ATMOSFERA E METEOROLOGIA LE PREVISIONI DEL TEMPO: UNA RISORSA PER RIDURRE I RISCHI IN MONTAGNA Solitamente chi usa le previsioni del tempo lo fa con il solo intento di assicurarsi una giornata serena con buona visibilità per godersi sole e panorami e non rischiare di bagnarsi sotto la pioggia. Si ascoltano le previsioni meteorologiche al telegiornale della sera e se si sente dire "Cielo sereno o poco nuvoloso", si parte sicuri al mattino. Spesso, però, si ritorna delusi, bagnati ed anche un po' indispettiti contro l'annunciatrice del finto sereno. Ma perché le previsioni meteo, soprattutto in montagna, sembrano non funzionare mai? Perché la realtà è molto diversa dall'apparenza. Bisogna saper "leggere" la previsione televisiva molto stringata e generale. Del resto, per la maggior parte delle persone la previsione si limita a considerare pioggia si/pioggia no e poco altro; se in pianura, una volta centrata la previsione giornaliera, si può facilmente pianificare la propria attività, in montagna tutto è complicato da molteplici cambiamenti che avvengono in poco tempo e in poco spazio. In effetti, definire il livello di precisione di una previsione meteo è un fatto che dipende in gran parte dalle finalità dell'utente. Il punto è che i fenomeni strettamente locali non possono essere descritti dalla previsione fisica dell'atmosfera (né sarebbe possibile elencarli in un bollettino valle per valle), ma devono essere noti e interpretati dall'utilizzatore esigente. Nasce da questa esigenza la necessità di essere informati delle caratteristiche principali dei fenomeni atmosferici, di dove e come procurarsi dei bollettini meteo e di essere preparati ad eventuali fenomeni pericolosi. Il 95% del rischio d'incidente in montagna, viene eliminato nella fase preparatoria dell'escursione con la preparazione preventiva e l'osservazione sul posto prima di partire. Il controllo del rimanente 5% è strettamente dipendente dall'evoluzione meteorologica durante l'itinerario, tenendo presente che il rischio nullo non esiste. Oggigiorno, chiunque si avventura in montagna ha il dovere di informarsi sulle condizioni meteo per non mettere in pericolo la propria vita e quella dei soccorritori. Il beneficio più importante della conoscenza del tempo è sicuramente quello di prevenire gli innumerevoli rischi diretti o indiretti che possono presentarsi durante un'escursione, un'ascensione od un percorso sci-alpinistico. Sarà questa la parte sviluppata nelle pagine che seguono. Infatti, una miglior conoscenza della meteorologia, consente: • adeguata scelta e pianificazione del percorso • adeguata scelta dell'equipaggiamento (vestiario, attrezzatura, viveri) • adeguata valutazione dei rischi ed eventuale rinuncia • adeguato comportamento per minimizzare i danni in caso di fenomeni pericolosi. COME NASCE UNA PREVISIONE DEL TEMPO Data l'enorme complessità del problema che presenta una previsione accurata di quello che succederà (il futuro), la non completa conoscenza delle leggi fisiche che governano l'atmosfera e l'enorme estensione del pianeta, la tecnica utilizzata dai meteorologi prevede di effettuare delle previsioni ad "approssimazione successiva", cioè analizzano il problema prima a livello macroscopico (continentale) e successivamente a livello microscopico (nazionale e locale). I centri meteorologici internazionali Per comprendere ed utilizzare una previsione meteorologica, è necessario rendersi conto di quale complesso sistema consente di generarla. Il cuore risiede nel modello matematico, ovvero nel software di simulazione del comportamento dell'atmosfera su scala mondiale, che - impiegando le osservazioni provenienti da circa 11.000 stazioni meteorologiche, da boe meteo perse negli oceani, aerei in volo, satelliti, radiosonde e radar - calcola l'evoluzione delle grandezze fisiche per alcuni giorni successivi. Il tutto richiede soprattutto un'estrema rapidità di comunicazione dei dati e di calcolo, altrimenti i risultati si otterrebbero, quando ormai non ce ne sarebbe più bisogno. Per far questo si impiegano i calcolatori più potenti esistenti al mondo, da miliardi di