Il certificato medico: deontologia e diritto Il certificato medico è la prestazione di carattere medico legale più comune della medicina clinica e perciò è necessario che chi la svolge abbia una chiara conoscenza del valore giuridico della certificazione e ancor prima degli aspetti giuridici propri del rapporto medico-paziente. Rapporto che è di tipo contrattuale, con le conseguenze che da ciò derivano per quanto inerente agli obblighi del sanitario e ai diritti del paziente. Il medico nella sua attività pratica si pone infatti finalità di ordine diagnostico a fini terapeutici, ma nel caso della certificazione proprio per la sua finalità medico-legale non è la sofferenza del paziente in sè considerata ad essere oggetto di osservazione, ma piuttosto l'uomo come persona depositaria di diritti e di doveri, soggetto ed oggetto ad un tempo della norma giuridica. Come è noto i certificati sono obbligatori solo se previsti da precise disposizioni di legge (certificato di assistenza al parto, certificato di constatazione di decesso, certificato redatto nell'ambito della normativa prevista dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali) ovvero facoltativi, anche se per quanto inerente allo stato di salute il codice deontologico ne impone la redazione da parte del medico, precisando che il medico non può rifiutarsi di rilasciare al paziente certificati relativi al suo stato di salute e vale la pena ricordare che il codice deontologico in molti casi prevede regole comportamentali, cercando di sopperire a carenze legislative o normative, con particolare riguardo agli aspetti etici della professione. In linea di massima quindi i certificati, anche quelli non obbligatori per legge, dietro richiesta devono essere rilasciati. Ovviamente il medico può e deve rifiutarsi di certificare fatti che egli non abbia constatato personalmente o che non siano supportati da riscontri oggettivi e altrettanto ovviamente il medico deve rifiutarsi di certificare fatti che egli sa non corrispondenti al vero. E’ in relazione a ciò che si può parlare di certificato come attestazione facoltativa, poiché la certificazione di qualsivoglia condizione deve sempre e comunque essere preceduta dalla valutazione clinica. La non obbligatorietà di redigere il certificato va interpretata come una sorta di tutela per i sanitari allorché gli venga proposto di certificare cose non attinenti alle caratteristiche proprie del certificato medico o peggio non veritiere. Definizione: “testimonianza scritta su fatti e comportamenti tecnicamente apprezzabili e valutabili, la cui dimostrazione può produrre affermazione di particolari diritti soggettivi previsti dalle leggi, ovvero determinare particolare conseguenze a carico dell'individuo e della società aventi rilevanza giuridica e/o amministrativa”. Ogni medico abilitato all'esercizio della professione e iscritto all'albo può rilasciare una certificazione. Tuttavia, leggi specifiche riservano la potestà certificativa in alcuni casi a medici in possesso di particolari qualifiche (porto d’armi, pratica sportiva agonistica, eccetera) I contenuti possibili del certificato non sono soltanto la dichiarazione circa lo stato di salute o di malattia, ma ogni fatto di natura tecnico-sanitaria che il medico ha potuto riscontrare direttamente come ad esempio le avvenute vaccinazioni, l'idoneità al lavoro, etc. La natura giuridica della certificazione: in base a quanto stabilisce l’art 357 c.p. acquistano la qualifica di pubblico ufficiale gli impiegati dello Stato o di altro ente o istituto pubblico o ogni altra persona, sebbene non dipendente dallo Stato, che eserciti una funzione pubblica. Con integrazioni successive è stato stabilito che ciò che caratterizza questo ruolo è quello di avere poteri autoritativi e certificativi. Perciò acquistano la qualifica di pubblico ufficiale i consulenti tecnici o periti d'Ufficio, il direttore sanitario dell'ospedale, i medici e gli odontoiatri ospedalieri o gli universitari nell'esercizio delle loro funzioni; medici preposti alla pubblica amministrazione, qualsiasi altro medico che presta la propria attività come dipendente, sebbene non di ruolo, della struttura pubblica; i medici INPS e INAIL; il medico specialista ambulatoriale nell'espletamento della sua attività di diagnosi e di prescrizione di prestazioni farmaceutiche ed ospedaliere; anche il medico libero professionista che presti la sua opera presso case di cura convenzionate; i medici della Polizia di Stato. Incaricati di pubblico servizio: a norma dell'art.358 c.p. sono gli impiegati dello Stato o di altro ente pubblico o ogni altra persona che presti a qualunque titolo un pubblico servizio, vale a dire un'attività che lo Stato prevede al fine di soddisfare i bisogni della collettività. Il pubblico servizio va inteso come un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima (certificativi e autoritativi). In definitiva, incaricato di pubblico servizio è chi svolge la sua attività per soddisfare bisogni e interessi della collettività la cui tutela è assunta dallo Stato. Il medico generico convenzionato con il servizio sanitario nazionale, avendo solo potere