Articolo Previdenza e inflazione IPSOA def

Previdenza e inflazione
Nonostante una lieve accelerazione a dicembre dell’ l’indice nazionale dei prezzi al consumo per
l’intera collettività (Nic), secondo l’ISTAT il dato dell’inflazione per il 2009 è il più basso da 50 anni a questa
parte (una variazione del +0,8% segnando un record dal 1959 quando fu pari a uno -0,4%). Le aspettative
per il prossimo futuro, considerando un verosimile periodo di ripresa economica, sono quelle di un fenomeno
inflattivo di cui andrà verificata e, possibilmente attenuata la intensità nel riverbero quotidiano. Tra le diverse
categorie una di quelle da sempre più vulnerabili, così come emerso nel dibattito sociale dei giorni scorsi, è
quella dei pensionati che negli anni scorsi, complice l’effetto euro, hanno visto spesso evaporare il proprio
potere d’acquisto; qualche anno fa il CNEL elaborò la proposta di creare un paniere ad hoc per misurare
l’incidenza della svalutazione sul reddito dei pensionati in rapporto al loro stile di vita e vi è ora una proposta
di legge bipartisan per ripristinare almeno in parte un sistema di rivalutazione dei trattamenti collegati
all’andamento della dinamica retributiva.
In attesa di verificare eventuali interventi perequativi, qual è oggi il legame tra pensione e inflazione ?
Pensioni di base: i trattamenti previdenziali erogati dagli Enti obbligatori vengono rivalutati annualmente in
base all’inflazione misurata dall’Istat, dal momento che la perequazione agli stipendi è stata eliminata negli
anni Novanta ’90. I trattamenti previdenziali vengono allora “perequati”, vale a dire incrementati di anno in
anno, in base all’andamento dei prezzi al consumo nell’anno precedente, misurato dall’indice Istat per le
famiglie di operai e impiegati. Per il 2010 le modalità di perequazione sono riepilogate nella Circolare Inps
n.132 del 29 dicembre 2009, alla quale è allegata una Tabella contente gli importi pensionistici dell’anno
2010; la misura della rivalutazione è stata individuata essere lo 0,7% e per effetto di tale perequazione,
l’importo delle pensioni minime, sociali e degli assegni sociali viene fissato in via provvisoria, per il corrente
anno 2010, nelle misure fissate nella tabella di seguito esposta.
Importo provvisorio 2010 mensile
Importo provvisorio 2010 annuale
Pensione minima
Tipologia di pensione
€ 460,97
€ 5.992,61
Pensione sociale
€ 339,15
€ 4.408,95
Assegno sociale
€ 411,53
€ 5.349,89
L’aumento perequativo viene applicato in misura intera per le quote di pensione comprese entro un importo
determinato moltiplicando il trattamento minimo dell’anno precedente (€ 457,76) per cinque (€ 2.288,80),
mentre per la fascia eccedente tale importo, la percentuale di aumento è applicata nella misura ridotta dello
0,525% (pari al 75% dell’aumento pieno dello 0,7%). L ’aumento viene fissato in via provvisoria, salvo
conguaglio operato di anno in anno in occasione dell’erogazione della prima rata di pensione: per l’anno
2009 l’aumento definitivo è pari al 3,2%, mentre l’aumento determinato lo scorso anno in via provvisoria
ammontava al 3,3%. Ne consegue che in occasione del pagamento della prima rata dell’anno 2010, gli
Istituti previdenziali opereranno il conguaglio, calcolando l’importo definitivo delle prestazioni pagate nel
2009, sulle quali applicheranno successivamente l’aumento provvisorio per il corrente anno 2010. Va poi
segnalato e riportato il meccanismo di rivalutazione previsto dal nostro ordinamento per le retribuzioni e i
redditi presi a base per il calcolo delle pensione. Partendo da chi rientra nell’applicazione del metodo
retributivo (chi al 31 dicembre 2005 aveva maturato più di 18 anni di contributi), come si legge su TuttoINPS,
per il calcolo della quota relativa alle anzianità maturate fino al 1992 (quota A), si rivalutano i redditi di
ciascun anno solare preso in considerazione, tranne quello di decorrenza della pensione e quello
precedente, in base alla variazione dell'indice annuo del costo della vita, calcolato dall'ISTAT ai fini della
scala mobile delle retribuzioni dei lavoratori dell'industria, tra l'anno solare di riferimento e quello precedente
la decorrenza della pensione. Per il calcolo della quota relativa alle anzianità maturate dal 1993 in poi
(quota B), si rivalutano i redditi di ciascun anno solare preso in considerazione, tranne quelli dell'anno di
decorrenza della pensione e dell'anno precedente, in base alla variazione dell'indice annuo dei prezzi al
consumo per le famiglie di operai ed impiegati calcolato dall'ISTAT, con l'incremento di un punto percentuale
per ogni anno solare preso in considerazione ai fini del calcolo dei redditi pensionabili. Per chi rientra invece
nell’applicazione del metodo contributivo (tutti i nuovi assunti a partire dal 1 gennaio 1996), il montante viene
rivalutato annualmente sulla base del tasso annuo di capitalizzazione risultante dalla variazione media
quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) calcolata dall'ISTAT.