operazioni al secondo. In Europa 18 nazioni si sono consorziate da oltre un ventennio per sostenere i costi di questo sistema di rilevamento e calcolo, costituendo il Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Termine (noto con la sigla ECMWF), con sede a Reading, presso Londra. Tutta l'attività è in ogni modo coordinata dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale, agenzia speciale delle Nazioni Unite con sede a Ginevra. Da questi santuari della meteorologia e dell'elettronica escono ogni 6 o 12 ore milioni di dati, che tradotti generalmente in cartografia offrono al meteorologo il primo supporto per capire l'evoluzione del tempo su grande scala. Grande scala significa che l'informazione emessa da questi grandi centri internazionali è la migliore possibile, ma ha una "griglia di calcolo" ampia (30 o 50 km di lato), cosi gli eventi locali, soprattutto se il territorio è montuoso, sfuggono. Dal momento che proprio le montagne complicano il comportamento dell'atmosfera ostacolando e incanalando i venti, creando differenze di irraggiamento solare e di temperatura, alimentando i temporali, l'unico modo per migliorare la previsione consiste nell'utilizzare una previsione "locale". I centri meteorologici locali I modelli "ad area limitata" vengono alimentati con i dati provenienti dai modelli globali e si concentrano sulla previsione dei fenomeni in territori di poche migliaia di chilometri quadrati, usando una griglia più fine (10 km), che "vede" meglio le caratteristiche del terreno. I risultati ottenuti con questi modelli "locali" verranno utilizzati dal meteorologo, insieme alle immagini dei satelliti e alla propria esperienza personale, per elaborare il bollettino meteorologico. Breve nota sui modelli numerici - GCM (General Circulation Models): modelli matematici che simulano l’evoluzione dell’atmosfera su tutto il globo terrestre, aventi una risoluzione generalmente di qualche decina di chilometri; - LAM (Limited Area Models): modelli matematici aventi una risoluzione più elevata rispetto ai GCM (fino a pochi chilometri) e che simulano l’evoluzione dell’atmosfera su una porzione limitata di territorio (di solito nazioni o parte di continenti), basandosi su condizioni iniziali ed al contorno fornite dai GCM. Grazie anche alla migliore rappresentazione dell’orografia, - - consentono di prevedere meglio lo sviluppo dei fenomeni su scala locale, specialmente in territori ad orografia complessa come la nostra regione; ECMWF: GCM sviluppato presso l’European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (Reading, UK); ARPEGE: GCM sviluppato presso Météo France; GFS: GCM sviluppato presso il NCEP (National Centers for Environmental Prediction, USA); BOLAM: LAM sviluppato a Bologna presso l’ISAC (Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima) e operativo presso ARPAL - CMIRL (Centro Meteo della Regione Liguria), innestato nel modello globale dell’ECMWF; ALADIN: LAM sviluppato presso Météo France e innestato nel modello globale ARPEGE. FISICA DELL'ATMOSFERA Ci sono alcune nozioni che possono aiutarci ad interpretare meglio i bollettini meteo, potendo estrapolare utili informazioni da utilizzare per seguire l'evoluzione locale. Ci limitiamo soprattutto, ma non solo, ai concetti di uso più pratico e di immediato utilizzo durante un'uscita. LA TROPOSFERA L'atmosfera ha una struttura a strati: ciò che si incontra al suolo può non corrispondere alla situazione in quota. La maggior parte dei fenomeni meteorologici avviene nei primi 12 km a partire dalla superficie terreste, fascia denominata troposfera e caratterizzata dalla presenza del vapore acqueo. LA PRESSIONE ATMOSFERICA L'aria è pesante: a 15°C e a livello del mare si misurano 1.23 kg/m3. La pressione atmosferica è la forza peso dell'aria esercitata sulla superficie terrestre. La pressione si misura in pascal (Pa), ovvero newton per metro quadro (N*m2). Poiché il pascal è un'unità di misura piuttosto piccola rispetto alle pressioni esistenti in atmosfera, comunemente si utilizza l'ettopascal (hPa), del tutto equivalente al più noto millibar. Vale quindi