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Giorgio Amendola - La Cassa per il Mezzogiorno
Gli effetti deteriori del dualismo economico tra regioni del nord e regioni del sud d’Italia si fecero
particolarmente gravi – complice anche una fortissima emigrazione interna dal Mezzogiorno verso
i poli del “triangolo industriale” – negli anni cinquanta e sessanta. Un tentativo purtroppo fallito
di soluzione del problema fu rappresentato dalla Cassa per il Mezzogiorno. L’idea di un organo
autonomo incaricato di promuovere lo sviluppo economico delle aree arretrate meridionali maturò
alla fine degli anni quaranta da una singolare combinazione, che vide collaborare forze diverse:
ambienti del meridionalismo cattolico maturati all’interno dell’IRI degli anni trenta, ambienti
socialisti legati alle suggestioni pianificatrici sovietiche e gruppi finanziari e industriali pubblici e
privati gravitanti intorno alla SME (Società meridionale di elettricità), il monopolio meridionale
dell’energia elettrica. La Cassa per il Mezzogiorno si ridusse però rapidamente a un organismo
per l’erogazione di spesa secondo criteri spiccatamente clientelari (favori in cambio di voti). In ciò
si è confermata la giustezza delle preoccupazioni espresse, nel brano che segue, da Giorgio
Amendola.
Noi ci opponiamo anzitutto alla creazione stessa di un «ente speciale», con propria personalità
giuridica, denominato «Cassa per il Mezzogiorno». Non ci muovono soltanto i motivi pure
apprezzabili che hanno indotto molti studiosi, gruppi, associazioni, ed anche onorevoli colleghi
della maggioranza, io credo, ad avanzare serie riserve sull’opportunità di sottrarre tanta parte delle
spese pubbliche al controllo regolare degli organi dello Stato, e ad un effettivo controllo preventivo
e consuntivo del Parlamento. Gli argomenti addotti dalla relazione di maggioranza a favore
dell’opportunità della creazione di un ente speciale non ci hanno convinto. Si dice: ragioni di
snellezza, di praticità, di rapidità. [...] Si afferma che l’apparato statale è troppo voluminoso, e poi si
creano nuovi apparati. È migliore questa burocrazia «speciale» di quella ordinaria? Ne dubitiamo.
[...] La nuova Cassa dovrebbe avere una burocrazia come quella dell’IRI, in teoria subordinata ai
controlli dello Stato, ma prona invece a quelli particolari di alcuni gruppi finanziari. [...] Poi vi è il
problema del controllo parlamentare. Non si sottragga al Parlamento il diritto di controllare
minutamente le spese del pubblico danaro che ascendono ad un importo di 100 miliardi all’anno. Si
dice: ma voi potete conoscere i programmi che saranno comunicati all’inizio dell’anno. L’art.1 del
progetto di legge parla di preparazione di un programma generale da parte del Comitato dei
ministri; ma i programmi particolari li prepara, li coordina e li esegue la Cassa per il Mezzogiorno
con la sua personalità giuridica, cioè con sua autonomia. E sono questi programmi particolari quelli
che contano e che noi dobbiamo non solo conoscere, ma discutere e approvare. [...] Ma oltre a
questi motivi noi avanziamo una critica più generale e di fondo. Quale azione potrà esercitare, nella
concreta situazione meridionale, un ente munito di ampi poteri finanziari ed esecutivi, che potrà
realizzare cospicue operazioni finanziarie, scontare i contributi dovuti dallo Stato, scontare le quote
di ammortamento dei prestiti IMI, emettere obbligazioni, contrarre prestiti all’estero, partecipare a
società private, turistiche ecc.? Tutte queste vaste possibilità, tutti questi ampi poteri fanno della
Cassa un centro importante – il più importante dell’economia meridionale – un centro di interessi
finanziari italiani e stranieri, interessi che non potranno non imprimere all’azione della Cassa
determinati indirizzi economici, finanziari e politici. Sarà un centro di influenze e di corruzione, al
di fuori di ogni controllo, destinato ad esercitare nella vita meridionale funzioni preminenti, a
diventare come un governatorato dell’Italia meridionale. [...] Quando noi vediamo un ente di diritto
pubblico – il Banco di Napoli – che con il pubblico danaro (il danaro di tutti i contribuenti ed i
risparmiatori del Mezzogiorno) e collegandosi con gruppi monopolistici, come la Società
meridionale di elettricità, finanzia a Napoli giornali politici, naturalmente organi governativi, e ne
affida la direzione ai più responsabili esponenti del giornalismo fascista [...] noi possiamo ben
prevedere che cosa potrà fare questa Cassa in tutti i settori della vita economica e sociale ed anche
politica del Mezzogiorno d’Italia. È un potente strumento di corruzione elettorale e politica che voi
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cercate di mettere in piedi, per vostri fini di partito, per cercare di stabilire nel Mezzogiorno d’Italia
l’impero del vostro regime di parte.
G. Amendola, La democrazia nel Mezzogiorno, Roma 1952, pp. 294-299.