Rivalutazione tfr: il trattamento di fine rapporto è disciplinato dall’art. 2120 del codice civile; si calcola
sommando per ciascun anno di servizio una quota pari all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso
divisa per 13,5; la quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno computandosi come mese intero
le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni; il trattamento, con esclusione della quota maturata nell’anno
è incrementato su base composta al 31 dicembre di ogni anno con l’applicazione di un tasso costituito
dall’1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le
famiglie di operai ed impiegati accertato dall’ ISTAT rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente. Dal
punto di vista fiscale prima della riforma del 2000 la rivalutazione del fondo al 31 dicembre di ogni anno,
veniva calcolata e capitalizzata; a tale somma veniva sommato l’incremento di TFR dell’anno, e così via.
L’intera somma, costituita da capitale più rivalutazioni, veniva assoggettata a tassazione separata al
momento dell’erogazione. Con effetto dal 1 gennaio 2001 l’intero meccanismo è stato sovvertito. La
rivalutazione maturata viene assoggettata annualmente ad un’imposta sostitutiva dell’11 per cento, tributo
che viene suddiviso in due rate: un acconto a dicembre e il saldo a febbraio dell’anno successivo
Pensione integrativa e inflazione:
Diventa di fondamentale importanza considerare, nella costruzione o nella manutenzione del proprio
portafoglio destinato alla previdenza integrativa, particolar modo considerando la protratta lunghezza del
periodo di investimento, il rischio svalutazione. L’obiettivo, particolarmente significativo basandosi il
meccanismo sulla capitalizzazione finanziaria dei contributi versati, è quello di conferire potere “reale” e non
meramente nominale al rendimento finanziario complessivo generato.
Quali sono le protezioni dall’inflazione che ha il pensionato integrativo? Le tutele vanno ritrovate nel
meccanismo tecnico di funzionamento e di gestione dei fondi pensione. Più in particolare:
a) durante la fase di accumulazione finanziaria (che coincide con la vita lavorativa) la salvaguardia è
incorporata negli investimenti dello strumento previdenziale; le quotazioni dei titoli acquistati dal fondo e la
relativa valorizzazione riflettono di per sè il livello dei prezzi
b) in sede di erogazione della prestazione (al raggiungimento quindi dell’età pensionabile prevista dal regime
obbligatorio di appartenenza) che si va individuata in via principale come la rendita, non esiste al momento
una indicizzazione diretta. Va però evidenziato come nelle sue possibili versioni (rendita tout court, rendita
reversibile,rendita con contro assicurazione, rendita certa per 5 o 10 anni) il trattamento periodico è del tipo
rivalutabile. Cosa significa ? Il montante accumulato durante la vita lavorativa, al netto dell’importo “staccato”
periodicamente per pagare la rendita, continua ad essere investito in un fondo a gestione separata di tipo
assicurativo che investe prevalentemente in titoli di Stato e obbligazioni. Il rendimento prodotto, con il
paracadute di un minimo garantito, viene riconosciuto al lavoratore (attraverso la rivalutazione della rendita)
salvaguardandone quindi “di fatto” il potere d’acquisto.