MOTIVI DELLA DECISIONE Parte ricorrente, pensionato con decorrenza settembre 1994, ha chiesto l’accertamento del suo diritto alla rivalutazione contributiva da benefici amianto e l’Istituto resistente ha eccepito, tra l’altro, l’inammissabilità dell’azione di mero accertamento e la decadenza dal diritto. Quanto alla prima eccezione (in senso improprio) deve evidenziarsi che nella fattispecie in esame il diritto alla rivalutazione contributiva da amianto è contestato (1) e che i benefici di legge non possono essere ottenuti dal lavoratore senza intervento giudiziale. (1)L'interesse ad agire richiede non solo l'accertamento di una situazione giuridica ma anche che la parte prospetti l'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice, poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione della soluzione in via di massima o accademica di una questione di diritto in vista di situazioni future o meramente ipotetiche (Cass. Sez. L, Sentenza n. 27151 del 23/12/2009. Nel regime normativo introdotto dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (applicabile "ratione temporis") è inammissibile l'azione di mero accertamento delle condizioni sanitarie invalidanti, a prescindere dall'istanza di attribuzione di prestazioni assistenziali… (Cass. Sez. L, Sentenza n. 21209 del 14/10/2010).) Inoltre l'azione proposta è diretta non all'accertamento di atti o fatti non esaustivi e fini dell'integrazione degli elementi costitutivi del diritto (come accade, per esempio, in caso di domanda di accertamento in relazione all'infortunio sul lavoro con conseguente danno biologico non indennizzabile, rientrando dalla franchigia di legge), ma all'accertamento della fattispecie attributiva del diritto, perfetta nei suoi elementi costitutivi. La circostanza che il lavoratore, già titolare di pensione, potrebbe pervenire al massimo risultato utile chiedendo in via giudiziale anche la ricostituzione e/o riliquidazione della pensione, non esclude che venga in rilievo un ulteriore e diverso diritto, esercitabile anche in via amministrativa. Quanto alla seconda eccezione (in senso improprio), preliminarmente deve evidenziarsi che l’iniziativa dell’assicurato diretta ad ottenere i benefici amianto deve essere qualificata come una vera e propria domanda amministrativa ad una prestazione previdenziale, non ravvisandosi un’ipotesi in cui l’Istituto possa provvedere d’ufficio all’adeguamento della posizione assicurativa del lavoratore, con la conseguenza, tra l’altro, che è ipotizzabile la decadenza sostanziale dalla rivalutazione contributiva. L’art. 47 della l. n. 639/1970 prevede: “Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l'azione dinanzi l'autorità giudiziaria ai sensi degli articoli 459 e seguenti del codice di procedura civile. Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici l'azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell'Istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione. Per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui all'articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, l'azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al precedente comma. Dalla data della reiezione della domanda di prestazione decorrono, a favore del ricorrente o dei suoi aventi causa, gli interessi legali sulle somme che risultino agli stessi dovute. L'Istituto nazionale della previdenza sociale è tenuto ad indicare ai richiedenti le prestazioni o ai loro aventi causa, nel comunicare il provvedimento adottato sulla domanda di prestazione, i gravami che possono essere proposti, a quali organi debbono essere presentati ed entro quali termini. È tenuto, altresì, a precisare i presupposti ed i termini per l'esperimento dell'azione giudiziaria. Il d.l. 29 marzo 1991, n. 103 convertito nella legge 1 giugno 1991 n. 166, il cui art. 6 (intitolato "Regime delle prescrizioni delle prestazioni previdenziali") dispone: "I termini previsti dall’art. 47, commi 2^ e 3^, d. p. r. 30 aprile 1970 n. 639, sono posti a pena di decadenza per l’esercizio del diritto alla prestazione previdenziale. La decadenza determina l’estinzione del diritto ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e