione del rappresentante del condominio rispetto alle decisioni prese nel
supercondominio298
60. Ricorso per la nomina giudiziale dell’amministratore di condominio
299
61. Ricorso per la revoca giudiziale dell’amministratore di condominio
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62. Regolamento condominiale
301
63. Lettera di messa in mora dell’amministratore revocato per il risarcimento del danno
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64. Lettera di dimissioni e contestuale convocazione dell’assemblea per la nomina di nuovo
amministratore305
APPENDICE NORMATIVA
306
Capitolo 1. Iniziare ad amministrare
1. Amministrazioni condominiali: i dati di un fenomeno indefinito
Quanti avvocati esercitano la professione forense in Italia? Quanti medici, quanti ingegneri, quanti
biologi, quanti veterinari, quanti architetti? Per rispondere a queste domande è sufficiente scartabellare
qualche statistica ufficiale per trovare velocemente risposta.
Quanti sono gli amministratori di condominio in Italia? Il responso al quesito, in questo caso,
non può essere certo. Si può sapere con certezza il numero di portieri (parliamo sempre di persone
che lavorano nell’ambito della legalità), il numero d’imprese abilitate ad effettuare l’attività di pulizia,
i manutentori di ascensori ed in generale le ditte abilitate a manutenere determinati impianti, ma non
il numero esatto di amministratori condominiali. Non esiste e mai s’è pensato di farlo, un censimento
degli amministratori immobiliari. Non c’è certezza sul numero dei condominii esistenti in Italia (non
tutti si sono dotati del codice fiscale), figurarsi se ve ne può essere sul numero degli amministratori.
Allora bisogna affidarsi alle elaborazioni dei dati noti. Il “2°rapporto Censis-Anaci” (datato marzo
2006), sulla base di una serie di proiezioni statistiche e dati stimati è arrivato a concludere che
nel nostro paese si possa ipotizzare un universo di oltre 900.000 condomini; dei quali 740.000
con codice fiscale e 330.000 con presentazione di un modello 770. In questo contesto la figura
dell’amministratore è presente in circa un terzo delle compagini di cui si stima l’esistenza.
“Se l’osservazione viene spostata sul fronte degli amministratori – si legge nel rapporto citato – in attesa
che un successivo studio esamini in dettaglio l’articolazione della professione, è possibile comunque pervenire
ad una ripartizione così articolata:
• 41.000 professionisti per complessivi 328.000 condomìni amministrati (modello 770);
• di questi almeno 5.000 amministrano un solo condominio [...]”
(2° rapporto Censis-Anaci, marzo 2006).
Quarantuno mila professionisti. Che cosa vuol dire? Che come per avvocati, ingegneri, ecc. anche
gli amministratori hanno dovuto conseguire un diploma di laurea per poi abilitarsi all’esercizio della
professione attraverso un esame di stato? Le cose non stanno propriamente così. Per professionisti
s’intende persone che gestiscono condomini traendo da quegli incarichi il loro sostentamento.
Insomma persone che vivono di quel lavoro. Tutto qui. Rebus sic stantibus: chi può assumere l’incarico
di amministratore di condominio?
2. I requisiti per l’amministrazione di un condominio alla luce della legge n.
220/2012
Di fronte all’affermazione in base alla quale “per amministrare un edificio è sufficiente esclusivamente
aver raggiunto la maggiore età e quindi essere in possesso della piena capacità d’agire”, tantissime persone
restavano letteralmente basite. Usiamo il verbo al passato poiché oggi le cose sono cambiate. In meglio
o in peggio? Le valutazioni le proporremo alla fine, in primis è decisamente più utile comprendere
chi può amministratore un condominio. Due le date che fungono da spartiacque: 18 giugno 2010
(vedi infra Par. 4) e 18 giugno 2013. Partiamo da quest’ultima. Il 18 giugno 2013 è entrata in vigore
la legge n. 220/2012, intitolata modifiche alla disciplina del condominio negli edifici, ai più nota come
riforma del condominio. Ebbene questa legge ha introdotto nelle disposizioni di attuazione del
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codice civile, tra le varie, una norma, l’art. 71-bis che recita:
Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio coloro:
1. che hanno il godimento dei diritti civili;
2. che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della
giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge
commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;
3. che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta
la riabilitazione;
4. che non sono interdetti o inabilitati;
5. il cui nome non risulta annotato nell’elenco dei protesti cambiari;
6. che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;
7. che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in
materia di amministrazione condominiale.
I requisiti di cui alle lettere f ) e g) del primo comma non sono necessari qualora l’amministratore sia
nominato tra i condomini dello stabile.
Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo V del libro
V del codice. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli
amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a
favore dei quali la società presta i servizi.
La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primo comma comporta la cessazione
dall’incarico. In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l’assemblea per la
nomina del nuovo amministratore.
A quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell’arco dei
tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è consentito lo svolgimento
dell’attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f ) e g) del primo comma.
Resta salvo l’obbligo di formazione periodica (art. 71-bis disp. att. c.c.).
Tornando al parallelo fatto nel paragrafo precedente, si può vedere che decidere d’intraprendere
l’attività di amministratore condominiale sia sicuramente meno impegnativo di quella necessaria
per abilitarsi alla professione di avvocato, medico, ingegnere, ecc. ma che, rispetto alla normativa
previgente, s’è posto qualche punto fermo anche in questo settore.
2.1 Godimento dei diritti civili
Che cosa vuol dire che per assumere l’incarico di amministratore è necessario avere godimento
dei diritti civili? In buona sostanza significa avere la piena capacità giuridica, ossia la libertà di
compiere atti giuridici senza alcuna limitazione.
Chi può certificare ciò? E’ sufficiente un’autocertificazione? Molto spesso si vive una sorta
d’inebriamento da autocertificazione, come se ognuno di noi avesse la possibilità di certificare
qualunque cosa a chicchessia. Le cose non stanno così. Esiste un decreto, esattamente il d.p.r. 445/2000
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che, agli artt. 40 e ss., specifica chiaramente cosa ed in che contesto può essere autocertificato (Giù le
carte! Come eliminare i certifcati inutili. Guida all’autocertificazione.). In breve: le autocertificazioni
valgono solamente nei rapporti con le pubbliche amministrazioni. Tizio può autocertificare al Comune
Beta, al quale sta presentando domanda di partecipazione ad un concorso (o magari di richiesta di
concessione d’un beneficio), di essere in possesso di godimento dei diritti civili (art. 46 d.p.r. n.
445/2000), ma lo stesso Tizio nei rapporti con i privati deve dimostrare le sue affermazioni con, come
si suole dire, le carte alla mano. Insomma se a Tizio viene proposto di amministrare un condominio
e se l’assemblea gliene fa domanda, non è sufficiente l’autocertificazione ma si rende necessaria
la certificazione del godimento dei diritti civili rilasciata dagli uffici competenti.
Tale attestazione può essere rilasciata dall’Autorità Giudiziaria attraverso un certificato. Nel certificato
di godimento dei diritti civili è attestato che, nei cinque anni precedenti la richiesta, nei confronti
del richiedente non sono stati emessi provvedimenti di interdizione, inabilitazione o fallimento e
che non sono in corso procedure aventi lo stesso oggetto. Il certificato di godimento dei diritti civili
non può essere rilasciato a persone diverse dall’interessato a meno che non si tratti di persona da
questo incaricata con delega contenuta nella domanda. In tal caso è necessario presentare assieme alla
domanda copia del documento d’identità del delegante e della persona delegata. La domanda, infine,
deve essere sempre firmata dall’interessato (anche nel caso di richiesta per delega). Si può ottenere
copia del certificato in esame presso il tribunale del luogo di residenza dell’interessato.
2.2 Assenza di condanne penali
Per amministrare un condominio non bisogna aver avuto “grane con la giustizia”. Insomma per
assumere l’incarico non si deve essere stati condannati…per alcuni tipi di reato. E’ chiara in tal senso
la lettera b) del primo comma dell’art. 71-bis disp. att. c.c., a mente della quale possono assumere
l’incarico di amministratore color che:
“non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della
giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina
la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni”
Vale la pena comprendere, più nello specifico, a quali reati fa riferimento questo articolo. Per delitti
contro la Pubblica amministrazione contro l’amministrazione della giustizia, contro la fede pubblica
e contro il patrimonio, il riferimento è ai reati sanzionati dai Titoli secondo (artt. 314-360), terzo
(artt. 361-401), settimo (artt. 453-498) e dodicesimo (artt. 624-649) del Libro secondo del codice
penale.
Esempi
Non può assumere l’incarico di amministratore chi è stato condannato per i delitti di peculato,
concussione o corruzione che sono reati contro la pubblica amministrazione. Lo stesso dicasi per chi
è stato condannato per calunnia, reato contro l’amministrazione della giustizia, per fabbricazione
di monete false, reato contro la fede pubblica, o per furto o appropriazione indebita, classici delitti
contro il patrimonio. Le incompatibilità nel caso di sanzioni penali non si fermano qui. Il Legislatore,
infatti, non ha usato solamente il riferimento a specifiche tipologie di delitti ma ha anche guardato
alla gravità dell’offesa in termini di pena comminabile. Così facendo sono da ritenersi impossibilitati
ad assumere l’incarico di amministratore tutti coloro i quali siano stati condannati, ad esempio,
per omicidio volontario (art. 575 c.p.) o per violenza sessuale (art. 609 c.p.). Possono amministrare
invece, coloro che sono stati condannati per sequestro di persona (pena minima otto mesi, art. 605
c.p.) o per atti persecutori (il così detto stalking, art. 612-bis c.p., pena minima sei mesi).
Deve ritenersi, in assenza di specifiche contrarie disposizioni, che l’intervenuta riabilitazione del
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condannato, facendo venire meno “ogni altro effetto penale della condanna” (art. 178 c.p.) consenta
di riappropriarsi della facoltà d’assumere l’incarico di amministratore (cfr. anche Cass. SS.UU.
20.04.1994).
2.3 Misure di prevenzione
Non possono amministrare coloro i quali sono stati “sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive,
salvo che non sia intervenuta la riabilitazione”. Misure di prevenzione sono quei provvedimenti
emessi dall’Autorità Giudiziaria volti a contrastare l’asserita pericolosità d’una persona, per la cui
applicazione non è necessaria una condanna (per l’appunto si parla di misure preventive). Possono
essere personali (es. sorveglianza speciale) o patrimoniali (sequestro, confisca). Una persona cui è stata
imposta la misura della sorveglianza speciale, ad esempio, può assumere l’incarico di amministratore
condominiale solamente se sia intervenuta riabilitazione.
2.4 Interdizione e inabilitazione
Non possono assumere l’incarico di amministratore di condominio gli interdetti e gli inabilitati.
Si tratta di misure che limitano la capacità di agire (es. firma di contratti, disposizioni patrimoniali
in genere) e che riguardano soggetti con particolari patologie o che comunque sono incappati in
problemi con la giustizia.
2.5 Protesto e amministrazione condominiale
Di protesti l’Italia è piena, si potrebbe parafrasare in questo modo un vecchio detto. Se non è proprio
così, sicuramente grazie alla legge n. 220/2012 (la così detta riforma del condominio), la persona il cui
nome sia finito nell’elenco dei protesti cambiari non può assumere l’incarico di amministratore. Cos’è
l’elenco dei protesti? E’ un documento tenuto dalle Camere di Commercio nel quale è annotato il
nome delle persone che non hanno pagato le cambiali (cfr. R.d. n. 1669/1933 e L. n. 480/95). La
cancellazione dal registro fa venir meno la causa ostativa all’assunzione dell’incarico.
2.6 Istruzione dell’amministratore
Prima dell’entrata in vigore della legge n. 220/2012 (ed ancora oggi sia pur in ben determinati casi),
certificazione dell’istruzione e amministrazione condominiale erano due mondi a se stanti. Poteva
assumere l’incarico di amministratore il laureato, al pari di chi non aveva nemmeno il diploma di
scuola elementare. Dal 18 giugno 2013, data di entrata in vigore della così detta riforma, possono
assumere incarichi di amministratore solamente coloro i quali “hanno conseguito il diploma di scuola
secondaria di secondo grado”. Nel prosieguo ci soffermeremo sul regime delle eccezioni perché, come
s’è accennato, non tutti gli amministratori devono essere in possesso di questo requisito.
2.7 Formazione iniziale ed aggiornamento
Dal 18 giugno 2013, è questa probabilmente la novità che ha portato maggiori discussioni ed incertezza,
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può assumere l’incarico di amministratore solamente chi ha frequentato un corso di formazione
iniziale e svolge attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale (art.
71-bis, primo comma lett. g), disp. att. c.c.).
3. Il corso di formazione iniziale e di aggiornamento
La legge n. 220/2012 ha inserito nelle disposizioni di attuazione del codice civile l’art. 71-bis che,
tra le altre cose, prevede che possano assumere incarichi solamente quelle persone che abbiano
seguito (e superato) un corso di formazione iniziale e che poi, durante la propria attività, abbiano
anche seguito dei corsi di aggiornamento periodici.
Uniche eccezioni per questi requisiti:
a) essere un amministratore interno, ossia amministrare un edificio nel quale s’è proprietari di un’unità
immobiliare;
b) per chi ha amministrato per almeno un anno tra il 18 giugno 2010 ed il 18 giugno 2013, non c’è
bisogno del corso di formazione periodica.
L’art. 71-bis disp. att. c.c. non contiene alcun’altra indicazioni in merito ai tali corsi. È stato necessario
un nuovo intervento del legislatore, con la legge n. 9/2014 (di conversione del così detto decreto
destinazione Italia) e quindi il d.m. n. 140/14, approvato sulla scorta di quanto stabilito in questa
legge, per fare chiarezza sulla materia.
Il decreto ministeriale, altrimenti detto Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle
modalita’ per la formazione degli amministratori di condominio nonche’ dei corsi di formazione per
gli amministratori condominiali, contiene le norme che riguardano le modalità di svolgimento di tali
corsi, la loro durata, nonché i requisiti dei formatori e dei così detti responsabili scientifici, ossia di
coloro che certificano la rispondenza del corso alle regole dettate dal suddetto decreto ministeriale.
Chi decidesse d’intraprendere l’attività di amministratore condominiale, quindi, a partire dal 9
ottobre 2014, data di entrata in vigore del decreto, deve seguire un corso di formazione iniziale
della durata di almeno 72 ore, delle quali almeno un terzo dedicate a esercitazioni pratiche, i cui
formatori ed il cui responsabile scientifico devono possedere specifiche competenze in materia di
amministrazione condominiale o sicurezza degli edifici. I corsi di formazione iniziale possono essere
seguiti in via telematica, ma l’esame finale deve tenersi nella sede indicata dal responsabile scientifico.
È a quest’ultimo (che il regolamento specifica debba essere scelto tra avvocati, professionisti dell’area
tecnica – ingegneri, geometri, ecc. – magistrati o professori anche in pensione purché tutti esperti nel
diritto condominiale o nella sicurezza degli edifici) che spetta il compito di verificare la rispondenza
del corso ai dettami ministeriali, nonché la certificazione delle competenze dei formatori. Questi
ultimi possono essere scelti tra persone in possesso della laurea anche triennale, professionisti dell’area
tecnica, e professori che abbiano al loro attivo almeno due pubblicazioni con codice ISBN in materia
di diritto condominiale o di sicurezza degli edifici. Sia i responsabili scientifici che i formatori devono
essere in possesso dei requisiti di onorabilità che coincidono con quelli che deve possedere ch’intende
assumere incarichi di amministrazione condominiale.
L’inizio del corso dev’essere comunicato, al massimo entro la data di partenza, al ministero tramite
indirizzo pec ad un indirizzo pec del ministero appositamente dedicato.
Chi intenda seguire un corso di formazione iniziale, quindi, deve verificare che l’organizzatore si sia
rivolto ad un responsabile scientifico e che l’inizio sia stato correttamente comunicato.
Corsi di aggiornamento
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Il d.m. n. 140/2014, all’art. 5, prevede che l’obbligo di aggiornamento dell’amministratore ha
cadenza annuale e che i corsi debbano avere la durata di almeno quindici ore e che si tengano sugli
elementi in materia di amministrazione condominiale, sull’evoluzione normativo giurisprudenziale,
nonché sulla risoluzione di casi teorico pratici. I corsi devono essere tenuti da formatori esperti in
materia condominiale e sovraintesi da un responsabile scientifico. Queste figure devono essere le
stesse previste per i corsi di formazione iniziale. Come per i corsi di formazione iniziale, anche per
quelli di aggiornamento deve tenersi un esame finale e deve essere inviata preventiva o contestuale
comunicazioni d’inizio al Ministero di Giustizia. I corsi possono essere tenuti in via telematica, ma
l’esame finale deve svolgersi nella sede indicata dal responsabile scientifico.
Non hanno alcun valore legale ai fini della formazione periodica disciplinata dal d.m. n. 140/2014
singoli eventi formativi della durata di poche ore (es. mezza giornata) se non inserite nell’ambito di
un corso di aggiornamento di almeno 15 ore che si chiuda con un esame finale.
3.1 Formazione dell’amministratore e la legge sulle professioni non regolamentate
Esistono alcune professioni, ad esempio quella di avvocato, ingegnere, medico, architetto, geologo,
commercialista, ecc., che vengono dette professioni regolamentate. Per esercitare l’attività forense
è necessario conseguire una laurea, frequentare lo studio d’un avvocato per il così detto periodo di
pratica, e dopo di che sostenere e superare un esame di Stato. Altre professioni, quelle che sono emerse
e si sono sempre più affermate e diffuse nel corso degli ultimi anni, possono essere esercitate senza
particolari abilitazioni. Si pensi all’attività d’interprete e traduttore, al programmatore di siti web, ecc.
Si tratta delle professioni non organizzare in albi o collegi, le così dette professioni non regolamentate.
Queste, dal gennaio del 2013, hanno una legge di riferimento (la legge n. 4 del 14 gennaio 2013) che
ne disciplina alcuni aspetti. Innanzitutto la definizione. Che cosa deve intendersi per professioni
non organizzare in albi o collegi? L’art. 1, secondo comma, della legge n. 4, afferma che “si intende
l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi,
esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di
questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’art.
2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e
di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative”. La professione non regolamentata può avere
qualcosa in comune con il lavoro autonomo, il lavoro imprenditoriale ed anche con le professioni
regolamentate pur non invadendone il campo. Indubbiamente non sempre è semplice individuare chi
possa definirsi professionista ai sensi della legge n. 4 del 2013 ma pare possano sorgere pochi dubbi sul
fatto che l’amministratore di condominio debba essere considerato tale. La legge prevede un articolato
meccanismo di certificazione delle associazioni di categoria dei professionisti e, di conseguenza,
anche di coloro che vi partecipano. Tenendo presenti queste considerazioni ed anche in ragione delle
obiettive difficoltà a dare forma alla nozione e pratica attuazione di formazione iniziale e periodica
imposta dalla legge n. 220/2012, in molti hanno ipotizzato che la soluzione fosse da rintracciare
nell’interpretazione sistematica delle due norme di legge. Insomma una conclusione del genere: le
associazioni iscritte negli elenchi ministeriali di cui alla legge n. 4 o comunque quelle che hanno
richiesto ed ottenuto la certificazione UNI possono tenere corsi di formazione iniziale e periodica per
gli amministratori di condominio. C’è un “però”: la legge n. 4/2013 si base sull’autoregolamentazione
volontaria delle così dette professioni non regolamentate, mentre la legge n. 220 prevede una vera e
propria barriera all’assunzione degli incarichi ma non dice, né implicitamente, né esplicitamente, che
i famigerati corsi iniziali e periodici possano essere tenuti solamente dalle associazioni di cui sopra.
In buona sostanza sulla formazione urgono norme attuative per evitare che un mercato libero
si trasformi in una giungla in cui l’unico obiettivo è il profitto dei formatori e non la qualità
della formazione degli amministratori e quindi la garanzia per i consumatori (in questo caso i
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condomini).
Così scrivevamo prima dell’entrata in vigore del decreto legge 23 dicembre 2013 n. 145. Vediamo,
allora, come cambierà la situazione nel vigore di questa nuova legge.
4. Regime delle eccezioni ai requisiti per l’assunzione dell’incarico
Inserire delle limitazioni per l’assunzione dell’incarico di amministratore condominiale senza tener
conto che tantissime persone (si stima più di quarantamila) fanno di questi incarichi una vera e
propria prima ed unica professione avrebbe significato rischiare di compromettere molte carriere e
di conseguenza mettere in difficoltà i diretti interessati nonché le strutture e, magari, intere famiglie.
Sicuramente queste considerazioni sono state tenute in debito conto dal Legislatore che ha previsto
una serie di eccezioni, alcune delle quali anche criticabili.
Partiamo dagli amministratori
che già esercitavano questa professione al momento di entrata in vigore della così detta riforma del
condominio. L’art. 71­-bis, quinto comma, disp. att. c.c. prevede che:
A quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell’arco dei
tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è consentito lo svolgimento
dell’attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f ) e g) del primo comma.
Resta salvo l’obbligo di formazione periodica.
E’ qui che torna utile il riferimento al 18 giugno 2010 di cui s’è fatto cenno nel Par. 2. Bisogna aver
amministrato per almeno un anno nei 3 anni precedenti al 18 giugno 2013 (data di entra in vigore
della legge) per non dover possedere i seguenti requisiti:
1.
diploma di scuola secondaria di secondo grado;
2.
frequenza (e superamento) del corso di formazione iniziale.
Che cosa vuol dire esattamente “aver svolto l’attività di amministratore di condominio”?
E’ necessario aver amministrato almeno un condominio per almeno un anno (di gestione) tra
il 18 giugno 2010 e il 18 giugno 2013, oppure basta aver aperto la partita IVA per l’esercizio di
quell’attività. Per completezza si precisa che Il codice attività da indicare quando si attiva una
partita IVA è il 68.32.00 specificamente destinato ad Amministrazione di condomini e gestione di
beni immobili per conto terzi (cfr. sul punto l’ultima guida pubblicata dell’agenzia delle entrate
“Condominio: Adempimenti e agevolazioni fiscali”, del 2007 e quindi in parte non in linea con
quanto stabilito dalla legge n. 220/2012). Ad avviso di chi scrive un conto è la regolarizzazione
fiscale della posizione dell’amministratore, altro l’effettiva amministrazione. Che cosa vuol dire ciò?
Un esempio chiarirà il concetto. Se si desse per buona la tesi che “l’esercizio dell’attività debba fare
riferimento alla partita IVA”, allora si dovrebbe concludere che nessun amministratore così detto
interno (quello che amministra un condominio nel quale è proprietario di un’unità immobiliare)
possa assumere incarichi di gestione di altri condomini perché magari negli ultimi 3 anni ha gestito
solo la compagine in cui abitava senza necessità di attivare una partita IVA. Per questi soggetti resta
comunque obbligatoria la formazione periodica. Proprio il riferimento ai così detti amministratori
interni, ci consente di passare ad esaminare l’altra eccezione ai requisiti previsti per l’assunzione
dell’incarico. A mente del secondo comma dell’art. 71-bis disp. att. c.c.:
I requisiti di cui alle lettere f ) e g) del primo comma non sono necessari qualora l’amministratore sia
nominato tra i condomini dello stabile.
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Quindi il così detto interno, ossia il proprietario di un’unità immobiliare nel condominio, non solo
non deve avere conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado ma non deve nemmeno
aver frequentato il corso iniziale né deve frequentare quelli di formazione periodica. La norma non
passa esente da critiche. Spieghiamo perché. Una persona che, fortuna sua (o sfortuna se si guarda
all’IMU), è proprietaria di dieci, venti o trenta unità immobiliari in altrettanti edifici è da ritenersi
condomino dello stabile e quindi astrattamente in grado di amministrare tutte le compagini alle
quali partecipa senza avere alcuno dei requisiti necessari, contrariamente, a chi ha iniziato l’attività
di amministratore di condominio dopo l’entrata in vigore della riforma. Come se bastasse essere
proprietari per sapere come si amministra. La legge sul punto poteva essere scritta in modo decisamente
migliore.
1.4 Un caso limite: l’amministratore-avvocato
L’avvocato iscritto all’ordine e che esercita regolarmente la professione forense può assumere l’incarico
di amministratore condominiale?
La domanda è chiara e riguarda la compatibilità tra due professioni. La risposta è incerta, perché la
legge sull’ordinamento forense non è molto chiara o meglio è generica e di tale genericità ha dato
dimostrazione il Consiglio Nazionale forense con due interpretazioni agli antipodi. La querelle
nasce per due motivi. In primis c’è la legge forense (l n. 247/2012), la nuova legge firmata dal Capo
dello Stato sul finire del 2012. All’art. 18 del suddetto provvedimento, è specificato che la professione
di avvocato è incompatibile con:
“con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse
quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l’esercizio dell’attività di notaio. È
consentita l’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti
e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro” (art. 18, , primo comma lett. a),
l. n. 247/2012).
In questo contesto normativo sono state pubblicate sul sito istituzionale del Consiglio Nazionale
Forense (C.N.F.), all’inizio di febbraio del 2013, una serie di F.A.Q. (Frequently asked questions
, ossia domande poste frequentemente) cui ha dato risposta l’Ufficio studi del summenzionato
Consiglio nazionale.
Una di queste, l’ultima, la n. 32, recitava:
L’esercizio della professione è compatibile con l’attività di amministratore di condominio?
La risposta non lasciava adito a dubbi: No, in quanto costituisce altra attività di lavoro autonomo,
svolta necessariamente in modo continuativo o professionale. Tale circostanza risulta confermata, altresì,
dalla nuova disciplina in materia di professioni regolamentate (L. n. 4/2013) che conferisce dignità e
professionalità alle categorie dei professionisti senz’albo. Sebbene non vengano meno i requisiti di autonomia
ed indipendenza, che hanno sinora consentito di considerare compatibile l’attività di amministratore di
condominio con l’esercizio della professione, la riforma ha innovato profondamente la disciplina vigente,
escludendo che l’avvocato possa esercitare «qualsiasi attività di lavoro autonomo svolta continuamente o
professionalmente», con eccezioni indicate in via tassativa – quali attività di carattere scientifico, letterario,
artistico e culturale – ovvero con l’iscrizione nell’albo dei commercialisti ed esperti contabili, nell’elenco
dei pubblicisti, nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro (art. 18, co. 1 lett. a).
Apriti cielo! Come si suol dire. La risposta ha fatto alzare la protesta dei tanti, tantissimi amministratoriavvocati, alle volte nominati dagli stessi Tribunali. Il C.N.F. ha fatto parziale marcia indietro facendo
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sparire il quesito e la risposta. Il 20 febbraio, è qui si ha il cambio di direzione (rectius di idea), la
commissione consultiva del C.N.F. stabilisce che, a suo modo di vedere non c’è nessuna incompatibilità
tra l’attività di amministratore e quella di avvocato. Anzi “anche quando il riferimento alla svolgimento
in forma professionale dovesse intendersi come allusione ad un modo di esercizio di un’attività che richiede
competenze, un minimo di qualificazione e rappresentante fonte reddituale, la riconducibilità dell’attività
all’area del mandato e di quest’ultimo ad una modalità di esercizio della professione forense, finisce
per riferire a quest’ultima il citato requisito” (Estratto del verbale della Commissione consultiva del
Consiglio nazionale forense Seduta del 20 febbraio 2013; rel. Cons.Avv. Ubaldo Perfetti). In buona
sostanza per ora non c’è nessuna incompatibilità anche se la strada che s’è deciso di seguire è davvero
stretta e nulla vieta che si possa tornare alla soluzione originaria.
5. Amministratore persona fisica o giuridica?
L’amministratore di un condominio dev’essere una persona fisica o l’incarico può essere affidato
anche ad una persona giuridica (leggasi società di capitali)?
Prima dell’entrata in vigore della riforma la legge non dava soluzione al quesito. Per trovare risposte,
quindi, era necessario scandagliare nel mare delle sentenze condominiali. La Cassazione, inizialmente,
riteneva che
“la disciplina del condominio sembra presupporre necessariamente la figura dell’amministratore come
persona fisica […] tale conclusione si impone proprio considerando che l’incarico ad amministrare va
inquadrato nell’ambito del contratto di mandato, che è un istituto basato essenzialmente sulla fiducia”
(Cass. 9 giugno 1994, n. 5608). Qualche anno più tardi, come spesso accade, i giudici di piazza
Cavour ribaltarono completamente il proprio orientamento (revirement, si dice in gergo giuridico),
affermando che “non esistendo alcuna disposizione di legge, la quale abbia escluso che la persona giuridica
possa esercitare l’incarico di amministratore di condominio, la soluzione della questione, che non può essere
decisa con una precisa disposizione di legge e nemmeno avendo riguardo alle disposizioni che regolano casi
simili o materie analoghe, deve ricavarsi dai principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato (art.
12 preleggi)” e che in questo contesto non si può non concludere che “anche una persona giuridica può
essere nominata amministratore del condominio negli edifici, posto che il rapporto di mandato istituito nei
confronti delle persone suddette, quanto all’adempimento delle obbligazioni ed alla relativa imputazione
della responsabilità, può essere caratterizzato dagli stessi indici di affidabilità, che contrassegnano il
mandato conferito ad una persona fisica” (Cass. 24 ottobre 2006 n. 22840).
La legge n. 220/2012 ha inteso ribadire quest’ultimo
orientamento. L’art. 71-bis disp. att. c.c., che come abbiamo avuto modo di vedere si occupa della
figura dell’amministratore, al terzo comma specifica che:
“Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo V del libro
V del codice. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli
amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a
favore dei quali la società presta i servizi”.
Caso pratico
La società Alfa s.p.a. viene nominata amministratrice del condominio Beta. I requisiti di onorabilità,
istruzione e formazione richiesti per le persone fisiche dovranno essere posseduti dalle persone indicate
nella norma testé citata. In buona sostanza
così facendo s’è voluto evitare che le società potessero non possedere i requisiti richiesti dalla legge
per gli altri amministratori.
Caso pratico 2
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Che cosa accade se la società è proprietaria di un’unità immobiliare in un edificio in condominio e viene
nominata amministratrice? Come per il così detto amministratore interno persona fisica, anche per la
società non sarà necessario avere tra i propri soci e/o dipendenti persone che posseggano i requisiti d’istruzione
e formazione.
Caso pratico 3
Gestisco da anni una serie di condominii. Ho pensato di trasformare il mio studio individuale in una
società a responsabilità limitata (s.r.l.). che cosa devo fare per il passaggio di gestione da me alla società?
In casi del genere anche se si tratta di s.r.l. con unico socio corrispondente con l’amministratore in carica,
la persona fisica e la persona giuridica sono soggetti di diritto differenti. Per perfezionare il passaggio di
amministrazione in capo alla società, quindi, sarà necessario presentarsi dimissionario all’assemblea e
ottenere dai condomini la nomina come amministratore della società della quale s’è soci.
6. Perdita e mancanza dei requisiti
Un amministratore incappa in una disavventura finanziaria e il suo nome finisce nell’elenco dei
protesti. Oppure ancora un amministratore abituato a “fuggire” con le casse dei condominii
che amministra viene condannato per appropriazione indebita o ancora il mandatario della
compagine a seguito di una grave malattia viene interdetto. In casi del genere – ossia per situazioni
in cui una persona è nominata amministratore, incarico inizialmente accettato – che cosa accade?
A Dircelo è il quarto
comma dell’art. 71-bis disp. att. c.c. che recita:
La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primo comma comporta la cessazione
dall’incarico. In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l’assemblea per la
nomina del nuovo amministratore.
I requisiti sono quelli di cui s’è parlato nei paragrafi 2.1 e seguenti eccezion fatta per istruzione
e formazione (che evidentemente non possono essere perdute). Perso uno di questi requisiti,
l’amministratore decade ex lege dall’incarico, senza che sia necessario un accertamento da parte
dell’Autorità Giudiziaria. Quindi in questi casi una volta che s’è venuti a conoscenza (le modalità
sono indifferenti, ossia purché non vi siano violazioni della privacy non è necessaria la comunicazione
dell’amministratore), ciascuno dei condomini, senza formalità (quindi senza rispettare le regole
dettate per la convocazione dell’assemblea, vale a dire l’art. 66 disp. att. c.c., si veda infra Cap. X) può
convocare l’assemblea per sostituire l’amministratore decaduto ex lege dall’incarico, salvo che si tratti
di amministratore interno.
Che cosa accade se, per sbaglio o peggio ancora in malafede, uno dei condomini abbia convinto
i suoi vicini che l’amministratore ha perso i requisiti per gestire la compagine? In tali situazioni, a parte i risvolti penali della vicenda (es. il condomini potrebbe essere indagato per
truffa), l’amministratore non può far altro che chiedere un risarcimento del danno ma non esiste
uno strumento che gli consenta di impugnare la delibera per ottenere la caducazione della nuova
nomina e di conseguenza la riassunzione dell’incarico.
Non molto diverso il
caso dell’amministratore che ab origine non ha i requisiti per assumere l’incarico di gestione. Si
pensi ad una nomina di un amministratore condannato per reati contro la pubblica amministrazione
o di un personaggio senza diploma di scuola secondaria di secondo grado (che però non rientri
nella categoria di chi non deve possedere tale requisito, cfr. supra Par. 4). S’è detto appena sopra che
nell’ipotesi di perdita dei requisiti in costanza di incarico, caso nel quale l’amministratore decade
ex lege; nel caso di mancanza ab origine, la nomina dev’essere considerata invalida e quindi ciascun
condomino può provvedere, senza formalità, alla convocazione dell’assemblea per una nuova nomina.
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D’altronde se la situazione è questa per la perdita dei requisiti, perché non dovrebbe esserlo anche per
il caso di mancanza fin dall’inizio? L’amministratore che è stato nominato in tal modo, soprattutto
se ha celato l’assenza dei più volte menzionati requisiti di cui all’art. 71-bis disp. att. c.c., potrebbe
andare incontro ad una denuncia penale per truffa (art. 640 c.p.).
7. Apertura della partita IVA o costituzione di una società?
Chi è arrivato a leggere questo paragrafo senza saltare quelli precedenti si sarà già fatto un’idea che
non tutte le persone possono esercitare l’attività di amministratore condominiale (chi non l’ha fatto
lo faccia perché sapere se, di base, si può o non può iniziare quest’attività non è cosa di poco conto).
E’ necessario essere, per sintetizzare al massimo, delle persone oneste, istruite e bisogna avere una
preparazione teorica di fondo garantita da un corso di formazione iniziale e poi da quella periodica
(s’è vista in precedenza la grande confusione sulla materia supra Par. 3).“Ok – dite tra voi stessi – ho
questi requisiti, ma adesso che cosa devo fare?” La prima cosa da fare è probabilmente la più importante
per iniziare con il piede giusto, dato che riguarda i rapporti con il fisco, ed è l’attivazione di una
partita IVA. Una guida reperibile sul sito istituzionale dell’agenzia delle entrate ci dice che
“per avviare l’attività, l’amministratore deve richiedere la partita Iva entro 30 giorni dall’inizio della
stessa utilizzando, se si tratta di persona fisica, il Modello AA9/8 che si può prelevare gratuitamente dal sito
dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it) nella sezione “Modulistica”. Il codice attività da
indicare nel predetto modello è il 68.32.00 – Amministrazione di condomini e gestione di beni immobili
per conto terzi”.
Insomma se si decide che della professione di amministratore di condominio si vuol fare il lavoro di
cui vivere è necessario attivare la partita IVA. E’, comunque, sempre consigliabile farsi assistere dal
proprio commercialista di fiducia anche e soprattutto per comprendere quale regime fiscale poter
utilizzare (es. regime dei così detti minimi) o per valutare altri aspetti. Ad esempio se si amministra
un solo condominio (quello in cui si abita), l’occasionalità della prestazione rende sicuramente
superflua l’apertura della partita IVA. Ma se si posseggono dieci appartamenti in altrettanti edifici e
li si amministra tutti, approntando un organizzazione stabile per l’assolvimento dell’incarico, allora
la partita IVA sarà necessaria. Allo stesso modo l’apertura di partita IVA per lavoratore dipendente
nel settore privato pone delle problematiche di natura previdenziale che un commercialista o un
consulente del lavoro sono in grado di risolvere partendo dall’attività subordinata svolta.
Può anche capitare che chi intende iniziare l’attività di amministrazione condominiale voglia
farlo in un modo completamente differente rispetto all’impostazione “classica” che si ha come
punto di riferimento. Insomma intraprendere l’attività di amministratore condominiale non come
professionista alla stregua, sostanzialmente, d’un iscritto ad un albo, ma come imprenditore che eroga
servizi organizzati in forma d’impresa. Si pensi alla persona che voglia capitalizzare al massimo le varie
esperienze accumulate e che abbia la possibilità di porsi come erogatore di servizi al condominio. Non
solamente come amministratore ma anche come soggetto in grado di garantire la pulizia dell’edificio,
la manutenzione degli impianti, insomma un punto di riferimento unico per tutte ciò che riguarda
la gestione di un edificio. In questi casi, molto probabilmente, la forma migliore per iniziare l’attività
è quella di costituire una società di persone o di capitali. In questi casi è consigliabile (oltre che alle
volte obbligatorio) rivolgersi a professionisti (commercialisti, avvocati, notai) che abbiano l’esperienza
giusta per consigliare la forma societaria migliore (anche in relazione all’investimento che s’intende
effettuare) per iniziare l’attività d’impresa.
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8. Posizione previdenziale dell’amministratore
Gestione separata INPS. La locuzione, ai più, forse non suonerà nuova. Si tratta del regime
previdenziale e pensionistico, a cui chi intraprende l’attività di amministratore condominiale (se
questa non è attività che va a sommarsi ad altra per la quale è prevista una cassa di previdenza
specifica, es. Cassa forense, Inarcassa, ecc.) deve iscriversi.
L’obbligo di legge è stato costituito dalla cosi detta riforma Dini (legge n. 335/1995) ed in particolare
dai commi 26-32 dell’art. 2. La misura contributiva è determinata anno per anno dell’istituto nazionale
di previdenza sociale. Per il 2013 esso è pari al 27,72% del reddito netto per i così detti amministratori
puri (quelli che svolgono solamente quest’attività) e del 20% (per lavoratori soggetti ad altre forme
obbligatorie previdenziali o pensionati) (cfr. circolare numero 27 del 12-02-2013). Non raggiungere il
reddito minimo preso come parametro per il calcolo del contributo da versare (il così detto minimale)
vuol dire non vedersi considerato l’intero anno contributivo ai fini previdenziali ma solamente i mesi
per i quali s’è versato in proporzione al così detto minimale (cfr. art. 2, ventinovesimo comma, l. n.
335/1995). Il reddito minimo per il 2013 è pari ad € 15.357,00 per cui chi è iscritto solamente alla
gestione separata deve versare, per vedersi riconosciuto l’intero anno contributivo il 27,72% di tale
somma, ossia € 4.256,96. Guadagnare di meno, es. € 10.000,00 ai fini contributivi, vuol dire versare
di meno, vale a dire € 2.772 (ossia il 27,72% del reddito) ma anche vedere considerati accreditati i
contributi solo in proporzione alla somma versata e quindi non per l’intero anno. Tradotto in soldoni:
ai fini pensionistici meno si guadagna, meno si versa e più tardi si va in pensione.
L’iscrizione all’INPS è obbligatoria e non adempiere comporta l’irrogazione di sanzioni. L’iscrizione
può essere effettuata anche in modalità telematica. La complicatezza della materia previdenziale
ed il suo costante evolversi suggerisce di farsi affiancare da un esperto (molte volte lo fa lostesso
commercialista che segue la posizione fiscale) che possa consigliare nel migliore dei modi il da farsi
anche in relazione alla specifica situazione personale (es. libero professionista che ha già una posizione
previdenziale, lavoratore dipendente, pensionato, ecc.)
9. Meglio uno studio o un ufficio con vetrina sulla strada?
Attivata la partita IVA e perfezionata l’iscrizione all’INPS (naturalmente parliamo con riferimento
a chi non è iscritto ad ordini, albi o collegi comunque denominati che hanno una specifica cassa
di previdenza) è bene darsi da fare: i contributi corrono e bisogna iniziare a lavorare. Dove? In
molti iniziano ad esercitare l’attività presso la propria abitazione; molte volte, infatti, i condominii
sono dotati di sale riunioni e per gli appuntamenti ci si arrabatta presso la propria casa o magari
fissandoli sul condominio stesso. Così non va bene. Avere uno studio dove poter esercitare l’attività di
amministratore è fondamentale: al di là degli aspetti puramente pratici (la necessità di locali attrezzati
ad ospitare l’enorme mole di documenti che nel tempo si formano) e di quanto introdotto nel codice
civile dalla legge n. 220/2012 (l’obbligo di consentire la consultazione dei documenti condominiali,
dei registri e la possibilità di revoca giudiziale nel caso d’inadempimento, cfr. art. 1129 c.c. e infra
Cap. IV), la questione, per così dire, è anche d’immagine. Per carità la sostanza conta molto di
più della forma ma la seconda può essere di grosso aiuto alla prima. Non si tratta di avere il “mega
studio” al pari del professionista affermato da anni ma anche solamente una stanza che consenta di far
percepire la propria attività come qualcosa di stabile e duraturo. Ogni condomino che si affida ad un
amministratore vuole prima d’ogni cosa chiarezza nei rapporti e trasparenza nella gestione. Ricevere
i propri clienti nell’ufficio piuttosto che nel salone della propria casa aiuta anche a farsi percepire
come professionisti. E poi, come si suole dire, è consigliabile per una serie di motivi tenere distinto il
luogo di lavoro dalla propria dimora. Per carità, non vogliamo scoraggiare chi parte da zero, come in
tanti abbiamo fatto, né arrivare a sostenere che non avere un ufficio rende impossibile l’assunzione di
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incarichi. Ciò che vogliamo affermare è che il primo investimento necessario a mettere l’attività sulla
strada giusta, anche a costo di intaccare i propri risparmi è quello di dotarsi di un luogo di lavoro.
Fatte queste doverose considerazioni è necessario porsi una domanda: è meglio avere uno studio, per
così dire, classico (l’unità immobiliare con l’accesso autonomo o comunque dalle scale interne)
o è preferibile un ufficio con vetrina? Per gli avvocati, ad esempio, quest’ultima soluzione è stata
fortemente contrastata: s’è detto che offrire le proprie prestazioni professionali in tal modo è lesivo
del decoro della professione oltre che rappresentare una forma scorretta di acquisizione della clientela.
Abbiamo sostenuto “qualche rigo indietro” che la sostanza deve prevalere sulla forma che comunque
dev’esserci. È sostanzialmente scorretto acquisire un cliente se non si hanno le capacità di curare
i suoi interessi nel modo migliore. E’ formalmente e sostanzialmente auspicabile, invece, che una
persona capace ed intraprendente possa essere libera di acquisire la clientela nei modi che ritiene più
opportuni nell’ambito di una concorrenza leale, ossia fondata sul rispetto delle regole poste a garanzia
del consumatore. Decoro, onorabilità, ecc. spesso sono criteri scelti ed utilizzati per censurare, non
per altro. Cercare la giusta visibilità può essere considerato formalmente scorretto? Per fortuna degli
amministratori, questo ferreo puritanesimo non li riguarda (a meno che gli amministratori non siano
anche avvocati perché in tal caso si debbono rispettare le norme deontologiche forensi) ed allora ci
si può porre serenamente la domanda di cui sopra. La vetrina, come si diceva, dà quella visibilità che
per chi è proprio all’inizio dell’attività può dare un grosso aiuto. Visibilità, però, allo stesso modo è
sinonimo di minore tranquillità per chi ne ha necessità in particolari giornate o periodi lavorativi.
Avere una vetrina vuol dire, anche se ci si organizza per schermarla, dare maggiore possibilità di fare
capire se si è presenti in ufficio, così da rendere più difficile la netta separazione tra lavoro interno e
rapporto con la clientela. Per chi non ha un/una segretario/a non è una questione di poco conto e ci
vuole poco che il condomino pensi “ecco, l’amministratore non riceve mai, gli basta chiederci soldi!”. Il
locale con vetrina, poi, non sempre è organizzato in modo tale da avere una sala riunioni, cosa più
semplice in uno studio classico, magari anche se bilocale.
C’è poi una questione di costi. La visibilità che dà la vetrina, infatti, solitamente comporta (a parità di
tipologie) un costo superiore rispetto allo studio tradizionale. Per questo aspetto però non ci dobbiamo
subito scoraggiare. Ad esempio, suddividere gli oneri con attività simili (es. agenzie immobiliari o
assicurazioni, ecc.) potrebbe essere una soluzione per risparmiare. Certo, qualcuno potrebbe obiettare
“io non conosco un agente immobiliare, un assicuratore, ecc.). Innanzitutto bisogna “spargere la voce”
e poi, comunque, non bisogna aver timore di chiedere anche a chi non si conosce. Le relazioni sono
importanti e, come si dice spesso, è difficile “che ci si metta in casa uno sconosciuto”. Le condivisioni
di studi e in generale di spazi destinati alla professione sono sempre più diffuse, specie in periodi di
crisi economica o comunque per chi ha necessità di contenere i costi perché all’inizio dell’attività.
Studio classico o ufficio con vetrina, poi, è importante che sia ben raggiungibile e che non vi siano
troppe difficoltà per il parcheggio. Può sembrare marginale ma, invece, anche questi aspetti sono
tenuti in considerazione da chi si reca presso l’ufficio dell’amministratore. A conti fatti, soprattutto
per chi è all’inizio dell’attività, un ufficio con vetrina (da soli o in condivisione) strutturato in modo
tale da consentire la separazione netta tra attività di sportello e il così detto back office (questo
requisito è bene che sia sempre presente) potrebbe essere preferibile. Ad ogni buon conto è sempre
bene considerare tutte le variabili del caso e dare ad ognuna il giusto peso senza seguire schemi
precostituiti. Un esempio: se all’inizio dell’attività si gestiscono pochi condomini tutti raggruppati in
una zona della città e con prevalenza di persone anziane, vale la pena cercare uno studio nei pressi di
questi condomini. La prossimità è sempre ben vista e comunque soprattutto nelle città medio piccole
non diventa un ostacolo nel caso di “espansione” dell’attività anche in altri quartieri.
A questo punto mettiamo insieme il tutto in una sorta di griglia ideale che potrà essere completata
con ogni altro elemento che si vorrà tenere in considerazione.
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Studio tradizionale
Ufficio con vetrina
Prezzo massimo
Vicinanza al centro città e/o ai condomini amministrati
Raggiungibilità e parcheggi vicini
Numero di stanze (es. presenza stanza adattabile per assemblee o riunioni in generale)
Buona dislocazione dei vani
Altri elementi da tenere in considerazione a seconda delle specifiche esigenze
Presi tutti gli elementi, metteteli in ordine di priorità ed abbinateli agli immobili che avete visitato;
la scelta, a questo punto, è fatta. Un consiglio, infine, a chi è giovane (con questo termine,
giuridicamente parlando solitamente si fa riferimento a persone che non hanno superato 35 anni):
potrebbe essere utile informarsi dell’esistenza, nella propria regione, di fondi per il sostegno all’inizio
di attività autonome e, se si decide d’intraprendere l’attività di amministrazione condominiale in
forma societaria, anche di sostegno all’attività d’impresa.
10. Pubblicità e passa parola: l’amministratore imprenditore e quello professionista
Abbiamo tutti i requisiti per assumere incarichi, abbiamo attivato la partita IVA e regolarizzato
la nostra posizione previdenziale, abbiamo preso in affitto un ufficio adatto alle nostre esigenze.
Insomma tutto è pronto per iniziare l’avventura: dobbiamo farci conoscere per incrementare il
nostro volume d’affari. Amministriamo un paio di condominii (o magari nessuno) ma naturalmente
bisogna aumentare il fatturato per sostenere tutte le spese (l’affitto, l’INPS, ecc. ecc.). Come far
conoscere la nostra attività? I modi sono tanti. Gli amministratori, rispetto ad altre professioni,
non sono vincolati a rispettare norme deontologiche sulla pubblicizzazione della propria attività (le
associazioni potrebbero prevedere norme comportamentali ma mai vietare di pubblicizzarsi, altrimenti
distorcerebbero la concorrenza). Ed allora? Che cosa fare? I media da utilizzare sono molteplici. C’è
internet, prendiamo ad esempio il noto pagine professionisti di condominioweb. C’è, poi, la pubblicità
sui cartelloni stradali, la radio, la televisione, il volantinaggio, le spedizioni postali massive ed ancora
una campagna d.e.m. (direct email marketing) mirata alla zona geografica che interessa, ecc. ecc.
Insomma la pluralità di strumenti è tale e tanta che bisogna scegliere bene; si può andare a tentativi,
certamente, ma magari il nostro budget è limitato ed anche se non lo è, perché sprecarlo? Ma allora in
base a quali elementi orientare la propria azione? Si reperiscano quante più informazioni possibili sulla
città e provincia in cui si vive. Ci sono le statistiche ISTAT, quelle delle Camera di commercio e delle
Autorità Garanti. Possono essere utili anche quelle dei Comuni, specie se particolarmente dettagliate.
Come s’informano le persone? Usano di più la carta stampata, internet, la televisione? I giornali a
distribuzioni gratuita molto spesso sono letti quasi se non di più dei quotidiani “tradizionali”; questi
ultimi sono sfogliati nei bar, magari in una veloce pausa caffè. I giornali gratuiti, invece, molto spesso
restano per qualche settimana in molte zone d’Italia e spesso sono letti e riletti (in buona sostanza la
pubblicità su quel canale può essere più incisiva). Ci sono, poi, le ricerche sul web. Essere presente
in un elenco molto consultato o avere il proprio sito web possono essere ottimi modi di raggiungere
la clientela, se si sa che nella propria zona internet è uno strumento diffuso o comunque in forte
espansione. Insomma bisogna cercare di comprendere quanto più possibile il contesto in cui ci
si muove, lasciando da parte i luoghi comuni e suggestioni inutili senza trascurare il proprio
istinto. L’amministratore dev’essere preparato tecnicamente ed avere quello spirito d’intraprendenza
che dovrebbe connotare ogni lavoratore autonomo, sia esso imprenditore o professionista. In molti,
attualmente, sono orientati nel considerare quella di amministratore condominiale alla stregua di
un’attività d’impresa che offre servizi a 360 gradi e non più come un lavoro autonomo simile ad
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una professione intellettuale. Sicuramente l’impostazione è differente e suggestiva ma di fondo resta
un fatto immodificabile; fintanto che la legge non sarà modificata, l’amministratore (persona fisica
o giuridica che sia) è un mandatario dei condomini, ossia di una persona che deve compiere atti
giuridici in nome e per conto dei suoi mandati. L’imprenditore agisce per la produzione e la vendita
di beni e/o servizi nell’esclusivo interesse rappresentato dal proprio profitto che, naturalmente, deve
passare dalla soddisfazione del cliente. Cliente, per l’appunto, non mandante. La differenza può
sembrare solo nominalistica ma non è così: agire da imprenditore in campo condominiale non può
prescindere dal considerare il condomino come il proprio rappresentato e non come un cliente.
Anche nella pubblicità la differenza non è di poco conto. Pubblicizzare un’attività imprenditoriale
è cosa diversa dal far conoscere un’attività professionale. Ad ogni buon conto è bene puntare, com’è
normale che sia, sull’evidenziazione dei punti di forza (professionalità, servizi offerti, presenza, ecc.):
ci si accorgerà che essi non possono mai essere abbinati ad un basso compenso. Lo svolgimento serio
dell’attività renderà ancor più fondata quest’affermazione che non ha nulla di dogmatico. Diffidate
da voi stessi se pensate di poter amministrare bene a costi contenutissimi. In ogni caso, attenzione alle
pubblicità ingannevoli che possono essere sanzionate quali pratiche commerciali scorrette ai sensi di
quanto previsto dal Codice del Consumo (cfr. art. 20 e ss. d.lgs. n. 206/2005).
L’imprenditore o il professionista, infine, non deve mai sottovalutare la grande efficacia del così detto
“passaparola”. Amministrare bene è il primo biglietto da visita. I condomini soddisfatti dell’operato
del proprio amministratore ne parlano bene e consentono, anche se magari con una velocità minore
rispetto alla pubblicità, la diffusione del buon nome del professionista. E’ sempre fondamentale,
quindi, la cortesia, la disponibilità e la tempestività nell’ascoltare e risolvere i problemi dei condomini
(chiaramente quelli che riguardano il godimento delle parti comuni dell’edificio), facendo sempre in
modo che ciò non divenga motivo per mancanze di rispetto da parte dei più comproprietari scafati se
non addirittura prepotenti. Anche su questo punto l’esperienza aiuterà a capire i giusti limiti più di
qualunque altra indicazione teorica.
11. Esiste un limite al numero di condomini amministrabili?
La legge di modifica della disciplina del condominio negli edifici, la così detta riforma, ha previsto
un limite alla possibilità per i condomini di raccogliere deleghe. Ai sensi del primo comma dell’art.
67 disp. att. c.c., infatti,
“[…] Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini
e del valore proporzionale”.
In questo modo il Legislatore ha inteso stoppare concentrazioni di potere in capo a singoli soggetti e,
di conseguenza, decisioni prese in conflitto d’interesse (molto spesso difficilmente dimostrabile).
Questo limite
per i condomini diventa divieto assoluto per l’amministratore (art. 67 disp. att. c.c.).
Ciò
per
quanto
concerne la gestione del singolo condominio, ma più in generale per la quantità di condominii
amministrabili esistono dei limiti? Detta diversamente: esiste una quantità numerica raggiunta la
quale l’amministratore deve dire “basta, non posso assumere altri incarichi”?
No. La risposta è secca e non ci sono eccezioni. Un amministratore può essere il legale rappresentante
di uno, due o cento condominii. Naturalmente tutto è proporzionato alla sua capacità di gestire
ed organizzare il lavoro. Gestire molti condominii senza avere una struttura in grado d’assorbire
le costanti richieste vuol dire “far collassare” lo studio nel giro di poco tempo. S’immagini un
amministratore che gestisce dieci condominii tutti con dieci partecipanti. Il mandatario deve essere in
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grado di avere a che fare, potenzialmente, con cento persone al giorno. Chiaramente quasi mai è così
ma basta che in un edificio si rompa l’autoclave o l’ascensore ed è probabile che da quella compagine
si facciano sentire persone fino ad allora sconosciute. Che cosa vogliamo dire con ciò? Che sebbene
un amministratore non abbia limiti nell’assunzione d’incarichi, egli deve sempre valutare la
possibilità di far fronte alla sempre maggiore mole di lavoro cui, economicamente parlando,
non sempre corrisponde la possibilità di ampliare la struttura (di persone e di mezzi) che si ha
a disposizione per farvi fronte. Insomma niente ansie da prestazione, niente fretta di raggiungere
“grandi numeri” per apparire migliore di questo o di quel collega. Ogni cosa, nel limite del possibile,
dev’essere programmata e fatta per tempo. Per carità non sempre è facile distinguere l’occasione
da non lasciarsi sfuggire dal rischio di una fregatura; proprio perciò bisogna sempre stare attenti
ad evitare di fare il passo più lungo della gamba ed al contempo non avere paura di fare il salto (di
qualità). L’esperienza in questi casi gioca un ruolo fondamentale. Far crescere la propria attività è
fondamentale e gratificante, farla crescere bene è la scelta vincente.
12. Assicurazione: quando è utile?
Il terzo comma dell’art. 1129 c.c. specifica che
L’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione ai condomini di una polizza
individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato.
Vedremo nel prossimo capitolo in che modo l’esercizio di questa prerogativa da parte dell’assemblea
incida sul vincolo assembleare. L’assicurazione, quindi, non è obbligatoria. Se i condomini la
richiedono, però, l’amministratore deve dotarsi di una polizza individuale: che cosa significa polizza
individuale? La dottrina che s’è interrogata sul punto ha avuto modo di specificare che
“il termine polizza individuale lascia qualche perplessità interpretativa, potendosi sia riferire alle
caratteristiche della polizza del professionista che a copertura specificamente dedicata, tuttavia la natura
meramente volontaristica della richiesta consente di esimerci da grandi riflessioni: sarà l’assemblea che,
nella richiesta, dovrà specificare natura entità e massimali della polizza che richiede al professionista”
(Massimo Ginesi, La polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti
nell’esercizio del mandato; la copertura richiesta per gli esercenti attività professionali).
In buona sostanza nella libera contrattazione tra le parti, il condominio potrebbe ritenere sufficiente
la polizza sulla responsabilità civile che il professionista ha inteso stipulare. E qui arriviamo al
primo punto che merita particolare attenzione: a meno che l’amministratore non sia anche un
professionista iscritto ad un Albo (es. avvocato) egli non è soggetto ad alcun obbligo di stipula
di assicurazione per la responsabilità civile, nessuna norma glielo impone. Ciò chiarito, anche
se non obbligatoria, può essere comunque utile sottoscriverne una? Risposta: si, potrebbe esserlo.
Naturalmente non rappresentando, nemmeno surrettiziamente, gli interessi di nessuna compagnia
assicurativa, abbiamo usato il condizionale perché dalle valutazioni che svolgeremo per motivare
questa risposta, ognuno potrebbe arrivare a conclusioni opposte.
Caso pratico
Tizio è amministratore del condominio Alfa. L’ufficiale giudiziario gli notifica un atto di citazione per una
causa esorbitante dalle sue attribuzioni. Tizio, quindi, convoca l’assemblea per far deliberare sul da farsi.
Nel calcolare le date, non essendo avvocato, non si rende conto che la fissazione dell’assemblea pregiudica
la tempestiva costituzione in giudizio (cfr. art. 166 c.p.c. e infra Cap. X). Questo è un caso di errore
professionale dal quale discende un pregiudizio per il condominio. Aver stipulato una polizza può
significare utilizzarla qualora i condomini dovessero reclamare un risarcimento.
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Caso pratico 2
Caio è amministratore del condominio Beta. Egli convoca l’assemblea inviando l’avviso a tutti i condomini
presenti nell’anagrafica condominiale. Così, facendo, però commette un errore in quanto quel documento
non è aggiornato agli ultimi cambiamenti (compravendite) che gli erano stati tempestivamente comunicati.
L’assemblea si svolge regolarmente ma uno dei neo-condomini non convocati impugna la deliberazione per
omessa convocazione. L’amministratore in questo caso rischia di essere citato per responsabilità contrattuale.
Pure in un caso del genere, dunque, aver preventivamente stipulato una polizza può essere utile.
Chiaramente le polizze assicurative non coprono quei danni derivanti da fatti dolosi. Insomma
fuggire con la cassa non è mai un’ipotesi di danno rientrante nel contratto di assicurazione!
In definitiva: stipulare una polizza assicurativa può essere utile per far fronte a quegli inconvenienti del
mestiere nei quali può incorrere anche il più attento e meticoloso amministratore. Poiché i contenuti
della polizza possono essere vari, se si decide di stipularne una è sempre bene leggere attentamente
le condizioni di contratto (insomma comprendere quali rischi sono coperti e quali no), per valutare
quale sia soluzione più adatta alle proprie esigenze. Diffidate dalle pubblicità e dagli spot ad effetto o
meglio, verificate se dietro la persuasività c’è anche la sostanza.
13. Chi deve chiedere il codice fiscale del condominio?
La legge, esattamente il d.p.r. n. 605/73, impone l’iscrizione nell’anagrafe tributaria anche dei
condominii. I motivi di costituzione dell’anagrafe tributaria sono intuibili e comunque sono resi
espliciti dall’art. 1 del succitato decreto che recita:
L’anagrafe tributaria raccoglie e ordina su scala nazionale i dati e le notizie risultanti dalle dichiarazioni
e dalle denunce presentate agli uffici dell’amministrazione finanziaria e dai relativi accertamenti, nonché
i dati e le notizie che possono comunque assumere rilevanza ai fini tributari.
I dati e le notizie raccolti sono comunicati agli organi dipendenti dal Ministro per le finanze preposti agli
accertamenti ed ai controlli relativi all’applicazione dei tributi, ed, in particolare, ai fini della valutazione
della complessiva capacità contributiva e degli adempimenti conseguenziali di rettifica delle dichiarazioni
e di accertamento, all’ufficio distrettuale delle imposte nella cui circoscrizione il soggetto ha il domicilio
fiscale.
Sulla base dei dati in suo possesso l’anagrafe tributaria provvede alle elaborazioni utili per lo studio dei
fenomeni fiscali.
Per completezza vale la pena evidenziare che il codice fiscale del condominio (come quello delle
organizzazioni ed enti diversi dalle persone fisiche) è composto da una sequenza di undici cifre (cfr.
d.m. 23 dicembre 1976). L’iscrizione all’anagrafe tributaria, si diceva, è obbligatoria e l’inosservanza
dell’obbligo è sanzionabile con una pena pecuniaria (cfr. art. 13 d.p.r. n. 605/1973). Poiché il
condominio si costituisce con la vendita della prima unità immobiliare da parte dell’originario unico
proprietario dell’edificio (cfr. tra le tante Cass. 16 giugno 2004 n. 13279) è questo il momento a
partire dal quale è necessario fare richiesta del codice fiscale. In questo contesto è lecito domandarsi:
chi è il soggetto obbligato a richiedere il codice fiscale del condominio? La legge n. 220/2012 (la così
detta riforma) novellando l’art. 2659 c.c. (riguardante la nota di trascrizione) ha specificato che nella
stessa
[…] Per i condominii devono essere indicati l’eventuale denominazione, l’ubicazione e il codice fiscale (art.
2659, primo comma n. 1, c.c.).
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Il che vuol dire che siccome il condominio si costituisce ex lege alla cessione della prima unità
immobiliare da parte dell’originario unico proprietario, questi oppure l’acquirente (che è poi
solitamente il soggetto che domanda la trascrizione dell’atto) devono fare richiesta del codice fiscale
del condominio. Il mancato espletamento di tale incombenza può determinare l’invalidità della
trascrizione? La risposta è positiva in quanto stando al disposto di cui all’art. 2674, primo comma
c.c.:
Il conservatore può ricusare di ricevere le note e i titoli, se non sono in carattere intelligibile e
non può riceverli quando il titolo non ha i requisiti stabiliti dagli articoli 2657, 2660, primo comma,
2821, 2835 e 2837 o non è presentato con le modalità previste dall’articolo 2658 e quando la nota non
contiene le indicazioni prescritte dagli articoli 2659, 2660 e 2839, numeri 1), 3), 4) e 7.
In buona sostanza siccome la trascrizione è necessaria per l’opponibilità a terzi del trasferimento e
siccome non vi sono dubbi che l’acquirente sia spinto a effettuarla quanto prima, potrebbe accadere
che il primo acquirente, proprio per presentare la nota di trascrizione senza rischio di vedersela
respinta, sia spinto a chiedere immediatamente il codice fiscale dell’edificio. Vedremo se la prassi ci
darà ragione o se si agirà in modo differente.
14. La prima richiesta e la richiesta di variazione del C.F. da parte dell’amministratore
Quanto abbiamo detto fin’ora è quello che accadrà (o dovrebbe accadere) per tutti quei condomini
che si andranno a costituire a partire dal 18 giugno 2013. In verità la norma è applicabile a tutte
le compravendite riguardanti tutti le unità immobiliari in qualsiasi condominio; molte compagini,
invece (il dato è noto anche se non nell’esatta dimensione Il “pianeta condominio”: un’economia da
scoprire, Anaci) sono prive di codice fiscale. Se il condominio è sprovvisto di amministratore, siamo
certi che il compratore, per evitare quanto specificato nel paragrafo precedente (respingimento della
nota di trascrizione, art. 2674 c.c.), sarà spinto a chiedere all’amministrazione finanziaria il codice
fiscale della compagine; e se, invece, il condominio ha un amministratore? Che cosa dovrà fare il
mandatario? Sicuramente l’acquirente gli farà richiesta di domandare all’agenzia delle entrata (ufficio
competente) il rilascio del codice fiscale della compagine. L’amministratore, allora, così come avrebbe
fatto il neo condomino in caso di sua assenza deve recarsi presso gli uffici competenti (quelli del luogo
in cui è ubicato il condominio) per fare richiesta ed ottenere il suindicato codice. È necessaria la
presentazione di alcuni documenti, ossia: documento d’identità, codice fiscale personale e copia della
deliberazione di nomina. L’amministratore non ha l’obbligo di attivarsi solamente se glielo chiede un
condomino.
Caso pratico
Siete stati nominati amministratori di un condominio che fino ad allora è stato autogestito senza alcuna
preoccupazione per ciò che concerneva la posizione fiscale. In poche parole amministrate un condominio
senza codice fiscale. Che cosa fare?
Come per l’ipotesi precedente ed anche se nessuno dei condomini glielo domanda, l’amministratore
è tenuto ad attivarsi immediatamente per richiedere nel più breve tempo possibile il codice fiscale
del condominio. Diversamente il condominio, nel caso di verifiche, rischia d’incappare nelle sanzioni
previste dall’art. 13 del d.p.r. n. 605/1973. E se il condominio deve pagare una sanzione per una
vostra omissione, chi rischia di dover risarcire il condominio? Naturalmente voi. Meglio, quindi, non
perdere tempo.
Caso pratico 2
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Siete stati nominati amministratori di un condominio in sostituzione di un vostro collega. Come concordato
avviene il passaggio delle consegne. Esistono obblighi verso l’amministrazione finanziaria?
Il codice fiscale delle persone giuridiche o delle altre organizzazioni (tra le quali va ricondotto il
condominio) è composto da una sequenza di undici cifre (cfr. d.m. 23 dicembre 1976) che nulla
hanno a che vedere con i dati fiscali dei comproprietari o dell’amministratore. Tuttavia è necessario
associare il codice da una persona. Se l’assemblea ha nominato un amministratore è lui che deve
domandare il codice fiscale e se viene sostituito, spetta al subentrante dichiarare la variazione. Non
farlo espone il condominio a sanzioni e quindi, come per l’esempio precedente, l’amministratore ad
azione di responsabilità.
15. Modalità di presentazione del modello di richiesta del codice fiscale del
condominio
Nei paragrafi precedenti abbiamo spiegato perché il condominio deve richiedere il codice fiscale e
chi lo deve richiedere. Vediamo, adesso, più da vicino dove ed in che modo dev’essere presentata
la domanda. Abbiamo accennato che l’ufficio competente è l’agenzia delle entrate del luogo in
cui è ubicato l’immobile. Tramite il sito istituzionale dell’agenzia è possibile individuare l’ufficio
territoriale competente. Ciò fatto bisogna compilare il così detto modello AA5/6. Si tratta di un
modulo contenente una serie d’informazioni obbligatorie ed altre facoltative. Quanto a queste
ultime, si pensi alla data di costituzione del condominio: un amministratore, specie se il palazzo non
è di recente costruzione, non sempre è in grado di conoscere con esattezza la data di costituzione
della compagine, vale a dire la data in cui l’originario unico proprietario ha ceduto la prima unità
immobiliare. La presentazione del modulo di richiesta può essere fatta personalmente o con racc. a.r.
Quello di variazione può essere presentato anche per via telematica.
L’agenzia delle entrate, tramite il suo sito istituzionale, mette a disposizione degli utenti tutte le
informazioni ed istruzioni utili a compilare e consegnare il modello AA5/6. È sempre consigliabile
verificare l’attualità delle istruzioni poiché periodicamente le stesse, anche in ragione di modificazioni
tecniche e/o normative, possono subire delle variazioni.
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Capitolo 2. L’assunzione dell’incarico
1. Nomina: facoltatività, obbligatorietà e quorum
La nomina dell’amministratore condominiale può avvenire in due ipotesi:
1. perché i condomini decidono di affidare ad una persona la gestione delle parti comuni;
2. perché i condomini, stando a quanto stabilito dalla legge, devono affidare ad una persona la
gestione delle parti comuni.
La prima ipotesi riguarda la così detta nomina facoltativa cui può provvedere solamente l’assemblea
dei condomini; il secondo caso, invece, la nomina è obbligatoria tant’è che è previsto l’intervento
sostitutivo dell’Autorità Giudiziaria nel caso di mancata nomina in sede di riunione (sul punto
si veda infra Par. 1.2).E’ importante evidenziare che la legge n. 220/2012 (la così detta “riforma”
del condominio) ha alzato la soglia di obbligatorietà di nomina dell’amministratore. S’è passati da
minimo cinque condomini a minimo nove. Ciò vuol dire che, a far data dal 18 giugno 2013 (data
di entrata in vigore della “riforma”) per tutti quei condomini che hanno più quattro partecipanti ma
meno di nove, la nomina diviene facoltativa (sulle modalità di calcolo del numero dei condomini, si
veda infra Par. 1.1).
In ogni caso – vale a dire tanto
in prima quanto in seconda convocazione, tanto se si tratta di nomina facoltativa o obbligatoria –
la deliberazione concernente tale adempimento dev’essere adottata con il voto favorevole almeno
della maggioranza dell’intervenuti all’assemblea che rappresentino quanto meno la metà del valore
dell’edificio (ossia 500 millesimi, cfr. art. 1136, secondo e quarto comma, c.c.).
Rispetto alle ipotesi di nomina facoltativa, la domanda
che spesso ci si pone e che è poi girata agli amministratori è la seguente: perché dobbiamo nominare
un amministratore e quindi sobbarcarci un costo? I dubbi sono legittimi ma in più di un’occasione
quello che le persone vedono come un costo rappresenta solamente il corrispettivo per avere una
certezza: gestire con diligenza le parti comuni di un edificio vuol dire conservarle in buono stato e di
conseguenza mantenere il valore economico della proprietà. Nominare un amministratore, quindi,
può rappresentare un investimento più che un costo. Naturalmente non sempre. Esercitare l’attività di
amministratore vuol dire anche saper leggere la situazione che si pone dinanzi per trovare la soluzione
migliore. Come un medico che, sentiti dal paziente i sintomi avvertiti, prescrive solamente riposo
oppure anche un farmaco. Traduciamo questa metafora in situazioni concrete.
Caso pratico
Il condominio Alfa si compone di cinque unità immobiliari in proprietà ad altrettante persone. I condomini
sono tutti parenti, fratelli o sorelle per l’esattezza, ed il condominio s’è costituito a seguito del decesso del
genitore che ha lasciato ai propri figli un appartamento a testa. Tra i neo condomini non scorre buon
sangue e mettersi d’accordo per prendere ogni decisione, anche la più insignificante, è difficilissimo.
Una persona che dovesse trovarsi davanti ad un caso del genere (con le dovute specificità legate alla
realtà concreta, si tratta di casi tutt’altro che infrequenti), meglio, un amministratore che dovesse
imbattersi in una fattispecie di questo tipo, non potrebbe far altro che consigliare ai condomini di
provvedere alla nomina di un amministratore. Il motivo è semplice. Gestire un condominio può
apparire cosa di poco conto (in verità anche la scelta dell’impresa di pulizia necessita di determinate
conoscenze per evitare sanzioni, cfr. Cap. VII) ma a fronte di una situazione di contrapposizione tra
gli interessati, quanto meno la gestione ordinaria affidata ad un’unica persona può aiutare e non poco
in questo senso; permette di non doversi interessare personalmente ma di essere certi (se si pagano
le quote) che i servizi (es. energia elettrica, manutenzioni vari, adempimenti fiscali) siano adempiuti
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correttamente e con regolarità. Mantenere in buono stato le parti comuni è importante come farlo
per i locali di proprietà esclusiva. Certo, l’amministratore non può fare miracoli ma sicuramente, se le
persone hanno interesse a non mandare in malora le loro proprietà (e la legge lo impone nei limiti in
cui la trascuratezza diviene pericolo per gli altri), può essere di grande aiuto per evitare peggioramenti
e in generale decadimenti.
Caso pratico 2
Il condominio Alfa si compone di due sole unità immobiliari in proprietà ad altrettante persone. I pochi
servizi in comune (luce scale, acqua, autoclave) sono gestiti di comune accordo tra i comproprietari. A
questi sorgono dubbi sulle modalità di esecuzione di alcune opere. Così si rivolgono ad un amministratore
che già conoscono per avere lumi sul da farsi.
In casi del genere proporsi per gestire una compagine del genere non avrebbe granché senso.
L’amministratore, però, può assumere anche il ruolo di consulente. Spiegare il da farsi, orientare
le scelte delle persone verso le soluzioni migliori vale quanto una gestione diretta ben condotta.
S’è parlato del così detto “passaparola” per far conoscere la propria attività. Quale miglior modo di
questo? Senza trascurare, poi, che in situazioni di condomini piccoli, o minimi come nell’esempio, la
figura dell’amministratore, per le sue conoscenze tecniche, può tornare utile in casi più importanti.
Si pensi ai lavori di ristrutturazione straordinaria dove la figura dell’amministratore può essere utile al
pari del direttore dei lavori, per la migliore esecuzione degli interventi.
1.1 Modalità di calcolo del numero dei condomini
Come calcolare il numero dei condomini la fine di comprendere se la nomina dell’amministratore
è obbligatoria oppure facoltativa?
Due i vocaboli che devono essere tenuti in considerazione:
a) unità immobiliare;
b) condomino.
“si accerta come distinta unità immobiliare urbana ogni fabbricato, o porzione di fabbricato od insieme
di fabbricati che appartenga allo stesso proprietario e che, nello stato in cui si trova, rappresenta, secondo
l’uso locale, un cespite indipendente” (art. 40 d.p.r. n. 1142/49, Approvazione del regolamento per la
formazione del nuovo catasto edilizio urbano).
La prima regola fondamentale da tenere a mente è questa: per calcolare il numero dei condomini non
bisogna tenere in considerazione il numero delle unità immobiliari. In un edificio possono essere
presente dieci, venti, trenta, ecc. unità immobiliari ma lo stesso può non essere in condominio, oppure
lo stabile può essere composto di sole due unità abitative ed essere in condominio. Ciò che conta,
pertanto, è il numero di persone che sono proprietarie. Condomino, in senso tecnico, giuridico è il
proprietario dell’unità immobiliare ubicata nell’edificio. Il conduttore non è un condomino anche se
non è del tutto estraneo alla vita condominiale (vedi infra Cap. X). L’usufruttuario (entro determinati
limiti, vedi infra Cap. X) è un condomino ma ai fini del calcolo del numero dei comproprietari egli
non dev’essere conteggiato. Allo stesso modo se un appartamento è in comunione, i comproprietari
del medesimo, ai fini del computo del numero complessivo dei condomini devono essere considerati
come unico proprietario (d’altronde solamente uno di essi può partecipare all’assemblea, cfr. art. 67
disp. att. c.c.). Alcuni esempi chiariranno le definizioni tecnico-giuridiche appena declinate.
Caso pratico 1
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Il condominio Beta è composto da venti unità immobiliari, otto delle quali di proprietà di Tizio e le
restanti di proprietà di Caio. Tutte sono date in locazione a differenti persone. In questo caso, i condomini
propriamente detti (ossia, ci si ripete, i proprietari) sono solamente due, ne discende la che la nomina
dell’amministratore è facoltativa.
Caso pratico 2
Nell’edificio Alfa (tra appartamenti, locali commerciali e box) sono presenti cinque unità immobiliari.
Tre di queste sono di proprietà di altrettante persone e le restanti due di un unico soggetto, Sempronio. Al
decesso di quest’ultimo le sue unità immobiliari divengono (per eredità) di proprietà, in comunione tra
loro, dei suoi sei figli. Il numero dei condomini passa così da quattro a nove. In questo caso la nomina
sarebbe obbligatoria? La risposta è negativa poiché allorquando un’unità immobiliare è in proprietà di
più persone esse, ai fini condominiali, devono essere considerate al pari di un’unica entità proprietaria di
quelle unità immobiliari. Di ciò v’è conferma anche nelle disposizioni di attuazione del codice civile e più
specificamente al secondo comma dell’art. 67, che, in relazione alla partecipazione all’assemblea, recita:
“Qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a
un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell’articolo
1106 del codice”.
Quindi anche in questo caso nomina facoltativa.
Caso pratico 3
Il condominio Gamma si compone di otto unità immobiliari di proprietà, rispettivamente, di Tizio,
Caio, Sempronio Mevio, Calpurnio, Filano, Muzio e Cicero. Quest’ultimo la cede in usufrutto a suo figlio
(Lucrezio), mantenendone la nuda proprietà. In questo caso i condomini sono otto o nove? Il numero
giusto, ai fini del calcolo dell’obbligatorietà della nomina, è otto. L’usufruttuario non dev’essere considerato
alla stregua d’un condomino autonomo ma, in parte, come un comproprietario (vedi es. precedente), pur
essendovi demarcazione dei ruoli, in relazione alla competenza a partecipare all’assemblea, rispetto al nudo
proprietario (cfr. art. 67 disp. att. c.c.).
Caso pratico 4
Il condominio Delta si compone di nove unità immobiliari rispettivamente di proprietà di Tizio, Caio,
Sempronio, Calpurnio, Mevio, Filano, Muzio, Cicero e Lucrezio. Si tratta del classico caso da manuale: ad
ogni unità immobiliare corrisponde un solo proprietario. Insomma è il caso di riferimento per l’art. 1129
c.c.. Nove unità immobiliari e nove diversi proprietari. La nomina è obbligatoria.
Alla luce di questi esempi e date per assodate le premesse sul significato tecnico giuridico dei vari
vocaboli (condomino, unità immobiliare, ecc.) si può affermare che negli edifici che contino almeno
nove diversi proprietari di altrettante unità immobiliari sarà obbligatorio provvedere alla nomina di
un amministratore di condominio.
1.2 Nomina da parte dell’Autorità Giudiziaria
Il primo comma dell’art. 1129 c.c. (nella sua versione applicabile a partire dal 18 giugno 2013, ossia
dalla data di entrata in vigore della “riforma”), recita:
Quando i condomini sono più di otto, se l’assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è
fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’amministratore dimissionario.
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Il ricorso all’Autorità giudiziaria è esperibile da ciascun condomino (quindi anche dall’usufruttario
e da ciascun comproprietario di un appartamento in comunione) e dall’amministratore dimissionario
solamente se l’assemblea, chiamata a deliberare sulla nomina, non abbia raggiunto alcuna maggioranza
o no si sia proprio costituita. La procedura interessa direttamente ed indirettamente gli amministratori
perché:
1. l’amministratore-condomino, al pari di ogni altro, può esperire il ricorso per la nomina di un
legale rappresentante se l’assemblea non vi provvede;
2. l’amministratore dimissionario può agire in giudizio per la nomina del suo successore se
l’assemblea non vi provvede (si tratta di una novità introdotta dalla legge n. 220/2012, la così
detta “riforma”);
3. l’amministratore, pur senza farne parte principale del proprio lavoro, può fornire informazioni
ai condomini per spiegare come funziona il ricorso per la nomina (i condomini, ad esempio,
potrebbero chiedere all’Autorità Giudiziaria la nomina di quel professionista, cfr. infra Par.
1.2.1) Attenzione: la consulenza legale sistematica connessa all’attività giurisdizionale è di
competenza esclusiva degli avvocati (art. 1, sesto comma, l. n. 247/2012).
Si tratta d’un procedimento di volontaria giurisdizione (ossia una procedura che non serve a risolvere
conflitti ma a gestire un negozio giuridico o un affare) che non richiede l’obbligatoria presenza di un
avvocato. Qui di seguito spiegheremo i passi da compiere e forniremo i moduli per la stesura del ricorso
(anche se è consigliabile rivolgersi ad un legale di fiducia allorquando non s’abbia alcuna esperienza
in materia).Il Tribunale competente è quello del
circondario nel quale è ubicato l’immobile (Giustizia Map). Il ricorso ha un costo di ottantacinque
euro per il così detto contributo unificato, di otto euro per bolli, più in costi di notifica del ricorso e
del decreto di fissazione dell’udienza a tutti i condomini. Dato il continuo aggiornamento (meglio
aumento) dei costi da sostenere per l’accesso alla giustizia, prima di depositare il ricorso è sempre
bene verificare il costo del contributo unificato per quella particolare tipologia di procedura.
E’ fondamentale allegare al ricorso la deliberazione assembleare dalla quale si evinca che non è stato
possibile pervenire alla nomina dell’amministratore nel naturale consesso. Se il ricorso è presentato
dall’amministratore dimissionario, oltre alla copia della predetta delibera, è necessario allegare anche
la prova della comunicazione delle dimissioni. Quest’ultima può essere rappresentata anche dall’avviso
di convocazione nel cui ordine del giorno (anche o.d.g.) è scritto: “Dimissioni amministratore e nomina
nuovo legale rappresentante”. E’ consigliabile allegare al ricorso il registro di nomina e revoca degli
amministratori ponendo particolare attenzione alle eventuali revoche giudiziarie (si veda infra Par.
succ.). Se si ha intenzione di chiedere la nomina di uno specifico amministratore, è bene allegare un
documento dal quale possa evincersi che il medesimo possiede tutti i requisiti di legge (art. 71-bis
disp. att. c.c., cfr. Par. succ.).
Il ricorso dev’essere depositato presso la cancelleria della volontaria giurisdizione del Tribunale
competente. Il giudice nominato fisserà, con decreto, il giorno dell’udienza ed il termine entro il
quale ricorso e decreto debbono essere notificati alle altre parti, ossia a tutti i condomini. Per i ricorsi
per condominii particolarmente numerosi (es. supercondominii con centinaia di partecipanti), si può
domandare la sostituzione della notifica a mano o per posta con la così detta notificazione per pubblici
proclami (art. 150 codice procedura civile). Si tratta di una procedura volta a sostituire l’obbligo
di notificazione singolo con una sistema generale di comunicazione pubblica (es. affissione bacheca
condominiale, pubblicazione su riviste e giornali) che possa garantire la conoscibilità del ricorso e del
decreto. Il giorno dell’udienza i condomini ricorrenti potranno spiegare al Tribunale la situazione ed
insistere per la nomina dell’amministratore eventualmente anche fornendo alcuni nominativi, ferma
restando al piena discrezionalità dell’Autorità Giudiziaria. L’amministratore dimissionario (che non
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sia anche condomino) non può esercitare tale facoltà, poiché non ha alcun interesse ad ottenere la
nomina di una persona piuttosto che di un’altra.
1.2.1 La scelta dell’amministratore da parte dell’Autorità Giudiziaria ed i registri
del Tribunale
In assenza di specifiche disposizioni riguardanti la nomina giudiziaria dell’amministratore di
condominio, la scelta del mandatario da parte del Tribunale competente è caratterizzata da ampia
discrezionalità. Due i limiti:
1. l’amministratore non dev’essere stato precedentemente revocato giudizialmente (cfr. art. 1129,
tredicesimo comma, c.c.);
2. l’amministratore deve possedere i requisiti di cui all’art. 71-bis disp. att. c.c. a meno che non
venga scelto tra uno dei condomini (cfr. supra Cap. I).
Pare utile una specificazione sul punto a).
Il succitato tredicesimo comma dell’art. 1129 c.c. recita:
In caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non può nominare nuovamente
l’amministratore revocato.
La norma non impone all’Autorità Giudiziaria, come all’assemblea, di non nominare l’amministratore
da essa stessa revocato. Tuttavia s’è vero, com’è vero, che il Tribunale agisce solamente in sostituzione
dell’assemblea non v’è motivo per non affermare che tale regola debba essere seguito anche dai
giudici.
Ciò chiarito, è bene ribadire che i giudici esercitano il potere di nomina con ampia discrezionalità. E’
evidente che essendo la funzione del ricorso all’Autorità Giudiziaria quella di dotare il condominio
di un amministratore, i giudici dovranno esercitare il loro potere nel modo migliore rispetto a tale
esigenza. Ergo: ascoltare cos’hanno da dire i condomini rispetto alle caratteristiche di una persona
da nominare non è di poco conto. Quello amministratore-condomini, infatti, è un rapporto di
mandato. Ed i mandati oltre che sulla competenza ad esercitare l’incarico attribuito si fondano anche
sulla fiducia.
Caso pratico 1
Il condominio Alfa si compone di nove unità immobiliari. L’assemblea non riesce a nominare
l’amministratore. Dopo tantissimi tentativi in sede assembleare, Tizio, uno dei condomini, rompe gli
indugi e assieme a due altri condomini (Caio e Sempronio), decide di rivolgersi al Tribunale della sua
città. Durante l’udienza i condomini, anche con l’ausilio di documentazione, fanno presente ai giudici che
Mevio, amministratore condominiale, li ha sempre aiutati e consigliati per il meglio. Mevio è stato proposto
per la nomina assembleare dicono, ma non s‘è giunti all’affidamento dell’incarico solamente per l’assenza
dei quorum deliberativi.
In casi del genere i giudici possono decidere autonomamente ma è utile che i condomini espongano
il proprio punto di vista per provare ad orientarne le scelte. Da qui anche l’importanza, per ogni
amministratore di non tralasciare le richieste di supporto che giungono da chi non è ancora
cliente.
Caso pratico 2
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Tizio è amministratore del condominio Beta da più di vent’anni. In occasione dell’ultima assemblea, però,
l’assenza dei più non consente la sua nuova nomina. Uno dei comproprietari, Caio, essendo obbligatorio
l’affidamento dell’incarico, decide di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria. Nessun risentimento vero Tizio,
che potrebbe proseguire la sua attività in prorogatio imperii (vedi infra Cap. XI), ma solamente la volontà
di avere un amministratore nei suoi pieni poteri. In udienza Caio e gli altri comproprietari fanno presente
ai giudici la piena affidabilità di Tizio ed insistono per la sua conferma.
Pure questo è un caso tipico in cui i condomini possono insistere per portare i giudizi sulle loro
posizioni. Poiché i giudici non sono obbligati a seguire le indicazioni dei condomini (o magari
dai condomini arriva solamente la richiesta di nomina d’un amministratore), la domanda sorge
spontanea: in che modo il Tribunale giunge alla nomina dell’amministratore? Per il consulenti tecnici
d’ufficio, i delegati alle vendite giudiziarie, ad esempio, i giudici sono tenuti a seguire ben precise
regole previste dal codice di procedura civile. E per gli amministratori condominiali giudiziari?
La risposta non può non considerare le prassi che sono seguite dai singoli uffici giudiziari. Alcuni
Tribunali hanno in dotazione degli elenchi formati nel corso del tempo che utilizzano per le nomine
degli amministratori.Fare presente alle cancellerie
che s’è disponibili ad assumere incarichi, ad esempio con una lettera di presentazione ed annesso CV,
può essere un buon modo per provare ad assumere incarichi anche in questo modo. Allora prendete
nota: cancellerie della volontaria giurisdizione del Tribunale a voi più vicino. Andate a domandare:
“esiste un elenco degli amministratori che utilizzate per le nomine giudiziarie?” ed ancora “come posso
iscrivermi in quell’elenco o comunque essere preso in considerazione per questi incarichi?”. Ricordate,
però, che prima di fare ciò dovete essere comunque in possesso dei requisiti di cui all’art. 71-bis disp.
att. c.c.
2. Contatto con i clienti ed importanza di un sopralluogo preliminare
S’è visto nei paragrafi precedenti, quando la nomina dell’amministratore è obbligatoria, quando
facoltativa e che cosa accade se, nel primo caso, l’assemblea non riesce a nominarlo. Chiariti gli
aspetti più specificamente tecnico-giuridici, è bene valutare come ci si debba comportare se un
condomino vi contatta per formulargli un preventivo. L’augurio, per tutti, è quello di poter presentare
tanti preventivi cui corrispondano altrettante assunzioni d’incarico. Inviare preventivi, però, non
è sufficiente. Far del vostro studio un “preventivificio” può portarvi ad aspettative deluse, se non
addirittura ad una brutta figura. Perché? Limitarsi a scrivere ai condomini che per la gestione del loro
edificio richiedete X euro mensili a condomino (o ad unità immobiliare), non basta a convincerli.
E’ vero, molte volte i preventivi in assemblea sono appena letti. La tendenza, generale, è quella di
scegliere chi presenta il preventivo più basso. Ognuno nel proprio piccolo, con qualche semplice
accorgimento, può cercare d’invertire questa tendenza. Vediamo come.
Caso pratico
Tizio svolge l’attività di amministratore condominiale. Caio, proprietario di un appartamento nel
condominio Beta, lo contatto telefonicamente dicendo che ha trovato il suo numero su un sito web e che
vorrebbe avere un preventivo perché lui ed altri condomini sarebbero interessati ad affidargli la gestione
dello stabile. Tizio propone a Caio la prima data utile per un appuntamento e gli dice di andarlo a trovare
in studio anche assieme agli altri condomini. Caio si presenta con Sempronio e Mevio ed assieme, ognuno
dando il proprio contributo, spiegano a Tizio qual è la situazione del condominio. Tizio li ascolta prende
nota e poi inizia a fare qualche domanda per sapere, ad esempio, quante sono le unità immobiliari, se
c’è una sola scala o più scale, quanti sono gli impianti d’ascensore, se nel condominio c’è il servizio di
portierato, domanda se il riscaldamento è autonomo o centralizzato, chiede se sono presenti impianti per la
produzione di energia da fonti rinnovabili, se ci sono situazioni di morosità, ecc. I condomini dicono quel
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che sanno e Tizio prende nota (attenzione a chi esagera su morosi e situazioni al limite dell’impossibile, non
sono rari i casi di antipatia verso l’amministratore per volerlo mandare via, rappresenta una condizioni
degradata della gestione dello stabile). A quel punto, Tizio specifica che per presentare un preventivo
preciso ha necessità di effettuare un sopralluogo. Fissa con i condomini un appuntamento e chiede loro di
farsi trovare se possibile tutti e tre ed anche con altri. Tizio si presenta sul condominio e viene accompagnato
dai condomini nell’effettuazione di un sopralluogo. Il giorno dopo invia un preventivo a chi lo aveva
contattato (Caio) e chiede di essere informato sugli sviluppi.
Il caso esposto è stato volutamente articolato anche in considerazione dei riflessi della così detta
“riforma” e di alcuni suggerimenti pratici che vale la pena seguire.
Appuntamento in studio. Quando un condomino chiama non sappiamo con chi abbiamo a che
fare. Non bisogna essere sospettosi ma nemmeno dare l’impressione d’essere “alla canna del gas”.
Fissate un appuntamento in studio e siate evasivi senza dare l’impressione di sorvolare (es. “Ne
parliamo quando ci vediamo così mi spiega con maggiore tranquillità”) sul preventivo. Non venditori,
come si dice in questi casi senza offesa per i commercianti, ma professionisti che prestano un servizio
individualizzato: insomma ogni condominio, sia pur in un’ottica di prezzi medi, fa storia a sé. È
preferibile che l’incontro, pur senza particolare fretta, sia quanto più vicino possibile alla telefonata.
Chi v’ha chiamato probabilmente chiamerà anche altri: insomma non bisogna lasciarsi sfuggire
l’occasione. Al termine della telefonata chiedete un recapito telefonico per ogni evenienza (meglio
spostare un appuntamento per un improvviso disguido piuttosto che “dare buca”).
Presenza di più condomini. È fondamentale, sia pur senza apparire insistenti, ripetere che è gradita
la presenza di più condomini. I motivi sono molteplici. In primis in questo modo potete saggiare
l’effettiva bontà del tentativo di sostituzione dell’amministratore (detto in modo spicciolo che
non si tratti d’un perditempo). In secondo luogo non bisogna mai dimenticare che la sostituzione
dell’amministratore (salvi i casi di nomina e revoca giudiziaria) è decisa dall’assemblea, in buona
sostanza dalla maggioranza: instaurare fin da subito un contatto diretto con quante più persone
possibile può voler dire avere maggiori chances d’essere nominati. C’è, poi, una terza ragione d’ordine
strettamente tecnico-giuridico: ai sensi del nuovo art. 67, primo comma, disp. att. c.c., infatti,
“[…] se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini
e del valore proporzionale”.
Insomma, al condomino che vi contatta fate presente questo aspetto, se si ricade in quel caso, quale
ulteriore elemento di convincimento per presentarsi all’appuntamento con i suoi vicini (es. “Signor
Caio, lei sa che c’è la regole che le impedisce di prendere molte deleghe. Faccia venire all’appuntamento
anche altri condomini, in questo modo potrei essere d’aiuto facendomi conoscere”).
Il sopralluogo. Si, in molti, o almeno chi già amministra da tempo potrebbero arrivare a concludere
che questo è più che altro “un colpo ad effetto”. In parte può essere così, ma esistono anche altre
ragioni. Innanzitutto se i presenti rifiutano, potreste pensare anche che la richiesta non è molto seria:
chi mai s’oppone ad un servizio gratuito per un fatto da lui stesso richiesto? In secondo luogo, è qui
si tratta d’una considerazione più ragionieristica, voi potete essere nominati amministratori se la
maggioranza decide in quel modo; insomma cercate di darvi da fare perché avvenga così. Infine c’è
un aspetto legato al preventivo (non lo nominiamo da un po’ ma i condomini v’hanno contattato
per questa ragione): esso all’atto di accettazione della nomina (o comunque al momento della sua
sottoposizione all’assemblea per l’approvazione, cfr. Par. 3) dev’essere completo, pena la nullità della
nomina stessa (art. 1129, quattordicesimo comma, c.c.). E’ meglio, allora, avere il quadro completo
della situazione e non lasciar nulla d’intentato per evitare brutte figure o, peggio per voi, un lavoro
malpagato.
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Invio del preventivo e successivi contatti. Non fate passare molto tempo dal sopralluogo all’invio
del preventivo (massimo uno-due giorni per tirare le somme). Cercate di renderlo, pur essendo
immancabile la parte “in ciclo stile”, quanto più personalizzato possibile. Chiedete quando si terrà
l’assemblea: se siete stati nominati i condomini non tarderanno a farsi sentire. Ad ogni buon conto,
senza essere invasivi e petulanti, se lo ritenete utile chiedete voi informazioni, anche solamente per
ringraziare di aver pensato al vostro studio. Il “passaparola” incombe e non sfruttarne le potenzialità
è un vero peccato.
2.1 Amministratore di tutti, cioè niente favoritismi e partecipazioni per delega
all’assemblea
Parafrasando una locuzione oggigiorno spesso ricorrente si può dire che il buon amministratore di
condominio, quello che gestisce con “la diligenza del buon padre di famiglia”, è “l’amministratore
di tutti”. Così dicendo si vuol fare intendere che il mandatario della compagine deve gestire le cose
comuni nell’interesse di tutti, anche di chi non l’ha votato. Facciamo un esempio rimandando al
prosieguo per un trattazione più specifica del tema (cfr. Cap. V). Recupero crediti: si supponga, come
accade tante volte, che il condomino che v’ha contattato è uno di quelli contro cui l’amministratore ha
chiesto ed ottenuto l’emissione di un decreto ingiuntivo. Insomma vuol mandar via l’amministratore
“per ripicca”. Al di là delle motivazioni (potrebbero anche essercene altre) e al di là del fatto che questa
notizia possa emergere fin da subito, è importante che voi siate chiari fin dal principio. Il vostro
studio s’ispira a principi e criteri di gestione trasparente, chiara, imparziale e quindi strettamente
ancorata ai dettami legislativi: insomma chi vi cerca per avere favori è bene che “giri al largo”. Se voi
amministrerete nell’interesse di tutti i condomini nessuno, a meno che non sia in malafede, potrà
accusarvi d’essere stato parziale. Se, invece, rappresenterete gli interessi di una sola parte, quegli stessi
potrebbero essere i primi a dubitare della bontà del vostro operato. Non si prendano queste parole
alla stregua di speculazioni filosofiche di difficile attuazione. Al contrario, si tratta di suggerimenti
utili a evitare un approccio errato alla professione. In pratica se avete scelto di esercitare l’attività di
amministratore, pensate di volerlo fare per tutto il resto della vostra vita lavorativa. Questo modo vi
consentirà di approcciarvi alla professione tenendo un comportamento che vi permetterà di trarne i
frutti nell’immediato ed anche e soprattutto nel medio e lungo periodo “andando a dormire con la
coscienza a posto”.
Proprio in quest’ottica è utile che vi asteniate dal partecipare alle assemblee che all’ordine del giorno
prevedono la revoca del mandatario in carica e la sua sostituzione. In primis non siete il parafulmine
sotto il quale i condomini possono ripararsi nel rapporto con il loro attuale mandatario. In secondo
luogo, se volete essere “l’amministratore di tutti” è bene che lo siate fin da subito: anche se non nominati
con il consenso di tutti è utile che partecipiate alla prima assemblea come legale rappresentante a
seguito di nomina e non come contraddittore nella votazione che vi riguarda direttamente.
2.2 Nomina in un condominio di cui si conosce l’attuale amministratore: che fare?
Può accadere di essere contattati da condomini che vogliono sostituire il proprio amministratore e
scoprire che il mandatario in carica è una persona che conosciamo. Più stretta è la conoscenza, più
alto e forte il dubbio che in tanti provano: che cosa fare?
Non esiste una risposta legislativamente, ne deontologicamente vincolante. Il tutto è rimesso al
libero apprezzamento di chi è chiamato a “gareggiare” con un altro professionista. Ci sono molti che
preferiscono non sapere chi è l’amministratore per evitare imbarazzi. Molti altri che pur partecipando
decidono di avvisare il collega. Altri ancora che vogliono sapere chi amministra l’edificio prima di dare
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la propria disponibilità a fornire un preventivo. Il rapporto di colleganza può spingersi fino al punto
di sacrificare il proprio interesse ad aumentare il numero di condomini amministrati? Opportunità,
trasparenza, lealtà. Tre principi cui vale la pena ancorare il proprio operato per dare risposta al
quesito che ci siamo posti in principio. Non bisogna mai porre in discussione, salvo limiti interni
alla propria struttura organizzativa, il diritto ad aumentare il proprio fatturato e per fare ciò si deve
agire senza danneggiare ingiustamente (ossia ricorrendo a scorrettezze illegali) i condomini ed i propri
concorrenti. In questo contesto si può assumere l’incarico anche di un condominio amministrato
da un proprio familiare. Certo, se si vivesse con disagio quasi si trattasse di uno “scippo”, prendere
in gestione un condominio da un conoscente, allora sarebbe meglio lasciar perdere. Il problema,
inoltre, si pone nel caso in cui si debbano contestare inadempimenti o scorrettezze gestionali del
proprio predecessore; si sarà in grado di farlo senza mai mettere da parte l’interesse prioritario dei
propri amministrati? Se si sa che non è facile, meglio lasciar perdere. E se s’ha il fondato sospetto che
l’amministratore, vostro conoscente, in carica nel condominio per il quale v’è stato chiesto preventivo,
opera in modo scorretto, forse addirittura illegale. Può capitare, Hemingway, ironicamente, affermava
che “non bisogna giudicare gli uomini dalle loro amicizie: Giuda frequentava persone irreprensibili!”.
Voi non siete Gesù Cristo né l’amministratore scorretto vostro conoscente Giuda. Certamente la
scelta è delicata ma declinare l’invito a presentare un preventivo non dev’essere considerato segno
di vigliaccheria se si sapeva fin dal principio che non si sarebbe riusciti a portare il compito fino in
fondo. Vigliaccheria, proseguendo in questi termini, sarebbe il contrario. Che fare se l’amministratore
in carica è il presidente o il socio di un’associazione alla quale siete iscritti? Anche qui, nessuna regola
scritta (se l’associazione vietasse di presentare preventivi in condomini amministrati da altri associati,
violerebbe le norme poste a tutela della concorrenza): starà a voi orientare il vostro comportamento
tenendo presenti i principi succitati.
3. Modalità di nomina
Due le possibili modalità di nomina dell’amministratore di condominio:
1. nella prima il mandatario è nominato dall’assemblea senza aver presentato un preventivo;
2. nella seconda è l’assemblea ad accettare il preventivo (o uno dei preventivi) presentati dal
“papabile”.
In buona sostanza, per dirla in modo semplificato, o è l’assemblea a chiedere all’amministratore “vuoi
amministrare l’edificio?” e quindi l’amministratore a dover rispondere positivamente o negativamente,
oppure è l’assemblea, accettando il preventivo a rispondere “si, accettiamo la tua proposta”.
Naturalmente possono anche realizzarsi situazioni intermedie (es. richiesta di modificazione parziale
del preventivo, ecc.) che considereremo come variabili di una delle due modalità. La differenza, anche
in relazione alle novità introdotte dalla legge di “riforma” del condominio, non è trascurabile. Nei
prossimi paragrafi spiegheremo perché.