questa relazione: 1 hPa = 100 Pa = 1 mbar Secondo il sistema internazionale delle misure il millibar non è più in uso: è bene quindi abituarsi ad usare l'ettopascal. Il valore normale della pressione a livello del mare è di 1013.5 hPa; in una depressione atlantica si misurano di norma 980 hPa mentre un solido anticiclone può raggiungere i 1030 hPa. La pressione diminuisce con la quota in modo non lineare in quanto, man mano che si sale, anche la densità dell'aria cambia (una conseguenza importante di questa variazione è la diminuzione della disponibilità di ossigeno). Di norma, a fini pratici, si può considerare un calo di 1 hPa ogni 8 mt al livello del mare, 1 hPa ogni 10 mt attorno a 1500 mt d'altitudine e 1 hPa ogni 12 mt verso 3000 mt. A 3000 m si hanno circa 700 hPa mentre a 5500 mt la pressione è la metà di quella al livello del mare e di conseguenza anche l'ossigeno. Relazione pressione atmosferica previsione meteo Quando si sale la pressione indicata dall'altimetro scende, quando si torna a valle, la pressione sale. L'altimetro - sia esso di tipo analogico o digitale - non è altro che un barometro: esso è tanto meno stabile quanto più i cambiamenti di pressione sono dovuti a situazioni meteo molto evolutive. In tal case gli errori di altitudine possono arrivare a più di 100 mt (10 hPa a 1500 mt di quota) in poche ore, ma si dispone così di un'ottima informazione sul cambiamento del tempo. Brusche variazioni della misura dell'altezza da parte dell'altimetro indicano senza dubbio l'arrivo di una variazione climatica a breve periodo (12-24 h). Non sempre ci si può fidare dell'equazione alta pressione = bel tempo, bassa pressione = maltempo. Primo, perché il concetto di "bassa" o "alta" è sempre relativo ai territori circostanti (1012 hPa possono essere un valore ora basso ora alto, dipende qual è la configurazione barica al contorno). Secondo, perché un'innumerevole serie di condizioni locali può produrre tipi di tempo marginali rispetto al contesto generale (nubi cumuliformi sui versanti, brevi temporali isolati, in una giornata tuttavia prevalentemente soleggiata). Nonostante questi limiti, la variazione di pressione atmosferica rappresenta sempre un buon "predittore" dell'evoluzione meteorologica. Per l'alpinista, l'altimetro-barometro è pertanto uno strumento fondamentale. In estate, pressione costante ed elevata equivale in genere a tempo bello, stabile e secco, in inverno alta pressione con nebbia in pianura significa sole e tepore in montagna. Un aumento rapido della pressione è di solito legato a miglioramenti di breve durata. Un abbassamento lento e costante, annuncia il passaggio probabile di un fronte caldo; un abbassamento rapido ha invece luogo in caso di temporale, arrivo di un “fronte freddo” o situazione di Foehn. In ogni caso, variazioni di 10-20 hPa/giorno (100/200 mt a 1500 mt di quota) indicano un cambiamento meteorologico quasi certo, mentre oscillazioni regolari diurne possono rimanere entro 1-5 hPa. Quindi un aumento della lettura dell’altimetro presuppone un abbassamento della pressione atmosferica (come se si salisse) e quindi l’arrivo di una bassa pressione; viceversa, una diminuzione della lettura è sinonimo dell’aumento della pressione e quindi dell’arrivo del bel tempo. L'altimetro deve essere regolato attentamente in un punto di quota nota alla partenza. Non esporlo al sole. La scala dell'altimetro è calcolata sull'atmosfera standard, con diminuzione della temperatura di 0.65 °C/100 m. In realtà questo gradiente raramente corrisponde al vero, e si possono avere errori fino al 5%. Ecco perché è necessario tarare frequentemente l'altimetro (più volte al giorno) su quote note dalla cartografia. LA TEMPERATURA DELL’ARIA La temperatura diminuisce con la quota in media di 0.6 °C/100 mt quando l'aria è umida e di 1 °C/100 mt quando è secca. La temperatura dell'aria si misura in gradi Celsius (°C); la scala Fahrenheit (°F) è usata solo negli USA. Vale la seguente relazione tra le due scale. °C = 5/9 (°F-32) I termometri, siano essi ad alcool, a mercurio oppure digitali, devono essere posti al riparo dai raggi solari