5/02 10 Doss Foto: Anti-Slavery/ESAM La nuova In Africa occidentale i bambini divengono servitori nelle case degli stranieri. Si tratta di forme nascoste di lavoro minorile nelle quali i bambini cadono vittime di abusi sessuali e vessazioni da parte dei loro padroni Milioni di persone lavorano a costo zero per produrre la ricchezza di pochi. Sono i nuovi schiavi. Uomini, donne, vecchi e bambini. In Amazzonia trasformano in carbone il verde delle grandi foreste; nei bordelli di Bangkok si consumano di Aids; nelle campagne del Punjab costruiscono mattoni di creta. Anch’essa frutto della nuova economia globale, la nuova “schiavitù del debito” rimpiazza la schiavitù di sangue. KEVIN BALES, uno dei maggiori esperti mondiali di questo fenomeno, docente al Roehampton Institute dell’università del Surrey in Gran Bretagna, è militante di Anti-Slavery International e direttore generale di Free the Slaves, associazioni attive in tutto il mondo, che hanno come obiettivo la cessazione di ogni forma di schiavitù. Nel suo libro “I nuovi schiavi. La merce umana nell’economia globale” (Feltrinelli, 2000), Bales mette a nudo l’intreccio di economia, cultura, violenza alla base di queste nuove forme di schiavitù. Il materiale per il libro è stato raccolto dall’autore viaggiando in tutto il mondo, verificando di persona situazioni, dati, testimonianze spesso drammatiche. sier 5/02 11 schiavitù Angiolina Melchiori Schiavi usa e getta K Kevin Bales, secondo lei, cosa ha di diverso la nuova schiavitù rispetto a quella dell’epoca antica e a quella sopravvissuta fino al secolo scorso? La differenza fondamentale è che mai nella storia umana il prezzo degli schiavi è stato tanto basso. Questo fatto sovverte l’equazione economica che sta alla base della schiavitù: gli schiavi sono così economici da ripagare il loro proprietario del prezzo di acquisto in brevissimo tempo e creare profitti sempre maggiori. Ciò significa anche che si possono buttare via, più come si getta una biro di plastica da pochi soldi che non una buona macchina da cucire. In altre parole: un tempo era molto alto il costo d’acquisto, scarso il numero dei potenziali schiavi, bassi i profitti, e il rapporto di schiavitù era per tutta la vita. E se spesso erano brutalizzati per mantenerli sotto controllo erano allo stesso tempo riconosciuti e trattati come un investimento di valore dal loro legale proprietario. Ora invece il rapporto è di breve durata, lo schiavo si usa e poi si getta perché c’è un’offerta abbondante a bassissimo prezzo. È legata a questioni razziali o è meramente di origine economica? La schiavitù oggi ha molto poco a che fare con la discriminazione razziale, è più che altro una questione di vulnerabilità: chi è molto povero, senza un’istruzione di base, senza l’appoggio della famiglia o della comunità, facilmente cade nella disperazione, crede alle menzogne che lo attirano verso la schiavitù, e, non avendo alcun potere, può essere facilmente reso schiavo. Il denominatore comune è la povertà, non il colore della pelle. Quante persone vivono oggi in stato di schiavitù? La stima più attendibile che posso fare è che oggi in tutto il mondo ci sono 27 milioni di schiavi. Per la maggior parte si trovano nei paesi in via di sviluppo, ma ci sono casi di schiavitù praticamente in ogni paese del mondo. I nuovi schiavi sono quelli che lavorano al fondo della scala sociale, quelli che vengono adibiti ai lavori più sporchi e più pericolosi. Gli schiavi hanno a che vedere con la nostra vita anche indirettamente: può darsi che le scarpe che calziamo e il tappeto che calpestiamo siano stati fatti da schiavi pakistani, o che la camicia che indossiamo e l’anello che portiamo al dito siano stati rispettivamente cuciti e levigati da qualche schiavo indiano. In Brasile sono gli schiavi a produrre il carbone che serve a temprare l’acciaio delle sospensioni delle nostre auto o la lama del nostro tagliaerba. Qual è la situazione in Europa e in particolare in Italia? Dalla fine della guerra fredda il traffico di esseri " Doss Foto: Anti-Slavery/Shakil Pathan 5/02 12 Un bambino lavoratore in un campo agricolo del Pakistan. La maggior parte dei bambini nel mondo è impegnata nell’agricoltura umani e la conseguente schiavitù si sono estesi in tutta Europa. L’Italia, per la sua collocazione geografica, ha visto aumentare enormemente il fenomeno. Ci sono persone ridotte in schiavitù nell’industria tessile, nella prostituzione, fra le collaboratrici domestiche, nel campo dell’edilizia e in altri ambiti. Il fenomeno delle prostitute schiave è noto a tutti in Italia. La cosa strana è che spesso sento parlare del “problema delle donne nigeriane” (ndr, sui nostri marciapiedi si vedono spesso giovani africa- La nuova ne): non è così, caso mai si tratta del “problema dell’uomo italiano”. Se infatti non ci fosse la richiesta di prostitute questo tipo di commercio cesserebbe rapidamente. Quando stava raccogliendo la documentazione per il suo libro, quali sono i casi che più l’hanno impressionata? I casi di schiavitù di adolescenti avviate alla prostituzione in Thailandia. In una città di provincia, in Thailandia, ho conosciuto un’adolescente che chiamerò Siri, perchè non posso rivelarne il nome. Siri ha quindici anni, e quasi tutte le notti ha rapporti sessuali con 10-15 uomini. Siri è un esempio classico di ciò che intendo per nuova schiavitù: quando aveva 13 o 14 anni, i suoi genitori l’hanno venduta per 2000 dollari USA a un intermediario che l’ha rivenduta a un bordello per il doppio della somma. Nel bordello, le è stato detto che per riavere la libertà avrebbe dovuto ripagare quattro volte il suo prezzo di vendita, e in più avrebbe dovuto pagare di tasca sua alloggio, vitto e medicine. Anche con 15 rapporti sessuali per notte, il debito continua a crescere, grazie a una falsa contabilità. È un debito che non potrà mai essere ripagato perchè non è un vero e proprio debito, è una menzogna. I suoi conti vengono truccati in modo che il debito non venga mai cancellato e, in ogni caso, Siri non vede mai un soldo. La verità è che lei è stata venduta, e venduta per poco, mentre il profitto che ne ricavano i suoi proprietari è molto elevato: Siri ogni mese frutta almeno tre volte il prezzo d’acquisto originario, rende annualmente, con quello che pagano i suoi clienti per averla, 75mila dollari USA, e il suo non è un caso eccezionale. Se non ti disturba avere uno schiavo, una ragazza come Siri è un ottimo investimento. Naturalmente però lei non potrà durare in eterno: la sieropositività è ormai endemica fra la classe operaia locale da cui provengono i suoi clienti, e i proprietari di Siri se va tutto bene potranno usarla al massimo per quattro o cinque anni. Ma non è un problema, Siri è costata tanto poco come spesa iniziale, i profitti sono talmente enormi, lei è così facilmente rimpiazzabile che se si ammala, o soltan- sier 5/02 13 schiavitù to si permette di dare in qualche modo fastidio, può essere gettata via come un oggetto qualunque. Nel suo libro lei sottolinea che la schiavitù riduce i costi della produzione industriale; quali sono le responsabilità della grande industria multinazionale in questo fenomeno che coinvolge masse lavoratrici in paesi del terzo mondo? Le grandi imprese devono assumersi la piena diretta responsabilità dell’intera catena di produzione, devono assumersi l’impegno di non accettare casi di schiavitù in nessuna fase della loro produzione, anche quando questa fase avviene in un altro paese, o attraverso un subappalto di lavoro. L’industria della cioccolata, per fare un esempio, proprio di recente ha compiuto un passo fondamentale in questa direzione, assumendosi la responsabilità finanziaria e morale dell’intera catena delle forniture. Cosa possono fare i singoli paesi, le istituzioni internazionali, cosa può fare ciascuno di noi per combattere la nuova schiavitù? I governi nazionali devono solo applicare le loro leggi in materia; l’ONU dovreb- Lo sfruttamento del lavoro infantile ha un’origine facilmente identificabile, la povertà be applicare alla nuova schiavitù lo stesso trattamento che riserva alla produzione di armi di distruzione di massa, ricorrendo ad ispezioni continue per sradicare il fenomeno; e la nuova schiavitù deve diventare di competenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Quanto ai privati cittadini, devono associarsi per porre fine alla nuova schiavitù innanzitutto informandosi meglio e poi appoggiando e proteggendo chi è in prima linea in questa guerra. In Italia per esempio non esiste alcuna associazione che abbia come finalità diretta la lotta contro la schiavitù, e sarebbe ora che ne nascesse una! Può citare qualche caso in cui la nuova schiavitù, in un singolo paese, o in uno specifico settore produttivo, è stata spezzata? Sì, nel Brasile occidentale il governo ha operato con varie Organizzazioni Non Governative e sono stati fatti passi avanti, così come in Nepal, dove il governo ha varato nuove norme in materia. In India, in alcune limitate regioni, è bastato applicare correttamente la legge vigente per ottenere significativi progressi. Ciò dimostra che si può vincere questa battaglia se la volontà politica, e le risorse necessarie, sono concentrate sul problema e la sua so! luzione.