3.1 Presentazione del preventivo e sua accettazione
Questa è sicuramente la modalità di nomina maggiormente utilizzata. Ne abbiamo parlato anche nel
capitolo precedente; uno dei condomini si rivolge ad un amministratore per ottenere un preventivo
dei servizi offerti e dei relativi costi e successivamente lo presenta all’assemblea che decide (spesso
si ha una vera e propria “gara”). Siccome l’accordo tra amministratore e condominio rappresenta
un vero e proprio contratto (per la precisione un contratto di mandato, vedi infra Par. 4) ed alla
stipula del contratto si arriva dopo una fase, anche brevissima, di trattative, preventivo e deliberazione
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assembleare devono essere considerate, rispettivamente, proposta e accettazione.
Non basta accettare un contratto per considerarlo concluso. Detta diversamente: l’accettazione
del preventivo dev’essere comunicata all’amministratore. A stabilirlo l’art. 1326 del codice civile,
rubricato Conclusione del contratto, che recita:
Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra
parte.
L’accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario
secondo la natura dell’affare o secondo gli usi.
Il proponente può ritenere efficace l’accettazione tardiva, purché ne dia immediatamente avviso all’altra
parte.
Qualora il proponente richieda per l’accettazione una forma determinata, l’accettazione non ha effetto se
è data in forma diversa.
Un’accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta.
Quindi finché l’accettazione non è comunicata a chi ha presentato il preventivo, costui non può
essere considerato amministratore a tutti gli effetti. Per evitare problemi, è sempre bene che alla
comunicazione orale dell’accettazione segua la sua comunicazione scritta con racc. a mani a.r. o
equipollenti mezzi telematici, anzi è meglio che ciò venga specificato nel preventivo in modo da
rendere vincolante la forma prescelta (art. 1326, quarto comma, c.c.). Consiglio: mettete sempre
una scadenza al preventivo. E’ vero, è difficile che le assemblee possano tenersi subito dopo la
presentazione del preventivo ma è altrettanto vero, stando a quanto afferma il secondo comma
dell’art. 1326 c.c., che il rischio è quello di vedersi accettato un preventivo molto tempo dopo la
sua presentazione, magari a condizioni che il vostro studio non pratica più. Vale la pena, quindi,
scrivere che il preventivo ha validità semestrale o annuale (rispetto alla data in esso indicata o che
vale solamente per quello specifico anno, ad esempio 2013). In questo modo se i condomini non
s’accorgono di questa specificazione sarete liberi di ritenere scaduta la vostra offerta o al massimo di
validare l’accettazione tardiva (cfr. art. 1326, terzo comma, c.c.).
Passiamo ora ad esaminare quelle così dette situazioni intermedie di cui si parlava sul finire del
paragrafo precedente.
Caso pratico
Tizio presenta un preventivo di gestione con un costo complessivo finale di € X. L’assemblea, pur essendo
interessata ad affidare la gestione a quell’amministratore, chiede una riduzione del corrispettivo, insomma
uno sconto.
La deliberazione assembleare formulata in tal senso (es. “si accetta il preventivo solamente se Tizio
garantisce un corrispettivo complessivo ribassato del 5%”) rappresenta una controproposta (art. 1326,
quinto comma, c.c.) che a sua volta può essere accettata o declinata. Come per l’amministratore
anche per l’assemblea è consigliabile, nel caso di richieste di variazioni del preventivo, chiedere la
comunicazione entro un determinato termine e con specifiche forme.
Abbiamo portato l’esempio della riduzione dell’onorario ma lo stesso può dirsi, ad esempio, per la
richiesta di assicurazione individuale (art. 1129, terzo comma, c.c.). Sul punto è bene evidenziare
che alcuni autori ritengono che la subordinazione della nomina a stipula del contratto di assicurazione
individuale rappresenti condizione sospensiva della nomina medesima (A. Celeste A. Scarpa, La
riforma del condominio, Giuffrè, 2012) . Nell’ambito dell’esempio di cui stiamo parlando, chi scrive
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dissente da questa impostazione.
Nel caso in esame, l’amministratore Tizio presenta un preventivo e così facendo, in sostanza, afferma:
“Do la mia disponibilità ad amministrare il condominio Alfa in questo modo ed a questi costi”. Se
l’assemblea risponde affermativamente il contratto può dirsi concluso una volta che tale accettazione
sia stata comunicata. Ma se l’assemblea, invece, risponde: “ok, ma noi a nostra volta accettiamo solamente
se tu, Tizio, ci presenti una polizza individuale”, tale dicitura come tutte quelle similari rappresentano
un’accettazione non conforme alla proposta che, per l’art. 1326, quinto comma c.c., equivale a nuova
proposta. Si avrà contratto sottoposto a condizione sospensiva solamente se alla controproposta
“ok, ma noi a nostra volta accettiamo solamente se tu, Tizio, ci presenti una polizza individuale” segua
un’accettazione dell’amministratore con un semplice “ok”. In tal caso il contratto dovrà ritenersi
perfezionato e sottoposto a condizione sospensiva. Nella prima ipotesi, invece, deve parlarsi di nuova
proposta che, a sua volta, può essere oggetto di accettazione o di controproposta. Solitamente la
nomina dell’amministratore non comporta trattative estenuanti ma parlare di contratto sottoposto
a condizione implica la stipula di un accordo; nel caso che abbiamo esaminato, invece, le parti sono
ancora nelle fasi di trattativa.
3.2 Nomina ed accettazione con successiva presentazione del preventivo
E’ questa, nella sostanza, l’ipotesi di cui si occupa l’art. 1129 c.c. Nel prosieguo vedremo perché.
E’ difficile, ma non raro, che si giunga alla nomina senza la presentazione di un preventivo. In
alcuni casi il più volte nominato preventivo non è presentato solamente per dei disguidi. Si pensi
alla mancata comunicazione della data dell’assemblea, oppure a difetti di comunicazione delle parti
oppure ancora, perché no, ad una dimenticanza dell’amministratore. C’è poi il caso il cui l’assemblea
delibera la nomina di un amministratore senza aver vagliato il preventivo non per questi motivi
ma più semplicemente perché s’è deciso d’agire in tal modo. In questi casi la nomina, ossia la frase
“l’assemblea con il voto favorevole di … in rappresentanza di … millesimi nomina Tizio amministratore
del condominio” dev’essere considerata alla stregua d’una proposta del genere: “Tizio, vuoi accettare la
nomina quale amministratore del condominio?” Dovendo essere considerata una proposta per essa vale
quanto detto nel paragrafo precedente. Che cosa deve fare l’amministratore? Chiaramente ha due
opzioni: accettare o rifiutare. Nel primo caso trova applicazione l’art. 1129, quattordicesimo comma,
c.c. che recita:
l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente,
a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta.
Sorvoliamo sull’uso inesatto della lingua italiana (se l’amministratore sta accettando l’incarico,
sarebbe stato più corretto parlare di attività da svolgersi e non di attività svolta) per soffermarci
con maggiore attenzione su quello che la norma dice e soprattutto sulle conseguenze non dette.
L o
schema è chiaro: nomina, accettazione da parte dell’amministratore e contestuale precisa ed analitica
indicazione dell’importo dovuto per il compenso. Se l’amministratore non adempie, la nomina è da
ritenersi nulla. Ribadiamo ad essere nulla è la nomina, non la sua accettazione o il contratto.
Prima conseguenza: per contestare questo inadempimento è sufficiente impugnare la delibera e
non il contratto.
La specificazione analitica di quanto chiesto a titolo di compenso non è sufficiente per farlo ritenere
accettato; infatti, se la deliberazione di nomina non afferma nulla in merito al compenso (es. si
accetta come compenso quello che l’amministratore indicherà all’atto di accettazione della nomina) è
necessario un successivo passaggio assembleare. Che cosa accade se non c’è accordo? Ai sensi dell’art.
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1709 c.c. la misura del compenso, se “non è stabilita dalle parti, è determinata in base alle tariffe
professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice”. In buona sostanza: la mancanza di
accordo può portare ad un facile contenzioso per stabilire la misura del compenso dell’amministratore
Seconda conseguenza: sarebbe conveniente subordinare l’accettazione della nomina all’accettazione
del compenso. Ciò vorrebbe poter dire impossibilità di convocare l’assemblea da parte
dell’amministratore nominato ma non ancora formalmente in carica e quindi slittamento dei tempi
di assunzione dell’incarico.
Insomma l’atto di nomina con il quale si accetta il preventivo rappresenta sicuramente il procedimento
migliore e più spedito.
4. La redazione del preventivo per il proprio compenso: attenzione a non
dimenticare nulla
L’amministratore deve dire subito quanto guadagnerà per l’espletamento del proprio incarico. Si
tratti di preventivo o di comunicazione del compenso dopo la nomina (si veda supra Par. 3 e ss.), il
mandatario deve specificare analiticamente il proprio onorario. E’ importante, allora, non dimenticare
nulla, ma proprio nulla di quanto si vuole richiedere. Prima dell’entrata in vigore della “riforma” molti
amministratori, quelli che voi stessi amministratori onesti definireste furbetti, gonfiavano il proprio
compenso, inizialmente, bassissimo, con una serie di voci molto spesso di dubbia legittimità. D’ora
in poi ciò non sarà più possibile. L’amministratore dovrà dire: “il mio compenso omnicomprensivo
per l’anno di gestione sarà pari a X euro”. Ciò potrà essere fatto in due modi: specificando voce per
voce il costo complessivo, oppure indicando solamente il compenso finale. Per quanto detto nei
paragrafi precedenti, l’amministratore dovrà ottenere l’approvazione del compenso richiesto da parte
dell’assemblea. In entrambi i casi al termine dell’anno di gestione l’amministratore non potrà il alcun
modo reclamare alcun compenso aggiuntivo rispetto a quanto richiesto ed accordatogli.
Per un esempio di preventivo dettagliato vedi infra Sezione Moduli
5. Il rapporto di collaborazione: il contratto di mandato
“L’amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato
con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l’amministratore e ciascuno dei
condomini, delle disposizioni sul mandato” (così, tra le tante, Cass. SS.UU. n. 9148/08).
Quest’affermazione, resa dalla più autorevole tra le fonti giurisprudenziali (le Sezioni Unite della
Corte di Cassazione), è stata recepita anche dal Legislatore della “riforma”. All’art. 1129, quindicesimo
comma, c.c., infatti, è affermato che
“Per quanto non disciplinato dal presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla sezione I del capo
IX del titolo III del libro IV”.
Detto diversamente: i rapporti tra amministratore e condomini è regolato dall’art. 1129 c.c. e anche
dalle norme sul mandato. Si badi: tanto prima quanto dopo l’entrata in vigore della riforma il
riferimento è a ciascuno dei condomini e non al condominio poiché attualmente gli studiosi della
materia (seppur non unanimemente) e la maggior parte delle pronunce della Cassazione sono orientate
nel senso di non riconoscere personalità giuridica al condominio. Il rapporto contrattuale, come
evidenziato dalle Sezioni Unite nel 2008, deve intendersi instaurato tra l’amministratore ed i singoli
condomini in proporzione alle rispettive quote millesimali. La legge n. 220/2012 (la “riforma”) non
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ha affrontato il tema della personalità giuridica del condominio.
5.1 Mandato e amministrazione condominiale
L’art. 1703 c.c., che contiene la nozione di mandato, recita:
“il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto
dell’altra”.
Una parte ossia quella che conferisce il potere di compiere gli atti è detta mandante, mentre la
controparte, ossia chi si obbliga a compierli è detta mandatario. Nel caso dell’amministrazione
condominiale, quindi, i mandanti sono i condomini ed il mandatario l’amministratore. Il mandato
può essere con rappresentanza o senza rappresentanza. Nel caso del condominio si verte nella prima
ipotesi, ossia l’amministratore agisce verso l’esterno e nei rapporti interni potendo spendere la propria
qualità di legale rappresentante dei condomini rispetto alla gestione e custodia delle parti comuni.
Il mandatario deve compiere per i mandanti tutti i compiti che sono propri del ruolo che ricopre
e quelli che l’assemblea può deliberare nell’ambito delle proprie competenze. Degli esempi, come
spesso accade, chiariranno la portata di questa affermazione.
Caso pratico 1
L’amministratore, ai sensi dell’art. 1129 c.c. è tenuto ad accendere un conto corrente intestato ed utilizzarlo
per ogni attività concernente la compagine. In conseguenza di ciò il mandatario deve accendere il conto
corrente rivolgendosi di propria iniziativa all’istituto di credito che a suo modo di vedere propone le
condizioni più convenienti (o a quello indicatogli dall’assemblea).
Caso pratico 2
L’assemblea delibera di affidare l’incarico di pulizia delle parti comuni, fino ad allora condotto in
autogestione, ad un’impresa di pulizia scale. L’amministratore deve eseguire quella delibera.
Ciò riguarda competenze specificamente individuate dagli artt. 1129 e art. 1130 c.c., ma, come
si diceva, per quanto non è previsto dall’art. 1129 (e comunque da tutte le norme concernenti
l’amministrazione condominiale) si applicano le norme sul mandato. Così, ad esempio, è per i così
detti atti presupposti, vale a dire atti che servono per compierne altri. Infatti, ai sensi dell’art. 1708
c.c., rubricato Contenuto del mandato:
Il mandato comprende non solo gli atti per i quali è stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al
loro compimento.
Il mandato generale non comprende gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, se non sono indicati
espressamente.
Caso pratico 3
L’assemblea delibera esecuzione di lavori straordinari per i quali è necessario compiere alcune attività
amministrative (es. SCIA o permesso di costruire). La delibera, però, non si sofferma su questi adempimenti.
L’amministratore, per consentire la regolare esecuzione del lavori, potrà affidare ad un tecnico (magari allo
stesso direttore dei lavori), l’incarico di presentare tutta la documentazione necessaria.
In questo contesto vale la pena individuare un altro caso utile a comprendere l’estrema importanza
delle norme sul mandato in relazione all’amministratore di condominio. L’amministratore, lo vedremo
più avanti (infra Capp. IV, V e VI) esplica la propria attività attraverso dei provvedimenti. Questi
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possono essere contestati o ratificati. Che cosa accade se l’atto eccede dalle proprie attribuzioni?
La norma di riferimento è l’art. 1711, primo comma, c.c, riguardante i limiti del mandato che recita:
ll mandatario non può eccedere i limiti fissati nel mandato. L’atto che esorbita dal mandato resta a carico
del mandatario, se il mandante non lo ratifica.
Caso pratico 4
L’amministratore, senza che nemmeno in preventivo fosse stanziata una somma in tal senso, conferisce
incarico ad un’impresa per la pulizia delle scale e delle altre parti comuni. L’assemblea, al momento della
discussione ed approvazione del rendiconto di gestione non approva quest’atto. Di conseguenza i pagamenti
all’impresa dovranno essere eseguiti direttamente dall’amministratore.
6. Comunicazioni previste dall’art. 1129 secondo comma c.c.
Prima dell’entrata in vigore della legge n. 220/2012 (la così detta “riforma”), l’amministratore una
volta assunto l’incarico non doveva rispettare particolari norme riguardo le comunicazioni preliminari
con i condomini. La “riforma” ha cambiato le carte in tavola. E’ chiaro in questo senso il secondo
comma dell’art. 1129 c.c. che recita:
Contestualmente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico, l’amministratore comunica
i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la
denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell’articolo 1130, nonché i giorni
e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all’amministratore, può prenderne gratuitamente visione e
ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata.
La norma non dice a chi debbano essere comunicati questi dati. Siccome, lo s’è visto in precedenza
(supra Cap. I), a livello fiscale esistono già ben precisi obblighi, deve ritenersi che l’amministratore,
all’atto di accettazione dell’incarico debba comunicare ai condomini i vari dati indicati dal succitato
secondo comma. La ratio di tale imposizione (la cui inosservanza può portare alla revoca giudiziale,
cfr. art. 1129, dodicesimo comma, c.c. infra Cap. XI) è evidente: consentire ai condomini di conoscere
chi li amministra e sapere dove e quando chiedere informazioni e poter prendere visione dei registri di
anagrafica condominiale, di nomina e revoca dell’amministratore, dei verbali e della contabilità
e con che costi poterne estrarre copia.
La norma è chiara: è di questa documentazione che il condomino (rectius, ogni interessato, quindi
anche il conduttore per quanto di suo interesse) ha diritto a prendere visione presentandosi presso lo
studio dell’amministratore nei giorni ed alle ore indicate da quest’ultimo. Per i restanti documenti:
fatture, contratti, atti di cause, documentazione fiscale, ecc. accadrà quel che è sempre accaduto
fin’ora: tutti i condomini, in ogni tempo, hanno diritto di prendere visione ed estrarre copia dei
documenti condominiali senza dover dimostrare uno specifico interesse, purché la richiesta non abbia
come solo scopo quello d’intralciare l’attività dell’amministratore ((così Cass. 20 novembre 2001 n.
15159). Chiariamo il tutto con un esempio.
Caso pratico 1
Tizio, proprietario di un appartamento nel condominio Alfa, si presenta presso lo studio dell’amministratore
il primo lunedì del mese alle ore 17 per prendere visione dell’anagrafica condominiale. L’amministratore,
poiché si tratta del giorno e dell’ora indicati nella comunicazione ex art. 1129, secondo comma, c.c. deve
soddisfare la richiesta del condomino.
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Caso pratico 2
Caio, proprietario di un appartamento nel condominio Beta, si presenta presso lo studio dell’amministratore
il primo lunedì del mese alle ore 17 per prendere visione degli atti di una causa che si terrà da lì a pochi
giorni. L’amministratore pur comprendendo le ragioni di Caio gli dice che quel giorno non è possibile
evadere la sua richiesta e che deve tornare tra giorni dopo. Il condomino protesta e afferma che per legge egli
è tenuto a mostrargli quei documenti nel giorno indicato ai sensi dell’art. 1129, secondo comma, c.c. ma
l’amministratore controbatte dicendo che quella norma riguarda solamente alcuni documenti, esattamente
quelli indicati dall’art. 1130 nn. 6 e 7 c.c.
6.1 Comunicazioni e dati sempre aggiornati: risolvere il problema con la carta
intestata ed un cartello nell’edificio
Come fare, soprattutto nei casi in cui si amministra un numero elevato di condominii, a ricordare di
comunicare a tutti i condomini le informazioni di cui al secondo comma dell’art. 1129 c.c.
Vale la pena strutturare i ricevimenti in modo personalizzato, ad esempio, i condominii con nomi
compresi tra A ed L il lunedì della prima settimana del mese alle ore 17 e quelli con denominazione
tra M e Z in altra data, oppure prevedere un unico giorno per tutti? La risposta al quesito dipende
soprattutto da com’è strutturata l’organizzazione dello studio. Un ufficio che ha uno sportello
aperto dal lunedì al venerdì (o magari anche il sabato mattina) può assorbire le richieste in modo
differente da uno che è aperto al pubblico solamente due o tre giorni la settimana. C’è poi da dire
che personalizzare o quanto meno frazionare i giorni di ricevimento per la visione dei documenti
di cui all’art. 1129, secondo comma, c.c. ha un altro inconveniente: dover tenere a mente ogni
data e rinnovarne la comunicazione con invii personalizzati ad ogni rinnovo d’incarico. Per carità
se lo studio, com’è naturale attendersi, utilizzata mezzi e strumenti informatici, allora il grosso del
lavoro verrà fatto dalle macchine. Ma c’è una soluzione che, come si suole dire, taglia la testa al toro.
Utilizzare un unico giorno per tutti i condomini (se inviate regolarmente i verbali ed i condomini
hanno copia del regolamento, è difficile ipotizzare continui o sporadici assembramenti per prendere
visione del registro di contabilità e di quello di nomina e revoca degli amministratori) e inserire questa
comunicazione, assieme a tutti gli altri dati indicati dall’art. 1129 secondo comma, c.c. nella carta
intestata dello studio ed in un cartello con tutti i recapiti che avrete cura di far affiggere nell’androne
dell’edificio.
6.2 La targa con i recapiti dell’amministratore
Le informazioni che l’amministratore deve fornire non si limitano alle comunicazioni ai condomini.
Ogni mandatario, dopo l’entrata in vigore della “riforma” (a dire il vero il molte città quest’obbligo
era previsto dai regolamenti comunali), deve rendere pubblico che amministra un dato condomino
attraverso una targa. Di questo adempimento si occupa il sesto comma dell’art. 1129 c.c. che recita:
“Sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa l’indicazione
delle generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici, dell’amministratore”.
Il cartello dev’essere visibile anche ai terzi (leggasi estranei rispetto alla compagine): insomma tutti
devono essere messi nelle condizioni di sapere chi amministra un condominio. Non si tratta di una
norma volta a soddisfare una semplice curiosità ma di un’utile indicazione per poter interloquire senza
ritardi con il rappresentante dei condomini. Si pensi solamente alla notificazione degli atti giudiziari.
Si tratta di uno dei primi adempimenti che ogni amministratore deve compiere con spese a carico dei
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condomini in ragione dei millesimi di proprietà. Volete far bella figura con i comproprietari puntando
contemporaneamente su praticità, immediatezza e risparmio? Fate installare una targa con interno
inseribile ed estraibile. In questo modo la cornice resterà fissa e ogni volta basterà semplicemente
inserire ed estrarre i fogli plastificati con i dati identificativi senza dover chiamare un operaio (se
non c’è il portiere) per far eseguire l’operazione. Questo adempimento riguarda anche il così detto
amministratore di fatto. A stabilirlo è il settimo comma dell’art. 1129 c.c. a mente del quale:
“in mancanza dell’amministratore, sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile
anche ai terzi, è affissa l’indicazione delle generalità e dei recapiti, anche telefonici, della persona che svolge
funzioni analoghe a quelle dell’amministratore”.
Per un esempio di targa condominiale vedi infra Sezione Moduli
7. Cambio di domiciliazione delle bollette
Tra le prime incombenze per l’amministratore subentrante o comunque per un primo amministratore
di un edificio già dotato d’ogni servizio, v’è sicuramente quella di volturare le bollette. Energia elettrica,
gas, acqua potabile: per i fornitori di questi servizi, fino a nuova comunicazione, il destinatario è si
il condominio, ma in persona dell’amministratore a loro noto. Ergo: se il fornitore non sa nulla del
cambio, le bollette continueranno ad essere recapitate presso l’ufficio di questa persona.
Modificare la domiciliazione della bolletta è
operazione semplicissima. Dotatevi di una fattura (vi sarà chiesto il codice cliente), del codice fiscale
del condominio e di ogni dato a voi relativo utile per questo genere di comunicazione (solitamente
nome, cognome, codice fiscale ed indirizzo dello studio). Il cambio, a seconda del gestore, può essere
effettuato telefonicamente, con procedura via web o con consegna di apposito modulo presso gli
uffici competenti.
8. Prima apertura e cambio d’intestazione del conto corrente condominiale
Apertura e cambio d’intestazione del conto corrente condominiale sono operazioni che necessitano di
presentazione di documentazione alla banca o all’ufficio postale prescelti per la sua apertura.
Solitamente, ossia procedendo con l’operazione presso gli sportelli bancari o postali, è necessario
portare con sé la deliberazione di nomina, il codice fiscale del condominio ed i propri documenti
identificativi. La procedura è sostanzialmente identica sia per la prima apertura sia per il cambio
d’intestazione. Rispetto al periodo anteriore alla “riforma”, poiché l’apertura del conto corrente
è divenuta obbligatoria (art. 1129 c.c.), non è indispensabile produrre la deliberazione con la
quale si autorizza il mandatario ad accendere il conto. L’attivazione ed il cambio d’intestazione del
conto corrente condominiale devono essere fatti quanto prima. La legge è chiara: l’amministratore
deve aprire ed utilizzare il conto corrente condominiale altrimenti può essere revocato con ricorso
all’Autorità Giudiziaria previo tentativo di regolarizzazione in sede assembleare (art. 1129, undicesimo
comma, c.c.). Poiché non è solamente la mancata apertura del conto ad essere sanzionata, ma anche il
mancato utilizzo, ne discende che è sanzionabile anche il disinteresse rispetto al cambio d’intestazione.
Nel silenzio dell’assemblea spetta all’amministratore decidere a quale istituto di credito rivolgersi.
Se possibile tecnicamente, non deve escludersi la possibilità di apertura di un conto corrente online.
9. Comunicazioni agli altri fornitori e incontri conoscitivi
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Il manutentore dell’impianto di riscaldamento, quello dell’impianto di ascensore ed ancora la ditta
che si occupa dell’autoclave, il giardiniere, il fabbro, l’elettricista ecc. ecc. A meno che non ci si rivolga
ad una società di servizi, in condominio s’ha a che fare con una pluralità di fornitori. Tutte persone
che intrattengono, principalmente, rapporti con l’amministratore di condominio; tutte persone
che devono essere informate del cambio di guida della compagine. Rispetto alle comunicazioni
ai condomini (cfr. supra Par. 6) non v’è alcun obbligo al cui adempimento può seguire la revoca
giudiziale. Certo è che non può si arrivare al paradosso di credere che l’amministratore non debba
avvisare i fornitori di questo cambio. E’ vero, gli artt. 1129, 1130 c.c. ed in genere quelli riguardanti
la gestione del condominio non dicono nulla in merito, ma ciò non deve portare a conclusioni
affrettate. Ricordate che cosa s’è detto rispetto al rapporto amministratore–condominio? Che esso è
disciplinato, per ciò che non previsto dalle norme condominiali, dalle regole dettate per il mandato.
Come s’è detto in precedenza (supra Par. 5.1), ai sensi dell’art. 1708 c.c.
“il mandato comprende non solo gli atti per i quali stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al
loro compimento”.
L’incarico, inoltre, dev’essere sempre portato avanti nell’osservanza della famigerata “diligenza del
buon padre di famiglia” (art. 1710 c.c.) ergo: deve ritenersi conforme a queste regole e principi la
comunicazione ai fornitori della presa in gestione del condominio con contestuale indicazione di
tutti i recapiti (contatti telefonici, email, orari ricevimento). E’ sempre utile anche perché segno di
disponibilità e correttezza, cercare di fissare un appuntamento con i vari fornitori quanto prima,
sia per farne la conoscenza (se già non li si conosce), sia per saldare eventuali pendenze o nei casi di
mancanza di liquidità per provare a concordare un piano di rientro del debito (leggasi in tal senso, ad
esempio, presa in gestione di un condominio economicamente disastrato per cattiva gestione o frodi
da parte del precedente amministratore).
Per un esempio di comunicazione ai fornitori vedi infra Sezione Moduli
10. Richiesta al precedente amministratore di consegnare la documentazione
Essere nominato amministratore di condominio ma non avere i documenti che consentono una
corretta gestione della compagine è come avere una bicicletta con le ruote sgonfie. Per carità, non è
impossibile guidarla ma, si sa, non è la stessa cosa, anzi il rischio è anche quello di rovinare i cerchi.
Lasciando il parallelismo, è chiaro che per la gestione di un condominio la situazione, evidentemente,
è più complicata se non addirittura impossibile. Qual è il codice fiscale del condominio del quale
chiedere la variazione dell’intestazione? Chi è il fornitore dell’energia elettrica? Chi il manutentore
dell’autoclave? Chi sono i condomini? Dove inviare gli avvisi? Che cosa dice il regolamento di
condominio? E le tabelle millesimali? Esistono deliberazioni che attendono d’essere eseguite?
Non conoscere i nomi di tutti i condomini non consente una gestione spedita e libera da incertezze
sul corretto invio di comunicazioni e convocazioni. Non conoscere le tabelle millesimali significa
non poter ripartire correttamente le spese, e così via. I disagi, insomma, sono facilmente intuibili.
Certo, non sempre la situazione è così catastrofica. A volte anche una semplice coincidenza tra
passaggio delle consegne e invio delle bollette può far si che una fattura da pagare non sia inviata
all’attuale amministratore ma al precedente. Alle volte, invece, è l’amministratore subentrante a
tardare con i cambi di domiciliazione non ricevendo in tal modo tutta la corrispondenza. Ciò che si
vuol rappresentare è che per i più svariati motivi può essere necessario chiedere all’amministratore
precedente della documentazione condominiale. 50
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Che cosa fare? Partiamo da un dato certo. Ai sensi del nono comma dell’art. 1129 c.c.
“alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo
possesso afferente al condominio e ai singoli condomini […]”.
L’amministratore uscente, quindi, conosciuto il nome del subentrante deve consegnare tutta la
documentazione. Di questo passaggio è sempre bene che resti traccia con minuziosa elencazione
dei documenti consegnati. Solitamente è chi consegna a predisporre il tutto. E’ bene che chi riceve
controlli a dovere la rispondenza tra ciò che viene affermato nel verbale di consegne e ciò che viene
consegnato.
Chiarito questo aspetto, come bisogna agire? La pratica quotidiana insegnerà a capire se la consegna
della documentazione avverrà semplicemente o se, invece, bisognerà penare. Se i rapporti sono buoni
è sempre bene far precedere la richiesta scritta da una telefonata del tipo “collega, ti invio un fax per
questo motivo: al momento della consegna c’è sfuggito questo documento, me la invii?”, oppure “credo che
nel frattempo era stata già inviata questa lettera, ti risulta? Me la invieresti per piacere?”, ecc. Il fax o
comunque la comunicazione scritta, in tono amichevole, può essere inutile se la consegna dell’ulteriore
documentazione richiesta è immediata. Se i documenti richiesti tardano ad arrivare è necessario
iniziare a preoccuparsi. Anche qui, la pratica ci darà la misura del modo migliore d’agire. Se il collega
che c’ha preceduto nella gestione è notoriamente debole di memoria meglio insistere bonariamente
piuttosto che irrigidire i rapporti. Se, invece, temete che sia inutile continuare a tergiversare con
richieste bonarie, non esitate ad inviare una lettera di messa in mora.
Va ricordato, infatti, che alla mancata consegna della documentazione condominiale può seguire
un’azione giudiziaria urgente (ex art. 700 c.p.c., come si dice in gergo tecnico) che consente d’ottenere
un ordine di consegna da parte del Tribunale (si veda, in tal senso, Tribunale di Bari 17 marzo 2010
n. 967).
Per un esempio di lettera bonaria per la consegna della documentazione, lettera di messa in
mora e ricorso ex art. 700 c.p.c. vedi infra Sezione Moduli
11. Richiesta al precedente amministratore di consegnare la cassa condominiale
Alle volte non sono i documenti a mancare. Spesso ciò che manca è la cassa! Il fatto, per certi versi,
è ancora più grave. Sapere cosa fare ma non poterlo fare, se non a costo di richiedere ai condomini
di versare nuovamente per evitare sospensioni di servizi, forse è ancor più increscioso. Chiaramente
la somma mancante deve emergere dalla contabilità e/o dal passaggi di consegne: insomma oltre ad
avere il sospetto che manchi qualcosa dev’esservi pure la prova dell’ammanco. Se la situazione non è
chiara, per verificare eventuali irregolarità i condomini, con le maggioranze indicate dall’art. 1130bis c.c. (maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresenti almeno 500 millesimi) possono
sempre disporre la revisione contabile riferibile ad uno o più anni di gestione.
L’obbligo di apertura del conto corrente condominiale dovrebbe risolvere questo problema: al neo
amministratore dovrebbe bastare recarsi presso la filiale di banca o della posta nei modi indicati in
precedenza (supra Par. 8). Ad ogni buon conto è sempre necessario sapere che cosa fare nel peggiore
dei casi, ossia se l’amministratore uscente non consegna la cassa. Il pensiero corre subito alla querela.
La querela è una possibilità, anzi spesso l’unica possibilità. Prima d’ogni cosa, però, è necessario fare
di tutto per ottenere indietro i soldi. Di tutto, naturalmente, in senso legale. Contatti telefonici
e raccomandate di messa in mora non devono mancare. Se questi tentativi non sortiscono effetto
allora potete giungere alla ragionevole conclusione che il vostro predecessore si sia appropriato del
“malloppo”. A quel punto la querela diviene necessaria. Si tratta di un reato perseguibile d’ufficio
per cui basta una semplice denuncia non incorrendosi, così, nel rischio di difetto di legittimazione a
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proporre querela da parte dell’amministratore (Cass. pen. 18 febbraio 2011 n. 6197, sul punto vedi
infra Cap. VII).
12. Richiesta di chiarimenti al precedente amministratore
Molte volte subentrare nella gestione potrebbe non essere così semplice come ci si potrebbe
immaginare. Pur essendo stata consegnata ogni cosa, infatti, la situazione del condominio appena
preso in gestione potrebbe non risultare facilmente comprensibile. Una causa in corso la cui dinamica
non appare lineare, alcuni condomini che versano le quote dovute in modo difforme rispetto agli
altri (magari semplici ritardi che dall’esterno possono apparire come inadempimenti), richieste dei
condomini dettate, a loro detta, dalla consuetudine instaurata con il precedente mandatario. Ed
ancora, chiarimenti su rendiconti precedenti, su spese da saldare, ecc. Insomma alle volte le dinamiche
della gestione quotidiana sfuggono a quanto riportato da delibere, regolamento e documentazione
varia. Oppure può accadere che chi ci precede pur non avendo commesso alcun illecito, abbia passato
delle carte poco chiare (magari la mancanza di comprensione con i condomini è stata alla base della
revoca). La domanda, come diceva qualcuno, sorge spontanea: che cosa fare in questi casi? Non
ci si faccia prendere da una sorta di orgoglio professionale che si condensa in pensieri del genere:
“Se domando qualche chiarimento farò sicuramente la figura dell’incapace”. Probabilmente è più
incapace chi non capendo, preferisce, per vergogna o per orgoglio, restare in silenzio e cercare di
arrabattarsi per proprio conto. Certamente chi opera così non è un bravo professionista e non opera
nell’interesse dei condomini, dei quali è mandatario e per conto dei quali deve agire sempre con
la diligenza del buon padre di famiglia. Insomma non ci si faccia prendere da sensi di vergogna
o da moti d’orgoglio: si cerchi di fare il massimo sforzo per comprendere la situazione sulla base
delle carte, ma se ciò non è possibile meglio prendere contatto con l’amministratore precedente
per fugare i propri dubbi. Anche per questa ragione, oltre che per un generale dovere deontologico
e di educazione e salvo casi particolari (collega sfuggente, reticente o peggio ancora truffaldino), è
sempre bene che i rapporti con i colleghi siano caratterizzati da serenità, rispetto ed educazione. Con
chi vi precede, salvo pregressi rapporti, tutto parte dal passaggio di consegne. Chi vi sta passando le
carte non è per forza un mascalzone. Anzi stando alle regole del vivere comune ed a quelle legali, lo
si deve considerare una persona per bene. Perdere un condominio o lasciarlo per incompatibilità o
altri motivi è una cosa che può accadere a chiunque. Il momento della consegna, pertanto, fermo
restando il primario ed ineludibile obbligo di rappresentare gli interessi dei vostri rappresentati, non
dev’essere fatto che genera screzi o tensioni ma semplice ed ordinaria amministrazione dell’inizio del
vostro incarico.
13. Fissazione dell’assemblea per la valutazione della situazione pregressa e
suggerimenti da parte dell’amministratore
Una delle prime cosa da fare è quella di considerare l’opportunità di valutare la situazione del
condominio assieme ai condomini. Spieghiamoci meglio: l’amministratore, in ragione del suo ruolo
di legale rappresentante delle parti comuni, ha una serie di poteri d’iniziativa azionabili d’ufficio. Un
esempio su tutti chiarirà la portata di quest’affermazione Il vostro predecessore non vi consegna il
carteggio condominiale? Potete ricorrere al giudice senza la preventiva autorizzazione assembleare.
Poi ci sono poi i rapporti con i fornitori (es. ottenimento di dilazioni di pagamento per il caso
d’insolvenza), una causa da intraprendere (l’amministratore, per le materie di sua competenza, può
nominare di sua iniziativa il legale cui affidare l’incarico), ecc. Insomma tutte ipotesi in cui la legge
consente di agire in modo indipendente. Comportamenti decisionisti, salvo casi d’urgenza, soprattutto
nella fase iniziale del rapporto sono da evitare. Per far comprendere ai condomini che il vostro modo
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di lavorare mira alla gestione del condominio nel loro interesse e non fare business sulle loro tasche
(garantendo la gestione dei servizi a ditte amiche), il modo migliore è proprio quello di convocare
un’assemblea per valutare in quella sede tutte le questioni aperte che possono essere risolte in modo
diverso rispetto a quanto ipotizzato se s’agisse di propria iniziativa.
Ad esempio: se la documentazione ancora da ottenere è poca e comunque
ottenibile in altro modo (es. qualche fattura di un’impresa che può fornirne copia), perché iniziare
una causa che sicuramente è più costosa? Meglio suggerire all’assemblea questa ipotesi o comunque
comunicargli d’aver agito in tal senso. Se c’è una causa che dev’essere iniziata o nella quale bisogna
resistere perché non chiedere ai condomini a quale avvocato affidare l’incarico? E’ sempre bene che
l’amministratore “non tiri fuori dal cilindro” persone di propria fiducia, fintanto che non s’è cementato
il rapporto di fiducia. A dire il vero in generale è buona regola che l’amministratore sottoponga alla
valutazione dell’assemblea il nominativo di un’impresa o di un professionista solamente se gli viene
richiesto o quando si rende conto che ciò è utile per superare situazioni d’empasse magari dovute alla
totale mancanza di conoscenze nel campo oggetto della deliberazione.
14. Assunzione dell’incarico durante un anno di gestione: il ricalcolo del preventivo
con il compenso pattuito
L’amministratore può essere revocato in ogni momento purché l’assemblea prenda questa decisione
con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti ed almeno 500 millesimi. Lasciamo da
parte, per ora, la questione connessa al risarcimento per ingiustificata revoca anticipata (cfr. Cap.
XII) ed affrontiamo un aspetto di non secondaria importanza.
Alla revoca, almeno
nei condomini in cui ciò è obbligatorio, deve seguire la nomina di un nuovo mandatario.
Caso pratico
Si supponga che l’amministratore revocato avesse chiesto ed ottenuto un compenso annuo complessivo pari
ad € 2.000,00 I condomini ben presto si sono resti conto del reale motivo d’una cifra così basso rispetto
all’impegno necessario per la gestione della compagine. Il nuovo nominato, invece, ha preteso una cifra più
alta, diciamo € 3.500,00.
Chiaramente l’esempio vale anche per l’ipotesi inversa, ossia quando i condomini, resisi conto
dell’esosità del compenso del mandatario, abbiano deciso di “mandarlo a casa”. Una delle prime
incombenze in casi del genere è quella di modificare il preventivo annuale di spesa in modo da
calibrare subito la rata comprendendo il nuovo compenso. E’ prassi, infatti, che nell’elaborazione del
preventivo e dell’allegato piano di ripartizione s’inserisca il compenso dell’amministratore. In questo
modo il professionista, con la cadenza prescelta o deliberata dall’assemblea, potrà emettere fattura per
il pagamento delle proprie spettanze. Il cambio di compenso, evidentemente, comporta un cambio
della quota da versare. Chiaramente questo passaggio non è obbligatorio: se il compenso che è stato
deliberato è maggiore, la differenza potrà essere sempre inserita nel rendiconto con conseguente
conguaglio a favore della compagine. Tuttavia, soprattutto nelle ipotesi in cui il compenso del
subentrante è inferiore a quello del revocato, modificare il preventivo aggiornandolo ai cambiamenti,
vuol dire dare ai condomini l’immediata percezione del risparmio e quindi, un segno tangibile della
ragione del cambiamento.
15. Redazione del preventivo e del relativo piano di riparto per la gestione annuale
Quanto detto nel paragrafo precedente vale per le “sostituzioni” in corso di anno. Se l’amministratore,
però, è chiamato a gestire il condominio all’inizio dell’anno o magari è il primo amministratore di
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quella compagine, uno dei compiti imprescindibili per poter gestire la compagine è quello di redigere
il preventivo di gestione ed il relativo piano di riparto. Lasciando al prosieguo (infra Cap. V) le
questioni più strettamente connesse ai risvolti giuridici della presenza del preventivo e relativo riparto,
in questa sede ci soffermeremo su alcuni aspetti utili a “far partire con il piede giusto” il rapporto.
Fornitori
Non c’è nulla di più sbagliato per un amministratore che prendere in gestione un condominio ed
imporre, o cercare di farlo, le imprese manutentrici di sua fiducia. Anche se lo scopo non è quello
di ottenere “la percentuale” sul guadagno dell’impresa, l’intenzione, il più delle volte, sembra quella.
Un buon amministratore deve apparire trasparente oltre che esserlo. I preventivi annuali, quindi, a
maggior ragione il primo, non devono contenere variazioni del genere. Unica eccezione: che siano i
condomini a chiedere dei cambiamenti affidandosi a voi.
Primo preventivo
Qualcuno potrebbe osservare: “Ok, se prendo in gestione una compagine già ”avviata” mi comporto come
suggerite, ma se il condominio è di nuova costituzione e quello che presento è il primo preventivo dell’intera
vita della compagine, perché non suggerire imprese e manutentori di mia conoscenza?”. Il motivo è lo
stesso: devono essere sempre i condomini a decidere o a chiedervi di farlo. Prendere l’iniziativa e dire:
“Consiglio l’impresa Alfa per la pulizia delle scale, quella Beta per la manutenzione dell’ascensore, ecc.”
è sbagliato, in quanto anche se si tratta di primo preventivo si dà l’idea di voler “piazzare” le ditte
amiche. È sempre meglio consigliare solo se richiesto.
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Capitolo 3. Primi passi in condominio.
1. L’individuazione delle parti comuni.
Fin’ora abbiamo dato per scontata la definizione di condominio soffermandoci prima d’ogni cosa sugli
aspetti che riguardano la figura dell’amministratore. Per iniziare al meglio questo capitolo, invece, è
necessario guardare alla nozione di condominio al fine di spiegare nel migliore dei modi l’esatto ruolo
del mandatario dei condomini. Il condominio, dottrina e giurisprudenza concordano sul punto, è
una particolare forma di comunione nella quale coesistono parti dell’edificio di proprietà esclusiva (le
unità immobiliari) e parti comuni alle prime ed utili al loro godimento. In questo contesto, pertanto,
l’oggetto dell’amministrazione di condominio è rappresentato dalla gestione e conservazione delle
parti comuni dell’edificio.
Quali sono le parti comuni? Sul punto un ruolo fondamentale è rivestito dal titolo (leggasi atti
d’acquisto e/o regolamento contrattuale trascritto presso la conservatoria dei pubblici registri
immobiliari) e dall’art. 1117 c.c. rubricato, per l’appunto, Parti comuni dell’edificio.
Art. 1117 (Parti comuni dell’edificio)
Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche
se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:
1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le
fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di
ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso
l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali
e funzionali, all’uso comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli
ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di
trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria,
per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche
da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà
individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo
quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.
La legge di modifica della disciplina del condominio negli edifici, più brevemente detta riforma del
condominio, ha modificato l’articolo appena citato inserendovi dei cenni ad alcune parti o impianti
che, prima della sua approvazione, era considerati comuni grazie all’opera della giurisprudenza. Il
titolo di cui parla la norma, quindi, può ridurre o ampliare il novero dei beni comuni. Esempio
classico è quello riferibile al lastrico solare rispetto al quale non è raro che gli atti d’acquisto ne riservino
la proprietà a favore dei proprietari degli ultimi piani. In casi del genere queste parti dell’edificio
escono dal novero dei beni condominiali pur se citate dall’art. 1117 c.c. in quanto l’atto d’acquisto
(e quindi la volontà delle parti) prevale sulla lettera della legge. Le parti comuni, tuttavia, non sono
solamente quelle individuate dai titoli e dall’articolo in esame. Infatti, questo elemento dev’essere
tenuto a mente da ogni amministratore e condomino, l’art. 1117 c.c. non esaurisce l’elenco di beni,
impianti e servizi che possono essere considerati condominiali. Dottrina (cfr. Tortorici, Manuale del
condominio, Ipsoa, 2006) e giurisprudenza (cfr. tra le tante Cass. 13 marzo 2009, n. 6175), infatti,
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affermano costantemente che l’art. 1117 c.c. contiene un’elencazione non tassativa ma meramente
esemplificativa dei beni condominiali. La riforma del condominio (legge n. 220/2012) non ha
intaccato questo principio. In questo stato di cose, pertanto, è lecito domandarsi: quali sono i criteri
cui affidarsi per comprendere se una parte dell’edificio, debba essere considerata di proprietà
condominiale o esclusiva? Secondo la Cassazione, che si è egregiamente espressa sull’argomento:
“affinché possa operare, ai sensi dell’art. 1117 c.c., il cosiddetto diritto di condominio, è necessario che
sussista una relazione di accessorietà fra i beni, gli impianti o i servizi comuni e l’edificio in comunione,
nonché un collegamento funzionale fra primi e le unità immobiliari di proprietà esclusiva. Pertanto,
qualora, per le sue caratteristiche funzionali e strutturali, il bene serva al godimento delle parti singole
dell’edificio comune, si presume - indipendentemente dal fatto che la cosa sia, o possa essere, utilizzata da
tutti i condomini o soltanto da alcuni di essi - la contitolarità necessaria di tutti i condomini su di esso”
(così Cass. 21 dicembre 2007 n. 27145).
Funzionalità ed accessorietà di parti, impianti e servizi rispetto alle unità immobiliari di proprietà
esclusiva. Se sussiste questa correlazione, allora il bene dev’essere considerato condominiale. Al
contrario, invece, si tratterà di parte di proprietà esclusiva. Si noti bene: quanto appena affermato
vale anche per i beni elencati dall’art. 1117 c.c. Come dire: la legge afferma una cosa ma la realtà dei
fatti può smentirla.
Caso pratico
Nel condominio Alfa, che si compone di dieci unità immobiliari ed altrettanti proprietari, esiste una scala
che porta al piano interrato nel quale sono ubicate tre unità immobiliari, destinate a cantina, di proprietà
di tre dei condomini. Gli atti d’acquisto non dicono nulla in merito al regime proprietario. Sorge la necessità
di eseguire dei semplici interventi di manutenzione ordinaria e di conseguenza di ripartirne le spese. Chi
deve parteciparvi? In questo caso, posto che le scale hanno un collegamento funzionale ed accessorio con
una parte dell’edificio di cui si servono solamente tre condomini, la spesa dovrà essere ripartita tra questi
tre, in quando quel bene non può considerarsi in condominio tra tutti i comproprietari ma solo tra gli
interessati (art. 1123, terzo comma, c.c.) Chiaramente se la cantina fosse stata unica, allora, la spesa
avrebbe riguardato solamente il proprietario della medesima.
Non sempre la situazione è così lineare. Si prenda l’esempio del sottotetto. Da circa un decennio la
Cassazione affermava che
“l’appartenenza del sottotetto (non indicato nell’art. 1117 c.c. tra le parti comuni dell’edificio, nella sua
formulazione pre-riforma n.d.A.) si determina in base al titolo ed in mancanza in base alla funzione cui
esso è destinato in concreto. Pertanto, ove trattasi di vano destinato esclusivamente a servire da protezione
dell’appartamento dell’ultimo piano esso ne costituisce pertinenza e deve perciò considerarsi di proprietà
esclusiva del proprietario dell’ultimo piano, mentre va annoverato tra le parti comuni se è utilizzabile,
anche solo potenzialmente, per gli usi comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di comunione
prevista dalla norma citata, la quale opera ogni volta che nel silenzio del titolo il bene sia suscettibile, per
le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi” (Cass. 19 dicembre 2002,
n. 18091).
L’attuale art. 1117 c.c., che nella sua nuova formulazione sostanzialmente ricalca il dettato
giurisprudenziale, non ha aiutato a portare maggiore chiarezza. Sicuramente la presenza di una
botola d’accesso in un corridoio comune, unitamente all’assenza di isolamento termico delle parti
sono segnali d’una funzione al servizio dell’edificio e non di una singola unità immobiliare, ma la
situazione, si converrà, è sicuramente meno chiara di quella esposta nel caso pratico. Ed allora? Allora
se tutte le parti non sono d’accordo tra loro, ergo se tutti i condomini non concordano nel ritenere
condominiale o di proprietà esclusiva quel bene, l’unica strada percorribile è quella del contenzioso.
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In tali ipotesi, si vedrà più nel dettaglio nel prosieguo (infra Cap. VII), il ruolo dell’amministratore
è marginale in quanto trattandosi di contenzioso che incide direttamente sul diritto di proprietà e
non sulla sua gestione, è necessario il coinvolgimento di tutti i condomini (cfr., tra le tante, Cass. 9
maggio 2013 n. 10996). A partire dal 19 settembre 2013 (e per i quattro anni successivi, cfr. art. 5,
comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010) il tentativo di conciliazione è tornato ad essere obbligatorio anche
nelle controversie concernenti diritti reali e condominio. Insomma prima d’una causa in materia di
proprietà di parti dell’edificio è sempre necessario rivolgersi ad un organismo di mediazione.
Ad ogni buon conto, sovente una lettura degli atti presenti nel carteggio condominiale, ossia del
regolamento, soprattutto se di natura contrattuale, e degli eventuali atti d’acquisto è risolutiva,
nel senso che consente una precisa individuazione delle cose comuni.
Questo è il
contesto in cui l’amministratore che prende in gestione il condominio è chiamato a muoversi: visto
quanto detto nel corso del paragrafo, quind, l’amministratore deve limitari ad agire nel rispetto di
quanto specificato dalla legge, dai titoli e comunque della chiara ed inconfutabile situazione di fatto.
Il resto, ossia attriti e contenziosi, riguardano i condomini, restando in tali casi all’amministratore un
mero ruolo di mediatore (in senso atecnico) tra le parti.
2. Servitù, dei diritti dei singoli e delle limitazioni all’uso delle parti comuni e di
proprietà esclusiva
Al neo eletto amministratore non basta conoscere quali siano le parti comuni; egli, per operare
correttamente, deve sapere anche se le parti comuni o quelle di proprietà esclusiva siano gravate
o avvantaggiate da particolari vincoli. Il motivo è semplice: l’amministratore, lo vedremo nel
dettaglio più avanti (infra Cap. IV), deve compiere gli atti conservativi delle parti comuni e fare
rispettare delibere e regolamento di condominio. Ergo: se esistono servitù a favore (o gravanti) delle
cose comuni o se il regolamento contrattuale pone dei limiti all’uso delle parti condominiali e/o di
proprietà esclusiva, l’amministratore deve saperlo perché rientra nei suoi poteri e doveri di gestione
quello di verificare l’esatto esercizio di diritti che coinvolgono le parti comuni a qualunque titolo.
Ciò detto e prima di entrare nel dettaglio vale la pena fornire alcune definizioni.
Che cos’è una servitù? Lo specifica l’art. 1027 c.c. a mente del quale:
La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a
diverso proprietario.
La servitù è un diritto reale di godimento su cosa altrui. L’utilità deve riguardare direttamente il fondo
e qualunque sia il suo proprietario nel corso del tempo dev’essere garantito l’esercizio del diritto.
Esempio tipico di servitù è quella di passaggio.
Esistono, poi gli oneri reali. O meglio, probabilmente esistono, visto che la dottrina non è
unanimemente orientata a riconoscerne l’esistenza. Essi sono definiti come obblighi per l’onerato di
fare o dare al proprietario del fondo avvantaggiato determinate cose (cfr. F. Caringella, Manuale di
diritto civile, Volume 2 Le obbligazioni, Giuffrè, 2008).
Ci sono poi i vincoli alle unità immobiliari di proprietà esclusiva o alle parti comuni.
Tutte situazioni di cui l’amministratore deve essere cosciente e delle quali può venire a conoscenza
attraverso l’attenta lettura della documentazione condominiale.
3. La lettura delle delibere, del regolamento e delle tabelle millesimali
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Inutile negarlo: la prima cosa che si deve fare una volta acquisito il carteggio del nuovo condominio
di cui s’è assunto l’incarico di amministratore è studiare. La prospettiva può non piacere a chi non
piace leggere, ma come sempre lo studio è fondamentale per affrontare la realtà circostante con
consapevolezza e preparazione. Nel caso del condominio, dicendola in maniera meno filosofica e
più pratica, gli amministratori devono sapere che cosa i condomini hanno deciso nel corso degli
anni e come hanno deciso di regolare stabilmente la gestione delle parti comuni. Insomma per il
neo amministratore è d’obbligo conoscere deliberazioni e regolamento. Leggerli vuol dire, come s’è
visto, venire a conoscenza di eventuali servitù, avere piena contezza di quali siano le parti comuni
(nel caso di regolamento contrattuale), conoscere le modalità di convocazione dell’assemblea e tutto
quanto può essere oggetto di regolamentazione da parte dell’assemblea. Conoscere le delibere vuol
dire anche sapere se è stata tralasciata l’esecuzione di qualcuna, se l’assemblea ha ampliato o ristretto,
ove possibile, i poteri dell’amministratore (si pensi all’obbligo derogabile di agire contro i condomini
entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, cfr. Cap. V), insomma iniziare il proprio lavoro nel modo
migliore possibile. Non sempre è facile comprendere il senso del deliberato, soprattutto per chi è
avulso da determinate dinamiche interne alla compagine. Segnate tutti i dubbi su un taccuino e
chiedete chiarimenti ai condomini e comunque discutetene alla prima assemblea utile. Non ha
senso agire come se si fosse compreso tutto per il solo timore di mostrarsi incerti su alcuni argomenti.
Domandare per fugare ogni dubbio, non è sinonimo di impreparazione ma al contrario di umiltà e
scrupolosità nell’assolvimento dell’incarico.
4. Litigiosità del condominio: valutazione delle cause in corso e contatto con i
legali che seguono le controversie
Se nel condominio di cui s’è assunto l’incarico di amministrazione vi sono delle cause in corso,
prendere immediato contatto con l’avvocato difensore non è una questione di mera cortesia.
Una causa iniziata dal condominio, o nella quale la compagine è stata citata, vede come punto di
riferimento l’amministratore pro-tempore nella sua veste di legale rappresentante dei condomini. Se
l’amministratore cambia, è evidente, per dirla semplicisticamente, che il fatto meriti attenzione anche
ai fini di un aggiornamento processuale della situazione. Da questo punto di vista è chiarissimo l’art.
299 del codice di procedura civile (detto anche codice di rito) a mente del quale:
Se prima della costituzione in cancelleria o all’udienza davanti al giudice istruttore, sopravviene la morte
oppure la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti o del suo rappresentante legale o la
cessazione di tale rappresentanza, il processo è interrotto, salvo che coloro ai quali spetta di proseguirlo si
costituiscano volontariamente, oppure l’altra parte provveda a citarli in riassunzione, osservati i termini
di cui all’articolo 163-bis.
E’ fondamentale, per non perdere tempo, quindi, che il neo amministratore faccia presente al legale
del condominio l’intervenuta variazione.I
n
questo modo potrà essere applicato l’art. 302 del codice di rito che recita:
Nei casi previsti negli articoli precedenti la costituzione per proseguire il processo può avvenire all’udienza
o a norma dell’articolo 166. Se non è fissata alcuna udienza, la parte può chiedere con ricorso al giudice
istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale la fissazione dell’udienza. Il ricorso e il decreto sono
notificati alle altre parti a cura dell’istante.
Che cosa accade se non avviene ciò?
Ai sensi dell’art. 303 c.p.c.
Se non avviene la prosecuzione del processo a norma dell’articolo precedente, l’altra parte può chiedere
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la fissazione dell’udienza, notificando quindi il ricorso e il decreto a coloro che debbono costituirsi
per proseguirlo. In caso di morte della parte il ricorso deve contenere gli estremi della domanda, e la
notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi,
nell’ultimo domicilio del defunto.
Se vi sono altre parti in causa, il decreto è notificato anche ad esse.
Se la parte che ha ricevuto la notificazione non comparisce all’udienza fissata, si procede in sua contumacia.
E’ importante evidenziare che la mancata regolarizzazione della situazione non comporta alcuna
invalidità del processo medesimo, anzi può creare problemi soprattutto nel caso di notifiche di sentenze
e provvedimenti giudiziali in genere. È importante, dunque, che l’amministratore, lasciando da parte
le ipotesi di uso strumentale delle norme, agisca nel più breve tempo possibile per regolarizzare la
situazione processuale attraverso la costituzione in giudizio.
5. Rapporti con i fornitori: la dichiarazione d’avvenuta sostituzione
dell’amministratore condominiale
Il periodo che segue immediatamente all’assunzione all’incarico è probabilmente quello di lavoro più
intenso (eccezion fatta per il caso di interventi di manutenzione straordinaria). Se non si tratta di
prima amministrazione, infatti, bisogna mettersi alla pari con una gestione già avviata (sorvoliamo
per ora sui casi di precedenti gestioni disastrose). Tra le varie incombenze v’è la comunicazione ai
fornitori del cambio di amministrazione. Il motivo più semplice sta nella necessità di modificare
l’intestazione della fatture della corrispondenza in genere e, se il condominio riceve le comunicazioni
presso l’ufficio dell’amministratore, anche la domiciliazione per le suddette comunicazioni. Per le
utenze “classiche” (luce, acqua gas) solitamente è sufficiente una semplice telefonata al call center
di riferimento. Per avere la certezza assoluta di cambiamento si può inviare una comunicazione
all’ufficio preposto alla corrispondenza; solitamente questa pratica non è seguita ma se si decidesse di
essere scrupolosi a tal punto meglio una racc. a.r. Per gli altri fornitori, quelli con i quali solitamente
s’instaura un rapporto diretto, è sempre bene accompagnare la lettera di comunicazione del cambio
con una telefonata ed un invito a prendere contatto personalmente (chiaramente se non ci si conosce
già, per rapporti riguardanti altri condomini). Una domanda sorge spontanea: perché ai gestori delle
utenze basta una telefonata ed agli altri fornitori si suggerisce una comunicazione scritta? I motivi
sono vari: solitamente i grossi gestori hanno dipartimenti della loro struttura specificamente destinati
a questo tipo di questioni, le normali ditte no. Chiaramente se ci si conosce con l’impresa locale è
inutile rendere troppo formale la comunicazione ma se non s’ha conoscenza è sempre bene presentarsi
nel miglior modo possibile, anche solamente per rendere immediatamente conoscibili tutti i propri
recapiti.
Per un esempio di cambio comunicazione al fornitore di cambio dell’amministratore vedi infra
Sezione Moduli
6. Valutazione dell’esistenza di crediti del precedente amministratore:
attenzione alle firme al momento del passaggio delle consegne
Può accadere, soprattutto nei condomini con situazioni di morosità, che l’amministratore uscente
vanti dei crediti verso la compagine. In casi del genere è lecito domandarsi: chi deve dimostrare
l’esistenza di questo credito?
Al quesito ha più volte fornito risposta la giurisprudenza. In una delle più dettagliate pronunce in
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materia si legge che:
“è jus receptum che, in tema di condominio negli edifici, poiché il credito per il recupero delle somme anticipate
nell’interesse del condominio si fonda, ex art. 1720 c.c. sul contratto di mandato con rappresentanza che
intercorre con i condomini, l’amministratore deve offrire la prova degli esborsi effettuati presentando un
rendiconto del proprio operato che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili
delle entrate, delle uscite e del saldo finale. Nell’ipotesi di mandato oneroso il diritto del mandatario al
compenso e al rimborso delle anticipazioni e spese sostenute è condizionato alla presentazione al mandante
del rendiconto del proprio operato, che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili
delle entrate, delle uscite e del saldo finale. L’obbligo di rendiconto può legittimamente dirsi adempiuto
quando il mandatario abbia fornito la relativa prova attraverso i necessari documenti giustificativi non
soltanto della somma incassata (oltre che, se del caso, della qualità e della quantità dei frutti percetti) e
dell’entità causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto funzionali alla individuazione ed al
vaglio delle modalità di esecuzione dell’incarico, onde stabilire (anche in relazione ai fini da perseguire ed
ai risultati raggiunti) se il suo operato si sia adeguato, o meno, a criteri di buona amministrazione (così,
di recente, Cass., sez. 11, 9.6.2010, n. 1378; e in termini analoghi id., sez. 11, 30.3.2006, n. 7498)”
(Trib. Bari 18 aprile 2011 n. 1334).
Insomma spetta all’amministratore dire e dimostrare ai condomini “ho anticipato questa somma,
restituitemela”. La posizione dell’amministratore uscente non cambia: ricade su di esso l’onere di
dimostrare l’esistenza e la misura del proprio credito; chiaramente l’approvazione del rendiconto
di gestione alleggerisce e non di poco l’onere probatorio. In tali casi, infatti, basterà allegare questo
documento, contenente la specifica indicazione del credito per anticipazioni (così come eventualmente
del credito residuo per il compenso), per poter chiedere giudizialmente la somma dovuta. In questo
contesto è doveroso un suggerimento per l’amministratore subentrante. Solitamente al momento del
passaggio delle consegne si firma un verbale nel quale sono riportate le attività compiute in relazione
a quell’adempimento. Spesso in questi documenti l’amministratore uscente inserisce una scritta dalla
quale si evince un suo credito, al di là del fatto che esso sia stato o meno riconosciuto dai condomini
con l’approvazione del rendiconto. La sottoscrizione dell’amministratore subentrante, soprattutto se
accompagnata da formule quali “dichiara di aver accertato … ecc.” possono creare grattacapi nei casi
di appuramento successivo dell’insussistenza o quanto meno della quantificazione del credito. Queste
affermazioni, infatti, possono essere considerate promesse di pagamento o ricognizioni di debito
(art. 1988 c.c.), sicché, come si suole dire, è bene evitare inutili impicci per sé e per il condominio
appena preso in gestione. Ed allora? Che cosa fare per evitare che il passaggio di consegne
divenga teatro del primo errore o comunque della prima situazione foriera di grattacapi? Il
verbale è un documento dal quale poter desumere le attività svolte in determinate circostanze. Se
l’amministratore uscente consegna il registro dei verbali, l’anagrafe condominiale, ecc. non ci sono
rischi nello scrivere che questa operazione è avvenuta. Ma se nel verbale il mandatario dimissionario
o revocato riporta affermazioni su fatti e/o circostanze di difficile, se non di impossibile ed immediata
verifica, allora è bene specificare che “l’amministratore subentrante prende atto delle affermazioni del
suo predecessore, riservandosi una risposta alla verifica”. Questa non dev’essere una frase di stile per
mettere da parte e poi dimenticare la vicenda, ma un impegno a risolverla in piena consapevolezza.
Insomma nessuna ostilità verso chi vi precede ma solamente l’ordinaria diligenza nell’espletamento
dell’incarico affidatovi. Si consiglia di tenere lo stesso approccio anche se il credito dovesse risultare
dall’approvazione del rendiconto.
Chiaramente il discorso fatto per le questioni economiche vale allo stesso modo per i documenti.
Inutile sottoscrivere clausole generali e sbrigative come “l’amministratore subentrante acquisisce l’intera
documentazione condominiale”. In questi casi, anche se si perde un po’ di tempo, è doveroso verificare
ed annotare dettagliatamente i documenti consegnati. Solo in questo modo, infatti, è possibile
contestare la mancanza (e dal lato dell’amministratore uscente l’avvenuta consegna) di un documento.
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Per un esempio di dichiarazione da inserire nel verbale di passaggio di consegne da parte
dell’amministratore subentrante vedi infra Sezioni Moduli
7. La convocazione della prima assemblea: la rapidità è il miglior biglietto da visita
I primi giorni di amministrazione di un condominio, lo s’è detto in precedenza, sono i più intensi.
Studio dei documenti e valutazione della situazione, cambi di domiciliazione delle bollette, sopralluoghi
nell’edificio, presa di contatto con condomini e fornitori, ecc. Esiste un altro adempimento, non
sempre obbligatorio, ma che al di là dei vincoli legislativi è bene porre in essere quanto prima rispetto
all’assunzione effettiva dell’incarico. Il riferimento è alla convocazione dell’assemblea. Ci sono dei casi
in cui è necessario convocare i condomini perché, ad esempio, non è stato approvato il preventivo
per la gestione corrente ed, invece, è necessario provvedervi perché è la legge ad imporlo. Alle volte
è necessario convocare l’assemblea per dare seguito a precedenti deliberazioni che prevedevano
procedimenti deliberativi in più riunioni (es. per reperimento preventivi). Altre volte è necessario
convocare l’assemblea perché ci si è resi conto che la documentazione consegnata dall’amministratore
uscente è incompleta.
Sul punto vale la pena svolgere una considerazione di carattere prettamente pratico: anche se in questi
casi è possibile agire d’ufficio, è sempre bene decidere il da farsi con i condomini. Non è consigliabile,
infatti, iniziare un rapporto partendo con una causa nella quale si sceglie subito un proprio avvocato
di fiducia in quanto si potrebbe dare l’impressione che si stia agendo per “dar da lavorare” al proprio
entourage.
Detto questo, torniamo a noi. Ci sono casi in cui la convocazione dell’assemblea non è strettamente
necessaria: sono proprio queste le situazioni rispetto alle quali è caldamente consigliabile mantenere
il medesimo approccio che si avrebbe nelle ipotesi precedenti. Rapidità di convocazione per discutere,
in assenza di problemi impellenti, della vita condominiale e della gestione del condominio. Un modo
per permettere ai condomini di informare l’amministratore della vita dello specifico condominio,
un modo per l’amministratore di chiedere chiarimenti su delibere e clausole regolamentari che
astrattamente risultano di difficile lettura a chi è estraneo alle dinamiche di quella compagine.
Un modo, soprattutto, per far comprendere ai condomini che lo scopo dell’amministratore non
era semplicemente quello di inserire un nuovo faldone tra i vari presenti nel proprio ufficio ma
di assumere un incarico da svolgere con la massima professionalità e diligenza. Insomma un buon
viatico per iniziare al meglio il rapporto con i nuovi amministrati (sull’utilità di questo genere di
assemblee, a titolo d’esempio si porta la questione della nomina dell’avvocato del condominio si veda
infra Cap. V Par 8).
8. Le abitudini dei condomini e l’organizzazione dello studio: mediare e non
imporre
La prima assemblea condominiale può anche servire per risolvere potenziali attriti che potrebbero
sorgere comparando l’organizzazione del proprio studio con le abitudini dei condomini.
Caso pratico
I partecipanti al condominio Alfa sono stati abituati, da sempre, a versare le quote condominiali presso lo
stabile. Per tanti anni, infatti, è stato il portiere, in vece dell’amministratore, a raccogliere le quote per poi
versarle al mandatario. Al momento del congedo del custode, l’amministratore, richiestogli di mantenere
il servizio, aveva concordato che un proprio incaricato sarebbe passato presso lo stabile un paio di volte al
mese, concordando con i condomini che le somme dovevano essere consegnate a lui e che se non fosse stato
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così possibile, allora sarebbe divenuto obbligatorio il versamento con bonifico o presso l’ufficio. Cambiato
l’amministratore si scoprono delle difficoltà di coordinamento perché il nuovo mandatario non è attrezzato
per questo genere di servizio. Che cosa fare in questi casi?
L’esempio usato riguarda il pagamento; inoltre in molti condomini i partecipanti attendono il
bollettino (consegnato senza utilizzare il servizio postale, per risparmiare quella spesa). Se all’esempio
dovessimo dare una risposta legata allo stretto dato normativo, allora dovremmo affermare: siccome
il condominio è il creditore, e siccome il pagamento va effettuato al domicilio del creditore (art. 1182
c.c.), che in questi casi coincide con lo studio dell’amministratore, il pagamento andrà effettuato nel
suo ufficio o al massimo direttamente attraverso un versamento postale o bancario. In questi casi
per l’amministratore non è consigliabile trincerarsi dietro le norme con la classica affermazione “è
la legge a stabilirlo”. La rigidità normativa in certi casi non aiuta. E comunque è sempre la legge a
consentire una diversa regolamentazione dell’affare, anzi, come si dice in gergo tecnico, la legge ha
valore in via sussidiaria poiché si applica solamente se le parti non hanno previsto di agire in modo
differente. A questo punto, legge a parte, è bene che l’amministratore parta da un dato certo che può
essere utilizzato come argomentazione a proprio favore. Vediamo quale. Se si è posto il problema in
esame, quasi certamente, al momento della presentazione del suo preventivo egli non ha indicato il
servizio di pagamento presso l’edificio, tra quelli forniti dal suo studio. Ergo: accettando il preventivo
i condomini ben sapevano quali fossero le condizioni poste dal nuovo mandatario. Insomma non è
la legge che ha imposto di andare a pagare le rate condominiali presso lo studio dell’amministratore
ma loro stessi che, accettando il preventivo, hanno acconsentito a questa modalità. È questo il punto
da cui bisogna partire per trovare un altro accordo. Altro accordo che, se comporta servizi aggiuntivi
(es. pagamento presso il condominio), può prevedere anche costi aggiuntivi a carico di condomini.
Abbiamo portato l’esempio più ricorrente, quello delle modalità di pagamento, per poter sviluppare
una riflessione di carattere più generale. E’ inutile, soprattutto all’inizio del rapporto, trincerarsi
dietro i rigidi meccanismi legali. Sempre nell’ambito della legalità è possibile trovare accordi che
tengano conto delle reciproche necessità. L’importante, come abbiamo spiegato in questo caso, è
essere consapevoli dell’esatta situazione di fatto e di come ci si è arrivati per poi decidere assieme ai
condomini. Un punto dev’essere tenuto fermo: per quanto flessibile possa essere l’organizzazione
del vostro studio, essa non può arrivare ad adattarsi alle esigenze di ogni singolo condominio.
Non solamente per una questione di materiale impossibilità (non è ipotizzabile amministrare tanti
condomini tutti con esigenza compatibili tra loro) ma anche di professionalità: la disponibilità non
può coincidere con il completo appiattimento sulle esigenze altrui.
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Capitolo 4. L’attività quotidiana dell’amministratore tra scelte d’opportunità e
obblighi giuridici.
1. L’organizzazione dello studio
C’è un proverbio che dice “fare le nozze con i fichi secchi” che sta a significare “non voler rinunciare a
una cosa pur non avendone le possibilità”.
Chi gestisce uno studio di amministrazioni condominiali sa perfettamente quanto sia difficile,
soprattutto agli inizi, trovare il giusto equilibrio tra le varie componenti per renderlo massimamente
efficiente. C’è la necessità d’essere presente nei vari condomini per i sopralluoghi che la gestione
impone, bisogna, poi, garantire la presenza in studio per consentire i versamenti delle quote o più
semplicemente l’esposizione di problematiche riguardanti il condominio in cui si vive. Avere un
addetto alla segreteria o comunque un collaboratore sarebbe la soluzione ideale ma molto spesso
impossibile per una ragione di costi. Un consiglio: meglio da questo punto di vista stringere i
denti e lasciare intravedere che si è un amministratore con uno studio che si sta avviando piuttosto
che “gettare fumo negli occhi” millantando un’organizzazione impeccabile perché efficacemente
strutturata. E’ qui che torna alla mente il proverbio citato in principio; uniamolo ad un altro, ossia
“l’apparenza inganna” ed a volte fa danni, aggiungiamo noi, per completare il pensiero. Usciamo fuor
dal proverbio e spieghiamoci chiaramente. Chi inizia un’attività, è notorio, non può avere, salvo per
ragioni personali slegate dal lavoro, la stessa disponibilità economica di chi lavora da più tempo. Detto
diversamente: è evidente che lo studio di un amministratore alle prime armi difficilmente potrà avere
la stessa strutturazione del collega che lavora da più anni. Inutile anche cercare di millantare inesistenti
strutture in grado di risolvere problemi in tempi che, si sa, già non possono essere rispettati. Puntate
sulla preparazione e organizzate il vostro lavoro con impegno e metodo tali da poter far fronte ad ogni
cosa senza rischiare di sovrapporli e quindi scontentare tutti. Lo studio, ad esempio, fintanto che non
si può garantire un’apertura al pubblico costante, può restare aperto solamente in determinati giorni.
Non più di due a settimana se i condominii amministrati sono pochi; in questi casi, si converrà,
è difficile immaginare un afflusso costante tale da richiedere una disponibilità continuativa. E poi
non è mica vietato fissare appuntamenti personalizzati. Successivamente, ampliandosi l’attività ed
acquisita l’esperienza anche in relazione alla specifica utenza amministrata, sarà possibile scegliere
l’organizzazione migliore. Quelli specificati sono consigli di massima, chiaramente ognuno saprà
adattarli alle proprie esigenze. Ciò che vale la pena ribadire, insomma quello che può essere definito un
principio generale di buon senso, è per l’appunto quello di evitare in ogni modo di dare l’impressione
d’essere in grado di fornire servizi che non ci sono. Nel brevissimo, i nodi verrebbero al pettine e si
finirebbe per avere un ritorno negativissimo in termini d’immagine per la propria attività. Perché se
è vero che l’apparenza (positiva) inganna, quella negativa allontana.
2. L’importanza (o meno) della presenza costante sul condominio tra obblighi
giuridici e valutazione della reale utilità
Presa in carico la gestione di un condominio, l’amministratore deve essere presente nell’edificio o si
tratta di una scelta puramente discrezionale? Se si, in quali circostanze è necessario recarsi sul luogo
di ubicazione della compagine?Leggendo le norme del codice
civile dettate non si desume alcun obbligo di presenza o di sopralluogo periodico presso il condominio.
Certo è che prendere visione dello stato di luoghi, in alcune circostanze, non è solamente utile per
comprendere al meglio la situazione nella quale operare e quindi esercitare i propri poteri/doveri ma
anche caldamente consigliabile per far si che le prerogative istituzionali proprie del mandatario siano
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esercitate nel miglior modo possibile. I casi possono essere tanti e di conseguenza tanti i dubbi, tra
necessità e semplice opportunità di essere presente nell’edificio. Al riguardo è bene ricordare che il
rapporto amministratore-condominio è regolato anche dalle norme dettate in materia di mandato e
che al primo comma dell’art. 1708 c.c. è specificato che
“il mandato comprende non solo gli atti per i quali stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al
loro compimento”.
Al solito, affiancando alla valutazione teorica un esempio concreto se ne può meglio comprendere il
significato.
Caso pratico 1A
seguito di un sinistro, alcuni condomini segnalano al proprio amministratore che uno dei marciapiede che
conduce ai garages è stato danneggiato da un autovettura che è andata ad sbatterci contro. I condomini
ritengono che il danno sia tale da dover provvedere ad un immediato intervento di transennamento della
zona fino alle operazioni di sistemazione del medesimo. In casi del genere l’amministratore, che è tenuto a compiere gli atti conservativi delle parti comuni
e comunque a garantire l’uso delle medesime, potrebbe, nell’ambito dei propri poteri, disporre
l’intervento richiesto dai condomini. Siccome noleggiare delle transenne ha un costo e siccome
potrebbero sorgere delle contestazioni su quella spesa, è preferibile che l’amministratore esegua un
sopralluogo per constatare personalmente lo stato dei luoghi, effettuarne documentazione fotografica,
e quindi decidere il da farsi.
Caso pratico 2
Nel condominio Alfa si riscontrano problemi di funzionamento del contatore dell’acqua. L’assemblea giunge
alla conclusione che lo strumento di misurazione sia danneggiato e che ciò comporti una maggiore spesa a
carico dei comproprietari. Decide così di domandare la verifica del corretto funzionamento e nel caso di
accertamento di ciò, la sostituzione del contatore stesso. Questa operazione, solitamente (ma la situazione
può variare di caso in caso), viene effettuata dai tecnici della società erogatrice in contraddittorio con la
parte che ne ha chiesto la sostituzione (cfr. in tal senso regolamento servizio idrico integrato AQP).
In casi del genere l’amministratore può certamente delegare un tecnico specializzato per tutelare
gli interessi del condominio ma è evidente che la sua presenza è utile per poter essere certo della
correttezza delle operazioni e comunque per riferirne l’esito all’assemblea.
Ad ogni buon
conto, è bene tenere a mente che essere presenti anche sul luogo che si amministra è sempre ben visto
dai condomini che percepiscono questo atteggiamento come elemento di maggiore interesse verso
di loro. Chiaramente con ciò non si vuole dire che il contrario è sbagliato o comunque sintomo di
disinteresse, ma la prima scelta appare preferibile.
3. I pagamenti delle rate condominiali: meglio bonifici o versamenti in studio?
S’è detto in precedenza (vedi supra Cap. III Par. 8), che alle volte i condomini preferiscono che sia
l’amministratore o un suo incaricato a recarsi presso il condominio per la riscossione delle quote
condominiali. Quando non è così, tuttavia, sono i condomini a doversi recare presso l’ufficio
dell’amministratore per versare quanto dovuto. E qui una domanda sorge spontanea: è preferibile
il versamento in studio oppure è meglio caldeggiare il versamento diretto sul conto corrente postale
o bancario intestato al condominio? Ma soprattutto: è possibile prevedere per via assembleare una
particolare modalità di pagamento? Andiamo per ordine.
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Ai sensi dell’art. 1129, settimo comma, c.c.:
l’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da
terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente,
postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può
chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.
La norma sembrerebbe imporre il seguente meccanismo che illustreremo con l’ausilio di un caso
pratico.
Caso pratico
Mevio, amministratore del condominio Beta, riceve dal condomino Sempronio la somma di € 100,00 a
titolo di pagamento degli oneri condominiali ordinari. Quello stesso giorno Filano, titolare dell’impresa
Gamma che esegue la manutenzione dell’autoclave presso il condominio in cui vive Sempronio si presenta
presso l’ufficio di Mevio. Egli reclama il pagamento di € 80,00. Mevio potrà pagarlo in contanti o dovrà
staccare un assegno e poi andare a versare la somma ricevuta da Sempronio? E se per qualche motivo sul
conto non è disponibile la somma necessaria a pagare l’impresa? Mevio ha materialmente la disponibilità
di cassa, ma potrà utilizzarla?
Se si resta all’analisi della lettera della legge, Mevio dovrebbe mandare via Caio e dirgli: “torna
quando ho versato la somma” o ricorrere alla pratica assolutamente sbagliata dell’assegno postdatato.
E’ evidente che per l’amministratore è consigliabile chiedere ai condomini di versare direttamente
presso il conto corrente postale o bancario anche per evitare di incorrere in simili situazione. Se, poi,
il numero dei condomini amministrati cresce nel tempo, è evidente che questa richiesta diviene anche
una necessità per evitare innumerevoli giri tra i vari sportelli degli istituti bancari e postali presso i
quali sono accesi i conti correnti.
In questo contesto, riprendiamo così uno dei quesiti posti in principio: è lecito chiedere all’assemblea
di deliberare le modalità di pagamento dei crediti condominiali? Detta diversamente: può l’assemblea
stabilire che il versamento debba essere effettuato in assegno, in contanti o con bonifico? La risposta
è negativa. Vediamo perché. L’assise può certamente deliberare la periodicità dei versamenti. Va
sempre ricordato, infatti, che la gestione di un condominio è annuale e che il frazionamento mensile,
bimestrale, trimestrale serve solamente a facilitare i condomini senza richiedere l’intera quota annuale
in anticipo. Siccome, però, il creditore è il condominio, l’assemblea ha la facoltà di deliberare la
periodicità dei pagamenti (cfr. artt. 1181 e ss. c.c.). Diverso il caso delle modalità di pagamento che
attengono alla scelta del singolo. L’amministratore può rifiutare l’assegno che non è equiparabile
al denaro contante ma l’assemblea non può imporre ai comproprietari le modalità pratiche del
pagamento. Una decisione del genere sarebbe nulla perché in grado d’incidere su diritti dei singoli
(cfr. Cass. SS.UU. n. 4806/05). Quindi ognuno può fare come ritiene più opportuno. Chiaramente
per tutto quello che abbiamo detto fin’ora è necessario un bel po’ di buon senso. In che senso? Nel
senso che, ad esempio, non si può pretendere il versamento presso l’ufficio dell’amministratore e
poi l’immediato versamento da parte di quest’ultimo delle somme presso l’ufficio postale. E questo
aspetto gli amministratori possono usarlo come argomento di persuasione per ottenere il versamento
mediante bonifico, se è quella la modalità desiderata. In ogni caso consigliamo all’amministratore ed
ai condomini di deliberare in assemblea le modalità pratiche di utilizzazione del conto corrente per
evitare che possano verificarsi casi simili a quello portato ad esempio.
4. Il rapporto con i condomini: meglio uno studio costantemente aperto o ricevere
solo per appuntamento?
In qualche modo abbiamo affrontato l’argomento nel paragrafo introduttivo di questo capitolo. Lì,
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però, ci siamo soffermati sulla vicenda per lo più tenendo in considerazione chi ha aperto uno studio
da poco e non può permettersi, con i mezzi a disposizione, di agire contemporaneamente si più fronti
(sportello aperto al pubblico, sopralluoghi, lavoro di back office). Qui ci soffermeremo, invece, su
un’ipotesi ordinaria, ossia la possibilità di scegliere – fin dall’inizio per chi può o comunque nel corso
dell’attività – quale possa essere la soluzione migliore.
È utile scindere due aspetti: quello relativo al rapporto di routine che si sostanzia nel versamento
delle quote condominiali, nella presa visione e consegna di documenti, nella fornitura di piccole
informazioni, da quello relativo alla gestione dei rapporti che caratterizzano maggiormente l’incarico
di amministratore. Il mandatario ha una serie di compiti attribuitigli dalla legge: non tutti hanno la
stessa importanza. Ricevere il pagamento della quota per il mese corrente non è uguale a raccogliere
le lamentele di chi ritiene violata la destinazione d’una parte comune oppure di chi ha necessità
di confrontarsi con l’amministratore sull’interpretazione del regolamento di condominio. In questo
contesto possiamo dividere l’attività di studio in due segmenti:
1. front office, ossia attività di ricezione del pubblico;
2. back office, ossia l’attività vera e propria dello studio, quella in cui si analizzano le richieste, le
problematiche, si verifica la regolarità dei pagamenti, si decide sull’intrapresa di azioni giudiziarie,
ecc.
Se le due attività possono essere svolte autonomamente da addetti destinati a ricoprire specifiche
mansioni, allora il problema che si pone è solamente uno: è utile dare una disponibilità continua,
come se si trattasse di una posta o di una banca? La risposta è positiva soprattutto se il numero di
condomini (o di condominii) è tale da poter prevedere un afflusso costante. In questo caso è fortemente
consigliato uno studio in grado di distinguere chiaramente la parte del front office del back office
per evitare rallentamenti nel lavoro di quest’ultima; si sa che nel back office c’è l’amministratore e se
lo si vede, quasi sempre il collaboratore passa in secondo piano. Chiaramente vale quanto già detto
nel paragrafo introduttivo di questo capitolo (Par. 1) per le ipotesi in cui non è possibile garantire
continuativamente l’attività di front office.
Restiamo alla prima ipotesi. La struttura organizzativa dello studio consente l’apertura costante
nell’arco della settimana (diciamo il classico lunedì-venerdì di apertura di molti uffici): in questo
caso l’amministratore deve limitare la propria disponibilità a determinati giorni oppure
dev’essere sempre a disposizione? Chiaramente la scelta è soggettiva ma, in linea di massima, se
lo studio è aperto costantemente si può anche ipotizzare di ricevere personalmente solamente per
appuntamento, magari utilizzando il front office anche per “organizzare l’agenda” degli appuntamenti
con i condomini.
5. L’atto di esercizio del proprio incarico: il provvedimento dell’amministratore
Esiste una norma, l’art. 1133 c.c., rubricata Provvedimenti presi dall’amministratore, che non ha
nemmeno subito modifiche ad opera della legge n. 220/2012 (la così detta riforma del condominio)
e che recita:
I provvedimenti presi dall’amministratore nell’ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i condomini.
Contro i provvedimenti dell’amministratore è ammesso ricorso all’assemblea, senza pregiudizio del ricorso
all’autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall’articolo 1137.
Il provvedimento, dunque, è l’atto attraverso il quale l’amministratore esercita materialmente le proprie
prerogative di mandatario dei condomini. Una volta assunto, il provvedimento dell’amministratore è
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obbligatorio per tutti i condomini.
Caso pratico 1
L’autoclave del condominio necessità di un ‘intervento di pulizia dei serbatoi. Per effettuarli e necessario
interrompere l’erogazione di acqua corrente. Dopo aver concordato con l’impresa manutentrice la data
dell’intervento, l’amministratore con un proprio provvedimento informa i condomini che il giorno X in
una specifica fascia oraria sarà sospesa l’erogazione dell’acqua.
Quel provvedimento resosi necessario per garantire la manutenzione di un bene comune è direttamente
applicabile e consente di operare nel modo comunicato. Non solo: proprio perché l’amministratore
ha il potere/dovere di compiere gli atti conservativi delle parti comuni, è legittimo domandare
ai condomini la quota spesa per il costo sostenuto (o da sostenere il relazione all’intervento in
esame).I
provvedimenti
dell’amministratore si spingono oltre la semplice gestione e possono sostanziarsi in veri e propri atti
di diffida.
Caso pratico 2
Il regolamento assembleare del condominio Alfa vieta ai condomini di parcheggiare cicli e motocicli
nell’androne d’ingresso del condominio in quanto si considera quella condotta contraria alla destinazione
d’uso dell’edificio. Tizio, proprietario di un’unità immobiliare nello stabile, noncurante del divieto
parcheggio la sua bicicletta proprio subito dopo il portone d’ingresso. L’amministratore viene avvertito
della situazione e, dopo aver effettuato un sopralluogo, invia a Tizio una lettera di diffida chiedendo la
cessazione dell’abuso. Il condomino sarà tenuto ad adeguarsi al provvedimento del proprio mandatario.
Il potere dell’amministratore non si limita ai casi certi ma egli può esercitare i propri poteri e quindi
adottare i più opportuni provvedimenti anche in casi d’incertezza. Questa, almeno, la conclusione cui
è giunta la Suprema Corte di Cassazione secondo la quale:
“l’amministratore, anche laddove vi siano incertezze o dubbi interpretativi, può adottare provvedimenti
di portata obbligatoria per il condomino e che questi può ricorrere all’assemblea o anche - direttamente proporre impugnativa ex art. 1137 c.c. Fuoriesce quindi dalla prospettiva della illiceità un’ipotesi in cui
la contestazione dell’agire del singolo condomino sia effettuata mediante un provvedimento astrattamente
riconducibile nell’ambito delle prescrizioni regolamentari e dei poteri spettanti all’amministratore” (Cass.
22 giugno 2011 n. 13689).
Sulla possibilità per l’amministratore di irrogare sanzioni pecuniarie, per violazioni del regolamento
condominiale, tramite un proprio provvedimento si veda infra Par. 13.
Siccome
l’amministratore non è un soggetto infallibile, contro i suoi provvedimenti è sempre possibile muovere
delle contestazioni. Ciò è chiaramente esplicitato dall’art. 1133 c.c. che prevede due ipotesi alternative
tra loro (cui a seguito della reintroduzione della mediazione obbligatoria ne va aggiunta un’altra, vale
a dire il tentativo di mediazione).
Per un esempio di provvedimento
dell’amministratore vedi infra Sezione Moduli
5.1 La contestazione dei provvedimenti dell’amministratore condominiale
Riproponiamo qui di seguito, per chiarezza espositiva, il secondo periodo dell’art. 1133 c.c. che
recita:
[…] Contro i provvedimenti dell’amministratore è ammesso ricorso all’assemblea, senza pregiudizio del
ricorso all’autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall’articolo 1137.
In primis, dunque, è bene evidenziare che il ricorso all’assemblea non è ostativo rispetto a quello
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all’Autorità Giudiziaria. Come vedremo, è l’altro elemento non citato dalla norma, vale a dire il
tentativo di conciliazione, ad essere condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
La scelta tra ricorso al giudice e ricorso all’assemblea, quindi, spetta al condomino. Evidentemente
è migliore la prima ipotesi rispetto alla seconda, tutte le volte in cui s’è sufficientemente certi della
probabilità di risolvere in ambito condominiale la problematica, mentre conviene considerare il
ricorso giudiziale alla stregua di un’extrema ratio.. Al solito, alcuni esempi potranno essere utili a
chiarire la portata di quest’affermazione.
Caso pratico 1
Il regolamento del condominio Beta stabilisce che l’impianto di riscaldamento centralizzato debba stare
accesso da novembre a marzo dalle ore 8 alle ore 11 e dalle 15 alle 20. L’amministratore della compagine
all’atto dell’accensione specifica all’impresa manutentrice che gli orari di accensione debbano essere i seguenti:
9-11 e 17-19.
Il provvedimento è sicuramente illegittimo. A
meno di variazioni normative sulle fasce orarie d’accessione (cfr. d.p.r. n. 412/93), che impongano di
ignorare le disposizioni condominiali a favore di quelle di rango superiore, infatti, l’amministratore è
tenuto ad applicare il regolamento condominiale. In casi del genere soprattutto se i condomini sono
d’accordo nel considerare errata una riduzione dell’orario di accensione, è sufficiente una richiesta di
convocazione dell’assemblea ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c. Prim’ancora di questo tentativo o ancora
meglio congiuntamente è utile provare ad inviare all’amministratore una lettera di messa in mora con
la quale lo si invita e diffida ad adeguare i propri provvedimenti al regolamento condominiale.
Caso pratico 2I
l
cortile del condominio Alfa è utilizzato da molti condomini a proprio piacimento. Questi comportamenti,
di fatto, rendono inutilizzabile quella parte comune ai restanti comproprietari. Della vicenda s’è discusso
in assemblea ma non s’è riusciti a trovare un accordo per regolamentarne l’uso. L’amministratore, che per
legge è tenuto a garantire la disciplina dell’uso delle cose comuni, con un proprio provvedimento vieta
determinate utilizzazioni del cortile. Alcuni condomini ritengono troppo restrittivo quel provvedimento.
In casi del genere il ricorso all’assemblea può risolversi in un’inutile perdita di tempo dato il disaccordo
tra i vari condomini. Adire l’autorità giudiziaria, dunque, può essere la soluzione migliore. Modi e
tempi sono quelli indicati dall’art. 1137 c.c., quindi il condominio ha trenta giorni di tempo
dalla comunicazione del provvedimento per impugnarlo. I provvedimenti nulli, vale a dire quelli
che l’amministratore non aveva il potere di prendere (es. decisione di vietare a tutti ogni utilizzazione
del cortile), possono essere impugnati senza limiti di tempo (cfr. in tal senso Cass. 29 novembre 1991
n. 12851).
A seguito della reintroduzione della mediazione obbligatoria ad opera del così detto decreto del fare
(d.l. n. 69/2013 poi convertito in legge dalla l. n. 98/2013), anche per le controversie condominiali
ivi compresa quella in esame, prima di intentare una causa, sarà necessario esperire questo tentativo
(si veda più nel dettaglio infra Capp. VII e X).
Per
un
esempio
di
contestazione stragiudiziale del provvedimento dell’amministratore, di richiesta di assemblea
straordinaria ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c. e di ricorso giudiziale contro il provvedimento
dell’amministratore, si vedi infra Sezione Moduli.
6. La richiesta di documentazione da parte dei condomini: risposte rapide e
valutazione delle somme da richiedere
L’art. 1129, secondo comma, c.c., come novellato dalla così detta riforma del condominio, recita:
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Contestualmente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico, l’amministratore comunica
i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la
denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell’articolo 1130, nonché i giorni
e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all’amministratore, può prenderne gratuitamente visione e
ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata.
Che cosa dice esattamente la norma citata? In essa si precisa che:
1. ogni condomino ha diritto di prendere visione e di domandare copia della seguente
documentazione condominiale: registro di anagrafe condominiale, registro dei verbali, registro di
nomina e revoca dell’amministratore, registro di contabilità e regolamento condominio;
2. l’amministratore non può negarne la consultazione anzi deve indicare luogo, giorno ed ora in
cui è possibile prenderne visione;
3. il condomino ha diritto a chiederne copia, in questo caso dietro richiesta di rimborso della spesa
effettuata. Poiché si parla di spesa e non di compenso, è evidente che in tali casi l’amministratore,
salvo specifica approvazione da parte dell’assemblea di una voce di compenso a ciò destinata,
possa domandare solamente il così detto costo vivo per la fornitura delle copie richieste.
Se l’amministratore nega questi diritti o comunque trasgredisce le prescrizioni normative (es.
mancata comunicazione di luogo e ora di consultazione) può essere revocato con ricorso all’Autorità
Giudiziaria (cfr. infra Cap. XI)
In buona sostanza la legge n. 220/2012 ha recepito quando più volte affermato dalla giurisprudenza
in materia di accesso alla documentazione condominiale (cfr. Cass. 29 novembre 2001 n. 15159).
Attenzione, tuttavia, in quanto come s’è appena visto il secondo comma dell’art. 1129 c.c. fa
riferimento a ben specifici documenti. Spieghiamoci meglio. I condomini hanno sempre diritto di
consultare ed eventualmente chiedere copia dei verbali, dell’anagrafe condominiale e del regolamento,
ecc. nel luogo ed ai giorni e nelle ore che l’amministratore deve comunicargli. Se, però, la richiesta
riguarda altro tipo di documenti la situazione cambia.
Caso pratico Tizio proprietario di un’unità immobiliare nel condominio Alfa si reca presso l’ufficio dell’amministratore
per consultare il registro di contabilità. Siccome alcune cose non gli sono chiari chiede di poter prendere
visione anche dei giustificativi di alcune spese effettuate.
In casi del genere non operano le norme fin’ora commentate; esse, infatti, riguardano ben specifici
documenti. Insomma l’amministratore non è tenuto a comunicare a che giorno, ora ed in che luogo
è possibile consultare le così dette pezze giustificative. Ed allora? Si può concludere che su quelle
carte i condomini non abbiano alcun diritto? No, in quanto si tratta sempre di documentazione
condominiale che li interessa. In questo caso varrà quanto stabilito dall’art. 1130-bis c.c. a mente del
quale:
“[…] I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere
visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese” (art. 1130-bis,
primo comma, c.c.).
Proprio in materia di documentazione contabile è consigliabile, chiaramente se compatibile con le
normali attività di studio, dare sempre rapida soddisfazione alle richieste dei condomini per evitare
qualsivoglia fraintendimento in relazione alla trasparente gestione contabile, che deve essere senza
eccezioni un caposaldo di ogni amministratore di condominio.
Per
un
esempio di modulo di richiesta della documentazione condominiale, si vedi infra Sezione
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Moduli.
7. Il registro di contabilità e l’aggiornamento periodico: tempi e modalità di tenuta
Ogni amministratore di condominio (si tratti di un piccolo condominio o di un grande edificio) deve
tenere un registro di contabilità. Ai sensi dell’ultimo periodo dell’art. 1130 n. 7 c.c.
[…] Nel registro di contabilità sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello
dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita. Tale registro può tenersi anche con modalità
informatizzate.
Caso pratico
Tizio amministra il condominio Alfa. Sempronio proprietario di un appartamento, il primo giorno del mese
di marzo versa la quota mensile. L’amministratore ha trenta giorni di tempo per annotare nel registro di
contabilità, riportandone la data, quel movimento in entrata. Nello stesso condominio dev’essere effettuato
il pagamento a favore dell’impresa di pulizia delle scale. Tizio dovrà annotare nel registro di contabilità sia
il pagamento alla ditta che il versamento della ritenuta d’acconto (ove dovuta) che rappresentano entrambi
movimenti in uscita. Per ciò che concerne la ritenuta d’acconto è necessario registrarla a meno che non si
sia provveduto a registrare l’intero importo fatturato e non solamente il “netto a pagare”.
Forse qualcuno è abituato ad immaginare il classico registro cartaceo con la colonna delle entrate e
delle uscite e magari con le spese annotate con la penna rossa e le entrate con quella blu. Qualcun
altro invece immagina il registro di contabilità in formato elettronico, quello che ognuno può creare
con un foglio di calcolo o comunque inserito nei software di gestione condominiale. L’art. 1130 n.
7 c.c. specifica che è legittima la tenuta del registro anche in questa modalità. Per evitare intoppi
nella consultazione da parte dei condomini, è bene avere sempre a disposizione una copia cartacea
aggiornata secondo le indicazioni legislative.
8. L’anagrafe condominiale
L’anagrafe condominiale ha rappresentato una delle novità introdotte nel codice civile dalla legge
di modifica della disciplina del condominio negli edifici. Meglio: l’anagrafe condominiale ha
rappresentato una delle novità che ha sortito il maggior dibattito tra gli addetti ai lavori.
Il Legislatore
della riforma non ha fornito una definizione di questo registro ma, all’art. 1130 n. 6 c.c., si è limitato
a specificare che l’amministratore deve
curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei
titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza
o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di
sicurezza. […].
L’anagrafe, che trae la propria origine dal greco, sta a significare registro, questo il suo significato
etimologico. Chiaro allora che, come si desume dallo stesso codice civile, l’anagrafe condominiale è
quel registro che ha la funzione di raggruppare una serie di notizie utili a garantire una migliore
gestione del condominio.La
prima
applicazione di questa norma ha portato alle richieste più disparate: copia di documenti di identità,
copia degli atti d’acquisto, ecc. ecc. Vale la pena evidenziare che cosa è giusto e doveroso chiedere al
condomino e, di conseguenza, che cosa il condomino deve comunicare.
In primis, la norma specifica
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che nell’anagrafe devono essere contenuti tutte i dati riguardanti chi è proprietario, usufruttuario,
conduttore, ecc. delle unità immobiliari ubicate nel condominio. Per dati s’intendono nome,
cognome, codice fiscale, residenza o domicilio, titolo di presenza nel condominio e dati catastali
dell’unità immobiliare. Tralasciamo per ora i così detti dati relativi alle condizioni di sicurezza di cui
ci occuperemo oltre (Cfr. Par. 8.1)
Caso pratico
Tizio riceve un modulo dal proprio amministratore nel quale gli vengono richieste determinate informazioni.
Egli risponde compilandolo in tutte le sue voci, specificando d’essere l’unico proprietario, indicando nome,
cognome data di nascita e residenza ed indicando i dati catastali dell’unità immobiliare (foglio, particella,
ecc.)
A questo punto è utile specificare che la norma specifica che il condominio deve comunicare tali
dati, non anche dei documenti che ne diano conferma. Insomma sebbene l’amministratore possa
chiedere tali copie, il condomino non è tenuto a inviargliele essendo sufficiente la comunicazione
dei dati. Solamente in caso d’inadempimento l’amministratore è legittimato a reperirli. Vedremo che
tale potere trova un limite per ciò che concerne i dati dell’eventuale conduttore (infra Par. 8.2).
8.1 I dati relativi alle condizioni di sicurezza
Dati relativi alle condizioni di sicurezza. Esattamente che cosa sono? Sul punto varie sono state le
voci che, in sede di prima interpretazione della riforma, si sono levate per dare soluzione al quesito.
Il decreto Destinazione Italia (d.l. n. 145/2013), sebbene non abbia chiarito del tutto la situazione,
quanto meno ha fatto in modo di alleggerire i condomini da un onere che, a conti fatti, stava
diventando eccessivamente gravoso. Vale la pena (come s’è detto in premessa) dare conto del dibattito
che s’era creato intorno alla norma vigente fino all’entrata in vigore del d.l. n. 145/13; esso tornerà
utile anche in relazione alle novità introdotte dalla riforma.
In alcuni casi è stato detto che con questa locuzione (alquanto generica) s’è inteso fare riferimento
ad una mera dichiarazione che il proprietario dell’unità immobiliare dovrebbe rilasciare circa il suo
punto di vista sulla condizione dell’immobile medesimo (cfr. in tal senso il parere dell’ufficio legale
di CONFEDILIZIA).
Ad avviso di chi scrive, sebbene la norma sia estremamente vaga, ridurre la comunicazione di questi
dati ad una semplice constatazione del singolo (che potrebbe non possedere le competenze necessarie)
della condizione di sicurezza della propria unità immobiliare è limitativo. Facciamo un parallelo: che
cosa s’intende per dati catastali? In questo caso non sorgono dubbi: il riferimento è a quel complesso
di elementi in grado di individuare univocamente un’unità immobiliare. E le condizioni di sicurezza?
Quali dati – vale a dire quali elementi – li forniscono? Si può davvero ritenere che sia sufficiente
l’attestazione del titolare dell’appartamento, del genere “da quel che so è tutto regolare” che nella
sostanza è stato considerato sufficiente da alcune associazioni di categoria per risolvere il problema?