di certificazione (oltre i compiti diagnostici e terapeutici), è da ritenere persona incaricata di pubblico servizio. Allo stesso modo il medico convenzionato con l’I.N.A.I.L. incaricato semplicemente della visita e della redazione del relativo certificato di infortunio. Gli esercenti un servizio di pubblica necessità: i privati cittadini che svolgono professioni forensi o sanitarie o altre professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza la speciale abilitazione prevista per legge. Il medico che lavora nelle strutture pubbliche avrà a seconda dei casi la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Il medico privato libero professionista assume generalmente la qualifica di esercente un servizio di pubblica necessità. Ciò non esclude che nell'attività certificativa il medico libero professionista possa assumere talora la qualifica di pubblico ufficiale, ad esempio con riferimento a richieste o impegnative di ricoveri e cure, attestazioni di malattie, referti. Sono atti pubblici (art 2699 c.c.) quelli redatti da pubblico ufficiale, sono certificazioni amministrative quelle rilasciate da incaricato di pubblico servizio. Art.2699 c.c. per atto pubblico si intende il documento redatto da pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo ove l'atto è formato. Sono considerate scritture private (art 2702 c.c.) le certificazioni redatte dal medico in qualità di libero professionista come esercente un servizio di pubblica necessità. La distinzione rileva soprattutto dal punto di vista penale perché le pene sono più severe per il falso in atto pubblico rispetto alle altre certificazioni. Requisiti formali di una corretta certificazione sono l'intestazione del medico certificante; le generalità del paziente che lo richiede, l'oggetto della certificazione con eventuale diagnosi e prognosi di malattia, la firma del medico e la data e il luogo di redazione. Il certificato deve essere redatto con scrittura a termini comprensibili, senza correzioni che possono far sorgere il dubbio di successive alterazioni o contraffazioni dell'atto. I requisiti "sostanziali" del certificato sono quelli attinenti all'attestazione dei fatti obiettivi tecnicamente rilevabili, passibili pertanto anche di eventuale controllo da parte di terzi. Il certificato dovrà contenere dati certi, obiettivi, valutabili anche da terzi: sono questi dati obiettivi che conferiscono il valore giuridico del certificato, anche se il rigore obiettivo non significa però certezza diagnostica. Anche il codice deontologico impone al medico di redigere il certificato con affermazioni che derivino da constatazioni dirette personalmente effettuate. ad esempio tramite visita medica. oppure sulla base di documentazione oggettiva, ad esempio sulla base di referti. Pertanto al medico non è concesso di redigere un certificato esclusivamente sulla base di quanto gli viene riferito dal paziente o da terzi o su fatti che egli non abbia personalmente constatato perché questo rappresenta al limite una raccolta anamnestica insufficiente di per sé a formulare una diagnosi certificabile. Rilascio del certificato: se direttamente al paziente oggetto della certificazione rende implicita la sussistenza del consenso informato da parte del richiedente. Il medico deve informarsi sul perché quel certificato gli viene richiesto (aspetto fondamentale è infatti la conoscenza del rapporto giuridico cui il fatto si riferisce) e segnalarlo per iscritto. Il certificato deve riportare i dati salienti dell'esame clinico, della diagnosi se formulabile e della prognosi con particolare attenzione alla descrizione dell'obiettività che è il requisito che conferisce significato di attestazione al certificato. Il certificato (di malattia) perciò dovrà essere costituito da tre parti: - sintomatologia accusata - obiettività clinica - giudizio diagnostico e prognostico Perciò il certificato ha una enorme valenza giuridica poiché fa fede di dati obiettivi, salvo prova contraria. Art 2700 c.c. efficacia probatoria dell'atto pubblico. I reati connessi alla certificazione possono essere quello di falso materiale, di falso ideologico, ma anche di truffa o di violazione del segreto professionale. Art 477 Falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative Art 480 Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative Art 481 Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità Art 485 Falsità materiale in certificato commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità La differenza è solo nell’entità delle pene previste che sono più severe a carico del medico con funzioni pubbliche. La condanna comporta l'interdizione temporanea dall'esercizio della professione Falso materiale: si realizza se nella redazione del certificato vengono contraffazioni commesse mediante alterazioni cancellature, o abrasioni aggiunte successive miranti a far apparire adempiute le condizioni richieste per la sua validità. Falso ideologico: se il giudizio diagnostico espresso nel certificato medico si fonda su fatti esplicitamente dichiarati o implicitamente contenuti nel giudizio stesso che siano non corrispondenti al vero, sempre