Schiavi usa e getta

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Foto: Anti-Slavery/ESAM
La nuova
In Africa occidentale i bambini
divengono servitori nelle case
degli stranieri.
Si tratta di forme nascoste di
lavoro minorile nelle quali i
bambini cadono vittime di abusi
sessuali e vessazioni da parte dei
loro padroni
Milioni di persone
lavorano a costo zero
per produrre la
ricchezza di pochi. Sono
i nuovi schiavi. Uomini,
donne, vecchi e bambini.
In Amazzonia
trasformano in carbone il
verde delle grandi
foreste; nei bordelli
di Bangkok si consumano
di Aids; nelle campagne
del Punjab costruiscono
mattoni di creta.
Anch’essa frutto della
nuova economia globale,
la nuova “schiavitù del
debito” rimpiazza la
schiavitù di sangue.
KEVIN BALES, uno dei
maggiori esperti mondiali
di questo fenomeno,
docente al Roehampton
Institute dell’università del
Surrey in Gran Bretagna,
è militante di Anti-Slavery
International e direttore
generale di Free the Slaves,
associazioni attive in tutto il mondo,
che hanno come obiettivo la cessazione di
ogni forma di schiavitù.
Nel suo libro “I nuovi schiavi.
La merce umana nell’economia
globale” (Feltrinelli, 2000), Bales mette a nudo
l’intreccio di economia,
cultura, violenza alla base di queste
nuove forme di schiavitù.
Il materiale per il libro è stato raccolto dall’autore
viaggiando in tutto il mondo, verificando di persona
situazioni, dati, testimonianze spesso drammatiche.
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schiavitù
Angiolina Melchiori
Schiavi usa e getta
K
Kevin Bales, secondo lei,
cosa ha di diverso la nuova
schiavitù rispetto a quella
dell’epoca antica e a quella sopravvissuta fino al secolo scorso?
La differenza fondamentale è che mai nella storia
umana il prezzo degli schiavi è stato tanto basso.
Questo fatto sovverte l’equazione economica che sta
alla base della schiavitù: gli
schiavi sono così economici
da ripagare il loro proprietario del prezzo di acquisto
in brevissimo tempo e creare profitti sempre maggiori.
Ciò significa anche che si
possono buttare via, più come si getta una biro di plastica da pochi soldi che non
una buona macchina da cucire. In altre parole:
un tempo era
molto alto il costo
d’acquisto, scarso il numero dei
potenziali schiavi, bassi i profitti, e il rapporto di
schiavitù era per
tutta la vita.
E se spesso erano
brutalizzati per mantenerli
sotto controllo erano allo
stesso tempo riconosciuti e
trattati come un investimento di valore dal loro legale proprietario.
Ora invece il rapporto è di
breve durata, lo schiavo si
usa e poi si getta perché c’è
un’offerta abbondante a
bassissimo prezzo.
È legata a questioni razziali o è meramente di origine
economica?
La schiavitù oggi ha molto poco a che fare con la
discriminazione razziale, è
più che altro una questione
di vulnerabilità: chi è molto
povero, senza un’istruzione
di base, senza l’appoggio
della famiglia o della comunità, facilmente cade nella
disperazione, crede alle
menzogne che lo attirano
verso la schiavitù, e, non
avendo alcun potere, può
essere facilmente reso
schiavo. Il denominatore comune è la povertà, non il
colore della pelle.
Quante persone vivono oggi in stato di schiavitù?
La stima più attendibile
che posso fare è che oggi in
tutto il mondo ci sono 27
milioni di schiavi. Per la
maggior parte si trovano nei
paesi in via di sviluppo, ma
ci sono casi di schiavitù praticamente in ogni paese del
mondo. I nuovi schiavi sono
quelli che lavorano al fondo
della scala sociale, quelli che
vengono adibiti ai lavori più
sporchi e più pericolosi.
Gli schiavi hanno a che vedere con la nostra vita anche indirettamente: può
darsi che le scarpe che calziamo e il tappeto che calpestiamo siano stati fatti da
schiavi pakistani, o che la
camicia che indossiamo e
l’anello che portiamo al dito
siano stati rispettivamente
cuciti e levigati da qualche
schiavo indiano. In Brasile
sono gli schiavi a produrre il
carbone che serve a temprare l’acciaio delle sospensioni
delle nostre auto o la lama
del nostro tagliaerba.
Qual è la situazione in Europa e in particolare in
Italia?
Dalla fine della guerra
fredda il traffico di esseri
"
Doss
Foto: Anti-Slavery/Shakil Pathan
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Un bambino lavoratore in un campo agricolo del Pakistan.
La maggior parte dei bambini nel mondo è impegnata
nell’agricoltura
umani e la conseguente
schiavitù si sono estesi in
tutta Europa. L’Italia, per la
sua collocazione geografica,
ha visto aumentare enormemente il fenomeno.
Ci sono persone ridotte in
schiavitù nell’industria tessile, nella prostituzione, fra
le collaboratrici domestiche,
nel campo dell’edilizia e in
altri ambiti. Il fenomeno
delle prostitute schiave è
noto a tutti in Italia.