Ad avviso di chi scrive, lo si ribadisce, non può bastare. Ed allora? Che cosa può attestare che è tutto a
norma (o che non lo è)? Si potrebbe ipotizzare che i dati relativi alle condizioni di sicurezza, ossia gli
elementi dal quale desumerla, siano quelli contenuti nelle certificazioni di conformità e di rispondenza
di cui parla il d.m. n. 37/08 (con riferimento agli impianti di cui all’art. 1 del d.m. vale a dire, tra gli
altri, l’impianto d’energia, quello televisivo, quello per l’acqua, ecc.) o più in generale soprattutto per
gli edifici più recenti, il certificato di agibilità di cui all’art. 24, primo comma, d.p.r. n. 380/01. Esso,
come recita la norma, “attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio
energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa
vigente”. Ed allora si potrebbe concludere che l’amministratore è tenuto a chiedere gli estremi del
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certificato di abitabilità (per gli immobili più vecchi, oggi quello di agibilità) oltre alla certificazione
da parte del condominio che tutti gli impianti dell’unità immobiliare siano conformi alla normativa
vigente che li interessa.Utilizziamo il condizionale
perché solamente l’attuazione pratica della norma, o meglio le prime pronunce giurisprudenziali che
la riguardano, potranno dare conferma o smentire questa interpretazione sicuramente più severa ma
che consente di dare un significato compiuto ad una norma altrimenti inutile.
8.1.1 I dati relativi alle condizioni di sicurezza ed il decreto Destinazione Italia
Con l’entrata in vigore, il 24 dicembre 2013, del così detto decreto Destinazione Italia, la situazione
è cambiata. Per mano dell’art. 1, nono comma, lett. c) all’art. 1130 n. 6 c.c. dopo le parole «nonche’
ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza» sono state inserite le seguenti: «delle parti comuni
dell’edificio».
Insomma a far data dalla vigilia di Natale del 2013, l’amministratore, nell’anagrafe condominiale,
deve tenere i dati relativi alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio.
La novella della riforma non ha specificato che cosa debba intendersi per “dati relativi alle condizioni
di sicurezza”. Ciò porta a pensare che – dando per buona la nostra interpretazione di questa locuzione
(vedi Par. prec.) – l’amministratore sarà tenuto, ora più di prima, ad ottenere le (eventuali mancanti)
certificazioni di attestazione della sicurezza delle parti comuni.
8.2 Formazione e aggiornamento dell’anagrafe condominiale tra doveri di
collaborazione per il condomino e poteri d’azione dell’amministratore
L’input alla formazione dell’anagrafe condominiale dev’essere dato dall’amministratore. E’ a lui,
infatti, che spetta la tenuta e l’aggiornamento del registro in esame. Agire diversamente, ovvero
disinteressarsene, per il mandatario del condominio vuol dire andare incontro ad una possibile
domanda di revoca giudiziale per gravi irregolarità nella gestione (cfr. art. 1129, undicesimo e
dodicesimo comma n. 7, c.c.). I
n
questo contesto anche i condomini hanno un loro ruolo e la mancata collaborazione (per la redazione
iniziale e l’aggiornamento) può portare all’addebito di spese a loro carico. L’art. 1130 n. 6 c.c., nei
periodi finali, specifica che
“ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni.
L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera
raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso
di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il
costo ai responsabili”.
Quindi la situazione è la seguente:
1. l’amministratore deve tenere ed aggiornare l’anagrafe condominiale;
2. i condomini devono partecipare rispondendo alle richieste in tal senso inviategli dal mandatario;
3. in caso di mancata risposta o di risposta incompleta l’amministratore può agire per reperire
d’ufficio le informazioni addebitandone i costi ai responsabili.
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Caso pratico
Tizio amministratore del condominio Alfa invia ai condomini un modulo per la tenuta del registro di
anagrafe condominiale che gli dev’essere rispedito indietro compilato e controfirmato. Tutti i condomini ad
eccezione di Caio restituiscono il modulo debitamente compilato.
In casi del genere l’amministratore, in base a quanto disposto dall’art. 1130 n. 6, c.c., potrà reperire
presso gli uffici competenti (catasto, conservatoria dei pubblici registri immobiliari, anagrafe, ecc.)
tutte le informazioni utili a ricostruire la situazione proprietaria rispetto all’unità immobiliare di
riferimento. A tal proposito le strade sono due:
• effettuare una ricerca nominativa verificando se quello che viene considerato condomino lo è
effettivamente;
• effettuare una ricerca per immobile e da qui risalire a tutti i dati del proprietario.
La prima ipotesi è quella consigliabile quando si è sicuri che la persona che si considera condomino
(ossia proprietario dell’unità immobiliare ubicata nell’edificio) lo sia realmente.
In entrambi
i casi, l’amministratore potrà addebitare il costo di tali ricerche al condomino inadempiente. Ad
avviso dello scrivente, se nel dettaglio analitico del compenso è inserita anche la voce “compenso per
accesso agli uffici nel caso di ricerche per l’anagrafe condominiale” o simili, allora l’amministratore
oltre alle spese vive (marche da bollo, diritti di segreteria, ecc.) potrà imputare al condomino anche il
compenso a lui destinato per quell’attività.
Sull’acquisizione di alcune specifiche
informazioni è utile svolgere alcune osservazioni .
8.2.2 Dati relativi alle condizioni di sicurezza e contratti di locazione delle unità
immobiliari e decreto Destinazione Italia.
Ad avviso di chi scrive, per i primi non dovrebbero esserci problemi, mentre per i contratti è inutile
sperare nell’aiuto dell’amministrazione pubblica. Vediamo perché.
Per ciò che concerne i famigerati dati sulle condizioni di sicurezza, (informazioni reperibili presso
lo sportello unico dell’edilizia del comune in cui è ubicato l’immobile), il riferimento normativo è
rappresentato dalla normativa sull’accesso agli atti. Ai sensi dell’art. 22 della legge n. 241/90 s’intende
per:
• a) “diritto di accesso”, il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti
amministrativi;
• b) per “interessati”, tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi,
che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente
tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso (art. 22, primo comma lett. a) e b), l. n.
241/90).
L’amministratore, secondo la nostra interpretazione di “dati relativi alle condizioni di sicurezza”,
dovrebbe essere considerato un interessato ai sensi dell’art. 1130 n. 6 c.c.
Questo il quadro che abbiamo delineato per la legislazione vigente dal 18 giugno 2013 al 24
dicembre 2013, ossia dall’entrata in vigore della riforma e fino all’entrata in vigore del decreto
Destinazione Italia (d.l. n. 145/13).
D’allora in poi, invece, data la nuova formulazione ossia “dati relativi alle condizioni di sicurezza
delle parti comuni dell’edificio”, l’amministratore, quale legale rappresentante dei condomini, avrà
certamente diritto di accesso a tutte le informazione relative le cose comuni.
Diversa
la
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situazione per i contratti di locazione. Per essi, a differenza del resto delle informazioni, non esiste
un’anagrafe pubblica. Anche se i contratti sono registrati, infatti, non tutti possono prenderne visione
e conoscenza. In tal senso l’art. 18, terzo comma, d.p.r. n. 131/86, stabilisce che:
Su richiesta delle parti contraenti, dei loro aventi causa o di coloro nel cui interesse la registrazione è stata
eseguita, l’ufficio del registro rilascia copia delle scritture private, delle denunce e degli atti formati all’estero
dei quali è ancora in possesso nonché delle note e delle richieste di registrazione di qualunque atto pubblico
o privato. Il rilascio di copie ad altre persone può avvenire soltanto su autorizzazione del pretore (oggi
Tribunale, n.d.A.) competente. Nei casi previsti dall’art. 17 in luogo del rilascio della copia è attestato il
contenuto del modello di versamento.
In poche parole se il conduttore non è collaborativo, la casella dell’anagrafe condominiale relativa a
questa informazione rischia di restare vuota.
Per
un
esempio di modulo utile per la tenuta dell’anagrafe condominiale, si veda infra Sezione Moduli.
9. L’attività fiscale
Prima dell’entrata in vigore della così detta riforma del condominio, il codice civile non menzionava
l’attività fiscale tra le attribuzioni dell’amministratore di condominio. La musica, come si suole
dire, è cambiata grazie alla legge n. 220/2012, che, riformulando l’art. 1130 c.c., specificato che
l’amministratore deve
eseguire gli adempimenti fiscali (art. 1130 n.5 c.c.).
La norma è volutamente generica: in questo modo è garantita la sua effettiva attualità nel corso del
tempo; diversamente se si fosse optato per un’elencazione delle attività fiscali, si sarebbero potuto
restringere troppo il campo di applicazione della medesima in ragione di possibili mutamenti della
legislazione fiscale. Ad ogni buon conto rimandiamo al prosieguo (infra Cap. IX) per una disamina
delle specifiche mansioni.
10. Le richieste di convocazione dell’assemblea (ai sensi dell’art. 1120 c.c. e 66
disp. att. c.c. ecc): obblighi e conseguenze
Ai sensi dell’art. 66, primo comma disp. att. c.c.:
L’assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall’art. 1135 del
codice, può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritiene necessario
o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio.
Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla
convocazione.
Fino al 18 giugno 2013 – data di entrata in vigore della legge n. 220/2012 (la riforma del condominio)
– era l’unica disposizione cui un condomino poteva appellarsi per formulare, tra l’altro nemmeno
in solitaria, una richiesta di convocazione di assemblea, che fosse vincolante, all’amministratore di
condominio. Parafrasando un detto, legge nuova vita nuova. con l’entrata in vigore della legge n. 220
la situazione è cambiata. Vediamo perché.
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Adesso, infatti, i condomini hanno diritto di chiedere ed ottenere la convocazione dell’assemblea
anche per discutere delle innovazioni di particolare interesse sociale di cui al secondo comma dell’art.
1120 c.c. E’ questo stesso articolo, al terzo comma, a specificare che:
“l’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo
condomino interessato all’adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La richiesta deve
contenere l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In
mancanza, l’amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie
integrazioni”.
Non solo. Nel caso di opere su parti di proprietà individuale, ai sensi del secondo comma dell’art.
1122 c.c.
“in ogni caso è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea”.
La norma non prevede un termine temporale di convocazione ma l’intero complesso normativo lascia
intendere che si debba provvedere senza ritardo.
Idem
per i casi di installazione di impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di
energia da fonti rinnovabili. Al terzo comma dell’art. 1122-bis c.c. è stabilito che:
“qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne dà comunicazione
all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L’assemblea
può prescrivere, con la maggioranza di cui al quinto comma dell’articolo 1136, adeguate modalità
alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro
architettonico dell’edificio e, ai fini dell’installazione degli impianti di cui al secondo comma, provvede, a
richiesta degli interessati, a ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando
le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. L’assemblea, con
la medesima maggioranza, può altresì subordinare l’esecuzione alla prestazione, da parte dell’interessato,
di idonea garanzia per i danni eventuali”.
In questo caso, visti i poteri dell’assemblea, pur non essendoci un termine, l’amministratore, più che
nell’ipotesi di cui all’art. 1122 c.c., deve agire tempestivamente.
V’è poi l’obbligo di convocare l’assemblea ordinaria annuale entro 180 giorni dalla chiusura
dell’esercizio per la presentazione del rendiconto (infra Cap. VIII).
Quali sono le conseguenze per i casi di inadempimento, ossia di omessa convocazione nei casi in
cui ciò è stabilito come obbligatorio dalla legge?
A mente dell’art. 1129 c.c. costituisce grave irregolarità comportante la revoca giudiziale:
“l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto
di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti
dalla legge” (cfr. art. 1129, dodicesimo comma n. 1, c.c.).
Come dire: amministratore avvisato mezzo salvato. Se la legge ve lo impone o se i condomini vi
chiedono di convocare l’assemblea per revocarvi, non tergiversate: rendersi inadempimenti può
portare ad una richiesta di revoca giudiziale con probabile condanna al pagamento delle spese legali
della procedura.
11. Gli atti conservativi tra azioni concrete e iniziative giudiziarie
La legge afferma laconicamente che l’amministratore deve
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“compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio” (art. 1130 n. 4 c.c.).
Che cosa vuol dire?
“ordinaria amministrazione è anche o soprattutto conservazione delle cose comuni: e queste si possono
conservare sia difendendone l’integrità con atti materiali (ad es. intervenendo sul muro comune per evitarne
la caduta) sia agendo anche in giudizio contro turbative o spogli o minacce di terzi” (Branca, Comunione
Condominio negli edifici, pag. 582, Zanichelli, 1982).
Conservazione delle parti comuni, dunque, vuol dire mantenimento dello status quo materiale
e giuridico. Il potere d’intervenire per la conservazione delle cose di cui all’art. 1117 c.c., stando
la genericità del disposto normativo in esame, è ampio ma non per questo indefinito o addirittura
arbitrario.
Conservazione dello status quo sta a significare difesa delle cose comuni e della situazione di fatto e
diritto in cui si trovano.D i
questa interpretazione della norma in esame si trova conferma nella giurisprudenza secondo la quale
“ai sensi dell’art. 1130 cod. civ., n. 4, da interpretarsi estensivamente, l’amministratore del condominio,
non solo è legittimato a compiere gli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi alle parti comuni; ma
può compiere atti anche per la salvaguardia dei diritti concernenti le stesse parti comuni delle quali ha la
gestione” (Cass.9 dicembre 2009 n. 25766).
Ed ancora sempre in giurisprudenza è stato affermato che l’art. 1130 n. 4 c.c.:
“fa obbligo all’amministratore di: “compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni
dell’edificio”: nei limiti di questa attribuzione, l’amministratore del condominio ha la rappresentanza
dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi; secondo l’interpretazione
di questa Corte, il legislatore ha inteso riferirsi agli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di
tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la
salvaguardia dell’integrità dell’immobile (v Cass. 8233/07), cioè ad atti meramente conservativi” (Cass.
21 febbraio 2013 n. 4338)
Atti conservativi e diritti reali
Non rientra in questo concetto l’azione volta ad ottenere il riconoscimento di una servitù
(cfr. Cass. 6 febbraio 2009 n. 3044). Allo stesso modo, a dirlo ormai da lungo tempo è sempre la
Corte di Cassazione, non rientra tra gli atti conservativi la così detta azione di rivendicazione, ossia
quell’azione tesa ad ottenere il riconoscimento della proprietà di un bene.
L’azione di rivendicazione di parti comuni di un edificio in condominio non può essere proposta
dall’amministratore, trattandosi di azione non rientrante in quelle afferenti alle normali attribuzioni
dell’amministratore stesso indicate nell’art. 1130 c.c. (Cass. 28 gennaio 1998 n. 840; Cass. 24 aprile
1993 n. 4856; Cass. 16 aprile 1993 n. 4530; Cass. 10 maggio 1967 n. 954). Più specificamente le
azioni reali nei confronti di terzi a difesa dei diritti dei condòmini sulle parti comuni dell’edificio tendono
a statuizioni relative alla titolarità ed al contenuto dei diritti medesimi, e, pertanto, esulando dall’ambito
degli atti meramente conservativi, non possono essere proposte dall’amministratore in rappresentanza del
condominio (Cass. 28 novembre 1996 n. 10615; Cass. 9 febbraio 1995 n. 1460; Cass. 19 ottobre 1994
n. 8531; Cass. 28 settembre 1977 n. 4136 (Cass. 24 novembre 2005 n. 24764).
Atti conservativi e difetti dell’immobile
Tipico esempio di azione conservativa finalizzata a conservare in buono stato le parti comuni,
eliminando determinate conseguenze pregiudizievoli, è rappresentata dall’azione contro l’appaltatore
(costruttore dell’edificio) per gravi difetti ex art. 1669 c.c.
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L’amministratore è legittimato a proporre l’azione ex art. 1669 c.c., riguardando i gravi difetti accertati
dal c.t.u. (formazione di umidità in risalita e muffe diffuse, derivanti dalla mancanza di idoneo vespaio)
essenzialmente parti comuni dell’edificio (vespaio, tetto, pianerottoli, impianti idrico, elettrico e termico)
e solo di riflesso le singole unità immobiliari, tanto più in considerazione del principio giurisprudenziale
riconoscente all’amministratore il potere - dovere di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alla
salvaguardia dell’edificio nel suo complesso, senza distinzioni tra parti comuni o di proprietà esclusiva
(Cass. 8 novembre 2010 n. 22656).
Vale la pena tenere a mente che secondo la Cassazione, l’azione ex art. 1669 c.c. riguarda solamente
difetti scaturenti dall’originaria costruzione e non anche lavori di manutenzione (cfr. Cass. 20
novembre 2007 n. 24143). In buona sostanza l’amministratore può agire ai sensi dell’art. 1669
c.c. contro il costruttore ma non contro l’impresa che ha eseguito opere di manutenzione.
Atti conservativi e contratto assicurativo
Nella vigenza della precedente legislazione e dopo l’entrata in vigore della riforma, né il codice civile
né altre leggi si occupano di specificare se rientri nel novero dei poteri dell’amministratore quello di
stipulare una polizza di assicurazione per il condominio (la c.d. polizza globale fabbricati).
Scorrendo le pronunce della
Suprema Corte deve giungersi ad una risposta negativa, o meglio ad una risposta negativa in caso di
mancanza di deliberazione assembleare. In tal senso è stato affermato che:
“l’amministratore del Condominio non è legittimato a concludere il contratto d’assicurazione del
fabbricato se non abbia ricevuto la autorizzazione da una deliberazione dell’assemblea dei partecipanti
alla comunione. A questa conclusione deve pervenirsi per la decisiva ed assorbente considerazione che la
disposizione dell’art. 1130 c.c., comma 4 obbligando l’amministratore (l’amministratore deve compiere)
ad eseguire gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, ha inteso chiaramente
riferirsi ai soli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro
comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell’integrità dell’immobile,
tra i quali non può farsi rientrare il contratto d’assicurazione, perché questo non ha gli scopi conservativi
ai quali si riferisce la norma dell’art. 1130 c.c., ma ha come suo unico e diverso fine quello di evitare
pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato”. (Cass. 3 aprile 2007 n. 8233).
Come può fare l’assicuratore a sapere se l’amministratore ha il potere di rappresentanza del condominio?
Ai sensi dell’art. 1393 c.c.:
“Il terzo che contratta col rappresentante può sempre esigere che questi giustifichi i suoi poteri e, se la
rappresentanza risulta da un atto scritto, che gliene dia una copia da lui firmata”.
Nel caso dell’assicurazione, quindi, sarà utile dotarsi tanto della delibera di nomina quanto di
quella di autorizzazione alla stipula della polizza.
12. L’esecuzione delle delibere, l’osservanza del regolamento, la disciplina dell’uso
delle cose comuni e della fruizione dei servizi nell’interesse comune
L’art. 1130 c.c. specifica che l’amministratore deve
“eseguire le deliberazioni dell’assemblea, convocarla annualmente per l’approvazione del rendiconto
condominiale di cui all’articolo 1130-bis e curare l’osservanza del regolamento di condominio” (art. 1130
n. 1 c.c.).
Eseguire una delibera vuol dire compiere tutte le attività necessarie a realizzare quanto deciso dai
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condomini.
Caso pratico 1
L’assemblea del condominio Alfa delibera l’esecuzione di un intervento straordinario volto alla sostituzione
del portone d’ingresso e sceglie all’uopo la ditta Beta per la realizzazione dell’opera. Tizio, amministratore
della compagine, dovrà contattare la ditta, stipulare il contratto (o comunque conferire verbalmente
l’incarico), raccogliere le quote (eventualmente per il mezzo di un’azione giudiziaria, infra Cap. V),
compiere l’attività fiscale connessa per consentire ai condomini di godere delle detrazioni previste dalla
legge (vedi infra Cap. IX).
Come si deve comportare l’amministratore se una decisione dell’assise risulta essere invalida?
Detta diversamente: fino a che punto il mandatario deve valutare la causa d’invalidità ed eventualmente
opporsi alla messa in atto di quanto deliberato? Il codice civile (anche nella sua formulazione successiva
alla riforma) si occupa scarnamente delle cause d’invalidità delle delibere assembleari. V’è una norma,
l’art. 1137 c.c., che disciplina tempi e modi d’impugnazione e qualche norma (es. art. 1117-ter o 66
disp. att. c.c.) che tratteggia alcuni dei vizi d’invalidità. In questo contesto resta fondamentale quanto
affermato nel 2005 dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione. Nella sentenza n. 4806 si
disse che sono da considerasi nulle
“le delibere prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico,
alla morale e al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, che incidono
sui diritti individuali, sulle cose, sui servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini o
comunque invalide in relazione all’oggetto” (così Cass. 7 marzo 2005 n. 4806);
sono, invece, annullabili:
“le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza
inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali in
violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari attinenti al procedimento di convocazione o
informazione in assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione,
quelle che richiedono maggioranze qualificate in relazione all’oggetto” (così Cass. ult. cit.).
La legge n. 220/2012 (la così detta riforma) ha inserito nell’ambito della nullità, l’ipotesi di mancata
indicazione delle parti comuni oggetto di deliberazione nel caso di modificazione della destinazione
d’uso (art. 1117-ter, terzo coma, c.c.). Per il resto nessuna novità. Un esempio può aiutarci non poco
a chiarire praticamente l’oggetto della discussione
Caso pratico 2
Nel condominio Gamma vive Sempronio, che reca continuamente disturbo ai propri vicini ed in
particolare imbratta le parti comuni. L’amministratore, sollecitato ad intervenire, convoca un’assemblea
per discutere sul da farsi ed ottenere indicazioni pratiche al di là di quanto specificato dalla legge. Nel
corso della riunione viene chiesto all’amministratore, oltre all’esecuzione delle normali azioni conservative,
di invitare Sempronio a trasferirsi paventando un’azione legale per ottenere questo risultato qualora il
destinatario della diffida non vi provveda spontaneamente e comunque di provvedere all’apposizione di
lucchetti all’appartamento in questione. In un caso del genere la deliberazione è palesemente nulla in
quanto in nessun caso l’assemblea può intraprendere un’azione legale per l’abbandono di un appartamento
da parte di chi lo abita. Ciò tanto se l’unità immobiliare è detenuta in locazione tanto se vi risiede il
legittimo proprietario. L’amministratore, dunque, non dovrà in alcun modo dare esecuzione al deliberato
assembleare essendo lo stesso ineseguibile.
In buona sostanza l’amministratore, nel caso di deliberazione palesemente nulla, in ragione del fatto
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che il suo comportamento deve confarsi a quei criteri generali di azione secondo la diligenza del buon
padre di famiglia, dovrà evitare di eseguire tutte quelle decisioni il cui contenuto è chiaramente in
contrasto con quanto disposto dalla legge.
E nel caso di annullabilità? Qui la situazione è differente in quanto mentre la nullità può essere
fatta valere sempre e da chiunque ne abbia interesse, l’annullabilità deve essere contestata entro trenta
giorni dalla deliberazione (o dalla sua comunicazione, vedi art. 1137 c.c.), altrimenti la delibera
diviene incontestabile. Ad avviso di chi scrive, dovrebbe comunque dare esecuzione alla deliberazione
assembleare restando diritto del condomino quello d’impugnare nei tempi e nei modi di legge.
L’amministratore, a differenza di un magistrato, esegue e non giudica. Certo la prudenza non
è mai troppa anche perché eseguire una deliberazione annullabile a causa di un proprio errore
espone senza ombra di dubbi ad un’azione risarcitoria.
Caso pratico 3
Mevio amministra il condominio Delta. Egli convoca l’assemblea e solo dopo lo svolgimento della riunione,
preparando la comunicazione del verbale agli assenti, si accorge di non aver convocato Filano. Quest’ultimo,
quindi, ricevuta la comunicazione ha trenta giorni di tempo da quella data per decidere se impugnare la
delibera per omessa convocazione.
Casi del genere sono esempi classici di ipotesi di responsabilità dell’amministratore. Eseguire
quella delibera senza attendere un’eventuale impugnazione potrebbe voler dire essere doppiamente
responsabile:
1) per non aver convocato il condomino
2) per essersene accorto e non aver prestato la minima prudenza.
In buona sostanza anche nel caso di deliberazioni annullabili, salvo il caso di estrema urgenza di
eseguire il deliberato, è consigliabile valutare se sussistono cause d’invalidità ed eventualmente
temporeggiare per attendere che la delibera divenga inoppugnabile.
L’osservanza del regolamento dev’essere letta in una duplice visuale. Vigilanza per far osservare
il regolamento da parte dei condomini ed osservanza diretta da parte dell’amministratore. Circa i
poteri di delibazione della validità delle clausole del regolamento, vale quanto detto per l’esecuzione
di delibere invalide.
Esecuzione delle delibere ed osservanza del regolamento, infine, vuol dire anche legittimazione
ad agire e resistere in giudizio a tal fine, senza la preventiva autorizzazione assembleare (cfr.
Cass. 20 aprile 2005 n. 8286, Cass. 26 giugno 2006 n. 14735 e infra Cap. X).
L e
richieste, eventualmente giudiziali, di osservanza del regolamento, possono essere indirizzate tanto al
proprietario quanto al conduttore (cfr. in tal senso Cass. 8 marzo 2006 n. 4920).
Disciplina dell’uso delle cose comuni e fruizione dei servizi nell’interesse comune vuol dire
amministrazione reale delle parti comuni. Un esempio concreto riguarda l’orario di accensione dei
riscaldamenti (cfr. Par. 17). In assenza di indicazioni regolamentari ed assembleari, infatti, spetta
all’amministratore decidere l’orario di funzionamento nell’ambito delle fasce orarie previste dalla
legge. La disciplina dell’uso consente di ipotizzare un uso turnario del cortile o comunque di
regolamentarne la fruizione. Vista l’importanza di queste materie, è sempre bene far pronunciare
l’assemblea. In buona sostanza consigliamo agli amministratori di agire autonomamente solo quando
l’assemblea non si sia pronunciata e solamente se è necessario intervenire per prevenire o placare
conflitti prima d’una decisione dell’assise. Del potere (strettamente correlato) di erogazione delle
spese parleremo in un apposito capitolo (infra Cap. V).
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2.1 Il regolamento ed il divieto di detenzione di animali domestici
La legge n. 220/2012 ha introdotto una norma (l’art. 1138, quinto comm,a c.c.) che ha generato
una situazione che potremmo definire buffa. Il riferimento è a quella regola che impone di non
poter vietare la detenzione di animali domestici in condominio. Al di là dell’obiettiva difficoltà di
raccordare la definizione di animale domestico (tra i quali va annoverato anche il cavallo) con la vita
condominiale, la norma è stata propagandata come rivoluzionaria ma, in verità, non cambierà nulla.
Insomma più che buffa una situazione molto italiana. O forse buffa proprio perché italiana; meglio
lasciar perdere questi aspetti.
Che cosa dice la norma in
esame?
Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici (art. 1138, quinto
comma, c.c.).
È noto che la dottrina e la giurisprudenza differenziano il regolamento contrattuale da quello
assembleare.
Regolamento assembleare
Adottato dall’assemblea con il voto della maggioranza
degli intervenuti e 500 millesimi. Il suo contenuto
non può andare oltre le norme circa l’uso delle cose
comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti
e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché
le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle
relative all’amministrazione.
Regolamento contrattuale
Sottoscritto da tutti i proprietari delle unità
immobiliari al momento dell’acquisto delle
medesime, in quanto allegato al contratto d’acquisto,
o successivamente anche in assemblea. Può contenere
clausole limitative dei diritti dei singoli su parti di
proprietà comune ed esclusiva purché limiti e divieti
risultino in modo chiaro e preciso.
Prima dell’entrata in vigore della riforma era pacifico in dottrina e giurisprudenza che solamente i
regolamenti contrattuali potessero vietare la detenzione di animali domestici (cfr. Trib. Piacenza 10
aprile 2001 ed in dottrina Matteo Ceolin, Regolamenti di condominio e vincoli di destinazione, anche
alla luce del nuovo art. 2645- ter c.c., Riv. notariato , 2009, 04, 873). L’introduzione di questa norma
è stata accompagnata dall’approvazione di un ordine del giorno da parte della Commissione giustizia
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del Senato (che ha approvato in sede deliberante la legge in vigore) nella quale s’è affermato che:
“La Commissione giustizia, preso atto che al terzo comma dell’articolo 1138 del codice civile è aggiunto il
seguente: “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”;rileva
come il divieto in parola non riguarda i regolamenti cosiddetti contrattuali che sono approvati da
tutti i condomini con l’adesione al regolamento formulato dal costruttore prima della costituzione del
condominio, ovvero con una deliberazione assembleare unanime, perché la disposizione è collocata
all’interno dell’articolo che disciplina il regolamento condominiale. Tale formula di compromesso è di
fondamentale importanza perché consente da un lato di rispettare la sensibilità degli amanti degli animali,
e dall’altro, in coerenza con i principi di autonomia contrattuale (articolo 1322 del codice civile), consente
ai condomini di deliberare all’unanimità limitazioni ai diritti dominicali loro spettanti avuto riguardo
allo stato dei luoghi. Per quanto riguarda l’efficacia nei confronti dei terzi, occorre ricordare che il carattere
reale delle limitazioni convenzionali della proprietà nel condominio determina la loro opponibilità agli
acquirenti a titolo particolare delle unità immobiliari, purché tali limitazioni risultino trascritte presso la
Conservatoria dei registri immobiliari a norma dell’articolo 2643 del codice civile e ciò si verifica quando
sia trascritto il regolamento, ovvero quando sia trascritto l’atto di acquisto che indichi, con precisione, i
vincoli a cui è sottoposto il bene oggetto della compravendita. In assenza di trascrizione, i vincoli saranno
opponibili solo quando l’acquirente li abbia espressamente accettati” (Legislatura 16ª - 2ª Commissione
permanente - Resoconto sommario n. 359 del 20/11/2012).
L’ordine del giorno non è vincolante ma sicuramente aiuta nell’interpretare la legge poiché chiarisce le
intenzioni del legislatore (cfr. art. 12 disp. prel. c.c.). Se questa sarà l’applicazione del nuovo comma,
come si diceva in principio, non ci sarà alcuna novità.
13. La suggestione dell’amministratore “sceriffo”: applicare le sanzioni non è cosa
molto agevole
L’art. 70 delle disposizioni di attuazione del codice civile recita:
Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di
una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo di cui
l’amministratore dispone per le spese ordinarie.
La così detta riforma del condominio ha modificato questo articolo prevedendo solamente un
innalzamento delle sanzioni irrogabili. La norma, infatti, vista l’irrisorietà delle precedenti sanzioni
(qualche centesimo di euro) rimaneva sostanzialmente inapplicata.
Duecento euro di multa ed aumenti fino ad ottocento in caso di recidiva. Trasgredire al regolamento
condominiale può costare caro. Ma siamo così sicuri che sarà semplice applicare queste sanzioni?
In poche parole: l’amministratore, a mo’ di vigile urbano, potrà “multare” autonomamente o la
procedura sanzionatoria sarà più articolata?
La giurisprudenza e quella dottrina che s’erano pronunciati prima della riforma si mostravano
concordi nell’affermare che
“l’amministratore non necessita di alcuna previa delibera assembleare, posto che egli è già tenuto ex lege
(art. 1130 c.c., comma 1, n. 1: ex plurimis, cfr. Cass. 14088/1999; Cass. 9378/1997) a curare l’osservanza
del regolamento del condominio al fine di tutelare l’interesse generale al decoro, alla tranquillità ed
all’abitabilità dell’edificio; ed è altresì nelle sue facoltà, ai sensi dell’art. 70 disp. att. c.p.c., anche quella
di irrogare sanzioni pecuniarie ai condomini responsabili di siffatte violazioni del regolamento (Cass.
8804/1993): ove lo stesso – […] - preveda tale possibilità” (Cass. 26 giugno 2006 n. 14735 in dottrina
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in senso conf. cfr. Branca, Comunione Condominio negli edifici, Zanichelli, 1982).
In sede di prima interpretazione della nuova normativa (che sul punto come detto ha modificato
solamente gli importi) è stato affermato che
“l’irrogazione della sanzione pecuniaria è di competenza dell’assemblea, non rientrando nella mera
esecuzione del regolamento di condominio, al quale ai sensi dell’art. 1130, n. 1 c.c., deve provvedere
l’amministratore” (Roberto Triola, Il nuovo condominio, G. Giappichelli Editore, 2013).
Tutto ruota intorno all’estensione di questo potere. Se si opterà, com’è stato in passato, per la
diretta irrogazione delle sanzioni da parte dell’amministratore nulla quaestio: il mandatario potrà
multare a spron battuto i condomini che infrangono il regolamento. Certo è che in questo caso
sorgono alcuni dubbi: la sanzione dovrà essere elevata in costanza di violazione o si potrà elevarla
anche successivamente (es. documentazione fotografica che l’accerta)? Ed ancora: l’amministratore
potrà delegare il portiere oppure il potere sanzionatorio è esercitabile solamente in prima persona?
Sicuramente gli stessi regolamenti potranno prevedere norme in merito.
Al riguardo è utile svolgere una riflessione: nel maggio 2013, la Cassazione, in una causa avente ad
oggetto lavori di manutenzione a seguito di danni arrecati da un condomino, ha affermato che:
“il principio secondo cui, con riguardo al ripristino dei danni ascrivibili ad uno od alcuni dei partecipanti
al condominio, sussiste l’obbligo del responsabile di assumere il relativo onere, non osta a che, anche in
questo caso, fino a quando il singolo condomino non abbia riconosciuto la propria responsabilità o essa non
sia stata accertata in sede giudiziale, l’assemblea, nel deliberare sulla ricostruzione o sulla riparazione delle
parti comuni, abbia il potere di ripartire le relative spese secondo le regole generali, in misura proporzionale
al valore della proprietà di ciascuno, tra tutti i condomini, fermo restando il diritto di costoro di agire,
singolarmente o per mezzo dell’amministratore, contro il condomino ritenuto responsabile, per ottenere il
rimborso di quanto anticipato (Cass., Sez. 2, 27 giugno 1978, n. 3176; Cass., Sez. 2, 22 luglio 1999, n.
7890)” (Cass. 24 aprile 2013, n. 10053).
Come dire: il danno potrà essere imputato al colpevole solo dopo che una sentenza ne ha accertato la
responsabilità.
L’art.70 disp. att. c.c. prevede la possibilità di irrogare sanzioni se ciò è consentito dal regolamento.
Il mandatario è tenuto a curare l’osservanza del regolamento ma nel caso di violazioni al medesimo,
al di là delle diffide, non può far altro che domandare al giudice di accertare tale violazione. Ciò
che la legge non prevede è la modalità di riscossione della sanzione. Ad avviso di chi scrive, dunque,
l’amministratore può certamente irrogare delle sanzioni ma il loro pagamento, salvo il caso di
spontaneo adempimento da parte del condomino trasgressore, può essere coartato solamente a seguito
di una condanna da parte del giudice competente.
Indubbiamente il procedimento di
mediazione in questi casi può essere di grande aiuto (infra Cap. VII).
13.1 “Multe condominiali” e decreto Destinazione Italia
Il decreto legge n. 145 del 23 dicembre 2013, entrato in vigore il giorno successivo, ha modificato
l’art. 71 disp. att. c.c.
Tale norma, nella formulazione attualmente vigente, recita:
Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di
una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo di cui
l’amministratore dispone per le spese ordinarie. L’irrogazione della sanzione e’ deliberata dall’assemblea con
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le maggioranze di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del Codice.
Insomma spetta all’assemblea irrogare la sanzione e, di fatto, validare l’accertamento dell’infrazione.
Non è chiaro da chi debba provenire questo accertamento? Solo dall’amministratore o anche dai
condomini e dal portiere? Un’ipotetica sosta vietata può essere accertata per testimonianza? Oppure
servono delle fotografie? E chi può garantire, nel caso di foto non chiara, che quella sia una sosta e
non una fermata? Insomma la materia delle sanzioni condominiali, sebbene sia stato chiarito come
irrogarle (cosa di per sé meritevole), è una tra quelle in grado di sollevare il maggior contenzioso in
ambito condominiale.
14. Comunicazione del condomino di distacco dall’impianto di riscaldamento:
adempimenti
La giurisprudenza prima dell’entrata in vigore della riforma ed adesso l’art. 1118 c.c. consentono al
condomino di distaccarsi dall’impianto di riscaldamento.
In particolare ai sensi del quarto comma dell’art. 1118 c.c.
“Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di
condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa
per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per
la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma”.
Gli adempimenti a carico del comproprietario sono evidenti: fornire al condominio, in persona
dell’amministratore, la prova che da distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento
(quindi un normale squilibrio è ammissibile) o aggravi di spesa per gli altri condomini. Nella
sostanza la legge n. 220/2012 ha introdotto nel codice civile quanto affermato, ormai da anni,
in sede giurisprudenziale (cfr. tra le tante Cass. 25 marzo 2004 n. 5974). Questo genere di prova
solitamente è fornita con il parere di un tecnico (spesse volte sotto forma di perizia giurata).
La norma citata non dice nulla rispetto ai compiti dell’amministratore. Al riguardo sono due le
norme cui fare riferimento. Art. 1122 c.c. e art. 1130 n. 4 c.c.
Vediamo perché.
Il primo dei due articoli citati specifica che i condomini, nell’eseguire opere su parti di proprietà
esclusiva, non possono recare pregiudizio alla sicurezza, alla stabilità ed al decoro dell’edificio. Ad ogni
modo, precisa il secondo comma dell’art. 1122 c.c., degli interventi in esame bisogna dare preventiva
notizia all’amministratore, sul quale, a sua volta, incombe l’obbligo di informarne l’assemblea.
Ergo: chi vuole distaccarsi dall’impianto di riscaldamento deve comunicarlo all’amministratore
che dovrà riferire questa intenzione in assemblea. Ma v’è di più. L’amministratore, lo s’è detto in
precedenza (supra Par. 12), deve compiere gli atti conservativi delle parti comuni dell’edificio. Se,
per una serie di ragioni (competenza diretta in quanto tecnico, medesime richieste rigettate da parte
di altri condomini, ecc.), ritiene che il preannunciato distacco possa recare pregiudizio all’impianto
centralizzato, egli a tutto il diritto di agire con un’azione cautelare volta ad ottenere il blocco preventivo
dei lavori, o comunque il loro fermo.
15. Comunicazione del condomino di esecuzione di opere nella proprietà esclusiva:
adempimenti
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Se n’è già parlato nel paragrafo precedente: nel caso di esecuzione d’interventi su parti di proprietà
esclusiva, il condomino deve dare informazione all’amministratore che dovrà a sua volta informarne
l’assemblea.
L’art. 1122 c.c. recita:
Nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che
siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino non può eseguire
opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o
al decoro architettonico dell’edificio.
In ogni caso è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea.
Chiaramente, dato che l’amministratore ha il potere/dovere di compiere gli atti conservativi delle
parti comuni, egli potrà agire anche giudizialmente e senza preventiva autorizzazione assembleare
per eliminare anche solamente il pericolo di danno che le parti comuni potrebbero subire in caso
esecuzione delle opere da parte del singolo.
16. Impianto di ascensore: manutenzione e adeguamenti normativi
L’ascensore, a dirlo è l’art. 1117 c.c., è un impianto che, salvo diversa indicazione del titolo
(atto d’acquisto o regolamento condominiale contrattuale, supra Cap. II) dev’essere considerato
bene di proprietà comune.
L’amministratore dell’edificio ha ben precisi obblighi in relazione alla manutenzione dell’impianto
di sollevamento. La normativa di riferimento è quella contenuta nel d.p.r. n. 162 del 30 aprile
1999, intitolato Regolamento recante norme per l’attuazione della direttiva 95/16/CE sugli ascensori e
di semplificazione dei procedimenti per la concessione del nulla osta per ascensori e montacarichi, nonché
della relativa licenza di esercizio.L e
norme di riferimento sono, sostanzialmente quelle contenute negli articoli dal 12 al 17 del d.p.r. n.
162/99.
Messa in esercizio
La messa in esercizio, vale a dire la
“prima utilizzazione dell’ascensore o del componente di sicurezza” (art. 2 lett. l) d.p.r. n. 162/99) “e’
soggetta a comunicazione, da parte del proprietario o del suo legale rappresentante, al comune competente
per territorio o alla provincia autonoma competente secondo il proprio statuto” (art. 12, primo comma,
d.p.r. n. 162/99).
Il contenuto della comunicazione è specificato dal secondo comma del testé citato art. 12.
Verifiche periodiche
Sono fondamentali, ai fini che ci occupano, il primi quattro commi dell’art. 13, che recitano:
Il proprietario dello stabile, o il suo legale rappresentante, sono tenuti ad effettuare regolari manutenzioni
dell’impianto ivi installato, nonchè a sottoporre lo stesso a verifica periodica ogni due anni. Alla verifica
periodica degli ascensori, dei montacarichi e degli apparecchi di sollevamento rispondenti alla definizione di
ascensore la cui velocita’ di spostamento non supera 0,15 m/s provvedono, secondo i rispettivi ordinamenti,
a mezzo di tecnici forniti di laurea in ingegneria, l’azienda sanitaria locale competente per territorio,
ovvero, l’ARPA, quando le disposizioni regionali di attuazione della legge 21 gennaio 1994, n. 61,
attribuiscano ad essa tale competenza, la direzione provinciale del lavoro del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale competente per territorio per gli impianti installati presso gli stabilimenti industriali o
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le aziende agricole, nonché, gli organismi di certificazione notificati ai sensi del presente regolamento per le
valutazioni di conformità di cui all’allegato VI o X.
Il soggetto che ha eseguito la verifica periodica rilascia al proprietario, nonché alla ditta incaricata della
manutenzione, il verbale relativo e, ove negativo, ne comunica l’esito al competente ufficio comunale per i
provvedimenti di competenza.
Le operazioni di verifica periodica sono dirette ad accertare se le parti dalle quali dipende la sicurezza
di esercizio dell’impianto sono in condizioni di efficienza, se i dispositivi di sicurezza funzionano
regolarmente e se è stato ottemperato alle prescrizioni eventualmente impartite in precedenti verifiche. Il
soggetto incaricato della verifica fa eseguire dal manutentore dell’impianto le suddette operazioni.
Il proprietario o il suo legale rappresentante forniscono i mezzi e gli aiuti indispensabili perché siano
eseguite le verifiche periodiche dell’impianto.
Il sesto ed ultimo comma specifica che le spese per le verifiche periodiche sono a carico del
proprietario dell’impianto.
L’esito negativo della visita periodica porta al fermo dell’impianto ed alla necessità di dover apportare
tutti i più opportuni interventi per ripristinarne, previa nuova verifica, la rispondenza alle norme (cfr.
art. 14 d.p.r. n. 162/99).
Manutenzione dell’impianto
Oltre alle verifiche periodiche con cadenza biennale, la legge impone che l’ascensore sia seguito
costantemente (con cadenza semestrale) da una ditta specializzata nella manutenzione di questo
genere d’impianti. Il d.p.r. n. 162/99 specifica in modo certosino le caratteristiche della manutenzione
periodica.
L’art. 15, che per facilità di lettura riportiamo integralmente, recita:
Ai fini della conservazione dell’impianto e del suo normale funzionamento, il proprietario o il suo legale
rappresentante sono tenuti ad affidare la manutenzione di tutto il sistema degli ascensori, dei montacarichi
e degli apparecchi di sollevamento rispondenti alla definizione di ascensore la cui velocita’ di spostamento
non supera 0,15 m/s a persona munita di certificato di abilitazione o a ditta specializzata ovvero a un
operatore comunitario dotato di specializzazione equivalente che debbono provvedere a mezzo di personale
abilitato. Il certificato di abilitazione è rilasciato dal prefetto, in seguito all’esito favorevole di una prova
teorico-pratica, da sostenersi dinanzi ad apposita commissione esaminatrice ai sensi degli articoli 6, 7, 8,
9 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1951, n. 1767.
Il manutentore provvede anche alla manovra di emergenza che, in caso di necessità, può essere effettuata
anche da personale di custodia istruito per questo scopo.
Il manutentore provvede, periodicamente, secondo le esigenze dell’impianto:
a) a verificare il regolare funzionamento dei dispositivi meccanici, idraulici ed elettrici e, in particolare,
delle porte dei piani e delle serrature;
b) a verificare lo stato di conservazione delle funi e delle catene;
c) alle operazioni normali di pulizia e di lubrificazione delle parti.
Il manutentore provvede, almeno una volta ogni sei mesi per gli ascensori, compresi gli apparecchi di
sollevamento rispondenti alla definizione di ascensore la cui velocita’ di spostamento non supera 0.15 m/s,
e almeno una volta all’anno per i montacarichi:
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a) a verificare l’integrità e l’efficienza del paracadute, del limitatore di velocità e degli altri dispositivi di
sicurezza;
b) a verificare minutamente le funi, le catene e i loro attacchi;
c) a verificare l’isolamento dell’impianto elettrico e l’efficienza dei collegamenti con la terra;
d) ad annotare i risultati di queste verifiche sul libretto di cui all’art. 16.
Il manutentore promuove, altresì, tempestivamente la riparazione e la sostituzione delle parti rotte o
logorate, o a verificarne l’avvenuta, corretta, esecuzione.
Il proprietario o il suo legale rappresentante provvedono prontamente alle riparazioni e alle sostituzioni.
Nel caso in cui il manutentore rilevi un pericolo in atto, deve fermare l’impianto, fino a quando esso non
sia stato riparato informandone, tempestivamente, il proprietario o il suo legale rappresentante e il soggetto
incaricato delle verifiche periodiche, nonché il comune per l’adozione degli eventuali provvedimenti di
competenza.
Al riguardo molti, moltissimi amministratori ritengono più conveniente affidarsi ad un’impresa di
manutenzione locale, o comunque di piccole o medie dimensioni, rispetto alle così dette multinazionali.
Non è questa la sede per una valutazione comparatistica dei servizi proposti. L’amministratore deve
garantire il buon funzionamento anche attraverso la manutenzione. In assenza di specifiche indicazioni
assembleari, il mandatario dei condomini può scegliere l’impresa manutentrice. In entrambi i casi, per
aiutare l’assemblea nella scelta e per quando si sceglie personalmente, è bene leggere con attenzione
le condizioni del servizio (es. tempi d’intervento, costo degli interventi straordinari, reperibilità,
ecc. ecc.) e ottenere più di un preventivo in modo da poter operare un raffronto. L’importante,
qualunque sia la scelta che verrà adottata, è non credere che l’impresa locale sia meno affidabile della
multinazionale, né, al contrario, che la multinazionale sia scorretta per definizione.
In buona sostanza bisogna scegliere solamente in relazione alla vera utilità per il condominio (evitate
di farvi ingolosire da più o meno succose percentuali a vostro favore).
Libretto e targa
Il proprietario o il suo legale rappresentante deve conservare e tenere a diposizione il libretto
d’impianto (cfr. art. 16 primo comma d.p.r. n. 162/99) e deve altresì predisporre una targa recante
le seguenti indicazioni:
a) soggetto incaricato di effettuare le verifiche periodiche;
b) installatore/fabbricante e numero di fabbricazione;
c) numero di matricola;
d) portata complessiva in chilogrammi;
e) se del caso, numero massimo di persone” (art. 16, terzo comma, d.p.r. n. 162/99).
Divieti
Tra i divieti più importanti l’art. 17 del d.p.r. in esame specifica che
é vietato l’uso degli ascensori, dei montacarichi e degli apparecchi di sollevamento rispondenti alla
definizione di ascensore la cui velocita’ di spostamento non supera 0.15 m/s ai minori di anni 12, non
accompagnati da persone di età più elevata” (art. 17, primo comma, d.p.r. n. 162/99).
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Si badi, nel comma citato così come in quelli successivi, non esiste alcun divieto di portare in
ascensore animali domestici, quali, ad esempio, cani, gatti, ecc.
17. Impianto di riscaldamento: manutenzione, funzionamento ed adeguamenti
normativi
A partire dal 12 luglio 2013 le norme di riferimento in materia di esercizio, conduzione, controllo,
manutenzione e ispezione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici
sono contenute nel d.p.r. n. 74/2013, emanato, come dice lo stesso titolo del d.p.r. 74 “a norma
dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192”.
L’amministratore di condominio è direttamente interessato a questa normativa in quanto il decreto
presidenziale contiene le indicazioni necessarie a comprendere come debba essere manutenuto e
tenuto in esercizio l’impianto. Molte delle indicazioni (si pensi all’orario di accensione) erano già
contenute nel d.p.r. n. 412/93 e sono state semplicemente trasposte nel decreto in esame.
Periodi di accensione
Siccome il clima di Palermo è diverso da quello di Trento, il legislatore ha previsto una differenziazione
del periodo e degli orari di accensione degli impianti di riscaldamento (tanto per quelli così detti
autonomi, quanto per quelli centralizzati). Così, ad esempio, per restare alle città appena citate,
Palermo è inserita nella zona B (periodo di accensione 1 dicembre – 31 marzo, orario massimo
consentito 8 ore frazionabili anche in più parti purché comprese tra le 5 e le 23 di ciascun giorno.
Trento fa parte della zona F che non ha alcuna limitazione temporale ed oraria (cfr. art. 5 d.p.r.
n. 74/2013, art. 3 d.p.r. n. 412/93 e allegato A d.p.r. n. 412/93). Si tratta di materiale facilmente
reperibile online.
L’amministratore deve conoscere i periodi e gli orari delle zone in cui sono ubicati i condomini
che amministra per sapere quando e per quanto tempo gli impianti possono restare accesi. La
regolamentazione dell’accensione, nell’ambito delle indicazioni di legge, spetta all’assemblea ed in
subordine all’amministratore.
Caso pratico
L’assemblea del condominio Alfa, sito in Palermo, non ha mai deciso gli orari di accensione del riscaldamento.
L’amministratore, in ragione dei propri poteri, può decidere numero di giorni, numero di ore ed intervalli
di accensione.
Addentellato normativo di quest’ultima affermazione sta nell’art. 1130 n. 2 c.c. a mente del quale
l’amministratore deve:
disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia
assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini
Chiaramente se l’assemblea ha deciso degli orari, l’amministratore, se rispettano il dettato normativo,
dovrà farli osservare in quanto è tenuto a dare esecuzione alle deliberazione ed al regolamento.
Manutenzione degli impianti
Ai sensi dell’art. 6, primo comma, del d.p.r. n. 74/2013
“L’esercizio, la conduzione, il controllo, la manutenzione dell’impianto termico e il rispetto delle
disposizioni di legge in materia di efficienza energetica sono affidati al responsabile dell’impianto,
che puo’ delegarle ad un terzo. La delega al terzo responsabile non e’ consentita nel caso di singole
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unita’ immobiliari residenziali in cui il generatore o i generatori non siano installati in locale tecnico
esclusivamente dedicato. In tutti i casi in cui nello stesso locale tecnico siano presenti generatori di
calore oppure macchine frigorifere al servizio di piu’ impianti termici, puo’ essere delegato un unico terzo
responsabile che risponde delle predette attivita’ degli impianti”.
Responsabile dell’impianto e terzo responsabile. Di fatto l’amministratore ed un’impresa specializzata
ed abilitata. Ciò lo si desume dalle definizioni contenute nei punti 42 e 52 dell’allegato A al d.lgs n.
192/05 ad essi riferite. Si legge che è:
“42. Responsabile dell’impianto termico: l’occupante, a qualsiasi titolo, in caso di singole unita’ immobiliari
residenziali; il proprietario, in caso di singole unita’ immobiliari residenziali non locate; l’amministratore,
in caso di edifici dotati di impianti termici centralizzati amministrati in condominio; il proprietario o
l’amministratore delegato in caso di edifici di proprieta’ di soggetti diversi dalle persone fisiche
52. Terzo responsabile dell’impianto termico: la persona giuridica che, essendo in possesso dei requisiti
previsti dalle normative vigenti e comunque di capacita’ tecnica, economica e organizzativa adeguata al
numero, alla potenza e alla complessita’ degli impianti gestiti, e’ delegata dal responsabile ad assumere
la responsabilita’ dell’esercizio, della conduzione, del controllo, della manutenzione e dell’adozione delle
misure necessarie al contenimento dei consumi energetici”.
Nominare un terzo responsabile, che per definizione è il soggetto che assume la medesima posizione
del responsabile dell’impianto, ha un costo. Si consiglia di farlo scegliere all’assemblea; è di dubbia
legittimità, infatti, la scelta dell’amministratore di procedere d’ufficio alla stipula di un contratto per
la delega della responsabilità. La figura del terzo responsabile può coincidere, di più, solitamente
corrisponde a quella del manutentore.
Periodicità della manutenzione
La periodicità della manutenzione e le modalità di manutenzione, a mente dell’art. 7 del d.p.r. n.
74/93, dipendono dalle istruzioni fornite dalla ditta installatrice e devono essere eseguite da imprese
abilitate ai sensi del d.m. n. 37/08. In mancanza di tali informazioni, il medesimo articolo 7 indica in
una sorta di gerarchia delle fonti, i documenti cui fare riferimento. Si passa dalle istruzioni del singolo
apparecchio alle norme UNI.
18. L’attestato di prestazione energetica
Quali sono gli obblighi dell’amministratore di condominio in relazione all’attestato di prestazione
energetica (anche detto APE)? Prima di rispondere è doveroso specificare che il decreto legge n.
63/2013, convertito con modificazioni dalla L. 3 agosto 2013, n. 90 e dedicato, tra le altre cose, al
recepimento “della direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010,
sulla prestazione energetica nell’edilizia per la definizione delle procedure d’infrazione avviate dalla
Commissione europea”, ha introdotto nel nostro ordinamento l’APE che è andato a sostituire l’ACE
(attestato di certificazione energetica). Così al comma 1 dell’articolo 2 del decreto legislativo 19
agosto 2005, n. 192, dopo la lettera l) è stata, tra le altre aggiunta la lett. l-bis che recita:
“attestato di prestazione energetica dell’edificio”: documento, redatto nel rispetto delle norme contenute
nel presente decreto e rilasciato da esperti qualificati e indipendenti che attesta la prestazione energetica
di un edificio attraverso l’utilizzo di specifici descrittori e fornisce raccomandazioni per il miglioramento
dell’efficienza energetica”
Nel vigore della normativa ACE, erano stati emanati dei decreti ministeriali secondo i quali
l’amministratore doveva semplicemente mettere a disposizione del certificatore le informazioni
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ed i documenti necessari alla redazione dell’attestazione (cfr. d.m. 26 giugno 2013). Il cambio di
normativa fa sorgere la domanda: quanto previsto in tema di ACE continuerà a valere anche in
relazione all’APE? Per la normativa tecnica da applicare, almeno così dice il ministero dello sviluppo
economico, non vi sono dubbi (Dal certificato all’attestato di prestazione energetica degli edifici): fino
all’emanazione dei decreti attuativi previsti dal d.lgs. n. 192/05 si applicherà all’APE quanto previsto
per l’ACE. Ne discende che lo stesso dovrebbe essere per gli obblighi ricadenti sull’amministratore
condominiale, che, ricordiamo, si sostanziano nel
“fornire ai condomini o ai certificatori, da questi incaricati, tutte le informazioni e i dati edilizi e
impiantistici, compreso il libretto di impianto (o di centrale) per la climatizzazione, necessari alla
realizzazione della certificazione energetica degli edifici” (d.m. 26 giugno 2009 All. n.1 punto 7.5).
19. Impianto idrico: manutenzione ed adeguamenti normativi alla luce del d.lgs
n. 31/01
Quali sono gli obblighi dell’amministratore di condominio se gli viene segnalato che l’acqua
all’apparenza non è come dovrebbe? La prima verifica da fare, che poi si sostanzia molto spesso in un
intervento manutentivo, riguarda l’autoclave e più nello specifico i serbatoi di questo impianto. Molto
spesso, infatti, il problema dell’acqua non pulita si risolve con un’adeguata pulizia di questi ultimi.
Pulizia che, sebbene non sussista uno specifico obbligo di legge, dev’essere eseguita periodicamente.
Al di là di ciò, è bene far presente che esiste una normativa sui controlli periodici della qualità dell’acqua.
L’amministratore deve rispettarla? Non sempre. La normativa di riferimento è rappresentata dal d.lgs
n. 31/01.
Prima d’ogni cosa, per valutare correttamente il fenomeno di cui ci stiamo interessando, è bene
specificare che l’amministratore è responsabile per l’impianto di distribuzione che viene definito
domestico, vale a dire per: “le condutture, i raccordi, le apparecchiature installati tra i rubinetti
normalmente utilizzati per l’erogazione dell’acqua destinata al consumo umano e la rete di distribuzione
esterna. La delimitazione tra impianto di distribuzione domestico e rete di distribuzione esterna, di
seguito denominata punto di consegna, è costituita dal contatore, salva diversa indicazione del contratto di
somministrazione” (art. 2 lett. b) d.lgs n. 31/01)
Per essere ancor più precisi rispetto all’impianto domestico così definito, l’amministratore è
responsabile solamente per quel tratto compreso tra il contatore generale e le diramazioni verso le
singole unità immobiliari (art. 1117 c.c.). Da lì in poi, infatti, l’impianto diviene di proprietà esclusiva
del proprietario dell’unità immobiliare che serve e quindi il responsabile è il condomino.
Rimarcare questo aspetto non è affatto secondario in quanto stando così le cose, l’amministratore non
può essere considerato responsabile per ciò che esce dal rubinetto ma solamente per ciò che esce dal
punto di allaccio al contatore di sottrazione del singolo o, in mancanza, dal punto di diramazione.
Nel decreto si fa riferimento a dei controlli, interni ed esterni sugli impianti si indicano le modalità
di effettuazione di tali verifiche periodiche. Per quanto riguarda gli edifici privati, l’art. 5 del d.lgs n.
31/01, più specificamente il secondo periodo del secondo comma, recita:
“per gli edifici e le strutture in cui l’acqua è fornita al pubblico, il titolare ed il responsabile della gestione
dell’edificio o della struttura devono assicurare che i valori di parametro fissati nell’allegato I, rispettati nel
punto di consegna, siano mantenuti nel punto in cui l’acqua fuoriesce dal rubinetto”.
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Il mancato rispetto di questa norma comporta l’irrogazione di sanzioni pecuniarie (art. 19 d.lgs
n. 31/01). Letta questa disposizione normativa, la domanda, direbbe qualcuno, sorge spontanea:
l’amministratore è tenuto a far eseguire i controlli periodici di qualità?
La risposta, stando almeno a quanto detto dal Ministero della salute il 6 aprile 2004, è negativa:
insomma la parte della normativa sui controlli periodici non è applicabile al condominio. Ma v’è di
più: siccome la norma appena citata parla solamente dei casi in cui l’acqua è fornita al pubblico, deve
ritenersi che le sanzioni possano essere irrogate solamente se nel condominio sono presenti attività
aperte al pubblico (es. bar, scuole, ristoranti, ecc.). Sul punto vale la pena evidenziare che è sulla stessa
lunghezza d’onda autorevole dottrina che afferma:
“per quanto concerne gli edifici ad uso esclusivamente abitativo, l’amministratore del condominio ovvero
– in assenza di questo – i proprietari non hanno l’obbligo di effettuare le attività ed i controlli previsti
dagli artt. 7 e 8 del decreto, bensì quello derivante dall’attività di controllo dello stato di adeguatezza e
di manutenzione dell’impianto” (così Rezzonico, Manuale del condominio, IlSole24Ore, 2008, pag.
295).
20. Prevenzione incendi e parti comuni: poteri e doveri dell’amministratore
L’attività di prevenzione incendi riguarda il condominio soprattutto in relazione a due fattispecie:
centrale termica per il caso d’impianto di riscaldamento centralizzato e autorimessa condominiale.
Un elenco dettagliato di tutte le attività per le quali è richiesta la certificazione è contenuta nell’allegato
A al d.p.r. n. 151/2011. Tale decreto è intervenuto con il preciso scopo di semplificare l’attività
amministrativa sottesa al conseguimento della certificazione che, per espressa previsione legislativa,
ha durata quinquennale (cfr. art. 5 d.p.r. n. 151/2011). Nella sostanza l’amministratore, soggetto deputato ad attivarsi per le parti comuni che necessitano
di certificazione, deve presentare una SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) al Comando
provinciale dei Vigili del Fuoco predisposta da un tecnico abilitato ed attestante il possesso dei
requisiti richiesti dalla legge. A seconda della tipologia di attività il Comando provinciale predispone
dei controlli a campione o uno specifico sopralluogo per verificare la conformità dei luoghi. Quello
che ne viene fuori è un vero e proprio procedimento amministrativo il cui esito culmina con il silenzio
assenso o con il rilascio di certificazione di prevenzione incendi (cfr. art. 4 del d.p.r. n. 151/2011).
Quali sono le attività soggette alla normativa di certificazione incendi?
Centrali termiche Per quelle con potenza sino a 350kw non occorre l’esame del progetto.
Per quelle con potenza fino a 700kw il certificato di prevenzione incendi (CPI) è sostituito dalla
segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).
Autorimesse interrate
Sono soggette al d.p.r. 151/2011 solo se superano i 300 mq. Comunque fino a 1.000,00 mq. non
occorre più l’esame progetto: inoltre è sufficiente la SCIA e non il CPI per quelle autorimesse sino a
3.000,00 mq.
Ascensori È soggetto alla normativa antincendio nel caso di superamento di 24 metri dell’altezza di corsa.
In questo contesto l’amministratore ha il dovere di agire per regolarizzare la posizione del condominio.
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Dato che le operazioni necessarie, insomma il procedimento, dev’essere seguito da tecnico abilitato,
è consigliabile far scegliere all’assemblea la persona da incaricare.
Tutta la modulistica
e la normativa costantemente aggiornata sul sito istituzionale dei vigili del fuoco.
21. Certificazioni di conformità e rispondenza degli impianti
Esistono due certificazioni di cui spesso gli amministratori – e non solo (vedi quanto detto in merito
all’anagrafe condominiale supra Par. 9.1) – sentono parlare: il riferimento è alle certificazioni di
conformità e rispondenza degli impianti posti a servizio degli edifici. Normativa di riferimento è il
d.m. (decreto ministeriale) n. 37 del 2008.
A quali impianti si applica il decreto? La risposta al quesito è fornita dal primo comma del’art. 1 che
recita:
“Il presente decreto si applica agli impianti posti al servizio degli edifici, indipendentemente dalla
destinazione d’uso, collocati all’interno degli stessi o delle relative pertinenze. Se l’impianto e’ connesso a
reti di distribuzione si applica a partire dal punto di consegna della fornitura”.
Il secondo comma specifica a quali impianti si fa riferimento. Si parla così di quello di riscaldamento,
di quello per la corrente elettrica, di quello idrico, di quello d’ascensore, ecc. Il terzo comma,
specifica che
“Gli impianti o parti di impianto che sono soggetti a requisiti di sicurezza prescritti in attuazione della
normativa comunitaria, ovvero di normativa specifica, non sono disciplinati, per tali aspetti, dalle
disposizioni del presente decreto” (art. 1, terzo comma, d.m. n. 37/2008).
Per gli ascensori, ad esempio, poiché il d.p.r. n. 162/99 recepisce una direttiva comunitaria, il d.m.
37/08 dev’essere applicato, come si dice in gergo tecnico, in via residuale. Per l’impianto elettrico, che
invece era normato dalla legge n. 46/90 poi sostituita dal decreto in esame, le norme di riferimento
sono quelle sulle quali ci stiamo soffermando.
Che cosa deve fare un amministratore a fronte della necessità di eseguire interventi manutentivi
di quell’impianto o comunque quando constata che lo stesso non è in alcun modo certificato?
Nella sostanza quello che dice il decreto ministeriale n. 37 è semplice: è sempre necessario
rivolgersi ad un’impresa abilitata ad intervenire sull’impianto che necessita di manutenzione.
A seconda della tipologia del suddetto intervento si dovrà valutare la necessità di un progetto
preventivo ed in questo contesto alla fine dei lavori, l’impresa, richiesto dalla legge, dovrà rilasciare
il così detto certificato di conformità dell’impianto alla normativa ed alla buona regola dell’arte.
Che cosa accade se, invece, l’impianto è precedente alla entrata in vigore del d.m. 37/08 e non v’è
alcuna traccia della conformità di esso alla normativa? Al riguardo la soluzione è fornita dal sesto
comma dell’art. 7 che recita:
“Nel caso in cui la dichiarazione di conformita’ prevista dal presente articolo, salvo quanto previsto
all’articolo 15, non sia stata prodotta o non sia piu’ reperibile, tale atto e’ sostituito - per gli impianti
eseguiti prima dell’entrata in vigore del presente decreto - da una dichiarazione di rispondenza, resa da un
professionista iscritto all’albo professionale per le specifiche competenze tecniche richieste, che ha esercitato
la professione, per almeno cinque anni, nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione, sotto
personale responsabilita’, in esito a sopralluogo ed accertamenti, ovvero, per gli impianti non ricadenti nel
campo di applicazione dell’articolo 5, comma 2, da un soggetto che ricopre, da almeno 5 anni, il ruolo di
responsabile tecnico di un’impresa abilitata di cui all’articolo 3, operante nel settore impiantistico a cui si
riferisce la dichiarazione” (art. 7, sesto comma, d.m. n. 37/08).
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In buona sostanza fatta salva l’applicabilità di quanto previsto in materia di controlli e sanzioni (è questo
il senso del rimando all’art. 15), l’amministratore, avvedutosi della mancanza della certificazione,
può, anzi deve, domandare ad un tecnico abilitato il rilascio di una certificazione di rispondenza
dell’impianto alla normativa vigente. Chiaramente se il tecnico dovesse appurare la mancanza di
rispondenza, il committente sarebbe tenuto a far eseguire tutti gli adeguamenti necessari. A quel
punto sarebbe l’impresa esecutrice degli interventi a rilasciare il certificato di conformità.
Le certificazioni di conformità e rispondenza sono presupposto per il rilascio del certificato di
agibilità e devono essere depositate presso lo sportello unico dell’edilizia del comune in cui è ubicato
l’immobile.
22. Privacy e condominio: poteri e doveri dell’amministratore
Che cosa può fare l’amministratore di condominio per non ledere la privacy dei propri condomini,
oppure detta diversamente: come si mettono in relazione prerogative del mandatario della compagine
e diritto alla riservatezza dei comproprietari? La normativa di rango legislativo di riferimento è rappresentata dal d.lgs n. 196/03, ma, ai fini che
ci occupano, rivestono fondamentale importanza i pronunciamenti del Garante per la protezione dei
dati personali (il così detto Garante della privacy). Al riguardo in un proprio provvedimento datato
maggio 2006 (che rappresenta ancora uno dei capisaldi in materia), il Garante ha avuto modo di
specificare che:
“integra un trattamento illecito (anche in violazione del principio di proporzionalità) la diffusione di dati
personali effettuata mediante l’affissione di avvisi di mora (o, comunque, di sollecitazioni di pagamento)
in spazi condominali accessibili al pubblico, potendo tali informazioni venire a conoscenza di una
serie indeterminata di soggetti, nell’intervallo di tempo in cui l’avviso risulta visibile. L’esposizione di
dette informazioni in tali luoghi può contenere solo avvisi di carattere generale utili ad una più efficace
comunicazione di eventi di interesse comune (ad esempio, inerenti allo svolgimento dell’assemblea
condominiale o relative a comunicazioni urgenti: si pensi ad anomalie nel funzionamento degli impianti),
rimettendo a forme di comunicazione individualizzata, o alla discussione in assemblea, la trattazione
di affari che importi il trattamento di dati personali riferiti a condomini individuati specificatamente”
(Provv. 18 maggio 2006).
Caso pratico
È lecito affiggere in bacheca una comunicazione del tipo: “I condomini non ancora in regola con i
pagamenti sono pregati di regolarizzare la propria posizione immediatamente”. Rappresenta un illecito,
invece, scrivere: “Tizio Caio e Sempronio sono morosi e devono pagare immediatamente”
Nello stesso provvedimento l’Autorità garante s’è espressa più in generale sull’attività di amministratore
condominiale in generale. Afferma il Garante: “affinché il trattamento di dati personali effettuato
nell’ambito dell’attività di amministrazione del condominio si svolga nell’osservanza del principio di
liceità (previsto all’art. 11 del Codice), in termini generali, possono formare oggetto di trattamento da parte
della compagine condominiale unitariamente considerata − di regola con l’ausilio dell’amministratore
di condominio (nell’eventuale veste di responsabile del trattamento ai sensi degli artt. 4, comma 1, lett.
g), e 29 del Codice) − le sole informazioni personali pertinenti e necessarie rispetto allo svolgimento delle
attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni ed idonee a determinare, secondo le regole del
codice civile (artt. 1117 ss. c.c.), le posizioni di dare ed avere dei singoli partecipanti (siano essi proprietari
o usufruttuari: cfr. art. 67 disp. att. c.c.).
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2.1. Le informazioni trattate possono riguardare non solo tutta la compagine condominiale unitariamente
considerata (ad esempio, i dati relativi a consumi collettivi del condominio), ma possono altresì riferirsi
a ciascun partecipante, individualmente considerato, in quanto necessarie ai fini dell’amministrazione
comune: queste ultime consistono, ad esempio, nei dati anagrafici e negli indirizzi dei partecipanti,
elementi la cui reciproca conoscenza può risultare indispensabile per consentire la regolare convocazione
dell’assemblea (alla luce delle disposizioni contenute nell’art. 66 disp. att. c.c.), nonché per verificare la
validità delle deliberazioni dalla stessa adottate (ad esempio, ai fini dell’impugnazione ex art. 1137 c.c.).
Del pari, possono formare oggetto di trattamento anche le quote millesimali attribuite a ciascuno dei
condomini e i dati personali necessari a commisurarle o, comunque, rilevanti per la determinazione di
oneri nell’ambito condominiale (art. 68 disp. att. c.c. e art. 1123 c.c.); dalle quote millesimali è dato altresì
ricavare il quorum per la regolare costituzione dell’assemblea (quorum costitutivo) e per la validità delle
deliberazioni adottate (quorum deliberativo), secondo quanto disposto dall’art. 1136 c.c. Le informazioni
personali appena menzionate, riferibili a ciascun partecipante, possono essere trattate per la finalità di
gestione ed amministrazione del condominio, a seconda dei casi, ai sensi dell’art. 24, comma 1, lett. a), b)
o c) del Codice.
2.2. Anche per esercitare i controlli in ordine all’esattezza dell’importo dovuto a titolo di contributo per
la manutenzione delle parti comuni e per l’esercizio dei servizi comuni, ciascun partecipante può essere
informato in ordine all’ammontare della somma dovuta dagli altri; in ragione delle regole sul mandato,
che (per costante giurisprudenza) trovano applicazione per regolare il rapporto tra i partecipanti e
l’amministratore, questi informa i singoli partecipanti degli eventuali inadempimenti, sia nelle usuali
forme del rendiconto annuale (art. 1130 c.c.), come pure, in ogni tempo, a seguito dell’esercizio del potere
di vigilanza e controllo spettante a ciascun partecipante al condominio sull’attività di gestione delle cose,
dei servizi e degli impianti comuni (cfr. Cass., 26 agosto 1998, n. 8460; Cass., 29 novembre 2001, n.
15159; v. altresì, Provv. Garante 16 luglio 2003)” (Amministrazione dei condomini – Provv. Garante
18 maggio 2006 (G.U. n. 152 del 3-7-2006).
Il provvedimento, che di fatto delineava una sostanziale liceità di ogni comunicazione personale
finalizzata solamente alla gestione del condominio ed alla corretta informazione degli interessati,
ha assunto maggiore rilevanza dopo l’introduzione dell’anagrafe condominiale, sicché, proprio per
evitare ogni contestazione in merito alla comunicazione dei dati ivi riportati, assume fondamentale
importanza l’autorizzazione al trattamento dei dati personali da inserire nella scheda anagrafica che
l’amministratore invia ai condomini per averla restituita debitamente compilata (vedi supra Par. 9 e
ss. e infra Sezione moduli).
In seguito all’entrata in vigore della legge n. 220/2012 il garante della privacy ha pubblicato, sul
proprio sito istituzionale, una nuova guida in materia di condominio e tutela della riservatezza e dei
dati personali.
23. La riscossione dei crediti e conto corrente: rinvio
Tra le più importanti attività dell’amministratore di condominio vi sono quelle della riscossione
delle somme dovute dai condomini, della erogazione delle spese, dell’apertura del conto corrente
condominiale e del recupero delle morosità. No, non l’abbiamo dimenticato. Ne parleremo
specificamente nel capitolo successivo.
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Capitolo 5. L’amministratore, i condomini ed il denaro
Premessa
Il pagamento delle quote condominiali ed il corrispettivo dovere dell’amministratore di erogare le
somme necessarie alla gestione della compagine paiono fatti banali e semplicemente concatenabili.
Eppoi chi non paga rischia di vedersi notificato il così detto decreto ingiuntivo…
La pratica quotidiana dimostra e continuerà a dimostrare che i così detti “casi da manuale”
rappresentano quasi sempre un caso sparuto rispetto alle fattispecie più complesse; non c’è peggior
cosa per un amministratore che venire a conoscenza che i servizi (si pensi alla corrente elettrica o al
gas) sono stati tagliati senza avere alcuna colpa. Senza parlare dei casi in cui è stata la negligenza del
mandatario a creare il danno.
Insomma i condomini in cui “va tutto liscio” non sono tantissimi: non esistono dati certi sulla
morosità ma il sentire comune parla di un fenomeno sempre rilevante. Molto dipende dal modo
di amministrare, molto dalla consapevolezza dei condomini che i pagamenti sono necessari nel loro
stesso interesse.
Nel prosieguo di questo capitolo affronteremo il tema del rapporto tra l’amministratore ed i condomini
in relazione al denaro.
La gestione del denaro dei condomini è l’aspetto di gran lunga più importante del rapporto di
mandato. Inutile nasconderselo: il ruolo dell’amministratore è spesso accostato a quello del traffichino
arraffone che, bene che vada prende “mazzette” dai fornitori o, male che vada, che scappa con la cassa.
Impostare la gestione del condominio seguendo criteri di assoluta trasparenza e disponibilità significa
allontanare le voci maligne. Certo non pensate di eliminarle del tutto: le malelingue esisteranno
sempre. Solo per questo, però, non pare nemmeno minimamente giustificabile un ragionamento del
genere “meglio rubare tanto anche se non lo faccio penseranno che sia così”.
Trasparenza, disponibilità, correttezza e imparzialità nella gestione della compagine. Attenersi
a questi quattro principi quando si parla di gestione del denaro dei condomini significa potersi
guadagnare la loro fiducia.
1. Gestione trasparente del condominio: l’obbligo di apertura ed utilizzazione del
conto corrente condominiale
L’art. 1129 c.c. riformato dalla legge n. 220/2012 parla chiaro: l’amministratore ha il dovere di aprire
ed utilizzare il conto corrente condominiale, altrimenti, previo tentativo assembleare, può essere
revocato dall’Autorità Giudiziaria per gravi irregolarità nella gestione (infra Cap. XI). La norma,
dicono i commentatori, ha sostanzialmente recepito l’orientamento giurisprudenziale. In parte è vero
anche se la vicenda è leggermente più complessa. Una brevissima ricostruzione ci farà capire come
prima dell’entrata in vigore della riforma del condominio le cose non stessero propriamente come ci
viene raccontato.
La storia
La giurisprudenza di merito (cui spesso si fermano questo genere di procedimenti) era sostanzialmente
concorde nel ritenere che
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“l’amministratore – pur in assenza di specifiche norme che ne facciano obbligo – e’ tenuto a far affluire i
versamenti delle quote condominiali su un apposito e separato conto corrente intestato al Condominio da lui
amministrato (o, nel caso, a ciascun condominio, se ne amministri piu’ d’uno, onde evitare che possa sorgere
confusione tra il patrimonio dei diversi enti di gestione da lui amministrati). Il predetto obbligo discende
anche da un’esigenza di trasparenza che, essendo informata alla tutela del diritto di ciascun condomino
a verificare la destinazione dei propri esborsi, prescinde dall’effettiva e concreta destinazione delle somme
medesime, dalla mancanza di irregolarita’ di gestione dei fondi, dall’approvazione dei rendiconti da parte
dell’assemblea” (Trib. Salerno 3 maggio 2011).
Di diverso avviso, quanto meno sulle conseguenze dell’omessa apertura del conto corrente, la
Corte di Cassazione secondo la quale
“anche se non si può affermare, come pure talora è stato fatto, che addirittura la mancata apertura di
un conto corrente separato rispetto al patrimonio personale dell’amministratore, costituirebbe irregolarità
tale da comportarne la revoca del mandato, si può sostenere che, pur in assenza di specifiche norme che
ne facciano obbligo, l’amministratore è tenuto a far affluire i versamenti delle quote condominiali su
apposito e separato conto corrente intestato al condominio, per evitare confusioni e sovrapposizioni tra il
patrimonio del condominio e il suo personale od eventualmente quello di altri differenti condomini, da
lui amministrati. Vi è pure un’esigenza di trasparenza e di informazione, in modo che ciascun condomino
possa costantemente verificare la destinazione dei propri esborsi e la chiarezza e facile comprensibilità
dell’intera gestione condominiale” (Cass. 10 maggio 2012, n. 7162).
E’ evidente – solamente citando queste due sentenze, l’ultima delle quali sicuramente più autorevole
della prima – che la situazione che precedeva la riforma era sicuramente più incerta di quanto ci viene
detto.
Il conto corrente oggi
Il settimo comma dell’art. 1129 c.c. parla chiaro:
“L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da
terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente,
postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può
chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica”.
Alla fine, giustamente, ha prevalso l’esigenza di trasparenza ed informazione del condomino. Non
aprire e/o non utilizzare il conto corrente costituisce grave irregolarità nella gestione (cfr. art. 1129,
dodicesimo comma n. 3, c.c.). In tal caso
“[…] i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la
violazione e revocare il mandato all’amministratore. In caso di mancata revoca da parte dell’assemblea,
ciascun condomino può rivolgersi all’autorità giudiziaria; in caso di accoglimento della domanda, il
ricorrente, per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti del condominio, che a sua volta può
rivalersi nei confronti dell’amministratore revocato” (art. 1129, undicesimo comma, c.c.).
1.1 Uso del conto corrente vuol dire fine dell’uso del contante?
Se è vero, com’è vero, che l’apertura e l’utilizzazione di un singolo conto corrente per ogni condominio
amministrato risponde ad esigenze di trasparenza, come abbiamo evidenziato in precedenza (supra
Cap. IV) l’applicazione della norma alla luce di una sua interpretazione rigida porterebbe a dover
escludere che l’amministratore possa fare uso del contante. Insomma la risposta alla domanda che s’è
posta nel titolo del paragrafo dovrebbe essere positiva.
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Rimandiamo alla lettura del Paragrafo 3 del Capitolo IV per l’illustrazione di alcune soluzioni in
grado di scongiurare l’eccessivo “rigorismo” della norma di legge.
2. L’erogazione delle spese e l’importanza del preventivo di gestione
L’erogazione delle spese è uno di quegli argomenti sui quali possono sorgere contrasti tra amministratore
e condomini. Una gestione troppo autonoma, ai limiti della spregiudicatezza, del patrimonio dei
condominii potrebbe portare con sé contestazioni e responsabilità. Un approccio troppo timido idem.
In questo contesto riveste fondamentale importanza il ruolo del preventivo. Dire che l’amministratore
può erogare le spese preventivate è sufficiente? La risposta non è affatto certa. Vediamo perché. La
norma di riferimento è contenuta nell’art. 1130 n. 3 c.c. che non è stato interessato dalla legge di
riforma del condominio. Insomma quello che s’è detto su di esso per anni vale anche oggi.
Una delle più autorevoli fonti dottrinarie ha sempre ritenuto fin troppo limitativo ancorare il potere
di spesa dell’amministratore al preventivo approvato.
“Nel preventivo si bilancia una somma (per es. 100.000) per manutenzione e servizi; ma è potere
dell’amministratore decidere di volta in volta quanto di essa si deve impiegare per l’una piuttosto che per
l’altra cosa […] Non mero compito esecutivo, anche qui, ma funzione amministrativa, entro certi limiti,
autonoma: tanto più autonoma, poi, quel preventivo non vi sia e l’assemblea non si sia pronunciata: chi
se non l’amministratore deve e può predisporre gli atti e le opere di manutenzione e d’esercizio dei servizi
comuni?” (Branca, Comunione Condominio negli edifici, Zanichelli, 1982).
A fronte di preventivi sempre più dettagliati dove non si parla genericamente di manutenzione e servizi
ma magari di compenso per la ditta Alfa o per la ditta Beta, qual è il reale potere dell’amministratore?
La Corte di Cassazione in almeno un paio di occasioni, chiamata a pronunciarsi sull’argomento, ha
avuto modo di affermare che
“l’amministratore del condomino non ha un generale potere di spesa (salvo quanto previsto dall’art. 1135
c.c. in tema di lavori urgenti e dall’art. 1130 c.c., n. 3) per cui deve ritenersi che in via generale l’assemblea
condominiale abbia il compito specifico, non solo di approvare il conto consuntivo, al fine di confrontarlo
con il preventivo, ma anche valutare l’opportunità delle spese affrontate d’iniziativa dell’amministratore
stesso (Cass. n. 5449 del 4.6.1999). L’assemblea condominiale, come opportunamente, afferma la dottrina
più attenta, è organo del condominio, sovrano nello stabilire, preventivamente, se una spesa dev’essere
affrontata e, successivamente, se le spese sostenute lo sono state perché regolarmente deliberate oppure, in
difetto di motivazione, perché, semplicemente, opportune. Per ciò stesso, l’amministratore, essendo organo
esecutivo del condominio (ovvero delle delibere dell’assemblea condominiale), non ha il potere di decidere
se e in che misura il condominio debba sostenere spese [...] (Cass. 14 giugno 2013 n. 15041).
Questa sentenza fa salvo il potere autonomo di spesa ex art. 1130 n. 3 c.c. anche se poi nemmeno tanto
velatamente riserva all’assemblea il potere di vagliare ogni spesa effettuata dal mandatario rigettandola
se ritenuta non conveniente. Più chiari, ancora, gli ermellini lo sono stati nel 1999 allorquando nella
sentenza n. 5449 hanno affermato che spetta all’assemblea
“sindacare la conformità del rendiconto al bilancio preventivo e, ad un tempo, la opportunità delle spese
per la manutenzione ordinaria per l’esercizio dei servizi erogate dall’amministratore di sua iniziativa”
(Cass. 4 giugno 1999 n. 5449).
Come dire: l’amministratore ha un potere sub iudice. Insomma può spendere autonomamente,
salvo verifica a fine anno. D’altra parte i provvedimenti dell’amministratore sono obbligatori (art.
1133 c.c.) ma l’assemblea può sempre riformarli. Ci sono poi i sacrosanti diritti dei condomini che
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giustamente pretendono preventivi chiari e trasparenti: e l’amministratore deve presentare questo
genere di preventivi. Rebus sic stantibus il potere di spesa rischia di tramutarsi in una spada di Damocle
permanente, il cui unico risultato è quello di paralizzare il lavoro del mandatario anche a danno dello
stesso condominio o di contro vedere presentati dei preventivi eccessivamente sovradimensionati
rispetto alla compagine.
Ciò detto è lecito domandarsi: qual è la soluzione migliore? Al solito alcuni esempi possono essere
di grande aiuto per sbrogliare la matassa.
Caso pratico 1
Tizio, amministratore del condominio Alfa, nel corso di un sopralluogo sull’edificio si accorge che il tappeto
sistemato subito dopo il portone d’ingresso è bisunto e rovinato e non svolge più la sua funzione. Decide di
farne comprare uno nuovo dalla ditta di pulizie e così facendo lo sostituisce.
Caso pratico 2
Caio è amministratore del condominio Gamma. Sempronio che abita nel palazzo lo chiama per dirgli che
si sono fulminate diverse lampadine delle scale. Caio invia sul posto l’elettricista di fiducia del condominio
per una verifica e sostituzione.
Caso pratico 3
Mevio amministra l’edificio Beta. Nel corso di un sopralluogo si accorge che le pareti delle scale sono sporche
e invia un imbianchino per la loro pitturazione.
I primi due casi rientrano certamente nel potere di erogazione delle spese sostanzialmente incontestabile.
L’amministratore deve garantire l’uso delle cose comuni a tutti i condomini. Un tappeto che sporca
piuttosto che pulire ed una scala mezza buia non sono cose utilizzabili se non a rischio di crear
sporcizia (un danno in senso lato) o addirittura farsi del male. Diverso il caso della tinteggiatura. Qui
non c’è alcun rischio di non garantire il normale uso delle scale ma, al massimo, una questione di
decoro.
E’ evidente, allora, che la chiave di volta, anche per far comprendere all’assemblea perché s’è deciso
di effettuare una determinata spesa che non era inserita nel preventivo, è rappresentata dal dovere di
disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi. D’altra parte si potrebbe arrivare davvero
all’assurdo che non essendo inserita nel preventivo, per dimenticanza, la spesa per la corrente elettrica
l’amministratore non possa pagare le bollette anticipando i soldi o chiedendo di volta in volta le
somme? In casi del genere se l’assise si ostinasse a negare l’utilità se non addirittura la necessità della
spesa all’amministratore non resterebbe altro che far causa al condominio.
Ad ogni buon conto è sempre consigliabile inserire a preventivo una voce di spesa genericamente
dedicata a “manutenzione, gestione e servizi parti comuni” e spiegando a che cosa serve (gli esempi
succitati rappresentano dei casi di scuola, per un altro esempio si veda infra Par. 9) per essere trasparenti
con i condomini e sicuri di non spendere inutilmente somme di denaro.
3. L’erogazione delle spese straordinarie per il caso d’interventi manutentivi
straordinari urgenti
Ai sensi del secondo comma dell’art. 1135 c.c. (anch’esso non modificato dalla legge n. 220/2012):
L’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere
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urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea.
Paradossalmente, pare che il mandatario abbia maggiore libertà di azione nel caso di spese straordinarie
urgenti. Vediamo perché.
L’opera è straordinaria quando è imprevista o imprevedibile secondo il normale uso delle cose comuni.
Che cosa deve intendersi per spesa urgente? La legge non lo dice., quindi, oltre al significato comune
del termine (urgente è una cosa che richiede pronta soluzione) è doveroso volgere lo sguardo a quanto
detto dalla giurisprudenza. Al riguardo vale la pena osservare cos’è stato detto in merito al concetto
d’urgenza di cui all’art. 1134 c.c.
“È urgente la spesa, la cui erogazione non può essere differita senza danno o pericolo, secondo il criterio del
buon padre di famiglia (Cass. 12 settembre 1980, n. 5256);
- per aver diritto al rimborso della spesa affrontata per conservare la cosa comune, il condomino deve
dimostrarne l’urgenza, ai sensi dell’art. 1134 cod. civ., ossia la necessità di eseguirla senza ritardo, e quindi
senza poter avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (Cass. 4 agosto 1997, n.
7181 richiamata da Cass. 23/6/2001 n. 4364)” (Cass. 19 marzo 2012 n. 4330).
In buona sostanza riportando questi concetti a quanto ci interessa, si può affermare che sono urgenti
quelle spese, e quindi quei lavori, che non possono essere sottoposti all’attenzione dell’assemblea
se non creando disfunzioni nel godimento dei beni e dei servizi comuni.
Casi pratici
Il motore dell’autoclave del condominio Alfa, a seguito di un black-out elettrico, risulta danneggiato.
A seguito di un sinistro nello spazio di manovra che porta ai garage l’amministratore del condominio Beta
ordina la sistemazione di un muro danneggiato dall’impatto.
A seguito di fortissime raffiche di vento un albero del giardino condominiale cade e reca danni ad al
marciapiede ed alle piante circostanti ostruendo altresì il passaggio carrabile. L’amministratore del
condominio ordina le spese necessarie alla risistemazione dei luoghi ed alla rimozione dell’albero.
Un aspetto non è chiaro: l’amministratore deve o può ordinare i lavori straordinari per il caso
d’urgenza?
Secondo la Cassazione quando ricorre l’urgenza è posto in capo al mandatario un vero e proprio
obbligo giuridico di ordinari gli interventi necessari a risolvere il problema. Si legge in più di una
pronuncia che l’amministratore è titolare
“ope legis - salvo diverse disposizioni statutarie o regolamentari - non solo del dovere di erogazione delle spese
attinenti alla manutenzione ordinaria e alla conservazione delle parti e servizi comuni dell’edificio, ai sensi
dell’art. 1130 nn. 3 e 4 cod. civ., ma anche del potere di “ordinare lavori di manutenzione straordinaria
che rivestano carattere urgente” con l’obbligo di “riferirne nella prima assemblea dei condomini”, ai sensi
dell’art. 1135 co. 2 c.c., di talché deve riconoscersi in capo allo stesso l’obbligo giuridico di attivarsi senza
indugio per la eliminazione delle situazioni potenzialmente idonee a cagionare la violazione della regola
del neminem laedere (Sez. IV, 6.5.1983, S., m. 159977; Sez. VI, 22.4.1980, L., m. 145901; 4.5.1973,
P., m. 125614; Sez. III, 13.7.1962, L., m. 98901)” (così Cass. 19 giugno 1996 n. 7764).
Va comunque detto che non tutta la dottrina ha espresso opinioni conformi a quest’orientamento
(cfr. su tutti Branca, Comunione condominio negli edifici, Zanichelli, 1982).
Sulla relazione tra obblighi d’azione ed assenza di cassa si veda infra Par. 10. In buona sostanza
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l’obbligo di agire non può divenire obbligo di anticipazioni economiche. Il buon amministratore,
ad avviso di chi scrive, deve fare di tutto per evitare danni e pericoli di danno ma il tutto che deve
fare è quello che entra nelle sue possibilità e nel suo potere: tale potere/dovere si ferma ben fuori dal
portafoglio.
4. Le anticipazioni dell’amministratore ed il loro rimborso
Può accadere che la cassa del condominio sia vuota nel momento in cui è necessario effettuare una
spesa. Che cosa deve fare l’amministratore in questi casi? Aspettare le somme richieste ai condomini?
Oppure anticipare di tasca propria e poi chiedere il rimborso? Nel caso di opere urgenti il problema
dovrebbe risolversi da solo: l’amministratore deve disporre gli interventi necessari e quindi se il caso
lo richiede (es. impresa che pretende un acconto) eventualmente anticipare le spese.
E’ importante evidenziare che non esiste alcuna norma, la quale imponga al mandatario delle
anticipazioni di cassa; certo è che se l’intervento urgente non può essere procrastinato pena una quasi
certa realizzazione di danni per il condominio e nessuno s’impegna ad eseguirlo senza nemmeno un
acconto, l’amministratore che non lo ordina rischia di andare incontro a responsabilità (infra Cap.
XI)
Ad ogni buon conto, di qualunque spesa si tratti, sia ordinaria o straordinaria urgente e non,
l’assemblea chiamata a decidere in merito può sempre ratificarla (purché, naturalmente, si tratti di
spese riguardanti la gestione del condominio). Al riguardo il Tribunale di Salerno, sulla scorta di
alcune sentenze di Cassazione, ha avuto modo di affermare che
“è davvero pacifico che l’assemblea del condominio in un edificio, in sede di approvazione del consuntivo di
lavori eseguiti su parti comuni del fabbricato e di ripartizione della relativa spesa, ben possa riconoscere a
posteriori opportunamente e vantaggiosamente realizzati detti lavori, ancorché non previamente deliberati
ovvero, a suo tempo, non deliberati validamente, ed approvarne la relativa spesa, restando, in tal caso, la
preventiva formale deliberazione dell’opera utilmente surrogata dall’approvazione del consuntivo della
spesa e della conseguente ripartizione del relativo importo fra i condomini (cfr. Cassazione civile , sez. II,
24 febbraio 1995, n. 2133; Cass. Sez. II civ., 27 dicembre 1963, n. 3226)” (Trib. Salerno 10 novembre
2009).
Riepilogando: se l’amministratore effettua una spesa non preventivata, egli avrà sicuro diritto al
rimborso solamente se l’assemblea, qualunque sia il genere di spesa, ne riconosca l’utilità anche
ratificandola in sede di approvazione del consuntivo. Diversamente, è stato detto in giurisprudenza,
“in assenza di una deliberazione dell’assemblea, infatti, nemmeno l’amministratore può pretendere il
rimborso delle spese da esso sostenute, in quanto il principio posto dall’art. 1720 c.c. (secondo il quale
il mandante è tenuto a rimborsare le spese anticipate dal mandatario) deve essere coordinato con quelli
in materia di condominio, secondo i quali il credito dell’amministratore non può considerarsi liquido nè
esigibile senza un preventivo controllo da parte dell’assemblea (cfr. Cass. 27-6-2011 n. 14197)” (Cass. 27
gennaio 2012 n. 1224).
Si badi: mancata approvazione della spesa da parte dell’assemblea della spesa anticipata
dall’amministratore non vuol dire impossibilità di recuperare l’anticipazione. In questi casi, infatti,
al mandatario resta sempre l’azione giudiziale tesa a far accertare il diritto al rimborso per avere egli
agito nell’ambito dei propri poteri. Chiaramente l’approvazione della spesa da parte dell’assise rende la
situazione molto più semplice. Di conseguenza, tornando alle domande che ci siamo posti in principio
e ferme restando le considerazioni svolte e le indicazioni fornite nei paragrafi precedenti, la risposta
che ci sentiamo di dare è la seguente: al di là dei casi di comprovata e chiara urgenza è sempre
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bene far precedere l’intervento da una richiesta delle relative quote per evitare contestazioni e
noie successive per il recupero dell’anticipazione, quanto meno in quei condomini dove non v’è
un rapporto di fiducia tale da fare prevedere una facile ratifica del proprio operato.
5. Il pagamento delle rate condominiali: chi decide la frequenza?
La cadenza mensile, bimestrale, trimestrale, ecc. delle rate condominiali che ognuno di noi è abituato
a pagare è in realtà il frutto di una convenzione che può variare di compagine in compagine.
Vediamo chi e come possa decidere la cadenza con un duplice obiettivo: non gravare oltremodo i
condomini di esborsi notevoli ed al contempo garantire all’amministratore un flusso di cassa costante
(morosità a parte) per consentirgli l’erogazione delle spese necessaria al pagamento dei servizi.
Il condominio, bisogna sempre tenerlo a mente, non è una persona giuridica (così si esprimono la
giurisprudenza e pressoché totalmente la dottrina, contra Branca, Comunione condominio negli edifici,
Zanichelli, 1982), né un ente di gestione, almeno secondo le Sezioni Unite della Cassazione (cfr. Cass.
SS.UU. n. 9148/08): esso, stando alla visione più moderata, è un centro d’imputazione d’interessi
distinto dai suoi partecipanti (cfr. Cass. 19 marzo 2009, n. 6665). Il condominio – comunque lo
si voglia definire – è comunque quell’organizzazione di persone deputata alla gestione delle parti e
dunque nel rapporto con il condomino è il creditore. Il comproprietario – ossia il proprietario o
il titolare di altro diritto reale (non il conduttore cfr. tra le tante Cass. 28 ottobre 1993 n. 10719)
– è il debitore. Il debito, ossia l’obbligazione pecuniaria consistente nel pagamento delle quote
condominiali riguarda un intero anno di gestione. Il preventivo, infatti, riguarda l’anno di gestione
non le mensilità, bimestralità, ecc. Ed allora? In tali casi bisogna fare riferimento all’art. 1181 c.c. a
mente del quale:
“il creditore può rifiutare un adempimento parziale anche se la prestazione e divisibile, salvo che la legge o
gli usi dispongano diversamente”.
Ciò vuol dire che l’amministratore, ricevuta una mensilità potrebbe dire: “No, non accetto il
pagamento perché bisogna pagare l’intera annualità”. Ciò a meno che gli usi o la legge non dispongano
diversamente. Le norme sul condominio non dicono nulla in merito. Restano quindi gli usi, la cui
raccolta è tenuta dalle Camera di Commercio presenti nelle varie province italiane (riportiamo al link
l’esempio della raccolta degli usi della Camera di commercio di Milano Accertamento e revisione usi
provinciali). Ad ogni buon conto, l’assemblea condominiale, al momento dell’approvazione del
preventivo e con gli stessi quorum deliberativi, può stabilire la periodicità dei versamenti cui i
condomini, obbligatoriamente (art. 1137, primo comma, c.c.) saranno tenuti ad uniformarsi.
Si consiglia all’amministratore di studiare bene le carte del singolo condominio in relazione alla
periodicità dei pagamenti per suggerire, ove non vi sia già o si renda necessario un cambiamento, un
punto d’incontro tra esigenze dei singoli e necessità di un regolare flusso di cassa per evitare ritardi
nella corresponsione di quanto dovuto ai fornitori per i vari servizi.
6. Il ritardo nel pagamento delle quote: conseguenze.
Arriviamo al cuore del discorso: che cosa accade se uno dei condomini (o più d’uno) ritarda il
pagamento dei ratei dovuti in base al preventivo o quelli dovuti a titolo di conguaglio accertato con
l’approvazione del rendiconto consuntivo?
Prim’ancora di parlare del decreto ingiuntivo (infra Par. 7) e di eventuali strumenti che i condomini
morosi potrebbero utilizzare ai fini dilatori (Par. 14), ci soffermeremo sulle conseguenze più immediate
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e dirette dello stato di morosità per l’amministratore ed i morosi stessi.
6.1 Segue: gli obblighi per l’amministratore
La legge n. 220/2012 (la così detta riforma) ha posto norme più rigide per contrastare quello che
possiamo definire il fenomeno della morosità condominiale. Quali? Ai sensi dell’art. 1129 c.c.
“salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la
riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il
credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione
del presente codice”.
Lasciamo al prosieguo l’approfondimento dell’inciso iniziale (infra Par. 14). La norma introdotta
dalla legge di riforma ha parzialmente slegato gli obblighi dell’amministratore dall’approvazione del
rendiconto, ponendo un limite temporale oltre il quale la morosità non può più essere tollerata.
Sei mesi dalla chiusura dell’esercizio. Questo il termine massimo dopo il quale l’amministratore deve
rompere gli indugi e affidare le carte ad un legale (a meno che non possa fare per conto proprio, vedi
infra Par. 8). Si badi: sei mesi dalla chiusura dell’esercizio è anche il termine di presentazione del
rendiconto all’assemblea. Insomma, poiché solitamente le gestioni si chiudono a dicembre, entro gli
inizi di luglio tutto dev’essere pronto per chiedere ed ottenere il decreto ingiuntivo contro i morosi.
L’articolo in esame, però, va oltre e contempla anche l’ipotesi in cui il rendiconto non sia stato
approvato. E’ questo il senso dell’inciso finale “anche sensi del … […]”. Come dire: se l’assemblea non
approva il rendiconto non fa nulla: l’azione sarà più articolata (un’ordinaria citazione) ma il moroso
dev’essere perseguito.
Che cosa accade, invece, se è l’amministratore a non aver presentato all’assemblea il rendiconto nei
sei mesi previsti dalla legge? In questi casi l’azione contro il moroso resta sempre obbligatoria ma
l’amministratore rischia di vedersi notificata un decreto di fissazione d’udienza per la richiesta di
revoca giudiziale (cfr. art. 1129, undicesimo e dodicesimo comma, c.c.). Insomma, se proprio non
può si può agire per mezzo del “famoso” ricorso per decreto ingiuntivo, meglio che sia per colpa
dell’assemblea.
Sull’obbligo d’azione e l’assenza delle provviste economiche per iniziarla si veda infra Par. 10
Per un esempio di lettera di messa in mora vedi infra Sezione Moduli
6.2 Segue: i rischi per i condomini (compresa sospensione servizi)
Il mancato pagamento degli oneri condominiali può comportare delle problematiche tanto per i
morosi (soprattutto per loro) ma anche per chi ha fatto il proprio dovere.
Partiamo dai così detti mal pagatori. Abbiamo visto che l’amministratore ha l’obbligo di attivarsi
contro di essi, intraprendendo le possibili azioni legali, entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio di
gestione. Ciò vuol dire che se il rendiconto viene approvato, entro breve termine da quella data – al
massimo un mese, un mese e mezzo dopo – il moroso può vedersi notificato un decreto ingiuntivo
provvisoriamente esecutivo (art. 63, primo comma, disp. att. c.c.) che, poi, fuori dallo stretto legalese
altro non che un’intimazione del genere: “Paga spontaneamente o ti pignoriamo qualcosa”.
Le ripercussioni delle proprie azioni (rectius: omissioni, di pagamento) per i morosi non finiscono
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qui. Lo stesso art. 63 disp. att. c.c., quello che disciplina il decreto ingiuntivo (infra Par. succ.)
specifica che
“in caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può
sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato” (art.
63, terzo comma, disp. att. c.c.).