diretti e a un'altezza di circa 1.5 mt dal suolo. Di solito si usa la capannina meteorologica, in legno a persiana, dipinta di colore rigorosamente bianco. In mancanza di capannina si deve porre il termometro in aria libera (per esempio appeso a un supporto), all'ombra, evitando tuttavia il muro a nord di una casa (che mantiene un microclima eccessivamente fresco rispetto alle zone circostanti) o l'ombra di un albero, che con l'evapotraspirazione dalle foglie abbassa la temperatura dell'aria di qualche grado. Quando c'è vento, la misura è facilitata dalla rapida circolazione dell'aria. Il raffreddamento notturno è favorito dal cielo sereno e dall'aria calma, mentre una copertura nuvolosa limita la perdita di calore verso lo spazio. Alcune definizioni legate alla temperatura: Lo zero termico L'isoterma zero gradi (o, più comunemente, zero termico) è la superficie ideale che raggruppa tutti i punti dell'atmosfera con temperatura pari a O°C. Si tratta di una temperatura riferita alla libera atmosfera cioè lontano dalla superficie del suolo; quest'ultimo, per il forte riscaldamento nelle ore diurne o per il raffreddamento notturno, può assumere valori termici anche molto diversi dall'aria libera. In una giornata ventosa o nuvolosa, l'isoterma zero ha una maggior attinenza anche con lo strato d'aria aderente al suolo. È comunque sempre un'utile indicazione sulle caratteristiche termiche della massa d'aria. Il limite delle nevi può collocarsi circa 200 mt più in basso dell'isoterma. Inversione termica Si ha quando le temperature, salendo di quota lungo la verticale del posto, aumentano anziché diminuire. E’ un fenomeno tipico dei fondovalle in inverno, specialmente con bel tempo stabile ed assenza di vento: l’aria fredda, più pesante, tende ad accumularsi in basso, formando dei veri e propri “laghi”, mentre lungo i pendii o nella libera atmosfera si registrano temperature più elevate. Quando d'inverno la pianura è sotto una spessa coltre di nebbia, si può essere quasi certi che si è in presenza di un'inversione termica, con cielo sereno e aria calma e mite in montagna. È una delle poche regole meteorologiche infallibili. Wind-chill factor Temperatura apparente percepita dal corpo umano in seguito all'effetto del vento, il quale, aumentando l’evaporazione, accentua il raffreddamento corporeo. Il freddo, se è senza vento, può agevolare la progressione su neve e ghiaccio o ridurre il rischio di caduta pietre sulle pareti d'alta quota. In presenza di vento il freddo può invece diventare fastidioso, limitare l'attività, provocare danni temporanei o permanenti ai tessuti viventi (geloni o assideramenti agli arti) e causare anche la morte per ipotermia (quando la temperatura del corpo scende sotto i 30°C). Il vento aumenta infatti enormemente la dispersione di calore dalla superficie cutanea del corpo umano. Più elevata è la velocità, a parità di temperatura - e maggiore sarà la sensazione di freddo percepita (ancora più forte con abiti umidi di sudore, in quanto si aggiunge anche l'assorbimento del calore di evaporazione). Il potere refrigerante del vento sul corpo umano è stato approssimativamente calcolato per mezzo della formula di Siple e Court (1948): H = (9.0 + 10.9 radq (v) - v)*(33-t) dove H = potere refrigerante in kcal/h/m2, v = velocità del vento in m/s, t = temperatura dell'aria in °C (e radq = radice quadrata). Ecco i principali valori di riferimento calcolati con questa formula: H = 50 H = 100 H = 200 H = 400 H = 800 H = 1000 H = 1400 H = 2000 H = 2500 molto caldo caldo gradevole fresco freddo molto freddo i tessuti esposti gelano gelo dei tessuti in 60 s intollerabile. Oltre i 30 m/s (108 km/h) non si verifica ulteriore aumento del raffreddamento corporeo, in quanto l'asportazione di calore dal vento è comunque superiore all'alimentazione termica da parte dei vasi sanguigni epidermici. Esempio di calcolo: calcoliamo il potere refrigerante conoscendo la quota dello zero termico e la velocità del vento tratti dal bollettino meteo. Con vento moderato (cioè tra 18-36 km/h) e isoterma zero a 2500 m, si deve raggiungere una vetta di 3100 