che ciò sia conosciuto da colui che ne fa attestazione. In sintesi, quindi l'attestazione di fatti non corrispondenti al vero e consapevolmente diversi da quelli rilevati. Presupposto essenziale di questi reati è il dolo. Se il contenuto non corrispondente al vero, ma deriva da errore commesso in buona fede per un giudizio interpretativo errato del sanitario, questi non è imputabile di falso ideologico e si tratta di certificato erroneo. La distinzione tra diagnosi falsa e diagnosi errata va interpretata in base alle premesse oggettive se non corrispondenti al vero o, viceversa, se risulti inattendibile l'interpretazione data per motivare il giudizio clinico. Truffa: il certificato medico può determinare la costituzione di diritti a favore del richiedente con possibili oneri risarcitori a carico di terzi tra cui anche lo Stato ed è perciò per sua propria natura oggetto di verifica. Di conseguenza, false prestazioni possono costituire anche il reato di truffa. L'Ente pubblico può ovviamente esercitare un'azione di rivalsa nei confronti del medico per il danno patrimoniale. Questa procedura si aggiunge a quella penale. Violazione del segreto professionale: il contenuto del certificato medico è coperta dal segreto professionale, come da norme deontologiche ed il contenuto della certificazione deve riportare ciò che il paziente consente che sia reso noto, ovviamente nei limiti di verità, chiarezza e completezza dei fatti. Il medico deve mantenere il segreto su tutto ciò che gli è confidato o che può conoscere in ragione della sua professione; deve, altresì, conservare il massimo riserbo sulle prestazioni professionali effettuate o programmate, nel rispetto dei principi che garantiscano la tutela della riservatezza. La rivelazione assume particolare gravità quando ne derivi profitto, proprio o altrui, o nocumento della persona o di altri. La rivelazione del segreto è consentita però per "giusta causa". Le giuste cause di rivelazione sono: - imperative: obbligano a rendere noto il segreto in forza di una disposizione di legge mediante denuncia, referti, rapporti, notifiche e certificazioni oppure per fatti riscontrati in occasione di perizie, consulenze tecniche e arbitrati, visite fiscali. - scriminative: eliminano la antigiuridicità del fatto: ad esempio, segreto reso noto col consenso o per richiesta del titolare (la richiesta o l’autorizzazione da parte della persona assistita o del suo legale rappresentante, previa specifica informazione sulle conseguenze o sull’opportunità o meno della rivelazione stessa); quando ricorra il caso fortuito o la forza maggiore; quando il medico è costretto con la violenza, cadendo in errore perchè tratto in inganno, ovvero per stato di necessità. - permissive: si riferiscono alla facoltà riconosciuta al medico di astenersi dal testimoniare su fatti coperti da segreto professionale (si tratta di un diritto e non di un obbligo del sanitario che può liberamente decidere se rendere o meno testimonianza ancorché il codice deontologico espressamente disponga perché la testimonianza non sia data su argomenti coperti da segreto professionale. Ad esempio l’urgenza di salvaguardare la vita o la salute dell’interessato o di terzi, nel caso in cui l’interessato stesso non sia in grado di prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità di intendere e di volere; l’urgenza di salvaguardare la vita o la salute di terzi, anche nel caso di diniego dell’interessato, ma previa autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali. Art 326: rivelazione di segreto d'ufficio da parte di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio Art 622: rivelazione di segreto professionale senza “giusta causa" Trasmissione del segreto: oltre che tra colleghi può essere per il personale amministrativo a sua volta tenuto al segreto. Per quanto riguarda la privacy, se il certificato è richiesto dal paziente e è consegnato a lui direttamente non si pongono problemi di riservatezza. Ne consegue che se il certificato è consegnato ad una persona diversa dal richiedente deve essere rilasciato previa delega scritta dell'interessato che autorizza il rilascio del certificato in mani di terzi. Il certificato compiacente è un certificato che tende ad alterare una situazione o minimizzandola o rendendola sproporzionata. È quindi un certificato che non corrisponde al requisito della veridicità e quindi può integrare gli estremi di reato di falso ideologico. È irrilevante se questo tipo di certificato sia stato dato per venire incontro alle esigenze del richiedente. Il certificato storico è un'attestazione di una situazione che si è già verificata in passato e che il medico ricostruisce sulla base di documentazione dell'epoca. Questo tipo di certificazione è piuttosto frequente nell'ambito della medicina legale quando il medico è chiamato a redigere atti aventi finalità assicurativa o previdenziale. Non è invece consentito certificare a posteriori in altre condizioni, come ad esempio per i certificati di malattia, perché il certificato deve essere contestuale all'accertamento della patologia e recare la stessa data dell'effettuazione della visita.