Quali sono i servizi suscettibili di godimento separato? Si tratta di tutti quei beni e servizi che
consentono l’esclusione di una o più persone dalla loro fruizione senza che da ciò derivi pregiudizio
per gli altri. Insomma bisogna valutare caso per caso ma quasi sicuramente in ogni caso ciò sarà
possibile per l’ascensore (salvo il caso di persone disabili).
Le conseguenze negative della morosità, si diceva in principio, si abbattono anche sui condomini in
regola con i pagamenti. In primis dalla morosità può derivare un pagamento parziale delle spettanze
dovute a vario titolo ai fornitori e di conseguenza una sospensione dei servizi. Si pensi all’acqua
corrente, all’energia elettrica, alla manutenzione dei vari impianti, ecc. La problematica ha due
soluzioni:
a) subire il disservizio in attesa di recuperare le somme;
b) anticipare il pagamento, magari attraverso la creazione di un fondo ad hoc.
Attenzione in quest’ultimo caso a non parlare o far deliberare il versamento in nome di una paventata
solidarietà nei pagamenti. La Cassazione è stata chiara nell’affermare che
“la ripartizione delle spese condominiali deve necessariamente aver luogo secondo i criteri di proporzionalità
fissati nell’art. 1123 CC e, pertanto, non è consentito all’assemblea condominiale, deliberando a
maggioranza, di ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini
morosi e tuttavia, in ipotesi d’effettiva improrogabile urgenza di trarre aliunde le somme necessarie, come
nel caso d’aggressione in executivis da parte di creditori del Condominio, può ritenersi consentita una
deliberazione assembleare con la quale, similmente a quanto avviene in un rapporto di mutuo, si tenda a
sopperire all’inadempimento del condomino moroso con la costituzione d’un fondo cassa ad hoc tendente
ad evitare danni ben più gravi nei confronti dei condomini tutti, esposti, dal vincolo di solidarietà passiva
operante ab externo, alle azioni dei terzi” (così Cass. 5 novembre 2001 n. 13631).
La solidarietà, invece, potrebbe spuntare nel caso di azione infruttuosa da parte del creditore del
condominio verso il condomino moroso (cfr. art. 63, secondo comma, disp. att. c.c. e Cap. VII).
Per un esempio di lettera di messa in mora con preavviso di distacco dei servizi suscettibili
d’utilizzazione separata e facsimile deliberazione istituzione fondo per far fronte a morosità
vedi infra Sezione Moduli
7. Il decreto ingiuntivo condominiale
Vero spauracchio per tanti condomini, grande affare per gli avvocati che si occupano di materia
condominiale ed in generale per quelli (la stragrande maggioranza dei civilisti) che hanno a che fare
con l’attività di recupero crediti: il riferimento è al così detto decreto ingiuntivo condominiale.
Immaginiamo che il decreto sia un piatto: qual è la ricetta necessaria per ottenerlo?
La contiene il primo periodo del primo comma dell’art. 63 disp. att. c.c. a mente del quale
“Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore,
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senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente
esecutivo, nonostante opposizione […]”
Gli ingredienti sono pochi e semplici ma devono esserci tutti altrimenti verrebbe a mancare la così
detta ciliegina sulla torta, vale a dire la provvisoria esecuzione.
Spieghiamoci meglio uscendo fuor di metafora.
Caso pratico
Tizio, amministratore del condominio Alfa convoca l’assemblea ordinaria per l’approvazione del preventivo.
Al momento della discussione, però, ci si accorge che assieme al preventivo non è indicato il piano di
riparto delle spese tra i vari condomini. L’assemblea approva demandando all’amministratore il compito
di redigerlo.
In casi del genere alla mancanza del piano di ripartizione segue l’impossibilità di ottenere la formula
della provvisoria esecutività. In tal senso s’è espressa la Cassazione secondo la quale
“il verbale di un’assemblea condominiale contenente l’indicazione delle spese occorrenti per la conservazione
o l’uso delle parti comuni costituisce prova scritta idonea per ottenere decreto ingiuntivo pur in mancanza
dello stato di ripartizione delle medesime, necessario per l’ulteriore fine di ottenere anche la clausola di
provvisoria esecuzione del provvedimento, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c.” (Cass. 21 novembre 2000
n. 15017).
Non è necessaria l’approvazione del consuntivo (l’indicazione del preventivo nel caso pratico non
era casuale) essendo sufficiente il preventivo (in tal senso cfr. Cass. 29 settembre 2008 n. 24299):
la ratio è chiara, ossia evirate dilatori rinvii dell’assemblea condominiale. Naturalmente entrambi i
documenti contabili devono avere annesso il piano di riparto.
Per ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, dunque, è necessario e sufficiente che
l’assemblea, abbia approvato:
a) il preventivo o il consuntivo;
b) anche il relativo piano di riparto.
Dal punto di vista strettamente procedurale, poi, è necessario allegare al ricorso per decreto ingiuntivo
tutta una serie di documenti dai quali si possa evincere che il condominio sia stato informato di ogni
questione che lo riguardasse in relazione alla richiesta. Per dirla chiaramente al decreto devono essere
allegati:
a) il verbale di approvazione del preventivo e del piano di riparto (o del rendiconto e del piano di
riparto);
b) il preventivo ed il piano di riparto (o il rendiconto ed il piano di riparto)
c) prova della convocazione a quell’assemblea;
d) prova della comunicazione del verbale se il condomino era assente;
e) prova dell’invio di una lettera di messa in mora (non è necessario che sia a firma di un legale e
non è obbligatoria, salvo diversa indicazione del regolamento condominiale).
Così facendo, si agisce in prima persona, o sia dia mandato ad un legale, s’è certi di non sbagliare.
La competenza è del giudice di pace per i crediti fino ad € 5.000,00, del Tribunale per tutti gli importi
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maggiori. L’ufficio giudiziario competente è quello del luogo in cui è ubicato l’immobile. Il contributo
unificato varia a seconda dell’importo del credito da recuperare. Si parte da un minimo di € 18,50
(per i crediti del condominio fino ad € 1.100,00) più € 8,00 di bolli (verificare sempre l’entità di
questi importi dato che le varie manovre finanziarie li aggiornano, al rialzo, costantemente).
Per un esempio di ricorso per decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att. c.c. vedi infra Sezione
Moduli
8. La possibilità per l‘amministratore di agire personalmente in giudizio e l’obbligo
di rivolgersi ad un avvocato
Nel caso di azione giudiziaria per il recupero credito (e più in generale nel caso di azione giudiziaria
attiva o passiva volta a tutelare gli interessi del condominio), l’amministratore condominiale deve
agire con la necessaria assistenza di un avvocato?
La risposta è negativa ma fermarsi al classico e perentorio “No”, sarebbe sbagliato. Per dare una risposta
completa è necessario distinguere le ipotesi in cui l’amministratore è avvocato (o per determinati casi
commercialista, geometra, ecc.) da quelle nelle quali non ha alcun titolo abilitante alla difesa tecnica.
Difesa personale
Ai sensi dell’art. 82 del codice di procedura civile (anche c.p.c. o codice di rito):
Davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non
eccede € 1.100.
Negli altri casi, le parti non possono stare in giudizio se non col ministero o con l’assistenza di un difensore.
Il giudice di pace tuttavia, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche
su istanza verbale della parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona.
Salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti al tribunale e alla corte d’appello le parti debbono
stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente; e davanti alla Corte di cassazione col
ministero di un avvocato iscritto nell’apposito albo.
Si deve presentare un decreto ingiuntivo per una somma inferiore o uguale ad € 1.100,00?
L’amministratore può agire personalmente ma comunque non avrà diritto alla liquidazione delle
spese legali come se ci fosse un avvocato (cfr. Cass. 09 luglio 2004 n. 12680).
I commi secondo e terzo disciplinano ipotesi residuali. Per il secondo comma si pensi ad una causa
proposta da un condomino per le immissioni rumorose provocate dall’impianto d’ascensore. Per
quelle del terzo comma si faccia riferimento alle procedura di volontaria giurisdizione, rispetto alle
quali, atteso il loro carattere non contenzioso, le persone possono stare in giudizio personalmente.
Difesa tecnica in ragione dei requisiti dell’amministratore
Ai sensi dell’art. 86 del codice di rito:
La parte o la persona che la rappresenta o assiste, quando ha la qualità necessaria per esercitare l’ufficio
di difensore con procura presso il giudice adito, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore.
Il classico caso dell’amministratore-avvocato o, ad esempio, per le ipotesi di contenzioso tributario
anche dell’amministratore-commercialista. In questi casi l’amministratore ha diritto alle spese legali,
quale difensore in proprio, se al momento della costituzione in giudizio precisa di agire quale difensore
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di se stesso (nel nostro caso quale difensore dalla compagine, ai sensi dell’art. 86 c.p.c., in tal senso,
Cass. 09 luglio 2004 n. 12680).
In ogni caso e soprattutto per le ipotesi di difesa personale ai sensi dell’art. 82 c.p.c. è consigliabile
lasciar scegliere all’assemblea la soluzione migliore ed agire di propria iniziativa solo nel caso in cui
non sia possibile fare altrimenti.
In tutti gli altri casi è necessario rivolgersi ad un legale. Quanto alla scelta dell’avvocato, è consigliabile
affrontare tale argomento nella prima assemblea convocata dal nuovo amministratore (preferibilmente
inserendo l’argomento nell’ordine del giorno) in modo da sapere se fino ad allora i condomini si
sono rivolti ad un legale di loro fiducia (magari uno stesso condomino o più legali a seconda delle
problematiche) o se, invece, preferiscano affidarsi alle scelte del proprio amministratore soprattutto
per il caso di azioni legali intraprendibili direttamente dal mandatario (proprio come nel caso del
decreto ingiuntivo).
9. La richiesta delle somme necessarie per intraprendere l’azione legale
Depositare un ricorso per decreto ingiuntivo ha dei costi. Costi vivi, come i bolli, il contributo
unificato, le spese di notifica e spese legali, leggasi parcella dell’avvocato. E’ prassi (si badi un obbligo
di legge) che quest’ultimo – salvo prolungamenti per giudizi di opposizione o procedure esecutive
–attenda l’emissione del decreto ed il pagamento della controparte per le proprie spettanze. Se il
decreto si mantiene entro € 1.100,00 i costi vivi da affrontare solitamente non superano € 50-60.
Molto spesso le esigenze di rapidità d’azione portano il mandatario, specie per importi così contenuti,
ad anticipare le somme di tasca proprio.
Una serie di motivi (non ultimo il numero di compagini gestite e la rilevanza delle azioni di recupero
del credito) potrebbero portare l’amministratore a non poter anticipare quanto necessario per
intraprendere l’azione legale. Che cosa fare in casi del genere? In precedenza abbiamo parlato di una
voce di preventivo generica (supra Par. 2). In buona sostanza, l’amministratore, anche grazie a tale
voce (la generica “servizi, gestione e manutenzione condominio”), potrebbe dar mandato all’avvocato
senza particolari difficoltà. E se per un qualsiasi motivo non fosse possibile operare in questo modo
(per la mancanza di questa voce o per l’assenza di cassa)?
A quel punto l’amministratore potrebbe, ai sensi dell’art. 1133 c.c., prendere un provvedimento e
chiedere ai condomini (evidentemente escludendo dalla richiesta il moroso) le somme necessarie ad
intraprendere l’azione legale. Lo stesso dicasi per il caso in cui fosse necessario domandare delle somme
per il dilungarsi dell’azione di recupero forzoso del credito (es. opposizione, procedura esecutiva, ecc.).
Vale la pena evidenziare che sebbene, come evidenziato in precedenza (cfr. Par. 6.1), l’amministratore
debba agire per recuperare il credito entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, tale obbligo non può
arrivare a costringerlo ad anticipare somme anche considerevoli in favore del condominio. E’ bene
ricordare, infatti, che non esiste un obbligo per l’amministratore, né per il mandatario in genere, di
effettuare spese di tasca propria a vantaggio dei propri rappresentati.
Per un esempio di lettera di richiesta di somme per un’azione di recupero del credito vedi infra
Sezione Moduli
10. Che cosa accade se il condominio paga prima della notifica del decreto
ingiuntivo?
La domanda che poniamo nel titolo del paragrafo ha una rilevante importanza pratica. Per eccessiva
lentezza dell’azione di recupero, a volte per qualche delazione, in qualche circostanza per puro caso,
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fatto sta che ogni tanto accade che al deposito del ricorso per decreto ingiuntivo segua un pagamento
spontaneo.
Che cosa accade in questi casi? Al riguardo dottrina e giurisprudenza non hanno dubbi. Il pagamento
dell’intero debito porta alla cessazione della materia del contendere. Ok, in effetti non avrebbe senso
proseguire un’azione se non c’è più ragione. Siamo proprio sicuri? E le spese vive e quelle legali? Chi
le deve sostenere? Al riguardo la Cassazione non ha dubbi
“se il debitore, dopo il deposito in cancelleria del ricorso per decreto ingiuntivo, paga parte della somma, e
la restante parte dopo la notifica di esso, l’opposizione va accolta per cessazione della materia del contendere
e il decreto va revocato, mentre l’onere delle spese va regolato tenendo conto che il processo - da valutare
avendo riguardo al complessivo svolgimento di esso e all’esito del giudizio di opposizione - è unico, con
conseguente esclusione di un’autonoma pronuncia sulla legittimità dell’ingiunzione per regolare quelle
della fase monitoria” (Cass. Sez. II 13.06.1999 n. 5336; in senso conf.. Cass. 7892/94, Cass. 3488/72;
Cass. 1338/69; Cass. Sez. II 27.03.2007 n. 7526).
Chiaramente se il debitore paga l’intero debito prima della notifica ma si rifiuta di pagare le spese
legali, è bene proseguire nell’azione facendo notificare il decreto ingiuntivo (cui chiaramente seguirà
l’opposizione) al solo fine di ottenere una pronuncia sulle spese.
In questo contesto assume particolare importanza la lettera di messa in mora (che, si diceva
in precedenza, supra Par. 7, non è obbligatoria): a far data dallo spirare del termine concesso per
pagare, infatti, i rischi ricadono sul debitore. Il deposito del decreto ingiuntivo e le conseguenti spese
rappresentano un rischio.
11. Le azioni esecutive e le responsabilità dell’amministratore
L’amministratore non ha solamente l’obbligo di agire, anche giudizialmente, contro i condomini
morosi; il mandatario della compagine, infatti, è pure responsabile per il corretto espletamento delle
azioni esecutive. Il Legislatore della riforma (l n. 220/2012) ha inserito nel codice civile due esplicite
ipotesi di gravi irregolarità nella gestione configuranti cause di revoca giudiziale. Vediamo quali
rimandando per un approfondimento delle cause di revoca giudiziale al Cap. XI.
Ai sensi dell’art. 1129, dodicesimo comma n. 5, costituisce grave irregolarità nella gestione:
l’aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri
immobiliari a tutela dei diritti del condominio.
S’ipotizzi che il condomino abbia fornito l’assicurazione di pagare in tempi rapidi e che l’amministratore
non abbia atteso l’effettivo adempimento per la rinuncia all’azione esecutiva.
Il successivo n. 6 del medesimo comma specifica che costituisce altra grave irregolarità
qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l’aver
omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva (art. 1129, dodicesimo
comma n. 6, c.c.).
Qui il riferimento è soprattutto alle richieste rivolte dal legale del condominio posto che il potere
dell’intervento dell’amministratore a meno che non sia egli stesso l’avvocato (supra Par. 8) è limitato
ad un’opera di assistenza e supporto all’attività dell’avvocato.
12. La prescrizione dei crediti condominiali
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S’è detto in precedenza (supra Par. 6.1.) che l’amministratore è tenuto ad agire conto il condomino
moroso, salvo espressa dispensa assembleare, entro sei dalla chiusura dell’esercizio.
Ciò chiarito, resta comunque da comprendere per quanto tempo siano esigibili le quote condominiali
arretrate? Detta diversamente: quando si prescrivono i crediti condominiali? Sul punto era auspicato
che la legge di riforma intervenisse, ma non lo ha fatto. Insomma dobbiamo arrangiarsi con quanto
afferma la giurisprudenza. Secondo la Corte di Cassazione i crediti del condominio verso i condomini
vanno ricondotti
“tra quelli soggetti alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 c.c., a nulla rilevando che
l’amministratore si ponga come una sorta di delegato degli stessi condomini per la riscossione di tali
quote, poiché il pagamento delle quote suddette costituisce comunque un vero e proprio debito del singolo
condomino nei confronti della collettività di tutti i condomini costituente il condominio che, sebbene privo
di personalità giuridica, è comunque abilitato a tutelare i diritti comuni, anche contro la volontà di singoli
condomini dissenzienti ma minoritari” (così Cass. 28 agosto 2002 n. 12596).
In buona sostanza per gli ermellini il credito condominiale rientra tra quelli che “si devono pagare ad
anno o in termini più brevi”. Il rendiconto di gestione rappresenta lo strumento che rende un credito
certo, liquido ed esigibile. L’approvazione del rendiconto, dunque, rappresenta il termine dal quale
far partire il conteggio dei cinque anni decorsi i quali alla richiesta del credito condominiale può
essere opposta la prescrizione. In tal caso la responsabilità di tale fatto ricade sull’amministratore
o sugli amministratori che non agendo tempestivamente (al di là di quanto imposto dall’art.
1129, nono comma, c.c.) hanno reso eccepibile la prescrizione del credito. Esiste un modo per
ritardare la prescrizione del credito? Nulla di “scorretto”, in gergo tecnico si fa riferimento alla così
detta interruzione della prescrizione. Sicuramente la lettera di messa in mora sortisce questo effetto.
Interruzione vuol dire far cessare il conto alla rovescia già iniziato per riprendere ex novo uno nuovo.
Ma v’è di più: uno dei momenti in cui si può interrompere nuovamente la prescrizione è quello
dell’approvazione del rendiconto. In tal senso in una sentenza resa dalla Corte di Appello di Genova
si legge che:
“il conteggio fra il singolo e l’amministratore, seppure predisposto da quest’ultimo, diviene atto proprio
del condominio, una volta approvato dall’assemblea. Ne consegue così che i saldi degli esercizi precedenti
rientrino a far parte integrante di quel rendiconto che, se contestato dal singolo condomino, dovrà essere
impugnato nei termini di cui all’articolo 1137 c.c.” (Corte d’Appello di Genova 11 maggio 2009 n.
513).
Al contrario, quindi, se il credito del condominio non viene contestato, esso dovrebbe essere
considerato riconosciuto e come tale compreso in un nuovo rendiconto e quindi con un nuovo
termine di prescrizione. Come dire: amministratori di anno in anno inserite i debiti dei condomini
nei rendiconti successivi (chiaramente specificando questo fatto) per spostare in avanti il termine
di prescrizione. Un’avvertenza: poiché si tratta di una ricostruzione fondata su una decisione
giurisprudenziale e non sulla chiara lettera della legge, è sempre meglio agire in tempo per evitare
sgradevoli sorprese.
13. La solidarietà tra venditore ed acquirente
Le spese condominiali rappresentano un punctum dolens nell’ambito della cessione di un’unità
immobiliare ubicata in un edificio in condominio. Vediamo perché. Ai sensi del quarto comma
dell’art. 63 disp. att. c.c.
“chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi
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relativi all’anno in corso e a quello precedente”.
Caso pratico
Tizio acquista da Sempronio, nel mese di luglio dell’anno 2013, un’unità immobiliare ubicata nel
condominio Alfa. Dal momento dell’acquisto Tizio sarà responsabile in solido con Sempronio dei contribuiti
relativi all’anno 2012 (anno precedente) e per il 2013 (anno in corso).
La responsabilità solidale consente all’amministratore di agire contro il neo condomino ai sensi del
primo comma dell’art. 63 disp. att. c.c. (e quindi chiedendo un decreto ingiuntivo provvisoriamente
esecutivo). Starà, poi, a quest’ultimo rivalersi sul proprio dante causa per quanto pagato ed a lui
spettante. Nell’esempio citato nel caso pratico, tutte le spese condominiali dell’anno 2012 e quelle
fino al luglio 2013. La solidarietà, quindi, serve solamente per garantire maggiormente il condominio
lasciando la questione della titolarità del credito (e quindi della rivalsa) nell’ambito dei rapporti tra
venditore e compratore. Detta così la vicenda sembra essere di facile soluzione. Basta leggere la data
dell’atto di compravendita ed il gioco è fatto. Anche qui, ahinoi, esistono le complicazioni.
Caso pratico 2
Successivamente alla compravendita intervenuta tra Tizio e Sempronio, Caio, nel frattempo divenuto
amministratore del condominio Alfa, deve domandare al neo condomino una serie di spese arretrate.
Tra esse anche il conguaglio per l’anno 2011. Questa spesa può essere inserita tra quelle richiedibili non
riguardando l’anno precedente all’acquisto?
Non si tratta di un caso di scuola, soprattutto per quelle compagini rispetto alle quali l’amministratore
non ha gestito con la dovuta diligenza i vari casi di morosità. Che cosa fare in queste situazioni?
Al riguardo può tornare utile quanto detto sul finire del paragrafo precedente: se il credito del
condominio è stato inserito nel rendiconto dell’anno successivo, esso dev’essere considerato tale.
Insomma se il credito verso il condomino per l’anno 2011 è stato inserito nel rendiconto 2012,
approvato dall’assemblea, esso può essere considerato credito per quest’anno e come tale richiesto in
via solidale al nuovo comproprietario. Diversamente la richieste dev’essere indirizzata al precedente
condomino.
Caso pratico 3
Tra le spese che l’amministratore del condominio Alfa richiede, vi sono quelle per l’automatizzazione
del cancello d’ingresso all’autorimessa. Si tratta d’interventi deliberati all’inizio dell’anno 2012 ma mai
eseguiti.
Spesa deliberata ma non eseguita. Compravendita e successiva esecuzione di quella decisione con
conseguente realizzazione della spesa. Chi è il titolare di quell’obbligazione? Chi l’ha deliberata o chi
è condomino al momento dell’esecuzione? Il fatto, l’abbiamo detto, riguarda solo marginalmente
l’attività dell’amministratore, in quanto quest’ultimo può sempre agire contro l’attuale condomino
per via della solidarietà di cui all’art. 63 disp. att. c.c. Eppure, statene certi, i neo condomini
chiederanno all’amministratore di andare a chiedere quelle somme al vecchio proprietario
perché nel contratto è così stabilito. Ormai da qualche anno la Cassazione ribadisce che
“in caso di vendita di una unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di
straordinaria manutenzione, ristrutturazione o innovazioni sulle parti comuni, qualora venditore e
compratore non si siano diversamente accordati in ordine alla ripartizione delle relative spese, è tenuto
a sopportarne i costi chi era proprietario dell’immobile al momento della delibera assembleare che abbia
disposto l’esecuzione dei detti interventi, avendo tale delibera valore costitutivo della relativa obbligazione;
di conseguenza, ove le spese in questione siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione del
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contratto di vendita, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che le opere siano state, in tutto o in parte,
eseguite successivamente, e l’acquirente ha diritto di rivalersi, nei confronti del medesimo, di quanto pagato
al condominio per tali spese, in forza del principio di solidarietà passiva di cui all’art. 63 disp. att. c.c.”
(Cass. 2 maggio 2013 n. 10239).
Eppure in precedenza era stato, contrariamente, affermato che la spesa per il deliberato eseguito dopo
una compravendita era da addebitarsi al neo condomino in quanto è
“dalla esecuzione dei lavori deriva un incremento di valore delle parti comuni e, in considerazione della
relazione strumentale, un corrispondente incremento di valore della sua stessa unità immobiliare” (così
Cass. 18 aprile 2003 n. 6323).
Qual è la soluzione? Non sembri pilatesco ma, ad avviso di chi scrive, non sbaglia l’amministratore
che, pur cercando nei casi evidenti di agire contro il vero debitore (es. perché nel contratto si stabilisce
che tutto il deliberato non eseguito alla data della compravendita resta a carico del venditore), queste
faccende non riguardano il condomino (che ha nell’attuale condomino il proprio referente) ma i
rapporti tra acquirente e venditore. Perché fare così? Perché stabilire la titolarità di un’obbligazione
nei casi di conflitto non è compito dell’amministratore ma di un giudice.
13.1 Niente comunicazione della cessione? Il venditore resta coobbligato
La legge di modifica della disciplina del condominio negli edifici (la così detta riforma) ha introdotto
una novità che promette di “mandare in soffitta”, almeno parzialmente, l’inapplicabilità al condominio
del così detto principio dell’apparenza.
Il quinto comma dell’art. 63 disp. att. c.c. recita:
“chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi
maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il
trasferimento del diritto”.
A questo punto è necessario comprendere che cosa era stato detto in relazione all’inapplicabilità
del principio dell’apparenza all’ambito condominiale. Il punto di riferimento è una sentenza delle
Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione. Correva l’anno 2002 quando gli ermellini dissero:
“nell’ipotesi in cui l’amministratore agisca per il recupero delle spese di competenza, l’osservanza del dovere
di consultazione dei registri immobiliari presso la conservatoria assume rilievo ed è preminente (rispetto
al contrapposto dovere di correttezza e informativa) per l’individuazione del vero condomino obbligato,
non solo perché corrisponde a regola di normale prudenza accertare l’effettivo legittimato passivo allorché si
intende dare inizio ad un’azione giudiziaria, ma anche perché appare conforme al sistema della tutela del
credito” (Cass. SS.UU. 8 aprile 2002 n. 5035).
Il principio dell’apparenza – almeno questa sembra la soluzione interpretativa conforme al dettato
normativo – sarà applicabile nel caso della compravendita dell’unità immobiliare fino a quando
tale fatto non venga comunicato all’amministratore ma non anche nel caso, ad esempio, di azione
contro uno dei coniugi che appare come condomino ma che in realtà non è tale. In questo modo il
Legislatore ha inteso dare maggiore importanza al ruolo dei condomini nell’ambito dell’aggiornamento
dell’anagrafe condominiale (cfr. supra Cap. IV). In buona sostanza: se l’amministratore non sa della
cessione (nei condominii di grandi dimensioni o nei supercondomini questa non è affatto un’ipotesi
remota) parrebbe possibile effettuare un’azione monitoria contro il vecchio proprietario.
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14. I rapporti economici tra condominio, proprietario e conduttore
Se l’appartamento è concesso in locazione, l’amministratore di condominio ha degli obblighi verso
il conduttore? Alla domanda che tanti mandatari spesso si pongono, non si può dare una risposta
univoca. In questo paragrafo ci soffermeremo sui rapporti economici, lasciando al prosieguo quelli
inerenti, ad esempio, la convocazione dell’assemblea (infra Cap. X).
Le norme di riferimento sono l’art. 63 disp. att. c.c. e l’art. 9 della legge n. 392/78. Partiamo dal
punto fermo egregiamente sintetizzato in una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione.
“La legge 27 luglio 1978, n. 392 (cosiddetta dell’equo canone) non ha, nei confronti del condominio
e per quanto riguarda i contributi e le spese di cui sopra, aggiunto, a quello originario rappresentato
dal condomino, un altro debitore, rappresentato dal conduttore delle unità immobiliari facenti parte del
condominio.
Invero, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la legge n. 392 del 1978 disciplina unicamente
i rapporti tra locatori e conduttore, e, sotto l’aspetto in considerazione, non ha affatto innovato in ordine
alla ricordata normativa del codice civile relativa ai soggetti tenuti, nei confronti dell’amministrazione del
condominio di un edificio, al pagamento delle spese necessarie per la manutenzione delle case comuni e per
la prestazione dei vari servizi nell’interesse comune” (Cass. 28 ottobre 1993 n. 10719).
Il punto certo è il seguente: per quanto, sovente, nella pratica quotidiana inquilino ed amministratore
interagiscano tra di loro, il primo referente per l’amministratore resta il proprietario così come il
referente del conduttore è per l’appunto quest’ultimo e non l’amministratore.
Caso pratico
Tizio conduttore dell’appartamento di proprietà di Caio non paga le spese condominiali. Sempronio,
amministratore del condominio, nel caso di perdurante morosità, potrà chiedere l’emissione di un decreto
ingiuntivo contro quest’ultimo e non contro Tizio.
Quali sono esattamente le spese a carico del conduttore? Nella succitata legge n. 392/78, all’art. 9 è
stabilito che
Sono interamente a carico del conduttore, salvo patto contrario, le spese relative al servizio di pulizia, al
funzionamento e all’ordinaria manutenzione dell’ascensore, alla fornitura dell’acqua, dell’energia elettrica,
del riscaldamento e del condizionamento dell’aria, allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine, nonché alla
fornitura di altri servizi comuni.
Le spese per il servizio di portineria sono a carico del conduttore nella misura del 90 per cento, salvo che le
parti abbiano convenuto una misura inferiore (art. 9 l. n. 392/78).
Chi paga il compenso dell’amministratore? Per prassi molto spesso si afferma che la spesa dev’essere
posta a carico delle parti nella misura del 50% cadauna. La Cassazione e con essa la giurisprudenza di
merito hanno affermato il contrario. In una delle sentenze rese sull’argomento in esame, si legge che
“le spese relative al compenso corrisposto all’ amministratore del condominio e le spese sostenute dallo stesso
nell’esercizio della sua attività non rientrano tra gli oneri accessori che l’art. 9 della legge n. 392 del 1978
pone a carico del conduttore dell’immobile, sicché del relativo importo non può essere tenuto conto ai fini
di accertare la sussistenza o meno della morosità del conduttore medesimo” (Cass. 3 giugno 1991 n. 6216,
in Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 6, in senso conf. Trib. Roma 13 luglio 1992, Cass. 11 novembre 1988
n. 6088).
Lo stesso dicasi per l’assicurazione dello stabile.
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Che cosa accade se sorgono dubbi o addirittura contrasti in merito alle spese condominiali dovute
dall’inquilino? Anche qui, dal punto di vista strettamente formale la questione riguarda il rapporto
proprietario-conduttore e non l’amministratore.
Ciò nonostante vale la pena ricordare che, ai sensi del medesimo art. 9:
“il pagamento (degli oneri condominiali n.d.A.) deve avvenire entro due mesi dalla richiesta. Prima di
effettuare il pagamento il conduttore ha diritto di ottenere l’indicazione specifica delle spese di cui ai commi
precedenti con la menzione dei criteri di ripartizione. Il conduttore ha inoltre diritto di prendere visione
dei documenti giustificativi delle spese effettuate (art. 9, terzo comma, l. n. 392/78).
I diritti del conduttore, che teoricamente possono portare ad un rifiuto di pagamento delle spese
(l’effetto di tale rifiuto per quanto innanzi detto alla fine ricade sul proprietario), hanno come
controparte il proprietario. L’amministratore, chiaramente, può soddisfare direttamente le richieste
avendo cura di farsi firmare per consegna la ricevuta della documentazione.
Siccome le spese dovute dal conduttore sono questione che riguarda le parti del contratto di locazione,
l’amministratore può chiedere un compenso aggiuntivo (purché indicato all’assunzione dell’incarico,
cfr. supra Cap. II) per la ripartizione delle spese tra proprietario ed inquilino.
15. I rapporti economici tra condominio, nudo proprietario e usufruttuario
Il proprietario e l’usufruttuario, per ciò che concerne la partecipazione alla gestione del condominio,
devono essere considerati due condomini distinti (infra Cap. XI). Per quanto riguarda le spese
condominiali, invece, dal punto di vista del condominio sono due soggetti completamente
sovrapponibili. Infatti, ai sensi dell’art. 67 disp. att. c.c.
“il nudo proprietario e l’usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi dovuti
all’amministrazione condominiale” (art. 67, ottavo comma, disp. att. c.c.).
Responsabilità solidale vuol dire che entrambi i soggetti possono essere chiamati a rispondere
per l’intero debito ma non per forza che il debito condominiale sia integralmente imputabile ad
uno dei due o ad entrambi in pari misura. Insomma sebbene per l’amministratore sia indifferente
rivolgersi al nudo proprietario o all’usufruttuario, potrebbe accadere che siano uno dei due a
domandargli a chi spetti effettivamente la quota richiesta. Al riguardo l’amministratore per prima
cosa potrà dire di consultare l’atto costitutivo del diritto di usufrutto. Nel silenzio della legge, le
norme di riferimento sono quelle riportate qui appresso:
Art. 1004 c.c. (Spese a carico dell’usufruttuario)
Le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa
sono a carico dell’usufruttuario.
Sono pure a suo carico le riparazioni straordinarie rese necessarie dall’inadempimento degli obblighi di
ordinaria manutenzione.
Art. 1005 (Riparazioni straordinarie)
Le riparazioni straordinarie sono a carico del proprietario.
Riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la
sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini,
acquedotti, muri di sostegno o di cinta.
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L’usufruttuario deve corrispondere al proprietario, durante l’usufrutto, l’interesse delle somme spese per le
riparazioni straordinarie.
A questo punto qualcuno potrebbe dire: io ricordo che usufruttuario e proprietario dovevano essere
considerato titolari di ben precise quote ricavabili dagli atti d’acquisto o a norma degli articoli
succitati. In effetti nel corso degli anni la Cassazione, in più occasioni, aveva affermato che
“siccome la ripartizione delle spese tra usufruttuario e nudo proprietario, trova il suo fondamento negli
artt. 1004 e 1005 c.c. e che, quanto alla individuazione dei soggetti passivi dell’obbligo nei confronti
del condominio, anche le spese dell’usufruttuario si configurano come obbligazioni propter rem, non è
consentito all’assemblea di interferire sulla imputazione e sulla ripartizione, non rientrando nei poteri
dell’organo deliberante introdurre deroghe ai criteri di ripartizione, fissati dalla legge in ragione dalla
natura stessa delle spese, in quanto eventuali deroghe verrebbero incidere sui diritti individuali, con la
conseguenza che, per legge, le spese devono essere imputate e ripartite in sede di approvazione del bilancio
secondo la loro funzione ed il loro fondamento, spettando all’amministratore, in sede di esecuzione, ascrivere
le spese, secondo la natura di esse, ai diversi soggetti obbligati, anche nel caso in cui l’assemblea non abbia
provveduto ad individuarli” (così Cass. 27 ottobre 2006 n. 23291).
Insomma quel qualcuno ricordava bene ma nel frattempo, per mano della riforma del condominio,
le regole sono cambiate.
16. Diritto d’uso e d’abitazione e spese condominiali
Sul diritto d’uso e di abitazione, l’art. 1025 c.c. rubricato Obblighi inerenti all’uso e all’abitazione,
recita:
Chi ha l’uso di un fondo e ne raccoglie tutti i frutti o chi ha il diritto di abitazione e occupa tutta la casa
e tenuto alle spese di coltura, alle riparazioni ordinarie e al pagamento dei tributi come l’usufruttuario.
Se non raccoglie che una parte dei frutti o non occupa che una parte della casa, contribuisce in proporzione
di ciò che gode.
Sull’uso la norma non dice molto rispetto alle spese condominiali. In effetti in relazione all’uso il caso
più ricorrente (se non l’unico) a livello condominiale è rappresentato dal diritto d’uso esclusivo del
lastrico solare. In tal caso troverà applicazione l’art. 1126 c.c. (vedi infra Cap. VI).
17. La legge di riforma facilita i morosi?
Chiudiamo questo capitolo dando risposta alla domanda dal sapore provocatorio che è poi il titolo
del paragrafo.
Non è raro sentir parlare di condomini in difficoltà nei pagamenti; qui il discorso non è diverso
rispetto a tante situazioni di sofferenza nei pagamenti. Sta all’amministratore comprendere se
quel condomino sta bluffando o se, invece, le sue difficoltà economiche sono reali: certo, inutile
nasconderselo, molto spesso se c’è vera crisi di liquidità nemmeno l’amministratore può saperlo.
Come abbiamo visto in precedenza, l’amministratore è il soggetto deputato a riscuotere i contributi
dei condomini e ad erogare le spese necessarie alla gestione e conservazione delle cose comuni (artt.
1129-1130 c.c. e 63 disp. att. c.c.)
Il mandatario, s’è detto, deve agire contro i morosi entro sei mesi dalla data di chiusura dell’esercizio,
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salvo dispensa da parte dell’assemblea. Proprio dietro questa dispensa potrebbero nascondersi uno
strumento in grado di bloccare o quanto meno di ritardare l’attività il recupero dei crediti da parte
dell’amministratore. Vediamo perché
L’art. 63, primo comma, disp. att. c.c. recita:
per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore,
senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente
esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo
interpellino i dati dei condomini morosi.
Vale la pena ricordare che lo stato di ripartizione di cui parla la norma, sulla base di quanto specificato
dalla giurisprudenza, può essere anche quello preventivo (oltre che quello consuntivo).
Secondo la Cassazione, infatti, rappresenta un principio basilare al fine di garantire la corretta gestione
del condominio, quello “che consente all’amministratore di riscuotere le quote degli oneri in forza di un
bilancio preventivo, sino a quando questo non sia sostituito dal consuntivo regolarmente approvato” (Cass.
29 settembre 2008 n. 24299). Questa norma, chiaramente, va letta sempre nel complessivo ambito
dei doveri dell’amministratore; in buona sostanza s’è vero che l’ultimo preventivo approvato è sempre
valido ai fini della richiesta di pagamento, è altrettanto vero che ciò non legittima l’amministratore a
non presentare i conti della propria gestione nei termini indicati dalla legge (dopo la riforma entro 6
mesi dalla data di chiusura dell’esercizio).
Ciò detto, per entrare ancora più nel dettaglio, vale la pena domandarsi: entro quanto tempo dalla
manifestazione conclamata dello stato di morosità (che solitamente si ha dopo l’infruttuoso invio di
un sollecito di pagamento), l’amministratore deve adire le vie legali?
Prima dell’entrata in vigore della riforma secondo la Cassazione,
“l’amministratore di un condominio è legittimato ad agire, e a chiedere il decreto ingiuntivo previsto
dall’art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile, contro il condomino moroso per il recupero
degli oneri condominiali, una volta che l’assemblea abbia deliberato sulla loro ripartizione, nonostante
la mancanza dell’autorizzazione a stare in giudizio rilasciata dall’assemblea condominiale; e poiché la
fonte di tale potere è la approvazione assembleare del piano di ripartizione, non v’è ragione di distinguere
tra oneri condominiali relativi a spese ordinarie e spese straordinarie” (così Cass. 9 dicembre 2005 n.
27292).
Insomma approvato il piano di riparto e constatata la morosità del condomino l’amministratore
poteva agire per ottenere ingiunzione di pagamento. Vale la pena porre l’accento su un fatto. L’obbligo
di pagare le spese condominiali è previsto dalla legge (cfr. Cass. 18 aprile 2003 n. 6323) e viene ad
essere precisamente quantificato nel suo ammontare con l’approvazione del preventivo, prima, e
del consuntivo, poi. Atti che devono essere inviati al condomino, il quale ha diritto a concorrere
alla loro approvazione. Insomma se ogni cosa è fatta secondo legge (comunicazioni dell’avviso di
convocazione, ecc.) in linea teorica non sarebbe necessaria alcuna lettera di messa in mora (sul punto
vedi supra Par. 10). Ciò vuol dire che è il condomino a dover essere parte diligente e, quindi, pagare
le spese condominiali nei tempi previsti al momento dell’approvazione dei piani di riparto o dal
regolamento (se nulla è previsto vale la ripartizione mensile o bimestrale o trimestrale, ecc. contenuta
nel riparto medesimo) e non l’amministratore a doverglielo ricordare con solleciti di vario genere.
Spesso si evita di ricorrere ad utilizzare lo strumento del decreto ingiuntivo perché, come si suole
dire, la spesa non vale l’impresa. Un’ingiunzione per poche decine o centinaia di euro, a fronte
di un condomino che, oltre all’appartamento, non ha nulla, sovente consigliano di pazientare ed
attendere il pagamento volontario se non addirittura di rinunciare. E’chiaro che in questo caso la
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decisione dev’essere presa attraverso un accordo tra tutti i condomini, eccezion fatta che il moroso,
e non dall’amministratore. La cosa, ce ne rendiamo conto, fa irritare particolarmente se si pensa che
molte volte alcuni condomini sono nullatenenti solo per modo di dire oppure restano costantemente
morosi di poche decine di euro proprio per “far dispetto” all’amministratore ed ai propri vicini.
Insomma essere morosi, paradossalmente, può risultare conveniente: una pizza ed una birra in più ed
una rata condominiale in meno senza correre grandi rischi.
Detto ciò, entriamo nel vivo dell’argomento: il Legislatore della riforma, nel riscrivere l’art. 1129 del
codice civile, ha inserito il nono comma che recita:
Salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la
riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il
credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione
del presente codice.
All’apparenza sembrerebbe addirittura una norma anti-morosi. Massimo 6 mesi dalla chiusura
dell’esercizio e l’amministratore deve attivarsi per recuperare il credito. Non solamente con l’azione
per decreto ingiuntivo ma addirittura con un’ordinaria citazione se quella ex art. 63 disp. att. c.c. non
è esperibile.
A questo punto molti diranno: dove sta la norma che favorisce i morosi?A pensar male si fa peccato
ma a volte s’azzecca, diceva qualcuno.
L’appiglio normativo per i morosi sta nell’inciso iniziale del nono comma dell’art. 1129 c.c.; quel
“salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea” schiude un mondo di possibili vincoli, profurbi, al recupero del credito.
Le ragioni di questo allarme stanno soprattutto nei quorum deliberativi particolarmente bassi. Non
si dice con quali maggioranze l’assemblea potrà dire all’amministratore “sei dispensato ad agire entro
sei mesi”. Ed allora? Allora si applicheranno i criteri generali per cui:
a) in prima convocazione sarà necessario con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli
intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio;
b) in seconda convocazione sarà necessario e sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli
intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.
Ricordiamo che a partire dal 18 giugno 2013, ai sensi del nuovo terzo comma dell’art. 1136 c.c.,
“l’assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che
rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio”.
Soffermiamoci proprio su questo caso perché, per prassi, le assemblee si svolgono quasi sempre in
seconda convocazione e soprattutto perché è in questa sede che i morosi possono imporre le proprie
“ragioni”.
L’uso dell’aggettivo sufficiente (al precedente punto b) ) non è casuale: il quorum deliberativo per la
seconda convocazione è davvero basso.
Un esempio chiarirà le idee.
S’ipotizzi di avere a che fare con una compagine composta da 12 condomini.
In seconda convocazione l’assemblea sarà regolarmente costituita con la partecipazione di almeno 4
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condomini che rappresentino almeno 333 millesimi. In questa sede per deliberare che “l’amministratore
è dispensato dall’intraprendere l’azione legale entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio” sarà sufficiente il
voto favorevole di tre condomini che rappresentino 333 millesimi. Se ci si pensa bene si comprenderà
perché – soprattutto se i morosi sono proprietari di molte unità immobiliari (magari il costruttore) –
queste maggioranze non sono poi così difficilmente raggiungibili. Certo qualcuno potrebbe obiettare:
quella votazione deve ritenersi invalida perché adottata da persone che votavano in palese conflitto
d’interessi rispetto all’oggetto della deliberazione. Giusto ma questo vizio comporta l’annullabilità e
non la nullità della delibera. Ergo: chi si sente ingiustamente (ed ha ragione!) danneggiato dovrà agire
in fretta (trenta giorni che per i presenti dissenzienti e astenuti che decorrono dalla deliberazione e
per gli assenti dalla comunicazione del verbale) per impugnare la delibera e (prima o dopo) chiederne
la sospensione (cfr. art. 1137 c.c. nuova formulazione). Come dire: anticipare un bel gruzzoletto per
ottenere, forse e comunque dopo qualche anno, la refusione delle spese processuali.
Non pensate di poter contare sull’amministratore: se non è condomino lui non può impugnare la
delibera, anzi è tenuto a rispettarla! Ma come: non è stato detto che l’azione ex art. 63 disp. att. c.c.
non può essere negata nemmeno da un regolamento contrattuale (art. 72 disp. att. c.c.)? Si, non può
essere negata, ma può essere disciplinata. Come? Proprio alla luce della riforma dicendo che l’azione
legale, per decreto ingiuntivo o quella ordinaria, potranno essere esperite solamente dopo 7 mesi, 8
mesi dalla chiusura dell’esercizio (o magari dell’approvazione del rendiconto) o, comunque, entro un
lasso di tempo che non vanifichi gli interessi del condominio.
Giustamente a questo punto qualcuno potrebbe domandarsi: se le cose stanno così che senso ha avuto
inserire questa norma che rischia di paralizzare la vita del condominio a favore dei soliti furbi?
Innanzitutto i morosi possono bloccare l’amministratore ma non i creditori del condominio; questi,
prima d’ogni cosa, dovranno agire contro di loro (art. 63, secondo comma, disp. att. c.c. nella
formulazione in vigore dal 18 giugno). In secondo luogo la norma, correttamente applicata, consente
di evitare accanimenti verso condomini che sono realmente in difficoltà e che con un po’ di pazienza
e buona volontà possono ripianare la propria posizione debitoria
Morale della favola: come per ogni altra cosa, anche per il condominio la partecipazione all’assemblea
e quindi alla formazione delle scelte che interessano tutti è importante al fine di evitare che norme
scritte per buone ragioni possano trasformarsi in strumenti messi in mano a persone scaltre che
agiscono per puri fini egoistici.
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Capitolo 6. L’amministratore alle prese con i piani di riparto
1. Ripartizione delle spese: il ruolo della legge e quello degli accordi tra i condomini
Ripartire le spese tra i condomini vuol dire quantificare con esattezza le quote di partecipazione di
ognuno alle spese condominiali. Le operazioni di ripartizione si svolgono, solitamente, in tre fasi:
a) raggruppamento delle spese in uno o più gruppi;
b) individuazione delle tabelle millesimali di riferimento rispetto alla singola spesa o al gruppo;
c) ripartizione concreta.
A queste fasi, immancabili in ogni procedimento di ripartizione, se ne può aggiungere una quarta
riguardante la suddivisione delle spese tra proprietario e conduttore (cfr. supra Cap. V).
In questo contesto ci si domanda: sulla base di quali criteri è necessario compiere le operazioni
succitate? La risposta è la seguente: l’amministratore di condominio chiamato a ripartire le spese
tra i comproprietari deve sempre applicare quanto stabilito dalla legge a meno che un accordo
tra tutti i condomini non gli imponga di comportarsi diversamente.
Nei paragrafi successivi soffermeremo l’attenzione sui così detti criteri legali e convenzionali di
ripartizione delle spese.
2. I criteri legali di ripartizione delle spese: la ripartizione secondo i millesimi di
proprietà
La prima norma cui guardare in relazione all’individuazione dei criteri di riparto delle spese è il primo
comma dell’art. 1123 c.c., che recita:
Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione
dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai
condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.
Lasciamo da parte il significato dell’inciso “salvo diversa convenzione” di cui si parlerà nel prosieguo
(infra Par. 3), e soffermiamoci sul resto della norma. L’assemblea decide d’installare un ascensore?
Si tratta di un’innovazione il cui costo dev’essere ripartito in ragione dei millesimi di proprietà.
Il compenso dell’amministratore? Riguarda un servizio fornito nell’interesse comune e la spesa
dev’essere ripartita nello stesso modo delle innovazioni. Idem per la pulizia del giardino, l’assicurazione
dello stabile e quant’altro. Nella sostanza devono essere ripartite sulla base dei millesimi di proprietà
tutte quelle spese che hanno a che fare con il godimento e la conservazione delle parti comuni che
non si pongano direttamente in relazione con l’uso delle medesime.
2.1 La ripartizione secondo l’uso
Il secondo comma dell’art. 1123 c.c. recita:
Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione
dell’uso che ciascuno può farne.
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Si tratta della così detta ripartizione secondo l’uso. Si badi: l’uso cui fa riferimento la norma non è
l’uso effettivo bensì quello potenziale che ciascuno può fare. In tal senso la Cassazione, chiamata
a pronunciarsi sulla portata dell’art. 1123, secondo comma, c.c., ha specificato che esso
“stabilisce una ripartizione delle spese in questione in misura proporzionale non già al valore della proprietà
di ciascun condomino ma all’uso che ciascun condomino può fare di una determinata cosa comune riguarda il caso in cui la cosa comune (più esattamente il servizio comune) sia oggettivamente destinata
a permettere ai singoli condomini di goderne in misura diversa (inferiore o superiore al loro diritto di
comproprietà sulle parti comuni); e, a tal fine, si deve avere riguardo all’uso che ciascun partecipante può
farne, cioè al godimento potenziale e non al godimento effettivo, e, quindi, non all’uso che effettivamente
ne faccia o non ne faccia” (Cass. n. 13161/91).
Insomma se un condomino si assenta per un mese non deve pagare una quota inferiore di pulizia
scale. Ciò che conta è che egli, in quel mese, avrebbe potuto utilizzare quella parte comune. Lo stesso
dicasi per il riscaldamento centralizzato. Molto spesso i condominii sono dotati di tabelle riguardanti
la ripartizione dei costi dell’impianto. A parte quegli oneri riguardanti la conservazione (es. verifiche),
quelli per il funzionamento (es. combustibile) devono essere ripartiti sulla base di queste tabelle
che tengono conto di una serie di parametri specificamente previsti per tali impianti. Resta escluso
dall’esempio il caso di impianto dotato di sistema di contabilizzazione individuale.
Esempi tipizzati di spese nelle norme di questo genere sono quelle riguardanti le scale, l’ascensore ed
il lastrico solare di uso esclusivo.
Prima di entrare nel merito è necessaria una specificazione. L’art. 1124 c.c. è stato oggetto di
modificazione ad opera della riforma del condominio (legge n. 220/2012). Prima dell’intervento
di modifica, la norma era considerata applicabile agli ascensori, in virtù di una serie costante di
pronunciamenti giurisprudenziali in tal senso (cfr. Cass. 29 marzo 2004 n. 5975). Sparisce il
riferimento alla ricostruzione e appare quello alla sostituzione, più confacente all’ascensore che alle
scale. Sarebbe stato preferibile mantenerli entrambi.
2.1.1 Manutenzione di scale ed ascensori
L’art. 1124 c.c., rubricato Manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori, recita:
Le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La
spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra
metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.
Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le
cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune.
Le verifiche riguardanti gli impianti di ascensore rappresentano un costo manutentivo che in quanto
tale dev’essere ripartito ai sensi dell’art. 1124 c.c.
E la pulizia delle scale?
Il dibattito sul tema è aperto; in Cassazione non v’è unanimità di vedute. In alcune sentenze (cfr.
Cass. 19 febbraio 1993 n. 2018) si è esclusa l’applicazione dell’art. 1124 c.c. alle spese di pulizia
scale, lasciando all’assemblea il compito d’individuare un altro criterio più consono all’uso di quella
parte comune. Più recentemente, se n’è ritenuta valevole un’applicazione parziale. In un arresto degli
ermellini del 2007 si legge che
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“la ripartizione delle spese per la pulizia delle scale secondo quanto previsto dall’art. 1124 cod. civ., poi, è
conforme alla ratio di tale disposizione, la quale va individuata nel fatto che, a parità di uso, i proprietari
dei piani alti logorano di più le scale rispetto ai proprietari dei piani più bassi, per cui contribuiscono in
misura maggiore alla spese di ricostruzione e manutenzione. Ugualmente, a parità di uso, i proprietari di
piani più alti sporcano le scale in misura maggiore rispetto ai proprietari dei piani più bassi, per cui devono
contribuire in misura maggiore alle spese di pulizia. Va soltanto chiarito che la ripartizione delle spese va
fatta con applicazione integrale del criterio dell’altezza di piano; la disposizione contenuta nell’art. 1124
cod. civ., comma 1, secondo la quale la metà delle spese per la ricostruzione e manutenzione delle scale va
effettuata in base ai millesimi, deroga, infatti, in parte a tale criterio (applicativo del principio generale di
cui all’art. 1123 cod. civ., comma 2) e quindi non può trovare applicazione analogica con riferimento a
spese diverse da quelle espressamente considerate” (Cass. 12 gennaio 2007 n. 432)
In senso favorevole all’applicazione dell’art. 1124 c.c. alle spese di pulizia scale si rintraccia solamente
una sentenza molto datata (cfr. Cass. n. 801/70).
Ma, allora, come si deve comportare l’amministratore? Il modo migliore è quello di fare scegliere
all’assemblea il criterio applicabile tra quelli esistenti. Ciò, naturalmente, consigliandola per evitare
soluzioni bislacche (es. applicazione della tabelle per il riscaldamento) ed indirizzandola verso la reale
natura di quel servizio che se latamente può essere considerato manutentivo (la pulizia costante aiuta
ad accelerare il deterioramento dei materiali) più precisamente dev’essere visto come un servizio per
il miglior godimento delle parti comuni di cui tutti i condomini godono ma in misura differente. E’
logico che chi abita la piano primo gode delle scale in misura differente da chi abita al piano quinto.
In questo senso l’art. 1124 c.c., quanto meno con riferimento ad uno dei due criteri indicati al suo
interno, rappresenta la soluzione migliore.
2.1.2. Le spese per il lastrico solare di uso esclusivo
Altro esempio di spesa d’uso ai sensi dell’art. 1123, secondo comma, c.c., concretizzato in una norma
specifica è quello rappresentato dal’art. 1126 c.c., riguardanti Lastrici solari di uso esclusivo, che
recita:
Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno
l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico;
gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare
serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.
Se la spesa è pari a 12, 1/3 di essa (4) è sostenuta dall’utilizzatore esclusivo del lastrico, la restante parte,
i 2/3, ossia 8, è ripartita tra tutti i condomini rispetto ai quali il lastrico solare funge da copertura sulla
base dei millesimi di proprietà. In buona sostanza bisogna tracciare un’ideale linea verticale che parte
dal lastrico solare per vedere quali unità immobiliari sono coperte da esso. È importante evidenziare
un aspetto: i proprietario delle unità immobiliari coperte dal lastrico debbono partecipare alla spesa
in ragione dei millesimi di riferimento dell’intera unità immobiliare e non solamente della parte
coperta dal lastrico medesimo. E’ chiarissimo sul punto l’art. 1126 c.c. che fa esplicito riferimento
“valore del piano o della porzione di piano di ciascuno” e non della parte di piano coperta dal più volte
citato lastrico.
La norma si applica anche alle terrazze a livello ed ai lastrici in proprietà esclusiva (cfr. tra le tante
Cass. 14 febbraio 2013 n. 3658).
E’ bene ricordare, infine, come spesso ci dice la Cassazione, che
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“la disposizione dell’art. 1126 c.c. che regola la ripartizione fra i condomini delle spese di riparazione del
lastrico solare di uso esclusivo di uno di essi, si riferisce alle riparazioni dovute a vetustà e non a quelle
riconducibili a difetti originari di progettazione o di esecuzione dell’opera, indebitamente tollerati dal
singolo proprietario; in tale ipotesi, ove trattasi di difetti suscettibili di recare danno a terzi, la responsabilità
relativa, sia in ordine alla mancata eliminazione delle cause del danno che al risarcimento, fa carico in via
esclusiva al proprietario del lastrico solare, ex art. 2051 c.c., e non anche - sia pure in via concorrenziale al condominio (Cass. 15/4/2010 n. 9084)” (Cass. 30 aprile 2013, n. 10195).
Insomma l’art. 1126 c.c. non si applica se i danni (es. le infiltrazioni, sono imputabili direttamente
all’incuria dell’utilizzatore o proprietario esclusivo).
2.2 Il condominio parziale
Se in un condominio sono presenti due scale, due lastrici, due portoni, due ascensori, ecc. chi abita
nella scala A paga anche per la conservazione dei beni e l’erogazione dei servizi per la scala B? Le spese
per la manutenzione dell’ascensore della scala B, chi le deve pagare?
A questi interrogativi, che trovano frequente riscontro nella pratica, dà soluzione il terzo comma
dell’art. 1123 c.c. del codice civile, a mente del quale:
Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte
dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che
ne trae utilità.
Si tratta della norma riguardante una particolare tipologia di ripartizione delle spese da cui s’è preso
spunto per la creazione della figura del così detto condominio parziale (cfr. Cass. 12 febbraio 2001
n. 1959).
L’esempio delle scale e degli ascensori differenti è il più evidente: insomma quello che rende
chiaramente individuabile l’ambito applicativo della norma. Eppure non sempre è così facile giungere
ad una conclusione. In questo contesto è lecito domandarsi: quando bisogna fare ricorso all’art. 1123,
terzo comma, c.c. per la ripartizione delle spese? Secondo la Cassazione
“il principio di proporzionalità tra spese ed uso, di cui al menzionato art. 1123 c.c., dev’essere inteso nel
senso che mancando l’uso per ragioni non dipendenti dalla mera volontà e dalla scelta del condomino, va
escluso anche l’onere, per il medesimo, di contribuire alle spese di gestione del servizio. È poi questione
tipicamente di fatto quella di stabilire se detta possibilità di uso, per il singolo condomino, sussista o meno”
(Cass. 29 aprile 1992, n. 5179).
In buona sostanza bisogna valutare caso per caso con l’ausilio degli atti d’acquisto, dei regolamenti
contrattuali e di ogni elemento utile a comprendere se un bene dev’essere considerato in condominio
tra tutti o solo tra alcuni. Le tabelle millesimali, in questo caso, possono essere utili ma non sono un
elemento fondamentale in quanto potrebbero essere frutto di un errore. Ad ogni buon conto non
sbaglia l’amministratore che applica le tabelle vigenti: spetta a chi le contesta, infatti, attivarsi per
ottenerne la revisione (cfr. artt. 68 e 69 disp. att. c.c. e infra Cap. X).
3. I criteri convenzionali
I criteri legali di ripartizione delle spese (supra Par. prec. ed infra Par. 5) sono quelli indicati dalla
legge e che perciò devono essere applicati dall’amministratore (o della cui applicazione i condomini
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possono chiedere l’applicazione nei casi d’errore). Il regolamento condominiale, che pure deve
occuparsi di spese per le cose comuni, se di natura ed origine assembleare non può che ricalcare le
indicazioni legislative. S’è visto che i criteri legali sono più o meno generali ed in ogni caso tendono
a fare applicazione del principio di proporzionalità: insomma si paga in ragione della consistenza
dell’appartamento o dell’uso che di un bene si può fare.
Il primo comma dell’art. 1123 c.c. è chiuso dall’inciso “salva diversa convenzione” che consente di
derogare a quanto stabilito dalla legge in materia di spese condominiali. Con il termine convenzione
si fa riferimento ad un accordo tra tutti i condomini. Ad esempio i condomini possono decidere
di suddividere le spese per il compenso dell’amministratore in parti uguali, piuttosto che in ragione
dei millesimi di proprietà.
E’ bene che la decisione di utilizzare un criterio difforme da quelli legali sia adottata con il consenso
espresso (scritto o verbale purché in questo caso resti traccia nel verbale assembleare) di tutti i
condomini. La Cassazione, tuttavia, non esclude la rilevanza dei così detti facta concludentia,
vale a dire del reiterato comportamento conforme ad un criterio differente da quello legale. In tal
senso è stato affermato che
“la partecipazione con il voto favorevole alle reiterate delibere adottate dall’assemblea dei condomini di un
edificio per ripartire le spese secondo un valore delle quote dei singoli condomini diverso da quello espresso
nelle tabelle millesimali, o l’acquiescenza rappresentata dalla concreta disapplicazione delle stesse tabelle
per più anni può assumere il valore di univoco comportamento rivelatore della volontà di parziale modifica
dei criteri di ripartizione da parte dei condomini che hanno partecipato alle votazioni o che hanno aderito
o accettato la differente suddivisione e può dare luogo, quindi, ad una convenzione modificatrice della
relativa disciplina, che, avendo natura contrattuale e non incidendo su diritti reali, non richiede la forma
scritta, ma solo il consenso anche tacito o per facta concludentia, purché inequivoco dell’assemblea dei
condomini (cfr.: Cass. civ., sez. 2, sent. 10/02/2009, n. 3245)” (Cass. 24 maggio 2013, n. 13004).
Siccome ai sensi dell’art. 1372, terzo comma, c.c.
il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge,
v’è da chiedersi: che cosa accade se la deroga al criterio legale non viene accettata espressamente
da chi ha acquista un’unità immobiliare in condominio o se comunque non è inserita in atti che il
condomino è tenuto comunque a rispettare?
Se essa non è contenuta in un regolamento condominiale contrattuale regolarmente trascritto presso
la conservatoria dei pubblici registri immobiliari (come tale conoscibile da tutti e come si suole dire
opponibile a terzi), allora quell’accordo dovrà dirsi dissolto e tornerà ad applicarsi il criterio legale di
riferimento.
Proprio per questo è sempre bene che le modifiche ai criteri legali siano contenute nei regolamenti o
nei verbali di assemblea che sono atti che chi vive in condominio deve comunque rispettare.
Per un esempio di richiesta del condomino rivolta all’amministratore di corretta applicazione
dei criteri legali vedi infra Sezione Moduli
4. La scelta sbagliata dell’amministratore e la scelta derogatoria dell’assemblea:
differenze
L’applicazione di un criterio errato da parte dell’amministratore è cosa ben diversa dalla scelta
dell’assemblea (votata a maggioranza) di derogare al criterio di ripartizione utilizzabile per legge
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o per regolamento. La differenza sostanziale sta negli effetti derivanti da queste due operazioni.
Nell’ultimo caso la deliberazione dev’essere considerata nulla, mentre nel primo la deliberazione
dell’assise di approvazione di una ripartizione secondo un criterio errato comporta l’annullabilità
della deliberazione. Di questa affermazione v’è conferma nelle pronunce della Suprema Corte di
Cassazione. In particolare gli ermellini hanno affermato che
“in materia di delibere condominiali sono affette da nullità – che anche il condomino il quale abbi
espresso voto favorevole può fare valere – quelle con cui a maggioranza sono stabiliti o modificati i criteri
di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 c.c. o dal regolamento
condominiale contrattuale, essendo necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei condomini,
mentre sono annullabili e, come tali, suscettibili di essere impugnate nel termine di decadenza, di trenta
giorni di cui all’art. 1137 c.c., ultimo comma, cod. civ., le delibere con cui l’assemblea, nell’esercizio delle
attribuzioni previste dall’art. 1135 n.2 e 3 cod. civ., determina in concreto la ripartizione delle spese
medesime in difformità dei criteri di cui al citato art. 1123” (così Cass. 19 marzo 2010 n. 6714).
Caso pratico
L’amministratore, per una propria errata convinzione, ripartisce le spese per l’assicurazione con la tabella
millesimale delle scale, anziché con quella dei millesimi di proprietà (o tabella generale). L’assemblea
approva la ripartizione così inserita nel rendiconto.
In un caso del genere la deliberazione dev’essere considerata annullabile in quanto adottata in
difformità ai criteri legali ma pur sempre nell’esercizio delle facoltà riconosciute dalla legge (ossia
approvazione di un piano di riparto).
Caso pratico 2
L’amministratore presenta un rendiconto di gestione con la spesa per il proprio compenso ripartita secondo
i millesimi di proprietà ma l’assemblea, per non meglio specificate ragioni di equità, delibera che quel costo
dev’essere suddiviso tra tutti in parti uguali.
In tal caso la deliberazione dev’essere considerata nulla in quanto l’assemblea ha deciso al di fuori dei
propri poteri, ossia ha adottato la “diversa convenzione” di cui parla l’inciso finale del primo comma
dell’art. 1123 c.c. senza il consenso di tutti i condomini.
5. Esempi di ripartizione delle spese
Saper ripartire una spesa non vuol dire solamente saper individuare il criterio applicabile ma anche
saperlo applicare concretamente. Inutile nascondersi dietro un dito: rispetto ai tempi passati, al
giorno d’oggi nessuno ripartisce manualmente le spese condominiali. Anche il più banale programma
di calcolo semplifica la vita. Ad ogni buon conto è sempre bene sapere che cosa fare perché, come si
suole dire, imparare l’arte per metterla da parte non è mai male.
Ognuno di noi può provare ad esercitarsi a ripartire le spese del proprio condominio. Non è difficile.
Basta avere a disposizione le tabelle millesimali e sapere come sono composti i gruppi di spese. Si,
perché nella maggior parte dei casi, come si diceva in principio (supra Par. 1), le spese condominiali,
prima di essere ripartite tra i condomini, sono raggruppate in gruppi omogenei di spesa. Ad ogni
buon conto, le indicazioni che daremo in seguito sono utili tanto per quei casi in cui si vuole provare
ad effettuarle manualmente, tanto nel caso in cui s’utilizzi un foglio elettronico di calcolo o un
software per amministrazione di condomini.
Il primo passo, si diceva, è il raggruppamento delle spese.
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Solitamente si usa dividerle in Gruppo A, B, C, ecc. (oppure Gruppo 1, 2, ecc.). Portiamo delle
ipotesi semplici (ossia con poche spese) per facilità.
Caso pratico
Si supponga che nel condominio Alfa, nel corso di un anno di gestione, le uniche spese da ripartire con
i millesimi di proprietà siano quelle relative al compenso dell’amministratore ed all’assicurazione dello
stabile. L’amministratore formerà il Gruppo A di spese (compenso amministratore ed assicurazione stabile)
del costo complessivo di € 1.500,00. A questo punto dovrà ripartirlo tra i singoli condomini.
Si supponga che i condomini sono cinque (al fianco dei nomi dei condomini riportiamo i millesimi
delle loro unità immobiliari). Tizio (200/1000 mill.), Caio (350/1000 mill.), Sempronio (150/1000
mill.), Mevio (250/1000 mill.) e Filano (50/1000 mill.).
Per il Gruppo A, la spesa sarà così ripartita (di seguito l’indicazione dell’operazione matematica):
- Tizio € 300,00 (risultato della seguente operazione 1.500,00 * 200 / 1000);
- Caio € 525,00 (risultato della seguente operazione 1.500,00 * 350 / 1000);
- Sempronio € 225,00 (risultato della seguente operazione 1.500,00 * 150 / 1000);
- Mevio € 375,00 (risultato della seguente operazione 1.500,00 * 250 / 1000);
- Filano € 75,00 (risultato della seguente operazione 1.500,00 * 50 / 1000).
Così per ogni spesa o gruppo di spese raggruppabili perché ripartibili secondo il medesimo criterio.
Per fare un esempio: spese di manutenzione ordinaria e straordinaria riguardanti la facciata, compenso
amministratore, sito internet condominiale, spese legali, revisore contabile, ecc. sono tutte spese che
devono essere ripartite secondo i millesimi di proprietà.
Qui di seguito riportiamo una tabella con l’indicazione dei criteri applicabili rispetto alla singola spesa
con due aggiunte: la riferibilità della spesa al proprietario o all’inquilino così come al proprietario
o all’usufruttuario (anche se s’è detto che ai fini della riscossione del credito per l’amministratore
cambia ben poco, cfr. Cap. V).
Legenda:
Proprietario: P.
Inquilino: I.
Nudo proprietario: N.P.
Usufruttario: U.
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Tipologia di spesa
Criterio di
ripartizione
applicabile
Soggetto tenuto
a pagare tra
proprietario ed
inquilino
Soggetto tenuto a
pagare in caso di
usufrutto
Compenso
dell’amministratore
Millesimi di
proprietà
P.
U.
Assicurazione dello
stabile
Millesimi di
proprietà
P.
N.P.
I.M.U. per le parti
comuni soggette
all’imposta
Millesimi di
proprietà
P.
U.
TOSAP (es. ponteggi o
passo carrabile)
Millesimi di
proprietà
P.
N.U. se si tratta lavori
straordinari, per il resto
U. (es. passo carrabile)
Targa con dati amm.
re su luogo accesso al
condominio
Millesimi di
proprietà
P.
U.
Cancelleria, copisteria e
postali
Spesa
individuale
P. ed I. per quanto
di rispettiva
competenza
N.P. e U. per quanto di
rispettiva competenza
Costo sala riunioni
Millesimi di
proprietà
P. ed I. per quanto
di rispettiva
competenza
N.P. e U. per quanto di
rispettiva competenza
Aggiornamento anagrafica
condominiale
Spesa
individuale
P.
P.
Tenuta conto corrente
condominiale
Millesimi di
proprietà
P.
U.
Richiesta documentazione
Spesa individuale
P. (l’I. ha diritto
di ottenere la
documentazione
dal proprietario ex
art. 9 l. n.392/78)
N.P. e U. per quanto di
rispettiva competenza
Innovazioni
Millesimi di
proprietà
P.
N.P.
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123
Modificazione della
destinazione d’uso (ex art.
1117-ter c.c.)
Millesimi di
proprietà
P.
N.P.
Manutenzione verde
condominiale
Millesimi di
proprietà
I.
U.
Manutenzione strade
condominiali
Millesimi di
proprietà
I. per spese dovute
all’uso P. per tutto
il resto
N.P. per il caso
d’interventi straordinari
(es. sistemare il piano
stradale) U. per
manutenzione ordinaria
(es. rifacimento asfalto)
Manutenzione piscina
(se riconosciuta come
bene condominiale dal
regolamento contrattuale
o dagli atti d’acquisto,
altrimenti soggetta alla
comunione)
Millesimi di
proprietà
I. per spese dovute
all’uso P. per tutto
il resto
N.P. per il caso
d’interventi straordinari
(es. rifacimento
mpermeabilizzazione
vasca, ecc.) U. per
manutenzione ordinaria
Manutenzione delle
cassette postali che
costituiscono un unico
blocco
Spesa individuale
I. per interventi
dovuti all’uso P.
per tutto il resto
N.P. per il caso
d’interventi straordinari
U. per manutenzione
ordinaria
Sostituzione delle cassette
postali che costituiscono
un unico blocco
Millesimi di
proprietà
P.
U.
Manutenzione
dell’impianto citofonico
Millesimi di
proprietà
I. per interventi
dovuti all’uso P.
per tutto il resto
N.P. per il caso
d’interventi straordinari
U. per manutenzione
ordinaria
Sostituzione dell’impianto
citofonico
Millesimi di
proprietà
P.
N.P.
Installazione ascensore
(innovazione)
Millesimi di
proprietà
P.
N.P.
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Manutenzione ascensore
Tabella ex art. 1124 I. manutenzione
c.c.
ordinaria P.
manutenzione
straordinaria
U.
Verifiche periodiche
ascensore ex d.p.r. n.
162/99
Tabella ex art. 1124 I.
c.c.
U.
Messa a norma ascensore
Tabella ex art. 1124 P.
c.c.
N.P.
Sostituzione delle funi
Tabella ex art. 1124 I. se è dovuta
c.c.
all’uso P. negli altri
casi
N.P. se dovuta all’uso U.
negli altri casi
Manutenzione ordinaria
del tetto e del lastrico
di pro proprietà ed uso
comune (es. rifacimento
guaina)
Millesimi di
proprietà
I. piccola
manutenzione P.
tutto il resto
U.
Rifacimento del tetto e del Millesimi di
lastrico di proprietà ed uso proprietà
comune
P.
N.P.
Rifacimento del lastrico di
proprietà comune ed uso
esclusivo
P.
U. spese ordinarie N.P.
spese straordinarie
Manutenzione ordinaria e Millesimi di
straordinaria del sottotetto proprietà
comune
I. piccola
manutenzione P.
tutto il resto
U.
Manutenzione ordinaria Millesimi di
gronde e canali di scolo
proprietà
I.
U.
Sostituzione gronde e
canali di scolo
Millesimi di
proprietà
P.
N.P.
Luce elettrica per le scale
Tabella ex 1123,
secondo comma,
c.c. o in assenza
millesimi di
proprietà
I.
U.
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Criteri di cui
all’art. 1126 c.c.
125
Corrente elettrica per
autoclave
Tabella ex 1123,
secondo comma,
c.c. o in assenza
millesimi di
proprietà
I.
U.
Sostituzione lampadine
scale
Tabella ex 1123,
secondo comma,
c.c. o in assenza
millesimi di
proprietà
I.
U.
Manutenzione ordinaria
autoclave
Tabella ex 1123,
secondo comma,
c.c. o in assenza
millesimi di
proprietà
I.
U.
Manutenzione
straordinaria autoclave
(es. sostituzione parti
impianto)
Millesimi di
proprietà
P.
U. se la sostituzione
dipende da trascuratezza
nella manutenzione
ordinaria N.P. per tutti i
restanti casi
Pulizia scale
Tabella ex 1123,
secondo comma,
c.c. o in alternativa
ex art. 1124 c.c.
(ultimo criterio
non univoco)
I.
U.
Manutenzione e
ricostruzione delle
scale (es. tinteggiatura,
sostituzione passamano,
pavimentazione, ecc.)
Tabella ex art. 1124 P.
c.c.
U. se la sostituzione
dipende da trascuratezza
nella manutenzione
ordinaria N.P. per tutti i
restanti casi
Servizio di portierato
Tabella ex 1123,
secondo comma,
c.c. o in assenza
millesimi di
proprietà
I. 90% P. 10%
U.
Allacciamento rete
fognaria pubblica
Millesimi di
proprietà
P.
N.P.
Riparazione impianto
idrico e fognante
Millesimi di
proprietà
P.
N.P.
126
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Sostituzione braga
(raccordo impianto idrico
fognante comune con
proprietà esclusiva)
Millesimi di
proprietà o spesa
individuale se si
sposa la tesi della
natura di bene
individuale
Spese per servizio acqua e
fognatura
Consumi reali,
I.
tabella ex art. 1123,
secondo comma,
c.c. per le così dette
dispersioni o in
assenza millesimi di
proprietà
U.
Installazione impianto TV
centralizzato
Millesimi di
proprietà
P.
N.P.
Manutenzione ordinaria
impianto TV
Millesimi di
proprietà
I.
U.
Manutenzione
straordinaria (es. ricezione
segnale digitale e simili)
Millesimi di
proprietà
P.
N.P.
Manutenzione pozzetti e
sifone
Millesimi di
proprietà
I.
U.
Lavori di manutenzione
straordinaria (es.
rifacimento facciata)
Millesimi di
proprietà
P.
U. se la sostituzione
dipende da trascuratezza
nella manutenzione
ordinaria N.P. per tutti i
restanti casi
Sito internet condominiale Millesimi di
proprietà
P.
U.
Revisione contabile
Millesimi di
proprietà
P.
U.
Liti condominiali in
generale
Millesimi di
P.
proprietà (escluso il
condomino attore
o convenuto se la
causa è contro un
comproprietario)
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P.
N.P.
N.P. se la lite riguarda
questioni attinenti
manutenzione
straordinaria e simili U.
in tutti gli altri casi
127
Lettera di sollecito di
pagamento redatta da un
avvocato
Millesimi di
proprietà (salvo
diversa indicazione
regolamento
contrattuale)
Ricorso per decreto
ingiuntivo ex art. 63 disp.
att. c.c.
Millesimi di
P.
proprietà (se
necessarie
anticipazioni) dopo
tutta la somma a
carico del moroso
U.
Liti su questioni
riguardanti la proprietà
Ipotesi di
litisconsorzio
necessario (ognuno
paga il proprio
avvocato o tutti
pagano lo stesso
avvocato in parti
uguali)
P.
N.P.
Tentativo di conciliazione
ex art. 71-quater disp. att.
c.c.
Millesimi di
proprietà
P.
N.P. se la lite riguarda
questioni attinenti
manutenzione
straordinaria e simili U.
in tutti gli altri casi
Manutenzione ordinaria
impianto riscaldamento
Millesimi di
proprietà
I.
U.
Manutenzione
straordinaria impianto
riscaldamento
Millesimi di
proprietà
P.
N.P.
Spese per combustibile
Tabella d’uso
riscaldamento
(se non vi sono
contabilizzatori)
I.
U.
Manutenzione ordinaria
pompa sommersa
Millesimi di
proprietà dei box
I.
U.
128
P.
N.P. se il credito da
recpuarare riguarda
questioni attinenti
manutenzione
straordinaria e simili U.
in tutti gli altri casi
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Manutenzione
Millesimi di
straordinaria pompa
proprietà dei box
sommersa (o di drenaggio) (o tabella generale
se i box sono
conteggiati nei
millesimi delle
U.I.)
P.
N.P.
Pulizia vano manovra
autorimessa
Millesimi di
proprietà dei box
(o tabella generale
se i box sono
conteggiati nei
millesimi delle
U.I.)
I.
U.
Sostituzione lampadine
Millesimi di
vano manovra autorimessa proprietà dei box
(o tabella generale
se i box sono
conteggiati nei
millesimi delle
U.I.)
I.
U.
Certificazione incendi per
autorimessa
P.
N.P.
Redazione, compilazione e Millesimi di
presentazione mod. AC
proprietà
P.
U.
Modello 770
Millesimi di
proprietà
P.
U.
Altre attività fiscali
riguardanti il condominio
Millesimi di
proprietà
P.
U.
Attività catastali
riguardanti le parti
comuni
Millesimi di
proprietà
P.
N.P.
Relazioni tecniche, perizie
giurate, ecc.
Millesimi di
proprietà
P.
N.P. o U. a seconda che
si tratti di questione
straordinaria o ordinaria
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Millesimi di
proprietà dei box
(o tabella generale
se i box sono
conteggiati nei
millesimi delle
U.I.)
129
Capitolo 7. L’amministratore, il preventivo ed il rendiconto di gestione
1. Che cosa sono il preventivo ed il rendiconto?
La gestione del condominio produce delle spese. I costi di questa gestione devono essere sopportati
dai condomini (e nei rapporti interni, ad esempio, dagli inquilini). L’amministratore, ove presente, ha
precisi obblighi in merito alla riscossione ed erogazione delle somme (cfr. art. 1130 n. 10 c.c., supra
Cap. IV e infra Par. 4). Per chiedere il denaro necessario, a parte iniziative personali consentite dalla
legge (supra Cap. IV), il mandatario deve redigere e presentare all’assemblea, per la loro approvazione,
un preventivo all’inizio dell’anno di gestione ed un rendiconto alla fine di quel periodo. L’anno
di gestione è lungo 12 mesi e non per forza deve coincidere con un anno solare o civile (gennaiodicembre). L’efficacia reale del preventivo e del rendiconto è affievolita dalla mancanza di un piano di
ripartizione allegato nel quale siano accertate con esattezza le somme dovute dai singoli, ciò anche ai
fini dell’emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.
In buona sostanza il preventivo ed il rendiconto di gestione sono documenti contabili utili a
consentire una corretta gestione del condominio. Per gestione corretta intendiamo un’attività
chiara e trasparente fondata sul consenso dell’assise assembleare. Il preventivo ed il rendiconto,
infatti, sono documenti che devono essere redatti dall’amministratore ed approvati dall’assemblea per
avere immediata efficacia vincolante.
Sul preventivo s’è già detto qualcosa in precedenza (supra Cap. IV). Ad ogni buon conto, esso si
sostanza di due atti:
a) un documento generale di previsione di spesa suddiviso in varie voci (es. gas, energia elettrica,
assicurazione, compenso amministratore, ecc.);
b) un piano di ripartizione tra i vari condomini di quelle spese.
Del rendiconto, che invece è documento complesso in quanto composto da più atti, parleremo nei
paragrafi successivi.
2. Da quali documenti è composto un rendiconto?
S’è detto che il rendiconto è atto a formazione progressiva. Esso è redatto dall’amministratore ma
diviene definitivo solamente grazie al placet assembleare. Il rendiconto si compone di tre documenti:
il registro di contabilità, il riepilogo finanziario ed una nota esplicativa.
Quella della composizione del rendiconto di gestione è una delle novità introdotte dalla riforma del
condominio. La norma di riferimento è l’art. 1130-bis c.c., a mente del quale
“Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione
patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo
da consentire l’immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario,
nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle
questioni pendenti. […]” (art. 1130-bis, primo comma, c.c.).
Semplicità, chiarezza e trasparenza. L’amministratore non sbaglierà mai se nel redigere un rendiconto
terrà a mente questi principi. Semplicità e chiarezza perché il rendiconto dev’essere redatto in modo
tale da consentire l’immediata verificazione dei conti, trasparenza anche perché nel rendiconto
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devono essere inserite tutte le informazioni contabili e patrimoniali (es. residui attivi presenti sul
conto corrente) inerenti la compagine. Un passo in avanti rispetto alla precedente normativa che
sul rendiconto non diceva nulla. Un sostanziale recepimento dell’opera della giurisprudenza, la
quale, in quel contesto normativo, aveva più volte specificato che
“non è necessaria la presentazione all’assemblea di una contabilità redatta con rigorose forme, analoghe
a quelle prescritte per i bilanci delle società, essendo a tal fine sufficiente che essa sia idonea a rendere
intelligibile ai condomini medesimi le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione” (Cass. 23
gennaio 2007 n. 1405).
Vale la pena soffermare l’attenzione sui singoli documenti che lo compongono per comprendere che
cosa siano.
2.1 Il registro di contabilità
L’art. 1130-bis c.c. afferma che nel rendiconto dev’essere contenuto un registro di contabilità. L’art.
1130 n. 7 c.c. specifica che
“[…] Nel registro di contabilità sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello
dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita. Tale registro può tenersi anche con modalità
informatizzate”.
Caso pratico
Il primo giorno del mese Tizio, amministratore del condominio Alfa, incassa alcune rate condominiali
e paga delle fatture. Queste operazioni contabili devono essere trascritte nel registro di contabilità entro
trenta giorni.
Il registro di contabilità così formato e aggiornato è quello che dev’essere inserito nel rendiconto
di gestione?
Ad avviso di chi scrive, no. Inutile mandare ai condomini fogli su fogli quando, invece, basterà
mandare un riepilogo del registro di contabilità “ordinario”; raggruppando le singole spese sotto varie
voci di riferimento (es. pulizia scale, luce elettrica e poi per le entrate, Tizio, Caio, ecc.).
2.2 Il riepilogo finanziario
Si tratta del documento nel quale deve essere inserita una precisa e completa elencazione di crediti
e debiti da e verso il condominio in relazione ai rapporti con i condomini e con i terzi fornitori.
Scopo di questa dettagliata elencazione è fare emergere eventuali avanzi o disavanzi di gestione.
Tali disavanzi potranno essere verso i fornitori o, magari, verso l’amministratore che, per evitare
problemi, può aver deciso di anticipare di tasca propria le somme dovute dalla compagine. Nel
riepilogo finanziario, dunque, bisognerà indicare anche la situazione del conto corrente condominiale
e, nel caso di esistenza di particolari accantonamenti (si pensi all’esecuzione di opere di manutenzione
straordinaria), la situazione di tali fondi. E’ nel riepilogo finanziario, pertanto, che andrà inserita la
situazione patrimoniale del condominio di cui si parla nell’art. 1130-bis c.c. La materia contabile è
spesso ostica per chi non è abituato a trattarla quotidianamente. Al fine di essere più chiari proponiamo
qui di seguito un esempio di stato patrimoniale che potrà essere utilizzato per la redazione del riepilogo
finanziario, fermo restando il fatto che la scelta di un software gestionale facilita notevolmente la
redazione di questo documento.
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131
CONDOMINIO ALFA
Attività
Passività
Crediti verso i condomini per quote ordinarie
ultimo anno di gestione (indicare anno)
Debiti verso fornitori per servizi e prestazioni
ultimo anno di gestione (indicare anno)
Crediti verso i condomini per quote ordinarie
anni di gestione precedenti (indicare anni)
Debiti verso fornitori per servizi e prestazioni
ultimo anni di gestione precedenti (indicare
anni)
Somme presenti sul c/c bancario
Passività conto corrente bancario
Crediti verso fornitori (es. indennizzo
assicurazione solo da liquidare)
Anticipazioni dell’amministratore
Il riepilogo finanziario servirà per l’appunto a mettere ordine e chiarezza rispetto alla situazione
finanziaria complessiva del condominio (ossia rispetto all’anno di gestione appena trascorso ed alla
situazione patrimoniale complessiva della compagine.
2.3 La nota sintetica
Quest’ultimo documento rappresenta, come dice la stessa locuzione, una sorta di spiegazione breve
ai dati numerici contenuti nel registro di contabilità e nel riepilogo finanziario. D’altra parte, a dirlo
è lo stesso art. 1130-bis c.c., la nota sintetica dev’essere “esplicativa della gestione”. Non solo: in
questo documento devono essere indicati i rapporti in corso e le questioni pendenti. Si pensi ad una
spiegazione di particolari: in merito al rapporto con il portiere (es. si è provveduto alla formazione
del lavoratore) o delle cause in corso (es. la causa per l’impugnazione della delibera X è in corso di
svolgimento, ecc.). In questo documento l’amministratore non dovrà essere troppo stringato fino
ad elencare solamente le questioni (non si potrà dire “ci sono due cause pendenti.”), ma non dovrà
nemmeno essere troppo prolisso in quanto le singole questioni possono essere sempre affrontate in
sede d’assemblea. L’esperienza, al solito, fornirà le indicazioni per un giusto contemperamento tra
esigenze d’informazione e necessità di snellezza del documento.
3. Criterio di cassa o di competenza?
Sulla base di quale tra questi due criteri dev’essere redatto il rendiconto di gestione?
Vale la pena descriverli prima di dare una risposta.
Criterio per cassa.
Se l’amministratore adotta questo criterio, nel rendiconto appaiono solamente le spese effettivamente
sostenute e le entrate versate per l’anno di gestione di riferimento.
Caso pratico 1. Alla fine dell’anno di gestione l’amministratore del condominio Alfa presenta il rendiconto
secondo il criterio di cassa. Egli inserisce nel documento quanto effettivamente versato dai condomini e
quanto effettivamente speso. Es. versato € 100,00 speso € 200,00.
Chiaramente in questa ipotesi la spesa superiore all’entrata può denotare solamente un fatto, ossia
132
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che l’amministratore ha anticipato la differenza. Il conguaglio in questo caso, quindi, rappresenta una
restituzione di somme al proprio legale rappresentante. E’ sempre bene, comunque, che il mandatario
specifichi questa circostanza per maggiore chiarezza e comunque per alleggerire l’onere probatorio
che dovrebbe sostenere nel caso di azione giudiziaria per il recupero delle anticipazioni effettuate. A
questo punto vale la pena, attraverso l’esplicazione di un caso pratico, porsi una domanda.
Caso pratico 2. Alla fine dell’anno di gestione l’amministratore del condominio Alfa presenta il rendiconto
secondo il criterio di cassa. Egli inserisce nel documento quanto effettivamente versato dai condomini e
quanto effettivamente speso. Es. versato € 100,00 speso € 100,00.
La domanda è la seguente: che cosa accade se la spesa sostenuta è inferiore rispetto a quanto si sarebbe
dovuto effettivamente spendere? Detto diversamente: che cosa accade se non tutte le fatture sono
state pagate (parzialmente o integralmente)? In tal caso l’amministratore deve fare presente che vi
sono dei pagamenti in sospeso (es. per il giardiniere si è provveduto a pagare solamente parte della
fattura), preferibilmente inserendo la restante parte della spesa nel preventivo per l’anno seguente. Si
dice “preferibilmente” non essendoci alcun obbligo in tal senso ed anche per un motivo di carattere
pratico: l’inserimento di una spesa nel preventivo e allegato piano di riparto legittima l’azione per
decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att. c.c. La stessa azione non è esperibile se, pur menzionando
nel consuntivo che la fattura non è stata interamente saldata, non v’è poi nessuna approvazione
assembleare della ripartizione del residuo. Prima di porre l’accento sui pregi ed i difetti di questo
criterio è meglio trattare del criterio per competenza.
Criterio per competenza
Adottando il criterio di redazione così detto per competenza l’amministratore deve inserire nel
rendiconto di gestione di cui all’art. 1130 c.c. tutte le voci positive e negative che riguardano quello
specifico anno di gestione. Vale la pena soffermarsi meglio su quest’affermazione.
Caso pratico 3. L’amministratore del condominio Beta presenta all’assemblea il rendiconto di gestione
secondo il criterio per competenza. Così facendo egli inserisce nel documento contabile tutte le entrate
(versamenti dei condomini) effettivamente giunte e tutte le spese inerenti quell’anno, anche quelle che, per
i più svariati motivi, non è stato possibile sostenere (es. mancanza di cassa).
In questo modo il condomino avrà un quadro maggiormente chiaro di quella che è la situazione della
compagine cui partecipa con riferimento all’effettiva attività di gestione svolta. Si pensi solamente
al caso della fattura pagata solo parzialmente: non sarà necessario dividerla tra due rendicontazioni
(quella consuntiva e la successiva preventiva). Con l’adozione del criterio per competenza la si può
inserire integralmente nell’anno di riferimento. Dovrà essere cura dell’amministratore,poi, specificare
se si tratta di un debito del condominio verso un terzo fornitore oppure se quella fattura è stata saldata
grazia ad una sua anticipazione.
Cassa o competenza? Esiste una preferenza, per così dire, di ordine legale? La riforma del condominio
sembra lasciare libertà di scelta all’amministratore o all’assemblea. Per quanto è stato detto
fin’ora, non vi sono dubbi che sia preferibile, per l’amministratore o comunque per l’assemblea se
il mandatario non lo fa autonomamente, optare per la redazione del rendiconto consuntivo per il
criterio per competenza. Perché? La risposta è semplice.
Il registro di contabilità (indicazione delle voci di entrata e di uscita) deve essere redatto secondo il
criterio di cassa. Tuttavia, l’indicazione della situazione patrimoniale ed il riepilogo finanziario in
genere impongono d’inserire nel rendiconto anche le spese riferibili a quell’anno di gestione ma non
ancora effettuate. Seppur non se ne faccia espressa menzione, dunque, sembra potersi affermare
che nella redazione del rendiconto consuntivo sia caldamente consigliabile, se non addirittura
necessario, seguire il criterio di competenza.
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4. I tempi di presentazione
Esiste un termine massimo di presentazione all’assemblea del rendiconto annuale di gestione?
Ai sensi dell’art. 1130 c.c. l’amministratore di condominio, tra le altre cose, deve
“redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa
approvazione entro centottanta giorni” (art. 1130 n. 10 c.c.)
La norma, quindi, fissa due adempimenti:
a) obbligo di redazione del rendiconto (ma su questo aspetto non v’erano dubbi che rientrasse nei
compiti dell’amministratore);
b) obbligo di convocazione dell’assemblea per la presentazione e discussione del medesimo
documento (redatto con le modalità indicate in precedenza, cfr. supra Par. 2) entro 180 giorni.
Sull’ultimo punto è bene precisare un aspetto. La norma fissa un termine massimo (180 giorni per
l’appunto) per la convocazione all’assemblea ma poi non dice qual è il termine iniziale dal quale far
decorrere il conteggio. Detta semplicemente: da quando decorrono 180 giorni per indire la riunione
per l’approvazione del rendiconto? Sicuramente non dalla sua redazione altrimenti si arriverebbe
all’assurdo di consentire all’amministratore convocazioni anche dopo anni. La norma, allora, va
letta in questo senso: l’amministratore deve redigere il rendiconto e convocare l’assemblea per
la discussione ed eventuale approvazione entro 180 giorni dalla data di chiusura dell’esercizio.
D’altronde, entro la stessa data l’amministratore deve perseguire i condomini morosi (cfr. art. 1129,
nono comma, c.c.). Si badi: l’assemblea dev’essere convocata entro 180 giorni, ma essa può tenersi
anche dopo tale termine. Chiaramente bisogna evitare comportamenti dilatori (es. convocazione
entro 180 giorni ma prima convocazione fissata dopo oltre 230 giorni).
Si tenga presente che, come si diceva in precedenza (supra Par. 1), un anno di gestione si compone di
dodici mesi e non segue per forza quello solare o civile (anche se poi è spesso così).
Caso pratico
Il condominio Alfa ha un anno di gestione che va dall’1 gennaio al 31 dicembre. L’assemblea per
l’approvazione del rendiconto dev’essere convocata entro i 180 successivi al 31 dicembre. Il conteggio parte
dall’1 gennaio ed il 180° giorno è il 29 giugno.
Molte applicazioni presenti su siti internet consentono il calcolo del termine massimo.
5. Conseguenze per il caso d’inadempimento
Che cosa succede se l’amministratore, in spregio a quanto stabilito dalla legge, non convoca l’assemblea
condominiale per la discussione ed eventuale approvazione del rendiconto di gestione entro i termini
indicati dalla legge?
La risposta è semplice ed è individuata dall’art. 1129, undicesimo e dodicesimo comma, c.c.
L’amministratore che non adempie all’obbligo di redazione del rendiconto e convocazione
dell’assemblea nei termini indicati dalla legge (art. 1130 n. 10 c.c., cfr. supra Par. 10) commette grave
irregolarità di gestione che può portare alla revoca giudiziaria su ricorso di ciascun condomino.
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Si badi: la norma non dice espressamente ciò limitandosi ad affermare che costituisce grave irregolarità
“l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale” (art. 1129,
dodicesimo comma, c.c.). Siccome, s’è visto (supra Par. 4), l’art. 1130 n. 10 c.c. specifica qual è il
termine di convocazione di questa assemblea, non può non concludersi come nella risposta fornita.
Come dimostrare che quello dell’amministratore è un inadempimento e non semplicemente un (sia
pur illegittimo) ritardo? E’ sufficiente che l’assemblea non venga convocata entro 180 giorni dalla
chiusura dell’esercizio di gestione? A leggere le norme dovrebbe concludersi per questo automatismo.
In altri casi (es. apertura conto corrente o irregolarità fiscali, cfr. art. 1129, undicesimo comma, c.c.
e Cap. XI), infatti, il Legislatore ha previsto un preventivo passaggio assembleare. Naturalmente
l’amministratore, nel procedimento di revoca, può dimostrare che la ragione dell’inadempimento
non è dipesa da lui. Insomma che non si tratta di un’omissione ingiustificabile ma di un’incolpevole
ritardo.
N.b. Si tratta di un’interpretazione dell’autore scaturente dalla lettura delle norme. Le pronunce
giurisprudenziali nel corso del tempo potranno darle conferma o smentirla. In ogni caso se l’intento
è quello di ottenere la presentazione del rendiconto, si consiglia ai condomini di inviare al proprio
legale rappresentante una lettera per sollecitare la convocazione dell’assemblea per la discussione sul
quell’argomento.
Per un esempio di lettera di sollecito per la convocazione dell’assemblea al fine di discutere sul
rendiconto vedi infra Sezione Moduli
6. La revisione contabile
I conti predisposti da un amministratore di condominio possono essere corretti o scorretti. In ogni
caso l’assemblea può ordinarne una revisione finalizzata, evidentemente, alla verifica della correttezza.
Fino all’entrata in vigore della riforma del condominio (legge n. 220/2012), quella della revisione
contabile era materia non disciplinata dalla legge. L’inserimento nel codice civile dell’art. 1130-bis ha
modificato la situazione.
Ai sensi del primo comma della norma appena citata, infatti,
“[...] l’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate,
nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la
maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini
sulla base dei millesimi di proprietà [...]”.
In buona sostanza l’assemblea, tanto in prima quanto in seconda convocazione, con il voto favorevole
della maggioranza degli intervenuti ed almeno 500 millesimi, può nominare un revisore contabile
ed affidargli l’incarico di verificazione contabile per una o più annualità ben determinate. Il costo
dell’operazione, ergo il compenso per il revisore, dev’essere ripartito tra tutti i condomini sulla base
dei millesimi di proprietà.
Qualora dall’esame contabile dovesse emergere una responsabilità civile o penale (es. scorrette
imputazioni, ammanchi di cassa, ecc.) dell’amministratore revocato o di quello in carica, l’assemblea
(o comunque ciascun condomino) potrebbe decidere di agire in giudizio per il risarcimento dei danni
o per la punizione degli eventuali reati o, se si tratta di amministratore ancora in carica, per la revoca
giudiziale (cfr. infra Cap. XI).
Per un esempio di convocazione e delibera di assegnazione dell’incarico di revisione contabile
vedi infra Sezione Moduli
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7. Le maggioranze necessarie per la deliberazione in merito all’approvazione
Quali sono le maggioranze necessarie per l’approvazione di un rendiconto consuntivo ed allegato
piano di riparto? (La risposta vale anche in relazione al preventivo e relativo piano di riparto).
Il codice civile non indica una maggioranza specifica come, ad esempio, per il caso di nomina
dell’amministratore o di approvazione del regolamento condominiale (infra Cap. X). In questo
contesto è evidente che debbono valere le regole generali. Ciò vuol dire che il rendiconto deve
considerarsi regolarmente approvato se:
a) in prima convocazione ha riportato un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli
intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (Art. 1136, secondo comma, c.c.);
b) in seconda convocazione se approvato dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti
che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio (art. 1136, terzo comma, c.c.).
L’approvazione del rendiconto con maggioranze inferiori rispetto a quelle indicate comporta
l’annullabilità della delibera (cfr. Cass. SS.UU. n. 4806/05 e art. 1137 c.c.) con conseguente obbligo di
contestare il vizio entro 30 giorni dall’adozione (per presenti dissenzienti o astenuti) o comunicazione
(per gli assenti) della delibera. Diversamente il deliberato diviene inoppugnabile. Resta ferma, in
questo caso, un’eventuale azione di nullità per utilizzazione di criteri errati da parte dell’assemblea o
per erronea ripartizione anche a danno di condomini che non hanno diritti sulle parti comuni alle
quali si riferisce la spesa.
8. L’approvazione del rendiconto
L’approvazione del rendiconto è l’ultimo atto con cui l’assemblea conclude il procedimento
di approvazione. In questo modo i condomini riconoscono veritiere e corrette (fermi restando i
diritti d’impugnare per contestare giudizialmente e quello di deliberare successivamente la revisione
contabile) le informazioni contabili riferite all’anno di gestione che si è chiuso o comunque all’anno
di gestione la cui contabilità è stata approvata.
Dall’approvazione del rendiconto e del relativo piano di riparto discende un’immediata conseguenza:
l’amministratore può agire in giudizio per chiedere ed ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente
esecutivo ai sensi dell’art. 63, primo comma, disp. att. c.c.
E’ bene che il segretario d’assemblea verbalizzi correttamente l’approvazione del rendiconto per evitare
impugnazioni che potrebbero avere l’unico scopo di ritardare le azioni di recupero crediti.
Per un esempio di delibera di approvazione del rendiconto vedi infra Sezione Moduli
9. L’approvazione del rendiconto con modifiche
Il rendiconto può essere approvato così come proposto dall’amministratore, oppure l’assemblea può
decidere di apportarvi delle modifiche. Che cosa accade in questo caso? La questione non è di poco
conto soprattutto in quei condomini in cui sono presenti comproprietari morosi ed è necessario agire
prontamente contro di essi per recuperare il credito. Cerchiamo di comprendere più da vicino la
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situazione.
Caso pratico
Tizio, amministratore del condominio Alfa, presenta all’assemblea il rendiconto di gestione con relativo
piano di riparto. I condomini discutendone per l’approvazione, si accorgono di un errore e deliberano di
approvarlo con le modifiche, riguardanti il piano di riparto, che indicano e precisano a verbale.
In casi del genere il rendiconto di spese non è stato approvato e l’assemblea ha deliberato che verrà
approvato con le modifiche indicate. Tecnicamente, dunque, non s’è dinanzi ad un rendiconto e di
un piano di riparto approvato ma ancora da approvarsi. Certo, si potrebbe obiettare che l’assemblea
potrebbe demandare all’amministratore il compito di modificare in un secondo momento quei
documenti secondo le indicazioni da essa fornite. Il nuovo piano di riparto, però, non potrebbe dirsi
approvato poiché esso sarebbe redatto secondo delle indicazioni assembleari e non già approvato.
Ad avviso di chi scrive in questi casi è bene, se possibile, che l’amministratore provveda, seduta stante,
a modificare il piano di riparto, per farlo approvare dai condomini, oppure che provveda a convocare
una nuova assemblea per l’approvazione del rendiconto e piano di riparto come modificati secondo
le indicazioni assembleari.
Per un esempio di delibera di approvazione del rendiconto modificato vedi infra Sezione Moduli
10. Il respingimento del rendiconto e le conseguenze sulla gestione del condominio
L’assemblea può anche decidere di non approvare il rendiconto perché lo considera errato o comunque
di non approvarlo senza dover giustificare la propria decisione. L’assise condominiale, infatti, è sovrana
e la sia discrezionalità è insindacabile anche dall’Autorità giudiziaria.
Di conseguenza la bocciatura del rendiconto equivale ad un respingimento dell’atto finale
dell’anno di gestione. L’amministratore, in questi casi, dovrà adeguarsi alle decisioni dell’assemblea
modificandolo secondo le indicazioni fornite.