m. Si stima la temperatura in libera atmosfera alla quota massima dell'itinerario, utilizzando il gradiente termico verticale in aria secca, pari a 1 °C/100 m, rispetto alla quota dell'isoterma zero: 3100 - 2500 = 600 m cioè 6 °C sotto zero. Si trasforma la massima velocità del vento prevista da km/h a m/s, cioè 36 km/h = 36000 m/h = 36000 m / 3600 s = 10 m/s. Si sostituiscono i valori trovati nella formula di Siple-Court: (9,0 + 10,9 radq (10) - 10)*(33-(-6)) = 1305 che indica un considerevole rischio di gelo per le parti del corpo esposte. Velocità vento km/h m/sec 0 10 20 30 40 50 60 70 80 0 2.8 5.6 8.3 11.1 13.9 16.7 19.4 22.2 10 10 8 3 0 -1 -2 -3 -4 -4 Temperatura effettiva dell’aria in °C 5 0 -5 -10 -15 -20 -25 Temperatura equivalente sul corpo umano in °C 5 0 -5 -10 -15 -20 -25 2 -3 -8 -14 -19 -25 -30 -3 -9 -16 -22 -29 -35 -42 -6 -13 -20 -28 -34 -41 -48 -8 -16 -23 -31 -38 -45 -53 -1 -17 -25 -33 -41 -48 -56 -11 -19 -27 -34 -42 -50 -58 -12 -19 -28 -35 -43 -51 -58 -12 -20 -28 -36 -44 -52 -60 -30 -30 -36 -48 -55 -60 -64 -67 -67 -68 Indice di calore (heat index) La sensazione di afa è provocata da una serie di fattori, ed in particolare da temperatura dell'aria ed umidità relativa. In condizioni di afa, infatti, la sudorazione prodotta dall'organismo per abbassare la temperatura corporea non riesce ad evaporare nell'ambiente circostante poiché già saturo. L’indice di calore serve per evidenziare la temperatura percepita dal corpo e non quella reale. L’UMIDITA’ DELL’ARIA Il motore dell'atmosfera è l'energia solare, che viene immagazzinata e trasportata attraverso i passaggi di stato (evaporazione <-> condensazione <-> solidificazione <-> fusione) dell'acqua. L'aria calda contiene più vapore acqueo di quella fredda: 29 grammi a 30°C e solo 6 grammi a O°C. Una precipitazione abbondante in inverno, anche se l'aria è fredda, deriva dal continuo rifornimento d'umidità per esempio da un vento proveniente dal mare. Quindi non è vero che se fa "troppo freddo" non nevica, dipende sempre dalla velocità di alimentazione da parte di una corrente atmosferica in grado di apportare nuova umidità. La trasparenza dell'aria aumenta con la quota per il minor contenuto di pulviscolo e di umidità: di conseguenza migliora anche la penetrazione della radiazione solare. Il vapore acqueo è invisibile: foschia, nebbia, nubi sono costituite da minuscole goccioline d'acqua allo stato liquido (il vapore ha ormai subito la condensazione). IL VENTO Poiché l'aria è un fluido e le variazioni di temperatura ne cambiano la densità, la pressione atmosferica è variabile nelle varie zone della Terra. Queste differenze vengono riequilibrate dai venti. Il vento si misura in m/s, km/h o nodi (knots, simbolo kt = 1.852 km/h). Valgono le seguenti relazioni: 1 m/s = 3.6 km/h =1.94 kt. Il vento viene catalogato secondo la sua velocità in varie fasce. Si possono distinguere le seguenti categorie: Intensità debole fino a 18 km/h; Intensità moderata fino a 36 km/h (limite oltre il quale comincia a procurare problemi all'alpinista); 3. Intensità forte da 36 a 60 km/h, cioè oltre 10 m/s (il vento sibila tra gli alberi e le rocce e può causare forti raffreddamenti del corpo se la sua temperatura è negativa); 4. Intensità molto forte tra 60 e 90 km/h (limita la progressione, solleva la neve e spezza i rami degli alberi). 5. Intensità fortissima Oltre i 90 km/h non è più possibile mantenere l'equilibrio; forte rischio di congelamento con basse temperature. 1. 2. INTENSITA’ Calmi o deboli Moderati Forti Molto forti Tempestosi nodi < 10 10 - 19 19 - 29 29 - 49 > 49 m/s <5 5 - 10 10 - 15 15 - 25 > 25 km/h < 18 18 - 36 36 - 54 54 - 90 > 90 Tabella intensità dei venti • Vento forte può far cadere da una cresta, o impedire la progressione. La superficie media di una persona è di 2 m2 e un vento a 100 km/h esercita una pressione di circa 50 kg/m2. Spesso non è costante ma a raffiche. Importante tenerne conto quando si percorrono luoghi esposti (creste, vette). Inoltre il vento rimaneggia la neve e può accrescere il pericolo di valanghe. E’ importante sottolineare come sui colli, sulle creste o in