l’inammissibilità della relativa domanda giudiziale; in caso di mancata proposizione del ricorso amministrativo, i termini decorrono dall’insorgenza del diritto ai singoli ratei. Le disposizioni di cui al 1° comma hanno efficacia retroattiva, ma non si applicano ai processi che sono in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto". A poco più di un anno il legislatore è intervenuto nuovamente (art. 4 del d. l. 19 settembre 1992 n. 384, convertito sul punto, senza modificazioni, in legge 14 novembre 1992 n. 438), sostituendo, tra l’altro, al termine decennale un termine triennale, ma escludendo espressamente, l’applicazione dei nuovi termini "ai procedimenti instaurati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto ancora in corso alla medesima data". Peraltro la S.C. ha delineato talune ipotesi sottratte alla disciplina della decadenza. La decadenza di cui all'art. 47 del d.P.R 30 aprile 1970, n. 639 - come interpretato dall'art. 6 del d.l. 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, nella legge 1 giugno 1991, n. 166 - non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l'adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l'Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 12720 del 29/05/2009). Recentemente l’art. 38, comma 1, lettera d), del d.l. n. 98 del 2011 ha aggiunto all'art. 47 dpr 639/70, come modificato, il seguente comma: "le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte". Peraltro la norma interpretativa dell’ art. 38 d.l. 98/2011 può essere effettivamente considerata interpretativa e non passibile di censure in ragione della prevista irretroattività, soltanto se se ne esclude l’applicazione a fattispecie ove non è stata nemmeno presentata la domanda amministrativa entro il periodo decadenziale (ad. es., nell’amianto, pensione liquidata senza rivalutazione nel 1993; domanda amministrativa del 2000). Altrimenti, in virtù della precitata norma, si decadrebbe dall’azione giudiziale non in ipotesi di lunga inerzia tra la proposizione della domanda amministrativa e la proposizione del ricorso giudiziale, ma nel caso in cui sia trascorso un certo lasso temporale decorrente dalla liquidazione della prestazione, anche se medio tempore non si è in alcun modo inteso esercitare il diritto in via amministrativa. Si tratterebbe allora di una nuova ipotesi di decadenza, non applicabile retroattivamente ai giudizi in corso. Ritiene peraltro la decidente che si possa interpretare la norma senza sollecitare l’intervento di alcun’altra autorità giudiziaria, in modo da preservare i principi generali, tenendo conto, peraltro, dell’intenzione del legislatore: la disposizione può essere applicata soltanto ai casi già individuati dalle SS.UU. per escludere la configurabilità della decadenza. Per esempio in caso di errore di calcolo: la domanda amministrativa è stata proposta e l’Inps potrebbe d’ufficio1 rettificare l’errore, ma se non lo fa, l’assicurato è onerato di proporre il ricorso giudiziario nei termini decadenziali decorrenti dalla liquidazione inesatta (da qualificarsi come rigetto parziale della domanda). Nella fattispecie in esame è evidente come non si verta in una delle ipotesi prese in considerazione dalla S.C. e poi dalla legge interpretativa, visto che all’epoca della liquidazione del trattamento non era stata proposta domanda amministrativa e che l’istituto, nel liquidare la pensione, 1 L’impulso a riformulare i conteggi sbagliati non è una domanda amministrativa in senso tecnico, in quanto l’Inps può provvedere d’ufficio. non ha affatto effettuato un riconoscimento parziale, che implica il rigetto della domanda di rivalutazione contributiva. Pertanto, per valutare la sussistenza della decadenza, bisogna aversi riguardo al momento non della liquidazione della pensione, ma a quello della presentazione della domanda amministrativa. Nella fattispecie in esame la domanda amministrativa di ricostituzione della pensione coi benefici amianto è stata ricevuta dall'istituto in data 27 febbraio 2003 e successivamente parte ricorrente è rimasta inerte fino al deposito, avvenuto in data 20 agosto 2009, del ricorso giudiziario. A questo