Fino ad allora l’amministratore non potrà utilizzare il rendiconto ed il piano di riparto per l’azione
per decreto ingiuntivo.
Chiaramente la mancata approvazione, ad esempio per bocciatura di spese straordinarie non considerate
urgenti, può portare ad una controversia tra amministratore e condominio per il riconoscimento della
giustezza, o meno, di quella spesa. Evidentemente la mancata approvazione del rendiconto non per
obiettivi errori nella sua redazione ma per frizioni con il mandatario della compagine, difficilmente
potrà essere risolta con una semplice nuova convocazione.
In questi casi solamente uno dei condomini potrebbe impugnare la delibera ma solamente per eccesso
di potere da parte dell’assemblea, che si verifica
“quando la decisione sia deviata dal suo modo di essere, perché in tal caso il giudice non controlla
l’opportunità o la convenienza della soluzione adottata dalla delibera impugnata, ma deve stabilire solo
che essa sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell’organo deliberante (Cass.
n. 5889 del 2001; Cass., n. 19457 del 2005)” (Cass. 18 settembre 2012, n. 15633).
Rappresenta sicuramente un’ipotesi di eccesso di potere la mancata approvazione del rendiconto per
evitare la possibilità di agire in giudizio con decreto ingiuntivo contro i condomini morosi.
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11. Il piano di riparto allegato al rendiconto: rinvio
Ne abbiamo già parlato più volte: il rendiconto di gestione così come il preventivo sono documenti
incompleti – ai fini di una più rapida azione del recupero del credito, ma anche solamente in relazione
alla trasparenza nella gestione del condominio – se non corredati dal piano di ripartizione delle spese
preventivate o a consuntivo.
Il piano di ripartizione, lo s’è visto nel capitolo precedente (supra Cap. VI Par. 5), ha lo scopo di
suddividere le spese sostenute o da sostenere tra i vari condomini in ragione del criterio di ripartizione
applicabile in relazione ai singoli costi.
Per tutto il resto si rinvia a quanto detto in questo e nel capitolo precedente.
12. I gruppi omogenei di spesa: rinvio
Solitamente per rendere più snelli e comunque comprensibili i piani di riparto, gli amministratori
raggruppano le spese in gruppi omogenei rispetto al piano di riparto applicabile, specificando in una
nota illustrativa il significato di Gruppo A (o 1), ecc. Per il resto si rinvia a quanto detto in precedenza
(supra Cap. VI).
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Capitolo 8. L’amministratore ed il rapporto con i terzi
1. L’amministratore tra organo esecutivo e potere d’iniziativa
Quando si fa riferimento all’amministratore del condominio bisogna guardarlo da due punti di vista;
a) organo esecutivo delle decisione dell’assemblea e delle indicazioni contenute nel regolamento
condominiale;
b) organo dotato di un autonomo potere d’iniziativa finalizzato alla gestione delle parti comuni. Tale
potere può essere indipendente dall’assemblea (ossia essere esercitato senza preventiva deliberazione
assembleare anche se un intervento deliberativo impone all’amministratore di adeguarsi) ma mai
contrastante con la finalità condominiale.
n.b. il termine organo è utilizzato in senso a tecnico. Il condominio, infatti, non è soggetto giuridico e
siccome l’organo, in questa accezione, è l’articolazione attraverso la quale la persona giuridica agisce,
l’amministratore, com’anche l’assemblea, non può essere considerato tale.
I poteri dell’amministratore, siano essi derivanti dalla legge o da una deliberazione assembleare,
quasi sempre esplicano i propri effetti nel rapporto con soggetti estranei al condominio, i così detti
terzi. Nell’ambito dell’argomento che affronteremo in questo capitolo, ci addentreremo nell’esame
di questi rapporti avendo sempre presenti i poteri derivanti da una decisione assembleare ed i limiti
di quelli d’iniziativa autonoma.
2. Chi sceglie l’impresa di pulizia delle scale?
Le parti comuni, come qualunque unità immobiliare e forse anche di più visto l’uso inteso da parte
di condomini e persone in genere, necessitano di un’opera di pulizia costante. Ciò non solamente per
una questione di pulizia , igiene e decoro, ma anche per evitare che l’eccessiva trascuratezza porti ad
un invecchiamento precoce di materiali e strutture.
La pulizia delle scale, quindi, lungi dal rappresentare un vezzo, è attività utile e consigliabile pur
essendo una delle prime ad essere eliminate quando si è in un periodo di contenimento dei costi.
Insomma un buon amministratore non può che consigliare ai condomini di dotarsi di questo servizio
e di mantenerlo nel caso di discussione sull’opportunità di privarsene.
In questo contesto arriviamo al nocciolo della vicenda: nel caso di deliberazione con la quale si decide
di dotarsi d’un servizio di pulizia delle scale chi ed in base a che cose la deve scegliere? La risposta è
duplice.
L’assemblea delibera l’attivazione del servizio ma non sceglie l’impresa. E’ il caso dei condomini di
prima gestione o di quelli in cui, pur essendoci un’impresa affidataria del servizio questa lo svolga
a chiamata o comunque senza aver stipulato un contratto. In casi del genere l’amministratore ha
maggiore potere d’iniziativa. Ciò perché l’assemblea s’è limitata a decidere di dotarsi di quel servizio,
con l’indicazione del relativo costo, ma non anche a chi affidarlo. In buona sostanza una sorta
d’indicazione del genere: “Amministratore noi vogliamo che si effettui la pulizia delle scale e per
questo servizio deliberiamo di spendere X euro, tu scegli la ditta ed incaricala”. Più è dettagliata la
delibera, minore è l’autonomia dell’amministratore.
Caso pratico
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L’assemblea del condominio Alfa delibera di attivare il servizio di pulizia delle scale. Decide che lo
stesso debba essere effettuato con cadenza bisettimanale, indica orientativamente, il servizio richiesto e
specifica che per lo stesso debba essere spesa una cifra non superiore ad € 1.000,00 (oltre I.V.A.). Tizio,
amministratore dalla compagine, potrà affidarsi a qualunque impresa sia in grado di garantirgli quanto
richiesto dall’assemblea, al costo indicato dalla medesima.
C’è poi l’ipotesi in cui è l’assemblea a scegliere la ditta
Caso pratico 2
L’assemblea del condominio Beta decide di affidare l’incarico di pulizia delle scale all’impresa Delta che ha
presentato il preventivo più conveniente. Caio, amministratore della compagine, dovrà firmare il contratto
con l’impresa prescelta o comunque affidarle l’incarico (per l’affidamento di questo genere d’incarichi,
infatti, non è obbligatorio firmare un contratto).
Vi possono essere, poi, ipotesi miste, vale a dire casi in cui l’assemblea delega all’amministratore (con
o senza ausilio del consiglio di condominio, vedi infra Cap. X) di scegliere l’impresa a seguito di una
sorta di gara d’appalto. Oppure casi in cui si decide di instaurare una trattativa, e via dicendo. Per
sintetizzare si può affermare quanto segue: l’amministratore ha il potere di scegliere l’impresa che
effettuerà il servizio, tutte le volte in cui l’assemblea decide di dotarsene senza indicare chi lo deve
effettuare. In tutti gli altri casi deve seguire le indicazioni dell’assemblea.
I pagamenti effettuati dal condominio sono soggetti a ritenuta d’acconto.
Per un esempio di delibera di scelta dell’impresa di pulizie e di contratto per il relativo servizio
vedi infra Sezione Moduli
2.1 Attenzione alla regolarità dell’impresa
In questo contesto e quali che siano le modalità operative, non può sfuggire un elemento: l’impresa
prescelta dev’essere sempre in regola con una serie di requisiti. Vediamo quali.
Il D.U.R.C. (acronimo del famigerato documento unico di regolarità contributiva) non è obbligatorio.
Esso dev’essere richiesto solamente per i lavori edili (cfr. Circ. Min. Lav. Pub. 1 giugno 2012 n.
12, REGISTRO UFFICIALE MINISTERO.PARTENZA.0010309.01-06-2012 e, per quanto
non abbiano valenza scientifica ma meramente informativa, il sito istituzionale sportello unico
previdenziale Informazioni sul DURC).
Più del D.U.R.C. è fondamentale un altro certificato.
Esiste una legge, la n. 82 del 1994, che regolamenta l’attività di servizio di pulizia.
In particolare, l’art. 1, primo comma, legge n. 82/1994 stabilisce che:
”Le imprese che svolgono attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione o di
sanificazione, di seguito denominate “imprese di pulizia”, sono iscritte nel registro delle ditte di cui al
testo unico approvato con regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011, e successive modificazioni, o nell’albo
provinciale delle imprese artigiane di cui all’articolo 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443, qualora presentino
i requisiti previsti dalla presente legge”.
Il successivo secondo comma specifica che un decreto del Ministro dell’industria, del commercio
e dell’artigianato, da emettersi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della suddetta
legge, avrebbe definito, agli effetti della presente legge: le attività di pulizia, di disinfezione, di
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disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione; i requisiti di capacità economico-finanziaria,
tecnica ed organizzativa delle imprese che svolgono le tali attività; la misura del contributo per
l’iscrizione nel registro delle ditte o nell’albo provinciale delle imprese artigiane di cui al comma 1,
nonché le relative modalità di versamento; le fasce nelle quali devono essere classificate, nel registro
delle ditte o nell’albo provinciale delle imprese artigiane, le imprese di pulizia, tenuto conto del
volume d’affari al netto dell’IVA, ai fini della partecipazione, secondo la normativa comunitaria, alle
procedure di affidamento dei servizi di cui alla legge n. 82/94.
Sebbene non sia stato rispettato il termine di novanta giorni, il decreto ministeriale di riferimento è il
n. 274 del 7 luglio 1997 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.188 in data 13 agosto 1997.
In buona sostanza: le imprese di pulizia devono essere iscritte alla Camera di commercio. Se non
lo sono, l’esercizio dell’attività dev’essere considerato abusivo e di conseguenza l’imprenditore può
essere soggetto a sanzioni.
A dire il vero le sanzioni non sono comminate solo all’impresa ma anche al committente tant’è vero
che il quarto comma dell’art. 6 l. n. 82/94, recita: “A chiunque stipuli contratti per lo svolgimento di
attività di cui alla presente legge, o comunque si avvalga di tali attività a titolo oneroso, con imprese di
pulizia non iscritte o cancellate dal registro delle ditte o dall’albo provinciale delle imprese artigiane, o la
cui iscrizione sia stata sospesa, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire
un milione a lire due milioni. Qualora tali contratti siano stipulati da imprese o enti pubblici, ai medesimi
si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire dieci milioni a lire cinquanta
milioni”.
Prima di affidare un incarico, dunque, è doveroso controllare che sia tutto in regola.
In che modo?
È sufficiente farsi consegnare gli estremi dell’iscrizione alla Camera di commercio o, ancor più
prudentemente, una visura camerale che attesti l’attualità dell’iscrizione al momento dell’affidamento
dell’incarico.
Per un esempio di richiesta all’impresa di pulizie di informazioni sull’iscrizione alla C.C.I.A.A.
vedi infra Sezione Moduli
2.2 Pulizia fai da te, perché sconsigliarla?
In molti condomini si crede che per risparmiare qualche soldo si possa fare a meno dell’impresa di
pulizia delle scale sostituendola con il più classico dei modi di risparmio: il fai da te.
Attenzione, però, perché il rischio di dover fare marcia indietro è molto alto. Vediamo perché.
Innanzitutto l’assemblea non può imporre a tutti i condomini di pulire, a turno, gli spazi comuni.
E’ vero, non vi sono norme che vietino espressamente questa possibilità ma è la sfera di competenze
della riunione dei condomini a suggerircelo implicitamente. L’assise, infatti, può occuparsi di
disciplinare l’uso delle cose comuni ed in questo senso restringere le facoltà dell’uno o dell’altro ma
mai imporre comportamenti positivi diversi da quelli espressamente previsti (es. pagamento oneri
condominiali).
In secondo luogo quand’anche tutti i condomini si trovassero concordi nel provare l’autogestione,
è ricorrente, nella pratica, giungere a disservizi per mancanza di tempo da parte dei singoli per
l’effettuazione concreta delle pulizie. Senza contare le così dette ripicche del genere “se Tizio ha saltato
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il turno, lo salto anche io” oppure “Caio non ha pulito i box, perché dovrei farlo io?” ecc. Insomma
eliminare questo servizio può creare più grane che altro. Consigliamo agli amministratori e soprattutto
ai condomini di evitare di cadere nella tentazione del risparmio a tutti i costi. Un’analisi costi-benefici
superficiale (del genere di quella che abbiamo appena avanzato) dovrebbe essere sufficiente per
convincersi del contrario.
3. Chi sceglie il fornitore di energia elettrica o di gas?
Non sono rare le occasioni in cui società che forniscono energia elettrica e gas stipulano accordi di
semplice pubblicizzazione con associazioni di categoria. Fin qui, ci teniamo a evidenziarlo, nulla di
illecito.
L’illecito potrebbe esserci, però, nel momento in cui l’amministratore, di sua sponte, dovesse decidere
di cambiare fornitore di energia.
Vediamo perché.
Inutile esaminare l’ipotesi in cui è l’assemblea, a maggioranza, a deliberare il cambio di fornitore.
Ma v’è di più: l’assise ha altresì il potere di ratificare la scelta effettuata dall’amministratore
di condominio. In tal senso, quindi, al momento dell’approvazione del rendiconto è sempre bene
prendere visione delle fatture di spesa per l’energia elettrica (ma questo vale in generale per tutti i
fornitori) in modo tale che si possa verificare la corrispondenza tra il fornitore prescelto o comunque
esistente da sempre e quello che emette effettivamente le fatture di pagamento.
Se questa è la situazione nei casi di deliberazione/ratifica dell’assemblea, le cose cambiano se
l’amministratore agisce autonomamente.
Due i rapporti da prendere in considerazione:
a) il rapporto con l’amministratore;
b) il rapporto con il fornitore.
L’atto dell’amministratore e le conseguenze sul rapporto con il condominio
Il provvedimento dell’amministratore (leggasi cambio del fornitore) non può essere considerato
legittimo. Ciò perché, vale la pena rammentarlo, ai sensi dell’art. 1130, primo comma n. 2, c.c., il
mandatario della compagine deve “disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi
nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini”.
Tali poteri di disciplina riguardano la gestione dell’ordinario, insomma dell’esistente e salvo ipotesi
eccezionali (es. disdetta del contratto da parte dell’impresa di pulizie con la necessità di sostituirla fino a
nuova decisione assembleare) il cambio dei fornitori non rientra tra le attribuzioni dell’amministratore.
In poche parole, guardando alle utenze, il ruolo del mandatario si limita alla riscossione delle quote, al
pagamento delle bollette ed alla gestione ordinaria del rapporto non rientrando in questa definizione
la firma d’un nuovo contratto. La “riforma”, che pur ha innovato le attribuzioni dell’amministratore
non ha detto nulla sul punto, indi per cui non v’è motivo per pensare che la legge n. 220/2012
abbia innovato la materia. Sul punto è bene evidenziare un aspetto. Al momento dell’approvazione
del preventivo è bene legare il singolo costo al nome di un fornitore. Il perché è presto spiegato. Se
l’assemblea delibera che il costo per pulizie da mettere in preventivo è pari ad € 1.000,00 ma non dice
(perché ad esempio non vi sono state delle precedenti trattative) che debba essere l’impresa Alfa ad
eseguire quel lavoro, è evidente che l’amministratore, in ragione del costo preventivato si potrà ritenere
libero di scegliere l’impresa che ha un costo simile se non inferiore. Se ci si fida dell’amministratore
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bene, altrimenti…
Ad ogni buon conto, l’amministratore che decide di propria iniziativa e non vede ratificato il proprio
operato dall’assemblea, può essere soggetto, ad avviso di chi scrive, ad azione di revoca per gravi
irregolarità nella gestione.
Rapporto con il fornitore
E’ sempre possibile tornare al servizio di maggior tutela – purché si tratti di clienti domestici o di
piccola impresa – senza alcun costo. La disciplina del passaggio è regolata dalla delibera AEEG n.
144/07.
Qualora, invece, il passaggio fosse un venditore del mercato libero ad un altro nei 12 mesi da quando
e’ stato sottoscritto il precedente contratto, allora potrebbero essere addebitati dei costi che il venditore
paga al distributore locale nella misura di 27 euro fissi. A questo link una scheda di approfondimento
sul mercato dell’energia elettrica ed i diritti e doveri di utenti e gestori: ENERGIA ELETTRICA:
UNA GUIDA
4. I rapporti con l’ente erogatore del servizio idrico
Chi gestisce i rapporti con l’ente erogatore del servizio idrico? La risposta dipende dalla titolarità dei
contratti.
Se, come avviene nella grande maggioranza dei casi, il punto di consegna dell’acqua è rappresentato
dall’allaccio all’impianto condominiale, non vi sono dubbi sul fatto che parte del rapporto con l’ente
erogatore debba essere considerato il condominio.
Solitamente è l’originario unico proprietario (di solito il costruttore) a stipulare il contratto con
chi eroga il servizio. Ciò, però, potrebbe anche non essere avvenuto. Si pensi a quei casi d’imprese
costruttrici fallite prima della consegna. Gli acquirenti, in casi del genere, sono costretti, molto
spesso, a far tutto da sé; sarà compito dell’amministratore o comunque dei condomini rivolgersi alla
società gestrice del servizio idrico per la stipula del contratto. In questi casi – a differenza di quelli
esaminati nei paragrafi precedenti – posta la sostanziale situazione di monopolio di chi opera nelle
varie aree geografiche, l’amministratore (o comunque il condomino che si attiva per l’attivazione del
servizio) può agire senza una preventiva deliberazione assembleare. Più che di un potere, ad avviso
di chi scrive, si tratta di un vero e proprio obbligo. L’acqua è un bene fondamentale imprescindibile
per l’essere umano e comunque per l’utilizzo di unità immobiliari, a maggior ragione se destinate
ad uso abitativo. L’amministratore, come dice la legge (art. 1130 n. 3 c.c.), è tenuto a garantire la
normale erogazione dei servizi comuni. L’erogazione dell’acqua potabile dev’essere annoverata tra
questi. Per verificare le modalità di allaccio e gli obblighi riguardanti amministratori e condomini è
necessario fare riferimento ai regolamenti del servizio idrico integrato vigenti. Per quanto si tratti di
atti amministrativi emessi sulla scorta di atti legislativi nazionali e regionali, e quindi, sostanzialmente
uniformi, è bene verificarne il contenuto caso per caso. Qui di seguito portiamo, per esempio, il
contenuto del regolamento del servizio idrico integrato valevole per la città di Milano.
Al punto 2.2.3 si legge che
“[…]. Nel caso di edifici costituiti in condominio, la fornitura del servizio e la misura dell’acqua potabile
è effettuata, con un unico contatore, del quale, per ogni effetto di legge e di Regolamento, risponde
l’Amministratore, in nome e per conto dei singoli condomini. L’Amministratore è per altro tenuto a
dichiarare il numero di unità immobiliari servite. Pertanto, non saranno prese in considerazione misure
effettuate direttamente dagli utenti con contatori da essi installati a valle del punto di consegna.
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Nel caso di stabili per i quali non sia prescritta la costituzione dell’Amministrazione in condominio, e
sempre in presenza di unico punto di consegna, occorre che i proprietari stipulino un unico contratto che
deve essere sottoscritto da un solo condomino, munito di idonea delega, che ne risponde a termini di legge,
ovvero richiedano singoli e distinti allacciamenti e distinti contatori […]” .
Una sostanziale conferma di quanto s’è detto a livello generale.
4.1 Il contatore condominiale ed i così detti contatori di sottrazione
La legge (cfr. d.lgs. 152/2006) impone l’adozione di sistemi di misura personalizzati per la rilevazione
dei consumi idrici. In buona sostanza ogni unità immobiliare dev’essere dotata di un contatore in grado
di permettere l’esatta misurazione del consumo. In gergo questi contatori sono detti di sottrazione.
Se il consumo totale sul contatore condominiale è, ad esempio, 1000 metri cubi, i singoli contatori
devono consentire di ripartirlo in proporzione al consumo effettivo d’ognuno. L’operazione non è
così facile come possa credersi. Le letture dell’ente erogatore, spesso, non corrispondono con quelle
dei contatori di sottrazione. Non sempre c’è corrispondenza temporale tra le rilevazioni. In questi
casi molto è fatto dalla prassi vigente nel singolo condominio per la ripartizione tra i condomini di
eventuali differenze tra le rilevazioni. Ad ogni buon conto, come abbiamo avuto modo di osservare
nel paragrafo precedente, è il contatore condominiale quello che, per l’ente erogatore, fa fede ai fini
della fatturazione del servizio, ergo dei consumi da pagare. I contatori, così detti, di sottrazione hanno
rilevanza meramente interna.
Esiste un metodo per rendere i contatori individuali dei contatori ufficiali? In poche parole: è possibile,
come ad esempio per l’impianto di riscaldamento, rendere autonomi i singoli impianti a servizio delle
unità immobiliari? La risposta è positiva ma tale “emancipazione” non è automatica come possa
credersi.
Prendiamo spunto sempre dal regolamento del servizio idrico integrato in vigore nel Comune di
Milano. Al punto 2.2.3 è specificato che:
“Nel caso di nuove realizzazioni o ristrutturazioni, nelle quali gli impianti interni siano stati idoneamente
predisposti, potranno essere richiesti singoli contratti di fornitura e quindi installati singoli contatori a
servizio di ciascuna unità abitativa.
In tal caso, i contatori dovranno poter essere installati in batteria, immediatamente a valle dell’allacciamento
stradale, in apposito locale, nell’immediata prossimità dell’allacciamento, accessibile, di norma direttamente
dall’esterno, al personale del Servizio Idrico Integrato.
Solo eccezionalmente, verificata l’effettiva impossibilità di altre soluzioni, il gestore potrà autorizzare il
posizionamento all’interno della proprietà, il più possibile in prossimità del confine. In ogni caso, resta a
esclusivo carico dell’utente il ripristino dell’area di proprietà privata interessata dall’intervento del gestore,
analogamente a quanto specificato nel successivo articolo 2.3.1”.
Insomma è possibile rendersi autonomi, ma non sempre e comunque. Laddove fosse possibile
suggeriamo agli amministratori di caldeggiare questa soluzione. La ripartizione del costo dell’acqua,
infatti, tanto se effettuata in house, tanto se affidata ad un terzo (come pure accade in molte realtà)
porta molto spesso con sé incomprensioni e litigi.
Con che maggioranze deliberare la dismissione dell’impianto idrico condominiale? Evidentemente
si tratta di una divisione di una parte comune e quindi, se tecnicamente possibile, sarà necessario il
consenso di tutti i condomini (art. 1119 c.c.).
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5. L’amministratore e la manutenzione e la cura del giardino
Per la scelta della persona (o dell’impresa) cui affidare il servizio di manutenzione e cura del giardino
non corrono grosse differenze rispetto alla scelta dell’impresa di pulizie (supra Par. 2).
In buona sostanza sta all’amministratore scegliere il giardiniere se l’assemblea ha solamente indicato
il servizio ed il relativo costo, fermo restando il potere dell’assise di entrare nel merito della scelta,
sia preventivamente, ossia indicando fin da subito a chi rivolgersi, sia successivamente deliberando la
sostituzione dell’incaricato. In questi casi sarà necessario rispettare i termini di disdetta, se previsti.
A differenza dell’attività di pulizia scale, chi esercita quella di giardiniere non deve possedere
particolari requisiti, se non quello d’essere iscritto presso la Camera di Commercio.
I pagamenti effettuati dal condominio sono soggetti a ritenuta d’acconto.
Per un esempio di delibera di scelta dell’impresa di giardinaggio e di contratto per il relativo
servizio vedi infra Sezione Moduli
6. L’amministratore e la piscina condominiale
Parlando di piscina la prima cosa che vale la pena comprendere è se la stessa debba essere considerata
un bene in comunione o in condominio. Secondo la Cassazione
“affinché possa operare il c.d. diritto di condominio, è necessario che sussista una relazione di accessorietà
fra i beni, gli impianti o i servizi comuni e l’edificio in comunione, nonché un collegamento funzionale
fra i primi e le unità immobiliari di proprietà esclusiva. Pertanto, qualora, per le sue caratteristiche
strutturali, un bene serva al godimento di tutte le parti singole dell’edificio e sia ad esse funzionalmente
collegato, si presume indipendentemente dal fatto che la cosa sia, o possa essere, utilizzata da tutti i
condomini, o soltanto da alcuni di essi, e dalla entità del collegamento e della possibile utilizzazione
concreta - la contitolarità necessaria di tutti i condomini sul bene” (così, tra le tante, Cass. 21 dicembre
2007, n. 27145).
Mancando un legame di accessorietà (godimento funzionale a quello delle unità immobiliari) il bene
deve considerarsi in comunione tra i condomini, ma non in condominio. Le scale, si converrà, sono
diverse dalla piscina. Le prime servono per utilizzare le unità immobiliari; la piscina, al massimo, serve
a far rilassare e divertire i condomini. Sicuramente non la strumentalità di cui parla la Cassazione.
Naturalmente un regolamento contrattuale (o comunque gli atti d’acquisto) che sottoponga la piscina
al regime del condominio, come si suole dire, “taglierebbe la testa al toro”.
La legislazione in materia di piscine condominiali, o meglio di caratteristiche costruttive ed igienicosanitarie (ai fini della costruzione o dell’adeguamento normativo), è rimessa alle regioni per cui è
alle norme di ogni singola realtà regionale che bisogna guardare (cfr. Accordo tra il Ministro della
salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 16 gennaio 2003, CONFERENZA
STATO REGIONI SEDUTA DEL 16 gennaio 2003). Ciò che si può dire a livello generale è che
dalla piscina, quale bene in custodia dei condomini (in regime di comunione o di condominio è
indifferente), può discendere una responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c.
È utile la pena ricordare che
“la responsabilità per le cose in custodia ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. ha natura oggettiva e necessita, per
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la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento e tale da prescindere dall’accertamento
della pericolosità della cosa stessa e sussistere in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua
intrinseca natura, sia per l’insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito (per
tutte, v. Cass. 22 marzo 2011, n. 6550, Cass. 7 aprile 2010, n. 8229, Cass. 5 dicembre 2008, n. 28811)
ed alla sola condizione che il danneggiato adempia l’onere di provare il nesso causale tra queste ultime e il
danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione,
potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa (Cass., 6 sez., ord. 11 marzo 2011, n. 5910), salva comunque
la possibilità di valutare in concreto l’apporto (o il concorso) causale della condotta del danneggiato o di
terzi” (Cass. 30 agosto 2013, n. 20001).
Un esempio, come al solito, può essere d’aiuto per comprendere come agire.
Caso pratico
Tizio, amico di Caio che è proprietario di un’unità immobiliare nel condominio Alfa, camminando nei
pressi della piscina, per giocare prende la rincorsa e si tuffa non accorgendosi che non c’era acqua. Il salto
gli provoca diverse fratture. Tizio chiede i danni.
In caso del genere, salvo dimostrazione da parte del condominio della presenza di tutte le cautele utili
ad evitare il danno (es. cartelli ben visibili, delimitazioni, divieti d’accesso, ecc.) tali da far ricadere
la colpa dell’accaduto sul danneggiato stesso o, comunque, su un evento nemmeno minimamente
prevedile, la compagine andrà sicuramente incontro ad una condanna. L’amministratore, di par suo,
potrebbe essere chiamato in causa dai condomini per non aver predisposto tutto quanto necessario
a evitare il fatto. L’amministratore, infatti, quale legale rappresentante dei condomini, assume la
responsabilità e la custodia delle parti comuni (cfr. Cap. XI). Se il condominio si avvale di un bagnino,
esso deve avere i requisiti prescritti dalla legge, vale a dire il brevetto rilasciato dalla Società Nazionale
di Salvamento (www.salvamento.it).
Per ciò che concerne la deliberazione dei servizi di pulizia e assistenza all’uso della piscina e le relative
scelte, vale quanto detto con riferimento alle imprese di pulizia e giardinaggio (supra Parr. 2 e 5), fermi
restando gli specifici requisiti professionalizzanti per le pulizie e i bagnini. In particolare l’impresa
di pulizie della piscina, essendo qualificabile alla stregua di un’impresa di pulizie, deve possedere i
requisiti di cui alla legge n. 82/94.
7. L’amministratore ed il costruttore dell’edificio: rinvio
L’amministratore intrattiene rapporti anche con il costruttore dell’edificio.
Due le tipologie di rapporto ipotizzabili:
a) il costruttore-venditore resta condomino ed in tal caso esso dovrà essere trattato come qualunque
anche comproprietario (salvo particolari indicazioni contenute nei regolamenti, indicazioni che
potrebbero essere impugnate in giudizio dai condomini se vessatorie);
b) per questioni attinenti l’edificazione dello stabile.
Il costruttore, infatti, è responsabile verso il condominio ed i singoli condomini ai sensi dell’art. 1669
c.c. In buona sostanza responsabilità extracontrattuale per difformità, vizi e gravi difetti dell’opera.
Per un esame della fattispecie si rinvia a quanto già detto (cfr. supra Cap. IV). Per la responsabilità
biennale contrattuale, ex art. 1667 c.c., unici legittimati ad agire sono i condomini, perché sono essi,
e non l’amministratore, parti del contratto con il costruttore.
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8. La gestione del portico aperto ed i rapporti con l’amministrazione comunale
Tanti, tantissimi condominii sono dotati di portici utilizzabili anche per il pubblico transito. Si tratta
di situazioni in cui chiudere quella parte di edificio per consentire un utilizzazione esclusivamente
condominiale può portare all’opposizione del Comune per la presenza di una servitù di uso pubblico.
Questo genere di servitù può essere costituito in due modi:
a) per disposizione espressa al momento della costruzione dell’edificio;
b) per la così detta dicatio ad patriam, ossia per il comportamento del proprietario che ha messo i
portici (o una parte di proprietà esclusiva) a disposizione della collettività per lungo tempo.
Quanto alla prima ipotesi, la legge n. 1150/42 pone in capo ai comuni la facoltà di prevedere che i
portici (o le aree private più in generale) possano essere sottoposte a pubbliche servitù. Recita l’art. 7
della summenzionata legge:
“Il piano regolatore generale deve considerare la totalità del territorio comunale. Esso deve indicare
essenzialmente:
1) (…);
2) (…);
3) le aree destinate a formare spazi di uso pubblico o sottoposte a speciali servitù;
4) (…);
5) (…);
6) (…)”.
In questi contesto, il secondo comma dell’art. 40 della stessa legge recita:
“Non è dovuta indennità neppure per la servitù di pubblico passaggio che il Comune creda di imporre sulle
aree di portici delle nuove costruzioni e di quelle esistenti. Rimangono a carico del Comune la costruzione
e manutenzione del pavimento e la illuminazione dei portici soggetti alla predetta servitù“.
Quanto al punto b), la Cassazione, non solo una volta, ha affermato che la dicatio ad patriam
”quale modo di costituzione di una servitù di uso pubblico, consiste nel comportamento del proprietario
che, se pur non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, metta volontariamente,
con carattere di continuità e non di mera precarietà e tolleranza, un proprio bene a disposizione della
collettività, assoggettandolo al correlativo uso, che ne perfeziona l’esistenza, senza che occorra un congruo
periodo di tempo o un atto negoziale ovvero ablatorio, al fine di soddisfare un’esigenza comune ai membri
di tale collettività “uti cives” indipendentemente dai motivi per i quali detto comportamento venga tenuto,
dalla sua spontaneità o meno e dallo spirito che lo anima (v. Cass. n. 1072-88-S. U., n. 5262-93, n.
10574-94, n. 3117-95, n. 15111-200, n.875-2001, n. 6924-2001, n. 7481-2001)” (Cass. 12 agosto
2002 n. 12167).
La differenza sta tutta nel regime delle spese. Mentre per la servitù costituita per espressa previsione
del Comune, è su quest’ultimo che gravano determinate spese, nel caso di servitù costituita per dicatio
ad patriam, non vi sono disposizioni in merito e quindi gli oneri devono essere considerati a carico
del proprietario. Sui portici, quasi sicuramente ogni atto d’acquisto o comunque licenza di costruire
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o piano regolatore contiene delle disposizioni in merito all’esistenza di servitù di uso pubblico. Se
esistenti, l’amministratore può sollecitare gli interventi di cui al succitato art. 40.
Per un esempio di richiesta dell’amministratore al Comune degli interventi in relazione alle
servitù di uso pubblico vedi infra Sezione Moduli
9. L’amministratore e la pubblica amministrazione
Nell’ambito della gestione di un condominio non è raro che l’amministratore debba confrontarsi con
la pubblica amministrazione. La necessità di ottenere le autorizzazioni per l’esecuzione d’interventi
edilizi, le richieste d’intervento per il caso di violazioni dei regolamenti di polizia urbana ed in generale
ogni questione che riguarda le parti comuni e che rende necessario entrare in contatto con i pubblici
uffici. Tranne qualche rara eccezione (il riferimento è soprattutto ad alcuni gestori del servizio idrico)
non esistono canali dedicati a trattare questioni riguardanti il condominio. Insomma l’amministratore,
al pari di un qualunque altro utente, deve confrontarsi con l’amministrazione nei modi e tempi del
normale cittadino. In questo contesto suggeriamo di mantenersi sempre costantemente aggiornati
sulle iniziative che gli enti pubblici pongono in essere per migliorare il rapporto con l’utenza e cercare
di ridurre al minimo le sgradevoli e snervanti code d’attesa. In tal senso prendiamo come esempio
il sistema di fissazione di appuntamenti via internet dell’agenzia delle entrate (Prenotazione degli
appuntamenti tramite internet).
10. L’amministratore ed il fisco: rinvio
Per ciò che concerne le problematiche legate ai rapporti tra condominio e fisco e quindi anche con
l’amministratore, rinviamo al prosieguo per una trattazione dettagliata dell’argomento (infra Cap.
IX).
11. L’amministratore ed i condominii confinanti
Caso pratico
L’assemblea del condominio Alfa delibera opere di rifacimento della facciata e dei muri esterni dell’edificio.
Su uno dei lati vi è un palazzo Beta meno alto di qualche piano. Per rifare quella parte della facciata,
quindi, è necessario posizionare l’impalcatura sul lastrico solare di quell’edificio. L’amministratore del
condominio Alfa, quindi, deve prendere contatto con i proprietari o con il suo omologo del palazzo Beta
per concordare il da farsi.
Quella appena descritta rappresenta una di quelle classiche ipotesi di necessità di accedere al fondo
(il termine riguardo tanto quelli agrari quanto quelli urbani) del vicino per l’esecuzione di opere
manutentive.
La norma di riferimento è l’art. 843 c.c., rubricato Accesso al fondo, che recita:
“Il proprietario deve permettere l’accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la
necessita, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune.
Se l’accesso cagiona danno, è dovuta un’adeguata indennità.
Il proprietario deve parimenti permettere l’accesso a chi vuole riprendere la cosa sua che vi si trovi
accidentalmente o l’animale che vi si sia riparato sfuggendo alla custodia. Il proprietario può impedire
l’accesso consegnando la cosa o l’animale”.
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Si tratta di uno dei doveri gravanti sui proprietari: non impedire che i propri vicini possano eseguire
le opere di manutenzione della loro proprietà eventualmente anche attraverso l’accesso ai fondi altrui.
La norma detta un principio molto generico: guardare all’interpretazione fornita dalla giurisprudenza,
quindi, è più che utile. In una delle ultime sentenze rese in materia (si tratta di un pronunciamento
conforme ai precedenti), la Corte di Cassazione ha avuto modo di specificare che
“ai sensi dell’art. 843 cod. civ., il proprietario deve permettere l’acceso e il passaggio sul suo fondo, sempre
che ne venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare il muro o altra opera propria del vicino
o comune: se è vero che, ai fini della verifica delle condizioni di cui all’art. 843 cod. civ., la valutazione
comparativa dei contrapposti interessi delle parti deve essere compiuta con riferimento alla necessità non
della costruzione o manutenzione, ma dell’ingresso e del transito (Cass. 28234/2008), nondimeno il
giudice deve comunque verificare i presupposti che legittimano il proprietario ad accedere al fondo altrui.
Ed invero, colui contro il quale si chiede l’accesso può opporre a difesa del diritto di proprietà la mancanza
della legittimazione o delle condizioni dell’azione o ancora la illiceità dell’opera (Cass. n. 2249/1957, in
Giust. civ. 1957, 1^, 1499). “ (Cass. 5 aprile 2011 n. 7768).
Per capire se è richiedibile l’accesso al fondo del vicino, quindi, è necessario domandarsi: per
l’esecuzione delle opere è necessari dover entrare nella proprietà altrui oppure è possibile agire
altrimenti? Chiaramente l’alternativa non dev’essere particolarmente gravosa o pericolosa.
La norma in esame parla anche d’indennità: quando dev’essere corrisposta?
La questione non è affatto chiara. Sul punto, dicono i giudici di Cassazione, in una sentenza che ha
egregiamente fotografato la situazione,
“si rilevano due opposte correnti di pensiero, a cui fanno capo due differenti orientameli giurisprudenziali,
[…]: l’una ritiene che l’indennità debba essere liquidata solo in caso di danni, poiché l’accesso al fondo del
vicino, per la esecuzione di un’opera, permette implicitamente che l’accesso sia accompagnato dal deposito
di cose strumentali all’esecuzione dell’opera, con il conseguente obbligo del depositante di provvedere, a sua
cura e spese, al ripristino dello status quo ante, di tal che collega l’indennità all’ipotesi di danni ulteriori
oltre quelli connessi alla semplice occupazione del suolo; l’altra ritiene che l’obbligo imposto dall’art. 843
c.c., al proprietario di consentire al vicino l’accesso al suo fondo per la costruzione o riparazione di un’opera
e la corrispondente facoltà riconosciuta al vicino di accedere al fondo attiguo allo stesso fine, hanno natura
di limitazioni legali della proprietà e intende, invece, l’indennità come preventiva liquidazione del danno
che potrebbe derivare al proprietario del fondo dal passaggio e dal protrarsi dell’occupazione.
Orbene, atteso che la dottrina dominante considera l’obbligo del proprietario di consentire l’accesso o il
passaggio del vicino come espressione di un’obbligazione propter rem, appare più confacente alla lettera
della legge, considerare l’espressione “indennità” in riferimento ad un danno provocato da liquidarsi in via
equitativa, fermo restante l’obbligo del vicino di ripristinare lo stato dei luoghi ad opera finita” (così Cass.
27 gennaio 2009 n. 1908).
Naturalmente le parti, in materia d’indennità, possono regolarsi nel modo che ritengono più
opportuno. Alle volte i condominii che devono consentire l’accesso per l’esecuzione di opere su fondi
altrui preferiscono che al posto del denaro gli sia corrisposto un indennizzo in natura (es. esecuzione
di piccoli interventi manutentivi). Insomma le parti sono libere di accordarsi nel modo che ritengono
più opportuno.
Per un esempio di richiesta dell’amministratore al proprietario del fondo vicino per chiedere
l’accesso per l’esecuzione opere di manutenzione vedi infra Sezione Moduli
12. L’amministratore ed i creditori del condominio
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Se il condominio accumula debiti, potete starne certi, prima o poi i creditori “verranno a bussare
alla porta”. Constatazione fin troppo banale. Che cosa fare per agire nel modo migliore per tutelare
l’interesse del propri assistiti e, legge lo impone, mantenere, per quanto possibile, un comportamento
corretto con la controparte? Vale la pena tenere distinte due ipotesi:
a) il caso di possibilità di pagamento in poco tempo;
b) il caso di conclamata morosità difficilmente risolvibile in poco tempo.
Nella prima ipotesi il modo migliore per risolvere la situazione è parlare con il creditore. Molti
potrebbero dire: “Non disturbare il can che dorme”: Vero, ma un debitore, proprio perché in difetto,
non può e non deve nascondersi dietro un dito (leggasi dimenticanze altrui). Se esiste una fattura,
questa fattura è scaduta e bisogna pagarla, se si hanno buoni rapporti con il creditore o comunque se
si è ai primi approcci, perché dover dare l’impressione di essere dei mal pagatori? A fattura scaduta
deve corrispondere un pagamento. Se non è possibile farlo con i tempi consueti, non fate in modo
che il creditore debba intimarvi formalmente il pagamento. Se lo conoscete è sapete che è lui,
periodicamente a farsi vivo per il versamento degli importi, attendete che lo faccia e spiegategli con
chiarezza la situazione. Se, invece, non intercorre questa prassi, siate voi a contattarlo per spiegargli
la situazione. Difficilmente chi sa che deve pazientare qualche giorno, al massimo poche settimane,
intraprenderà un’azione legale per recuperare ciò che l’avere pazienza gli consegnerà senza alcuno
sforzo. Insomma se vi sono gli spiragli di una veloce soluzione della questione, concordare con
la controparte un piano di rientro è la cosa migliore.
Ci sono, poi, quei casi in cui l’amministratore sa che non potrà pagare nei termini concordarti ma che
non è nemmeno utile provare ad ottenere una dilazione. In casi del genere è necessario sapere che cosa
dicono le norme per sapere esattamente quale può essere la situazione da affrontare.
Ai sensi dell’art. 63, primo comma, disp. att. c.c. l’amministratore
[…] è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini
morosi.
Ciò perché, a stabilirlo è il secondo comma del medesimo articolo
I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione
degli altri condomini.
In breve: chi ha pagato, almeno in prima istanza, non rischia nulla. Chi è moroso deve sapere che
l’amministratore non è tenuto a mantenere il segreto su questo aspetto, anzi, se richiestogli deve
comunicare ai creditori i nomi dei morosi.
Resta fuori da questa disamina il caso dell’amministratore che ritiene di non dover pagare perché
il considera il creditore nel torto; in questi casi i rapporti vanno gestiti nell’ambito di un rapporto
pre-contenzioso. Insomma guardando alla vicenda preparandosi ad affrontare una causa, senza
dimenticare però, il vecchio adagio “meglio un triste accordo che una causa vinta”. In poche parole:
è sempre necessario fare una valutazione complessiva dei rischi cui si va incontro affrontando un
contenzioso per decidere il da farsi. L’assistenza di un legale può essere utile ma ancora più utile,
anzi necessario è affrontare la questione in assemblea (sul ruolo dell’amministratore in relazione al
contenzioso condominiale vedi infra Par. 19).
Per un esempio di richiesta del nome dei condomini morosi e loro comunicazione vedi infra
Sezione Moduli
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13. Il decreto ingiuntivo contro il condominio e il ruolo dell’amministratore
Che cosa deve fare l’amministratore quando gli viene recapitato un decreto ingiuntivo contro il
condominio?
Se si tratta di spese deliberate, insomma di costi consolidati e mai contestati, l’unica soluzione
è quella di convocare un’assemblea per la valutazione della situazione. A quel punto i condomini
potranno disinteressarsi della questione, visto che l’azione dovrà essere inizialmente diretta contro i
morosi, oppure decidere di saldare il debito (con la creazione di un fondo ad hoc) per poi risolvere la
situazione all’interno del condominio.
In ogni caso è sempre bene che l’amministratore faccia deliberare all’assemblea se opporsi o meno
al decreto ingiuntivo perché questa materia è tra quelle non chiaramente collocabili tra quelle in cui
l’amministratore può procedere d’ufficio o quelle in cui necessita della preventiva autorizzazione
assembleare (infra Par. 19).
Vale la pena ricordare che tutte le somme richieste con il decreto ingiuntivo (spese legali, registrazione
del decreto, ecc.) devono essere corrisposte dai morosi perché è a causa loro che il creditore ha dovuto
agire in giudizio.
14. La comunicazione del decreto ai morosi ed il caso di mancanza di contestazioni
da parte del condominio
Se l’assemblea decide di non fare opposizione e di non costituire fondi ad hoc, per ripianare la
situazione, la “patata bollente” viene scaricata sui morosi. Sono loro che, com’è normale che sia, in
prima istanza subiranno le conseguenze del loro stesso inadempimento (cfr. supra Par. 11).
L’amministratore, per far sì che gli stessi possano decidere che cosa fare in merito al pagamento, dovrà
comunicargli l’esito della decisione assembleare (naturalmente ciò non è necessario se i morosi erano
presenti in assemblea).
15. L’amministratore ed il fallimento di uno dei condomini
Nel momento in cui un condomino fallisce (solo gli imprenditori possono fallire, vedi R.d. n. 267/42,
così detta legge fallimentare), tutti i rapporti economici facenti capo su di esso entrano nell’ambito di
una più ampia disciplina collettiva volta alla soddisfazione dei creditori: il fallimento, per l’appunto.
In questo contesto il referente dei rapporti con il condominio non è più il proprietario dell’unità
immobiliare ma il curatore. E’ ad esso che bisogna fare riferimento per convocazioni assembleari,
comunicazioni, ecc. (cfr. art. 42 l. fall.). Chiaramente se l’unità immobiliare è destinata ad abitazione
del fallito, egli, che continuerà a poterla utilizzare (cfr. art. 47 l. fall.), dovrà rispettare il regolamento
come un qualunque condomino.
Che cosa accade con riferimento agli oneri condominiali? Al riguardo la legge n. 220/2012 (la riforma
del condominio) all’art. 30 specifica che:
“I contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché per le innovazioni sono
prededucibili ai sensi dell’articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni,
se divenute esigibili ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del codice
civile e disposizioni transitorie, come sostituito dall’articolo 18 della presente legge, durante le procedure
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concorsuali”.
Che cosa deve intendersi per spese prededucibili?
Ai sensi del secondo comma dell’art. 111 l. fall.:
“Sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli
sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge; tali crediti sono
soddisfatti con preferenza ai sensi del primo comma n. 1)”
Chiaramente per poter ottenere quando dovuto l’amministratore, come si dice in gergo, dovrà
insinuarsi nello stato passivo del fallimento. Si tratta, al pari di un’azione di recupero del credito, di
un’attività che dev’essere considerata ricompresa tra quelle esercitabili senza preventiva autorizzazione
assembleare (infra Par. 19).
Per un esempio di richiesta di ammissione allo stato passivo vedi infra Sezione Moduli
16. L’amministrazione, i reati contro le parti comuni ed i poteri di iniziativa
Che cosa può fare l’amministratore nel caso di reato contro le parti comuni? Il mandatario può
sporgere denuncia-querela?
Al riguardo, almeno stando a quanto detto dalla Cassazione,
“laddove vittima del reato sia un soggetto collettivo quale è il condominio è necessaria la querela della
totalità dei componenti nella sua espressione istituzionale. Inoltre è da escludere che il singolo condomino
possa esercitare una facolta’ di questo genere con riferimento alla propria quota millesimale delle parti
comuni dell’edificio” (Cass. pen. 18 febbraio 2011 n. 6197).
Si tratta di una pronuncia che non passa esente da critiche. Il condominio è noto, non è una persona
giuridica, ciò vuol dire che non si possono distinguere una posizione giuridica del condominio ed una
dei condomini Spogliare i condomini del diritto di agire, anche per via penale, per un danno subito
ad una cosa di loro proprietà, quindi, significa negargli la possibilità di tutelare i propri diritti. Per i
reati perseguirli d’ufficio il problema, dal punto di vista pratico, non si pone poiché l’accertamento
della rilevanza penale del fatto potrà andare avanti al di là della presentazione della querela.
E per quelli perseguibili a querela? Si pensi ad un danneggiamento consistente nell’imbrattamento
di un muro (art. 635 c.p.) di un edificio senza alcuna rilevanza storico artistica. In questo caso,
stando a quanto detto dalla Cassazione, la querela dovrebbe essere presentata dall’amministratore. se
la presentasse un condomino ed i danneggiatori fossero identificati, il processo non potrebbe andare
avanti per mancanza della così detta condizione di procedibilità (mancanza della querela da parte
dell’amministratore, art. 129 c.p.p.). Ad avviso di chi scrive ci sono argomenti sufficienti per ritenere
legittimati anche i condomini, al di là di quanto affermato dalla Corte di Cassazione. Prudenza
impone, tuttavia, di non poter trascurare quanto detto dagli ermellini.
Per un esempio di querela per reati contro le parti comuni vedi infra Sezione Moduli
17. L’amministratore e la vendita delle parti comuni
La decisione di cedere una parte comune dell’edificio (se ciò è tecnicamente possibile) spetta ai
condomini, i quali la possono assumere solamente se sono tutti d’accordo. Si pensi alla cessione
dell’alloggio del portiere, alla vendita del diritto di superficie del lastrico solare ed in genere alla
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costituzione di diritti reali di godimento (es. uso, usufrutto).
In questi casi il ruolo dell’amministratore è quello di mero agevolatore: egli potrà convocare assemblee,
suggerire soluzioni, eventualmente farsi delegare a dare mandato ad un’agenzia immobiliare, ma
solamente se, si ribadisce, v’è il consenso di tutti i condomini.
L’amministratore può, inoltre, munito di procura speciale, rappresentare i condomini in tutti gli atti
dispositivi dei diritti sulle parti comuni.
Questi compiti rappresentano un’extra rispetto alla sua attività istituzionale ed il relativo
compenso, quindi, deve essere oggetto di pattuizione tra le parti. L’assemblea, stante la natura
personale di queste vicende, non ha alcun potere in merito a meno che il verbale sia sottoscritto da
tutti i condomini e dall’amministratore; in tal caso esso deve essere considerato alla stregua di un
accordo collettivo, ossia di un contratto.
18. I rumori da edifici limitrofi ed i poteri dell’amministratore
L’amministratore, lo s’è detto, è il mandatario dei condomini con compito di gestione e conservazione
delle parti comuni. Egli deve porre in essere tutte quelle azioni utili finalizzate a ciò; lo può fare di
propria iniziativa e/o su impulso dell’assemblea.
Che cosa può fare l’amministratore se dagli edifici limitrofi provengono rumori fastidiosi se non
addirittura intollerabili? Si pensi al condominio che ha al fianco una scuola di danza, una sala da
ballo, una discoteca, ecc. Che cosa può fare il mandatario per migliorare la situazione?
Partiamo dal dato certo: difficilmente l’amministratore potrà agire per far cessare le immissioni
intollerabili con un’azione inibitoria ex art. 844 c.c. Motivo: non sono le parti comuni ad essere
danneggiate in tal senso ma i condomini. L’azione per tutelare il diritto al riposo o comunque il
diritto ad una vita più tranquilla sono prerogative dei singoli che non riguardano le parti comuni.
Ciò non toglie che l’amministratore possa farsi carico di una sorta di onere di segnalazione dei fatti
alle competenti autorità. Va ricordato, infatti, che l’art. 674 del codice penale, che riguarda il disturbo
delle riposo e delle occupazioni delle persone, è reato per il quale si procede d’ufficio e rispetto al
quale chiunque può procedere con una segnalazione alla forza pubblica. Insomma almeno in questo
senso l’amministratore può essere d’aiuto ai condomini.
Per un esempio di segnalazione alla pubblica autorità di rumori intollerabili dagli edifici
limitrofi vedi infra Sezione Moduli
19. L’amministratore ed i rapporti con il portiere
Più che un terzo, il portiere è un dipendente del condominio ma comunque, a meno che non sia
condomino, egli non può essere considerato come un partecipante alla compagine. Da qui la decisione
di trattare questo argomento in questo capitolo.
Sull’assunzione rinviamo al capitolo X, in quanto, salvo particolari disposizione del regolamento, è
compito dell’assemblea decidere sulla istituzione del servizio di portierato.
Ciò detto, non sorgono dubbi sul fatto che l’amministratore, ai fini dell’individuazione della
controparte “fisica” del portiere, debba essere considerato il datore di lavoro. Sicuramente dev’essere
considerato tale ai fini del rispetto delle norme previdenziali:
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“l’amministratore di condominio, per la sua stessa qualità, assume al lavoro personale dipendente nell’interesse
del condominio, che per delega amministra, ed in propria persona, egli, che contrae verso il personale le
obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro e, di conseguenza, risponde penalmente dell’inadempimento
degli oneri contributivi e previdenziali al cui adempimento è tenuto” (Cass. 29 dicembre 1973 n. 9814
in Codici dell’edilizia, locazioni condominio, 437).
Di ciò v’è conferma anche in una circolare ministeriale di qualche anno dopo, nella quale, in materia
di sicurezza sul lavoro, s’è specificato che
“ai fini dell’assolvimento degli obblighi di informazione e formazione nei confronti dei lavoratori con
rapporto contrattuale privato di portierato, derivanti dall’articolo 1, comma 3, (d.lgs. n. 626/94 n.d.a.)
il datore di lavoro nei condomini va individuato nella persona dell’Amministratore condominiale protempore” (Min. Lav. Circ. 5 marzo 1997, n. 28).
A seguito dell’approvazione del d.lgs n. 81/08 (Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro), il
Ministero del Lavoro ha emesso una nota di chiarimento dell’ambito applicativo del succitato decreto
rispetto al condominio (Nota Ministero del Lavoro). Si scopre così, ad esempio, che nel caso di
presenza di portiere non è necessario redigere il documento di valutazione dei rischi, in quanto
“con riferimento ai lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari
dei fabbricati, invece, l’articolo 3, comma 9, del D.Lgs. n. 81/2008 prevede che a tali lavoratori trovino
applicazione le disposizioni di cui agli articoli 36 e 37 (rispettivamente, informazione e formazione dei
lavoratori) e, eventualmente, ove il datore di lavoro fornisca Dispositivi di Protezione Individuali (DPI)
e/o attrezzature di lavoro, le rispettive previsioni di Titolo III”.
Ad ogni buon conto, al di là delle nozioni base che ogni amministratore deve possedere in relazione
alla sicurezza sul lavoro in ambito condominiale, vista la complessità della materia è bene farsi
affiancare da un consulente del lavoro per evitare d’incorrere in inadempienze ed errori delle quali il
mandatario, come s’è detto, è ritenuto responsabile.
Quale datore di lavoro l’amministratore, se ne ricorrono le condizioni (es. gravi inadempienze,
quali assenze ripetute ed ingiustificate, comportamenti penalmente rilevanti, ecc.), può licenziare il
portiere. Al riguardo, secondo la Cassazione,
“il licenziamento del portiere di un edificio condominiale disposto dall’amministratore, ai sensi dell’art.
1130 n. 2 c.c., non esclude il potere dell’assemblea dei condomini - la quale sia intervenuta sul medesimo
oggetto su richiesta dell’amministratore per ratificarne l’operato - di revocare il licenziamento stesso” (così
Cass. 13 agosto 1985 n. 4437 in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 8-9).
Come dire: l’ultima parola spetta sempre all’assemblea (infra Cap. X)
20. L’amministratore ed il contenzioso “endo-condominiale” ed “esocondominiale”
In molti libri sul condominio si usa dedicare un capitolo intero al contenzioso condominiale. In questa
guida pratica non ne abbiamo intravisto la necessità. Abbiamo parlato e parleremo di contenzioso
assieme alle altre materie cui è strettamente legato. L’amministratore deve riscuotere i crediti dei
condomini e può farlo anche tramite un’azione giudiziaria: ne abbiamo parlato nel capitolo IV
specificamente dedicato al tema. Lo stesso faremo per le azioni di revoca dell’amministratore e via
discorrendo.
In questo paragrafo, inserito nel capitolo dei rapporti con i terzi, quindi, ci occuperemo di comprendere
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a livello generale, i poteri dell’amministratore nel contenzioso contro uno dei condomini o contro un
terzo. In fondo quando la compagine agisce contro un condomino, anche se si tratta di un contenzioso
interno, il comproprietario è la controparte come lo è un terzo. I termini endo-procedimentale, ed
eso-procedimentale – mutuati dalla dottrina amministrativistica – sottolineano il carattere interno
(endo, contro i condomini) ed esterno (eso, contro terzi) del contenzioso.
Entro che limiti l’amministratore può agire contro un condomino o contro un terzo di propria
iniziativa e quando, invece, deve avere la preventiva autorizzazione assembleare?
Entro che termini l’amministratore può resistere in giudizio ad una domanda di un condomino o di
un terzo e quando, invece, deve avere la preventiva autorizzazione assembleare?
La norma di riferimento è l’ art. 1131 c.c., rubricato Rappresentanza, che recita:
Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento
di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in
giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.
Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio; a lui sono
notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.
Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni
dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini.
L’amministratore deve fare rispettare il regolamento di condominio? Egli potrà agire in giudizio
contro il condomino inadempiente (sul punto tuttavia, vedi infra Cap. X).
L’amministratore deve ottenere il rispetto della servitù di passaggio a favore del condominio sul
fondo servente? Idem, in quanto si tratta di atto conservativo. La controparte del condominio, prima
ancora di iniziare una lite propone una transazione? L’amministratore potrà accettarla o respingerla
solamente a seguito di apposita delibera assembleare di decisione in merito perché non rientra tra i
suoi poteri ex art. 1130 c.c. quelli di transigere sulle liti (per i quorum cfr. art. 1136, quarto comma,
c.c.). Si vuole ottenere lo spostamento della servitù da un luogo all’altro? L’amministratore non ha
potere di agire in quanto la controversia investe direttamente l’esistenza del diritto.
Insomma le azioni attive e passive che si fondano sull’art. 1130 c.c. possono essere iniziate e
contrastate dall’amministratore senza consenso dell’assemblea. A dire il vero sulle azioni passive
la querelle è stata lunghissima e non ha ancora una soluzione definitiva. In breve: per molti anni s’è
detto che la legittimazione passiva dell’amministratore di condominio non incontra limiti e che i
rapporti con il condominio non inficiano la sua capacità di stare in giudizio, ma al massimo possono
comportare l’azione di revoca e responsabilità ex art. 1129 c.c. (cfr. ex multis Cass. 9 dicembre 2009
n. 25766). Quest’orientamento, sebbene maggioritario, non era unanime s’è vero, com’è vero, che
leggendo le pronunce di Cassazione sull’argomento, si trovano anche prese di posizione critiche
rispetto all’orientamento dominante:
“in quanto basato su una interpretazione dell’art. 1131, secondo comma, cod. civ. che non tiene conto
della ratio ispiratrice di tale norma, la quale è diretta a favorire il terzo il quale voglia iniziare un
giudizio nei confronti del condominio, consentendogli, invece di citare tutti i condomini, di notificare la
citazione all’amministratore. Nulla, invece, nella norma in questione giustifica la conclusione secondo la
quale l’amministratore sarebbe anche autorizzato a resistere in giudizio senza essere a tanto autorizzato
dall’assemblea” (così Cass. 24 novembre 2004 n. 22294).
In questo contesto, nell’agosto 2010, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno
scelto una soluzione in grado di scontentare tutti. In sostanza per gli ermellini, nelle materie esulanti
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da quelle indicate nell’art. 1130 c.c.,
“l’amministratore di condominio , in base al disposto dell’art. 1131 c.c., comma 2 e 3, può anche costituirsi
in giudizio e impugnare al sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione a tanto dall’assemblea, ma
dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea per evitare pronuncia
di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione” (Cass. SS.UU. 6 agosto 2010 n.
18331).
Il problema principale, hanno detto i primi commentatori della sentenza, è rappresentato dal
fatto che le Sezioni Unite hanno creato diritto e non si sono limitate ad interpretarlo. Dove sta
scritto che l’amministratore possa agire salvo ratifica? Da nessuna parte. Il problema non è solamente
questo, aggiungiamo noi. La sentenza nel delineare l’ambito applicativo dei principi espressi è stata
chiarissima: essa non riguarda quelle controversie
“per le quali l’amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1131 c.c., comma 1. Tale norma,
infatti, conferisce una rappresentanza di diritto all’amministratore, il quale è legittimato ad agire (e a
resistere) in giudizio (nonchè a proporre impugnazione) senza alcuna autorizzazione, nei limiti delle
attribuzioni stabilite dall’art. 1130 c.c. […]”(Cass. SS.UU. 6 agosto 2010 n. 18331).
Il problema è che ci sono sentenze, anche di Cassazione, successive a questa delle Sezioni Unite,
secondo le quali anche per l’appello o il ricorso per Cassazione in giudizi riguardanti, ad esempio atti
conservativi, (materia pacificamente inserita tra quelle con autonoma rappresentanza ex art. 1130 c.c.,
cfr. su tutte Cass.9 dicembre 2009 n. 25766) si richiede la successiva autorizzazione assembleare ad
impugnare. Lo stesso è stato detto in relazione alle cause riguardanti impugnazione delle delibere
assembleari.
Insomma, la situazione è tutt’altro che certa e l’amministratore di condominio, salvo praticamente
il caso del decreto ingiuntivo e delle azioni attive di cui all’art. 1130 c.c., rischia sempre di vedersi
contestata la carenza di legittimazione passiva.
Chiaramente non si devono assecondare gli errori interpretativi: agire secondo legge non vuol dire
agire secondo quello che dicono le sentenze. Certo è che quanto meno per comune senso di prudenza
non le si possono ignorare. Valutare la situazione concreta, magari con l’ausilio del legale di fiducia
del condominio, è condizione imprescindibile per un corretto modo d’agire. Tuttavia, anche per
trasparenza nei confronti della compagine (es. per la scelta del legale, per valutare le opportunità di
transazione, ecc.) oltre che per una forma di maggior tutela della propria posizione, è sempre bene
far deliberare dall’assemblea sul da farsi e quindi farsi autorizzare a resistere in giudizio o ad appellare
una sentenza, prima di farlo.
21. L’amministratore ed il procedimento di mediazione
Prima d’ogni cosa è necessaria una breve premessa. Mentre si approvava la riforma del condominio, la
Corte Costituzionale (sent. n. 272/2012) dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’obbligatorietà della
mediazione. Dopo qualche settimana dall’entrata in vigore della riforma, il così detto decreto del fare (d.l.
n. 69/2013 convertito in legge 9 agosto 2013, n. 98), sia pur in via sperimentale per quattro anni, ha
reintrodotto l’obbligatorietà del procedimento quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Insomma qui di seguito ci approcceremo ad una norma nata inutile ma tornata di grande attualità sia pur
con delle piccole imprecisioni che avremo cura di evidenziare e correggere. Premessa terminata.
Se la situazione per le cause condominiali è incerta, quella delineata dal legislatore della riforma in
relazione ai procedimenti di mediazione e fin troppo ingessata. Vediamo perché.
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La legge n. 220/2012 ha inserito nelle disposizioni di attuazione del codice civile l’art. 71-quater
specificamente destinato a disciplinare il procedimento di mediazione in materia condominiale.
Una norma senza dubbio utile se si considera che in sede di prima interpretazione del d.lgs. n.
28/2010 (quello che disciplina la mediazione obbligatoria) non era chiaro che cosa dovesse intendersi
per mediazione in materia condominiale e quali fossero i poteri di amministratore, assemblea, ecc.
Nozione di controversia in materia di condominio ai fini del procedimento di mediazione
Ai sensi dell’art. 71­-quater, primo comma, c.c.
Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4
marzo 2010, n. 28, (oggi comma 1-bis, vista la dichiarazione d’incostituzionalità del primo comma
n.d.A.) si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro
III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del
codice.
Il condomino vuole impugnare la delibera? E’ necessario esperire il tentativo di mediazione.
Il condomino vuole richiedere il rimborso di spese di gestione urgenti ex art. 1134 c.c.? Idem.
L’amministratore deve agire in giudizio per far rispettare il regolamento di condominio? Come sopra.
Il condominio vuol fare causa all’impresa esecutrice d’interventi manutentivi? Trattandosi di contratto
d’appalto la materia è sottratta all’obbligatorietà del tentativo; tuttavia se si tratta di azione ex art. 1669
c.c. (ossia di azione extracontrattuale per gravi difetti dell’immobile), trattandosi di atto conservativo
il tentativo dovrebbe essere considerato obbligatorio. Usiamo il condizionale perché si tratta di una
nostra interpretazione della norma. Per espressa disposizione di legge (cfr. art. 5 d.lgs. n. 28/2010)
sono sottratti all’obbligatorietà i ricorsi per decreto ingiuntivo e quelli d’urgenza, cautelari e camerali
(leggasi richiesta sospensione delibera e procedimenti di nomina e revoca dell’amministratore).
Organismo di mediazione cui rivolgersi
Viene introdotta una sorta di competenza territoriale:
La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di
mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato (art. 71-quater,
secondo comma, disp. att. c.c.).
La circoscrizione territoriale coincide con l’intero territorio per il quale è competente un determinato
Tribunale. Per Rho, ad esempio, il Tribunale competente è Milano ma se l’organismo ha sede in quel
paese, la domanda può essere presentata anche lì. Non a Pavia, però, dove esiste un altro Tribunale.
Ruolo dell’amministratore nel procedimento di mediazione
Ai sensi dell’art. 71-quater, terzo comma, disp. att. c.c.
Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con
la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice.
Qui iniziano le contraddizioni. Vediamo perché. Si supponga che l’amministratore deve far rispettare
il regolamento di condominio. Per farlo potrebbe agire in giudizio senza autorizzazione assembleare.
Tuttavia, siccome l’azione giudiziale è subordinata al tentativo di mediazione, l’amministratore deve
farsi autorizzare dall’assemblea a promuoverlo. Insomma per chiedere una condanna l’amministratore
può fare da se, per chiedere stragiudizialmente di rispettare il regolamento, no. E se l’assemblea
non raggiungesse il quorum deliberativo necessario? Davvero potrebbe considerarsi stoppata l’azione
giudiziale e quindi l’adempimento di un obbligo imposto dalla legge (l’osservanza del regolamento)?
Lo stesso dicasi, nel caso contrario e con i dovuti aggiustamenti, per l’impugnazione della delibera da
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parte di un condomino. Ad avviso di chi scrive la norma dev’essere interpretata tenendo conto
della rappresentanza legale di cui all’art. 1131 c.c. (supra Par. 20): in poche parole l’amministratore
può attivare il procedimento di mediazione e vi può partecipare come parte invitata, senza preventiva
autorizzazione assembleare in tutti quei casi in cui può agire e resistere in giudizio nello stesso modo.
La decisione sulla mediazione
Una cosa è partecipare alla mediazione, altra dover decidere sull’eventuale accordo. In tal caso, poiché
il mediatore non è un giudice e l’accordo non è una sentenza, ma per l’appunto un’intesa tra i
soggetti intervenuti nel procedimento, è bene che l’amministratore veda ridotto il proprio ruolo a
mero portavoce della volontà assembleare. Così, ai sensi del quinto comma dell’art. 71-quater disp.
att. c.c., è previsto che:
“La proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo
1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere
non accettata”.
Gli altri commi si occupano di disciplinare gli aspetti pratici in relazione alla durata delle mediazione
ed alle tempistiche di convocazione dell’assemblea condominiale. Il procedimento non può durare
più di tre mesi (art. 4 d.lgs n. 28/0). Il decreto del fare, intervenendo sul d.lgs n. 28, ha previsto la
necessità di farsi assistere ad un legale. Non è chiara la sanzione nel caso di mancanza del legale ma è
chiaro che se tutte la parti sono assistite da un avvocato e se tutti legali firmano quell’accordo, allora il
verbale diviene automaticamente titolo esecutivo (al pari di una sentenza o di un decreto ingiuntivo
definito o provvisoriamente esecutivo).
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Capitolo 9. L’amministratore ed il fisco.
Premessa
Un’annotazione di carattere generale che si susseguirà nei prossimi paragrafi. Le guide dell’agenzia delle
entrate sui vari argomenti in esame, e comunque le pagine web informative di quell’ente rivestono
carattere di grande utilità, per la capacità di sintesi e completezza d’informazione. Spiegando gli
adempimenti fiscali, quindi, s’è deciso d’inserire il link di riferimento in modo tale da poter avere un
riscontro immediato anche in relazione a variazioni tecniche e normative che possono avvenire nel
corso del tempo e che in materia fiscale sono all’ordine del giorno.
1. Il pagamento delle ritenute d’acconto
Il testo normativo di riferimento quando si parla di ritenuta d’acconto è il d.p.r. n. 600/73.
In particolare all’art. 23 è affermato che
Gli enti e le società indicati nell’art. 87, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le società e associazioni indicate
nell’art. 5 del predetto testo unico e le persone fisiche che esercitano imprese commerciali, ai sensi dell’art.
51 del citato testo unico, o imprese agricole, le persone fisiche che esercitano arti e professioni il curatore
fallimentare, il commissario liquidatore nonchè il condominio quale sostituto d’imposta, i quali
corrispondono somme e valori di cui all’art. 48 dello stesso testo unico, devono operare all’atto del
pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta
dai percipienti, con obbligo di rivalsa. Nel caso in cui la ritenuta da operare sui predetti valori non
trovi capienza, in tutto o in parte, sui contestuali pagamenti in denaro, il sostituito è tenuto a versare al
sostituto l’importo corrispondente all’ammontare della ritenuta (art. 23, primo comma, d.p.r. n. 600/73).
Il sostituto d’imposta, in sostanza, è il soggetto cui la legge demanda il compito di effettuare una
trattenuta sui compensi (la così detta ritenuta d’acconto) che avrà poi l’obbligo di versare nelle
casse dello Stato. Nulla di più di una misura sicuramente gravosa per il cittadino onerato da tale
incombenza, tuttavia ritenuta necessaria per frenare l’evasione fiscale. La definizione legislativa è
contenuta nel d.p.r. n. 600/73, e nello specifico nell’art. 64, che recita:
“chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o
situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto” (art. 64, primo comma, d.p.r. n. 600/73).
Quali sono i redditi soggetti a ritenuta?
Per il condominio oltre a quelli sul portiere quale lavoratore dipendente vi sono tutti i redditi da
lavoro autonomo.
In particolare ai sensi dell’art. 25 d.p.r. n. 600/73
I soggetti indicati nel primo comma dell’art. 23, che corrispondono a soggetti residenti nel territorio dello
Stato compensi comunque denominati, anche sotto forma di partecipazione agli utili, per prestazioni di
lavoro autonomo, ancorchè non esercitate abitualmente ovvero siano rese a terzi o nell’interesse di terzi,
devono operare all’atto del pagamento una ritenuta del 20 per cento a titolo di acconto dell’imposta sul
reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con l’obbligo di rivalsa. La predetta ritenuta deve essere
operata dal condominio quale sostituto d’imposta anche sui compensi percepiti dall’amministratore di
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condominio. La stessa ritenuta deve essere operata sulla parte imponibile delle somme di cui alla lettera b )
e sull’intero ammontare delle somme di cui alle lettere a ) e c ) del terzo comma dell’art. 49 del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597. La ritenuta è elevata al 20% per le indennità di
cui alle lettere f ) e g ) dell’art. 12 del decreto stesso. La ritenuta non deve essere operata per le prestazioni
effettuate nell’esercizio di imprese.
Salvo quanto disposto nell’ultimo comma del presente articolo, se i compensi e le altre somme di cui
al comma precedente sono corrisposti a soggetti non residenti, deve essere operata una ritenuta a titolo
d’imposta nella misura del 30 per cento, anche per le prestazioni effettuate nell’esercizio di imprese. Ne
sono esclusi i compensi per prestazioni di lavoro autonomo effettuate all’estero e quelli corrisposti a stabili
organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.
Le disposizioni dei precedenti commi non si applicano ai compensi di importo inferiore a lire 50.000
corrisposti dai soggetti indicati nella lettera c ) dell’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 598, per prestazioni di lavoro autonomo non esercitato abitualmente e semprechè non
costituiscano acconto di maggiori compensi.
I compensi di cui all’articolo 23, comma 2, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 , corrisposti a non residenti sono soggetti
ad una ritenuta del trenta per cento a titolo di imposta sulla parte imponibile del loro ammontare. È
operata, altresì, una ritenuta del trenta per cento a titolo di imposta sull’ammontare dei compensi corrisposti
a non residenti per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche che
si trovano nel territorio dello Stato. Ne sono esclusi i compensi corrisposti a stabili organizzazioni nel
territorio dello Stato di soggetti non residenti.
Il caso classico è quello del compenso dell’amministratore, specificamente normato dal primo comma
dell’art. 25 appena citato.
Caso pratico
Tizio, amministratore del condominio Alfa, percepisce da questa compagine la somma di € 1.000 (oltre
I.V.A. e rivalsa previdenziale). Al momento della presentazione della fattura (o delle varie fatture se
il pagamento del compenso è scaglionato nel corso dell’anno), lo stesso Tizio dovrà versare a se stesso €
1.000,00 (oltre I.V.A. e rivalsa previdenziale), meno il 20% da calcolarsi sull’imponibile e che, nella
qualità di amministratore della compagine, dovrà versare al fisco.
Qui di seguito un esempio di calcolo espresso:
Lo stesso vale per gli avvocati, gli architetti, gli ingegneri ed in generale per i professionisti che
prestano la propria opera intellettuale in favore del condominio. Non ci si lasci spaventare dai
numeri: l’iniziale comprensibile difficoltà che può esserci nel comprendere il meccanismo di calcolo
è facilmente superabile ed in ogni caso tantissime applicazioni online e funzioni di programmi per
amministratore di condominio consentono il calcolo automatico della ritenuta.
Il successivo art. 25-ter del d.p.r. n. 600/73 specifica che:
Il condominio quale sostituto di imposta opera all’atto del pagamento una ritenuta del 4 per cento a titolo
di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dal percipiente, con obbligo di rivalsa, sui corrispettivi dovuti
per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi, anche se rese a terzi o nell’interesse di terzi,
effettuate nell’esercizio di impresa.
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La ritenuta di cui al comma 1 è operata anche se i corrispettivi sono qualificabili come redditi diversi ai
sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera i), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
L’agenzia delle entrate, con la circolare n. 7/E del febbraio 2007, è intervenuta a chiarire la portata
applicativa della norme specificando quanto segue:
“deve ritenersi che la norma trova applicazione per le prestazioni convenute nei contratti d’opera in generale e,
in particolare, nei contratti che comportano l’assunzione, nei confronti del committente, di un’obbligazione
avente ad oggetto la realizzazione, dietro corrispettivo, di un’opera o servizio, nonché l’assunzione diretta,
da parte del prestatore d’opera, del rischio connesso con l’attività, svolta senza vincolo di subordinazione nei
confronti del committente […]” In questo contesto, prosegue la circolare, “devono ritenersi assoggettate a
ritenuta, a titolo esemplificativo, le prestazioni eseguite per interventi di manutenzione o ristrutturazione
dell’edificio condominiale e degli impianti elettrici o idraulici, ovvero per l’esecuzione di attività di pulizia,
manutenzione di caldaie, ascensori, giardini, piscine e altre parti comuni dell’edificio.” (Circ. n. 7/E del
2 febbraio 2007).
Autorevole dottrina ha criticato l’interpretazione normativa eccessivamente estensiva (cfr. Villani, in
“Problematiche fiscali per gli amministratori di condominio”).
L’amministratore deve effettuare il versamento, così come imposto dalla legge, entro il giorno 16 del
mese successivo a quello nel quale è avvenuto il pagamento. Il pagamento dev’essere effettuato con il
così detto modello F-24. L’amministrazione finanziaria, sul proprio sito istituzionale, fornisce tutte le
informazioni necessarie per la compilazione.
Entro il 7 marzo di ogni anno, gli amministratori condominiali sono tenuti ad inviare all’agenzia
delle entrate ed consegnare ai fornitori, la così detta certificazione unica, ossia quell’attestazione
contenente una serie di dati fiscali e previdenziali concernenti l’anno d’imposta precedente. La
trasmissione dev’essere eseguita con modalità telematiche, personalmente, o per il tramite di un
intermediario (cfr. dal sito dell’Agenzia delle entrate le pagine dedicate alla certificazione unica,
http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Home/CosaDeviFare/Dichiarare/
DichiarazioniSostitutiImposta/Certificazione+Unica+2015/Informazioni+generali+CU+2015/,
ed in dottrina D’Auria, Dolce, Guida alla compilazione della certificazione unica, adempimenti
dell’amministratore, Condominioweb, E-book, 2015.
2. La presentazione del modello 770
Ai sensi dell’art. art. 4 d.p.r. n. 435 del 2001, i sostituiti d’imposta devono effettuare una comunicazione
all’agenzia delle entrare nella quale sono indicati una serie di dati riguardanti le operazioni
soggette a ritenuta effettuate nell’anno precedente. Questa comunicazione, strettamente connessa
agli adempimenti tipici del sostituto, serve a dare una visione d’insieme delle attività fiscalmente
rilevanti del condominio. Lo scopo, chiaramente, è quello del contrasto all’evasione. Il modello 770
dev’essere presentato nei termini indicati da ministero. L’invio avviene in modalità telematica; molti
amministratori che non sono pratici della materia preferiscono affidarsi ad un commercialista per
l’effettuazione di tale incombenza.
Ad ogni modo, l’agenzia delle entrate, sul proprio sito istituzionale, fornisce tutte le informazioni
necessarie per la compilazione e l’invio.
3. Il così detto quadro AC
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Ulteriore adempimento, ai sensi del art. 7, nono comma, del d.p.r. n. 605/1973 (così modificato dalla
legge n. 447/97, c.d. Finanziaria 1998) e del d.m. delle finanze 12 novembre 1998, è quello della
comunicazione di una serie di dati che vengono inseriti in un documento allegato alla dichiarazione
dei redditi dell’amministratore, chiamato quadro AC.
In pratica:
Gli amministratori di condominio negli edifici devono comunicare annualmente all’anagrafe tributaria
l’ammontare dei beni e servizi acquistati dal condominio e i dati identificativi dei relativi fornitori. Con
decreto del Ministro delle finanze sono stabiliti il contenuto, le modalità e i termini delle comunicazioni
(art. 7, nono comma, d.p.r. n. 605/73).
Il decreto ministeriale succitato fissa le modalità ed i termini di comunicazione. Di fatto quello
istituisce praticamente il così detto quadro AC. L’agenzia delle entrate, come per ogni argomento,
ne fornisce una descrizione teorico-pratica ben dettagliata (QUADRO AC - COMUNICAZIONE
DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO).
4. Le agevolazioni per le ristrutturazioni
In relazione ai lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni, i condomini
possono accadere al beneficio delle detrazioni fiscali del 36% (fino al 31 dicembre 2013, salvo
proroghe, si parla di una detrazione pari al 50%) dell’ammontare del costo dei lavori, pur con dei
tetti individuati dalla legge.
S’è partiti nel 1998 con una detrazione del 41%, poi divenuta del 36% e prorogata periodicamente, fino
alla sua stabilizzazione con introduzione nel testo unico delle imposte sui redditi (cfr. art. 16-bis d.p.r.
n. 917/86). Fino al 31 dicembre, salvo ulteriori nuove proroghe (al momento della pubblicazione
del presente ebook è in piedi l’ipotesi di prolungamento del beneficio del 50% a tutto l’anno
2014), il beneficio è salito al 50% dei costi sostenuti. Il limite della somma spesa è pari ad € 48.000
ma dal 26 giugno al 31 dicembre 2013, il tetto sale ad € 96.000. Come funziona la detrazione?
Innanzitutto è bene ricordare che con il termine detrazione si fa riferimento alla sottrazione di una
determinata somma di denaro dalle imposte sul reddito che una persona è chiamata a pagare.
Caso pratico
L’assemblea del condominio Alfa delibera l’esecuzione di lavori di rifacimento della facciata per €
40.000,00. In virtù delle detrazioni fiscali vigenti fino al 31 dicembre 2013, € 20.000,00 potranno essere
detratti dalle dichiarazioni dei redditi dei condomini, chiaramente in proporzione alla quota sulla cifra
complessiva. Così se Tizio, uno dei condomini, ha una quota complessiva pari ad € 4.000,00, egli potrà
detrarre € 2.000,00 dalle imposte dovute.
La somma può essere detratta tutta assieme? No. Come afferma l’agenzia delle entrate, in ragione di
quanto disposto dalla legge (cfr. art. 16- bis. d.p.r. n. 917/86”, la detrazione
“e’ ripartita in dieci quote annuali costanti e di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in
quelli successivi” (art. 16-bis, settimo comma, d.p.r. n. 917/86),
e spetta dalla data:
“di effettuazione del bonifico bancario da parte dell’amministratore e nel limite delle rispettive quote dello
stesso imputate ai singoli condomini e da questi ultimi effettivamente versate al condominio al momento
della presentazione della dichiarazione” (circolare 1° giugno 1999, n. 122/E, risposta 4.8)”.
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In buona sostanza, tornando al caso pratico, Tizio potrà usufruire delle agevolazioni per una somma
complessiva di 200 euro l’anno per dieci anni, a condizione di aver versato tutte le quote a lui
spettanti nell’anno di riferimento. Chiaramente se in un anno il condomino ha versato meno di €
2000,00 euro, la detrazione dovrà essere effettuata sull’importo effettivamente versato, dividendolo
per dieci anni. Lo stesso dicasi per il caso opposto.
Quali sono le mansioni dell’amministratore in questi casi? Rispetto al passato, quando vigeva
l’obbligo di comunicazione di inizio lavori al centro operativo dell’agenzia delle entrate, attualmente
l’amministratore deve limitarsi ad effettuare i pagamenti all’impresa esecutrice degli interventi
manutentivi mediante bonifico bancario per poi procedere alla certificazione dei versamenti da parte
dei condomini. Tale dichiarazione sarà utile ai condomini per la detrazione.
E’ importante evidenziare che la misura del 50% ed il tetto massimo di € 96.000,00 valgono solamente
per le spese effettuate in quel periodo. Per tutte quelle successive tornerà il limite del 36% e l’importo
massimo detraibile sarà quello di € 48.000,00 anche se si tratta di una spesa avente ad oggetto lo
stesso intervento proseguito in più anni (cfr. Circ. n. 15/E 5 marzo 2003 pag. 14).
E’ evidente, allora, che sebbene più gravoso sia consigliabile, ove possibile, di indirizzare i condomini
verso pagamenti più rapidi per usufruire della maggior detrazione possibile. La costituzione del fondo
obbligatorio se interpretata in un determinato modo (cfr. infra Cap. X) potrebbe essere di grande
aiuto per rendere “più corposa” la detrazione.
5. Le agevolazioni per la riqualificazione energetica
Il decreto legge n. 63/2013, convertito con modificazioni dalla L. 3 agosto 2013, n. 90 e dedicato,
tra le altre cose, al recepimento “della direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del
19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia per la definizione delle procedure d’infrazione
avviate dalla Commissione europea” ha prorogato fino 31 dicembre 2013 la detrazione fiscale per gli
interventi di riqualificazione energetica degli edifici. con un innalzamento dal 55% al 65% della
percentuale di detraibilità delle spese sostenute nel periodo compreso tra il 6 giugno 2013 (ossia
la data di entrata in vigore del decreto) ed il 31 dicembre 2013. E’ valida fino al 30 giugno 2014
l’agevolazione in queste percentuali di detrazione per gli interventi relativi alle parti comuni degli
edifici condominiali e per quelli che riguardano tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo
condominio. Dal primo luglio 2014 la detrazione fiscale tornerà ad essere del 36%. Il tetto massimo
di spesa detraibile è fissato a 100.000 euro Tempi e modalità di fruizione della detrazione non sono
molto differenti da quelli previsti per le detrazioni per le ristrutturazioni edilizie.
In breve: per quegli interventi effettuati a partire dal 2011 è obbligatorio suddividere questa detrazione
in dieci rate annuali di pari importo; lo stesso dicasi se si tratta di interventi riguardanti edifici in
condominio. Pure in questo caso il limite massimo di detrazione dev’essere riferito alla singola unità
immobiliare, ma se si tratta di un intervento di riqualificazione energetica,
“per il quale è prevista la detrazione di 100.000 euro - e lo stesso intervento si riferisce all’intero edificio
e non a “parti” di edificio - tale somma costituisce anche il limite complessivo di detrazione e va ripartita
tra i soggetti che hanno diritto al beneficio” (Agenzia delle Entrate Settore Comunicazione, L’agenzia
informa Le agevolazioni fiscali per il risparmio energetico, agg. settembre 2013)
La guida dell’agenzia delle entrate appena citata è strumento utilissimo per conoscere in modo
dettagliato ed al contempo semplice tutti gli adempimenti necessari per fruire delle agevolazioni
fiscali. Vale la pena ricordare, ce ne occuperemo più nel dettaglio nel prosieguo (infra Cap. X) che le
deliberazioni che concernono innovazioni finalizzate al risparmio energetico, se v’è idonea attestazione
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tecnica del contenimento dei consumi, possono essere adottate con maggioranze semplificate di cui
all’art. 26 legge n. 10/91.
6. Amministratore, imposte e tasse per le parti comuni
Il condominio, meglio l’amministratore di condominio deve riscuotere spese anche per il pagamento
di imposte e tasse. Alle volte si. Il pensiero va a TARES ed IMU. Andiamo per gradi.
TARES
Si tratta del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, che sostituisce la vecchia TARSU (tassa per lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani), che è stato istituito dal d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 convertito,
con modificazioni, in legge 22 dicembre 2011, n. 214, nello specifico dall’art. 14.
In particolare al quarto comma di tale norma è specificato che:
Sono escluse dalla tassazione, ad eccezione delle aree scoperte operative, le aree scoperte pertinenziali
o accessorie a locali tassabili e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del codice civile
che non siano detenute o occupate in via esclusiva.
Insomma a meno che non vi sia la casa del portiere con dentro un occupante, in tal caso la tassa
spetterebbe a lui, l’amministratore, con riferimento alla TARES, non ha nessun particolare
IMU
Sull’imposta municipale propria rispetto alle parti condominiali suscettibili di avere una rendita
catastale (si pensi alla casa del portiere) non esistono norme chiare. Nella vigenza della legge sull’ICI
(l. n. 504/92), ai sensi dell’art. 10 spettava all’amministratore il pagamento dell’imposta. Sull’IMU
non è stato detto nulla di preciso. Nella prassi ed in dottrina (A. Busani, Manuale dell’IMU, Ipsoa
2012) è prevalsa l’opinione che per una sorta di estensione analogica delle norme ICI, i medesimi
incombenti valgano anche per l’IMU.
In poche parole è consigliabile per l’amministratore verificare l’esistenza catastale dei beni comuni
censibili (ossia dei beni che devono essere dichiarati in catasto anche per l’attribuzione della rendita
ai fini del calcolo delle imposte fondiarie) e di mettere in preventivo ed a consuntivo o comunque
richiedere le spese per l’imposta.
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Capitolo 10. L’amministratore e l’assemblea condominiale.
1. Il ruolo dell’assemblea
E’ evidente che un ruolo chiave nella gestione del condominio lo gioca l’assemblea. In materia di
condominio il legislatore in più occasioni non ha definito l’oggetto della normazione. Si pensi alle
innovazioni, la cui definizione c’è stata fornita dalla giurisprudenza, all’amministratore, il cui ruolo di
mandatario è stato delineato grazie al lavoro di dottrina e magistratura, ecc. Tra gli argomenti rispetto
ai quali è doveroso volgere lo sguardo all’opera degli addetti ai lavori c’è l’assemblea.
Il primo aspetto che bisogna prendere in considerazione è che l’assemblea non è un organo, almeno
non lo è nel senso giuridico del termine, sebbene molto volte la si definisca impropriamente in questo
modo. Con il termine organo, secondo la nozione più comune.
“si suole appunto indicare la persona fisica che agisce per la persona giuridica. […]. Dobbiamo aggiungere
che l’organo non si differenzia dalla persona giuridica ma è con essa immedesimato e forma un tutt’uno.
[…]. Di conseguenza, l’attività svolta dalla persona fisica titolare dell’organo viene dal diritto imputata
direttamente attribuita all’ente, […]” (T. Martines, Diritto Pubblico, Giuffrè, 2009).
L’organo oltre che da una sola persona può essere formato da più soggetti. In tal caso parleremo di
organo collegiale (si pensi in tal senso al Governo di uno Stato).
Chiarito che cos’è un organo vediamo perché l’assemblea non rientra in questa definizione. Il
condominio non è una persona giuridica (cfr. su tutte Cass. SS.UU. n. 9148/08). In molte sentenze
viene definito come ente di gestione ma la formula è tralatizia in quanto, come specificarono le
Sezioni Unite in maniera puntuale e dettagliata (cfr. sent. n. 9148/08), l’ente di gestione non può
nemmeno analogicamente essere associato ad un condominio. La legge di riforma (n. 220/2012) non
ha affrontato l’argomento della personalità giuridica del condominio. Per estremizzare la situazione
ma anche per fare comprendere la necessità d’un intervento chiarificatore, è stato affermato che
il condominio è una sorta di ectoplasma giuridico. Ad avviso di chi scrive la soluzione, attuale,
sulla natura giuridica del condominio la fornisce una sentenza della Cassazione resa nell’anno 2009
nella quale, sempre nel rispetto di quanto statuito dalle Sezioni Unite (è bene ricordare che i principi
diritto da esse affermati sono vincolanti e possono essere messi in discussione solo in determinati
modi), s’è affermato quanto segue:
“è indubbio che il condominio, benché privo di autonoma soggettività giuridica, si configura come centro
di imputazione di interessi diverso dal condomino e che e’ pienamente configurabile la responsabilità
extracontrattuale del condominio anche nei confronti del condomino (a tanto non ostano i rilievi di Cass.,
sez. un. n. 9148 del 2008, che ha bensì escluso che il condominio sia un ente di gestione, ma ciò in funzione
del carattere parziario, anziché solidale, delle obbligazioni dei singoli condomini nei confronti dei terzi
con riguardo alle “obbligazioni assunte nel cosiddetto interesse del condominio, in relazione alle spese per la
conservazione e per il godimento delle cose comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse
comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza”)” (così Cass. 19 marzo 2009, n. 6665).
In questo contesto, l’assemblea è l’articolazione funzionale (un organo in senso atecnico, seppur con
forti somiglianze con esso) di quel centro d’imputazione d’interessi cui la legge riconosce il potere di
assumere decisioni vincolanti per tutti i partecipanti al condominio (cfr. art. 1137, primo comma,
c.c.).
Chi sostiene che il condominio ha autonoma personalità giuridica sostiene che l’assemblea rappresenta
un suo organo (cfr. Branca, Comunione Condominio negli edifici, Zanichelli, 1982). A dire di questa stessa
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dottrina l’assemblea è organo naturale, strutturale e permanente. Soffermiamoci sulle qualificazioni
che sono senza dubbio di grande rilievo ed interesse. Si dice naturale in quanto l’assemblea non ha
bisogno di nessun atto di nomina. Il condominio sorge con la cessione della prima unità immobiliare
da parte dell’originario unico proprietario. Da quel momento ogni decisione inerente le parti comuni
dev’essere presa da tutti gli interessati o di comune accordo o in assemblea (sul funzionamento
dell’assemblea nel così detto condominio minimo vedi infra Par. 16 e Cass. SS.UU. n. 2046/06).
A differenza dell’amministratore che dev’essere nominato dall’assemblea, essa esiste per il solo fatto
della nascita del condominio. Da qui anche le due altre caratteristiche: strutturalità e permanenza.
Con la prima si fa riferimento proprio al fatto che l’assise esiste in quanto esiste il condominio; con
la seconda si mette in evidenza che a differenza dell’amministratore, figura obbligatoria solamente al
di sopra di un determinato numero di condomini (cfr. art. 1129 c.c.), l’assemblea esisterà sempre.
I condomini sono dieci? Dev’essere nominato un amministratore. I condomini sono (o diventano)
otto? La nomina è facoltativa e chi è stato già nominato può essere revocato senza essere sostituito. In
casi del genere l’assemblea esisterà comunque.
Per ciò che concerne la competenza dell’assemblea, vedremo nel corso di questo capitolo limiti
ed ampiezza dei poteri decisionali della “riunione dei condomini”. A livello generale, anche per
inquadrare esattamente, la sostanziale omni-comprensività dei poteri dell’assise riguardo alla gestione
e conservazione delle parti comuni, è utile ricordare quanto detto in più occasioni dalla Suprema
Corte di Cassazione.
“L’assemblea condominiale - atteso il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciutele
dall’art. 1135 c.c. - può deliberare, quale organo destinato ad esprimere la volontà collettiva dei partecipanti,
qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, sempreché non
si tratti di provvedimenti volti a perseguire una finalità extracondominiale” (Cass. 13 agosto 1985 n.
4437, conf. Cass. 6 marzo 2007 n. 5130).
In caso di deliberazione adottata al di fuori dei propri poteri, essa dev’essere considerata nulla
e come tale impugnabile in ogni tempo.
In definitiva l’assemblea è l’articolazione sovrana (o organo in senso atecnico) presente in ogni
condominio, che non può essere soppressa o modificata nella propria composizione e competenza,
che ha la funzione di prendere le decisioni necessarie ed utili alla gestione della compagine. La
discrezionalità dell’assemblea è così ampia da non poter essere sindacata nemmeno dall’Autorità
Giudiziaria, salvo il caso di eccesso di potere (cfr. Cass. 13 agosto 1985 n. 4437)
2. Il ruolo dell’amministratore nell’assemblea
L’assemblea è il luogo di discussione e decisione su argomenti d’interesse condominiale. L’amministratore
è il legale rappresentante dei condomini nei rapporti interni ed esterni e di conseguenza è tenuto a
partecipare all’assemblea per rendere conto della propria attività. Si badi, con questa locuzione non
s’intende fare riferimento solamente al rendiconto di gestione. L’amministratore è tenuto a partecipare
all’assemblea perché più di una disposizione di legge glielo impone. Si pensi alle opere su parti di
proprietà esclusiva ai sensi dell’art. 1122 c.c., ai sensi del secondo comma delle opere
“[…] è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea”.
Si pensi, inoltre, alle opere di manutenzione straordinaria urgenti (art. 1135 c.c.) , alla assemblea
relazione sull’assemblea del supercondominio (art. 67 disp. att. c.c.) , alle assemblee per
provvedimenti amministrativi o giudiziari eccedenti le sue attribuzioni (art. 1131 c.c.). La presenza
dell’amministratore in assemblea è spesso necessaria, quasi sempre opportuna, solo alle volte
sconsigliabile. Non esistono, però, delle norme che vietino all’amministratore di prendere parte
all’assemblea; anche nel caso della sua nomina o revoca, egli può essere presente sebbene, vedremo in
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seguito, alle volte motivi di opportunità possono suggerire di allontanarsi.
Si badi, però: l’amministratore deve intervenire per spiegare, relazionare ed esporre le vicende
riguardanti il proprio operato di mandatario nella gestione delle cose comuni. L’amministratore non
ha alcun potere di indirizzo e governo dell’assemblea condominiale. Facendo un parallelo con il
Governo ed il Parlamento, l’amministratore sta al Governo come il Parlamento all’assemblea: per la
gestione dei propri lavori la Camera dei deputati, ad esempio nomina un proprio presidente; idem
l’assemblea. Come il Governo, quindi, sebbene l’amministratore possa incidere sui lavori, non potrà
mai imporre di regolarli a proprio esclusivo piacimento. Sebbene nella prassi ciò avvenga spesso
(molti amministratori redigono materialmente i verbali, fungendo da segretari, usando il proprio
pc), vale la pena evidenziare che si tratta di una condotta tollerata che può essere modificata in ogni
momento.
3. La convocazione dell’assemblea condominiale
Chi ed in che modo può e deve convocare l’assemblea condominiale? Esiste una norma che riguarda la
maggior parte delle convocazioni e due norme che riguardano dei casi specifici. In questo paragrafo ed
in quelli successivi forniremo tutte le indicazioni utili per convocare un assemblea senza dover correre
il rischio di vedere contestata la successiva deliberazione per vizi nel procedimento di convocazione.
Per l’amministratore, infatti, arrivare al giorno della riunione con le carte in regola anche da questo
punto di vista vuol dire poter stare certo di non vedersi attaccato per i possibili danni causati da un
processo di convocazione viziato dal quale può discendere una delibera invalida.
Partiamo dal primo dato necessario ad attivare il meccanismo: il soggetto legittimato a convocare
l’assemblea condominiale.
Qui bisogna operare una distinzione tra condomini nei quali è presente la figura dell’amministratore
e compagini sprovviste del mandatario.
Nel primo caso spetta all’amministratore convocare l’assemblea nei modi e nei termini previsti
dalla legge, restando ai condomini e solamente a determinate condizioni, un potere residuale di
autoconvocazione. Il tutto è sancito dall’art. 66, primo comma, disp. att. c.c. che recita:
“l’assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall’art. 1135 del
codice, può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritiene necessario
o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio.
Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla
convocazione”.
Insomma, l’amministratore deve convocare l’assemblea annuale entro centoottanta giorni dalla
chiusura dell’esercizio al fine di consentire l’eventuale approvazione del rendiconto (cfr. art. 1130 c.c.)
e la deve convocare se gli viene richiesto da almeno due condomini che rappresentino quanto meno
166,66 millesimi (un sesto del valore dell’edificio). Se non lo fa nei termini indicati dalla norma,
quegli stessi condomini possono convocare l’assemblea. Ad avviso di chi scrive non esiste obbligo
di convocazione dell’assemblea se la richiesta ex art. 66 disp. att. c.c. ha ad oggetto materie
eccedenti la competenza dell’assemblea. L’amministratore, inoltre, può convocare l’assemblea
straordinaria ogni volta che lo ritiene opportuno, oppure tutte le volte in cui ciò è necessario. Si pensi
alla richiesta di convocazione per la discussione sull’opportunità di deliberare interventi innovativi
ai sensi dell’art. 1120, secondo e terzo comma, c.c. o alla manutenzione straordinaria urgente ex art.
1135 c.c. L’omessa convocazione dell’assemblea ordinaria e l’omessa reiterata convocazione di quelle
straordinarie possono portare alla richiesta di revoca giudiziale per gravi irregolarità nella gestione
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(cfr. art. 1129, dodicesimo comma, c.c. e infra Cap. XI).
C’è poi il caso di condominio senza amministratore. si tratta di quelle ipotesi in cui nominarne uno
non è obbligatorio o un caso in cui pur essendo obbligatoria, la nomina non sia ancora intervenuta.
In queste circostanze, come specificato dall’art. 66 disp. att. c.c.:
In mancanza dell’amministratore, l’assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può essere
convocata a iniziativa di ciascun condomino.
Rappresenta un’ipotesi particolare di convocazione dell’assemblea da parte dei condomini, quella
ricorrente nel caso di decadenza dell’amministratore per la perdita dei requisiti di cui all’art. 71-bis
disp. att. c.c. (infra Par. 4.2)
Tabella riepilogativa della legittimazione a convocare l’assemblea
Condominio con l’amministratore
- Assemblea ordinaria annuale e tutte le
assemblee straordinarie: amministratore
- Potere di autoconvocazione da parte di due
condomini che rappresentino almeno un
sesto del valore millesimale dell’edificio se
l’amministratore non ha convocato l’assemblea
entro dieci giorni dalla richiesta ex art. 66 disp.
att. c.c.
Condominio senza amministratore
Tutti i condomini possono convocare assemblea
ordinaria e straordinaria.
Nei paragrafi successivi approfondiremo gli aspetti legati alle modalità di convocazione anche con
riferimento a quelle ipotesi di regole ad hoc introdotte dalla così detta riforma del condominio.
Per un esempio di richiesta di convocazione dell’assemblea straordinaria da parte dei condomini
ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c. vedi infra Sezione Moduli
4. La comunicazione dell’avviso ed il conteggio dei termini tra spedizione e
ricezione
Per partecipare ad un’assemblea condominiale è necessario essere avvisati per tempo del suo
svolgimento. Quest’affermazione, che poteva andare bene prima dell’entrata in vigore della riforma,
necessita di un aggiustamento proprio per le modifiche introdotte nel codice civile dalla legge n.
220/2012.
Per partecipare ad un’assemblea condominiale è necessario essere avvisati per tempo e con
determinati mezzi del suo svolgimento.
Ai sensi del primo periodo del primo comma dell’art. 66 delle disposizioni di attuazione del codice
civile, infatti,
“L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato
almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta
raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione
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del luogo e dell’ora della riunione”.
Tralasciamo, per ora, gli aspetti relativi all’ordine del giorno (infra Par. 8), al giorno, al luogo ed
all’ora di convocazione (infra Par. 10), soffermando la nostra attenzione su due aspetti altrettanto
importanti ai fini della validità della convocazione e quindi della deliberazione: il riferimento è alla
forma dell’avviso ed al computo del termine di cinque giorni.