La cosa strana è che spesso
sento parlare del “problema
delle donne nigeriane” (ndr,
sui nostri marciapiedi si vedono spesso giovani africa-
La nuova
ne): non è così, caso mai si
tratta del “problema dell’uomo italiano”. Se infatti
non ci fosse la richiesta di
prostitute questo tipo di
commercio cesserebbe rapidamente.
Quando stava raccogliendo la documentazione per
il suo libro, quali sono i casi che più l’hanno impressionata?
I casi di schiavitù di adolescenti avviate alla prostituzione in Thailandia. In una
città di provincia, in Thailandia, ho conosciuto un’adolescente che chiamerò
Siri, perchè non posso rivelarne il nome. Siri ha quindici anni, e quasi tutte le notti ha rapporti sessuali con
10-15 uomini. Siri è un
esempio classico di ciò che
intendo per nuova schiavitù: quando aveva 13 o 14
anni, i suoi genitori l’hanno
venduta per 2000 dollari
USA a un intermediario che
l’ha rivenduta a un bordello
per il doppio della somma.
Nel bordello, le è stato detto che per riavere la libertà
avrebbe dovuto ripagare
quattro volte il suo prezzo
di vendita, e in più avrebbe
dovuto pagare di tasca sua
alloggio, vitto e medicine.
Anche con 15 rapporti sessuali per notte, il debito
continua a crescere, grazie a
una falsa contabilità. È un
debito che non potrà mai
essere ripagato perchè non
è un vero e proprio debito, è
una menzogna. I suoi conti
vengono truccati in modo
che il debito non venga mai
cancellato e, in ogni caso,
Siri non vede mai un soldo.
La verità è che lei è stata
venduta, e venduta per poco, mentre il profitto che ne
ricavano i suoi proprietari è
molto elevato: Siri ogni mese frutta almeno tre volte il
prezzo d’acquisto originario,
rende annualmente, con
quello che pagano i suoi
clienti per averla, 75mila
dollari USA, e il suo non è un
caso eccezionale. Se non ti
disturba avere uno schiavo,
una ragazza come Siri è un
ottimo investimento.
Naturalmente però lei non
potrà durare in eterno: la
sieropositività è ormai endemica fra la classe operaia
locale da cui provengono i
suoi clienti, e i proprietari di
Siri se va tutto bene potranno usarla al massimo
per quattro o cinque anni.
Ma non è un problema, Siri
è costata tanto poco come
spesa iniziale, i profitti sono
talmente enormi, lei è così
facilmente rimpiazzabile
che se si ammala, o soltan-
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schiavitù
to si permette di dare in
qualche modo fastidio, può
essere gettata via come un
oggetto qualunque.
Nel suo libro lei sottolinea
che la schiavitù riduce i costi della produzione industriale; quali sono le responsabilità della grande
industria multinazionale in
questo fenomeno che coinvolge masse lavoratrici in
paesi del terzo mondo?
Le grandi imprese devono assumersi la piena diretta responsabilità dell’intera
catena di produzione, devono assumersi l’impegno di
non accettare casi di schiavitù in nessuna fase della loro produzione, anche quando questa fase avviene in un
altro paese, o attraverso un
subappalto di lavoro.
L’industria della cioccolata,
per fare un esempio, proprio
di recente ha compiuto un
passo fondamentale in questa direzione, assumendosi
la responsabilità finanziaria
e morale dell’intera catena
delle forniture.
Cosa possono fare i singoli paesi, le istituzioni internazionali, cosa può fare
ciascuno di noi per combattere la nuova schiavitù?
I governi nazionali devono solo applicare le loro leggi in materia; l’ONU dovreb-
Lo sfruttamento del lavoro infantile
ha un’origine facilmente identificabile, la povertà
be applicare alla nuova
schiavitù lo stesso trattamento che riserva alla produzione di armi di distruzione di massa, ricorrendo ad
ispezioni continue per sradicare il fenomeno; e la
nuova schiavitù deve diventare di competenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Quanto ai privati cittadini,
devono associarsi per porre
fine alla nuova schiavitù innanzitutto informandosi
meglio e poi appoggiando e
proteggendo chi è in prima
linea in questa guerra.
In Italia per esempio non
esiste alcuna associazione
che abbia come finalità diretta la lotta contro la
schiavitù, e sarebbe ora che
ne nascesse una!
Può citare qualche caso in
cui la nuova schiavitù, in
un singolo paese, o in uno
specifico settore produttivo, è stata spezzata?
Sì, nel Brasile occidentale il governo ha operato con
varie Organizzazioni Non
Governative e sono stati
fatti passi avanti, così come
in Nepal, dove il governo ha
varato nuove norme in materia. In India, in alcune limitate regioni, è bastato
applicare correttamente la
legge vigente per ottenere
significativi progressi.
Ciò dimostra che si può vincere questa battaglia se la
volontà politica, e le risorse
necessarie, sono concentrate sul problema e la sua so!
luzione.
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