punto occorre chiedersi se debba applicarsi il regime decadenziale mobile dei ratei, valorizzando la circostanza che viene in rilievo una maggiorazione dei ratei di pensione da benefici amianto, o se piuttosto debba configurarsi, come ritengono le ultime sentenze della Cassazione del 2011 (nn. 7138/11, 8926/11 e 12502/11), una decadenza “tombale”, sulla base del postulato che la rivalutazione contributiva sia una prestazione previdenziale distinta ed autonoma dai ratei di pensione. La S.C. già nel 2008 ha avuto modo di affermare che “…si tratta di rivalutare non già l'ammontare di singoli ratei bensì i contributi previdenziali necessari a calcolare la pensione originaria” (Cass. 19-05-2008, n. 12685). In effetti già si è detto come venga in rilievo una prestazione autonoma, visto che pacificamente la rivalutazione contributiva può essere chiesta anche dai non pensionati, in relazione ai quali non ha senso parlare di ratei pregressi. Deve inoltre rilevarsi come non paia condivisibile la considerazione secondo la quale il riferimento di cui al precitato art. 6 del d.l. 29 marzo 1991 n. 103 all’estinzione del diritto ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali precluda la possibilità di configurare una decadenza definitiva. Infatti il precitato art. 47, secondo e terzo comma, e la relativa norma interpretativa ex art. 6, si applicano anche a fattispecie in cui viene in rilievo un’unica prestazione (per esempio l’indennità di malattia). Ed allora è evidente come, in tali casi, il riferimento di cui all’art. 6 ai ratei pregressi rimanga senza effetto e, pertanto, la decadenza sia definitiva con riferimento a qualsiasi domanda amministrativa presentata successivamente al verificarsi della stessa, determinando senza rimedio l’inammissibilità della domanda giudiziale. Orbene, la rivalutazione contributiva è, ad avviso della decidente, una prestazione che viene riconosciuta uno actu, anche se poi il riconoscimento dei benefici amianto riverbera i suoi effetti su tutti i ratei di pensioni maturati successivamente alla domanda amministrativa. Tale opzione ermeneutica, tra l’altro, consente di preservare la ratio, sottesa alla disciplina della decadenza, di accelerare i tempi di definizione delle istanze al fine di dare certezza alle posizioni degli assicurati, tenuta presente dalla S.C. nelle precitate sentenze del 2011. Nella fattispecie in esame, così come nei casi considerati dalla S.C. nel 2011, è stata presentata una domanda amministrativa molto risalente, non coltivata, e poi, di recente, è stato radicato il giudizio (domanda amministrativa del 27-02-2003 e deposito del ricorso giudiziario in data 2008-2009). Ed allora, delle due l’una: o il ricorso si riferisce ad un quid autonomo, in relazione al quale è ravvisabile un distinto interesse ad agire che giustifica l’odierna domanda di accertamento non accompagnata dalla domanda di ricostituzione della pensione, oppure il diritto alla maggiorazione dei ratei di pensione non si distingue dal diritto a pensione. Nel primo caso dovrebbe ravvisarsi l’intervenuta decadenza definitiva dal diritto di chiedere in giudizio la rivalutazione contributiva da amianto, essendo trascorsi ben più di 300 giorni tra la proposizione della domanda amministrativa e la domanda giudiziaria; nel secondo caso dovrebbe ravvisarsi l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse ad agire in ordine ad una domanda di mero accertamento. Per i motivi detti la decidente condivide la prima opzione ermeneutica e, pertanto, deve dichiararsi l’inammissibilità dell’azione giudiziaria. L’estrema complessità della materia, le oscillazioni giurisprudenziali ed il recentissimo intervento legislativo, che determinano la mancanza di un orientamento consolidato, inducono a compensare tra le parti le spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, difesa ed eccezione respinte, dichiara L’INAMMISSIBILITA’ DELL’AZIONE GIUDIZIALE PER INTERVENUTA DECADENZA, nonché la compensazione tra le parti delle spese di lite. Pone definitivamente a carico dell’I.N.P.S. le spese di CTU, nella misura liquidata con separato decreto. Massa, 12-10-2011 Il Giudice Dott.a Erminia Agostini