Forma dell’avviso
Prima della riforma se si andava in causa per questioni attinenti la forma dell’avviso di convocazione
era più che probabile vedersi rispondere che:
“in materia di condominio degli edifici, per l’avviso di convocazione dell’assemblea, obbligatorio per tutti i
condomini ai fini della sua regolare costituzione, non è previsto alcun obbligo di forma che il relativo invito
a partecipare debba rivestire, tanto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte e la prevalente dottrina,
la comunicazione può essere fatta anche oralmente, in base al principio di libertà delle forme, laddove
queste non siano prescritte dalla legge o convenute dalle parti, ai sensi degli artt. 1350 e 1352 c.c. (Cass.
875/1999; Cass. 2450/1994) ovvero, in materia di condominio, quando tale principio non sia derogato
dal regolamento che imponga particolari modalità di notifica, in mancanza delle quali l’assemblea non
può essere ritenuta regolarmente costituita” (così Cass. 1 aprile 2008 n. 8449).
La legge di modifica della disciplina del condominio ha mutato la situazione: l’avviso dev’essere inviato
(alternativamente) con posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a
mano. E se si invia una e-mail ordinaria? Se il condomino si presenta in assemblea nulla quaestio:
è evidente che sia stato avvisato. Se non si presenta meglio evitare di proseguire: la deliberazione
potrebbe essere impugnata per omessa convocazione. Ma come, si potrebbe obiettare: “eppure ho la
ricevuta di lettura”. Stando alla lettera della legge quella ricevuta non ha valore perché l’unico valore
è dato dall’avviso di ricevimento e consegna nelle comunicazioni tra p.e.c., dall’avviso di ricevimento
cartaceo e dal rapporto di trasmissione del fax o dalla firma per ricevuta del destinatario. Bene,
però qualcuno potrebbe obiettare che tra qualche anno potrebbe essere inventato qualche sistema di
comunicazione con pari valore rispetto a quelli elencati. In fondo vent’anni fa chi pensava alla posta
elettronica certificata? Insomma, per dirla con termini giuridici, l’elenco di cui al primo comma
dell’art. 66 disp. att. c.c. è tassativo? Per come è strutturata la norma sembrerebbe proprio di si.
Sarebbe auspicabile, quanto meno in sede di sua interpretazione, allargare il novero delle forme di
comunicazione, a tutti quei mezzi che consentono di avere certezza della ricezione dell’avviso di
convocazione.
Conteggio dei giorni tra comunicazione dell’avviso e data di svolgimento dell’assemblea
La legge dice che l’avviso dev’essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per lo
svolgimento dell’assemblea in prima convocazione. Che cosa vuol dire? Basta che l’amministratore
abbia consegnato la raccomandata al vettore postale oppure è necessario altresì che la stessa venga
ricevuta in quel termine? Ed ancora, come contare i cinque giorni di cui parla l’art. 66 disp. att. c.c.
Sembrano banalità ma un errore nel procedimento di convocazione può portare all’annullamento
della delibera. Lo dice il secondo periodo del primo comma dell’art. 66 disp. att. c.c. secondo il quale
“In caso di [...], tardiva [...] convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile
ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati”.
La convocazione dev’essere considerata tardiva se non è ricevuta dall’avente diritto a partecipare (sulla
locuzione avente diritto si veda infra Par. 5) almeno cinque giorni prima della data fissata per lo
svolgimento della prima convocazione.
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In tal senso è stato più volte affermato che:
“ogni condomino ha il diritto di intervenire all’assemblea, e deve quindi essere messo in condizione di
poterlo fare, con la conseguente necessità che 1’avviso di convocazione previsto dall’ultimo comma dell’art.
66 disp. att. cod. civ. sia non solo inviato, ma anche ricevuto nel termine (almeno cinque giorni prima
della data fissata per l’adunanza) ivi previsto” (in questi termini, Cass. n. 5769 del 1985, che ribadisce
un indirizzo già espresso da Casa, n. 2050 del 1975 e da Casa. n. 2366 del 1970) Attesa la natura di
atto unilaterale recettizio dell’avviso di convocazione dall’assemblea di condominio. Deriva che esso deve
essere non soltanto inviato, ma altresì ricevuto entro il termine previsto dalla legge” (Cass. 26 settembre
2013 n. 22047).
Quando deve considerarsi ricevuto l’avviso di convocazione?
Sempre secondo la Cassazione:
“la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c. degli atti ricettizi in forma scritta giunti all’indirizzo del
destinatario opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo dell’atto nel luogo indicato dalla norma, salvo la
prova da parte del destinatario medesimo, dell’impossibilità di acquisire in concreto detta conoscenza per
un evento estraneo alla sua volontà; il mittente non è tenuto a provare tale conoscenza essendo sufficiente
che dimostri l’avvenuto recapito della dichiarazione all’indirizzo del destinatario” (Cass. 29 aprile 1999
n. 4352).
Come conteggiare i cinque giorni di cui all’art. 66 disp. att. c.c.? Spieghiamoci meglio.
Caso pratico
Tizio, amministratore del condominio Alfa, indice l’assemblea ordinaria annuale. Invia l’avviso di
convocazione a tutti i condomini il giorno 31 gennaio. L’1 febbraio l’avviso è ricevuto da tutti. L’assemblea
si potrà svolgere il 5 oppure il 6 febbraio?
“In difetto di espressa previsione di legge, al termine di giorni cinque, ex art. 66 disp. att. c.c., deve
applicarsi la regola generale dies a quo non computatur, dies ad quem computatur” (Trib. Roma 7 luglio
2009 n. 15048).
Dies a quo non computatur, dies ad quem computatur, è una frase latina che sta a significare: il
giorno di ricezione non dev’essere computato ma quello di svolgimento della prima convocazione si.
Soluzione al caso pratico e quindi risposta al quesito di cui sopra. Il giorno 1 non dev’essere contato.
Il primo giorno da cui far “partire la conta” è il 2, il quinto giorno il 6. Insomma l’assemblea, il prima
convocazione, potrà tenersi il 6 febbraio.
A meno che non si inviino p.e.c. o fax o non si consegni la comunicazione a mano, quindi, visti i
tempi di consegna postale, è bene inviare l’avviso di convocazione con un cospicuo anticipo; almeno
una quindicina di giorni prima della convocazione.
Le indicazioni di cui sopra devono essere rispettate tanto dall’amministratore, quanto dai condomini
che convochino l’assemblea (con riferimento a quest’ultimo caso per l’unica eccezione si veda infra
Par. 4.2)
Il ragionamento appena svolto dev’essere adattato ai termini liberi maggiori che possono essere
previsti da un regolamento condominiale.
4.1 La comunicazione dell’avviso ex art. 1117-ter c.c.
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I termini di comunicazione dell’avviso di convocazione nel caso di convocazione dell’assemblea per la
modificazione della destinazione d’uso di una parte comune sono differenti rispetto a quelli ordinari.
Ai sensi dell’art. 1117-ter, secondo comma, c.c., infatti:
“La convocazione dell’assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di
maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati e deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o
equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione”.
La formulazione qui è più chiara: “deve pervenire” toglie adito ad ogni dubbio rispetto al più vago
“deve essere comunicato” di cui all’art. 66 disp. att. c.c.
Trenta giorni consecutivi di affissione e venti giorni tra ricezione e prima convocazione: non essendoci
preclusioni di sorta, questi due termini possono anche, parzialmente, coincidere.
4.2 La comunicazione dell’avviso nei casi di decadenza dell’amministratore per la
perdita dei requisiti
Nel perdita da parte dell’amministratore di condominio di uno dei requisiti di cui all’art. 71-bis disp.
att. c.c., la conseguenza è la cessazione automatica dell’incarico.
In tal caso, quindi, l’amministratore non è più tale ed il condominio si trova senza legale rappresentante.
In simili evenienze, spiega il quarto comma dell’art. 71-bis disp. att. c.c.
“[...] ciascun condomino può convocare senza formalità l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore”.
L’inciso “senza formalità” alla luce di quanto detto nei paragrafi precedenti, può essere inteso in una
sola maniera: l’avviso di convocazione può essere comunicato anche oralmente e senza il rispetto dei
termini di cui all’art. 66 disp. att. c.c. Una disposizione fin troppo permissiva che ha sollevato più di
qualche perplessità.
5. L’individuazione del soggetto da convocare: il proprietario, l’usufruttuario o il
conduttore (e gli equiparabili)?
Ai sensi dell’art. 1136, sesto comma, c.c.
“L’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati”.
Si tratta di una norma modificata dalla così detta riforma del condominio. Nella sua precedente
formulazione si faceva riferimento ai condomini. Il che fa sorgere una domanda: il legislatore ha inteso
allargare il novero dei soggetti legittimati a partecipare all’assemblea di condominio, o meglio ha
imposto all’amministratore di avvisarli direttamente? La risposta, ad avviso di chi scrive è affermativa.
Così fosse “aventi diritto” devono essere considerati i proprietari, i conduttori, gli usufruttuari ed i
soggetti loro equiparabili.
La disposizione in esame è completata dall’art. 66, terzo comma, disp. att. c.c. a mente del quale
“In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è
annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente
convocati”.
Insomma dalle norme appena citate, ad avviso di chi scrive, sembra potersi trarre la seguente
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conclusione: non convocare il conduttore al posto del proprietario o l’usufruttuario al posto del
nudo proprietario può portare all’invalidazione della delibera successivamente presa. D’altra parte
i nomi dei conduttori, degli usufruttari, ecc. devono essere comunicati nell’ambito della così detta
anagrafe condominiale. Se qualcuno non li comunica? Per gli usufruttuari basta una visura presso la
conservatoria dei pubblici registri immobiliari. Per i conduttori, s’è detto (supra Cap. IV) non esiste
alcuna anagrafe pubblica, sicché la mancata possibilità di venire a conoscenza della loro esistenza
mette l’amministratore al riparo da responsabilità circa la loro omessa convocazione.
Si badi: molti autori ritengono che con la locuzione avente diritto si faccia riferimento solamente ai
titolari di diritti reali (comproprietari, usufruttuari, ecc.). Aderendo a questa impostazione, pertanto,
il conduttore non dovrà mai essere convocato dall’amministratore ma, al massimo avvisato dal
proprietario senza che ciò comporti profili d’illegittimità della delibera.
Il punto è questo: parlando di aventi diritto si devono intendere gli aventi diritto a partecipare
all’assemblea o gli aventi diritto sulle parti comuni?
Nel primo caso, è evidente, anche il conduttore ha diritto a partecipare così come sancito dall’art.
10 della legge n. 392/78, nella seconda ipotesi, invece, risulta chiaro che il conduttore non ha alcun
diritto sulle parti comuni. Sull’argomento si consiglia il seguente approfondimento, nel quale si
evidenzia, sia pur in via ipotetica, la tesi cui aderisce lo scrivente: A. Celeste, A. Scarpa, Le nuove
norme in materia di assemblea e di amministratore nella riforma del condominio, Giurisprudenza di
merito, Giuffrè, 2013, fascicolo 6, pag. 1249).
Ciò detto è bene comprendere quando debba essere convocato il proprietario e quando gli usufruttuari
e i conduttori (se si aderisce alla tesi che li vede tra i soggetti annoverabili).
Tabella con la suddivisione delle ipotesi di convocazione
Usufruttuario (art. 67, sesto comma, disp. att.
c.c.)
Diritto di voto negli affari che attengono
all’ordinaria amministrazione (es. nomina
amministratore ed in genere assemblea
ordinaria) e al semplice godimento delle cose e
dei servizi comuni.
Nudo proprietario (art. 67, sesto comma, disp.
att. c.c.)
Il diritto di voto spetta ai proprietari, salvi i
casi in cui l’usufruttuario intenda avvalersi del
diritto di cui all’articolo 1006 del codice ovvero
si tratti di lavori od opere ai sensi degli articoli
985 e 986 del codice. In tutti questi casi l’avviso
di convocazione deve essere comunicato sia
all’usufruttuario sia al nudo proprietario.
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Conduttore (art. 10 l. n. 392/78)
Diritto di voto, in luogo del proprietario
dell’appartamento locatogli, nelle delibere
dell’assemblea condominiale relative alle
spese e alle modalita’ di gestione dei servizi di
riscaldamento e di condizionamento d’aria.
Diritto di intervenire, senza diritto di voto,
sulle delibere relative alla modificazione degli
altri servizi comuni.
Proprietario
Tutti gli altri casi
6. Immobili in comunione: chi dev’essere convocato e chi deve partecipare?
Si pensi all’immobile in comunione dei beni tra i coniugi, a quello di proprietà di più fratelli o
comunque di più persone, insomma a tutti quei casi in cui per una qualsiasi ragione, l’unità immobiliare
ubicata in condominio sia oggetto di comunione. In questi casi chi dev’essere convocato? Per dare
soluzione al quesito è necessario guardare all’art. 67 disp. att. c.c. ed in particolare al suo secondo
comma che recita:
Qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a
un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell’articolo
1106 del codice.
La norma disciplina più che altro il diritto alla partecipazione da parte di uno solo dei comunisti. Certo
è che questa disposizione unita alle precedenti dà la dimensione degli adempimenti di amministratore,
condomini convocanti e condomini comproprietari della medesima unità immobiliare.
In buona sostanza la situazione è la seguente. Nel caso di immobile in comunione:
a) l’amministratore o comunque chi convoca l’assemblea deve inviare l’avviso di convocazione a
tutti i comproprietari presso il domicilio eletto (rintracciabile nell’anagrafe condominiale);
b) i comproprietari se non hanno nominato un rappresentante stabile per la partecipazione alle
assemblee, devono nominarne uno riunendosi e deliberando sul punto;
c) solo una persona (per l’appunto questo rappresentante o comunque uno dei comproprietari) può
partecipare all’assemblea.
Si noti bene: la norma in esame, ossia il secondo comma dell’art. 67 disp. att. c.c., è stata tra quelle,
modificate dalla legge n. 200/2012, una di quelle che ha creato maggiori perplessità. Non c’è più
come in passato, il riferimento al potere del presidente di risolvere con il sorteggio eventuali contrasti
sulla partecipazione all’assemblea tra i comproprietari dell’unità immobiliare. L’amministratore o
comunque il presidente dell’assemblea hanno potere di verificare se chi si presenta ha il potere di
rappresentare tutti? La delibera della comunione è un atto conoscibile anche dai condomini per le
opportune verifiche? Tutte questioni senza una risposta univoca che rischiano solamente di aumentare
il contenzioso soprattutto in quelle compagini con unità immobiliari cadute in eredità, ove tra gli
eredi non corrano buoni rapporti.
7. Decesso del condomino e eredi: come comportarsi?
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Che cosa deve fare l’amministratore quando viene a conoscenza che uno dei condomini di un edificio
che amministra è deceduto. A chi inviare le comunicazioni riguardanti la compagine?
Risposta: anche se in modo impersonale e presso il domicilio del condomino defunto devono
essere convocati gli eredi. Vediamo perché.
La norma di riferimento è rappresentata dall’art. 1146 c.c., rubricato Successione nel possesso. Accessione
del possesso, che recita:
Il possesso continua nell’erede con effetto dall’apertura della successione.
Il successore a titolo particolare può unire al proprio possesso quello del suo autore per goderne gli effetti.
Quando si apre la successione? Ai sensi dell’art. 456 c.c.:
“la successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto”.
La giurisprudenza, chiamata a interpretare le norme citate, ha affermato quando segue:
l’erede succede di diritto nella situazione possessoria del de cuius, con effetto dall’apertura della successione
(cfr. Cass. 7868 del 2009). In particolare si sostiene che subentra nel possesso anche se non ha assunto
sui beni ereditari il potere di fatto, essendo tale circostanza indifferente in relazione alla posizione di
erede. Infatti la successione nel possesso configura una fictio iuris che opera a prescindere dalla materiale
apprensione dei beni, purché ricorra il possesso in capo al de cuius (Cass. 14760/2007 e 6852/2001)”
(Trib. Sulmona 2 novembre 2011 n. 189).
Il risultato dell’apertura della successione, dunque, è che l’erede dev’essere considerato un condomino
alla stregua del precedente, defunto, proprietario. In sostanza: l’erede o gli eredi devono essere
convocati all’assemblea condominiale ed in generale informati della gestione della compagine.
Qualcuno potrebbe obiettare: che cosa accade se non si sa nulla del decesso del condominio oppure,
pur avendone l’amministratore notizia, l’erede non si palesa?
Nel primo caso nulla quaestio: l’incolpevole ignoranza del decesso del condomino comporterà
le comunicazioni al vecchio indirizzo e con il vecchio nominativo. Solamente l’eventuale azione
giudiziaria di recupero del credito dovrebbe essere (comunque per prudenza) preceduta da una visura
ipocatastale per conoscere la situazione dell’immobile.
Se, invece, l’amministratore, pur sapendo del decesso, non ha notizie dell’identità dell’erede (fino
all’accettazione dell’eredità potrebbe non averne e non ha obbligo di ricostruire l’asse ereditario,
cfr. 22 marzo 2007 n. 6926) assolverebbe al proprio obbligo di comunicazione informando delle
questioni condominiali impersonalmente gli eredi con comunicazioni all’ultimo domicilio del
defunto o all’ultimo domicilio eletto per le comunicazioni condominiali. Bisogna ricordare, poi, che
i condomini devono collaborare alla tenuta dell’anagrafe condominiale (cfr. supra Cap. IV). Insomma
gli eredi, una volta accettata l’eredità devono comunque palesarsi.
8. L’ordine del giorno
Ogni condomino, oltre ad essere informato su luogo, data e ora di svolgimento dell’assemblea, ha
diritto di sapere su quali argomenti verterà la riunione. L’elenco delle questioni su cui si andrà a
dibattere prende il nome di ordine del giorno (d’ora in poi anche o.d.g.)
Prima dell’entrata in vigore della legge n. 220/2012, nessuna norma specificamente dettata per
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il condominio si occupava di disciplinare l’ordine del giorno. In questo contesto, ed in virtù del
rimando alle norme sulla comunione contenuto nell’art. 1139 c.c., la norma cui fare riferimento era
il terzo comma dell’art. 1105 c.c. che recita:
“per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati
preventivamente informati dell’oggetto della deliberazione”.
Stando così le cose, si diceva che l’omessa indicazione di un argomento nell’ordine del giorno, o
comunque l’incompletezza della medesima elencazione rendevano la deliberazione annullabile (cfr. su
tutte Cass. SS.UU. n. 4806/05). Chiaramente il più volte citato ordine del giorno, pur dovendo essere
chiaro e preciso non doveva spingersi fino alla più alta minuziosità. In tal senso è stato egregiamente
osservato che
“la delibera di un’assemblea condominiale risulta essere valida allorché l’avviso di convocazione elenchi, sia
pure in modo non analitico e minuzioso, specificamente gli argomenti da trattare sì da far comprendere i
termini essenziali di essi e consentire agli aventi diritto le conseguenti determinazioni anche relativamente
alla partecipazione alla deliberazione. La disposizione dell’art. 1105 comma 3 c.c., applicabile anche in
materia di condominio di edifici, la quale prescrive che tutti i partecipanti debbano essere preventivamente
informati delle questioni e delle materie sulle quali sono chiamati a deliberare, infatti, non comporta che
nell’avviso di convocazione debba essere prefigurato lo sviluppo della discussione ed il risultato dell’esame
dei singoli punti da parte dell’assemblea” (Trib. Nocera Inf. 10 maggio 2012 n. 394).
La riforma nel condominio, facendo tesoro delle elaborazioni dottrinario giurisprudenziali ha
inserito nelle norme condominiali un cenno all’ordine del giorno.
Al terzo comma dell’art. 66 disp. att. c.c., infatti, si dice che l’avviso di convocare deve contenere
l’indicazione specifica dell’ordine del giorno. L’omessa o incompleta informazione dei condomini
comporta l’annullabilità della successiva deliberazione, così, in sostanza, si chiude questa norma.
Cosa cambia rispetto al passato? Sostanzialmente nulla. L’o.d.g. doveva e deve elencare specificamente
gli argomenti da trattare. Insomma non si poteva e non si può dire: “è indetta assemblea ordinaria per
discutere dei consueti argomenti“ ma si deve specificare che “è indetta assemblea ordinaria per discutere
e deliberare sul seguente ordine del giorno:…” elencando gli oggetti della discussione (Es. nomina
amministratore, approvazione rendiconto, ecc.). Specificazione indicazione, in assenza di differenti
indicazioni, continua a non coincidere con elencazione minuziosa. Insomma se è inserito nell’o.d.g.
un argomento del genere “citazione in giudizio del condominio: discussione e conseguenti decisioni” è
evidente che in questo argomento debba essere considerata contenuta l’eventuale nomina di un legale
per il caso di resistenza in giudizio, ciò senza necessità di specifica indicazione. E’ chiaro, infatti, che
alla decisione di resistere in un giudizio consegua anche la nomina del legale da cui farsi assistere. Lo
stesso dicasi per la polizza dell’amministratore. Inutile scrivere nulla nell’ordine del giorno poiché la
subordinazione della nomina alla presentazione di una polizza individuale del condominio è fatto che
può discendere naturalmente dalla discussione sulla nomina.
8.1 L’ordine del giorno ex art. 1117-ter c.c.
Esiste un’ipotesi, introdotta nel codice civile dalla riforma del condominio, che dall’omessa o
incompleta formulazione dell’ordine del giorni fa discendere la nullità della deliberazione. L’ambito
applicativo è quello della modificazione della destinazione d’uso delle cose comuni. Ai sensi del terzo
comma dell’art. 1117-ter c.c., infatti:
La convocazione dell’assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione
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e la nuova destinazione d’uso.
Insomma non basterà dire “è indetta assemblea per deliberare sulla modificazione della destinazione
d’uso di alcune parti comuni” ma bisognerà anche specificare di quale parte si vuole modificare la
destinazione (es. locale assemblea, ex locale portineria, ecc.) e quale sia la destinazione che s’intende
approvare.
Per un esempio di avviso di convocazione e verbale ai sensi dell’art. 1117-ter c.c. vedi infra
Sezione Moduli
9. Le richieste dei condomini sono vincolanti rispetto alla formazione dell’ordine
del giorno?
L’amministratore cui viene avanzata una richiesta di discussione di un determinato argomento è
tenuto a inserirlo nell’ordine del giorno della prossima assemblea che andrà a convocare se non
addirittura vincolato a convocarne una ad hoc?
La risposta che si forniva prima della riforma era la seguente:
“nessuna violazione di legge può individuarsi nel rifiuto dell’amministratore di inserire all’ordine del
giorno dell’assemblea alcuni argomenti proposti da essi ricorrenti. Non vi è alcuna disposizione di legge
che obblighi l’amministratore ad inserire all’ordine del giorno gli argomenti richiesti da singoli condomini;
poichè il codice civile prevede, all’art. 66 disp. att., che due condomini che rappresentino un sesto del
valore dell’edificio, possono chiedere all’amministratore la con vocazione di una assemblea straordinaria,
ovvero possono provvedervi direttamente in caso di mancato adempimento alla richiesta, deve ritenersi che
alle medesime condizioni possa anche essere richiesto in modo vincolante all’amministratore di inserire
argomenti all’ordine del giorno di una assemblea già convocata. Al di fuori di dette condizioni, non
sussiste un diritto del singolo condomino ad imporre la trattazione di questioni in sede assembleare, ferma
restando la tutela giurisdizionale del condomino nelle ipotesi di disfunzioni dell’organo amministrativo o
decisionale del condominio” (Cass. 31 ottobre 2008 n. 26336).
Ad avviso di chi scrive l’obbligo dell’inserimento nell’ordine del giorno di argomenti richiesti ai sensi
dell’art. 66 disp. att. c.c. cade se tali richieste sono da ritenersi palesemente illegittime.
Caso pratico
Tizio e Caio, due condomini che rappresentano 200 millesimi, chiedono a Sempronio di convocare
un’assemblea per decidere sull’esclusione di Mevio dall’uso del parcheggio condominiale, pur sapendo che
Mevio è comproprietario anche di quella parte comune.
Con l’entrata in vigore della riforma la situazione è leggermente cambiata.
L’amministratore, infatti, è tenuto a convocare l’assemblea, su richiesta di un solo condomino ed
entro trenta giorni dalla medesima, per la discussione sulle innovazioni di cui all’art. 1120, secondo
comma, c.c.
Caso pratico 2
Tizio, proprietario di un’unità immobiliare nel condominio Alfa, chiede a Caio, amministratore della
compagine, di convocare un’assemblea per discutere dell’eliminazione delle barriere architettoniche ai sensi
dell’art. 1120, secondo comma, c.c.
Allo stesso modo l’amministratore deve convocare l’assemblea se la realizzazione un impianto non
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centralizzato di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili destinato al
servizio di una singola unità abitativa comporti modificazione delle parti comuni (art. 1122-bis .c.c).
È bene ricordare che in questi casi l’omesso rifiuto di convocare l’assemblea può portare alla revoca
giudiziale dell’amministratore per gravi irregolarità nella gestione. Le richieste potranno essere
ignorate quando è evidente e dimostrabile che siano frutto non di una reale esigenza ma di
intenti ostruzionistici rispetto alla gestione della compagine.
10. La scelta del luogo, del giorno e dell’ora di svolgimento dell’assemblea tra
esigenze dei condomini e dell’amministratore
Luogo, ora e luogo di svolgimento dell’assemblea: si tratta di scelte rimesse all’amministratore che
non prevedono il rispetto di particolari limiti. Un unico limite legislativo è quello contenuto all’art.
66, quarto comma, disp. att. c.c. che recita:
“L’assemblea in seconda convocazione non può tenersi nel medesimo giorno solare della prima”.
Insomma se l’amministratore ha convocato l’assemblea per la prima convocazione alle ore 14 del
giorno 1, l’assemblea in seconda convocazione potrà tenersi solamente dopo le ore 14 del giorno 2.
Ciò, forse, vuol fare evirare fissazione delle assemblee in prima convocazione ad orari impossibili con
successive ed immediate convocazioni in seconda. Francamente si fatica a comprendere la reale utilità
della norma.
Detto ciò vale la pena comprendere i poteri dell’amministratore in merito alla scelta della data di
svolgimento dell’assise.
Luogo
La Cassazione, in più di un’occasione, ha avuto modo di specificare che
“quando il regolamento di condominio non stabilisce la sede in cui debbono essere tenute le riunioni
assembleari, l’amministratore ha - sì - il potere di scegliere la sede che, in rapporto alle contingenti esigenze
del momento, gli appare più opportuna - ma che - tuttavia, tale potere discrezionale incontra un duplice
limite: anzitutto il limite territoriale, costituito dalla necessità di scegliere una sede entro i confini della
città in cui sorge l’edificio in condominio; quindi, un secondo limite, costituito dalla necessità che il luogo
di riunione sia idoneo, per ragioni fisiche e morali, a consentire la presenza di tutti i condomini e l’ordinato
svolgimento delle discussione” (Cass. civ. 22 dicembre 1999, n. 14461).
Si tratta di un principio che può creare più di qualche grattacapo. Si pensi ai capoluoghi ed ai comuni
dell’hinterland. Ma l’esempio vale anche per due comuni attaccati: l’Italia è piena di questi casi.
Realtà, di fatto, uniche ma amministrativamente distinte. Si può credere davvero che in casi del genere
tenere l’assemblea nel comune limitrofo possa invalidare la validità della decisione assembleare? La
situazione non è affatto certa perché trattandosi di un principio espresso in sentenze e non in norme
giuridiche può essere smentito. Si consiglia, dunque, di risolvere la questione in sede assembleare,
ad esempio stabilendo che se non è possibile tenere la riunione nel condominio (es. mancanza
spazi idonei) si potrà tenerla presso l’ufficio dell’amministratore anche se posto fuori dal comune
di ubicazione dello stabile.
Quanto al secondo requisito del luogo, vale a dire l’idoneità, la sentenza citata pare chiara e non
assoggettabile a critiche di ogni sorta.
Giorno
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Al riguardo, come per il luogo, la legge non dice nulla in merito al giorno di svolgimento o meglio la
legge dice solamente che tra prima e seconda convocazione deve intercorrete almeno un giorno solare
(art. 66, quarto comma, disp. att. c.c. ma comunque non più di dieci (art. 1136, terzo comma, c.c.).
Per il resto, come ha specificato la dottrina,
“le assemblee […] possono essere convocate in qualunque giorno dell’anno, si esso feriale che festivo. Per data
s’intende ovviamente dell’anno del mese e del giorno, ma nulla impedisce che siano adottate indicazioni
equipollenti e di sufficiente univocità (come ad esempio, date indicate mediante l’utilizzo di una ricorrenza
religiosa o civile)” (Lorenzini, Assemblea di condominio e liti giudiziali, Wolters Kluwer Italia, 2008).
E’ chiaro che convocare un’assemblea a Natale, a Capodanno o a Pasqua non ha molto senso. Potrebbe
averne, però, convocarne una a Ferragosto o nei giorni immediatamente vicini (notoriamente anch’essi
di ferie per tantissima gente) per quei condomini ubicati in località balneari.
Orario
Se per data e luogo esistono dei pur minimi vincoli, rispetto all’orario la situazione è ancora più
fluida.
“L’amministratore è libero di fissare l’ora di convocazione dell’assemblea e che la convocazione in ora notturna
non rende impossibile la partecipazione alla stessa. Chi, pertanto, diserta l’assemblea condominiale in
prima convocazione perché, data l’ora fissata, ritiene che l’assemblea sarà tenuta in seconda convocazione,
opera a suo rischio” (Cass. 22 gennaio 2000 n. 697).
Attenzione: libertà di scelta non deve coincidere con arbitrarietà della stessa. Il mandatario,
naturalmente, deve agire con la diligenza del buon padre di famiglia e così da tentare di uscire
incontro alle esigenze dei condomini. Certo è che le esigenze possono essere le più varie e non
sempre si riesce ad accontentare tutti. E quindi? Che fare per decidere l’orario? In questi casi meglio
che l’amministratore faccia porre dei paletti direttamente all’assemblea. Come ricorda la Cassazione,
“il codice rimette alla volontà dei partecipanti al condominio la relativa regolamentazione e il singolo
condomino non può pretendere, contro la volontà della maggioranza dei partecipanti stessi, quindi fino a
quando una diversa disciplina non sia recepita dal regolamento condominiale, che l’assemblea di prima
convocazione abbia effettivo svolgimento, sia pure al solo fine della verifica della mancanza del numero
legale, e che per il suo inizio venga fissata una determinata ora anziché un’altra” (Corte d’appello di
Roma 22 gennaio 1997 in Cass. 22 gennaio 2000 n. 697).
Insomma: se nulla è stabilito si può tentare di ottenere dall’amministratore un orario più consono
alle proprie esigenze. Se così non vi si riesce allora si può provare la via assembleare, ma se in riunione
di decide nel senso opposto (es. riunioni solo nel pomeriggio e non la sera) non si può fare nulla. Le
delibere assunte dall’assemblea sono obbligatorie per tutti i condomini (art. 1137, primo comma,
c.c.).
In conclusione: la scelta di luogo, data ed orario di svolgimento è sostanzialmente rimessa alla
discrezionalità dell’amministratore di condominio, fermi restando i limiti imposti dalla giurisprudenza
e dalle norme citate. Le incertezze evidenziate consigliano di far deliberare all’assemblea, ad esempio,
che le riunioni possono svolgersi presso l’ufficio dell’amministratore (se esso è fuori dal Comune di
ubicazione dell’edificio), eventualmente vietando la convocazione in determinati giorni (es. i festivi)
ed in alcune ore.
Per un esempio di avviso di convocazione, di richiesta di evitare alcune date e di deliberazione
di regolamentazione di luoghi, ore e giorni di svolgimento dell’assemblea vedi infra Sezione
Moduli
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11. Amministrare non significa dirigere l’assemblea: come comportarsi durante la
riunione
Ne abbiamo parlato in precedenza (supra Par. 2):l’amministratore non ha un ruolo di direzione
dell’assemblea condominiale. L’amministratore è un mandatario dei condomini ed i condomini gli
conferiscono tale mandato e le indicazioni su come agire per il tramite delle decisioni assunte in riunione.
L’assemblea è luogo di esame e quindi di ratifica o contestazione dell’operato dell’amministratore. E’
evidente che se l’amministratore dirigesse lo svolgimento della riunione, allora si correrebbe il rischio
di vanificare la vera funzione della riunione dei condomini. Il mandatario, quindi, pur presente,
deve comportarsi sempre in modo tale da non sopraffare i condomini, da consentire un democratico
dibattito, ossia accettare le critiche al proprio operato (chiaramente non quelle che finiscono per essere
insulti personali) e fare tesoro delle indicazioni dei condomini, chiaramente senza mai dimenticare
di illustrare il proprio operato e di difenderlo pervicacemente. Insomma, in sede di assemblea
l’amministratore deve dimostrarsi:
a) autorevole e non autoritario (una frase spesso abusata ma che in questo caso calza a pennello) e
quindi disponibile al dialogo e non fermo su posizioni pregiudiziali;
b) propositivo rispetto alla soluzione delle specifiche problematiche in discussione, pronto a
spiegare le conseguenze del disinteresse (es. responsabilità penali, ecc.) ma mai insistente perché la
decisione dev’essere sempre dell’assemblea;
c) capace d’indicare la soluzione adottabile rispetto al contesto deliberativo (quorum necessari,
possibilità di decidere in relazione all’ordine del giorno, ecc.);
d) pronto a dirimere i contrasti tra condomini che spesso sorgono in sede di assemblea.
11.1 La conferma dell’incarico: essere presente o allontanarsi
Un caso pratico della questione riguardante la presenza dell’amministratore in assemblea ed il
modo di comportarsi in riunione è rappresentato dal rinnovo dell’incarico. Spesso ci si domanda:
l’amministratore è tenuto a presenziare oppure può allontanarsi? In tal caso meglio essere presenti o
lasciare maggiore libertà di scelta?
La questione non ha una risposta univoca in quanto la legge sul punto non dice nulla. La conferma
dell’incarico significa, giuridicamente parlando, un rinnovo del contratto di mandato. L’amministratore
può variare il preventivo per il proprio compenso ma siccome per esso è sostanzialmente necessaria
la forma scritta (cfr. art. 1129, quattordicesimo comma, c.c.), non è nemmeno necessario che sia
presente. Al massimo può essere opportuno che sia presente per spiegarlo. In molti affermano che
al momento della decisione è bene lasciare i condomini liberi di discutere tra di loro sul da farsi.
Si diceva che non esiste una regola scritta. Ad avviso di chi scrive il confronto dev’essere schietto
anche in questo momento: poiché le parti sono due (condominio ed amministratore) è bene che al
momento della discussione sulla prosecuzione o meno del rapporto l’amministratore sia presente per
poter dire la propria nel caso di necessità di chiarimenti.
12. La richiesta di chiarimenti e l’indispensabilità d’un comportamento trasparente
Uno dei motivi per i quali è sostanzialmente necessaria la presenza dell’amministratore in assemblea,
è che siccome è lui a gestire la compagine, i condomini, per decidere che cosa fare (es. ratifica di una
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spesa, deliberazione di un intervento, ecc.), debbono avere quante più informazioni possibili.
In buona sostanza, l’amministratore in sede di assemblea deve soprattutto svolgere un ruolo d’ausilio
rispetto alle decisioni dei condomini. A chi domanda chiarimenti deve rispondere in modo tale da fugare
ogni dubbio sull’argomento in discussione e far prendere una decisione realmente consapevole. Ciò
non si limita solamente agli aspetti pratici ma anche alle questioni procedurali sottese al procedimenti
deliberativo. Se l’amministratore ha dimenticato di convocare un condomino, inutile tergiversare
con scuse che possono rivelarsi solamente dannose (Es. “non è ancora stato restituito l’avviso di
ricevimento” oppure “ho inviato un fax ma non ce l’ho qui, ecc.”). Insomma meglio essere trasparenti
anche a costo di dover ammettere i propri errori piuttosto che mentire per ritrovarsi, poi, nella
condizione di essere doversi difendere non solamente per l’errore ma anche per la sua dissimulazione.
Con tutto ciò che ne discende anche con riferimento alle possibili azioni per responsabilità (infra
Cap. XII).
13. Le deliberazioni ed i quorum: aiutare i condomini a non sbagliare
S’è detto come deve comportarsi l’amministratore durante l’assemblea di condominio. Uno dei casi
in cui le sue competenze possono tornare utili dal punto di vista procedimentale è quello riguardante
i quorum costitutivi e deliberativi. Qui bisogna lavorare di memoria per sapere se l’assemblea può
deliberare, per individuare, laddove esistono, quorum dettati per una specifica deliberazione e saper
ragionare per comprendere quali deliberazioni, invece, possono essere prese con le maggioranze indicate
dall’art. 1136, secondo e terzo comma, c.c. Non date mai per scontato che i condomini conoscano le
maggioranze. Non date per scontato nemmeno il contrario. Cercate di capire la situazione concreta
ed agire di conseguenza. Nei paragrafi successivi ci soffermeremo sulle deliberazioni più ricorrenti.
Qui di seguito un esempio per comprendere come agire.
Caso pratico
L’assemblea del condominio Alfa, riunita in prima convocazione, deve deliberare sull’adozione del
regolamento. I condomini sono inesperti e non sanno come comportarsi: per molti è la prima esperienza
diretta di vita condominiale.
In casi del genere è fondamentale che l’amministratore spieghi ai condomini quali sono i quorum
costitutivi in prima convocazione e, se questi ricorrono, quali le maggioranze per deliberare
legittimamente sull’argomento posto in discussione, chiarendo se si tratta della medesima maggioranza
tanto in prima quanto in seconda convocazione. Fare ciò significa porre al riparo il condominio da
eventuali impugnazioni per vizi procedimentali.
14. Vari esempi di deliberazioni
Nei sottoparagrafi successivi portiamo una serie di esempi di deliberazioni specificando il quorum
deliberativo necessario con particolare attenzione a specificare se si tratta del medesimo tanto in
prima quanto in seconda convocazione.
Il sottoparagrafo finale conterrà una tabella riepilogativa anche di quanto detto in quelli precedenti.
Una premessa. Mentre i quorum deliberativi possono variare a seconda del fatto che la decisione
venga assunta in prima o seconda convocazione, quelli costitutivi sono uguali sempre.
In particolare, l’assemblea:
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a) in prima convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che
rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio
(art. 1136, primo comma, c.c.);
b) in seconda convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che
rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio.
Per prendere ogni decisione è sempre necessaria la verifica preventiva di queste maggioranze. E’ bene
ricordare che le deliberazioni assunte con maggioranze inferiori rispetto a quelle previste dalla legge
sono da considerarsi annullabili (cfr. su tutte Cass. SS.UU. n. 4806705)
Un’annotazione terminologica: quando si afferma che le deliberazioni “devono essere sempre
assunte” o simili, si fa riferimento al fatto che quella maggioranza è necessaria tanto in prima
quanto in seconda convocazione.
14.1 Nomina e revoca dell’amministratore
La nomina e la revoca dell’amministratore sono, rispettivamente, gli atti con i quali, da parte
del condominio, è dato inizio e fine al rapporto contrattuale con l’amministratore. Se, come s’è
detto (supra Cap. II), la nomina ha sempre bisogno di un’accettazione o comunque rappresenta
un’accettazione del preventivo proposto dal (futuro) amministratore, la revoca, invece, rappresenta
un atto di recesso unilaterale.
Per nominare e revocare un amministratore è sempre necessario il voto favorevole della maggioranza
degli intervenuti in assemblea ed almeno la metà del valore millesimale dell’edificio, ossia quanto
meno 500 millesimi (art. 1136, secondo e quarto comma, c.c.).
Caso pratico 1
Durante l’assemblea del condominio Alfa si deve votare per la nomina dell’amministratore: sono presenti 7
condomini per un totale di 800 millesimi. Tizio, uno degli amministratori in lizza per assumere l’incarico,
ottiene il voto favorevole di 3 condomini e 520 millesimi. Caio, altro possibile mandatario, ottiene il
voto di 4 condomini e 280 millesimi. Nessuno dei due può dirsi nominato poiché non ricorre la doppia
maggioranza.
Caso pratico 2
Durante l’assemblea del condominio Beta si deve votare per la nomina dell’amministratore: sono presenti
9 condomini su 9 e quindi 1000 millesimi. Sempronio, uno degli amministratori in lizza per assumere
l’incarico, ottiene il voto favorevole di 5 condomini e 500 millesimi. Mevio, altro possibile mandatario,
ottiene il voto di 4 condomini e 500 millesimi. Sempronio può dirsi nominato in quanto ha raggiunto il
quorum previsto dalla legge.
Si badi: gli esempi appena portati hanno carattere generale anche se fatti sulla nomina
dell’amministratore. E’ importante evidenziare che la validità della nomina si raggiunge con
500 millesimi (la metà del valore millesimale dell’edificio) e non con 501 millesimi come spesso,
erroneamente si dice. D’altronde se fossero stati necessari 501 millesimi la legge avrebbe fatto
riferimento a questa cifra.
14.2 La polizza per l’assunzione dell’incarico
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L’art. 1129, terzo comma, c.c. recita:
“L’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione ai condomini di una
polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del
mandato”.
Non sono indicati specifici quorum deliberativi per questa deliberazione Poiché la polizza riguarda
la nomina e considerato che ai sensi dell’art. 1136 c.c. le deliberazioni concernenti (ossia che hanno
attinenza) con la nomina devono essere sempre assunte con il voto favorevole della maggioranza degli
intervenuti in assemblea ed almeno la metà del valore millesimale dell’edificio, ad avviso di chi scrive
non vi sono motivi per dubitare che, anche per deliberare sulla subordinazione della nomina alla
polizza siano necessari questi quorum deliberativi.
Caso pratico
L’assemblea del condominio Alfa, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea
ed almeno la metà del valore millesimale dell’edificio, decide di nominare Tizio amministratore. Alcuni
condomini suggeriscono di subordinare la nomina alla stipula di una polizza. La questione viene discussa
e messa ai voti ma non raggiunge le maggioranze di cui sopra. La proposta deve ritenersi respinta.
14.3 Approvazione del preventivo e del rendiconto di gestione
Su questi atti fondamentali per l’esercizio del potere di indirizzo e controllo dell’operato
dell’amministratore la legge non dice nulla di specifico. Nessun quorum deliberativo previsto ad hoc.
Ed allora? Con quali maggioranze approvare il preventivo ed il rendiconto di gestione?
In assenza di specifiche indicazioni valgono i quorum deliberativi generali specificamente previsti dal
codice in relazione alla prima e seconda convocazione.
In particolare:
a) in prima convocazione, sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che
rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (art. 1136,
secondo comma, c.c.);
b) in seconda convocazione, sono valide le deliberazioni approvate dalla maggioranza degli
intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio (art. 1136,
terzo comma, c.c.).
14.4 Attivazione del sito internet condominiale
Sito internet condominiale ovvero possibilità di accedere a documenti, estrarne copia, visualizzare
annunci, ecc. direttamente da casa propria. La legge n. 220/2012 ha introdotto questa novità. In
particolare ai sensi dell’art. 71-quater disp. att. c.c.:
“Su richiesta dell’assemblea, che delibera con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136
del codice, l’amministratore è tenuto ad attivare un sito internet del condominio che consenta agli aventi
diritto di consultare ed estrarre copia in formato digitale dei documenti previsti dalla delibera assembleare.
Le spese per l’attivazione e la gestione del sito internet sono poste a carico dei condomini.
La deliberazione di attivazione del sito ed il relativo contenuto, quindi deve essere sempre assunta
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con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea ed almeno la metà del valore
millesimale dell’edificio (500 millesimi).
14.5 Installazione di un impianto di videosorveglianza
La situazione sulla videosorveglianza, fino all’entrata in vigore della così’ detta riforma del condominio
era grandemente incerta. La questione veniva affrontata soprattutto a livello di giurisprudenza di merito.
In una sentenza resa dal Tribunale di Salerno sul finire del 2010, si leggeva che la videosorveglianza
“sconta innanzitutto l’assoluta carenza del dato normativo, e va risolta facendo unicamente buona
applicazione dei principi generali che sovrintendono ai “separati mondi” della protezione dei dati personali
e del condominio negli edifici. Con la segnalazione del 13 maggio 2008, da ultimo vanamente ribadita
nel Provvedimento generale sulla videosorveglianza dell’8 aprile 2010 (pubblicato sulla G.U. del 29 aprile
2010), l’Autorità garante ha quindi constatato come la disciplina codicistica dell’istituto condominiale
non consenta, nemmeno per analogia, di individuare quali siano i soggetti, abitanti in un condominio
di edifici, che abbiano diritto di voto per la delibera assembleare relativa all’installazione di telecamere
che riprendano le aree comuni, potendo in astratto vantare una legittimazione al riguardo sia i titolari di
diritti reali, sia i titolari di diritti personali concernenti le porzioni solitarie comprese nel fabbricato, sia
ancora coloro che soltanto frequentano abitualmente l’edificio per vincoli familiari o per motivi di lavoro.
Né ovviamente la normativa chiarisce allo stato se occorra l’unanimità dei partecipanti al condominio, o
se basti una qualche maggioranza di votanti di un qualche tipo perché la delibera di installazione della
video sorveglianza sia validamente assunta” (Trib. Salerno 14 dicembre 2010).
Il legislatore con la legge n. 220/2012 ha inteso sopperire a questa lacuna normativa inserendo nel
codice civile l’art. 1122-ter c.c., che recita:
“Le deliberazioni concernenti l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire
la videosorveglianza su di esse sono approvate dall’assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma
dell’articolo 1136”.
In poche parole come per la nomina dell’amministratore e per l’attivazione del sito internet
condominiale, anche le deliberazioni concernenti l’installazione di un impianto di video delle parti
comuni devono essere sempre assunte con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in
assemblea ed almeno la metà del valore millesimale dell’edificio (500 millesimi).
14.6 Innovazioni: nozione e quorum
Spetta all’assemblea deliberare l’esecuzione d’interventi innovativi. Che cosa sono le innovazioni? Il
codice civile non ne fornisce la definizione. A che guardare, allora, se non alla giurisprudenza?
Secondo il consolidato orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione,
“per innovazioni delle cose comuni s’intendono, dunque, non tutte le modificazioni (qualunque opus
novum), sebbene le modifiche, le quali importino l’alterazione della entità sostanziale o il mutamento
della originaria destinazione, in modo che le parti comuni, in seguito alle attività o alle opere innovative
eseguite, presentino una diversa consistenza materiale, ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi
da quelli precedenti (tra le tante: Cass.,23 ottobre 1999, n. 11936; Casa., 29 ottobre 1998, n. 1389;
Cass., 5 novembre 1990, n. 10602)” (così Cass. 26 maggio 2006 n. 12654).
Installare un cancello per chiudere un’area cortilizia non è un’innovazione (cfr. in tal senso
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Cass. 21 febbraio 2013, n. 4340, contra Trib. Novara 19 febbraio 2007). Installare un ascensore
laddove non c’era rappresenta un’innovazione.
Quali sono i quorum deliberativi necessari per ordinare l’esecuzione di un intervento innovativo?
Ai sensi dell’art. 1136, quinto comma, c.c. tali deliberazioni devono essere sempre approvate
dall’assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i
due terzi del valore dell’edificio (ossia 666,67 millesimi).
Attenzione. Non tutte le innovazioni necessitano di tali quorum deliberativi. Ve ne sono alcune,
che si potrebbero dire, di particolare rilevanza sociale per la collettività condominiale che possono
essere deliberate con maggioranze sensibilmente inferiori. Si tratta delle innovazioni, che nel concetto
essenziale non differiscono da quelle definite dalla Cassazione, previste dal secondo dell’art. 1120 c.c.
ossia:
“1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;
2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche per il contenimento del consumo
energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio,
nonché per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari
o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale
o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune;
3) l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro
genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione
per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la
destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto”.
In questi casi le delibere devono essere sempre assunte con il voto favorevole della maggioranza degli
intervenuti in assemblea ed almeno la metà del valore millesimale dell’edificio (500 millesimi).
Come ricorda il quarto ed ultimo comma dell’art. 1120 c.c.
“Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilita o alla sicurezza del fabbricato,
che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o
al godimento anche di un solo condomino”.
Per quanto riguarda le innovazioni che alterano il decoro dell’edificio o che rendano talune parti
inservibili anche ad un solo condomino, la loro deliberazione necessita del consenso di tutti i
condomini. Sono sempre vietate quelle che recano pregiudizio alla stabilità o sicurezza del fabbricato.
14.7 Liti condominiali e dissenso ex art. 1132 c.c.
S’è detto in precedenza (cfr. supra Cap. VIII), che esistono delle liti rispetto alle quali l’amministratore
è legittimato ad agire e resistere in giudizio senza la necessaria preventiva autorizzazione assembleare.
Si tratta delle liti per le materie di cui all’art. 1130 c.c.
Per tutte le restanti liti, ossia quelle che – come dice l’art. 1136, quarto comma, c.c. – esorbitano
dalle attribuzioni dell’amministratore, la deliberazione di attivazione di un giudizio o di resistenza
devono essere sempre assunte con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea
ed almeno la metà del valore millesimale dell’edificio (500 millesimi).
Resta fermo il diritto di ogni condomino, per i casi di deliberazione su liti attive e passive esorbitanti
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la competenza dell’assemblea, di dissociarsi dalla medesime per il caso di esito negativo.
In tal senso l’art. 1132 c.c. recita:
Qualora l’assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda,
il condomino dissenziente, con atto notificato all’amministratore, può separare la propria responsabilità in
ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L’atto deve essere notificato entro trenta giorni
da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione.
Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa.
Se l’esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio
è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente.
La dissociazione dev’essere comunicata a mezzo di atto scritto e per racc. a.r. (cfr. Cass. 15 giugno 1978
n. 2967) dagli assenti e, aggiungiamo noi per scrupolo, anche da chi ha espresso il proprio dissenso
già in assemblea (cfr. in tal senso Trib. Napoli 8 gennaio 2003). La locuzione per “dissociazione per
il caso di esito negativo” sta a significare una cosa: i condomini dissociati dalla lite devono comunque
pagare le spese legali per portare avanti la causa (Trib. Nola 7 ottobre 2008). L’art. 1132 c.c. è tra
le norme dettate in materia di condominio, una delle più oscure: i dati certi, o quanto meno quelli
evidenziati dalla giurisprudenza, li abbiamo posti in evidenza. Il resto è una storia ancora tutta da
scrivere.
14.8 Mediazione ex d.lgs n. 28/2010
Il così detto decreto del fare (d.l. n. 69/2013 poi convertito in legge dalla l. n. 98/2013) ha reintrodotto
nel nostro ordinamento, in via sperimentale per quattro anni, il tentativo di conciliazione obbligatorio
anche per le controversie in materia condominiale (per una definizione del concetto di condominio
ai fini dell’obbligatorietà del tentativo si veda art. 71-quater disp. att. c.c. di cui s’è approfondito il
contenuto supra Cap. VIII).
All’assemblea (ad avviso di chi scrive) nei casi di controversie esorbitanti le attribuzioni
dell’amministratore spetta il potere di attivare o aderire al procedimento mentre spetta in ogni caso
all’assemblea la decisione di accettare la proposta di mediazione (sul punto di veda supra Cap. VIII)
.A mente del terzo e quinto comma dell’art. 71-quater disp. att. c.c. tali deliberazioni devono essere
sempre assunte con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea ed almeno la
metà del valore millesimale dell’edificio (500 millesimi).
Al riguardo occorre svolgere alcune considerazioni per mettere in evidenza come non aver
previsto un quorum correlato all’oggetto della mediazione possa introdurre degli elementi
distorsivi nell’ordinamento. Un esempio aiuterà a comprendere quest’affermazione. Prima, però, è
bene ricordare che il procedimento di mediazione parte dall’oggetto della controversia ma l’accordo
può andare a comprendere altri aspetti.
Caso pratico
Tizio decide d’impugnare una deliberazione concernente la modificazione della destinazione d’uso delle
parti comuni per carenza dei quorum deliberativi. Per farlo deve attivare il così detto procedimento di
conciliazione. La delibera contestata prevedeva di trasformare il locale portineria in una sala riunioni. A
seguito della procedura le parti trovano un accordo sulla base della proposta formulata dal mediatore: il
locale potrà avere la destinazione scelta dall’assemblea a condizione che parte l’area cortilizia sia destinata
a parco giochi per bambini.
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In casi del genere la seconda modificazione della destinazione d’uso del cortile (la si voglia considerare
tale o innovazione ai sensi dell’art. 1120, primo comma, c.c, sul punto si veda infra Par. 14.16), in
quanto inserita nella proposta di mediazione verrebbe ad essere approvata, se la proposta venisse
accettata, tanto in prima quanto in seconda convocazione con il voto favorevole della maggioranza
degli intervenuti in assemblea ed almeno la metà del valore millesimale dell’edificio (500 millesimi).
Una maggioranza ben inferiore a quelle richieste dalla legge per innovazioni (supra Par. 14.6)
o modificazione della destinazione d’uso (infra Par. 14.16). Sicuramente la norma sui quorum
deliberativi dell’accettazione della proposta di mediazione è destinata a far discutere.
Un altro esempio può essere utile per evidenziare ulteriormente questa situazione d’incertezza. Il
riferimento è l’art. 1122-bis c.c. (infra Par. 14.17).
Caso pratico
Tizio deve installare un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili a servizio della propria
unità immobiliare. Per farlo deve modificare delle parti comuni. Stando così le cose, mette in moto la
procedura di cui all’art. 1122-bis c.c. avvisando l’amministratore, il quale convoca l’assemblea che a sua
volta impone particolari prescrizioni. Tizio non ci sta e con l’ausilio del suo legale inizia la controversia per
ottenere l’annullamento della delibera. Nel corso del tentativo di conciliazione, il mediatore, su richiesta
delle parti (Tizio ed il condominio), avanza una proposta di mediazione con differenti prescrizioni.
L’assemblea ratifica con le maggioranze indicate dall’art. 71-bis disp. att. c.c. ossia con il voto favorevole
della maggioranza degli intervenuti ed almeno 500 millesimi.
In sostanza in un caso del genere la delibera di accettazione della proposta di mediazione, contiene
prescrizioni adottate con un quorum deliberativo inferiore a quello previsto dall’art. 1122-bis c.c.
Non solo: quella delibera dev’essere considerata come deliberazione sostitutiva di una già adottata ma
non rispetta nemmeno i quorum deliberativi per ciò necessari (infra Par. 14.13).
14.9 Revisione contabile
La revisione contabile è quel procedimento per mezzo del quale i condomini possono chiedere di
verificare la correttezza di uno o più rendiconti già approvati.
Secondo quanto stabilito dal primo comma dell’art. 1130-bis c.c.
“L’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate,
nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la
maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore[...]”
In pratica le deliberazioni con le quali è disposta la revisione contabile devono essere sempre assunte
con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea ed almeno la metà del valore
millesimale dell’edificio (500 millesimi).
14.10 Lavori straordinari
S’è abituati ad accostare i lavori straordinari con maggioranze ben definite, ossia le stesse necessarie
per la nomina dell’amministratore. a ben vedere non è così.
I lavori straordinari, ossia quelli che si rendono necessari per manutenere e conservare in buono stato
l’edificio, non sono sempre uguali. Sostituire un portone di un edificio non è la stessa cosa di far
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eseguire lavori di manutenzione della facciata. La differenza economica non è di poco conto. L’entità
(sempre in termini economici) delle opere manutentive, incide, e non poco, sui quorum deliberativi
necessari (vedi Par. succ.).
Per i lavori straordinari che non hanno notevole entità, il codice civile non prevede una specifica
maggioranza. Ciò vuol dire che con riferimento a questo genere d’interventi:
a) in prima convocazione, devono essere considerate valide le deliberazioni approvate con un numero
di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (art.
1136, secondo comma, c.c.);
b) in seconda convocazione, devono essere considerate valide le deliberazioni approvate dalla
maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore
dell’edificio (art. 1136, terzo comma, c.c.).
14.11 Lavori straordinari di notevole entità
Che cosa vuol dire deliberare l’esecuzione di lavori straordinari di notevole entità? Significa doverli
deliberare, tanto in prima, quanto in seconda convocazione, con le maggioranze prescritte dall’art.
1136, secondo e quarto comma, c.c.
Che cosa significa notevole entità? La definizione di questo concetto è fondamentale per comprendere
l’ambito applicativo della norma.
Secondo la Suprema Corte di Cassazione,
“in tema di riparazione di un edificio condominiale, l’individuazione della “notevole entità” delle
riparazioni straordinarie, la cui approvazione esige, ai sensi del 4 comma dell’art. 1136 c.c., la maggioranza
qualificata indicata dal capoverso, è affidata, nell’assenza di un specifico criterio normativo, alla valutazione
discrezionale del giudice del merito. In proposito, i criteri della proporzionalità fra il costo delle opere ed
il valore dell’edificio e la ripartizione di quel costo fra i condomini configurano non un vincolo ed un
limite della discrezionalità ma un ulteriore ed eventuale criterio di giudizio: nel senso della possibilità,
per il giudice del merito, di tenere conto, oltre che dei dati di immediato rilievo, cioè dell’ammontare
oggettivo dell’esborso occorrente per la realizzazione di dette opere, anche del rapporto fra quei tre elementi
(costo delle opere, valore dell’edificio, entità della spesa ricadente sui singoli condomini) quando quel dato
immediato, per la sua entità, non appaia risolutivo” (così Cass. 29 gennaio 1999 n. 810).
Insomma non è facile dire così, icto oculi, se dei lavori sono da considerarsi di notevole entità
oppure no. Le valutazioni sono molteplici e non esistendo una soglia tutto è rimesso alla valutazione
discrezionale del giudice, nel caso di sbocco della controversia in un’aula giudiziaria, o comunque
dell’assemblea al momento della deliberazione di quei lavori.
Insomma le delibere di approvazione di lavori di riparazione straordinaria devono essere sempre
assunte con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea ed almeno la metà del
valore millesimale dell’edificio (500 millesimi).
Attenzione a non confondere riparazioni straordinarie di notevole entità (questa la formula usata
dalla norma) con approvazione della contabilità finale dei lavori. Secondo il Tribunale di Lecce,
infatti,
“l’art. 1136, co. 2 e 4, c.c. impone maggioranze qualificate per le delibere che concernono la ricostruzione
dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entita’; quella impuntata, invece, adottata in seconda
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convocazione, ha ad oggetto il mero esame ed approvazione della contabilita’ finale di lavori di manutenzione
(gia’ approvati in precedenza) e relativo piano di riparto, e a tali materie – anche in caso di notevole entita’
dei lavori – non si estende il quorum deliberativo richiesto per l’approvazione di questi ultimi e dei relativi
esborsi […]” (Trib. Lecce 20 gennaio 2012 n. 159).
Ciò, almeno secondo questa sentenza di merito, vuol dire che la contabilità finale dei lavori in esame
può essere validamente approvata:
a) in prima convocazione, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti
e almeno la metà del valore dell’edificio (art. 1136, secondo comma, c.c.);
b) in seconda convocazione, dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che
rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio (art. 1136, terzo comma, c.c.).
14.12 Lavori straordinari, innovazioni e fondo riserva obbligatorio
Ai sensi dell’art. 1135, primo comma n. 4, c.c. l’assemblea condominiale, quando delibera opere
di manutenzione straordinaria e innovazioni, è obbligata a deliberare l’istituzione di un fondo
speciale di importo pari all’ammontare dei lavori. E’ una delle novità introdotte dalla riforma del
condominio. Una di quelle norme in gradi di creare molti grattacapi. Di sicuro non per i quorum
deliberativi. La deliberazione dell’istituzione del fondo obbligatorio, essendo connesso alle opere
indicate, necessita delle medesime maggioranze previste per le decisioni su innovazioni (supra Par.
14.6) e lavori straordinari (supra Parr. 14.10 e 14.11).
Caso pratico
L’assemblea del condominio Alfa delibera l’esecuzione di interventi di manutenzione straordinaria per
un importo pari ad € 100.000,00, calcolati sulla base di un computo metrico affidato ad un tecnico di
fiducia del condominio. L’assise delibera, altresì, la costituzione di un fondo speciale pari all’ammontare
dei lavori, specificando che l’intera somma dovrà essere interamente versata in dieci rate mensili secondo
il piano di riparto predisposto dall’amministratore ed approvato in riunione. Solo quando l’intera somma
sarà raccolta si potranno iniziare i lavori e quindi l’amministratore potrà firmare il contratto con l’impresa
Beta, ossia quella prescelta per la loro esecuzione.
I problemi in casi del genere non riguardano i quorum deliberativi: che cosa accade se l’assemblea non
delibera sul punto? I fondi devono essere interamente accumulati prima della data d’inizio dei lavori?
Di conseguenza se non c’è l’intera somma deliberata, i lavori non possono iniziare?
Andiamo per gradi, partendo con una premessa. Allo stato attuale non esiste un’indicazione certa anche
se la maggior parte degli addetti ai lavori sembra interpretare la norma nel modo (seguente: prima si
raccolgono i soldi necessari per i lavori dopo di che si dà inizio ai lavori (e quindi si firma il contratto
con l’impresa aggiudicataria dell’esecuzione delle opere). Si tratta indubbiamente dell’interpretazione
più rigida. Se non si può firmare il contratto fintanto che i condomini non versano, chi dà la certezza
di poterli iniziare nei termini stabiliti? Uno dei comproprietari potrebbe essere moroso e l’azione
di recupero del credito, se sfocia in un’azione esecutiva, non è mai di pronta soluzione. Si potrebbe
dire: si firma un contratto con un’impresa e lo si sottopone ad un termine: la raccolta dei fondi.
Difficilmente un’impresa firma un contratto per € 100.000,00 (o per qualunque somma) se poi può
presupporre di dover aspettare anche uno o due anni prima di iniziare le opere. I prezzi non sono
fissi. Si può obiettare: ok, si può concordare con l’impresa un adeguamento del prezzo. Giusto! Ma
a quell’adeguamento deve corrispondere una delibera di approvazione dell’aumento del costo dei
lavori e di conseguenza l’aggiornamento dell’importo del fondo speciale. Insomma la situazione non
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è così semplice com’è stata descritta. Meglio: non è detto che facendo le cose nel modo più prudente
possibile tutto vada per il meglio.
Rileggere la norma può aiutare a trovare soluzioni, ad avviso di chi scrive, ugualmente conformi ad
essa.
L’art. 1135, primo comma n.4, c.c. specifica che l’assemblea provvede:
“alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo
speciale di importo pari all’ammontare dei lavori”.
La norma specifica che la costituzione del fondo è obbligatoria e che esso deve avere una consistenza
pari all’ammontare dei lavori, ma la norma non dice che l’accantonamento delle riserve economiche
debba precedere l’inizio dei lavori. Prima delle modificazioni all’art. 1135 c.c. introdotte dalla legge
n. 220/2012, si parlava solamente di facoltà dell’assemblea di costituire un fondo speciale per le
opere straordinarie. Una volta presa questa decisione, tuttavia, non è s’è mai specificato che il fondo
dovesse essere interamente versato prima dell’inizio dei lavori (cfr. Branca, Comunione condominio
negli edifici, Zanichelli, 1982 e Terzago, Il condominio, Giuffrè, 1985). Dire che il fondo speciale
debba essere di pari importo all’ammontare dei lavori, infatti, non sta a significare che lo stesso debba
essere versato interamente prima dell’inizio delle opere. L’assemblea lo deve deliberare e se decide il
contrario la deliberazione deve ritenersi annullabile per violazione di legge (art. 1137 c.c.), ma una
volta deliberato può decidere modi e tempi di conferimento anche concomitanti con l’esecuzione
dei lavori. L’impresa non può sindacare sull’esistenza del fondo in quanto lo stesso ha mera rilevanza
interna. E se sul punto non vi sono decisioni, ad esempio per contrasti sulle modalità di conferimento
delle somme? Come per la nomina dell’amministratore, si potrebbe ipotizzare che l’omessa decisione
sul punto legittimi un ricorso al giudice in sede di volontaria giurisdizione per la costituzione del
fondo speciale. Ciò che è sicuro è che siccome l’art. 1135 c.c. non rientra tra quelli assolutamente
inderogabili (cfr. art. 1138, quarto comma, c.c.), i condomini, con un accordo sottoscritto a tutti (es.
regolamento contrattuale), potrebbero rendere non operativa la norma in esame.
In buona sostanza, com’è dato di comprendere dall’esposizione dei fatti, la situazione è tutt’altro
che certa e, gioco forza, solamente la prassi applicativa e le decisioni giurisprudenziali potranno
dare maggiore certezza. Quanto al nostro punto di vista, ciò che ci sentiamo di affermare è che non
è poi così scontato che lo schema debba essere quello: deliberazione lavori, raccolta intera somma
necessaria ed esecuzione degli stessi.
Questa la situazione dopo l’entrata in vigore della riforma e fino al 24 dicembre 2013: il così
detto decreto destinazione Italia (entrato in vigore la vigilia di Natale del 2013) è intervenuto
è per cercare di migliorarla. Ci riuscirà? Vediamo di capirne qualcosa in più nel paragrafo
successivo.
Per un esempio di delibera di costituzione di un fondo speciale di pari all’importo all’ammontare
dei lavori vedi infra Sezione Moduli
14.12.1 Fondo obbligatorio e decreto Destinazione Italia
Con l’entrata in vigore del decreto Destinazione Italia, l’art. 1135, primo comma n. 4, c.c. specifica
che l’assemblea provvede:
alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo
speciale di importo pari all’ammontare dei lavori; se i lavori devono essere eseguiti in base a un contratto
che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può
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essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti.
Dunque se il contratto di appalto prevede un pagamento graduale in base all’avanzamento dei lavori
(il così detto S.A.L.), il fondo può essere costituito in relazione a vari pagamenti. Ci sono tre stati di
avanzamento? Allora si possono prevedere tre fondi di pari importo. La norma ad una prima lettura,
sembra semplificare la questione “costituzione del fondo obbligatorio”, ma non è così.
Che cosa succede se al posto di pagamenti in base allo stato di avanzamento sono previsti semplici
acconti? Il condominio dovrà costituire il fondo (nel senso di mettere da parte le provviste) nella
sua interezza fin da subito, senza possibilità di frazionamento in base alle singole partite, poiché le
modifiche normative trovano applicazione solamente nel caso di versamenti corrispondenti allo stato
di avanzamento? Oppure dobbiamo considerare le situazioni analoghe?
In buona sostanza ad avviso di chi scrive il decreto Destinazione Italia, nel tentativo di migliorare la
situazione, non è riuscito perfettamente nel proprio intento. Visto che un decreto legge, per restare
valido, dev’essere convertito (art. 77 Cost.) e visto che con la conversione possono essere introdotte
delle modifiche, l’auspicio è che sull’art. 1135 n. 4 c.c. s’intervenga per specificare che anche se
la costituzione del fondo è obbligatoria, non è obbligatorio il conferimento anticipato dell’intero
importo dei lavori deliberati.
14.13 Il regolamento condominiale
Quando si parla di regolamento condominiale si deve pensare ad una sorta di statuto.
In tal senso dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che
“il regolamento di condominio, quali ne siano l’origine ed il procedimento di formazione e, quindi, anche
quando abbia natura contrattuale, si configura, in relazione alla sua specifica funzione di costituire una
sorta di statuto della collettività condominiale, come atto volto ad incidere con un complesso di norme
giuridicamente vincolanti per tutti i componenti di detta collettività, su un rapporto plurisoggettivo
concettualmente unico ed a porsi come fonte di obblighi e diritti non tanto per la collettività come tale,
quanto, soprattutto, per i singoli condomini” (Cass. 29 novembre 1995 n. 12342).
Quali ne siano l’origine e la formazione. Ogni amministratore deve tenere a mente questo aspetto
per valutare natura e contenuto del regolamento e quindi le maggioranze necessarie per la sua
approvazione e revisione.
Regolamento assembleare
Il regolamento assembleare è quello che può essere approvato dall’assemblea. La sua presenza diviene
obbligatoria quanto il numero dei condomini è superiore a dieci (art. 1138, primo comma, c.c.). In
tal caso esso può contenere le norme riguardanti
“ l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun
condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione”
(art. 1138, primo comma, c.c.).
Esiste un parcheggio piccolo rispetto al numero dei condomini? Il regolamento assembleare può
contenere sull’utilizzo turnario. Per i condomini cinque giorni di preavviso in merito allo svolgimento
dell’assemblea sono pochi? Il regolamento può aumentare questo termine. Tutto ciò che riguarda
il funzionamento della compagine, nel limite del rispetto del diritto dei singoli sulle loro unità
immobiliari e sulle parti comuni può essere disciplinato dall’assemblea anche attraverso l’inserimento
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di queste regole in un regolamento.
Il regolamento deve essere sempre approvato e modificato con il voto favorevole della maggioranza
degli intervenuti in assemblea ed almeno la metà del valore millesimale dell’edificio (500 millesimi)
(art. 1138, terzo comma, c.c.). Ogni condomino può prendere l’iniziativa per la formazione e la
revisione del regolamento. Anche se la legge non dice nulla in merito, non vi sono dubbi che la
medesima iniziativa possa partire anche dall’amministratore. Il mandatario, perché il regolamento
è obbligatorio per legge o quando lo ritiene utile, può proporre all’assemblea di dotare il condominio
di un proprio statuto. In caso di regolamento obbligatorio e di mancata approvazione assembleare
non ci si può rivolgere all’Autorità Giudiziaria per ottenerne uno, così come si fa per la nomina
dell’amministratore (cfr. Branca, Comunione condominio negli edifici, Zanichelli, 1982).
I regolamenti assembleari, infine, non possono contenere clausole che vietino la detenzione di animali
domestici.
Chi deve osservare il regolamento assembleare?
L’art. 1138 c.c. specifica come debba essere approvato e modificato il regolamento, ne disciplina il
contenuto e specifica quando la sua adozione è obbligatoria. Essendo approvato con una delibera,
è evidente che lo stesso debba essere osservato da tutti i condomini attuali e futuri; l’art. 1137,
primo comma c.c. che contiene questa disposizione, infatti, parla semplicemente di condomini senza
riferimento a quelli attuali o a quelli futuri. Ciò trova ulteriore conferma nell’art. 1107, secondo
comma, c.c. (richiamato anche nell’art. 1138 c.c.) a mente del quale il regolamento deve essere
rispettato dai condomini e dai loro eredi ed aventi causa.
Regolamento contrattuale
Il regolamento contrattuale è quell’accordo intercorrente tra tutti i condomini. Esso può essere
predisposto dall’originario unico proprietario dell’edificio (es. il costruttore) e sottoscritto dai
condomini al momento dell’acquisto delle unità immobiliari, oppure essere redatto e sottoscritto da
tutti i partecipanti al condominio in un momento successivo. La prima ipotesi è quella più ricorrente.
Qual è la natura di questo regolamento?
Secondo la Cassazione,
“quale che ne siano il meccanismo di produzione ed il momento del suo venire in essere come atto efficace
(dati su cui la dottrina non è concorde), si configura, dal punto di vista strutturale, come un contratto
plurilaterale, avente, cioè, pluralità di parti e scopo comune” (Cass. 21 maggio 2008 n. 12850).
Trattandosi di un contratto, questo tipo di regolamento può contenere norme limitatrici dei diritti dei
singoli sulle parti di proprietà comune (es. divieto assoluto di modificazione del decoro dell’edificio)
o esclusiva (es. divieto destinazione unità immobiliari ad uso ufficio) (cfr. Cass. 19 ottobre 1998 n.
10335). Vista la particolare incidenza di queste clausole sui diritti individuali, è stato affermato che
“le restrizioni alle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio
di natura contrattuale, devono essere formulate in modo espresso o comunque non equivoco in modo
da non lasciare alcun margine d’incertezza sul contenuto e la portata delle relative disposizioni (Cass.
n. 23 del 07/01/2004). Trattandosi di materia che attiene alla compressione di facoltà normalmente
inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni
incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze e non
possono quindi dar luogo ad un’interpretazione estensiva delle relative norme” (Cass. 20 luglio 2009 n.
16832).
Ad avviso di chi scrive ciò vale anche per le restrizioni delle facoltà inerenti i diritti sulle cose comune.
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Il divieto di un particolare uso di un bene comune dev’essere formulato il modo chiaro e preciso e
non generico così dà rendere incerta l’applicazione della norma.
Non bisogna confondere natura e origine del regolamento. Era il 1999 quando le Sezioni Unite della
Suprema Corte di Cassazione ebbero modo di chiarire quanto segue:
“è stata da tempo abbandonata l’opinione secondo cui sarebbero di natura contrattuale, quale che sia
il contenuto delle loro clausole, i regolamenti di condominio predisposti dall’originario proprietario
dell’edificio e allegati ai contratti d’acquisto delle singole unità immobiliari, nonché i regolamenti formati
con il consenso unanime di tutti i partecipanti alla comunione edilizia (v. sent. nn. 2275 del 1968,882 del
1970). La giurisprudenza più recente e la dottrina ritengono, invece, che, a determinare la contrattualità
dei regolamenti, siano esclusivamente le clausole di essi limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà
esclusive (divieto di destinare l’immobile a studio radiologico, a circolo ecc...) o comuni (limitazioni all’uso
delle scale, dei cortili ecc.), ovvero quelle clausole che attribuiscano ad alcuni condomini dei maggiori
diritti rispetto agli altri (sent.nn. 208 del 1985,3733 del 1987,854 del 1997).Quindi il regolamento
predisposto dall’originario, unico proprietario o dai condomini con consenso totalitario può non avere
natura contrattuale se le sue clausole si limitano a disciplinare l’uso dei beni comuni pure se immobili”
(Cass. SS.UU. 30 dicembre 1999 n. 943).
Questa valutazione chiaramente incide anche sui quorum deliberativi necessari per le modificazioni.
Un regolamento di origine assembleare può essere modificato con il voto favorevole della maggioranza
degli intervenuti in assemblea ed almeno la metà del valore millesimale dell’edificio (500 millesimi)
Un regolamento di origine contrattuale, meglio le clausole contenute in un simile regolamento
possono essere modificate con tali maggioranze se il loro contenuto non incide sui diritti dei singoli
su beni comuni o di proprietà esclusiva. In ogni caso il regolamento condominiale deve avere forma
scritta, come forma scritta devono avere tutte le modificazioni (cfr. Cass. SS.UU. 30 dicembre 1999
n. 943).
Come verificare se un regolamento è contrattuale?
Se un regolamento ha origine e natura contrattuale e contiene elementi utili a costituire servitù o altri
diritti reali (es. uso esclusivo del lastrico solare), quasi certamente si avrà avuto cura di trascriverlo
presso la conservatoria dei pubblici registri immobiliari. Così facendo, infatti, i diritti reali costituiti
con quell’atto sono opponibili a terzi, quali ad esempio possono essere i compratori delle unità
immobiliari successivi agli originari acquirenti. Insomma se un regolamento è trascritto presso la
conservatoria dei pubblici registri immobiliari (e tale fatto è verificabile partendo dal carteggio
condominiale per finire con una visura presso gli uffici dell’agenzia del territorio, ormai incorporati
nell’agenzia delle entrate) possiamo stare certi che esso è contrattuale, che contiene atti costitutivi
di determinati diritti (cfr. art. 2645 c.c.) e che dev’essere sempre rispettato da tutti i condomini.
Così non fosse la situazione diverrebbe obiettivamente più difficoltosa. Il motivo è quello specificato
dall’art. 1372, terzo comma, c.c. a mente del quale
“Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge”.
Insomma se il regolamento contrattuale non è trascritto e non è menzionato nei contratti di
compravendita può vincolare solamente chi lo accetta espressamente. Tale verifica, inutile nascondersi
dietro un dito, è tutt’altro che agevole soprattutto per quegli edifici costituitisi in condominio molti
anni addietro.
Per un esempio di delibera di approvazione di un regolamento condominiale e di regolamento
condominiale vedi infra Sezione Moduli
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14.14 La sostituzione di delibera
Sostituire una deliberazione vuol dire, nella sostanza, cambiare idea o aggiustare il tiro.
Si pensi alla decisione assunta senza che tutti gli aventi diritto siano stati invitati a partecipare
all’assemblea. Sostituire questa delibera con un in cui il procedimento di convocazione e regolare, vuol
dire sanare la situazione. Oppure si pensi, ancora, alla decisione di affidare lavori di manutenzione
all’impresa Alfa e la successiva decisione con si decide di cambiare impresa appaltatrice.
L’assemblea può sempre decidere di cambiare idea. Chiaramente se gli atti adottati hanno già
prodotto degli effetti, la compagine dovrà assumersene le responsabilità. Sostituire l’impresa dopo
che è stato firmato il contratto d’appalto può voler dire dover pagare i danni per mancato guadagno
all’appaltatore revocato.
Ad ogni buon conto, ai fini che ci occupano, è bene evidenziare che per sostituire una deliberazione è
sufficiente che la decisione di sostituzione sia adottata con le maggioranze necessarie per quel genere
di deliberazione.
Caso pratico
Il condominio Alfa ha deliberato di eseguire lavori straordinari di notevole entità affidando l’incarico alla
ditta Alfa. La delibera è stata adottata con il voto favorevole di tutti i condomini presenti e 700 millesimi.
Per sostituire questa delibera (es. per cambiare l’appaltatore o rinviare i lavori) sarà necessario e sufficiente
il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio
(500 millesimi). E’ questa, infatti, la maggioranza necessaria per deliberare questo genere d’interventi
(supra Par. 14.11).
Diverso il discorso nel caso in cui la delibera è in realtà un contratto sottoscritto da tutti i condomini.
In tal caso, come per il regolamento contrattuale, per la sua sostituzione è necessario il consenso di
tutti i partecipanti al condominio.
Per un esempio di delibera di sostituzione di altra decisione assembleare vedi infra Sezione
Moduli
14.15 L’accensione di un mutuo condominiale
E’ un’ipotesi di rara applicazione pratica ma i condomini, deliberando l’esecuzione di interventi
manutentivi potrebbero decidere di accendere un mutuo ipotecario per pagare l’appaltatore. Il mutuo
ipotecario consente di avere in prestito una somma di denaro in cambio dell’accensione di un’ipoteca
sulle parti comuni dell’edificio in condominio.
E’ difficile ipotizzare la disponibilità d’un istituto di credito se a garanzia della somma erogata vengono
messe a disposizione parti dell’edificio inscindibilmente legate all’uso delle unità immobiliari. Ciò
perché se è l’assemblea a decidere sull’accensione di un mutuo, le garanzie reali non sono costituite
dalle proprietà esclusive ma dai beni di cui all’art. 1117 c.c. In buona sostanza se esiste un alloggio
del portiere, delle cantine, un autorimessa non suddivisa in boxes e senza assegnazione esclusiva dei
posti ottenere questo genere di finanziamento potrebbe essere più semplice.
In tal caso ai sensi del combinato disposto di cui al primo e quarto comma dell’art. 1108 c.c.
(pacificamente applicabile anche in materia di condominio negli edifici ai sensi dell’art. 1139 c.c.)
l’accensione dell’ipoteca è validamente deliberata con il voto favorevole della maggioranza dei
partecipanti al condominio che rappresenti almeno due terzi del valore dell’edificio (cfr. in tal senso
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Fracaro, Palmieri, Dizionario del condominio - Riforma 2013: 150 voci aggiornate per gestire al
meglio i rapporti con i vicini, Etas, 2013 e Tortorici, L’assemblea di condominio, FAG, 2007).
14.16 La particolare procedura di modificazione delle destinazioni d’uso
Della modificazione della destinazione d’uso delle cose comuni di cui all’art. 1117-ter c.c., introdotta
nel codice civile dalla legge n. 220/2012, abbiamo parlato in altri capitoli (supra Capp. IV e VI) e nei
paragrafi precedenti (supra Parr. 4.1 e 8.1).
Il procedimento di convocazione è differente rispetto a quello di una qualsiasi altra assemblea. Un
maggiore termine libero tra ricezione dell’avviso e svolgimento dell’assemblea, affissione del medesimo
per trenta giorni in bacheca o comunque in luoghi di uso comune, nullità (e non annullabilità) della
delibera nel caso di incompletezza dell’ordine del giorno, particolari modalità di verbalizzazione.
L’art. 1117-ter c.c. si segnala anche per i quorum deliberativi particolarmente elevati (i più alti se si fa
eccezione per i casi di unanimità).
In particolare, l’art. 1117-ter, primo comma, c.c. specifica che:
“per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l’assemblea, con un numero di voti che rappresenti i
quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio, può modificare la
destinazione d’uso delle parti comuni”.
Insomma quattro quinti dei condomini (si badi dei condomini non dei partecipanti all’assemblea)
e almeno 800 millesimi.
C’è un altro aspetto che merita e di essere evidenziato: il riferimento è alle così dette “esigenze di
carattere condominiale”. Che cosa intende dirsi con questa locuzione? Due le possibili soluzioni:
a) se s’intende l’interesse condominiale come l’interesse dei condomini al miglior uso e rendimento
delle cose comuni, allora le modificazioni delle destinazioni d’uso altro non saranno che una particolare
specie di innovazioni per le quali è previsto un quorum è più alto di quelli indicati dall’art. 1120 c.c.
(supra Par. 14.6);
b) se, invece, per interesse condominiale s’intende un interesse della collettività slegato da quello
particolare dei singoli (es. trasformazione locale caldaia o locale portineria in sala riunioni), allora
per modificazioni delle destinazioni d’uso andranno a rappresentare un genus autonomo.
Ad avviso di chi scrive, ma per l’appunto si tratta solamente di un’opinione personale, è preferibile
questa seconda ipotesi. Spieghiamo perché: il quinto ed ultimo comma della norma in esame specifica
che:
“Sono vietate le modificazioni delle destinazioni d’uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla
sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico”.
Non si fa cenno all’uso più incomodo anche per un solo condomino; tale pregiudizio rende vietate
le innovazioni ex art. 1120 c.c. Conclusione: l’interesse condominiale è cosa diversa dal diritto dei
singoli a godere delle cose comuni a tal punto che quest’ultimo può essere sacrificato davanti al
primo. Ne deve discendere, quindi, che l’interesse condominiale non può coincidere con l’interesse
dei condomini al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni.
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14.17 La tutela delle destinazioni d’uso delle parti comuni
L’assemblea ha pure il potere di deliberare ogni azione utile per far cessare la violazione della
destinazione d’uso delle cose comuni che incidano negativamente ed in modo sostanziale tali beni.
Ai sensi dell’art. 1117-quater c.c.
“In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti
comuni, l’amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l’esecutore e possono
chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie.
L’assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con la maggioranza prevista dal secondo
comma dell’articolo 1136”
Al di là della maggioranza – la stessa richiesta la nomina dell’amministratore o per l’approvazione del
regolamento, ossia sempre il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresentino
almeno la metà del valore dell’edificio – la norma fa sorgere alcuni dubbi.
L’amministratore, per legge, deve
“disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia
assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini” (art. 1130, secondo comma, c.c.)
Inoltre, ai sensi dell’art. 1130 n. 1 c.c., l’amministratore deve curare l’osservanza del regolamento
di condominio. Il regolamento può disciplinare la destinazione d’uso delle parti comuni Per fare
ciò il mandatario della compagine ha autonomo potere d’iniziativa giudiziaria (vedi art. 1131 c.c.
supra Cap. VIII). La norma in esame pare subordinare ogni azione giudiziaria tesa alla tutela della
destinazione d’uso delle cose comuni all’autorizzazione assembleare. Con ciò deve concludersi che la
legge n. 220/2012 ha espunto dai poteri dell’amministratore questo genere d’iniziativa?
14.18 Le deliberazioni ai sensi dell’art. 1122-bis c.c.
L’assemblea può intervenire con delle proprie prescrizioni, se i condomini devono utilizzare le parti
comuni al fine di installare impianti di particolare tipologia (impianti non centralizzati di ricezione
radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili) a servizio della propria unità immobiliare.
L’art. 1122-bis c.c. si occupa di regolare queste fattispecie. Vediamo con che maggioranze ed entro
quali limiti l’intervento assembleare dev’essere considerato lecito.
Si pensi al condomino che vuole installare un’antenna parabolica ad uso esclusivo e che per la perfetta
ricezione del segnale debba posizionarla sul tetto (o sul lastrico solare) di proprietà comune. Lo stesso
dicasi per impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili per i quali si rende utile se non
addirittura indispensabile l’uso di parti comuni.
In tali casi, ai sensi dell’art. 1122-bis, terzo comma, c.c.
“Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne dà comunicazione
all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L’assemblea
può prescrivere, con la maggioranza di cui al quinto comma dell’articolo 1136, adeguate modalità
alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro
architettonico dell’edificio e, ai fini dell’installazione degli impianti di cui al secondo comma (impianti di
energia da fonti rinnovabili, n.d.A.), provvede, a richiesta degli interessati, a ripartire l’uso del lastrico
solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento
di condominio o comunque in atto. L’assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare
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l’esecuzione alla prestazione, da parte dell’interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali”.
La sequenza è la medesima: il condomino vuole installare gli impianti di cui all’art. 1122-bis c.c. e per
farlo deve intervenire, modificandole, sulle parti comuni. In tal caso ne dà notizia all’amministratore
che provvede senza indugio (non è detto esplicitamente ma la norma dev’essere letta così altrimenti
il condomino potrebbe chiederne la revoca ai sensi dell’art. 1129, undicesimo e dodicesimo n. 1
comma, c.c.) a convocare l’assemblea, la quale può decidere con un numero di voti che rappresenti
la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio (666,67 millesimi)
d’imporre cautele, di ripartire l’uso del lastrico o di altre superfici comuni com’anche di prevedere la
prestazione di idonee garanzie.
Si badi: l’assemblea ha il potere di disciplinare le modalità d’uso delle cose comuni in modo tale
da garantire il diritto di tutti (così detto diritto al parti uso, art. 1102 c.c.) senza negare il diritto
di nessuno. Insomma un’eventuale controversia per errata applicazione dell’art. 1122-bis c.c.
riguarderebbe la misura e le modalità d’uso dei beni e dei servizi comuni. Secondo la Cassazione,
“in tema di controversie tra condomini, devono intendersi per cause relative alle modalità d’uso di
servizi condominiali quelle riguardanti limiti qualitativi di esercizio delle facoltà contenute nel diritto
di comunione e, quindi, quelle relative al modo più conveniente ed opportuno in cui tali facoltà debbono
essere esercitate; mentre per cause relative alla misura dei servizi condominiali debbono intendersi quelle
concernenti una riduzione o limitazione quantitativa del diritto dei singoli condomini” (così Cass. 18
febbraio 2008 n. 3937).
Queste controversie sono di competenza esclusiva del giudice di pace del luogo in cui è ubicato
l’immobile (art. 7 c.p.c.) e comunque sottoposte al preventivo esperimento del tentativo di
conciliazione ex d.lgs n. 28/2010.
Pure qui emerge un’altra contraddizione come quella evidenziata nel paragrafo dedicato al tentativo
di mediazione (supra Par. 14.8).
14.19 Lo scioglimento del condominio
L’assemblea può deliberare lo scioglimento del condominio.
Due le ipotesi in campo:
a) scioglimento totale o parziale;
b) scioglimento totale o parziale con interventi strutturali.
Vediamo la prima ipotesi contemplata dall’art. 61 disp. att. c.c. e del primo comma dell’art. 62 disp.
att. c.c.
L’art. 61 disp. att. c.c. recita:
Qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi
si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il condominio può essere sciolto
e i comproprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condominio separato.
Lo scioglimento è deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal secondo comma dell’art.
1136 del codice, o è disposto dall’autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei comproprietari
di quella parte dell’edificio della quale si chiede la separazione.
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Il primo comma dell’art. 62 disp. att. c.c. recita:
La disposizione del primo comma dell’articolo precedente si applica anche se restano in comune con gli
originari partecipanti alcune delle cose indicate dall’art. 1117 del codice.
Caso pratico
Il condominio Gamma può essere separato senza alcun intervento strutturale in due condominii confinanti
Alfa e Beta mantenendo solamente l’impianto idrico in comune in due modi:
a) con deliberazione assembleare (il riferimento è all’assemblea del condominio Gamma) adottata
sempre con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea ed almeno la metà del valore
millesimale dell’edificio (500 millesimi);
b) dall’Autorità Giudiziaria, se lo domandano almeno un terzo dei comproprietari della parte che
domanda lo scioglimento del condominio. Così in questo caso bisogna guardare ai due condomini come
entità separate per verificare se i richiedenti rappresentano almeno un terzo dei partecipanti al separando
condominio.
Può anche accadere che per giungere allo scioglimento sia necessario effettuare degli interventi
sulle parti comuni. Ai sensi dell’art. 62, secondo comma, disp. att. c.c.:
“Qualora la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e occorrano opere per la
sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento del condominio deve
essere deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal quinto comma dell’art. 1136 del codice
stesso”.
Insomma questa particolare tipologia di scioglimento dev’essere deliberata con un numero di voti
che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio (666,67
millesimi). Questo genere di scioglimento non può essere disposto dall’Autorità Giudiziaria (cfr.
Cass. 19 dicembre 2011 n. 27507).
14.20 Assunzione, licenziamento del portiere e soppressione del servizio di
portierato
Il portiere dello stabile è un dipendente del condominio e la nascita e la fine del rapporto di
lavoro dev’essere decisa dall’assemblea dei condomini. L’amministratore, salvo casi eccezionali (es.
licenziamento in tronco per gravi motivi e particolari disposizioni del regolamento di condominio)
ha un potere meramente esecutivo.
Istituzione del servizio di portierato e assunzione del portiere
Il servizio di portierato può essere previsto dal regolamento predisposto dall’originario proprietario
oppure può essere deliberato dall’assemblea. In quest’ultimo caso, almeno così si esprime la
Cassazione (cfr. Cass. 25 marzo 1988 n. 2585), la deliberazione dev’essere considerata alla stregua
di un’innovazione con la necessità di adottarla con le maggioranze ivi previste (cfr. art. 1120, primo
comma, c.c. e supra Par. 14.6). A dire il vero molto dipende anche dall’esistenza di locali già idonei e
dalla tipologia di edificio. In questo caso, infatti,
“non costituisce innovazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 1120 c.c., l’istituzione del servizio di portierato
in uno stabile altamente signorile e con locali già idonei all’espletamento di tale servizio; di conseguenza, la
relativa delibera assembleare può essere assunta a maggioranza semplice” (Trib. Torino 16 marzo 1981).
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Ciò per quanto riguarda l’istituzione del servizio. Soffermiamoci sull’assunzione. Se il servizio di
portierato è previsto dal regolamento di condominio, si può dire che l’amministratore potrebbe
provvedere all’assunzione autonoma in quanto a lui spetta garantire l’osservanza del regolamento? Ad
avviso di chi scrive, salvo espressa specificazione di questo potere, l’amministratore, per quanto tenuto
a far rispettare il regolamento, non può spingersi fino a stipulare contratti gravosi e comunque di lunga
durata (come quello di un servizio al pari di quello inerente il servizio di portierato. Egli, quindi,
dovrà convocare l’assemblea. L’atto deliberativo, se si tratta semplicemente di assumere il portiere
per garantire un servizio già previsto, ad avviso di chi scrive, può essere assunto con le maggioranze
previste per la nomina dell’amministratore (maggioranza degli intervenuti all’assemblea ed almeno
500 millesimi), trattandosi di rapporti che, al netto delle specificità delle mansioni, sono da ritenersi
equiparabili. In contesti ove sia presente particolare urgenza e necessità (es. bisogno di sostituzione
immediata del portiere dimissionario o licenziato) si può anche pensare che l’amministratore possa
assumere un portiere a tempo determinato per poi convocare l’assemblea in modo da consentire la
scelta definitiva ai condomini.
Licenziamento e soppressione del servizio
Si tratta di due atti distinti. Il primo non comprende il secondo, in quanto si può licenziare un
portiere per assumerne un altro, mentre al secondo segue necessariamente il primo perché se si decide
di sopprimere il servizio, è evidente che il rapporto di lavoro con il portiere debba essere sciolto.
Quanto al licenziamento, questo può essere disposto dall’assemblea e, salvo gravi motivi, trattandosi
di atto di straordinaria amministrazione necessita del voto favorevole della maggioranze degli
intervenuti all’assemblea ed almeno la metà del valore millesimale dell’edificio. Il licenziamento in
tronco (quello per gravi motivi previsti dal contratto collettivo nazionale dei portiere degli edifici)
può anche essere disposto dall’amministratore. In tal caso, come evidenziato dalla Cassazione,
“il licenziamento del portiere di un edificio condominiale disposto dall’amministratore, ai sensi dell’art.
1130 n. 2 c.c., non esclude il potere dell’assemblea dei condomini - la quale sia intervenuta sul medesimo
oggetto su richiesta dell’amministratore per ratificarne l’operato - di revocare il licenziamento stesso” (così
Cass. 13 agosto 1985 n. 4437).
Rispetto alla soppressione vale quanto detto per l’istituzione del servizio. Tuttavia, a parlare è la
Cassazione,
“qualora un servizio condominiale (nella specie: portierato) sia previsto nel regolamento di condominio,
la sua soppressione comporta una modificazione del regolamento che deve essere approvata dall’assemblea
con la maggioranza stabilita dall’art. 1136 comma 2 c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresenti
almeno la metà del valore dell’edificio) richiamato dall’art. 1138 comma 3” (Cass. 29 marzo 1995 n.
3708).
A ben vedere quello delle maggioranze deliberative connesse al servizio di portierato è argomento
spinoso e senza un chiaro e preciso riferimento normativo. La riforma avrebbe potuto dissipare questi
dubbi, ma così non è stato.
14.21 Approvazione e revisione delle tabelle millesimali
Sui quorum deliberativi necessari all’approvazione e revisione delle tabelle millesimali s’è discusso (e
litigato) per lunghissimo tempo.
E’ necessario il consenso di tutti i condomini, si diceva, perché le tabelle rappresentano un negozio
di accertamento del valore dell’unità immobiliare. Non è vero, si controbatteva, le tabelle sono uno
198
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strumento che serve soltanto a garantire il funzionamento dell’assemblea e la ripartizione delle spese
e non hanno nulla a che vedere con il diritto di proprietà. Insomma dottrina e giurisprudenza erano
divise al loro interno. In casi del genere, casi in cui l’assenza di specifiche indicazioni normative pesa
come un macigno, sovente è necessario l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite della Suprema
Corte di Cassazione. Questo, alle volte, non mette d’accordo la dottrina ma almeno impone alla
giurisprudenza di rispettare i principi affermati.
Nel caso delle tabelle millesimali la sentenza n. 18477 resa dalle Sezioni Unite ad agosto del 2010, ha
avuto questo merito. In breve: secondo la massima espressione della Corte di legittimità approvazione
e revisione delle tabelle millesimali, se queste sono conformi ai criteri legislativi, possono essere sempre
deliberate dall’assemblea con il voto favorevole la maggioranza degli intervenuti che rappresentino
almeno la metà del valore millesimale dell’edificio (Cass. SS.UU. 9 agosto 2010 n. 18477). In
conformità a questo principio, dopo il 2010, la giurisprudenza, in buon ordine, afferma
“l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura
negoziale; ne consegue che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini,
essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, secondo comma, c.c.” (Cass.
25 settembre 2013, n. 21950).
Perché ha prevalso questa tesi? Per la Cassazione le ragioni a sostegno della natura negoziale dell’atto
di approvazione delle tabelle non hanno consistenza. Gli ermellini, al contrario, specificano che
le tabelle millesimali altro non fanno che trasporre in numeri dei rapporti di valore esistenti fin
dalla costituzione del condominio. In questo contesto, aggiungono le Sezioni Unite, non ci si deve
dimenticare che,
le “tabelle, in base all’art. 68 disp. att. c.c., sono allegate al regolamento di condominio, il quale, in base
all’art. 1138 c.c., viene approvato dall’assemblea a maggioranza, e che esse non accertano il diritto dei
singoli condomini sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva, ma soltanto il valore di tali unità rispetto
all’intero edificio, ai soli fini della gestione del condominio, dovrebbe essere logico concludere che tali tabelle
vanno approvate con la stessa maggioranza richiesta per il regolamento di condominio” (Cass. SS.UU. 9
agosto 2010 n. 18477).
La legge n. 220/2012 è intervenuta modificando anche gli artt. 68 e 69 disp. att. c.c., quelli che
si occupano dei valori millesimali dell’edificio. Il nuovo primo comma dell’art. 69 disp. att. c.c.
specifica che:
“I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’articolo
68 possono essere rettificati o modificati all’unanimità. Tali valori possono essere rettificati o modificati,
anche nell’interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, secondo comma,
del codice, nei seguenti casi:
1) quando risulta che sono conseguenza di un errore;
2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di
incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un
quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo
costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione”.
La revisione a maggioranza, dunque, è possibile se esiste un errore o per mutamenti dell’edificio.
L’errore cui si fa riferimento, va ricordato, è l’errore di redazione e non l’errore inteso come
fraintendimento da parte di chi le accetta. Tale tipologia di errore potrebbe valere nel caso di tabelle
contrattuali.
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199
Non si fa cenno all’approvazione. Nel contesto normativo attuale non vi sono motivi per dubitare
che debba essere ancora ritenuto valido quanto osservato dalle Sezioni Unite con la sentenza n.
18477 (De Paola, Un breve focus sulle tabelle millesimali).
Nell’art. 69, secondo e terzo comma disp. att. c.c. si specifica che nel caso di revisione per via giudiziale
l’azione può essere esperita chiamando in causa l’amministratore e che essa può essere proposta sia per
le tabelle basta su criteri che per quelle fondate su criteri convenzionali. In effetti anche una tabella
derogatrice dei criteri legislativi, può essere errata perché non conforme al principio individuato dalle
parti.
E’ bene, infine di questo paragrafo, soffermarsi su un altro aspetto: approvazione di tabelle con criteri
convenzionali. In questo caso è necessario il consenso di tutti i condomini poiché questa operazione
altro non rappresenta che quella diversa convenzione di cui parla l’inciso finale dell’art. 1123, primo
comma, c.c. Lo stesso dicasi per la revisione e modificazione che non si rendono necessarie per errori
o vetustà (insomma per le cause indicate dal primo comma dell’art. 69 disp. att. c.c.). Se le tabelle
sono esatte e le si vogliono modificare, evidentemente è perché si vuole utilizzare un diverso criterio
di ripartizione, ma allora è necessario il consenso di tutti i condomini.
14.22 La nomina del consiglio dei condomini
Il consiglio dei condomini è un “organo” (in senso atecnico come s’è specificato per l’assemblea)
con funzioni consultive e di controllo. Prima dell’entrata in vigore della riforma esso era previsto
solamente dai regolamenti condominiali. Il consiglio è presente soprattutto nei condominii di grosse
dimensioni. Si pensi all’esecuzione di opere di manutenzione straordinaria. In casi del genere il
consiglio veglia sull’amministratore e suggerisce soluzioni: in suoi poteri limitati per l’appunto a
consulenza e vigilanza, sono specificati dal regolamento o dalle delibere istitutive. La riforma del
condominio ha istituzionalizzato la figura del consiglio di condominio. Ad occuparsene il secondo
comma dell’art. 1130-bis c.c. che recita:
“L’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da
almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive
e di controllo”.
La norma dev’essere letta in questo senso: il consiglio di condomini può essere nominato in ogni
compagine ma in quelle con dodici o più condomini deve essere composto di almeno tre condomini.
Il codice non fissa le maggioranze per questa deliberazione. In assenza di specifiche indicazioni
normative, dunque, deve ritenersi che l’istituzione del consiglio può essere deliberata:
a) in prima convocazione, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti
e almeno la metà del valore dell’edificio (art. 1136, secondo comma, c.c.);
b) in seconda convocazione, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore
dell’edificio (art. 1136, terzo comma, c.c.).
14.23 Dismissione dell’impianto di riscaldamento centralizzato
L’impianto di riscaldamento centralizzato può essere dismesso a favore di impianti per singola unità
abitativa? Se si con quali maggioranze può essere assunta una simile decisione?
Rispondere a questa domanda significa guardare alla storia evolutiva dell’art. 26 l. n. 10/91.
200
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Al momento dell’entrata in vigore di quella legge, l’art. 26, secondo comma, recitava:
Per gli interventi in parti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo energetico degli edifici stessi
ed all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’art. 1, ivi compresi quelli di cui all’art. 8, sono valide
le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali.
L’art. 8 lett. g) l. n. 10/91 fa riferimento agli impianti unifamiliari a gas. Insomma al momento di
entrata in vigore della legge 10, bastavano 501 millesimi (al di là del numero di condomini) per
dismettere l’impianto di riscaldamento centralizzato a favore di quelli unifamiliari a gas. Chi non era
d’accordo si doveva adeguare (art. 1137, primo comma, c.c.).
La tendenza è poi cambiata nel tempo: la prospettiva che l’uso individuale consentisse un
risparmio energetico s’è trasformata in un’illusione ed allora il legislatore ha iniziato ad intervenire
sull’art. 26 della legge 10/91
Oggi l’art. 26, secondo comma, l. n. 10/91 recita:
“Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed
all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’articolo 1, individuati attraverso un attestato di prestazione
energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali
sono valide se adottate con la maggioranza degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno
un terzo del valore dell’edificio.
E’ sparito il riferimento all’art. 8. Ciò starebbe a significare che la dismissione dell’impianto centralizzato
a favore di impianti unifamiliari a gas non è più annoverabile tra quelli deliberabili dall’assemblea.
Di conseguenza la dismissione di un bene comune dovrebbe essere decisa unanimemente da tutti
i condomini. Altri interventi volti al contenimento del consumo, invece, sono deliberabili con le
maggioranze indicate dalla norma appena citata.
14.24 Tabella riepilogativa
A conclusione di questo excursus sui quorum deliberativi riportiamo qui di seguito una tabella
riepilogativa delle maggioranze necessarie a deliberare sui principali aspetti della gestione condominiale.
Argomento in
discussione
Quorum
costitutivi
prima
convocazione
Quorum
deliberativi
in prima
convocazione
Quorum
costitutivi
seconda
convocazione
Quorum
deliberativi
in seconda
convocazione
Nomina e revoca
dell’amministratore
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
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201
Polizza richiesta
all’amministratore
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Approvazione
del rendiconto
consuntivo di
gestione e del
relativo piano di
riparto
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
ed almeno 333
millesimi.
Approvazione
preventivo di
gestione e del
relativo piano di
riparto
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
ed almeno 333
millesimi.
Sito internet
condominiale
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Impianto di
videosorveglianza
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Innovazioni di cui
al primo comma
dell’art. 1120 c.c.
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
e due terzi dei
millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
e due terzi dei
millesimi
202
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Innovazioni di cui
al secondo comma
dell’art. 1120 c.c.
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Interventi di
manutenzione
ordinaria
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
ed almeno 333
millesimi.
Interventi di
manutenzione
straordinaria
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
ed almeno 333
millesimi.
Interventi di
manutenzione
straordinaria di
notevole entità
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
ed almeno 500
millesimi.
Mutamenti di
destinazione d’uso
delle parti comuni ex
art. 1117-ter c.c.
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Quattro quinti
dei partecipanti
al condominio e
800 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Quattro quinti
dei partecipanti
al condominio e
800 millesimi
Passaggio
da impianto
centralizzato ad
impianti autonomi
di riscaldamento
Due terzi
Unanimità
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Unanimità
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203
Eliminazione
delle barriere
architettoniche (l.
13/89)
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
ex art. 1120,
secondo comma,
c.c.
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
ex art. 1120,
secondo comma,
c.c.
Installazione antenna Due terzi
satellitare
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
ex art. 1120,
secondo comma,
c.c.
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
ex art. 1120,
secondo comma,
c.c.
Realizzazione
parcheggi sotterranei
o al pian terreno
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
ex art. 1120,
secondo comma,
c.c.
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
ex art. 1120,
secondo comma,
c.c.
Cablaggio del
condominio
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
ex art. 1120,
secondo comma,
c.c.
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
ex art. 1120,
secondo comma,
c.c.
Liti condominiali
esorbitanti dalle
attribuzioni
dell’amministratore
ivi compresa quella
ex art. 1117-quater
c.c.
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Partecipazione al
procedimento di
mediazione
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
204
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Deliberazione
sulla proposta di
mediazione
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Approvazione
del regolamento
condominiale di
natura assembleare
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Revisione del
regolamento
condominiale di
natura assembleare
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Sostituzione di
delibera
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Stessa
maggioranza
necessaria per
la delibera da
sostituire
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Stessa
maggioranza
necessaria per
la delibera da
sostituire
Accensione di un
Due terzi
mutuo condominiale del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
e due terzi dei
millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
e due terzi dei
millesimi
Opere ex art. 1122bis c.c.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
e due terzi dei
millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
e due terzi dei
millesimi
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
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205
Assicurazione dello
stabile
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Un terzo dei
partecipanti al
condominio
ed un terzo dei
millesimi
Perimento di una
parte inferiore a
3/4 dell’edificio e
ricostruzione ex art.
1128 c.c.
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Approvazione del
regolamento di
natura contrattuale
(decisione adottabile
anche non in
assemblea)
Due terzi
Unanimità
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Unanimità
Revisione del
regolamento di
natura contrattuale
(decisione adottabile
anche non in
assemblea)
Due terzi
Unanimità
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Unanimità
Autorizzazione
all’alterazione del
decoro (decisione
adottabile anche non
in assemblea)
Due terzi
Unanimità
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Unanimità
Modifiche ai criteri
legali di ripartizione
delle spese
Due terzi
Unanimità
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Unanimità
206
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Approvazione tabelle
millesimali conformi
ai criteri legali
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Revisione delle
tabelle per errore o
mutate condizioni
dell’edificio
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Scioglimento del
condominio
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Scioglimento del
condominio con
opere sulle parti
comuni
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
e due terzi dei
millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
e due terzi dei
millesimi
Istituzione del
servizio di portierato
(non previsto dal
regolamento di
condominio) e
soppressione
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
e due terzi dei
millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
e due terzi dei
millesimi
Assunzione e
licenziamento del
portiere
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
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207
Soppressione del
servizio di portierato
se previsto dal
regolamento
condominiale
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Nomina del
consiglio dei
condomini
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea
ed almeno 333
millesimi.
Revisione contabile
Due terzi
del valore
dell’intero
edificio e
maggioranza
dei partecipanti
al condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
Un terzo
del valore
dell’intero
edificio e
un terzo dei
partecipanti al
condominio.
Maggioranza
degli intervenuti
all’assemblea e
500 millesimi
15. Le assemblee dei piccoli condominii senza amministratore
Le assemblee dei piccoli condominii senza amministratore, vale a dire quelle compagini con meno
di nove partecipanti dove la nomina è facoltativa (cfr. art. 1129 c.c.), funzionano come quelle delle
compagini più grandi. Chiaramente non essendoci un mandatario l’assemblea non avrà da discutere
dell’approvazione del rendiconto e di tutte quelle situazioni che sono naturale conseguenza della
presenza di un amministratore. Se, però, uno dei condomini deve convocare l’assemblea, ad esempio,
per discutere dei lavori straordinari, dovrà rispettare le stesse regole che deve rispettare l’amministratore
(cfr. art. 66 disp. att. c.c.) e di cui abbiamo detto fin’ora. Lo stesso dicasi per quorum deliberativi e
costitutivi, rispetto dell’ordine del giorno, ecc. ecc.
Insomma un condominio senza amministratore funziona esattamente come una compagine che
l’abbia nominato senza che nessuno abbia formalmente l’incarico di svolgere determinate mansioni.
Niente anagrafica condominiale, niente registro di contabilità, ecc. Certo, il così detto amministratore
di fatto (il cui nome dev’essere conoscibile da tutti, cfr. art. 1129 c.c.) ha qualche responsabilità in
più: proprio per questo, anche se la nomina non è obbligatoria, è bene provvedervi quando l’edificio,
visti i servizi in comune, necessita di un professionista che ne curi la gestione.
16. Le assemblee nei condominii minimi
Prima d’ogni cosa è bene specificare che il condominio minimo è quello composto da due sole
unità abitative con due distinti proprietari o comunque quell’edificio in cui i proprietari di
distinte unità immobiliari sono solamente due. Insomma è da considerarsi condominio minimo
anche l’edificio con cento unità abitative divise tra due sole persone. Per lunghi anni il condominio
minino è stato oggetto di contrasti: è un condominio o si applicano le norme sulla comunione? C’è
208
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voluto l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite (sent. n. 2046/06) le quali hanno chiarito che
anche a queste particolari compagini si applicano le norme di cui agli artt. 1117 e ss. c.c. ciò perché,
com’è noto, il condominio sorge per il solo effetto della cessione della prima unità immobiliare ad un
soggetto distinto dall’originario unico proprietario. E poi, allo stesso modo importante, è la funzione
dei beni in condominio. Nella comunione, infatti, oggetto della condivisione e del godimento è il
bene in sé. Nel condominio, invece, le cose in comune servono solamente quale mezzo per meglio
godere delle unità immobiliari di proprietà esclusiva. E questa funzione è uguale sia che il condominio
abbia solamente due partecipanti, sia che ne abbia decine.
Ciò vuol dire che anche ai condomini minimi si applicano le stesse norme previste per i normali
condominii. Anche se senza amministratore, Tizio deve avvisare Caio dello svolgimento della riunione
(magari con una raccomandata a mano se abitano nello stesso edificio, ma si sa, non sempre è così).
Ma come verrebbe da dire, una riunione in due? Raggiungere la doppia maggioranza (millesimi, se
ci sono, e teste) sembra un controsenso, se non v’è accordo (in quel caso si tratterebbe di decisione
unanime) è impossibile. Vero, ma come evidenziato dalla Cassazione,
“l’ipotesi del condominio minimo è del tutto simile ad altre, nelle quali la maggioranza in concreto non
si forma. Si pensi al caso del condominio composto da più partecipanti, in cui gli schieramenti opposti si
equivalgono e non si determinano maggioranza e minoranza; oppure al caso di un condominio, del pari
composto da più partecipanti, in cui un impianto risulti destinato al servizio di due soli condomini, i quali
da soli sono chiamati a deliberare sulla gestione. In entrambi i casi, se in concreto la maggioranza non si
forma si ricorre all’autorità giudiziaria ex art. 1105 cod. civ. cit.” (Cassazione SS.UU. 31 gennaio 2006
n. 2046).
Nei condominii minimi le agevolazioni fiscali per la ristrutturazione delle parti comuni devono
essere godute da entrambe le persone. Per fare ciò è necessario un codice fiscale del condominio, dei
versamenti preferibilmente da un conto corrente condominiale. Pure la partecipazione alle spese,
salvo diverso accordo, non è paritaria ma dev’essere proporzionata ai millesimi di proprietà. In un
edificio con due piani fuori terra (piano terra e primo piano), è giusto e normale che chi abita al piano
più alto paghi, ad esempio, una quota maggiore di illuminazione e manutenzione scale.
17. Il divieto di delegare l’amministratore e le deleghe
L’amministratore di condominio non può avere alcuna delega dai suoi rappresentati, né per la
partecipazione all’assemblea del condominio, né per partecipare in loro nome e conto alla riunione
del supercondominio (infra Par. 20). Questo il divieto sancito dall’art. 67, quinto comma, disp. att.
c.c.
Sulle deleghe il medesimo articolo prevede altre due limitazioni, vediamo quali.
Ai sensi dell’art. 67, primo comma, disp. att. c.c.
Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta.
Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del
valore proporzionale.
Forma della delega
La delega dovrà, obbligatoriamente, essere rilasciata per iscritto: ciò vuol dire niente più deleghe
telefoniche? Esatto. Prima dell’entrata in vigore della riforma, invece, era opinione comune che la
delega per la partecipazione all’assemblea condominiale potesse essere conferita anche verbalmente, e
che di conseguenza la prova della sua esistenza, nonché dell’oggetto e dei limiti del mandato potesse
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209
essere acquisita con ogni mezzo (Cassazione, 27 marzo 1998, n. 3251).
Si badi: il fatto che la delega sia scritta non significa che debba essere per forza dettagliata: ciò
nonostante è consigliabile indicare per iscritto rispetto a determinati argomenti l’intenzione di voto.
Che fare, allora, se in assemblea sono presenti pochi condomini e non si possono più richiedere, come
un tempo, le deleghe per telefono? Resta una possibilità: inviare la delega per fax o come allegato
“scansionato” via e-mail. La legge, infatti, non vieta di poter utilizzare questi mezzi. L’importante è
che lo si faccia prima dell’inizio dell’assemblea.
Divieto d’incetta di deleghe
V’è poi un altro dato; infatti, se un condominio si compone di 21 partecipanti (o più) nessuno può
prendere deleghe per più di un quinto dei partecipanti e dei millesimi (nel caso di 21 partecipanti
ogni condomino potrà rappresentare al massimo 4 persone se i millesimi ad esse riferibili non sono
più di 200).
Questa norma è pienamente operativa ed immediatamente applicabile a tutti i condomini che hanno
questi requisiti. Diverso sarebbe stato se ci fosse stato scritto “se previsto dal regolamento, ecc.”
Insomma nelle compagini con più di venti partecipanti il divieto d’incetta di deleghe può essere fatto
valere senza bisogno di ratifiche assembleari. Questa norma, vale la pena rammentarlo a chi dovesse
pensare ad escamotage di vario genere, è inderogabile anche dai regolamenti contrattuali (cfr. art. 71
disp. att. c.c.). In buona sostanza ciò che si può fare è rendere la norma ancora più stringente, con
un unico limite: non fare in modo di rendere difficile la possibilità di partecipare per mezzo di un
rappresentante.
Per i condominii con meno di venti partecipanti la situazione, in relazione all’accaparramento di
deleghe non è cambiata. Ed allora? Una soluzione potrebbe essere inserire nel regolamento una
clausola del genere “anche al presente condominio si applica quanto stabilito dall’art. 67 disp. att. c.c. in
materia di divieto dì’accaparramento di deleghe”. La maggioranza per approvarla è la stessa necessaria
per una qualunque modifica regolamentare (supra Par. 14.13).
Per un esempio di delega vedi infra Sezione Moduli
18. Presidente e segretario: nomina e funzioni
Prima dell’entrata in vigore della riforma l’art. 67, secondo comma, disp. att. c.c. specificava che
“qualora un piano o porzione di piano dell’edificio appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste
hanno diritto a un solo rappresentante nella assemblea, che è designato dai comproprietari interessati; in
mancanza provvede per sorteggio il presidente”.
Era l’unica norma che citava il presidente dell’assemblea. La legge n. 220/2012 ha espunto
dall’ordinamento tale riferimento. Resta il fatto, però che presidente e segretario resteranno due
figure centrali in seno alla riunione condominiale.
Il presidente, ha funzioni di direzione e controllo del regolare svolgimento dell’assemblea. E’ a lui
che spetta verificare che tutti i condomini siano stati regolarmente invitati. Non solo, come ci ricorda
la Corte di Cassazione:
“il presidente, pur in mancanza di una espressa disposizione del regolamento condominiale, che lo abiliti
in tal senso, può stabilire la durata di ciascun intervento, purché la relativa misura sia tale da assicurare
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ad ogni condomino la possibilità di esprimere le proprie ragioni su tutti i punti posti in discussione” (Cass.
13 novembre 2009 n. 24132).
Il segretario, che secondo una risalente sentenza può essere lo stesso amministratore di condominio
(cfr. Trib. Bologna 12 marzo 1997 n. 560), è nominato assieme al presidente ed ha il compito di
redigere il verbale.
La nomina del presidente e del segretario sono utili ma non necessarie. Almeno così si legge in una
risalente sentenza della Cassazione:
“la nomina del presidente e del segretario dell’assemblea dei condomini non è prevista da alcuna norma
a pena di nullità, essendo sufficiente per la validità delle deliberazioni la sussistenza della maggioranza
prescritta dalla legge. Ne consegue che le eventuali irregolarità relative alla nomina del presidente e
del segretario dell’assemblea dei condomini non comportano l’invalidità delle delibere dell’assemblea.
(Nella specie il ricorrente sosteneva che la nomina del presidente dell’assemblea nella riunione di prima
convocazione, in cui mancava la maggioranza prescritta dalla legge, viziava le deliberazioni prese in
seconda convocazione dall’assemblea dei condomini presieduta dalla stessa persona nominata in prima
convocazione)” (Cass. 16 luglio 1980 n. 4615).
19. Che cosa accade se uno o più condomini si allontanano durante l’assemblea?
“Scusate ma si è fatto tardi ed ho un altro impegno che non ho potuto proprio spostare”. Forse è una scusa,
forse la verità sta di fatto che molte volte chi si allontana durante lo svolgimento dell’assemblea dice
così.
Due i possibili scenari:
a) il condomino lascia una delega (obbligatoriamente scritta) ad uno dei suoi vicini;
b) il condominio se ne va senza lasciar deleghe.
Nel primo caso non cambia nulla e nel secondo?
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. L’allontanamento non incide sui quorum costitutivi che
devono essere verificati solamente all’inizio (cfr. in tal senso, Baldacci, Come applicare la riforma del
condominio, Maggioli, 2013). L’assenza del condominio, però, dev’essere annotata sul verbale per due
motivi:
1) essendo assente da quel momento non si dovrà tenere conto di lui per le votazioni (es. se non
si dice dell’assenza di un condomino e poi si delibera all’unanimità che una decisione è stata assunta,
quella delibera potrebbe essere invalida per mancanza dei quorum deliberativi);
2) essendo assente gli si dovrà comunicare il verbale, perché per i punti in discussione cui non ha
partecipato deve essere messo nelle condizioni, eventuali, d’impugnare la delibera assembleare (cfr.
art. 1137 c.c.).
20. Supercondominio, assemblea, amministratore e rapporti con i vari condominii
Fino all’entrata in vigore della legge n. 220/2012, il supercondominio era disciplinato dalle regole
dettate in materia di condominio grazie all’elaborazione dottrinario-giurisprudenziale (cfr., ad esempio,
Cass. 17 agosto 2011 n. 17332). Con l’entrata in vigore della riforma la situazione è cambiata. La
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figura del supercondominio, si pur senza utilizzare questo termine, è stata istituzionalizzata. Infatti,
ai sensi dell’art. 1117-bis c.c.:
“Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità
immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni
ai sensi dell’articolo 1117”.
Ciò vuol dire che il supercondominio è disciplinato dalle norme dettate in materia di condominio
negli edifici, se compatibili. Ciò vuol dire che le norme di cui agli artt. 1117 e ss. c.c. cedono il passo
ad altre se chiaramente non fanno al caso del supercondominio. Un esempio: l’assemblea.
L’art. 67, terzo comma, disp. att. c.c. specifica che:
“Nei casi di cui all’articolo 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più di
sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all’articolo 1136, quinto comma,
del codice, il proprio rappresentante all’assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più
condominii e per la nomina dell’amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che
l’autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Qualora alcuni dei condominii
interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l’autorità giudiziaria provvede alla nomina
su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo
termine. La diffida ed il ricorso all’autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in
persona dell’amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini”.
Insomma nei supercondomini con più di sessanta partecipanti le assemblee ordinarie si svolgono
per mezzo di rappresentanti dei vari condominii che non possono coincidere con la figura
dell’amministratore (cfr. art. 67 disp. att. c.c.). L’inerzia dell’assemblea nella nomina di questo
rappresentante legittima il ricorso all’Autorità giudiziaria da parte degli altri rappresentanti, anche
singolarmente. Resta un dubbio: e se questi non fanno nulla, possibile che l’amministratore del
supercondominio non possa agire? Siccome non sono posti limiti temporali, deve ritenersi che il
rappresentante resta in carica fino a nuova sostituzione: esso può essere un condomino, risponde al
condominio che rappresenta secondo le regole sul mandato, ma non può essere sottoposto a nessun
vincolo. In tal senso si esprime il quarto comma dell’art. 67 disp. att. c.c. a mente del quale:
“Ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto. Il rappresentante risponde
con le regole del mandato e comunica tempestivamente all’amministratore di ciascun condominio l’ordine
del giorno e le decisioni assunte dall’assemblea dei rappresentanti dei condominii. L’amministratore riferisce
in assemblea”.
Insomma per il disbrigo degli affari ordinari l’assemblea del supercondominio, in quelle realtà con più
di sessanta partecipanti, diventa una riunione di rappresentanti dei vari condominii. L’amministratore
di uno dei condominii può essere l’amministratore del supercondominio, così come l’amministratore
del supercondominio può amministrare tutte le compagine. Come per i condominii, anche il
supercondominio deve essere dotato di un regolamento e di tabelle millesimali per la ripartizione
delle spese.
Per un esempio di verbale di assemblea ordinaria del supercondominio e di comunicazione del
rappresentante all’amministratore vedi infra Sezione Moduli
21. Il verbale: indicazioni per non sbagliare
A che cosa serve il verbale?
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“Il verbale dell’assemblea condominiale offre una prova presuntiva dei fatti che afferma in essa essersi
verificati, e dunque che spetta al condomino il quale impugna la deliberazione assembleare, contestando la
rispondenza a verità di quanto riferito nel relativo verbale, di provare il suo assunto” (Cass. 11 novembre
1992, n. 12119).
Redigere correttamente il verbale è cosa fondamentale per evitare di incorrere in contestazioni sulla
legittimità del deliberato. La redazione è compito del segretario che può anche essere l’amministratore
(vedi supra Par. 18). Ad ogni modo, proprio nell’ottica di una presenza utile in assemblea, è bene
sempre indicare con chiarezza al verbalizzante, se non dovesse saperlo, che cosa fare per evitare
d’incappare in errori.
Qui di seguito, per chiarezza, esporremmo per punti gli elementi imprescindibili del verbale.
Data, luogo ed ora di inizio: indispensabili per localizzare dove ci si è riuniti.
Prima o seconda convocazione: l’indicazione che si tratta di prima o seconda convocazione e se si
tratta di seconda e non c’è un verbale della prima, l’indicazione che la prima è andata deserta.
Nome, cognome e millesimi dei presenti: fondamentali per verificare quorum costitutivi e deliberativi
Nomina del presidente e del segretario: necessari ma, come detto (supra Par. 19) non indispensabili
ai fini della validità della delibera.
Formalità di verifica della regolare convocazione e delle eventuali deleghe: è un compito delicato
che spetta al presidente.
Discussione e votazione sui vari argomenti: è necessario dare conto sinteticamente della discussione
riportando le dichiarazioni dei condomini che lo richiedono (art. 1130 n. 7 c.c.) e specificare
nominativamente e con l’indicazione dei millesimi l’esito della votazione. Ciò è fondamentale
per verificare quorum deliberativi e conflitti d’interesse. Non farlo può portare all’invalidazione
dell’assemblea per vizi nella verbalizzazione. Ciò non è necessario in due casi:
a) se l’assemblea assume all’unanimità una decisione, in tal caso sarà possibile verificare dall’elenco
dei presenti chi ha votato e se c’è un voto in conflitto d’interesse se questo sia stato determinante ai
fini di quella decisione;
b) se sono indicati i nomi dei dissenzienti e/o astenuti in modo tale che sia possibile verificare a
contrario la ricorrenza dei quorum deliberativi (cfr. Cass. 19 novembre 2009 n. 24456).
Insomma chi parla di voto segreto in assemblea afferma una cosa errata.
Per un esempio di verbale d’assemblea vedi infra Sezione Moduli
21.1 Il verbale per le deliberazioni ex art. 1117-ter c.c.
Nel verbale riguardante deliberazioni concernenti le modificazioni delle destinazioni d’uso (verbali ex
art. 1117-ter c.c.), oltre a quanto detto nel precedente paragrafo è necessario, a pena d’invalidità della
deliberazione stessa, riportare l’indicazione di due adempimenti, ossia:
a) che la convocazione dell’assemblea sia stata affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei
locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati e che sia stata comunicata in modo
da pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione (con racc. a.r. o con equipollenti
mezzi telematici);
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b) che nell’avviso di convocazione (che ad ulteriore riprova è bene allegare al verbale), a pena di
nullità della deliberazione, siano state indicate le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova
destinazione d’uso.
Per un esempio di verbale d’assemblea per le deliberazioni di cui all’art. 1117-ter c.c. vedi infra
Sezione Moduli
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Capitolo 11. Revoca e cenni sulla responsabilità civile e penale.
Premessa
La revoca, contrariamente alla nomina, è l’atto attraverso il quale si pone fine al rapporto contrattuale
con l’amministratore precedentemente nominato. Essa può essere deliberata dall’assemblea o decretata
dall’Autorità Giudiziaria, alle volte previo tentativo assembleare. In questo capitolo ci soffermeremo
sulle varie ipotesi di revoca e sugli effetti che l’adozione di tale atto comportano
1. Revoca assembleare
L’art. 1129, undicesimo comma, cc. Recita:
“La revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza
prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. […]”.
Per la revoca dell’amministratore è necessario, tanto in prima quanto in seconda convocazione, il voto
favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresentino almeno 500 millesimi
(art. 1136, secondo e quarto comma, c.c.).
Il fatto che la revoca possa essere deliberata in ogni tempo sta a significare una cosa: l’assemblea può
decidere di sollevare dall’incarico l’amministratore anche due giorni dopo un giorno dopo averlo
nominato. Questo potere, seppur formalmente amplissimo, trova alcune limitazioni da rintracciarsi
nel diritto dell’amministratore ingiustamente revocato a vedersi risarcito il danno (cfr. Par. 1.1).
L’undicesimo comma succitato, inserito nel codice civile dalla così detta riforma del condominio
fa riferimento alle modalità di revoca previste dal regolamento di condominio in alternativa a
quella appena indicata. Ciò può voler dire che possono essere creati dei modi alternativi di revoca
dell’amministratore? Ad avviso di chi scrive la risposta è negativa. Motivi: leggendo l’art. 1138,
quarto comma, c.c. si noterà che gli artt. 1129 e 1136 c.c. sono tra quelli considerati assolutamente
inderogabili perfino da un regolamento contrattuale (cfr. in tal senso Branca, Comunione Condominio
negli edifici, Zanichelli, 1982). Insomma certamente il regolamento condominiale (anche quello
contrattuale) non potrà prevedere dei quorum inferiori o superiori. Diversamente da ciò, però, si può
pensare che il regolamento condominiale possa limitare il diritto di revoca, ad esempio, impedendolo
prima di un determinato periodo dalla data di assunzione dell’incarico.
1.1 Revoca assembleare senza giusta causa e risarcimento del danno
Si diceva che l’amministratore revocato prima dello spirare del termine naturale di scadenza del
mandato può pretendere un risarcimento del danno, se non ricorre una giusta causa di interruzione
del vincolo contrattuale. Sul punto è bene specificare un aspetto di non secondaria importanza:
questo principio non è contenuto in una norma di legge ma è stato espresso dalla Sezioni Unite
della Suprema Corte di Cassazione, ossia la massima espressione della giurisprudenza. Insomma un
Tribunale, una Corte d’appello possono discostarsi, sbagliando dal principio di diritto espresso dalle
Sezioni Unite, ma se la causa arriva fino alla Cassazione, l’amministratore dovrebbe avere diritto al
risarcimento. Usiamo il condizionale perché le sentenze delle Sezioni Unite non hanno efficacia pari
a quella di un atto di legge ma il principio di diritto espresso dev’essere rispettato dei giudici delle
Sezioni semplici fino ad una nuova pronuncia (cfr. art. 374, secondo comma, c.p.c.).
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Che cos’hanno detto le più volte citate Sezioni Unite sul risarcimento dei danno per l’amministratore
revocato senza giusta causa? Nella sentenza si legge che il contratto tra amministratore e condominio
dev’essere inquadrato nell’ambito dei contratti di mandato e pertanto
“se la revoca interviene prima della scadenza dell’incarico, l’amministratore avrà diritto alla tutela
risarcitoria, esclusa solo in presenza di una giusta causa a fondamento della revoca (art. 1725, co. 1°,
cod. civ.). E deve ritenersi che le tre ipotesi di revoca giudiziale previste dall’art. 1129, co. 3°, cod. civ.
configurino altrettante ipotesi di giusta causa per la risoluzione ante tempus del rapporto” (così Cass.
SS.UU. 29 ottobre 2004 n. 20957).
Vedremo più avanti le ipotesi di revoca giudiziale nell’ambito della nuova legislazione. La pronuncia
in esame è datata 2004 e la validità delle affermazioni appena citate è confermata da due dati di fatto:
a) il principio di diritto non è stato mai superato da una nuova pronuncia delle Sezioni Unite;
b) la legge n. 220/2012 (la riforma del condominio) ha confermato l’applicabilità al rapporto
amministratore condominio delle norme sul mandato.
L’importante è sapere che per quanto consolidato possa essere un orientamento fintanto che non è
basato su una norma chiara, è sempre suscettibile di revisione.
Per un esempio di lettera di messa in mora dell’amministratore revocato per il risarcimento del
danno vedi infra Sezione Moduli
1.2 Revoca assembleare e conferma tacita dell’incarico
L’art. 1129, decimo comma, c.c. recita:
“L’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L’assemblea
convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore”.
E’ bene coordinare quanto stabilito dall’undicesimo comma succitato (cfr. Par. 1) con questo forma
di rinnovo automatico previsto nella norma in esame. Nessun contrasto. L’incarico è annuale e può
essere revocato in ogni momento (salvo particolari disposizioni del regolamento di condominio);
al termine del primo anno di gestione ed all’assemblea annuale, l’amministratore deve porre in
discussione la propria revoca e se sul punto non vi sono accordi o comunque non si decide di revocarlo,
l’amministratore proseguirà il proprio incarico per un altro anno, senza bisogno di deliberazioni di
conferma dell’incarico. Ma come, potrebbe dire qualcuno, l’art. 1135 c.c. specifica che nell’assemblea
annuale si deve discutere (anche) sulla conferma o revoca. Come coordinare le due norme? Ad avviso
di chi scrive l’art. 1135 c.c. dev’essere considerato abrogato implicitamente (art. 15 disp. prel.
c.c.) nella parte contrastante con il nuovo art. 1129, decimo comma, c.c.
2. Revoca giudiziale
Se la revoca assembleare può essere disposta in ogni momento ed al massimo rischia di portarsi dietro
una richiesta risarcitoria da parte dell’amministratore per il caso di cessazione del rapporto senza giusta
causa, quella giudiziale può essere domandata solamente in alcune ipotesi (sia pur non eccessivamente
ridotte) e può portare ad una richiesta di risarcimento del condominio verso l’amministratore.
La domanda di revoca giudiziale può essere avanzata direttamente oppure dev’essere preceduta da un
tentativo assembleare. L’art. 1129, undicesimo comma, c.c. specifica che la revoca
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“[…].Può altresì essere disposta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto
dal quarto comma dell’articolo 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità.
Nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto disposto dal numero
3) del dodicesimo comma del presente articolo, i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la
convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore. In caso
di mancata revoca da parte dell’assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all’autorità giudiziaria; in
caso di accoglimento della domanda, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti del
condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell’amministratore revocato”.
Qui di seguito ci soffermeremo sulle cause di revoca giudiziale che non necessitano del preventivo
passaggio assembleare.
2.1 Le cause di revoca giudiziale
Rispetto alla disciplina applicabile prima dell’entrata in vigore della così detta riforma del condominio,
le ipotesi di revoca sono rimaste sostanzialmente uguali pur non mancando alcune novità. Vediamo,
quindi, quando secondo l’attuale disciplina l’amministratore rischia di essere revocato per via
giudiziale ed andare soggetto ad azione di responsabilità civile.
2.1.1 Provvedimenti giudiziali eccedenti le proprie attribuzioni
E’ la prima ipotesi di revoca giudiziale indicata dall’art. 1129, undicesimo comma, c.c.
L’amministratore, ai sensi dell’art. 1131, terzo e quarto comma, c.c.
“Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni
dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini.
L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei
danni”.
S’ipotizzi un giudizio di revisione delle tabelle millesimali che il condomino ritiene errate. La citazione
può essere fatta convocando direttamente l’amministratore ma se questi deve avvisare l’assemblea
(trattandosi di materia esorbitante le sue funzioni, cfr. art. 69 disp. att. c.c.). Non facendolo andrebbe
incontro ad un’azione per revoca giudiziale.
2.1.2 Omessa presentazione del rendiconto di gestione
Prima dell’entrata in vigore della legge di riforma costituiva causa di revoca giudiziale l’omessa
presentazione del rendiconto consuntivo all’assemblea condominiale per due anni. Nel nuovo art.
1129 c.c. sparisce il riferimento ai due anni e si parla semplicemente dell’omessa presemtazione del
rendiconto. Poiché ai sensi dell’art. 1130 n. 10 c.c. il rendiconto dev’essere presentato all’assemblea
entro centottanta giorni dalla chiusura dell’anno di gestione, ne discende che l’amministratore
che non convoca l’assemblea per la discussione sulla propria gestione entro sei mesi dalla chiusura
dell’esercizio di riferimento può essere revocato con ricorso all’Autorità Giudiziaria.
2.1.3 Revoca per gravi irregolarità
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Nella vigenza del vecchio art. 1129 c.c., si parlava di fondati sospetti di gravi irregolarità. A partire
dal 18 giugno 2013 l’amministratore può essere revocato per via giudiziale per gravi irregolarità
nella gestione. La dizione pare essere più restrittiva poiché mentre prima era sufficiente il sospetto
dell’irregolarità adesso per ottenere la revoca è necessario che la grave irregolarità sia fondata.
L’art. 1129, dodicesimo comma, c.c. contiene un’elencazione non tassativa delle gravi irregolarità
comportanti la revoca. Qui appresso ne daremo conto seguendo la elencazione codicistica. Nei casi
seguenti, salvo dove diversamente indicato, è sempre possibile il ricorso diretto di ciascun condomino
all’Autorità Giudiziaria per la revoca dell’amministratore.
Omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, il
ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore
o negli altri casi previsti dalla legge (art. 1129, dodicesimo comma n. 1, c.c.).
Del rendiconto s’è già detto in precedenza; inoltre, se l’amministratore non convoca ripetutamente
l’assemblea per discutere sulle innovazioni ai sensi del’art. 1120, secondo comma, c.c. se non la
convoca quando gli viene domandato d’essere revocato e quindi sostituito, se non la convoca quando
è necessario ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c. (anche non consentendo di fatto l’autoconvocazione,
aggiungiamo noi) ed in generale in tutti quei casi la legge gli impone di convocare l’assemblea, allora
ogni condomino può rivolgersi al giudice per ottenerne la revoca.
La mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni
dell’assemblea (art. 1129, dodicesimo comma n. 2, c.c.).
Si pensi alla deliberazione assembleare di esecuzione di interventi manutentivi o di qualsiasi altro atto
che necessità dell’opera dell’amministratore. Oppure, per quanto riguarda sentenze e provvedimenti
amministrativi, ai casi in cui è stato riconosciuto un diritto del condominio o l’obbligo della compagine
di fare qualcosa. In casi del genere, ciascun condomino, dimostrando questa violazione, può ottenere
la revoca giudiziale del proprio mandatario.
Mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente condominiale (art. 1129, dodicesimo
comma n. 3, c.c.).
Si tratta di un’ipotesi che necessita del preventivo passaggio assembleare della quale ci occuperemo in
seguito (infra Par. succ).
Gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio
del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini (art. 1129,
dodicesimo comma n. 4, c.c.).
Chiaramente questa ipotesi è strettamente connessa a quella del conto corrente condominiale ma dà
l’idea di come l’utilizzazione del conto debba essere reale e non solamente limitata a pochi movimenti
di cassa elusivi degli obblighi imposti dal legislatore. Un conto corrente unico, ad esempio, è uno di
questi casi.
Aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei
registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio (art. 1129, dodicesimo comma n. 5, c.c.).
Un condomino moroso, un decreto ingiuntivo, un pignoramento immobiliare. Senza alcuna
giustificazione l’amministratore fornisce l’assenso a lasciar perdere la procedura cancellando le
formalità propedeutiche per la vendita all’asta.
Qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al
condominio, l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione
coattiva (art. 1129, dodicesimo comma n. 6, c.c.).
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Si tratta di quei casi in cui l’amministratore conferisce incarico al legale ma poi non si cura di dargli
le dovute indicazioni necessarie a proseguire nell’azione di recupero del credito pregiudicando così gli
interessi del condominio o comunque non si interessa a dover della pratica pregiudicando gli interessi
del condominio. Chiaramente la richiesta di revoca può essere avanzata anche se l’amministratore
agisce senza l’ausilio di un avvocato.
Inottemperanza agli obblighi di tenuta dei registri e di fornitura al condominio le attestazioni
sullo stato dei pagamenti e del contenzioso (art. 1129, dodicesimo comma n. 7, c.c.).
L’amministratore non tiene l’anagrafe condominiale, non forma il registro dei verbali? Ogni
condomino può chiederne la revoca giudiziale per gravi irregolarità nella gestione. Il mandatario non
fornisce le attestazioni inerenti lo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in
corso? Idem. Chiaramente in quest’ultimo è necessaria la prova scritta dell’inottemperanza.
Omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma dell’art. 1129
c.c. (art. 1129, dodicesimo comma n. 8, c.c.).
Detta con parole diverse: l’amministratore fa di tutto per essere difficilmente reperibile e per non
consentire la consultazione e l‘estrazione di copie dei registri condominiali. Vale quanto detto per le
ipotesi precedenti.
3. La revoca giudiziale ed il preventivo passaggio assembleare
Esistono, s’è anticipato fin’ora ed adesso approfondiremo, delle ipotesi in cui la domanda di revoca
giudiziale dev’essere preceduta da un preventivo passaggio assembleare. I condomini riuniti, tuttavia,
non hanno potere di “graziare” l’amministratore ma, più semplicemente, il dovere di verificare la
situazione, far sanare l’irregolarità e rimuovere il mandatario inadempiente. Così non fosse i costi
ricorso all’Autorità Giudiziaria dovrebbe essere addebitati alla compagine che potrebbe, pii, rivalersi
sull’amministratore revocato.
A disciplinare questa particolare procedura è l’art. 1129, undicesimo comma, c.c. che, nella propria
seconda parte, recita:
“[…].Nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto disposto dal
numero 3) del dodicesimo comma del presente articolo, i condomini, anche singolarmente, possono chiedere
la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore. In
caso di mancata revoca da parte dell’assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all’autorità giudiziaria;
in caso di accoglimento della domanda, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti
del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell’amministratore revocato”.
Gravi irregolarità fiscali e mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente intestato al
condominio: sono questi i casi in cui la revoca giudiziale può essere disposta solamente dopo un
tentativo assembleare. Un po’ come per la nomina obbligatoria (cfr. art. 1129, primo comma, c.c.).
La norma, all’apparenza chiara, merita un approfondimento. Che cosa succede se ricorrendo
una di queste ipotesi di revoca, l’assemblea piuttosto che procedere il tal senso esprima fiducia
all’amministratore? Quella decisione può essere considerata contro legge e quindi impugnata ai sensi
dell’art. 1137 c.c.? Ad avviso di chi scrive la risposta è negativa: la ricorrenza di una grave irregolarità
di gestione rappresenta una condizione per la promozione dell’azione di revoca giudiziale (eventuale
preceduta dal tentativo assembleare) e non un evento che la rende doverosa con conseguente
automatismo del provvedimento giudiziale. L’assemblea, infatti, nel pieno del proprio potere
discrezionale può decidere di sanare la situazione proseguendo nel rapporto di fiducia. In buona
sostanza ad avviso di chi scrive la norma dev’essere letta in questo senso: se l’assemblea, convocata per
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discutere e decidere sulla grave irregolarità, non delibera alcunché in merito, allora il condomino può
rivolgersi all’Autorità Giudiziaria.
4. Il procedimento di revoca
Come si svolge il procedimento di revoca dell’amministratore di condominio? Sin’ora abbiamo visto
le cause che legittimano l’azione giudiziaria ed il soggetto legittimato a proporla. Una volta depositato
il ricorso per la revoca, che cosa accade?
Ai sensi dell’art. 64 disp. att. c.c.
“Sulla revoca dell’amministratore, nei casi indicati dall’undicesimo comma dell’articolo 1129 e dal quarto
comma dell’articolo 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato,
sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente.
Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte d’appello nel termine di dieci
giorni dalla notificazione o dalla comunicazione”.
Lo schema, sostanzialmente, è questo: il condomino presenta il ricorso, il Tribunale adito fissa con
decreto l’udienza ordinando di notificare decreto e ricorso all’amministratore entro un dato termine.
Il giorno dell’udienza le parti, in contraddittorio davanti al giudice, espongono le proprie ragioni.
Contro il decreto che decide sulla revoca o il condomino o l’amministratore possono proporre reclamo
presso la Corte d’appello competente.
Per un esempio ricorso per la revoca giudiziale vedi infra Sezione Moduli
5. Revoca, nuova nomina e la prorogatio
Che cosa accade tra revoca dell’amministratore e nuova nomina? È evidente che bisogna distinguere
tra revoca assembleare e giudiziale.
Ai sensi dell’undicesimo comma dell’art. 1129 c.c. nell’assemblea in cui si decide sulla revoca
provvede anche alla nomina del nuovo amministratore. se ciò non dovesse avvenire e la nomina fosse
obbligatoria, ciascun condomino potrebbe ricorrere al giudice competente per tale adempimento. E
nel frattempo? Spieghiamoci meglio.
Caso pratico
Tizio viene revocato dall’incarico di amministrazione del condominio Alfa ma l’assemblea non riesce a
nominare subito un sostituito; Caio, uno dei condomini ricorre all’Autorità Giudiziaria.
Caso pratico 2
Sempronio viene revocato dall’incarico di amministrazione del condominio Beta ed al suo posto viene
scelto Filano.
In entrambi i casi descritti vi sarà un periodo d’interregno rappresentato dai tempi tecnici per
l’espletamento della procedura giudiziale o dai tempi indispensabili ad effettuare il così detto passaggio
di consegne.
La risposta ai quesiti è contenuta nell’art. 1129, ottavo comma, c.c. che recita:
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“Alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo
possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare
pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”.
Insomma tanto se venga decisa la consegna della documentazione ad uno dei condomini, tanto se
si dovesse optare per il classico passaggio di consegne al nuovo amministratore, finché il mandatario
revocato ha il potere d’incidere sulla gestione del condominio deve eseguire l’attività necessaria ad
evitare pregiudizi per la compagine. In termini diversi, si tratta della così detta pro
6. Revoca giudiziale e impossibilità di nuova nomina
L’amministratore revocato dall’Autorità Giudiziaria può togliersi dalla mente di poter essere
rinominato gestore della medesima compagine. In tal senso è chiarissimo l’art. 1129, tredicesimo
comma, c.c. che recita:
In caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non può nominare nuovamente
l’amministratore revocato.
Ad avviso di chi scrive, non essendo inserito nella norma alcun riferimento temporale, essa vale
per sempre, ossia dopo la revoca giudiziale chi ha amministrato un condominio non può essere
rinominato mai più.
7. Revoca e risarcimento del danno
Alla revoca, assembleare o giudiziale che sia, può seguire la richiesta di risarcimento del danno.
Sul punto è bene specificare che la citata richiesta risarcitoria non può essere avanzata nello stesso
procedimento di revoca. Questo, infatti, a dirlo sono la dottrina e la giurisprudenza, rappresenta un
procedimento di volontaria giurisdizione, in sostanza ci si rivolge ad un giudice per chiedergli di fare
ciò che fanno i privati; il giudizio risarcitorio, invece, presuppone l’accertamento dell’esistenza di un
diritto e come tale necessita di una sentenza. Non è automatico che alla revoca dell’amministratore
corrisponda un risarcimento del danno. E’ evidente, però, che ad una revoca (assembleare o giudiziale
che sia) per irregolarità nella gestione corrisponda un inadempimento contrattuale e quindi un danno
(la cui quantificazione può essere rimessa anche alla valutazione equitativa del giudice, cfr. art. 1226
c.c.).
8. Responsabilità civile: cenni
L’amministratore di condominio può essere chiamato a risarcire i danni causati dalle proprie azioni
al di là di un’eventuale revoca assembleare o giudiziale. Insomma può accadere che l’amministratore
rassegni le proprie dimissioni e che solamente dopo emerga un inadempimento nell’assolvimento
dell’incarico. In questo paragrafo accenneremo alla responsabilità civile dell’amministratore di
condominio.
Possiamo distinguere due ipotesi di responsabilità:
a) quella contrattuale verso il condominio e quindi verso i condomini;
b) quella extracontrattuale verso i condomini e/o i terzi.
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Con la locazione responsabilità contrattuale intendiamo fare riferimento a tutte quelle ipotesi in cui
l’amministratore s’è reso inadempiente rispetto agli obblighi previsti dalla legge in relazione al proprio
incarico.
Con il termine responsabilità extracontrattuale si fa riferimento, invece, a tutti quei casi in cui
l’amministratore ha commesso un illecito civile nella sua qualità ma non nell’ambito dell’esercizio dei
propri poteri. Si pensi all’ipotesi di frasi offensive o comportamenti scorretti in fasi di trattative, ecc.
8.1 Responsabilità e tentativo di mediazione
Qualunque forma di responsabilità dell’amministratore (in carica o cessato dal proprio incarico) che
discenda dalle disposizioni di cui agli artt. 1117-1139 c.c. e 61-72 disp. att. c.c. (insomma dalle norme
dettate in materia di condominio negli edifici) dev’essere preceduta dal tentativo di conciliazione.
L’amministratore uscente non ha consegnato tutta la documentazione afferente il condominio
causando così un danno alla compagine? L’azione risarcitoria dev’essere preceduta dal tentativo di
mediazione.
Il condominio vuole agire ottenendo un provvedimento d’urgenza per la consegna di quelle carte?
L’azione può essere esperita senza passare dalla mediazione. Lo stesso dicasi per i procedimenti di
nomina e revoca (cfr. art. 5 d.lgs n. 28/2010).
Poiché un’azione civile per responsabilità dell’amministratore revocato o dimissionario non rientra
nelle attribuzioni di chi lo sostituisce, l’azione giudiziaria ed il preventivo tentativo di mediazione
devono essere deliberati dall’assemblea (cfr. artt. 1136 c.c. e 71-quater disp. att. c.c., supra Cap. X).
Sulle conseguenze per il caso di rinunzia al mandato si veda infra Cap. XII
8.2 Cose in custodia, responsabilità del condominio e rivalsa sull’amministratore
Il condominio in qualità di custode dei beni comuni è responsabile per i danni derivanti dagli stessi.
La norma di riferimento, come s’è avuto modo di specificare parlando della piscina condominiale
(supra Cap. VIII) è l’art. 2051 c.c. che recita:
Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
La giurisprudenza è ormai convinta nell’affermare che l’articolo in esame comporti una forma di
responsabilità obiettiva: insomma si pagano i danni in quanto custodi dei beni e si va esenti da colpe
solo in caso di eventi imprevedibili, ivi compresi i casi di colpa del danneggiato stesso.
È bene evidenziare che alla responsabilità del condominio verso i condomini o vero terzi, per i danni
da questi patiti, corrisponde una responsabilità dell’amministratore verso la compagine se e nella
misura in cui l’omessa custodia e vigilanza dipenda da sua negligenza nell’espletamento dell’incarico.
Caso pratico
Tizio inciampa e cade a causa di una buca presente nel cortile condominiale. L’assemblea aveva deliberato
di sistemare quella parte comune prevedendo l’esecuzione di alcune “toppe” di asfalto. L’amministratore
non ha provveduto per tempo.
In casi del genere il professionista sicuramente andrà incontro a responsabilità per inadempimento
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dei propri obblighi contrattuali.
9. Responsabilità penale: cenni
Truffa, appropriazione indebita, rovina degli edifici e responsabilità penale per omissione dei propri
doveri d’ufficio (es. responsabilità per lesioni colpose nel caso di omessa predisposizione di cautele
in caso di situazioni di pericolo, si pensi all’esempio del paragrafo precedente): queste le ipotesi più
ricorrenti di responsabilità penale connesse all’espletamento dell’incarico di amministratore.
Il caso più ricorrente di appropriazione indebita (art. 646 c.p.) è quello dell’amministratore che
“scappa con la cassa”. In questi casi l’amministratore (che sarà sicuramente revocabile anche per
via giudiziaria) risponde del reato anche se nessuno dei condomini presenta querela, trattandosi
di un’ipotesi di appropriazione indebita aggravata dall’abuso di prestazione d’opera e come tale
perseguibile d’ufficio.
L’amministratore risponde altresì di truffa (art. 640 c.p.) nel caso in cui con artifici e raggiri si procura
un ingiusto profitto con altrui danno. E’ il caso delle fatture dei fornitori gonfiate per intascare una
percentuale del profitto. In casi del genere se il fatto è dimostrabile, anche il fornitore del condominio
rischia la medesima incriminazione.
Vi sono poi quei casi in cui l’amministratore risponde dei reati in ragione della sua posizione.
E’ opinione consolidata in seno alla giurisprudenza quella secondo cui non può essere messo in
discussione
“che l’amministratore del condominio rivesta una specifica posizione di garanzia, su di lui gravando
l’obbligo ex art. 40 cpv. cod. pen. di attivarsi al fine dl rimuovere […] la situazione di pericolo per
l’incolumità del terz[…]” (Cass. pen. 6 settembre 2012 n. 34147).
Per andare esente da responsabilità l’amministratore deve dimostrare di aver fatto tutto quanto in suo
potere per evitare il verificarsi dell’evento dannoso.
Classica ipotesi di responsabilità penale dell’amministratore è anche quella prevista dell’art. 677 c.p.
riguardante la rovina degli edifici; anche in tale ipotesi, a ricordarlo è la Cassazione,
“in caso di mancata formazione della volontà assembleare e di omesso stanziamento di fondi necessari
a porre rimedio al degrado che da luogo al pericolo, non può essere ipotizzata alcuna responsabilità
dell’amministratore per non aver attuato interventi che non era in suo materiale potere adottare e per la
realizzazione dei quali non aveva le necessarie provviste, ricadendo in siffatta situazione la responsabilità
in capo ai singoli condomini” (Cass. pen. 2 maggio 2011 n. 16790).
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Capitolo 12. Le dimissioni e il passaggio di consegne.
1. Le dimissioni e la convocazione dell’assemblea
Così come l’assemblea può revocare l’amministratore in ogni momento, allo stesso modo il mandatario
della compagine può rassegnare le proprie dimissioni quando ritiene più opportuno. Sul punto è utile
svolgere alcune considerazioni.
S’è detto che il rapporto amministratore condominio è regolato, oltre che dell’art. 1129 c.c., anche
dalle norme sul mandato (cfr. art. 1129, quindicesimo comma, c.c.). Rispetto alle dimissioni, ossia
all’atto con il quale l’amministratore rinunzia all’incarico, le norme dettate in materia di condominio
non dicono nulla. Ciò fa sorgere un dubbio: in assenza di esplicite indicazioni normative deve ritenersi
che la rinuncia al mandato debba essere regolata dalle norme specificamente dettate in relazione alla
fattispecie contrattuale? Così fosse l’amministratore dovrebbe fare i conti con l’art. 1727, rubricato
per l’appunto Rinunzia del mandatario, che recita:
“Il mandatario che rinunzia senza giusta causa al mandato deve risarcire i danni al mandante. Se il
mandato è a tempo indeterminato, il mandatario che rinunzia senza giusta causa è tenuto al risarcimento,
qualora non abbia dato un congruo preavviso.
In ogni caso la rinunzia deve essere fatta in modo e in tempo tali che il mandante possa provvedere
altrimenti, salvo il caso d’impedimento grave da parte del mandatario”.
Insomma se questa fosse la norma applicabile la rinunzia al mandato, id est le dimissioni, non sarebbe
cosa così agevole, rectius: per quanto facili da avanzarsi, alle dimissioni potrebbero seguire conseguenze
risarcitorie
Usiamo il condizionale perché come in materia di revoca da parte dell’assemblea (cfr. Cap. XI) non
esistono certezze in merito ai limiti del potere discrezionale di lasciare l’incarico ma, applicandosi
ad esso le norme sul mandato, poiché queste limitazioni sono presenti in generale, dovrebbe potersi
affermare che esse riguardano anche l’amministrazione condominiale, salvo che non si propenda
per la peculiarità di questo rapporto contrattuale rispetto al mandando in generale. Gioca a sfavore
dell’applicabilità dell’art. 1727 c.c. il fatto che il rinvio alle norme sul mandato, operato dall’art.
1129 c.c., contiene la clausola “per quanto non disciplinato dal presente articolo”: Insomma se
l’amministratore dimissionario deve proseguire il proprio incarico in prorogatio (vedi infra Par. succ.),
diviene difficile ipotizzare un danno per la compagine.
Ad ogni buon conto l’amministratore che intenda dimettersi deve convocare l’assemblea condominiale
per consentire ai condomini di nominare il proprio sostituto. Non esiste una norma che imponga
una particolare sequenza temporale: è nella logica delle cose che, presa una simile decisione,
l’amministratore debba darvi pratico seguito nel più breve tempo possibile.
2. Dimissioni e prorogatio
Che cosa accade tra la data della formalizzazione delle dimissioni e quella del passaggio di consegne
della documentazione al nuovo amministratore? Che cosa deve fare il mandatario dimissionario?
Come per il caso di revoca (cfr. Cap. XI), la risposta al quesito è contenuta nell’art. 1129, ottavo
comma, c.c. che recita:
“alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo
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possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare
pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”.
Si tratta della così detta prorogatio imperii. Secondo la Corte di Cassazione,
“l’istituto della prorogatio imperii, essendo fondato, oltre che sulla presunzione di una conformità
della prorogatio alla volontà dei condomini, anche sull’interesse del condominio alla continuità
dell’amministratore, rileva la sua utilità, non solo nei casi di scadenza del termine di cui al secondo comma
dell’art. 1129 cod. civ. o di dimissioni dell’amministratore, ma anche nei casi di revoca dell’amministratore
o di annullamento per illegittimità della delibera di nomina” (Cass. 27 marzo 2003 n 4531).
Attività urgenti necessarie ad evitare pregiudizi: si pensi ad interventi imprevisti ma necessari,
al pagamento delle bollette in scadenza ed in generale tutto ciò che dev’essere fatto per evitare
conseguenze materiali o giuridiche dannose per il condominio.
Per un esempio di lettera di dimissioni e contestuale convocazione dell’assemblea per la nomina
dell’amministratore vedi infra Sezione Moduli
3. Dimissioni e ricorso all’Autorità Giudiziaria
L’amministratore condominiale dimissionario, fermo restando l’obbligo del disbrigo degli atti
urgenti, non è costretto a rimanere nella situazione di limbo (cessato dall’incarico ma pur sempre
responsabile) per tutto il tempo necessario all’assemblea per nominare un nuovo amministratore. Il
mandatario rinunziatario, infatti, può presentare ricorso all’Autorità giudiziaria per la nomina del
suo successore. Due le condizioni previste dalla legge (art. 1129, primo coma, c.c.) per l’esercizio di
quest’azione:
a) l’infruttuoso tentativo assembleare;
b) il numero dei condomini superiore ad otto.
Nei casi di condominii in cui la nomina del mandatario è facoltativa, quindi, l’amministratore
dimissionario dopo aver convocato l’assemblea, se questa non dovesse decidere sulla nuova nomina
potrà limitarsi a consegnare la documentazione ad uno dei condomini, essendo il ricorso giudiziale
possibile solo per il caso di nomina obbligatoria per legge.
Per un esempio di ricorso per la nomina dell’amministratore da parte del mandatario
dimissionario vedi infra Sezione Moduli
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SEZIONE MODULI
1. Preventivo di gestione
Il sottoscritto _______________ (C.F. ___________), con studio in __________ alla
via___________, tel./fax _______ e-mail ________, a seguito di gentile richiesta, sottopone
all’attenzione di codesto spettabile condominio il preventivo per la gestione amministrativa. Il
presente preventivo ha validità fino a ___ (o per tutto il ___).
Lo studio ______ opera nel settore immobiliare da ____ ed è condotto dal sottoscritto ___________,
da________, con iscrizione ________ (inserire nome di un’associazione se si è iscritti).
Lo studio comprende, inoltre, la consulenza legale e tecnica per i problemi che possono, per vari
aspetti, interessare il condominio e i condomini, con stimati professionisti (se si dispone di questi
servizi).
Le prestazioni professionali sono comprensive di quanto previsto dal vigente codice civile.
Rammentiamo:
- rappresentanza legale del condominio
- contabilità meccanizzata
- ripartizioni preventive e consuntive
- contatto con le ditte per la richiesta dei preventivi
- sopralluoghi per la verifica di eventuali guasti.
- assemblea ordinaria e un’assemblea straordinaria.
Nel caso il condominio fosse sprovvisto di specifico conto corrente (bancario e/o postale) sarà nostra
cura provvedere ad attivarlo.
Qui di seguito, anche ai sensi dell’art. 1129, quattordicesimo comma c.c. per il caso di accettazione
del preventivo e conseguente nomina, si specifica dettagliatamente il compenso per le prestazioni
inerenti l’incarico da espletare
COMPENSI PER PRESTAZIONI ORDINARIE
- Compenso annuale gestione ordinaria: €....
COMPENSI PER SPECIFICHE ATTIVITA’
- Copie documentazione condominiale richiesta dai condomini €. ___ fino a n. __ fogli €. ___ da __ fogli
a ___ fogli, oltre al costo pari ad €. _ per ogni fotocopia in bianco e nero
PRESTAZIONI STRAORDINARIE
- Convocazioni di Assemblee straordinarie (di dubbia legittimità cfr. Cass. (Cass. 12 marzo 2003 n.
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3596).
- Convocazioni di riunioni straordinarie del Consiglio di Condominio;
- Stipula contratti relativi ai lavori straordinari;
- Registrazione dei contratti relativi ai lavori straordinari;
- Redazione dei consuntivi e piani di riparto per lavori straordinari e richiesta quote condominiali di
competenza;
- Redazione eventuali convenzioni per regolamentazione dei rapporti con i vicini;
- Revisione contabilità condominiale;
- Redazione modello 770
- Redazione modello AC
- Predisposizione Regolamento disciplina interna di Condominio;
- Redazione elenco fornitori per anagrafe tributaria;
- Tenuta dell’anagrafe condominiale;
- Compenso per la tenuta nel caso di mancata collaborazione dei condomini
COMPENSI A PERCENTUALE
Per la contabilità inerenti lavori di manutenzione straordinaria è verrà chiesto un compenso extra:
- Fino a € 5.000,00 si applica la percentuale del ....% con un minimo di €
- Da € 5.000,00 fino ad € 25.000,00 si applica la percentuale del ....%
- Da € 25.000,00 ad € 50.000,00 si applica la percentuale del ....%
- Oltre € 50.000,00 si applica la percentuale del ....%
Da calcolarsi sull’importo (imponibile) delle opere
PRATICHE FISCALI
Per consentire la detraibilità ai singoli condomini di spese condominiale ai sensi del D.Lgs. n° 449/97 o
L.298/06 compreso rapporti coi tecnici per il controllo dei corretti adempimenti, compilazione ed invio
modulistica o documentazione a carico del committente, verifica dei requisiti dell’appaltatore, della
documentazione d’appalto e della corretta fatturazione, pagamento, rendicontazioni fiscali, conservazione
dell’intera documentazione fino alla prescrizione ( fino a 15 anni).
RIMBORSO SPESE
Sia per quelle ordinarie che per quelle straordinarie:
• Iva
• Fotocopie € ....,
• buste standard € ..., grandi € ...., fax € ... primo foglio, € .... i successivi, redazione lettera € ....,
www.condominioweb.com ©
227
raccomandata €...
• Postali e marche da bollo come da pezze giustificative
• Spese generali sostenute e non documentate: .....% compenso ordinario
ORARI RICEVIMENTO E RECAPITI
Lo Studio, con sede in via --- --- con numero di telefono ------, numero di fax ---- , indirizzo mail ---oppure ---- è aperto dal _______ al _______ dalle __ alle ___, al di fuori degli orari d’ufficio e nei
giorni festivi sono attivi la segreteria telefonica ed il servizio fax ; nei casi d’emergenza è inoltre disponibile
il numero di cellulare dell’Amministratore (___). Gli altri giorni previo appuntamento ma non per il
versamento delle rate condominiali. La documentazione di cui al secondo comma dell’art. 1129 c.c. è
consultabile presso il medesimo studio nei giorni _______ dalle ore __ alle ore ____.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
228
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2. Richiesta compenso dopo nomina
Da inserire nella documentazione condominiale ed inviare ai condomini alla prima occasione
utile
Il sottoscritto _______________ (C.F. ___________), con studio in __________ alla
via___________, a seguito di nomina avvenuta con delibera assembleare del ________ che mi è stata
comunicata in data __________, dichiara di accettare l’incarico di amministrazione del condominio.
Qui di seguito, ai sensi dell’art. 1129, quattordicesimo comma c.c., si specifica dettagliatamente il
compenso per le prestazioni inerenti l’incarico da espletare
COMPENSI PER PRESTAZIONI ORDINARIE
- Compenso annuale gestione ordinaria: €....
COMPENSI PER SPECIFICHE ATTIVITA’
- Copie documentazione condominiale richiesta dai condomini €. ___ fino a n. __ fogli €. ___ da __ fogli
a ___ fogli, oltre al costo pari ad €. _ per ogni fotocopia in bianco e nero
PRESTAZIONI STRAORDINARIE
- Convocazioni di Assemblee straordinarie (di dubbia legittimità cfr. Cass. (Cass. 12 marzo 2003 n.
3596).
- Convocazioni di riunioni straordinarie del Consiglio di Condominio;
- Stipula contratti relativi ai lavori straordinari;
- Registrazione dei contratti relativi ai lavori straordinari;
- Redazione dei consuntivi e piani di riparto per lavori straordinari e richiesta quote condominiali di
competenza;
- Redazione eventuali convenzioni per regolamentazione dei rapporti con i vicini;
- Revisione contabilità condominiale;
- Redazione modello 770
- Redazione modello AC
- Predisposizione Regolamento disciplina interna di Condominio;
- Redazione elenco fornitori per anagrafe tributaria;
- Tenuta dell’anagrafe condominiale;
- Compenso per la tenuta nel caso di mancata collaborazione dei condomini
COMPENSI A PERCENTUALE
Per la contabilità inerenti lavori di manutenzione straordinaria è verrà chiesto un compenso extra:
- Fino a € 5.000,00 si applica la percentuale del ....% con un minimo di €
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- Da € 5.000,00 fino ad € 25.000,00 si applica la percentuale del ....%
- Da € 25.000,00 ad € 50.000,00 si applica la percentuale del ....%
- Oltre € 50.000,00 si applica la percentuale del ....%
Da calcolarsi sull’importo (imponibile) delle opere
PRATICHE FISCALI
Per consentire la detraibilità ai singoli condomini di spese condominiale ai sensi del D.Lgs. n° 449/97 o
L.298/06 compreso rapporti coi tecnici per il controllo dei corretti adempimenti, compilazione ed invio
modulistica o documentazione a carico del committente, verifica dei requisiti dell’appaltatore, della
documentazione d’appalto e della corretta fatturazione, pagamento, rendicontazioni fiscali, conservazione
dell’intera documentazione fino alla prescrizione ( fino a 15 anni).
RIMBORSO SPESE
Sia per quelle ordinarie che per quelle straordinarie:
• Iva
• Fotocopie € ....,
• buste standard € ..., grandi € ...., fax € ... primo foglio, € .... i successivi, redazione lettera € ....,
raccomandata €...
• Postali e marche da bollo come da pezze giustificative
• Spese generali sostenute e non documentate: .....% compenso ordinario
ORARI RICEVIMENTO E RECAPITI
Lo studio, con sede in via ___ con numero di telefono ___, numero di fax ___ , indirizzo e-mail ___ è
aperto dal _______ al _______ dalle __ alle ___al di fuori degli orari d’ufficio e nei giorni festivi sono
attivi la segreteria telefonica ed il servizio fax ; nei casi d’emergenza è inoltre disponibile il numero di
cellulare dell’Amministratore (___). Gli altri giorni previo appuntamento ma non per il versamento delle
rate condominiali. La documentazione di cui al secondo comma dell’art. 1129 c.c. è consultabile presso il
medesimo studio nei giorni _______ dalle ore __ alle ore ____.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
230
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3. Targa condominiale
Amministratore dell’edificio
(inserire nome persona fisica o giuridica)
Studio in _______ alla via ____________
Tel. ______ Fax _____ Cell. ______ Email ________
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231
4. Comunicazione dei dati al momento dell’accettazione dell’incarico (se non s’è
provveduto ad inviarli con il preventivo o al momento della richiesta di compenso
seguente la nomina)
Il sottoscritto _________ (inserire dati anagrafici ivi compreso il codice fiscale), nominato
amministratore con delibera del _______, accettata in data _________ (oppure a seguito di
presentazione del preventivo per la gestione del condominio datato ____) dichiara, ai sensi del
secondo comma dell’art. 1129 c.c. che il proprio studio, con sede in via ___ con numero di telefono
___, numero di fax ___ , indirizzo e-mail ___ è aperto dal _______ al _______ dalle __ alle ___.
Al di fuori degli orari d’ufficio e nei giorni festivi sono attivi la segreteria telefonica ed il servizio fax;
esclusivamente per i casi d’emergenza è inoltre disponibile il numero di cellulare dell’Amministratore
(___). Gli altri giorni si riceve previo appuntamento, ma non per il versamento delle rate condominiali.
La documentazione di cui al secondo comma dell’art. 1129 c.c. è consultabile presso il medesimo
studio nei giorni _______ dalle ore __ alle ore ____.
232
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5. Comunicazione ai fornitori dell’assunzione dell’incarico di amministratore
Ai fornitori
(inserire tutti quei fornitori che mantengono un rapporto continuativo con il condominio ad eccezione dei
fornitore di utenze quali luce, gas, ecc. per i quali è necessario seguire la procedura da loro indicata per le volture
dei contratti)
Oggetto: Condominio __________ ubicato in ___________ alla via ______, n. __
di incarico di amministratore
Assunzione
Il sottoscritto sig. ________, con studio in ________ alla via _______, tel. ______, fax ______,
p.e.c. ___________ nominato amministratore del condominio con delibera del __________,
dichiara di assumerne l’incarico a decorrere dal ________, avendo preso visione del regolamento
condominiale, che qui contestualmente si accetta.
A tale proposito ogni eventuale comunicazione dovrà essere inviata all’indirizzo sopra indicato. Lo
studio del sottoscritto è aperto al pubblico nei giorni _______ dalle ore __ alle ore __ .
Ringraziando per la fiducia accordatami l’occasione mi è gradita per porgere distinti saluti.
Luogo e data
Firma
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233
6. Richiesta bonaria di consegna della documentazione al precedente amministratore
Egr. Sig. _______
Via________
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: richiesta di consegna della documentazione relativa al condominio _____
Il sottoscritto _____, nella sua qualità di amm.re pro tempore del condominio ______, in relazione
a quanto specificato in oggetto, significa quanto segue.
Da una prima sommaria verifica della documentazione consegnatami in data ____ ho potuto appurare
che non risultano essere presenti i seguenti documenti di cui si domanda la consegna:
elencare documentazione mancante
Tanto premesso Le chiedo di contattarmi quanto prima per concordare un appuntamento per la
consegna di quanto indicato.
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma
234
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7. Lettera di messa in mora per la documentazione al precedente amministratore
Egr. Sig. _______
Via________
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: richiesta di consegna della documentazione relativa al condominio _____. Messa in
mora
Il sottoscritto _____, nella sua qualità di amm.re pro tempore del condominio ______, in relazione
a quanto specificato in oggetto, significa quanto segue.
Nonostante precedente bonaria comunicazione del ____ (ricevuta in data _____, oppure tornata al
mittente per compiuta giacenza il ____) si deve evidenziare che a tutt’oggi non è stata consegnata
tutta la documentazione inerente il condominio di cui all’oggetto. In particolare mancano ____
(elencare i documenti mancanti o se non v’è stata alcuna consegna modellare la lettera in tal
senso).
E’ Suo preciso obbligo quello di restituire al condominio tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato
ad amministrarlo (art. 1129 c.c.).
Tanto premesso è diffidato a contattare lo studio dello scrivente, entro e non oltre 5 giorni dal
ricevimento della presente, al fine di concordare un appuntamento per la consegna di quanto ancora
in Suo possesso. In mancanza il sottoscritto si riterrà libero di adire le vie legali per la più ampia tutela
dei diritti dei suoi rappresentati.
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma
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235
8. Ricorso ai sensi dell’art. 700 del codice di procedura civile per la consegna della
documentazione condominiale
ON.LE TRIBUNALE DI ___________
RICORSO PER PROVVEDIMENTO D’URGENZA
Il condominio ___________ (C.F. ________), ubicato in ________ alla via ________ n. __,
in persona dell’amm.re pro tempore ___________ (C.F. ____________), rappresentato e difeso
dall’avv. ____________, presso il cui studio in ________ alla via ________ n.__ elegge domicilio
(numero di fax _____ e l’indirizzo p.e.c. ai fini delle comunicazioni ____), giusta procura a margine
del presente atto
- ricorrente
ESPONE CHE
- il/la sig. ______ è divenuto amm.re del condominio ____ a seguito di deliberazione del ___
sostituendo il/la sig. _____(all. n. __);
- in data ________ ha ricevuto la documentazione condominiale dal proprio predecessore (all. n. _);
- la documentazione condominiale risultava incompleta;
- a nulla sono valse le richieste bonarie e formali di consegna dei documenti mancati (all. n. _):
- che l’amministratore cessato dall’incarico è obbligato a consegnare la documentazione condominiale
(art. 1129, ottavo comma, c.c.)
- l’assenza della documentazione reca grave pregiudizio al condominio in quanto non consente una
gestione piena, ecc. (argomentare esponendo i pregiudizi che tale assenza rischia di provocare o ha
già provocato)
Tutto ciò premesso, con riserva di ogni azione in ordine al risarcimento dei danni subiti e subendi
RICORRE
all’ Ill.mo Giudice adito affinché , verificata la sussistenza degli estremi di cui all’art. 700 c.p.c. e
669- bis e ss. c.p.c., voglia emettere, con decreto ed inaudita altera parte, o con ordinanza, previa
audizione delle parti, i provvedimenti necessari ed idonei a far cessare immediatamente la condotta
pregiuzievole della società ___________
Si allega:
- elencare documentazione allegare
Salvis iuribus
Ai sensi dell’art. 14, comma 2, T.U. 115/02 si dichiara che il valore della controversia è di € _____.
(il contributo dovuto è pari a quello dovuto per la causa di merito, ridotto della metà)
Luogo, __________
Avv._____________
236
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N.B. Si tratta di un procedimento cautelare avente carattere sussidiario e atipico, in quanto è possibile
ricorrervi allorquando l’ordinamento non predisponga nessun altro rimedio tipico. Affinché il ricorso ex
art. 700 c.p.c. possa essere accolto è necessario che sussistano i requisiti c.d. del fumus boni iuris I e
del periculum in mora. Per la determinazione di modalità di presentazione del ricorso ecc. le norme di
riferimento sono rappresentate dagli art. 669 bis e ss. c.p.c. Chiaramente se non v’è mai stato passaggio di
documentazione bisogna impostare il ricorso evidenziando tale aspetto.
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237
9. Verbale di passaggio di consegne
Il giorno _______ alle ore ______ il/la sig./sig.ra _____ e il/la sig./sig.ra _____, nelle loro rispettive
qualità di amministratore uscente e entrante del condominio ____________ (C.F. _____________)
ubicato in ______ alla via ______, si sono incontrati presso ______________ per provvedere al
passaggio di consegne della documentazione ed in generale delle cose di proprietà o comunque
riferibili condominio ________.
Le parti hanno verificato e dichiarano che è stato consegnato quanto segue: (inserire descrizione
dettagliata di quanto è stato consegnato).
L’amministratore uscente dichiara di vantare un credito nei confronti del condominio ______ pari ad
€ ______ (come da verbale assembleare di approvazione del rendiconto, se è avvenuto il riconoscimento
del credito).
L’amministratore subentrante prende atto della dichiarazione del suo predecessore riservandosi di
verificare la situazione contabile una volta consultata la documentazione del condominio ________.
Luogo e data
Firme
Amministratore uscente
_____________
Amministratore subentrante
_____________
238
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10. Provvedimento dell’amministratore
Ai sigg. condomini
Loro sedi
Racc. a.r. o mezzi equipollenti
Oggetto: provvedimento dell’amministratore (inserire brevissima descrizione dell’oggetto
dell’intervento)
Il/la sottoscritto/a _____________ nella propria qualità di amm.re pro-tempore del condominio
__________, preso atto della situazione esistente (descrizione dello stato dei fatti e degli avvenimenti
che hanno dato luogo all’adozione del provvedimento), considerato necessario intervenire per porre
freno/regolamentare/ripristinare (specificare che tipo d’intervento s’è deciso di adottare),
COMUNICA
Ai sigg. condomini (specificare il provvedimento e le eventuali spese connesse chiedendone il
pagamento entro un determinato periodo di tempo)
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma
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239
11. Modello dell’atto di contestazione di un provvedimento dell’amministratore
ex art. 1133 c.c.
Al sig. _______
Amministratore p.t.
Condominio _____
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: provvedimento amministratore del ___________. Contestazione.
Il/la sottoscritto/a ________ proprietario/a di un’unità immobiliare ubicata nel condominio
_______, in relazione a quanto riportato in oggetto, specifica quanto segue.
PREMESSO CHE
- in data ____ l’amministratore condominiale comunicava ai condomini di aver preso il provvedimento
di cui all’oggetto (allegare il provvedimento in contestazione o riportare nella comunicazione la parte che
si contesta);
- il summenzionato atto appare illegittimo perché ____ (specificare i motivi alla base della contestazione)
Tanto premesso il sottoscritto
CHIEDE ALL’ASSEMBLEA
di voler annullare il provvedimento dell’amministratore e di prendere tutte le conseguenti ed
opportune decisioni in merito alla vicenda
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma
n.b. per avere effetto quest’atto, che dev’essere messo agli atti nel corso dell’assemblea dev’essere preceduto da una
richiesta di convocazione di assemblea straordinaria che può essere formulata nei modi e nei termini di cui all’art.
66 disp. att. c.c. o in via informale sollecitando l’amministratore a convocarne una per discutere della vicenda.
240
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12. Modello di ricorso giudiziale per l’annullamento di un provvedimento
dell’amministratore ex art. 1133 c.c.
ON.LE TRIBUNALE DI ____________
(O GIUDICE DI PACE DI ____ a seconda del valore della controversia)
Ricorso ex art. 1133 c.c.
Per: il sig.___________,(C.F. __________) residente in ____________ , alla Via _________________
n. ___, rappresentato e difeso dall’avv.____________ (n. fax ____ p.e.c. _________ comunicata
all’ordine degli avvocati di appartenenza), presso il cui studio in _________ alla via_______ elegge
domicilio, giusta mandato a margine del presente atto.
–
ricorrente
Contro: il condominio “________”, sito in ________ alla ________, in persona dell’amministratore
pro-tempore, con studio in ______alla via_______
PREMESSO CHE
- in data __________ veniva comunicato ai condomini il provvedimento preso dall’amministratore
ai sensi dell’art. 1133 c.c. con il quale (esporre il punto, o i punti, da contestare)
- il ricorrente è contrario a questa decisione in quanto (esporre i motivi di diritto a sostegno della
richiesta di annullamento del provvedimento)
Tanto premesso, il ricorrente, come sopra rappresentato difeso e domiciliato
RICORRE
all’On.le Tribunale (o Giudice di Pace) adito, affinché, fissata l’udienza per la comparizione delle parti,
voglia dichiarare nullo o, comunque annullabile, il provvedimento dell’amministratore impugnato
e per lo effetto condannare il condominio convenuto al pagamento delle spese, diritti ed onorari del
giudizio.
Si allega:
-provvedimento dell’amministratore comunicato in data _____________
-altra documentazione necessaria
In via istruttoria si chiede ammettersi interrogatorio formale dell’amministratore pro-tempore sui
punti di cui ai nn. ______ della narrativa preceduti dalla locuzione “se vero che”.
Le comunicazioni di cancelleria potranno essere effettuate all’indirizzo di posta elettronica
certificata____________ o in alternativa al numero di fax ____________.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si dichiara che la presente controversia ha un valore di €.
________
Luogo, _____________
Avv. _______________
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241
n.b Il procedimento in materia di impugnazione del provvedimento dell’amministratore si rifà, per grandi linee,
a quello d’impugnazione delle deliberazioni assembleari. Ciò vuol dire che anche questo tipo di contenzioso non è
tipizzato nel codice di rito, ne nel codice civile. Per costante giurisprudenza si ritiene possibile agire sia con citazione
che con ricorso. La differenza sta nel fatto che il ricorso deve essere depositato in cancelleria nei 30 giorni di cui
all’art. 1137 c.c. mentre la citazione deve essere notificata al condominio nei 30 giorni successivi. Per i procedimenti
che hanno un valore superiore ad € 1.100 è necessaria l’assistenza di un legale.
242
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13. Richiesta di accesso alla documentazione condominiale da parte del condomino
e relativa richiesta di copia degli atti
Egr. Sig. _________
Amministratore del condominio _____
Via, _______
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: richiesta di accesso la documentazione condominiale. Richiesta di copia.
Il/la sottoscritto/a _________, proprietario/a di un’unità immobiliare posta nel condominio _____
sito in ______ alla via __________, riceveva richiesta di pagamento della somma di € ___ quale
quota per (descrivere sommariamente il fatto che sta alla base della richiesta di accesso alla documentazione.
La motivazione non è obbligatoria ma è utile allorché l’amministratore negasse l’accesso agli atti qualora il
condomino intendesse proseguire giudizialmente per ottenere un ordine di esibizione).
La sua comunicazione non contiene copia delle fatture emesse dall’impresa esecutrice, sicché appare
necessaria una visione delle stesse in quanto (esporre sinteticamente le ragioni della richiesta evidenziando
se presenti i motivi d’urgenza della stessa; ciò perché pur esistendo un diritto incontestabile alla visione dei
documenti da parte dei condomini senza dover spiegare i motivi, è anche vero che la Cassazione in più
occasioni ha affermato che la richiesta deve essere soddisfatta contemperando le ragioni del condomino con
il normale svolgimento dell’attività dell’amministratore).
Tanto premesso il sottoscritto chiede all’amministratore di poter prendere visione ed estrarre copia
dei documenti giustificativi della quota spese richiesta che si provvederà a saldare non appena sia stata
soddisfatta la richiesta formulata con la presente.
Con riserva di agire nelle sedi competenti in caso di mancata evasione della presente istanza.
Distinti saluti
Luogo,______________
Firma
n.b. L’istanza è stata formulata con riferimento al caso della visione dei documenti giustificativi di una spesa
richiesta dall’amministratore. Nulla vieta che l’istanza stessa possa essere presentata prima dello svolgimento
dell’assemblea condominiale al fine una corretta partecipazione alla stessa o in ogni caso la si ritenga utile.
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243
14. Messa in mora a seguito di mancata risposta alla richiesta di accesso alla
documentazione condominiale da parte del condomino
Egr. Sig. _________
Amministratore del condominio _____
Via, _______
E
p.c. a sigg.ri condomini (facoltativo ma può essere utile per mettere a conoscenza degli amministrati
come si comporta il loro legale rappresentante)
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: richiesta di accesso la documentazione condominiale. Messa in mora
Io sottoscritto/a _________, proprietario/a di un’unità immobiliare posta nel condominio ____ sito
in ______ alla via __________,
PREMESSO CHE
-in data ________ con raccomandata a.r. n. ____ del ______ (o raccomandata a mano) chiedevo di
prendere visione e poter ottenere copia della documentazione richiesta in quella missiva per i motivi
ivi citati;
-nonostante siano trascorsi più di _____ (nella prima missiva, salvo motivi urgenti non è il caso di
fissare un termine per l’adempimento) non s’è ricevuta alcuna risposta alle richieste formulate.
Tanto premesso io sottoscritto costituisco formalmente in mora l’amministratore del condominio
_____ sig. ____ invitandolo a consegnarmi senza ritardo e comunque entro e non oltre 15 giorni dal
ricevimento della presente. In mancanza e senza alcun ulteriore avviso mi vedrò costretto a rivolgermi
all’Autorità Giudiziaria con aggravio di spese a totale carico del condominio.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
n.b. L’istanza è stata formulata con riferimento al caso della visione dei documenti giustificativi di una spesa
richiesta dall’amministratore. Nulla vieta che l’istanza stessa possa essere presentata prima dello svolgimento
dell’assemblea condominiale al fine una corretta partecipazione alla stessa o in ogni caso la si ritenga utile.
244
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15. Modello di richiesta della documentazione condominiale predisposto
dall’ufficio dell’amministratore
All’attenzione
__________
amm.re pro tempore
Condominio _________
Oggetto: richiesta documentazione condominiale
Io sottoscritto/a _________, proprietario/a di un’unità immobiliare posta nel condominio ____ sito
in ______ alla via __________ chiede di poter estrarre copia dei seguenti documenti (dai verbali, al
regolamento, all’anagrafe, alle fatture, insomma ogni documento condominiale è richiedibile).
In relazione al preventivo di spesa il costo per l’estrazione delle copie sarà pari ad € ______ da
corrispondersi al momento (specificare se della richiesta o della consegna o se da inserirsi nel rendiconto
tra le spese personali).
La richiesta verrà evasa entro i successivi ____ giorni lavorativi mediante (specificare se consegna a
mano o via posta).
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma del condomino
________________
Firma per ricevuta dell’amministratore (o di un suo incaricato)
________________
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245
16. Lettera di richiesta per la compilazione del registro di anagrafe condominiale
e scheda anagrafica
Ai condomini
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Il/la sottoscritto/a ____________ nella propria qualità di amm.re pro-tempore del condominio
________
PREMESSO CHE
- ai sensi dell’art. 1130 n. 6 c.c. l’amministratore è obbligato a tenere un registro, detto di anagrafe
condominiale, contenente una serie di dati inerenti l’unità immobiliare ed i soggetti che a vario titolo
ne godono;
- è compito dei condomini partecipare attivamente alla sua compilazione ed all’aggiornamento;
- la mancata collaborazione comporterà l’addossamento dei costi necessari al reperimento delle
informazioni richieste;
Tanto premesso, il/la sottoscritta ___________, nella propria qualità
CHIEDE
di comunicare entro e non oltre trenta giorni dal ricevimento della presente i dati richiesti nella
documentazione allegata.
Si rammenta che ogni variazione dev’essere comunicata entro sessanta giorni. L’omessa risposta alla
presente entro il termine di trenta giorni comporterà l’addossamento dei costi necessari al reperimento
delle informazioni richieste.
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma
246
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SCHEDA ANAGRAFICA CONDOMINIALE
CONDOMINIO ______________________________________________________________
__
DATI ANAGRAFICI DEL PROPRIETARIO DELL’UNITÀ IMMOBILIARE
Cognome
Nome
Residenza
Codice fiscale
Eventuale altro indirizzo per convocazioni assembleari:
Recapito tel.
Cell.
Fax
Email
Altri soggetti comproprietari dell’unità immobiliare:
1.
Cognome
Nome
Residenza
Codice fiscale
Recapito tel.
Cell.
Fax
E-mail
2.
Cognome
Nome
Residenza
Codice fiscale
Recapito tel.
Cell.
Fax
E-mail
DATI CATASTALI DEGLI IMMOBILI DI PROPRIETÀ DEGLI INTESTATARI
Tipologia *
Foglio
Particella
Subalterno
Categoria
* Tipologia unità immobiliare: abitazione, box, cantina, negozio, ufficio, deposito, posto auto
Presenza di diritti reali/personali di godimento sugli immobili:
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o SÌ
oNO
247
Se sono presenti diritti reali/personali di godimento specificare:
Tipologia **
Soggetto beneficiario
Suo indirizzo.
Recapito tel.
** usufrutto - diritto di abitazione - ecc.
Dichiaro che le unità immobiliari sono conformi alle normative di sicurezza vigenti
DATI ANAGRAFICI ALTRI OCCUPANTI A QUALSIASI TITOLO
Cognome
Nome
Occupante in qualità di
Recapito tel.
Allo scopo di provvedere all’aggiornamento della scheda, mi impegno a comunicare con la dovuta tempestività ogni variazione
successiva alla data di compilazione del presente modulo.
Data________________________________
248
Firma ______________________________
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INFORMATIVA AI SENSI DELL’ART. 13, L. 196/03 SULLA TUTELA DEI
DATI PERSONALI
Si informa che i dati personali che verranno raccolti per permettere l’aggiornamento dell’anagrafe
condominiale saranno oggetto di trattamento nel rispetto della legge 196/03. Lo scopo della raccolta
e del trattamento, è di disporre delle informazioni che consentano l’esercizio dell’amministrazione
condominiale. I dati non verranno comunicati né diffusi a terzi e verranno conservati sia su supporto
magnetico che su supporto cartaceo. Rispetto a tali dati, l’interessato potrà esercitare i diritti di cui
all’articolo 7 della legge 196/03.
Si autorizza l’utilizzo dei propri dati personali per gli usi consentiti dalla legge in materia condominiale
e, consapevoli delle conseguenze civile e penali, in caso di dichiarazioni mendaci, si dichiara che tutti
i dati forniti e come sopra evidenziati, corrispondono a verità.
Si precisa che la mancata autorizzazione all’utilizzo dei dati trasmessi impedirebbe lo svolgimento
delle mansioni di gestione amministrativa, pertanto renderebbe inutile la trasmissione degli
stessi.
Il titolare del trattamento dei dati di questo condominio è____________, con Studio
a___________________, in via ______________.
In fede
___________________, lì _____________
I condomini interessati
______________________________
______________________________
______________________________
ALLEGATI (NON OBBLIGATORI)



Fotocopia documenti di Identità / Codice Fiscale (solo del dichiarante sottoscrittore)
Eventuale copia dell’atto di compravendita
Copia visura catastale (con data recente) relativa alle unità immobiliari censite
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249
17. Comunicazione dell’atto di compravendita ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c.
All’amm.re pro-tempore
Sig. ___________
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Il/la sottoscritto/a ____________ nella sua qualità di (specificare se venditore o compratore) dell’unità
immobiliare (inserire dati catastali) ubicata nel condominio _______
COMUNICA
ai sensi e per gli effetti dell’art. 63 disp. att. c.c. e ai fini dell’aggiornamento dell’anagrafe condominiale
che a far data dal il/la sig./sig.ra _________ (inserire tutti i dati richiesti dall’art. 1130 n. 6 c.c.) è
proprietario/a della suindicata unità immobiliare.
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma
________
250
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18. Lettera di messa in mora per omesso pagamento dei contributi condominiali
Egr. Sig.
_____________
Via __________
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: intimazione di pagamento delle quote condominiali. Formale messa in mora.
Il sottoscritto _____, nella sua qualità di amm.re pro tempore del condominio ______, ubicato in
_____ alla via ______________, La invita formalmente a provvedere, nel termine di dieci giorni dal
ricevimento della presente presso il mio studio o tramite versamento sul conto corrente condominiale,
al pagamento degli oneri condominiali, di seguito dettagliati nelle singole voci di spesa:
- (inserire elenco delle quote non corrisposte).
Il tutto per un ammontare complessivo di € _____ (s.e.&o.).
In mancanza di un Suo adempimento nei predetti termini e senza alcun ulteriore avviso, lo scrivente
sarà costretto ad adire l’Autorità Giudiziaria per vedere accolte le ragioni del condominio, con
aggravio delle spese a Suo totale carico. La presente vale come formale messa in mora ai sensi e per
gli effetti di legge.
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma
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251
19. Lettera di messa in mora per omesso pagamento dei contributi condominiali
con contestuale comunicazione di prossima sospensione dei servizi comuni
Egr. Sig.
_____________
Via __________
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: intimazione di pagamento delle quote condominiali e comunicazione di prossima
sospensione dei servizi comuni ex art. 63, terzo comma, disp. att. c.c. Formale messa in mora
Il sottoscritto _____, nella sua qualità di amm.re pro tempore del condominio ______, La invita
formalmente a provvedere, nel termine di dieci giorni dal ricevimento della presente presso il mio
studio o tramite versamento sul conto corrente condominiale, al pagamento degli oneri condominiali,
di seguito dettagliati nelle singole voci di spesa:
- (inserire elenco delle quote non corrisposte).
Il tutto per un ammontare complessivo di € _____ (s.e.&o.).
In mancanza di un Suo adempimento nei predetti termini e senza alcun ulteriore avviso, lo scrivente
sarà costretto ad adire l’Autorità Giudiziaria per vedere accolte le ragioni del condominio _______,
con aggravio delle spese a Suo totale carico. Le si deve rammentare, infine, che in considerazione
del perdurare per oltre un semestre dello stato di mora, al mancato pagamento nel suddetto termine
seguirà la sospensione dei servizi comuni di cui all’art. 63, terzo comma, disp. att. c.c.
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma
252
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20. Lettera di richiesta somme per un’azione di recupero del credito
Ai sigg.ri condomini
Racc. a.r. o mezzi equipollenti
Oggetto: richiesta somme per inizio azione legale di recupero del credito.
Il/la sottoscritto/a ____________ nella propria qualità di amm.re pro-tempore del condominio
_____________
PREMESSO CHE
- alcuni condomini (inserire nominativi) si sono resi morosi verso la compagine;
- non è stato possibile eliminare lo stato di morosità con richieste extragiudiziali di pagamento;
- questa amministrazione non dispone della disponibilità di cassa per l’avvio delle azioni legali di
recupero del credito;
- l’inizio dell’azione giudiziaria ha un costo pari ad € ____ (specificare il costo, se possibile
dettagliandolo);
- le somme anticipate verranno restituite al momento del recupero delle somme dovute dal
condomino moroso.
Tanto premesso il/la sottoscritto/a
CHIEDE
ai sigg.ri condomini il versamento delle somme come da ripartizione allegata (la spesa dev’essere
sostenuta da ognuno secondo il millesimi di proprietà, salvo diversa indicazione) entro e non oltre
il termine ____ pena l’impossibilità di agire giudizialmente con ogni esonero da responsabilità
connesse a quanto disposto dall’art. 1129, nono comma, c.c.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
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253
21. Ricorso per decreto ingiuntivo di pagamento ex art. 63 disp. att. c.c.
ON.LE TRIBUNALE DI _______ (IL RICORSO VA INDIRIZZATO AL GIUDICE DI PACE SE
IL VALORE DELLA CONTROVERSIA E’ INFERIORE AD € 5.000,00)
RICORSO PER DECRETO INGIUNTIVO DI PAGAMENTO
Per il condominio _______ (C.F. __________) corrente in ______ alla via ______, in persona del
legale rappresentante pro-tempore ______, rappresentato e difeso dall’avv. ______, (p.e.c. comunicata
all’ordine degli avvocati di ______; tel/fax ______) giusta procura a margine del presente atto, presso
il cui studio in ______ alla via ______ elegge domicilio
PREMESSO
• che ______ è proprietario di ______ unità immobiliare ubicata nel condominio _______ (All. _);
• che l’amministratore del condominio indiceva, per la data del ______, l’assemblea ordinaria e
procedeva, nei modi e nei termini di legge, alla convocazione dei condomini con raccomandata
dell’______ (All. __);
• che l’assemblea si svolgeva in ______ convocazione, in data ______ (essendo andata deserta la
prima convocazione), e in questa sede si approvavano il rendiconto ______ e relativo piano di riparto
così come il preventivo ______ ed il relativo piano di riparto (All. __);
• che l’amministratore con raccomandata del ______ provvedeva, come per legge, ad avvisare i
condomini assenti, tra cui la ______, dello svolgimento dell’assemblea e delle relative deliberazioni
(All. __);
• che la ______ riceveva regolarmente, in data ______, la raccomandata, come dimostra l’avviso di
ricevimento (All. __);
• che dalla documentazione contabile risulta un debito totale del predetto condomino nei confronti
del condominio di € ______ così dettagliati (specificare le voci di credito del condominio);
• che l’amministratore con la comunicazione del verbale provvedeva a mettere formalmente in mora
tutti i condomini arretrati con i pagamenti fissando come termine ultimo per il versamento il ______
(All. __);
• che successivamente ed infruttuosamente, lo stesso amministratore provvedeva a sollecitare
nuovamente la ______ con racc. a.r. del ______ ricevuta da ______ il ______ (All. __);
• che il sottoscritto procuratore, con racc. a.r. del _____ , ricevuta da _____ il _____, intimava
il pagamento delle somme suindicate e di altre (All. ____);
• che _____ non ha mai riscontrato le comunicazioni ricevute né versato nulla di quanto richiesto;
CHIEDE
Alla S.V. a norma degli artt. 633 e ss. c.p.c. e 63 disp. att. cod. civ., voglia ingiungere al ______,
residente (o corrente sei si tratta di società/imprese/ecc.) in ______ alla via ______, di pagare
immediatamente al ricorrente – presso il domicilio eletto – la somma di € ______ oltre ad interessi
legali di mora da ogni singola scadenza al saldo, oltre le spese e competenze di questo procedimento
e successive occorrendo. Il tutto nei limiti di competenza del giudice adito.
Ai fini dell’art. 9 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dichiara che la presente causa ha valore di €
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______.
Si produce: (inserire elenco allegati citati nel ricorso)
Luogo e data
Firma
TRIBUNALE DI _______ ( IL GIUDICE DI PACE DI _________)
Letto il ricorso che precede, esaminata la documentazione prodotta, visti ed applicati gli artt. 633 e
ss. c.p.c. e l’art. 63 disp. att. cod. civ., ritenuta la propria competenza,
INGIUNGE
a _________, residente (o corrente se si tratta di società/imprese/ecc.) in ______ alla via ______ n.
_, di pagare immediatamente alla notificazione del presente atto, ai sensi di quanto disposto dall’art.
63 disp. att. cod. civ., la somma di € _________ oltre interessi legali conteggiati dalle scadenze
al saldo ed oltre alle spese e competenze della presente procedura monitoria che si liquidano in
complessivi € ________, di cui € ________ per spese vive, € _______ per diritti di procuratore e €
________ per onorario di avvocato.
Dichiara il presente decreto immediatamente esecutivo ai sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ.
Fissa al debitore il termine di 40 giorni dalla notifica di questo provvedimento per fare opposizione.
Luogo e data
Il Giudice
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Il Cancelliere
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22. Richiesta del condomino rivolta all’amministratore di corretta applicazione
dei criteri legali
Egr. sig.
____________
Amm.re p.t.
Condominio ________
Racc. a.r. o mezzi equipollenti
Oggetto: richiesta di applicazione criterio legale di ripartizione.
Il/la sottoscritto/a __________ nella sua qualità di proprietario di un’unità immobiliare ubicata
nell’edificio denominato condominio __________, in relazione a quanto specificato in oggetto
richiede quanto segue. (Fare un excursus della vicenda indicando le contestazioni con chiare motivazioni).
E’ evidente, quindi, l’erronea applicazione del criterio di ripartizione delle spese. Tanto premesso La
invito a voler modificare il piano di ripartizione (se si tratta di piano approvato dall’assemblea si chieda
la convocazione di una riunione) entro e non oltre 5 giorni dal ricevimento della presente.
In mancanza incaricherò un legale di mia fiducia per la più ampia tutela dei miei diritti.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
256
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23. Lettera di sollecito per la convocazione dell’assemblea al fine di discutere sul
rendiconto
Egr. sig.
____________
Amm.re p.t.
Condominio ________
Racc. a.r. o mezzi equipollenti
Oggetto: richiesta di applicazione criterio legale di ripartizione
Il/la sottoscritto/a __________ nella sua qualità di proprietario di un’unità immobiliare ubicata
nell’edificio denominato condominio __________, in relazione a quanto specificato in oggetto
richiede quanto segue.
Come Lei sa, è Suo preciso obbligo presentare all’assemblea il rendiconto di gestione per la discussione
in merito entro centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio. Ciò (specificare se il termine è stato
superato oppure se si è in procinto di farlo) non è ancora avvenuto.
Tanto premesso La invito e diffido a convocare l’assemblea per poter deliberare in relazione a quanto
specificato entro (due le alternative):
a) il termine di legge (scrivere così se esso non è ancora spirato);
b) e non oltre dieci giorni dal ricevimento della presente (scrivere così se il termine di cui all’art. 1130
n. 10 c.c. è stato superato).
In mancanza agirò per via giudiziale al fine di ottenere la sua revoca dall’incarico di gestione del
condominio.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
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24. Contratto di appalto per la pulizia degli spazi comuni
Tra il condominio sito in_________ via ________, C.F. ________, in persona dell’ Amministratore
p.t. sig. _________, C.F. __________, d’ora in poi denominato anche “committente”, e l’impresa
________con sede legale in_______, via______, C.F. ________ e P.I. ________, in persona del
legale rappresentante sig. __________, d’ora in poi denominata anche “appaltatrice”, iscritta alla
C.C.I.A con n._______;
PREMESSO CHE
il committente intende affidare in appalto il servizio di pulizia delle parti comuni;
l’impresa_________ha adempiuto alle prescrizioni contenute nella legge n. 82 del 25.01.1994, e nel
decreto ministeriale n.274 del 07.07.1997 (documentazione, All.3);
l’appaltatrice ha formulato un’offerta ritenuta idonea dal committente ed accettata con deliberazione
del ____ oppure ritenuta idonea dal committente in relazione a quanto stabilito con delibera del _____;
Tanto premesso si conviene e si stipula quanto segue:
Art.1 Il condominio _______ concede in appalto all’impresa_________l’esecuzione di tutti i
lavori di pulizia delle parti comuni esistenti nel condominio_______(specificare le parti comuni se
opportuno).
Art. 2 L’appaltatrice accetta e s’impegna ad eseguire i lavori come indicati nel preventivo (costituente
parte integrante del presente contratto, All.1) con i propri mezzi, la propria organizzazione e l’opera
dei propri dipendenti, con gestione a proprio rischio, in completa autonomia.
Art. 3 Il corrispettivo (onnicomprensivo) è stabilito in euro ________, oltre iva, da corrispondersi
in rate _____
Art. 4 La durata del presente contratto è annuale dal ________ al ________e si intenderà tacitamente
rinnovato di anno in anno salvo disdetta da inviarsi da ciascuna delle parti con preavviso in forma
scritta di almeno 30 giorni prima della scadenza.
Art. 5 L’appaltatrice garantisce un permanente ed elevato livello di pulizia delle parti comuni
dell’immobile.
Art. 6 L’appaltatrice dovrà assicurare il servizio n.___ volte a settimana a sua scelta con esclusione
della domenica e con l’obbligo di garantire il risultato di cui all’art. 5.
Art. 7 L’appaltatrice fornirà a propria cura e spese tutti i materiali necessari per l’esecuzione del
servizio e utilizzerà solo prodotti a marchio CEE.
Art. 8 L’appaltatrice si impegna ad adempiere a tutti gli oneri contributivi (come da DURC, All.2),
assistenziali e assicurativi relativi alla manodopera impiegata, secondo le norme di legge vigenti; si
impegna inoltre a far sì che il personale rispetti tutte le norme sulla sicurezza e salute nei luoghi di
lavoro contenute nelle leggi in vigore.
Art. 9 L’appaltatrice dichiara di avere conseguito tutte le autorizzazioni e iscrizioni delle competenti
autorità amministrative obbligatorie per lo svolgimento dell’attività oggetto del presente contratto e
si impegna a comunicare ogni variazione peggiorativa delle dette autorizzazioni e iscrizioni.
Art. 10 L’appaltatrice si impegna a risarcire il condominio per danni causati allo stesso nell’esecuzione
del presente contratto; nonché a manlevare il lo stesso da qualunque richiesta risarcitoria per danni
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causati dalla stessa in occasione dell’esecuzione del presente contratto; l’appaltatrice, pertanto, dichiara
di avere idonea copertura assicurativa (polizza n. _________Compagnia________) per garantire al
condominio e ai suoi residenti il risarcimento degli eventuali danni.
Art. 11 E’ vietato all’appaltatrice il subappalto del servizio di pulizia di cui al presente contratto.
Art. 12 Tutti gli oneri e le spese del presente contratto (anche quelli relativi alla registrazione) sono a
carico dell’appaltatrice.
Art. 13 Per quanto non previsto dal presente contratto si rinvia alle disposizioni del codice civile.
Letto confermato e sottoscritto.
Luogo e data
Firma
Firma
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25. Lettera per la disdetta del servizio di pulizia delle parti comuni
Spett.le _____
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: disdetta del servizio di pulizia delle parti comini
Il/la sottoscritto/a ____________ nella propria qualità di amm.re pro-tempore del condominio
_____________
PREMESSO CHE
- in data ___ fu firmato il contratto per il servizio di pulizia scale (o comunque se non v’è contratto
scritto iniziare la data d’inizio del servizio);
- il contratto prevede la possibilità di recedere (indicare di quale facoltà contrattuale ci si sta avvalendo);
oppure
- il mancanza di contratto e non essendo previsto alcun termine per la disdetta essa può essere
comunicata in ogni momento
Tanto premesso il/la sottoscritto/a, nella propria qualità
COMUNICA
l’intenzione di recedere dal contratto con effetto a fare data dal _____
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
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26. Richiesta all’impresa di pulizie di informazioni sull’iscrizione alla C.C.I.A.A.
Spett.le _____
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: richiesta informazioni su iscrizione Camera di commercio
Il/la sottoscritto/a ____________ nella propria qualità di amm.re pro-tempore del condominio
_____________
PREMESSO CHE
- in data ___ fu firmato il contratto per il servizio di pulizia scale (o comunque se non v’è contratto
scritto iniziare la data d’inizio del servizio);
- la legge n. 82 del 25.01.1994 prevede ben precise condizioni per l’espletamento dell’attività di
pulizia;
- non è chiaro se tali requisiti siano da Voi posseduti
Tanto premesso il/la sottoscritto/a, nella propria qualità
CHIEDE
di ricevere, entro e non oltre dieci giorni dal ricevimento della presente, le più opportune rassicurazioni
in merito al possesso dei requisiti di legge. In mancanza si provvederà personalmente.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
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27. Contratto per la prestazione del servizio di giardinaggio
Tra il condominio sito in_________ via ________, C.F. ________, in persona dell’ Amministratore
p.t. sig. _________, C.F. __________, d’ora in poi denominato anche “committente”, e l’impresa
________con sede legale in_______, via______, C.F. ________ e P.I. ________, in persona del
legale rappresentante sig. __________, d’ora in poi denominata anche “appaltatrice”, iscritta alla
C.C.I.A con n._______;
PREMESSO CHE
il committente intende affidare in appalto il servizio di manutenzione del giardino condominiale;
l’impresa_________ha svolge servizi di muntenzione del verde pubblico e privato ed è regolarmente
iscritta presso la C.C.I.A con n.____ (documentazione, All.3);
l’appaltatrice ha formulato un’offerta ritenuta idonea dal committente ed accettata con deliberazione
del ____ oppure ritenuta idonea dal committente in relazione a quanto stabilito con delibera del _____;
Tanto premesso si conviene e si stipula quanto segue:
Art.1 Il condominio _______ concede in appalto all’impresa_________l’esecuzione di tutti i lavori
di manutenzione del giardino condominiale (specificare la tipologia d’interventi se necessario).
Art. 2 L’appaltatrice accetta e s’impegna ad eseguire i lavori come indicati nel preventivo (costituente
parte integrante del presente contratto, All.1) con i propri mezzi, la propria organizzazione e l’opera
dei propri dipendenti, con gestione a proprio rischio, in completa autonomia.
Art. 3 Il corrispettivo (onnicomprensivo) è stabilito in euro ________, oltre iva, da corrispondersi
in rate _____
Art. 4 La durata del presente contratto è annuale dal ________ al ________e si intenderà tacitamente
rinnovato di anno in anno salvo disdetta da inviarsi da ciascuna delle parti con preavviso in forma
scritta di almeno 30 giorni prima della scadenza.
Art. 5 L’appaltatrice garantisce un permanente ed elevato livello di manutenzione dei giardini
condominiali.
Art. 6 L’appaltatrice dovrà assicurare il servizio n.___ volte (indicare la periodicità se concordata) a
sua scelta con esclusione della domenica e con l’obbligo di garantire il risultato di cui all’art. 5. Non
sono compresi (o sono compresi a seconda di quanto concordato) nel presente contratto gli interventi
straordinari resisi necessari a seguito d’eventi atmosferici o comunque di fatti imprevedibili, quali a
titolo esemplificativo interventi necessari a seguito di sinistri, atti vandalici, ecc.
Art. 7 L’appaltatrice fornirà a propria cura e spese tutti i materiali necessari per l’esecuzione del
servizio e utilizzerà solo prodotti a marchio CEE.
Art. 8 L’appaltatrice si impegna ad adempiere a tutti gli oneri contributivi (come da DURC, All.2),
assistenziali e assicurativi relativi alla manodopera impiegata, secondo le norme di legge vigenti; si
impegna inoltre a far sì che il personale rispetti tutte le norme sulla sicurezza e salute nei luoghi di
lavoro contenute nelle leggi in vigore.
Art. 9 L’appaltatrice dichiara di avere conseguito tutte le autorizzazioni e iscrizioni delle competenti
autorità amministrative obbligatorie per lo svolgimento dell’attività oggetto del presente contratto e
si impegna a comunicare ogni variazione peggiorativa delle dette autorizzazioni e iscrizioni.
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Art. 10 L’appaltatrice si impegna a risarcire il condominio per danni causati allo stesso nell’esecuzione
del presente contratto; nonché a manlevare il lo stesso da qualunque richiesta risarcitoria per danni
causati dalla stessa in occasione dell’esecuzione del presente contratto; l’appaltatrice, pertanto, dichiara
di avere idonea copertura assicurativa (polizza n. _________Compagnia________) per garantire al
condominio e ai suoi residenti il risarcimento degli eventuali danni.
Art. 11 E’ vietato all’appaltatrice il subappalto del servizio di pulizia di cui al presente contratto.
Art. 12 Tutti gli oneri e le spese del presente contratto (anche quelli relativi alla registrazione) sono a
carico dell’appaltatrice.
Art. 13 Per quanto non previsto dal presente contratto si rinvia alle disposizioni del codice civile.
Letto confermato e sottoscritto.
Luogo e data
Firma
Firma
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263
28. Lettera per la disdetta del servizio di manutenzione del giardino condominiale
Spett.le _____
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: disdetta del servizio di pulizia delle parti comini
Il/la sottoscritto/a ____________ nella propria qualità di amm.re pro-tempore del condominio
_____________
PREMESSO CHE
- in data ___ fu firmato il contratto per il servizio di manutenzione del giardino condominiale (o
comunque se non v’è contratto scritto iniziare la data d’inizio del servizio);
- il contratto prevede la possibilità di recedere (indicare di quale facoltà contrattuale ci si sta avvalendo);
oppure
- il mancanza di contratto e non essendo previsto alcun termine per la disdetta essa può essere
comunicata in ogni momento
Tanto premesso il/la sottoscritto/a, nella propria qualità
COMUNICA
l’intenzione di recedere dal contratto con effetto a fare data dal _____
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
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29. Richiesta dell’amministratore al Comune degli interventi in relazione alle
servitù di uso pubblico
Spett.le
Comune di _____
Racc. a.r. o mezzo equipollente (compreso deposito all’ufficio protocollo)
Oggetto: interventi su parte comune destinata all’uso pubblico
Il/la sottoscritto/a ____________ nella propria qualità di amm.re pro-tempore del condominio
_____________ ubicato in via _______
PREMESSO CHE
- il condominio rappresentato dal sottoscritto è proprietario di un’area (es. portico) sottoposta a
servitù di uso pubblico (specificare il titolo costitutivo del diritto reale di godimento);
- la parte comune suindicata necessità d’interventi manutentivi posti per legge (eventualmente anche
in ragione dell’atto che ha consentito la costruzione) a carico dell’ente comunale.
Tanto premesso il/la sottoscritto/a ____________ nella propria qualità
DOMANDA
l’immediata esecuzione degli interventi manutentivi di cui sopra con riserva di agire nelle sedi
giudiziarie la tutela dei diritti del condominio ______
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
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30. Richiesta dell’amministratore al proprietario del fondo vicino per chiedere
l’accesso per l’esecuzione opere di manutenzione
Egr. sig.
______
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: accesso alla Sua proprietà per interventi su parte comune del condominio ________
Il/la sottoscritto/a ____________ nella propria qualità di amm.re pro-tempore del condominio
_____________ ubicato in via _______
PREMESSO CHE
- l’assemblea del condominio rappresentato dal sottoscritto ha deliberato l’esecuzione d’interventi
manutentivi delle parti comuni (descrivere brevemente le opere che devono essere realizzate);
oppure
- si sono resi necessari interventi manutentivi delle parti comuni del condominio rappresentato dal
sottoscritto (descrivere brevemente le opere che devono essere realizzate);
- per la loro esecuzione è necessario accedere nella Sua proprietà;
- l’art. 843 c.c. legittima la richiesta dello scrivente, fermo restando il suo diritto ad essere indennizzato
per il caso di danno
Tanto premesso il/la sottoscritto/a ____________ nella propria qualità
CHIEDE
di concordare una data per consentire l’accesso alla Sua proprietà per l’esecuzione delle opere
summenzionate. Per fare ciò ed avere eventuali ulteriori delucidazioni è richiesto di prendere contatto
con il sottoscritto entro e non oltre 10 giorni dalla ricezione della presente. In mancanza mi vedrò
costretto ad agire per via giudiziale per vedere riconosciute le ragioni del condominio _______.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
n.b. E’ consigliabile inviare la lettera, che comunque ha carattere intimativo, solamente dopo un infruttuoso
contatto informale (cui eventualmente si può fare riferimento) al solo fine di non irrigidire immediatamente i
rapporti con il vicino.
266
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31. Richiesta del nome dei condomini morosi
Egr. sig.
_______
amm.re p.t. condominio ______
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: richiesta comunicazione
Il/la sottoscritto/a ____________ nella propria qualità di (es. titolare ditta, legale rappresentante
società, ecc.)
PREMESSO CHE
- la ditta (o la società, ecc.) rappresentata dal sottoscritto ha eseguito opere in favore del condominio
da Lei rappresentato
- la fattura di pagamento nr. __ emessa il __ è stata pagata solo parzialmente;
- a nulla sono valsi i solleciti bonari e formali già inviati;
- è riconosciuto il diritto ai creditori del condominio, ai sensi del primo comma dell’art. 63 disp. att.
c.c.. di conoscere il nome dei condomini morosi;
Tanto premesso il/la sottoscritto/a ____________ nella propria qualità
CHIEDE
che gli siano comunicati senza ritardo e comunque entro e non oltre dieci giorni dal ricevimento della
presente, i nomi dei condomini morosi.
Salvo ogni diritto.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
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32. Comunicazione del nome dei condomini morosi
Spett.le
__________
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: comunicazione del nome dei condomini morosi
Il/la sottoscritto/a ____________ nella propria qualità di amm.re pro-tempore del condominio
_____________ ubicato in via _______, facendo seguito alla Vs. richiesta datata ____ e giunta al
sottoscritto con racc. a.r. (o indicare altro mezzo) in data ____
COMUNICA
che allo stato attuale risultano morosi rispetto al pagamento della fattura nr. __ del ___ i seguenti
condomini:
- inserire elenco con nome, cognome, nr. millesimi e quota che dev’essere versata.
Lo scrivente informa altresì che il condominio ha intrapreso (o sta per intraprendere) le azioni legali
per il recupero forzoso del credito.
Il sottoscritto resta a disposizione per ogni eventuale, ulteriore, chiarimento.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
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33. Richiesta di ammissione allo stato passivo
ON.LE TRIBUNALE DI _______
DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO (Art. 93 L.F.)
Per il condominio _______ (C.F. __________) corrente in ______ alla via ______, in persona del
legale rappresentante pro-tempore ______, rappresentato e difeso dall’avv. ______, (p.e.c. comunicata
all’ordine degli avvocati di ______; tel/fax ______) giusta procura a margine del presente atto, presso
il cui studio in ______ alla via ______ elegge domicilio
PREMESSO CHE
- il sig. ____ (o la società) sottoposto alla procedura fallimentare contraddistinta dal numero R.G.
___ è proprietario di un’unità immobiliare ubicata nel condominio ____ (all. n. _);
- nel corso del tempo s’è reso inadempiente rispetto all’obbligo di pagamento degli oneri condominiali
regolarmente approvati dall’assemblea (allegare tutti i verbali e le comunicazioni dell’avviso di
convocazione e del verbale di svolgimento per dimostrare la corretta procedura d’informazione del
fallito)
Tanto premesso il sottoscritto procuratore
CHIEDE
l’ammissione al passivo fallimentare del proprio credito per la somma di € ___________, con gli
interessi _______
A dimostrazione del diritto fatto valere allega i seguenti documenti:
Si indicano ai fini delle successive comunicazioni il seguente indirizzo di posta elettronica certificata
e numero di fax:
Luogo e data
Firma
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34. Segnalazione alla pubblica autorità di rumori intollerabili dagli edifici limitrofi
Ill.mo Sig.
___________
Sindaco pro tempore
Via_____________
E
Arpa Regione
____________
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: segnalazione rumori intollerabili. Richiesta d’intervento
Io sottoscritto _________, proprietario di un’unità immobiliare posta nel condominio Alfa sito in
______ alla via __________,
PREMESSO CHE
- descrivere il fatto soffermandosi su tutti gli elementi utili a descrivere l’illecito ed il suo autore, avendo
cura di citare la norma del regolamento di polizia locale che si assume essere stato violato.
Tanto premesso io sottoscritto chiedo l’intervento dell’Autorità pubblica locale per l’accertamento e
la sanzione dei comportamenti illeciti.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
n.b. l’istanza può essere inviata con racc. a.r. presso la sede legale consegnata all’ufficio protocollo o presso l’ufficio
della polizia municipale. In questi ultimi casi è bene farsi rilasciare una ricevuta di consegna
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35. Querela per reati contro il disturbo e le occupazioni delle persone
ILL.MO SIG. PROCURATORE DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI _____
(per il tramite di Polizia, ecc. se l’atto è depositato presso gli uffici delle forze dell’ordine e non
direttamente presso la Procura della Repubblica)
Io sottoscritto _________, nato a ______ il ______ residente in ______ alla via _______, proprietario
dell’unità immobiliare identificata con (inserire dati catastali) espongo quanto segue.
(Esporre il fatto-reato di cui si ritiene essere stati vittime. Si descrivano tutte le circostanze utili a
ricostruire il fatto nonché le generalità di eventuali testimoni. Specificare i termini della vicenda con
particolare riferimento alle date ed alla modalità di disturbo della riposo e delle occupazioni delle
persone)
Tanto premesso, sporgo formale querela con istanza di punizione nei confronti di (ignoti o il nome
del querelato) per il reato di cui all’art. 656 c.p. e per tutti quei reati che dovessero emergere nel corso
delle indagini.
Chiedo di essere informato, ex art. 406 III° comma c.p.p., di ogni eventuale richiesta di proroga delle
indagini. Chiedo, altresì, di essere avvisato, ex art.408 II° comma c.p., di un’eventuale richiesta di
archiviazione.
Mi oppongo fin d’ora, qualora si intendesse procedere per un reato perseguibile a querela, ad una
richiesta di emissione di decreto penale di condanna.
Si allega: (eventuali allegati).
Luogo e data
Firma
n.b. il modello è utilizzato in relazione al reato di cui all’art. 659 c.p. ma può essere preso come base anche per la
denuncia di altri fatti reato concernenti il condominio. La querela è atto personale e quindi, salvo procura speciale,
dev’essere presentato alle autorità competenti direttamente dall’interessato. Essa anche se la situazione in merito
resta incerta può essere presentata tanto dai condomini quanto dall’amministratore.
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271
36. Querela per reati contro le parti comuni
ILL.MO SIG. PROCURATORE DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI _____
(per il tramite di Polizia, ecc. se l’atto è depositato presso gli uffici delle forze dell’ordine e non
direttamente presso la Procura della Repubblica)
Io sottoscritto _________, nato a ______ il ______ residente in ______ alla via _______, proprietario
dell’unità immobiliare identificata con (inserire dati catastali) espongo quanto segue.
(Esporre il fatto-reato di cui si ritiene essere stati vittime. Si descrivano tutte le circostanze utili a
ricostruire il fatto nonché le generalità di eventuali testimoni. Specificare i termini della vicenda con
particolare riferimento alle date ed alla modalità di disturbo della riposo e delle occupazioni delle
persone)
Tanto premesso, sporgo formale querela con istanza di punizione nei confronti di (ignoti o il nome
del querelato) per il reato di cui all’art. 635 c.p. e per tutti quei reati che dovessero emergere nel corso
delle indagini.
Chiedo di essere informato, ex art. 406 III° comma c.p.p., di ogni eventuale richiesta di proroga delle
indagini. Chiedo, altresì, di essere avvisato, ex art.408 II° comma c.p., di un’eventuale richiesta di
archiviazione.
Mi oppongo fin d’ora, qualora si intendesse procedere per un reato perseguibile a querela, ad una
richiesta di emissione di decreto penale di condanna.
Si allega: (eventuali allegati).
Luogo e data
Firma
n.b. il modello è utilizzato in relazione al reato di cui all’art. 635 c.p. ma può essere preso come base anche per la denuncia di
altri fatti reato concernenti il condominio. La querela è atto personale e quindi, salvo procura speciale, dev’essere presentato alle
autorità competenti direttamente dall’interessato. Essa anche se la situazione in merito resta incerta può essere presentata tanto
dai condomini quanto dall’amministratore.
37. Avviso di convocazione assemblea ordinaria e straordinaria
Ai sigg.ri Condomini
Loro sedi
Raccomandata A.R. o mezzi indicati nel primo comma dell’art. 66 disp. att. c.c.
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Oggetto: avviso di convocazione di assemblea
Con la presente La invito a partecipare all’assemblea ordinaria (o straordinaria) che si terrà
in _____________, alla via ___________ n. __ il giorno _______, alle ore ______, in prima
convocazione, ed il giorno ________, alle ore _____, in seconda convocazione (la seconda convocazione
deve tenersi almeno il giorno solare successivo a quello dedicato alla prima, cfr. art. 66 disp. att. c.c.), stesso luogo,
per discutere e deliberare sul seguente ordine del giorno:
1) ________________
2) ________________
3) ________________
(n.b. l’ordine del giorno dev’essere, sia pur sinteticamente, quanto più dettagliato possibile in
modo tale da consentire al condomino di comprendere di che cosa si discuterà in riunione)
Considerata l’importanza dell’assemblea La invito a partecipare personalmente alla medesima o
almeno di inviare una delega a persona di propria fiducia.
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma
Delega a partecipare all’assemblea di condominio (in alternativa può essere utilizzato l’apposito modulo)
Io sottoscritto/a ____________ delego il Signor _______ a rappresentarmi nell’assemblea condominiale del
di adeguarsi alle seguenti indicazioni vincolanti di voto:
_____ e
- per il punto all’ordine del giorno n. _ Favorevole – Contrario – Astenuto (Barrare la voce interessata);
Ratifico sin d’ora il suo operato se conforme alle indicazioni contenute nella delega
Luogo e data
Firma __________
n.b. La riforma pare aver chiarito il fatto che anche i conduttori abbiamo diritto ad essere direttamente convocati
all’assemblea condominiale. In mancanza di certezze (la dizione aventi diritto è stata interpretata in più modi) nei
casi di cui all’art. 10 l. n. 392/78 (diritto a partecipare del conduttore) si consiglia d’inviare l’avviso di convocazione
tanto al proprietario usufruttuario, ecc. quanto al conduttore.
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38. Avviso di convocazione ex art. 1117-ter c.c.
Ai sigg.ri Condomini
Loro sedi
Raccomandata A.R. o mezzi indicati nel primo comma dell’art. 1117-ter c.c.
Oggetto: avviso di convocazione di assemblea per la modificazione della destinazione d’uso
delle parti comuni
Con la presente La invito a partecipare all’assemblea che si terrà in _____________, alla via
___________ n. __ il giorno _______, alle ore ______, in prima convocazione, ed il giorno
________, alle ore _____, in seconda convocazione (la seconda convocazione deve tenersi almeno il giorno
solare successivo a quello dedicato alla prima, cfr. art. 66 disp. att. c.c.), stesso luogo, per discutere e deliberare
sul seguente ordine del giorno:
- Modificazione della destinazione d’uso del _____ identificato in catasto (inserire dati catastali
se esistenti) attualmente destinato a (inserire destinazione attuale) in _______________ (inserire
destinazione che s’intende deliberare).
(n.b. l’ordine del giorno può contenere anche altri argomenti ma la particolare lunghezze dei
tempi d’invio e pubblicazione sconsigliano l’unione di questa tipologia deliberativa con le altre)
Considerata l’importanza dell’assemblea La invito a partecipare personalmente alla medesima o
almeno di inviare una delega a persona di propria fiducia.
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma
Delega a partecipare all’assemblea di condominio (in alternativa può essere utilizzato l’apposito modulo)
Io sottoscritto/a ____________ delego il Signor _______ a rappresentarmi nell’assemblea condominiale del
di adeguarsi alle seguenti indicazioni vincolanti di voto:
_____ e
- per il punto all’ordine del giorno n. _ Favorevole – Contrario – Astenuto (Barrare la voce interessata);
Ratifico sin d’ora il suo operato se conforme alle indicazioni contenute nella delega
Luogo e data
Firma __________
n.b. ai sensi dell’art. 1117-ter, secondo comma, c.c. la convocazione dell’assemblea deve essere affissa per non meno
di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati.
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39. Avviso di convocazione per deliberazione in merito all’assegnazione
dell’incarico di revisione contabile
Ai sigg.ri Condomini
Loro sedi
Raccomandata A.R. o mezzi indicati nel primo comma dell’art. 66 disp. att. c.c.
Oggetto: avviso di convocazione di assemblea
Con la presente La invito a partecipare all’assemblea (o straordinaria) che si terrà in _____________,
alla via ___________ n. __ il giorno _______, alle ore ______, in prima convocazione, ed il giorno
________, alle ore _____, in seconda convocazione (la seconda convocazione deve tenersi almeno il giorno
solare successivo a quello dedicato alla prima, cfr. art. 66 disp. att. c.c.), stesso luogo, per discutere e deliberare
sul seguente ordine del giorno:
- deliberazione in merito all’assegnazione dell’incarico per una revisione della contabilità condominiale
(indicare le annate di gestione sottoposte a revisione) decide nella riunione del _______.
Considerata l’importanza dell’assemblea La invito a partecipare personalmente alla medesima o
almeno di inviare una delega a persona di propria fiducia.
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma
Delega a partecipare all’assemblea di condominio (in alternativa può essere utilizzato l’apposito modulo)
Io sottoscritto/a ____________ delego il Signor _______ a rappresentarmi nell’assemblea condominiale del
di adeguarsi alle seguenti indicazioni vincolanti di voto:
_____ e
- per il punto all’ordine del giorno n. _ Favorevole – Contrario – Astenuto (Barrare la voce interessata);
Ratifico sin d’ora il suo operato se conforme alle indicazioni contenute nella delega
Luogo e data
Firma __________
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275
40. Richiesta di convocazione dell’assemblea straordinaria da parte dei condomini
ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c.
Egr. Sig. __________
Amministratore del condominio ______
Via, __________
Raccomandata A.R. a o altro mezzo equipollente
Oggetto: richiesta di convocazione di assemblea straordinaria ex art. 66 disp. att. c.c.
Noi sottoscritti:
-sig./sig.ra _________ n. millesimi ____;
-sig./sig.ra _________ n. millesimi ____;
-sig./sig.ra _________ n. millesimi ____;
(affinché la richiesta possa produrre i propri effetti è necessario che sia proprosta da
almeno due condomini che rappresentino come minimo 1/6 dei millesimi, ossia minimo 166
millesimi)
nella nostra qualità di condomini della compagine _____ ed ai sensi dell’art. 66, primo
comma, disp. att. c.c.
CHIEDIAMO
al sig.______, quale amministratore pro-tempore del condominio ____, che dia seguito, nei
tempi e nei modi di legge, alla richiesta di convocazione di assemblea straordinaria per discutere e
deliberare sul seguente ordine del giorno:
-argomento 1;
-argomento 2, ecc.;
Si ricorda all’amministratore che se la richiesta rimarrà inevasa, trascorsi dieci giorni dalla
stessa, noi sottoscritti provvederemo ad autoconvocare l’assemblea nei termini e nei modi di legge.
All’uopo si fa fin d’ora richiesta di poter avere una copia dell’elenco dei nominativi dei condomini
con i relativi indirizzi di residenza.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
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41. Autoconvocazione a seguito di richiesta ai sensi del primo comma dell’art. 66
disp. att. c.c.
Ai sigg. condomini
del condominio ______
Loro sedi
Raccomandata A.R. o mezzi indicati nel primo comma dell’art. 66 disp. att. c.c.
Oggetto: autoconvocazione dell’assemblea condominiale
Noi sottoscritti:
-sig./sig.ra _________ n. millesimi ____;
-sig./sig.ra _________ n. millesimi ____;
-sig./sig.ra _________ n. millesimi ____;
(per essere regolare l’autoconvocazione dell’assemblea, ai sensi del primo comma dell’art. 66 disp. att.
c.c., dovrà esser fatta quanto meno dagli stessi condomini che hanno chiesto la convocazione di quella
straordinaria ex art. 66 disp. att. c.c.)
PREMESSO CHE
-in data ________ presentavamo all’amministratore, nei modi e nei termini di legge, richiesta di
convocazione di assemblea straordinaria;
-sono trascorsi 10 giorni senza che l’amministratore abbia provveduto a fissare la data per la riunione.
Tanto premesso noi sottoscritti condomini
CONVOCHIAMO
l’assemblea di condominio in prima convocazione per il giorno _________ alle ore _______ presso
_____________ e qualora questa andasse deserta in seconda convocazione per il giorno _________
alle ore _______ presso _____________ (per la fissazione della data di quest’ultima si rammenta
che ex art. 1136, terzo comma, c.c. l’assemblea in seconda convocazione deve svolgersi il giorno
solare successivo a quella di prima e comunque al massimo entro 10 giorni dalla stessa) per
discutere e deliberare sul seguente ordine del giorno:
-argomento 1;
-argomento 2, ecc.;
Della convocazione verrà data rituale convocazione a mezzo raccomandata a.r. anche all’amministratore
sig. __________
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
Delega a partecipare all’assemblea di condominio (in alternativa può essere utilizzato l’apposito modulo)
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277
Io sottoscritto/a ________ delego il Signor _______ a rappresentarmi nell’assemblea condominiale del _______ e di
adeguarsi alle seguenti indicazioni vincolanti di voto:
- per il punto all’ordine del giorno n. _ Favorevole – Contrario – Astenuto (Barrare la voce interessata);
- ecc.
Ratifico sin d’ora il suo operato se conforme alle indicazioni contenute nella delega
Luogo e data
Firma _______________
278
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42. Richiesta di convocazione dell’assemblea straordinaria da parte di uno o più
condomini per la discussione sulle innovazioni ai sensi dell’art. 1120, secondo
comma, c.c.
Egr. Sig. __________
Amministratore del condominio ______
Via, __________
Raccomandata A.R. a o altro mezzo equipollente
Oggetto: richiesta di convocazione di assemblea straordinaria ex art. 66 disp. att. c.c.
Io sottoscritto (o noi sottoscritti):
-sig./sig.ra _________ n. millesimi ____;
-sig./sig.ra _________ n. millesimi ____;
-sig./sig.ra _________ n. millesimi ____;
(rispetto alla richiesta ex art. 66 disp. att. c.c. questa non ha necessità d’essere sottoscritta da un numero
minimo di condomini)
nella nostra qualità di condomini della compagine _____ ed ai sensi dell’art. 1120, terzo comma,
disp. att. c.c.
CHIEDO (O CHIEDIAMO)
al sig.______, quale amministratore pro-tempore del condominio ____, che dia seguito, nei tempi e
nei modi di legge, alla richiesta di convocazione di assemblea straordinaria per discutere e deliberare
sul seguente ordine del giorno:
-argomento 1;
All’uopo si comunica, unitamente alla presente, ai sensi dell’art. 1120, terzo comma, c.c., relazione
contenente l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi
proposti Si ricorda all’amministratore che l’omesso rifiuto di convocare ripetutamente l’assemblea
nel casi previsti dalla legge (come quello che ci occupa) costituisce grave irregolarità sanzionabile con
la revoca giudiziale (cfr. art. 1129, undicesimo e dodicesimo comma, c.c.).
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
n.b. la presente formula può essere utilizzata in tutti quei casi in cui è il singolo condomino a voler richiedere
l’assemblea condominiale: differentemente da questo caso, però, la richiesta del singolo non è vincolante.
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43. Richiesta all’amministratore di evitare o svolgimento delle assemblee in
determinati giorni ed orari
Egr. Sig. __________
Amministratore del condominio ______
Via, __________
Raccomandata A.R. a o altro mezzo equipollente
Oggetto: richiesta di fissazione delle assemblee condominiali in orari e giorni differenti.
Il/la sottoscritto ____________, nella propria qualità di proprietario dell’unità immobiliare (inserire
dati catastali, facoltativo) ubicata nell’edificio denominato condominio sito in ________ alla via
________, fa presente quanto segue.
Le assemblee condominiali, solitamente sono convocate per giorni ed in orari che rendono impossibile
la mia partecipazione personale (evidenziare il motivo serio che non consente la partecipazione).
Tanto premesso si chiede alla SV. di fissare le assemblee in giornate ed orari diversi o, comunque,
nel caso di più richieste discordanti, di consentire una discussione assembleare sul punto in modo da
decidere collegialmente nel modo migliore.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
n.b. la richiesta può essere formulata da più condomini anche sottoforma di richiesta di convocazione ex art. 66
disp. att. c.c. o comunque per dare maggiore peso all’istanza.
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44. Delega a partecipare all’assemblea di condominio così detta in bianco
Io sottoscritto/a ____________ delego il Signor _______ a rappresentarmi nell’assemblea
condominiale del _____ e di ratificarne sin d’ora il suo operato
Luogo e data
Firma
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45. Delega a partecipare all’assemblea di condominio con indicazione di voto
Il/la sottoscritto________________________ quale proprietario dell’unità immobiliare ubicata al
piano ________ interno _______ nel Condominio ______________ situato in _______________
alla via ______________
DELEGA
il sig. __________ a partecipare in sua vece all’assemblea condominiale del Condominio _____________
che si terrà in prima convocazione, il giorno _____________ alle ore _______________
presso _____________________ sito in __________________ alla via____________ ed in
seconda convocazione, il giorno _____________ alle ore _____________________ presso
_____________________sito in __________________ alla via__________________
La delega si intende conferita per entrambe le convocazioni
Per i punti all’ordine del giorno il delegato, salvo nuove indicazioni da fornirsi per iscritto solamente
alla stessa persona, dovra’ cosi’ votare :
Punto n. __ ( favorevole – contrario – astenuto, barrare l’intenzione di voto )
Il delegato dovrà/potrà inoltre farsi promotore delle seguenti proposte :
__________________________________________________
Luogo e data
Firma
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46. Verbale assemblea condominiale
Verbale d’assemblea
In data __ alle ore ____ nei locali ____, si è riunita in __________ convocazione (se non s’è redatto
il verbale della prima convocazione perché andata deserta, il fatto può essere menzionato in questo documento),
l’assemblea ordinaria del condominio, per discutere e deliberare sul seguente
Ordine del giorno
1) _______________;
2) _______________;
3) _______________;
Sono presenti personalmente o rappresentati per delega i seguenti condomini:
1) sig. __ per mm ___
2) sig. __ per mm ___
3) sig. __ per mm ___
Si provvede alla nomina del presidente e del segretario d’assemblea nelle persone del sig. ___ e del
sig. ___
Il presidente, essendo presenti di persona o per delega n. ____ condomini per complessivi _______
millesimi, ai sensi dell’articolo 1136 c.c. dichiara validamente costituita l’assemblea.
DISCUSSIONE SU PUNTI ALL’ODG CON SPECIFICA INDICAZIONE DELL’ESITO DI OGNI VOTAZIONE,
OSSIA CON LA INDICAZIONE DI NOMINATIVO E MILLESIMI DI FAVOREVOLI, CONTRARI E ASTENUTI,
ECCEZION FATTA PER LE DELIBERAZIONI ADOTTATE CON VOTAZIONE UNANIME. EVENTUALI
ALLONTANAMENTI DEVONO ESSERE ANNOTATI.
Non avendo altro da discutere il presidente dichiara chiusa l’assemblea alle ore _____.
Letto confermato e sottoscritto
Il presidente
Il segretario
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47. Delibera di assegnazione dell’incarico di revisione contabile
Verbale d’assemblea
In data __ alle ore ____ nei locali ____, si è riunita in __________ convocazione (se non s’è redatto
il verbale della prima convocazione perché andata deserta, il fatto può essere menzionato in questo documento),
l’assemblea ordinaria del condominio, per discutere e deliberare sul seguente
Ordine del giorno
1) Assegnazione incarico di revisione contabile: termini e condizioni;
2) _______________;
3) _______________;
Sono presenti personalmente o rappresentati per delega i seguenti condomini:
1) sig. __ per mm ___
2) sig. __ per mm ___
3) sig. __ per mm ___
Si provvede alla nomina del presidente e del segretario d’assemblea nelle persone del sig. ___ e del
sig. ___
Il presidente, essendo presenti di persona o per delega n. ____ condomini per complessivi _______
millesimi, ai sensi dell’articolo 1136 c.c. dichiara validamente costituita l’assemblea.
Sull’affidamento dell’incarico di revisione contabile l’assemblea così delibera: (riportare analiticamente
esito votazione, salvo accordo unanime tra i presenti, la deliberazione è regolarmente adottata se
votata almeno dalla maggioranza dei presenti che rappresentino almeno la metà del valore millesimale
dell’edificio, tanto in prima quanto in seconda convocazione).
Viene incaricato come revisore contrabile il sig. ______ del quale si accetta il preventivo di spesa
(oppure “specificando che l’amministratore potrà firmare l’incarico se lo stesso professionista accetterà un
compenso massimo pari ad € ____. L’amministratore entro questi limiti di spesa è incaricato di prendere
i contatti necessari. Se la proposta del condominio non dovesse essere accettata si delibera di conferire
incarico, nei medesimi termini e nel seguente nell’ordine, alle seguenti persone: _____ “).
L’assemblea delibera altresì (indicare le maggioranze) che l’incarico di revisione riguarderà gli anni di
gestione _____.
DISCUSSIONE SU PUNTI ALL’ODG CON SPECIFICA INDICAZIONE DELL’ESITO DI OGNI VOTAZIONE,
OSSIA CON LA INDICAZIONE DI NOMINATIVO E MILLESIMI DI FAVOREVOLI, CONTRARI E ASTENUTI,
ECCEZION FATTA PER LE DELIBERAZIONI ADOTTATE CON VOTAZIONE UNANIME. EVENTUALI
ALLONTANAMENTI DEVONO ESSERE ANNOTATI.
Non avendo altro da discutere il presidente dichiara chiusa l’assemblea alle ore _____.
Letto confermato e sottoscritto
Il presidente
Il segretario
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48. Delibera di approvazione del rendiconto
Verbale d’assemblea
In data __ alle ore ____ nei locali ____, si è riunita in __________ convocazione (se non s’è redatto
il verbale della prima convocazione perché andata deserta, il fatto può essere menzionato in questo documento),
l’assemblea ordinaria del condominio, per discutere e deliberare sul seguente
Ordine del giorno
1) Rendiconto consuntivo;
2) _______________;
3) _______________;
Sono presenti personalmente o rappresentati per delega i seguenti condomini:
1) sig. __ per mm ___
2) sig. __ per mm ___
3) sig. __ per mm ___
Si provvede alla nomina del presidente e del segretario d’assemblea nelle persone del sig. ___ e del
sig. ___
Il presidente, essendo presenti di persona o per delega n. ____ condomini per complessivi _______
millesimi, ai sensi dell’articolo 1136 c.c. dichiara validamente costituita l’assemblea.
Sul rendiconto di gestione dell’anno _____, dopo attenta e approfondita discussione e dopo aver
richiesto i necessari chiarimenti all’amministratore l’assemblea così delibera: (riportare analiticamente
esito votazione, salvo accordo unanime tra i presenti, la deliberazione è regolarmente adottata se votata
almeno dalla maggioranza dei presenti che rappresentino almeno la metà del valore millesimale dell’edificio,
in prima convocazione ed dalla maggioranza degli intervenuti ed un terzo del valore millesimale in seconda
convocazione).
Il rendiconto ed il relativo piano di riparto sono approvati costituendo così titolo utile anche ai fini
delle azione giudiziarie di cui all’art. 63 disp. att. c.c.
DISCUSSIONE SU PUNTI ALL’ODG CON SPECIFICA INDICAZIONE DELL’ESITO DI OGNI VOTAZIONE,
OSSIA CON LA INDICAZIONE DI NOMINATIVO E MILLESIMI DI FAVOREVOLI, CONTRARI E ASTENUTI,
ECCEZION FATTA PER LE DELIBERAZIONI ADOTTATE CON VOTAZIONE UNANIME. EVENTUALI
ALLONTANAMENTI DEVONO ESSERE ANNOTATI.
Non avendo altro da discutere il presidente dichiara chiusa l’assemblea alle ore _____.
Letto confermato e sottoscritto
Il presidente
Il segretario
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49. Delibera di approvazione del rendiconto modificato
Verbale d’assemblea
In data __ alle ore ____ nei locali ____, si è riunita in __________ convocazione (se non s’è redatto
il verbale della prima convocazione perché andata deserta, il fatto può essere menzionato in questo documento),
l’assemblea ordinaria del condominio, per discutere e deliberare sul seguente
Ordine del giorno
1) Rendiconto consuntivo;
2) _______________;
3) _______________;
Sono presenti personalmente o rappresentati per delega i seguenti condomini:
1) sig. __ per mm ___
2) sig. __ per mm ___
3) sig. __ per mm ___
Si provvede alla nomina del presidente e del segretario d’assemblea nelle persone del sig. ___ e del
sig. ___
Il presidente, essendo presenti di persona o per delega n. ____ condomini per complessivi _______
millesimi, ai sensi dell’articolo 1136 c.c. dichiara validamente costituita l’assemblea.
Nella precedente assemblea del _____ veniva chiesto all’amministratore di modificare il rendiconto
di gestione per l’anno _____ (ciò può essere fatto anche nella stessa assemblea purché il rendiconto
ed il relativo riparto siano effettivamente modificati per poter essere approvati; in tal caso è utile
riportare sul verbale la richiesta e le ragioni della richiesta e medesima). Sul rendiconto di gestione
dell’anno _____, così come modificato, dopo attenta e approfondita discussione e dopo aver richiesto
i necessari chiarimenti all’amministratore l’assemblea così delibera: (riportare analiticamente esito
votazione, salvo accordo unanime tra i presenti, la deliberazione è regolarmente adottata se votata almeno
dalla maggioranza dei presenti che rappresentino almeno la metà del valore millesimale dell’edificio, in
prima convocazione ed dalla maggioranza degli intervenuti ed un terzo del valore millesimale in seconda
convocazione).
Il rendiconto ed il relativo piano di riparto sono approvati costituendo così titolo utile anche ai fini
delle azione giudiziarie di cui all’art. 63 disp. att. c.c.
DISCUSSIONE SU PUNTI ALL’ODG CON SPECIFICA INDICAZIONE DELL’ESITO DI OGNI
VOTAZIONE, OSSIA CON LA INDICAZIONE DI NOMINATIVO E MILLESIMI DI FAVOREVOLI,
CONTRARI E ASTENUTI, ECCEZION FATTA PER LE DELIBERAZIONI ADOTTATE CON VOTAZIONE
UNANIME. EVENTUALI ALLONTANAMENTI DEVONO ESSERE ANNOTATI.
Non avendo altro da discutere il presidente dichiara chiusa l’assemblea alle ore _____.
Letto confermato e sottoscritto
Il presidente
Il segretario
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50. Delibera di scelta dell’impresa per la pulizia delle parti comuni
Verbale d’assemblea
In data __ alle ore ____ nei locali ____, si è riunita in __________ convocazione (se non
s’è redatto il verbale della prima convocazione perché andata deserta, il fatto può essere
menzionato in questo documento), l’assemblea ordinaria del condominio, per discutere e
deliberare sul seguente
Ordine del giorno
1) Assegnazione incarico di pulizia delle parti comuni: termini e condizioni;
2) _______________;
3) _______________;
Sono presenti personalmente o rappresentati per delega i seguenti condomini:
1) sig. __ per mm ___
2) sig. __ per mm ___
3) sig. __ per mm ___
Si provvede alla nomina del presidente e del segretario d’assemblea nelle persone del sig. ___ e del
sig. ___
Il presidente, essendo presenti di persona o per delega n. ____ condomini per complessivi _______
millesimi, ai sensi dell’articolo 1136 c.c. dichiara validamente costituita l’assemblea.
Sull’affidamento dell’incarico di pulizia delle parti comuni, l’assemblea, ritenendo utile l’assegnazione
del servizio ad un soggetto professionista del settore, al fine di una migliore tenuta e manutenzione
dei beni condominiali così delibera: (riportare analiticamente esito votazione, salvo accordo unanime
tra i presenti, la deliberazione è regolarmente adottata se votata almeno dalla maggioranza dei presenti
che rappresentino almeno la metà del valore millesimale dell’edificio, in prima convocazione ed dalla
maggioranza degli intervenuti ed un terzo del valore millesimale in seconda convocazione).
Viene incaricata l’impresa Alfa ______ della quale si accetta il preventivo di spesa e si autorizza
l’amministratore alla firma del contratto da redigersi anche in relazione alle condizioni accettate
dall’assemblea (oppure “specificando che l’amministratore potrà firmare l’incarico se la stessa impresa
accetterà un compenso massimo pari ad € ____ e le condizioni del contratto predisposto per l’incarico,
contratto che si allega agli atti. L’amministratore entro questi limiti di spesa è incaricato di prendere
i contatti necessari. Se la proposta del condominio non dovesse essere accettata si delibera di conferire
incarico, nei medesimi termini e nel seguente nell’ordine, alle seguenti imprese: _____ “ oppure ancora
che in mancanza di accordo l’amministratore dovrà nuovamente convocare l’assemblea per nuove decisioni
in merito).
DISCUSSIONE SU PUNTI ALL’ODG CON SPECIFICA INDICAZIONE DELL’ESITO DI OGNI VOTAZIONE,
OSSIA CON LA INDICAZIONE DI NOMINATIVO E MILLESIMI DI FAVOREVOLI, CONTRARI E ASTENUTI,
ECCEZION FATTA PER LE DELIBERAZIONI ADOTTATE CON VOTAZIONE UNANIME. EVENTUALI
ALLONTANAMENTI DEVONO ESSERE ANNOTATI.
Non avendo altro da discutere il presidente dichiara chiusa l’assemblea alle ore _____.
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287
Letto confermato e sottoscritto
Il presidente
Il segretario
288
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51. Delibera di scelta dell’impresa per i servizi di giardinaggio
Verbale d’assemblea
In data __ alle ore ____ nei locali ____, si è riunita in __________ convocazione (se non s’è redatto
il verbale della prima convocazione perché andata deserta, il fatto può essere menzionato in questo documento),
l’assemblea ordinaria del condominio, per discutere e deliberare sul seguente
Ordine del giorno
1) Assegnazione incarico di manutenzione del verde condominiale: termini e condizioni;
2) _______________;
3) _______________;
Sono presenti personalmente o rappresentati per delega i seguenti condomini:
1) sig. __ per mm ___
2) sig. __ per mm ___
3) sig. __ per mm ___
Si provvede alla nomina del presidente e del segretario d’assemblea nelle persone del sig. ___ e del
sig. ___
Il presidente, essendo presenti di persona o per delega n. ____ condomini per complessivi _______
millesimi, ai sensi dell’articolo 1136 c.c. dichiara validamente costituita l’assemblea.
Sull’affidamento dell’incarico di manutenzione del verde, l’assemblea, ritenendo utile l’assegnazione
del servizio ad un soggetto professionista del settore, al fine di una migliore tenuta e manutenzione
dei beni condominiali così delibera: (riportare analiticamente esito votazione, salvo accordo unanime
tra i presenti, la deliberazione è regolarmente adottata se votata almeno dalla maggioranza dei presenti
che rappresentino almeno la metà del valore millesimale dell’edificio, in prima convocazione ed dalla
maggioranza degli intervenuti ed un terzo del valore millesimale in seconda convocazione).
Viene incaricata l’impresa ______ della quale si accetta il preventivo di spesa e si autorizza
l’amministratore alla firma del contratto da redigersi anche in relazione alle condizioni accettate
dall’assemblea (oppure “specificando che l’amministratore potrà firmare l’incarico se la stessa impresa
accetterà un compenso massimo pari ad € ____ e le condizioni del contratto predisposto per l’incarico,
contratto che si allega agli atti. L’amministratore entro questi limiti di spesa è incaricato di prendere
i contatti necessari. Se la proposta del condominio non dovesse essere accettata si delibera di conferire
incarico, nei medesimi termini e nel seguente nell’ordine, alle seguenti imprese: _____ “ oppure ancora
che in mancanza di accordo l’amministratore dovrà nuovamente convocare l’assemblea per nuove decisioni
in merito).
DISCUSSIONE SU PUNTI ALL’ODG CON SPECIFICA INDICAZIONE DELL’ESITO DI OGNI VOTAZIONE,
OSSIA CON LA INDICAZIONE DI NOMINATIVO E MILLESIMI DI FAVOREVOLI, CONTRARI E ASTENUTI,
ECCEZION FATTA PER LE DELIBERAZIONI ADOTTATE CON VOTAZIONE UNANIME. EVENTUALI
ALLONTANAMENTI DEVONO ESSERE ANNOTATI.
Non avendo altro da discutere il presidente dichiara chiusa l’assemblea alle ore _____.
Letto confermato e sottoscritto
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289
Il presidente
Il segretario
290
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52. Delibera ai sensi dell’art. 1117-ter c.c.
Verbale d’assemblea
In data __ alle ore ____ nei locali ____, si è riunita in __________ convocazione (se non s’è redatto
il verbale della prima convocazione perché andata deserta, il fatto può essere menzionato in
questo documento), l’assemblea ordinaria del condominio, per discutere e deliberare sul seguente
Ordine del giorno
- Modificazione della destinazione d’uso del _____ identificato in catasto (inserire dati catastali
se esistenti) attualmente destinato a (inserire destinazione attuale) in _______________ (inserire
destinazione che s’intende deliberare).Sono presenti personalmente o rappresentati per delega i seguenti
condomini:
1) sig. __ per mm ___
2) sig. __ per mm ___
3) sig. __ per mm ___
Si provvede alla nomina del presidente e del segretario d’assemblea nelle persone del sig. ___ e del
sig. ___
Il presidente, essendo presenti di persona o per delega n. ____ condomini per complessivi _______
millesimi, ai sensi dell’articolo 1136 c.c., verificato che siano stati rispettati tutti gli adempimenti
prescritti dall’art. 1117-ter, secondo e terzo comma, c.c. dichiara validamente costituita l’assemblea.
DISCUSSIONE SU PUNTI ALL’ODG CON SPECIFICA INDICAZIONE DELL’ESITO DI OGNI VOTAZIONE,
OSSIA CON LA INDICAZIONE DI NOMINATIVO E MILLESIMI DI FAVOREVOLI, CONTRARI E ASTENUTI,
ECCEZION FATTA PER LE DELIBERAZIONI ADOTTATE CON VOTAZIONE UNANIME. EVENTUALI
ALLONTANAMENTI DEVONO ESSERE ANNOTATI. LA DECISIONE SULL’APPROVAZIONE DELLA
MODIFICAZIONE D’USO DEV’ESSERE ADOTTATA CON IL VOTO FAVOREVOLE DI ALMENO QUATTRO
QUINTI DEI CONDOMINI CHE RAPPRESENTINO PER LO MENO QUATTRO QUINTI DEL VALORE
MILLESIMALE DELL’EDIFICIO. E’ CONSIGLIABILE, CONTESTUALMENTE ALLA DELIBERAZIONE
DELLA MODIFICAZIONE, DELIBERARE L’ASSEGNAZIONE DELL’INCARICO AD UN TECNICO PER I
NECESSARI ADEMPIMENTI CATASTALI)
Non avendo altro da discutere il presidente dichiara chiusa l’assemblea alle ore _____.
Letto confermato e sottoscritto
Il presidente
Il segretario
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291
53. Delibera di regolamentazione degli orari, del luogo e dei giorni di svolgimento
dell’assemblea
Verbale d’assemblea
In data __ alle ore ____ nei locali ____, si è riunita in __________ convocazione (se non s’è redatto
il verbale della prima convocazione perché andata deserta, il fatto può essere menzionato in questo documento),
l’assemblea ordinaria del condominio, per discutere e deliberare sul seguente
Ordine del giorno
1) Regolamentazione degli orari di svolgimento dell’assemblea;
2) _______________;
3) _______________;
Sono presenti personalmente o rappresentati per delega i seguenti condomini:
1) sig. __ per mm ___
2) sig. __ per mm ___
3) sig. __ per mm ___
Si provvede alla nomina del presidente e del segretario d’assemblea nelle persone del sig. ___ e del
sig. ___
Il presidente, essendo presenti di persona o per delega n. ____ condomini per complessivi _______
millesimi, ai sensi dell’articolo 1136 c.c. dichiara validamente costituita l’assemblea.
Sulla regolamentazione degli orari e giorni riguardanti lo svolgimento delle riunioni l’assemblea, al
fine di garantire una più ampia e personale partecipazione alle decisioni riguardanti la gestione del
condominio, così delibera: (riportare analiticamente esito votazione, salvo accordo unanime tra i
presenti, la deliberazione è regolarmente adottata se votata almeno dalla maggioranza dei presenti
che rappresentino almeno la metà del valore millesimale dell’edificio, tanto in prima quanto in
seconda convocazione riguardando un aspetto dell’amministrazione del condominio che richiede
tale maggioranza ai sensi dell’art. 1138 c.c.).
DISCUSSIONE SU PUNTI ALL’ODG CON SPECIFICA INDICAZIONE DELL’ESITO DI OGNI VOTAZIONE,
OSSIA CON LA INDICAZIONE DI NOMINATIVO E MILLESIMI DI FAVOREVOLI, CONTRARI E ASTENUTI,
ECCEZION FATTA PER LE DELIBERAZIONI ADOTTATE CON VOTAZIONE UNANIME. EVENTUALI
ALLONTANAMENTI DEVONO ESSERE ANNOTATI.
Non avendo altro da discutere il presidente dichiara chiusa l’assemblea alle ore _____.
Letto confermato e sottoscritto
Il presidente
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54. Delibera di costituzione di un fondo speciale di pari all’importo all’ammontare
dei lavori
Verbale d’assemblea
In data __ alle ore ____ nei locali ____, si è riunita in __________ convocazione (se non s’è redatto
il verbale della prima convocazione perché andata deserta, il fatto può essere menzionato in questo documento),
l’assemblea ordinaria del condominio, per discutere e deliberare sul seguente
Ordine del giorno
1) Esecuzione d’interventi di manutenzione straordinaria e costituzione di un fondo speciale di pari
importo all’ammontare dei lavori;
2) _______________;
3) _______________;
Sono presenti personalmente o rappresentati per delega i seguenti condomini:
1) sig. __ per mm ___
2) sig. __ per mm ___
3) sig. __ per mm ___
Si provvede alla nomina del presidente e del segretario d’assemblea nelle persone del sig. ___ e del
sig. ___
Il presidente, essendo presenti di persona o per delega n. ____ condomini per complessivi _______
millesimi, ai sensi dell’articolo 1136 c.c. dichiara validamente costituita l’assemblea.
Sull’esecuzione di interventi di manutenzione straordinaria e sulla costituzione di un fondo di pari
importo rispetto all’ammontare dei lavori, l’assemblea, così delibera: (riportare analiticamente esito
votazione, salvo accordo unanime tra i presenti, la deliberazione è regolarmente adottata se votata almeno
dalla maggioranza dei presenti che rappresentino almeno la metà del valore millesimale dell’edificio, in
prima convocazione ed dalla maggioranza degli intervenuti ed un terzo del valore millesimale in seconda
convocazione mentre se si tratta di lavori straordinari di notevole entità la maggioranza è sempre quella
indicata per la prima convocazione).
Sulle modalità di conferimento delle somme necessarie a costituire il fondo, in mancanza ci si rifà a quanto detto
nel capitolo decimo
DISCUSSIONE SU PUNTI ALL’ODG CON SPECIFICA INDICAZIONE DELL’ESITO DI OGNI VOTAZIONE,
OSSIA CON LA INDICAZIONE DI NOMINATIVO E MILLESIMI DI FAVOREVOLI, CONTRARI E ASTENUTI,
ECCEZION FATTA PER LE DELIBERAZIONI ADOTTATE CON VOTAZIONE UNANIME. EVENTUALI
ALLONTANAMENTI DEVONO ESSERE ANNOTATI.
Non avendo altro da discutere il presidente dichiara chiusa l’assemblea alle ore _____.
Letto confermato e sottoscritto
Il presidente
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55. Delibera di approvazione di un regolamento condominiale
Verbale d’assemblea
In data __ alle ore ____ nei locali ____, si è riunita in __________ convocazione (se non s’è redatto
il verbale della prima convocazione perché andata deserta, il fatto può essere menzionato in questo documento),
l’assemblea ordinaria del condominio, per discutere e deliberare sul seguente
Ordine del giorno
1) Approvazione del regolamento condominiale;
2) _______________;
3) _______________;
Sono presenti personalmente o rappresentati per delega i seguenti condomini:
1) sig. __ per mm ___
2) sig. __ per mm ___
3) sig. __ per mm ___
Si provvede alla nomina del presidente e del segretario d’assemblea nelle persone del sig. ___ e del
sig. ___
Il presidente, essendo presenti di persona o per delega n. ____ condomini per complessivi _______
millesimi, ai sensi dell’articolo 1136 c.c. dichiara validamente costituita l’assemblea.
Sull’approvazione del regolamento condominiale, così delibera: (riportare analiticamente esito
votazione, salvo accordo unanime tra i presenti, la deliberazione è regolarmente adottata se votata almeno
dalla maggioranza dei presenti che rappresentino almeno la metà del valore millesimale dell’edificio, tanto
in prima convocazione quanto in seconda convocazione).
La bozza di regolamento presentata all’assemblea per l’approvazione può essere modificata in quella stessa sede non
essendo richiesta dalla legge una riconvocazione per la discussione delle modificazioni proposte.
DISCUSSIONE SU PUNTI ALL’ODG CON SPECIFICA INDICAZIONE DELL’ESITO DI OGNI VOTAZIONE,
OSSIA CON LA INDICAZIONE DI NOMINATIVO E MILLESIMI DI FAVOREVOLI, CONTRARI E ASTENUTI,
ECCEZION FATTA PER LE DELIBERAZIONI ADOTTATE CON VOTAZIONE UNANIME. EVENTUALI
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Non avendo altro da discutere il presidente dichiara chiusa l’assemblea alle ore _____.
Letto confermato e sottoscritto
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56. Delibera di sostituzione di altra decisione assembleare
Verbale d’assemblea
In data __ alle ore ____ nei locali ____, si è riunita in __________ convocazione (se non s’è redatto
il verbale della prima convocazione perché andata deserta, il fatto può essere menzionato in questo documento),
l’assemblea ordinaria del condominio, per discutere e deliberare sul seguente
Ordine del giorno
1) Sostituzione della delibera del _____ (specificare se si sostituisce l’intera deliberazione o semplicemente
una decisione su uno specifico argomento);
2) _______________;
3) _______________;
Sono presenti personalmente o rappresentati per delega i seguenti condomini:
1) sig. __ per mm ___
2) sig. __ per mm ___
3) sig. __ per mm ___
Si provvede alla nomina del presidente e del segretario d’assemblea nelle persone del sig. ___ e del
sig. ___
Il presidente, essendo presenti di persona o per delega n. ____ condomini per complessivi _______
millesimi, ai sensi dell’articolo 1136 c.c. dichiara validamente costituita l’assemblea.
Sulla sostituzione della delibera del _____ (specificare anche qui se oggetto della sostituzione è l’intera
deliberazione o semplicemente una decisione su uno specifico argomento), l’assemblea così delibera:
(riportare analiticamente esito votazione, salvo accordo unanime tra i presenti, la deliberazione è
regolarmente sostituita se con la stessa maggioranza necessaria per adottarla. Se gli argomenti all’ordine
del giorno della delibera da sostituire hanno differenti quorum la sostituzione può avvenire il presenza del
quorum più alto, salvo che non si opti per la sostituzione parziale specificandone il perché).
DISCUSSIONE SU PUNTI ALL’ODG CON SPECIFICA INDICAZIONE DELL’ESITO DI OGNI VOTAZIONE,
OSSIA CON LA INDICAZIONE DI NOMINATIVO E MILLESIMI DI FAVOREVOLI, CONTRARI E ASTENUTI,
ECCEZION FATTA PER LE DELIBERAZIONI ADOTTATE CON VOTAZIONE UNANIME. EVENTUALI
ALLONTANAMENTI DEVONO ESSERE ANNOTATI.
Non avendo altro da discutere il presidente dichiara chiusa l’assemblea alle ore _____.
Letto confermato e sottoscritto
Il presidente
Il segretario
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57. Avviso di convocazione assemblea ordinaria del supercondominio
Ai sigg.ri rappresentanti dei
Condominii
Loro sedi
Raccomandata A.R. o mezzi indicati nel primo comma dell’art. 66 disp. att. c.c.
Oggetto: avviso di convocazione di assemblea
Con la presente La invito a partecipare all’assemblea ordinaria che si terrà in _____________, alla
via ___________ n. __ il giorno _______, alle ore ______, in prima convocazione, ed il giorno
________, alle ore _____, in seconda convocazione (la seconda convocazione deve tenersi almeno il giorno
solare successivo a quello dedicato alla prima, cfr. art. 66 disp. att. c.c.), stesso luogo, per discutere e deliberare
sul seguente ordine del giorno (che deve riguardare gli argomenti di cui all’art. 67 disp. att. c.c.):
1) ________________
2) ________________
3) ________________
(n.b. l’ordine del giorno dev’essere, sia pur sinteticamente, quanto più dettagliato possibile in
modo tale da consentire al condomino di comprendere di che cosa si discuterà in riunione)
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma
n.b. Avviso valevole per il caso di supercondominii con più di sessanta partecipanti. Per quelli più piccoli e per le
assemblee straordinarie si deve utilizzare l’avviso di convocazione “ordinario”
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58. Delibera dell’assemblea ordinaria del supercondominio
Verbale d’assemblea
In data __ alle ore ____ nei locali ____, si è riunita in __________ convocazione (se non s’è redatto
il verbale della prima convocazione perché andata deserta, il fatto può essere menzionato in questo documento),
l’assemblea ordinaria del condominio, per discutere e deliberare sul seguente
Ordine del giorno (limitato agli argomenti indicati dall’art. 67 disp. att. c.c.)
1) _______________;
2) _______________;
3) _______________;
Sono presenti i seguenti rappresentanti dei condominii:
1) sig. __ per mm ___
2) sig. __ per mm ___
3) sig. __ per mm ___
Si provvede alla nomina del presidente e del segretario d’assemblea nelle persone del sig. ___ e del
sig. ___
Il presidente, essendo presenti tanti rappresentanti di condominii per complessivi _______ millesimi,
ai sensi dell’articolo 1136 c.c. dichiara validamente costituita l’assemblea.
DISCUSSIONE SU PUNTI ALL’ODG CON SPECIFICA INDICAZIONE DELL’ESITO DI OGNI VOTAZIONE,
OSSIA CON LA INDICAZIONE DI NOMINATIVO E MILLESIMI DI FAVOREVOLI, CONTRARI E ASTENUTI,
ECCEZION FATTA PER LE DELIBERAZIONI ADOTTATE CON VOTAZIONE UNANIME. EVENTUALI
ALLONTANAMENTI DEVONO ESSERE ANNOTATI.
Non avendo altro da discutere il presidente dichiara chiusa l’assemblea alle ore _____.
Letto confermato e sottoscritto
Il presidente
Il segretario
n.b. Formula di verbale valevole per il caso di supercondominii con più di sessanta partecipanti. Per quelli più
piccoli e per le assemblee straordinarie si deve utilizzare il verbale “ordinario”
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59. Comunicazione del rappresentante del condominio rispetto alle decisioni
prese nel supercondominio
Egr. sig.
_______
amm.re p.t. condominio ______
Racc. a.r. o mezzo equipollente
Oggetto: comunicazione decisioni assemblea supercondominio _____
Il/la sottoscritto/a ____________ nella propria qualità di rappresentante del condominio ____
in senso all’assemblea supercondominiale comunica che in data _____ s’è tenuta l’assemblea del
complesso immobiliari nel corso della quale sono state assunte le deliberazioni come da verbale che
si allega.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
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60. Ricorso per la nomina giudiziale dell’amministratore di condominio
ON.LE TRIBUNALE DI ....
RICORSO PER LA NOMINA DI AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO
Il Sig. ____ residente in ____, via ____, n. ____, domiciliato in ____, via _, n. __, presso lo
studio dell’Avv. __ (n. fax ____ p.e.c. comunicata all’ordine degli avvocati di appartenenza) che
lo rappresenta e difende per procura a margine del presente atto (la difesa tecnica non è obbligatoria
quindi il condominio può presentare ricorso senza l’assistenza di un avvocato. In tal caso potrà domiciliarsi
presso la propria abitazione se è residente nello stesso comune in cui ha sede il Tribunale)
PREMESSO
- che è proprietario di un appartamento sito in __, via _, n. _, piano __, (dati catastali _____) facente
parte di un edificio con ___ condomini;
- che l’assemblea non si è mai riunita e/o pur riunendosi non ha mai provveduto a nominare un
amministratore;
- che la fattispecie rientra nel caso indicato dall’art. 1129, primo comma, c.c.
Tutto ciò premesso il sottoscritto come sopra rappresentato, difeso e domiciliato
CHIEDE
che l’On.le Tribunale di ...., riunito in camera di consiglio voglia, ai sensi dell’art. 1129 c.c., nominare
un amministratore per l’anno di gestione ____ e stabilirne il relativo compenso.
Allegati: ________ (documentazione a supporto della richiesta)
Luogo e data
Firma
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61. Ricorso per la revoca giudiziale dell’amministratore di condominio
ON.LE TRIBUNALE DI ....
RICORSO PER LA NOMINA DI AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO
Il Sig. ____, residente in ____, via __, n. ______, domiciliato in ____, via ________, n. __, presso
lo studio dell’Avv. _______ (n. fax ____ p.e.c. comunicata all’ordine degli avvocati di appartenenza)
che lo rappresenta e difende per procura a margine del presente atto (la difesa tecnica non è obbligatoria
quindi il condominio può presentare ricorso senza l’assistenza di un avvocato. In tal caso potrà domiciliarsi
presso la propria abitazione se è residente nello stesso comune in cui ha sede il Tribunale)
PREMESSO
- che è proprietario di un appartamento sito in ____, via ____, n. ____, piano ____, (dati catastali
_____) facente parte di un edificio con ___ condomini;
- che ____ è amministratore del condominio ______;
- che l’amministratore non ha ________ (indicare e documentare una delle inadempienze che, ai sensi
dell’art. 1129 c.c., legittimano la richiesta di revoca giudiziale eventualmente specificando, ove necessario,
che prima di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria, si è percorsa la via assembleare).
Tutto ciò premesso il sottoscritto come sopra rappresentato, difeso e domiciliato
CHIEDE
che l’On.le Tribunale di ______, riunito in camera di consiglio voglia, ai sensi dell’art. 1129 c.c.,
revocare l’amministratore e condannarlo al pagamento delle spese sostenute per questo procedimento.
Allegati: ________ (tutta la documentazione utile a supporto della richiesta)
Luogo e data
Firma
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62. Regolamento condominiale
REGOLAMENTO DI CONDOMINIO
PREMESSA
Con il presente regolamento i condomini costituiscono il condominio ___________ e ne disciplinano
la gestione ed il funzionamento secondo le seguenti norme sempre nel rispetto delle disposizioni
codicistiche (se si tratta di regolamento contrattuale si può dire “secondo le seguenti norma anche in deroga
a quelle previste dal codice civile ma sempre del rispetto di quanto stabilito dal quarto comma dell’art.
1138 c.c.”)
Il condominio ________ è composto dalle seguenti unità immobiliari di proprietà esclusiva (inserire
dati catastali delle unità immobiliari).
Il condominio è disciplinato dagli artt. da 1117 a 1139 del codice civile e di conseguenza anche dal
presente regolamento che ha per oggetto l’uso e la conservazione delle parti comuni e delle proprietà
esclusive, per quanto concerne i collegamenti con i beni comuni e il vivere in condominio.
CAPO I
PARTI COMUNI
Art. 1 – Parti comuni (in nessun caso, se si tratta di regolamento assembleare, questa norma può derogare
a quanto previsto dalla legge).
Sono parti comuni fra tutti i partecipanti al condominio tutte le parti e impianti richiamati nell’art.
1117 (il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, ivi compresi i muri perimetrali,
sia che abbiano funzione portante o meno, ecc. ecc.) e tutte quelle che pur non menzionate dall’art.
1117 c.c. sono da considerarsi tali in ragione della destinazione funzionale alla migliore utilizzazione
delle porzioni di piano di proprietà esclusiva, salvo quanto disposto nei titoli di proprietà.
Se si tratta di condominio parziale (art. 1123, terzo comma, c.c.) indicare le parti che devono considerarsi
di proprietà comune ai soli condomini che se ne servono
Art. 2 – Partecipazione al condominio: obblighi dei comproprietari.
Tutti i condomini hanno obbligo di osservare il presente regolamento e ogni norma di legge che
disciplina i rapporti di vicinato (es. regolamento edilizio e di polizia locale).
Più specificamente i condomini devono:
- eseguire, o far eseguire, nei locali di loro proprietà quei necessari ad evitare danni e pericoli di
danno per le parti di proprietà comune, comunicando all’amministratore ogni intervento diretto in
tal senso;
- permettere, nelle proprie unità immobiliari, a richiesta dell’amministratore e previo congruo
preavviso, con i dovuti riguardi, l’esecuzione delle ispezioni e dei lavori che dovessero rendersi utili
per la conservazione delle parti di proprietà esclusiva. Resto salvo quanto disposto dall’art. 843 c.c.;
- garantire l’osservanza del presente regolamento ai loro aventi causa nonché conduttori, comodatari,
usufruttuario, ecc.;
Questi ultimi, per quanto di loro competenza, sono da ritenersi obbligati al pari del proprietario per
quanto di loro diretta competenza.
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Art. 3 – Divieti (nel regolamento assembleare i divieti possono limitarsi ad essere conseguenze di una
particolare disciplina d’uso che mai può arrivare fino a negare in radice il diritto d’uso. Es. si può vietare
il parcheggio nel cortile ma non l’uso del cortile ad uno o più condomini)
E’ fatto divieto ad ogni condomino di usare le cose comuni in modo da pregiudicare il pari diritto
degli altri condomini a farne parimenti uso o comunque in guisa da modificare la destinazione di
quella parte comune. A titolo esemplificativo è da ritenersi vietato il deposito permanente di oggetti
sui pianerottoli, sul lastrico solare e su altre parti comuni, l’uso dell’androne d’ingresso quale luogo di
sosta per velocipedi, l’uso del giardino condominiale quale parcheggio.
E’ lecita l’affissione di targhe ed insegne previa comunicazione all’amministratore e purché le stesse
s’inseriscano nel contesto del fabbricato senza deturparne l’estetica secondo i comuni criteri di
valutazione. E’ altresì lecita l’installazione di condizionatori, previa comunicazione all’amministratore.
Resta in ogni caso salva l’osservanza della disciplina di cui all’art. 844 c.c.
CAPO II
DELLE SPESE, DELL’AMMINISTRAZIONE E DELL’ASSEMBLEA
Art. 4 – Partecipazione alle spese comuni.
Tutti i condomini devono partecipare alle spese comuni secondo i criteri rappresentati dalle tabelle
allegate al presente regolamento, redatte in conformità a quanto stabilito dagli artt. 1123 e ss. c.c.,
salvo diversa convenzione ai sensi dell’art. 1123, primo comma, c.c..
Art. 6 – Amministrazione.
Il condominio è rappresentato giudizialmente e legalmente dall’amministratore. La nomina è
obbligatoria se i condomini sono più di quattro. Se non diversamente stabilito, l’incarico si presume
oneroso. Il compenso dev’essere concordato chiaramente e puntualmente al momento della nomina.
L’amministratore esercita le proprie funzioni secondo quanto stabilito dalla legge, dai regolamenti
locali e dal presente regolamento.
Art. 7 – Gestione esercizio finanziario.
L’esercizio finanziario ha durata annuale. Si apre il primo gennaio per chiudersi il 31 dicembre.
L’assemblea per la presentazione del rendiconto deve svolgersi entro e non oltre 90 giorni dalla
chiusura dell’esercizio.
Art. 8 – Assemblea.
L’assemblea di compone dei proprietari delle unità immobiliari o, a seconda dei casi, anche degli
usufruttuari e dei conduttori delle medesime. Per convocazione, svolgimento e comunicazioni annesse
si osserva quanto prescritto dal codice civile.
CAPO III
DEL CONSIGLIO DEI CONDOMINI
Art. 9 – Consiglio dei condomini
E’ istituito il consiglio dei condomini con funzioni di controllo e consultive sull’operato
dell’amministratore in relazione alle opere di manutenzione straordinaria di notevole entità.
Il consiglio si compone di un numero di condomini pari ad un terzo dei partecipanti al condominio
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e comunque di un numero non inferiore a tre comproprietari.
E’ compito del consiglio coadiuvare l’amministratore nelle scelte, che spettano sempre ad esso, relative
ai lavori di manutenzione straordinaria di notevole entità.
L’assemblea nomina i consiglieri con le maggioranze previste per i lavori straordinari di notevole
entità. Nel caso di disaccordo sui membri del consiglio sono ritenuti membri di diritto i condomini
più anziani nel numero indicato dal secondo punto di questo articolo.
Il consiglio è convocato dall’amministratore ogni qual volta ne ravveda la necessità e quanto gliene
facciano richiesta almeno due consiglieri. L’omessa convocazione da parte dell’amministratore entro
cinque giorni dalla richiesta legittima l’autoconvocazione da parte dei richiedenti. Per il funzionamento
del consiglio si fa riferimento alle norme legislative e regolamentari dettate per l’assemblea.
n.b. se oltre ad essere deliberato con le maggioranze richieste dalla legge è firmato da tutti condomini, il regolamento
assume carattere contrattuale e come tale può contenere clausole che limitano la proprietà esclusiva dei singoli
condomini (es. divieto di possedere cani, ecc.)
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63. Lettera di messa in mora dell’amministratore revocato per il risarcimento del
danno
Egr. sig.
__________
amm.re p.t.
condominio ________
Racc. a.r. o mezzi equipollenti
Oggetto: messa in mora per revoca anticipata illegittima.
Il/la sottoscritto/a _________ nella propria qualità di ex amministratore del condominio
______________, con riferimento a quanto in oggetto emarginato, significa quanto segue.
Con deliberazione del ___________ il sottoscritto è stato sollevato dall’incarico di amministratore
del condominio _________.
La revoca anticipata senza alcun giustificato motivo ha comportato al sottoscritto un danno consistente
nel mancato guadagno corrispondente alle mensilità di compenso non percepite.
Tanto premesso, Suo tramite, invito e diffido il condominio da Lei rappresentato a corrispondere
allo scrivente, entro e non oltre quindici giorni dal ricevimento della presente, la somma di € ____
(a titolo di risarcimento del danno corrispondente la mancato guadagno). In mancanza si adiranno
le vie legali.
Distinti saluti
Luogo e data
Firma
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64. Lettera di dimissioni e contestuale convocazione dell’assemblea per la nomina
di nuovo amministratore
Ai sigg.ri Condomini
Loro sedi
Raccomandata A.R. o mezzi indicati nel primo comma dell’art. 66 disp. att. c.c.
Oggetto: avviso di convocazione di assemblea per la nomina di un nuovo amministratore causa
dimissioni
Gentile condominio, per motivi ______ (non è obbligatorio specificarli ma se ritiene l’amministratore
può motivare la propria decisione), non possono più garantire l’amministrazione del condominio
al quale partecipa. Con la presente, quindi, rassegno le mie dimissioni irrevocabili dall’incarico di
amministratore condominiale. Sarà garantita l’amministrazione transitoria come richiesto dall’art.
1129 c.c.
A tal fine La invito a partecipare all’assemblea straordinaria che si terrà in _____________, alla
via ___________ n. __ il giorno _______, alle ore ______, in prima convocazione, ed il giorno
________, alle ore _____, in seconda convocazione (la seconda convocazione deve tenersi almeno il giorno
solare successivo a quello dedicato alla prima, cfr. art. 66 disp. att. c.c.), stesso luogo, per discutere e deliberare
sul seguente ordine del giorno:
Nomina nuovo amministratore a seguito di dimissioni irrevocabili dell’amministratore
(n.b. l’ordine del giorno dev’essere, sia pur sinteticamente, quanto più dettagliato possibile in
modo tale da consentire al condomino di comprendere di che cosa si discuterà in riunione)
Considerata l’importanza dell’assemblea La invito a partecipare personalmente alla medesima o
almeno di inviare una delega a persona di propria fiducia. In mancanza di decisioni in merito, agirò
per via giudiziale per ottenere la nomina di un mio sostituto (ciò è possibile sole per quelle compagini
in cui la nomina è obbligatoria).
Distinti saluti.
Luogo e data
Firma
Delega a partecipare all’assemblea di condominio (in alternativa può essere utilizzato l’apposito modulo)
Io sottoscritto/a ____________ delego il Signor _______ a rappresentarmi nell’assemblea condominiale del
di adeguarsi alle seguenti indicazioni vincolanti di voto:
_____ e
- per il punto all’ordine del giorno n. _ Favorevole – Contrario – Astenuto (Barrare la voce
interessata);
Ratifico sin d’ora il suo operato se conforme alle indicazioni contenute nella delega
Luogo e data
Firma __________
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305
APPENDICE NORMATIVA
TITOLO VII
DELLA COMUNIONE
CAPO I
Della comunione in generale
Art. 1100 Norme regolatrici
Quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone, se il Titolo o la legge non
dispone diversamente, si applicano le norme seguenti.
Art. 1101 Quote dei partecipanti Le quote dei partecipanti alla comunione si presumono uguali.
Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione
delle rispettive quote.
Art. 1102 Uso della cosa comune Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non
impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare
a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se
non compie atti idonei a mutare il Titolo del suo possesso.
Art. 1103 Disposizioni della quota Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti
della sua quota.
Per le ipoteche costituite da uno dei partecipanti si osservano le disposizioni contenute nel Capo IV
del Titolo III del libro VI .
Art. 1104 Obblighi dei partecipanti Ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento
della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranza a norma delle disposizioni seguenti, salva
la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto.
La rinunzia non giova al partecipante che abbia anche tacitamente approvato la spesa.
Il cessionario del partecipante e tenuto in solido con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti
e non versati.
Art. 1105 Amministrazione Tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell’amministrazione della cosa comune.
Per gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni della maggioranza dei partecipanti, calcolata
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secondo il valore delle loro quote, sono obbligatorie per la minoranza dissenziente.
Per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati
preventivamente informati dell’oggetto della deliberazione.
Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si
forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante
può ricorrere alla autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare
un amministratore.
Art. 1106 Regolamento della comunione e nomina di amministratore Con la maggioranza calcolata nel modo indicato dall’articolo precedente, può essere formato un
regolamento per l’ordinaria amministrazione e per il miglior godimento della cosa comune.
Nello stesso modo l’amministrazione può essere delegata ad uno o più partecipanti, o anche a un
estraneo, determinandosi i poteri e gli obblighi dell’amministratore.
Art. 1107 Impugnazione del regolamento Ciascuno dei partecipanti dissenzienti può impugnare davanti all’autorità giudiziaria il regolamento
della comunione entro trenta giorni dalla deliberazione che lo ha approvato. Per gli assenti il termine
decorre dal giorno in cui e stata loro comunicata la deliberazione. L’autorità giudiziaria decide con
unica sentenza sulle opposizioni proposte.
Decorso il termine indicato dal comma precedente senza che il regolamento sia stato impugnato,
questo ha effetto anche per gli eredi e gli aventi causa dai singoli partecipanti.
Art. 1108 Innovazioni e altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore
complessivo della cosa comune, si possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento
della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino il
godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa.
Nello stesso modo si possono compiere gli altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, sempre
che non risultino pregiudizievoli all’interesse di alcuno dei partecipanti.
E’ necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti
reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni.
L’ipoteca può essere tuttavia consentita dalla maggioranza indicata dal primo comma, qualora abbia
lo scopo di garantire la restituzione delle somme mutate per la ricostruzione o per il miglioramento
della cosa comune.
Art. 1109 Impugnazione delle deliberazioni Ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può impugnare davanti all’autorità giudiziaria le
deliberazioni della maggioranza: 1) nel caso previsto dal secondo comma dell’art. 1105, se la deliberazione e gravemente pregiudizievole
alla cosa comune; 2) se non è stata osservata la disposizione del terzo comma dell’art. 1105 3 )se la deliberazione relativa a innovazioni o ad altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione e in
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contrasto con le norme del primo e del secondo comma dell’art. 1108
L’impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni dalla deliberazione.
Per gli assenti il termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. In pendenza
del giudizio, l’autorità giudiziaria può ordinare la sospensione del provvedimento deliberato.
Art. 1110 Rimborso di spese Il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o
dell’amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto
al rimborso.
Art. 1111 Scioglimento della comunione Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione; l’autorità
giudiziaria può stabilire una congrua dilazione, in ogni caso non superiore a cinque anni, se
l’immediato scioglimento può pregiudicare gli interessi degli altri.
Il patto di rimanere in comunione per un tempo non maggiore di dieci anni è valido e ha effetto
anche per gli aventi causa dai partecipanti. Se e stato stipulato per un termine maggiore di questo si
riduce a dieci anni.
Se gravi circostanze lo richiedono, l’autorità giudiziaria può ordinare lo scioglimento della comunione
prima del tempo convenuto.
Art. 1112 Cose non soggette a divisione Lo scioglimento della comunione non può essere chiesto quando si tratta di cose che, se divise,
cesserebbero di servire all’uso a cui sono destinate.
Art. 1113 Intervento nella divisione e opposizione I creditori e gli aventi causa da un partecipante possono intervenire nella divisione a proprie spese,
ma non possono impugnare la divisione già eseguita, a meno che abbiano notificato un’opposizione
anteriormente alla divisione stessa e salvo sempre ad essi l’esperimento dell’azione revocatoria o
dell’azione surrogatoria.
Nella divisione che ha per oggetto beni immobili, l’opposizione, per l’effetto indicato dal comma
precedente, deve essere trascritta prima della trascrizione dell’atto di divisione e, se si tratta di divisione
giudiziale, prima della trascrizione della relativa domanda.
Devono essere chiamati a intervenire, perché la divisione abbia effetto nei loro confronti, i creditori
iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull’immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e
trascritti prima della trascrizione dell’atto di divisione o della trascrizione della domanda di divisione
giudiziale.
Nessuna ragione di prelevamento in natura per crediti nascenti dalla comunione può opporsi contro
le persone indicate dal comma precedente, eccetto le ragioni di prelevamento nascenti da Titolo
anteriore alla comunione medesima, ovvero da collazione.
Art. 1114 Divisione in natura La divisione ha luogo in natura, se la cosa può essere comodamente divisa in parti corrispondenti alle
quote dei partecipanti.
Art. 1115 Obbligazioni solidali dei partecipanti 308
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Ciascun partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni in solido contratte per la cosa
comune, le quali siano scadute o scadano entro l’anno dalla domanda di divisione.
La somma per estinguere le obbligazioni si preleva dal prezzo di vendita della cosa comune, e, se la
divisione ha luogo in natura, si procede alla vendita di una congrua frazione della cosa, salvo diverso
accordo tra i condividenti.
Il partecipante che ha pagato il debito in solido e non ha ottenuto rimborso concorre nella divisione
per una maggiore quota corrispondente al suo diritto verso gli altri condividenti.
Art. 1116 Applicabilità delle norme sulla divisione ereditaria Alla divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione dell’eredità, in quanto non
siano in contrasto con quelle sopra stabilite.
CAPO II
Del condominio negli edifici
Art. 1117. Parti comuni dell’edificio
Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche
se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:
1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le
fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di
ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso
l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali
e funzionali, all’uso comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli
ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di
trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria,
per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche
da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà
individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo
quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.
Art. 1117-bis. Ambito di applicabilità
Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità
immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti
comuni ai sensi dell’articolo 1117.
Art. 1117-ter. Modificazioni delle destinazioni d’uso
Per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l’assemblea, con un numero di voti che rappresenti i
quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio, può modificare
la destinazione d’uso delle parti comuni.
La convocazione dell’assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei
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locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati e deve effettuarsi mediante lettera
raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno venti giorni prima della
data di convocazione.
La convocazione dell’assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della
modificazione e la nuova destinazione d’uso.
La deliberazione deve contenere la dichiarazione espressa che sono stati effettuati gli adempimenti di
cui ai precedenti commi.
Sono vietate le modificazioni delle destinazioni d’uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o
alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico.
Art. 1117-quater Tutela delle destinazioni d’uso
In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni
d’uso delle parti comuni, l’amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono
diffidare l’esecutore e possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la
violazione, anche mediante azioni giudiziarie. L’assemblea delibera in merito alla cessazione
di tali attività con la maggioranza prevista dal secondo comma dell’articolo 1136.
Art. 1118 Diritti dei partecipanti sulle parti comuni
Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga
altrimenti, è proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene.
Il
condomino
non
può
rinunziare
al
suo
diritto
sulle
parti
comuni.
Il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti
comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, salvo quanto
disposto da leggi speciali.
Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di
condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di
spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle
sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma.
Art. 1119 Indivisibilità
Le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza
rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino e con il consenso di tutti i partecipanti
al condominio.
Art. 1120 Innovazioni
I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’articolo 1136, possono disporre
tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle
cose comuni.
I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136, possono disporre
le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto:
1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;
2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del
consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari
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o dell’edificio, nonché per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione,
fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a
titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie
comune;
3) l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque
altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla
diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in
grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso
secondo il loro diritto.
L’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un
solo condomino interessato all’adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La richiesta
deve contenere l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi
proposti. In mancanza, l’amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a
fornire le necessarie integrazioni.
Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilita o alla sicurezza del fabbricato,
che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili
all’uso o al godimento anche di un solo condomino.
Art. 1121 Innovazioni gravose o voluttuarie
Qualora l’innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto
alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio, e consista in opere, impianti o manufatti
suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati
da qualsiasi contributo nella spesa.
Se l’utilizzazione separata non è possibile, l’innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza
dei condomini che l’ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa.
Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in
qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e
di manutenzione dell’opera.
Art. 1122 Opere su parti di proprietà o uso individuale
Nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune,
che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino non
può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla
stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. In ogni caso è data preventiva notizia
all’amministratore che ne riferisce all’assemblea.
Art. 1122-bis Impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia
da fonti rinnovabili
Le installazioni di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque
altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto
di diramazione per le singole utenze sono realizzati in modo da recare il minor pregiudizio alle
parti comuni e alle unità immobiliari di proprietà individuale, preservando in ogni caso il decoro
architettonico dell’edificio, salvo quanto previsto in materia di reti pubbliche.
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È consentita l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al
servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune
e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato. Qualora si rendano necessarie modificazioni
delle parti comuni, l’interessato ne dà comunicazione all’amministratore indicando il contenuto
specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L’assemblea può prescrivere, con la maggioranza
di cui al quinto comma dell’articolo 1136, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre
cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio e, ai fini
dell’installazione degli impianti di cui al secondo comma, provvede, a richiesta degli interessati, a
ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di
utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. L’assemblea, con la medesima
maggioranza, può altresì subordinare l’esecuzione alla prestazione, da parte dell’interessato, di idonea
garanzia per i danni eventuali.
L’accesso alle unità immobiliari di proprietà individuale deve essere consentito ove necessario per
la progettazione e per l’esecuzione delle opere. Non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti
destinati alle singole unità abitative.
Art. 1122-ter Impianti di videosorveglianza sulle parti comuni
Le deliberazioni concernenti l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a
consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall’assemblea con la maggioranza di cui al
secondo comma dell’articolo 1136.
Art. 1123 Ripartizione delle spese
Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la
prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono
sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa
convenzione.
Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in
proporzione dell’uso che ciascuno può farne.
Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte
dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini
che ne trae utilità.
Art. 1124 c.c Manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori
Le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono.
La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per
l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.
Art. 1125 Manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai
Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti
eguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del
piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco,
la tinta e la decorazione del soffitto.
Art. 1126 Lastrici solari di uso esclusivo
Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne
hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni
del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a
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cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.
Art. 1127 Costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio
Il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che
risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare.
La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono. I
condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l’aspetto architettonico
dell’edificio ovvero diminuisce notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti.
Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un’indennità pari al valore attuale
dell’area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da
edificare, e detratto l’importo della quota a lui spettante. Egli e inoltre tenuto a ricostruire il lastrico
solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare.
Art. 1128 Perimento totale o parziale dell’edificio
Se l’edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascuno dei
condomini può richiedere la vendita all’asta del suolo e dei materiali, salvo che sia stato diversamente
convenuto.
Nel caso di perimento di una parte minore, l’assemblea dei condomini delibera circa la ricostruzione delle
parti comuni dell’edificio, e ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle parti stesse.
L’indennità corrisposta per l’assicurazione relativa alle parti comuni e destinata alla ricostruzione di
queste.
Il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione dell’edificio è tenuto a cedere agli altri
condomini i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima che ne sarà fatta,
salvo che non preferisca cedere i diritti stessi ad alcuni soltanto dei condomini.
Art. 1129 Nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore
Quando i condomini sono più di otto, se l’assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore
è fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’amministratore dimissionario.
Contestualmente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico, l’amministratore
comunica i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede
legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell’articolo 1130,
nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all’amministratore, può prenderne
gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata.
L’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione ai condomini di una
polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del
mandato.
L’amministratore è tenuto altresì ad adeguare i massimali della polizza se nel periodo del suo incarico
l’assemblea deliberi lavori straordinari. Tale adeguamento non deve essere inferiore all’importo
di spesa deliberato e deve essere effettuato contestualmente all’inizio dei lavori. Nel caso in cui
l’amministratore sia coperto da una polizza di assicurazione per la responsabilità civile professionale
generale per l’intera attività da lui svolta, tale polizza deve essere integrata con una dichiarazione
dell’impresa di assicurazione che garantisca le condizioni previste dal periodo precedente per lo
specifico condominio.
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Sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa
l’indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici, dell’amministratore.
In mancanza dell’amministratore, sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune,
accessibile anche ai terzi, è affissa l’indicazione delle generalità e dei recapiti, anche telefonici, della
persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell’amministratore.
L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da
terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente,
postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore,
può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.
Alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in
suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di
evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi.
Salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la
riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel
quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni
per l’attuazione del presente codice. L’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende
rinnovato per eguale durata. L’assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla
nomina del nuovo amministratore.
La revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza
prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. Può altresì
essere disposta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto
comma dell’articolo 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità. Nei
casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto disposto dal numero
3) del dodicesimo comma del presente articolo, i condomini, anche singolarmente, possono chiedere
la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore.
In caso di mancata revoca da parte dell’assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all’autorità
giudiziaria; in caso di accoglimento della domanda, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo alla
rivalsa nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell’amministratore
revocato.
Costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità:
1) l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto
rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri
casi previsti dalla legge;
2) la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni
dell’assemblea;
3) la mancata apertura ed utilizzazione del conto di cui al settimo comma;
4) la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del
condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini;
5) l’aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei
registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio;
6) qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio,
l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva;
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7) l’inottemperanza agli obblighi di cui all’articolo 1130, numeri 6), 7) e 9);
8) l’omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma del presente
articolo.
In caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non può nominare nuovamente
l’amministratore revocato.
L’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare
analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per
l’attività svolta.
Per quanto non disciplinato dal presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla sezione I del
capo IX del titolo III del libro IV.
Il presente articolo si applica anche agli edifici di alloggi di edilizia popolare ed economica, realizzati
o recuperati da enti pubblici a totale partecipazione pubblica o con il concorso dello Stato, delle
regioni, delle province o dei comuni, nonché a quelli realizzati da enti pubblici non economici o
società private senza scopo di lucro con finalità sociali proprie dell’edilizia residenziale pubblica.
Art. 1130 Attribuzioni dell’amministratore
L’amministratore, oltre a quanto previsto dall’articolo 1129 e dalle vigenti disposizioni di legge, deve:
1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea, convocarla annualmente per l’approvazione del rendiconto
condominiale di cui all’articolo 1130-bis e curare l’osservanza del regolamento di condominio;
2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne
sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini;
3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti
comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni;
4) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio;
5) eseguire gli adempimenti fiscali;
6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli
proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice
fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato
relativo alle condizioni di sicurezza [delle parti comuni dell’edificio]*. Ogni variazione dei dati
deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L’amministratore, in
caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le
informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa
o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo
ai responsabili;
7) curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca
dell’amministratore e del registro di contabilità. Nel registro dei verbali delle assemblee sono altresì
annotate: le eventuali mancate costituzioni dell’assemblea, le deliberazioni nonché le brevi dichiarazioni
rese dai condomini che ne hanno fatto richiesta; allo stesso registro è allegato il regolamento di
condominio, ove adottato. Nel registro di nomina e revoca dell’amministratore sono annotate, in
ordine cronologico, le date della nomina e della revoca di ciascun amministratore del condominio,
nonché gli estremi del decreto in caso di provvedimento giudiziale. Nel registro di contabilità sono
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annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti
in entrata ed in uscita. Tale registro può tenersi anche con modalità informatizzate;
8) conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i
condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio;
9) fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli
oneri condominiali e delle eventuali liti in corso;
10) redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa
approvazione entro centottanta giorni.
* parole aggiunte dal d.l. n. 145/2013
Art. 1130-bis. Rendiconto condominiale
Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla
situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono
essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità,
di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione
anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti. L’assemblea condominiale può, in qualsiasi
momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la
contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina
dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di
proprietà. I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono
prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese.
Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa
registrazione.
L’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto
da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni
consultive e di controllo.
Art. 1131. Rappresentanza.
Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal
regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti
e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.
Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio; a
lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.
Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni
dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini.
L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento
dei danni.
Art. 1132 Dissenso dei condomini rispetto alle liti
Qualora l’assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una
domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all’amministratore, può separare la propria
responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L’atto deve essere
notificato entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione.
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Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa.
Se l’esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto
vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte
soccombente.
Art. 1133 Provvedimenti presi dall’amministratore
I provvedimenti presi dall’amministratore nell’ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i condomini.
Contro i provvedimenti dell’amministratore e ammesso ricorso all’assemblea, senza pregiudizio del
ricorso all’autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall’art. 1137.
Art. 1134 Gestione di iniziativa individuale
Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell’amministratore
o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente.
Art. 1135 Attribuzioni dell’assemblea dei condomini
Oltre quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l’assemblea dei condomini provvede:
1) alla conferma dell’amministratore e all’eventuale sua retribuzione;
2) all’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e alla relativa ripartizione tra
i condomini;
3) all’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore e all’impiego del residuo attivo della
gestione;
4) alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un
fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori, [se i lavori devono essere eseguiti in base
a un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di
avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti]*.
L’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere
urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea.
L’assemblea può autorizzare l’amministratore a partecipare e collaborare a progetti, programmi e
iniziative territoriali promossi dalle istituzioni locali o da soggetti privati qualificati, anche mediante
opere di risanamento di parti comuni degli immobili nonché di demolizione, ricostruzione e messa
in sicurezza statica, al fine di favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente, la vivibilità urbana,
la sicurezza e la sostenibilità ambientale della zona in cui il condominio è ubicato.
* periodo aggiunto dal d.l. n. 145/2013
Art. 1136 Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni
L’assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che
rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio.
Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli
intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
Se l’assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l’assemblea
in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non
oltre dieci giorni dalla medesima. L’assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con
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l’intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un
terzo dei partecipanti al condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli
intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.
Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive
relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, le deliberazioni che
concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità e le deliberazioni
di cui agli articoli 1117-quater, 1120, secondo comma, 1122-ter nonché 1135, terzo comma, devono
essere sempre approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente articolo.
Le deliberazioni di cui all’articolo 1120, primo comma, e all’articolo 1122-bis, terzo comma, devono
essere approvate dall’assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti
ed almeno i due terzi del valore dell’edificio.
L’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente
convocati.
Delle riunioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto
dall’amministratore.
Art. 1137 Impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea
Le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i
condomini.
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente,
dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine
perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e
dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.
L’azione di annullamento non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia
ordinata dall’autorità giudiziaria.
L’istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell’inizio della causa di merito non sospende
né interrompe il termine per la proposizione dell’impugnazione della deliberazione. Per quanto non
espressamente previsto, la sospensione è disciplinata dalle norme di cui al libro IV, titolo I, capo III,
sezione I, con l’esclusione dell’articolo 669-octies, sesto comma, del codice di procedura civile.
Art. 1138 Regolamento di condominio
Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento,
il quale contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti
e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e
quelle relative all’amministrazione.
Ciascun condomino può prendere l’iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per
la revisione di quello esistente.
Il regolamento deve essere approvato dall’assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma
dell’articolo 1136 ed allegato al registro indicato dal numero 7) dell’articolo 1130. Esso può essere
impugnato a norma dell’articolo 1107
Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino,
quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle
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disposizioni degli articoli 1118, secondo comma 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.
Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici.
Art. 1139 Rinvio alle norme sulla comunione
Per quanto non è espressamente previsto da questo capo si osservano le norme sulla comunione in
generale.
Disposizioni di attuazione del codice civile
Art. 61
Qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari
diversi si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il condominio può
essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condominio separato.
Lo scioglimento è deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal secondo comma
dell’art. 1136 del codice, o e disposto dall’autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei
comproprietari di quella parte dell’edificio della quale si chiede la separazione.
Art. 62
La disposizione del primo comma dell’articolo precedente si applica anche se restano in comune con
gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall’art. 1117 del codice.
Qualora la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e occorrano opere per la
sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento del condominio
deve essere deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal quinto comma dell’art. 1136
del codice stesso.
Art. 63
Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea,
l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione
immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora
soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.
I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo
l’escussione degli altri condomini.
In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore
può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento
separato.
Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei
contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.
Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi
maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che
determina il trasferimento del diritto.
Art. 64
Sulla revoca dell’amministratore, nei casi indicati dall’undicesimo comma dell’articolo 1129 e dal
quarto comma dell’articolo 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto
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motivato, sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente.
Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte d’appello nel termine
di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione.
Art. 65
Quando per qualsiasi causa manca il legale rappresentante dei condomini, chi intende iniziare o
proseguire una lite contro i partecipanti a un condominio può richiedere la nomina di un curatore
speciale ai sensi dell’art. 80 Cod. Proc. Civ.
Il curatore speciale deve senza indugio convocare l’assemblea dei condomini per avere istruzioni sulla
condotta della lite.
Art. 66
L’assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall’art. 1135
del codice, può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritiene
necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del
valore dell’edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono
provvedere direttamente alla convocazione.
In mancanza dell’amministratore, l’assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può essere
convocata a iniziativa di ciascun condòmino.
L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere
comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione,
a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve
contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione. In caso di omessa, tardiva o incompleta
convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137
del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati.
L’assemblea in seconda convocazione non può tenersi nel medesimo giorno solare della prima.
L’amministratore ha facoltà di fissare più riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento
dell’assemblea in termini brevi, convocando gli aventi diritto con un unico avviso nel quale sono
indicate le ulteriori date ed ore di eventuale prosecuzione dell’assemblea validamente costituitasi.
Art. 67
Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega
scritta. Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei
condomini e del valore proporzionale.
Qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto
a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma
dell’articolo 1106 del codice.
Nei casi di cui all’articolo 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più
di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all’articolo 1136, quinto
comma, del codice, il proprio rappresentante all’assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni
a più condominii e per la nomina dell’amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può
chiedere che l’autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Qualora alcuni
dei condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l’autorità giudiziaria
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provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a
provvedervi entro un congruo termine. La diffida ed il ricorso all’autorità giudiziaria sono notificati
al condominio cui si riferiscono in persona dell’amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini.
Ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto. Il rappresentante
risponde con le regole del mandato e comunica tempestivamente all’amministratore di ciascun
condominio l’ordine del giorno e le decisioni assunte dall’assemblea dei rappresentanti dei condominii.
L’amministratore riferisce in assemblea.
All’amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea.
L’usufruttuario di un piano o porzione di piano dell’edificio esercita il diritto di voto negli affari che
attengono all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni.
Nelle altre deliberazioni, il diritto di voto spetta ai proprietari, salvi i casi in cui l’usufruttuario intenda
avvalersi del diritto di cui all’articolo 1006 del codice ovvero si tratti di lavori od opere ai sensi degli
articoli 985 e 986 del codice. In tutti questi casi l’avviso di convocazione deve essere comunicato sia
all’usufruttuario sia al nudo proprietario.
Il nudo proprietario e l’usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi dovuti
all’amministrazione condominiale.
Art. 68
Ove non precisato dal titolo ai sensi dell’articolo 1118, per gli effetti indicati dagli articoli 1123,
1124, 1126 e 1136 del codice, il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in
millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio.
Nell’accertamento dei valori di cui al primo comma non si tiene conto del canone locatizio, dei
miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascuna unità immobiliare.
Art. 69
I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui
all’articolo 68 possono essere rettificati o modificati all’unanimità. Tali valori possono essere rettificati
o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall’articolo
1136, secondo comma, del codice, nei seguenti casi:
1) quando risulta che sono conseguenza di un errore;
2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di
incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di
un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il
relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione.
Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al
regolamento di condominio ai sensi dell’articolo 68, può essere convenuto in giudizio unicamente
il condominio in persona dell’amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia
all’assemblea dei condomini. L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato
ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni.
Le norme di cui al presente articolo si applicano per la rettifica o la revisione delle tabelle per la
ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali.
Art. 70
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321
Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento
di una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo
di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie. [L’irrogazione della sanzione e’ deliberata
dall’assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del Codice]*.
* periodo aggiunto dal d.l. n. 145/2013
Art. 71
Il registro indicato dal 4° comma dell’art. 1129 e dal 3° comma dell’art. 1138 del codice è tenuto
presso l’associazione professionale dei proprietari di fabbricati. (abrogato implicitamente).
Art. 71-bis
Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio coloro:
a) che hanno il godimento dei diritti civili;
b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione
della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge
commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque
anni;
c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia
intervenuta la riabilitazione;
d) che non sono interdetti o inabilitati;
e) il cui nome non risulta annotato nell’elenco dei protesti cambiari;
f ) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;
g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica
in materia di amministrazione condominiale.
I requisiti di cui alle lettere f ) e g) del primo comma non sono necessari qualora l’amministratore sia
nominato tra i condomini dello stabile.
Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo V del libro
V del codice. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli
amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii
a favore dei quali la società presta i servizi.
La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primo comma comporta la cessazione
dall’incarico. In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l’assemblea per la
nomina del nuovo amministratore.
A quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell’arco
dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è consentito lo
svolgimento dell’attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f ) e g)
del primo comma. Resta salvo l’obbligo di formazione periodica.
Art. 71-ter
Su richiesta dell’assemblea, che delibera con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo
1136 del codice, l’amministratore è tenuto ad attivare un sito internet del condominio che consenta
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agli aventi diritto di consultare ed estrarre copia in formato digitale dei documenti previsti dalla
delibera assembleare. Le spese per l’attivazione e la gestione del sito internet sono poste a carico dei
condomini.
Art. 71-quater
Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo
4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle
disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti
disposizioni per l’attuazione del codice.
La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di
mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato.
Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere
con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice.
Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo
comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione.
La proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo
1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve
intendere non accettata.
Il mediatore fissa il termine per la proposta di conciliazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo
4 marzo 2010, n. 28, tenendo conto della necessità per l’amministratore di munirsi della delibera
assembleare.
Art. 72
I regolamenti di condominio non possono derogare alle disposizioni dei precedenti artt. 63, 66, 67
e 69.
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