altri luoghi particolarmente esposti, la velocità possa essere anche molto superiore a quella indicata nel bollettino, che peraltro si riferisce alle intensità medie, e non alle raffiche massime. Per contro, esisteranno località che anche in presenza dei venti più violenti, risulteranno abbastanza riparate. La direzione di provenienza del vento può essere valutata in gradi da 0° a 360°, con origine al nord. Un vento da sud proverrà dunque da 180°, un vento da nord-ovest da circa 300°. Per valutare la direzione di provenienza del vento, soprattutto in montagna, bisogna osservare sempre il movimento delle nubi a grande altezza perché in basso, tra le vette e i colli, possono prevalere venti locali incanalati dal rilievo e non rispondenti alla reale situazione meteorologica a grande scala (sinottica). Le scie di condensazione lasciate dagli aerei sono un buon indicatore della direzione del vento in assenza di nubi. Vediamo ora le principali direzione dei venti che interessano l’arco Alpino ed i loro effetti nel tempo meteorologico: a) Correnti da ovest / nord-ovest Configurazione molto frequente sulle Alpi, caratterizzata da un'alternanza di fronti e intervalli di sereno. Se le differenze di pressione sono sufficienti, i fronti da ovest e nord-ovest possono trasformarsi in foehn sul versante meridionale della catena alpina, scaricando le precipitazioni solo su Francia e Svizzera. Sono le situazioni che, insieme ai venti da nord, possono produrre le maggiori velocità del vento (fino a 200 km/h). Gli effetti dei fronti occidentali sulle Alpi dipendono dalla latitudine alla quale scorre la corrente principale: le nubi possono così limitarsi al solo versante settentrionale, oppure interessare anche il Mediterraneo con pioggia intensa. Spesso il vento debole da nord-ovest caratterizza la circolazione atmosferica sulla regione alpina anche in assenza di perturbazioni. Essendo piuttosto asciutto, mantiene cieli limpidi sui versanti francesi e svizzeri, mentre non riesce a rimuovere l'aria umida e stagnante della pianura padana, protetta proprio dalle stesse Alpi, sul cui versante l'aria è torbida per caligini e foschie. b) Correnti da nord Aria fredda e non molto umida. Può provocare maltempo sul versante settentrionale delle Alpi e sulla cresta spartiacque con forte vento, mentre sulle valli aperte verso la pianura padana si trasforma di solito in foehn. c) Correnti da sud, sud-ovest, sud-est Tutto il gruppo delle correnti meridionali, sul versante italiano delle Alpi ha un significato quasi certo di tempo umido e piovoso. L'aria tiepida nordafricana si carica di umidità sul Mediterraneo e procedendo verso nord trova l'ostacolo delle Alpi dove avviene l'effetto “stau” con precipitazioni più o meno abbondanti e prolungate. In caso di deboli flussi meridionali non associati a perturbazioni, si avrà comunque scarsa visibilità anche in alta quota per foschie e sviluppo di cumuli determinati dall'elevata umidità. d) Correnti da est / nord-est Apportano aria fredda e secca, che per la sua notevole densità tende a scorrere soprattutto nei bassi strati dell'atmosfera (sotto i 2000 m). È il caso tipico dell'espansione dell'anticiclone russo-siberiano verso le Alpi, con ondate di gelo intense e prolungate (ma i valori minimi della temperatura possono registrarsi più frequentemente a quote medio basse rispetto alle vette più alte, meno investite dallo scorrimento freddo più vicino al suolo). Sulle Alpi occidentali, e in genere nelle valli aperte a est, possono formarsi strati nuvolosi a bassa quota, mentre più in alto l'aria e secca e limpida. Riassumendo, la direzione del vento ad alta quota può fornire qualche elemento predittivo: 1. sul versante sud delle Alpi, in genere venti deboli dai quadranti settentrionali e nord-orientali garantiscono tempo buono, aria asciutta e ottima visibilità; 2. venti occidentali alternano generalmente perturbazioni e intervalli di sereno; 3. mentre tutti i venti dai settori meridionali, con lo scirocco al primo posto, sono portatori di umidità e di precipitazioni. La rosa dei venti Alcune definizioni legate al vento: Il foehn (vento di caduta) Non è il nome di un vento con una direzione fissa di provenienza, ma si riferisce ad in effetto termodinamico, che ha luogo in tutte le zone montuose del mondo, indotto da un rilievo su un flusso di aria umida, in presenza di una marcata differenza di pressione fra i due versanti. La perturbazione che incontra il versante sopra vento è costretta a sollevarsi; con l’espansione (salendo si ha meno pressione), si ottiene un suo raffreddamento secondo il gradiente termico verticale dell'aria umida (0.6°C/100 m) provocando la condensazione dell’umidità e forti precipitazioni: questa condizione è nota con il termine tedesco "stau" (sbarramento). Superata lo cresta l'aria viene violentemente richiamata a valle lungo il versante sotto vento, subisce una compressione e un riscaldamento secondo il gradiente termico verticale dell'aria secca (1°C/100 m) e giunge alla base del versante con una temperatura superiore a quella del luogo di origine, con dissoluzione delle nubi (drastica diminuzione dell'umidità relativa) e assenza di precipitazioni. Le nubi si dissolvono sullo spartiacque presentandosi dal versante opposto come "muro del foehn" e altocumuli lenticolari; a valle il tempo appare limpido, molto ventoso (anche oltre 150 km/h), con aria asciutta e temperature che possono oltrepassare i 25 °C in pieno inverno, frutto di un riscaldamento effimero e locale, causato proprio dalla catena montuosa. Sulla pianura padana il foehn, che spira da nord o da nord-ovest, per la sua mite temperatura viene spesso confuso con lo scirocco, vento meridionale molto umido, tipico di situazioni esattamente contrarie, con sbarramento e forti precipitazioni sulle Alpi italiane e foehn in Svizzera e Austria. Il Foehn non va però necessariamente associato a temperature miti, infatti se l’aria è in origine molto fredda, nel versante sottovento avremo sì dei valori termici più elevati che nel versante sopravvento, ma pur sempre freddi. Si può parlare in questo caso di “Foehn freddo”. E’ bene ricordare a chi frequenta la montagna invernale, che, in condizioni di Foehn, la temperatura diminuisce di circa 1°C ogni 100 m di dislivello, pertanto se in valle (600 mt) ci sono 10°C, in montagna a 3000 m avremo una temperatura di circa –15°C; tale valore, unito al vento forte ed a raffica, tipico delle condizioni di Foehn, determina condizioni estremamente rigide (effetto “windchill”). Se in pianura soffia il foehn, con cielo sereno, aria ,secca e tiepida, ci si deve aspettare un tipo di tempo nuvoloso, freddo e ventoso man mano che si procede verso la cresta spartiacque. Sull'opposto versante vi saranno anche abbondanti precipitazioni piovose o nevose. Regime di brezza. E’ bene specificare che con il termine “brezza” si intende un vento periodico che si origina per il diverso riscaldamento del terreno, senza riferimenti alla velocità che può raggiungere, talvolta notevole specie nella medio-bassa valle. Nella valle centrale di giorno la brezza soffia da est verso ovest, mentre di notte, molto più attenuata, da ovest verso est. Molto spesso nella stagione calda si troverà nei bollettini l’indicazione “brezze nelle valli”, o “nel fondovalle”. In montagna, durante l'estate, nelle zone montuose si instaura il ciclo giornaliero delle brezze termiche, specie in situazioni anticicloniche poco influenzate da forti correnti in quota. Di giorno il sole riscalda l'aria dei versanti e del fondovalle, attivando un vento ascendente ("brezza di valle") che può soffiare con intensità anche superiori a 10 m/s interessando spessori d'atmosfera di qualche centinaio di metri e produrre nubi cumuliformi sulle sommità dei rilievi. È un fenomeno fortemente dipendente dall'orografia locale, più intenso agli imbocchi di ampie e lunghe vallate. Di notte l'aria si raffredda in montagna e - per la maggior densità - defluisce verso il fondovalle (“brezza di monte”), dove si accumula creando frequenti inversioni termiche. LA VISIBILITA’ Quando la visibilità è compresa fra 1 e 10 km, si parla di foschia (densa se inferiore ai 2 km); nel caso di visibilità inferiore a 1 km, si parla di nebbia (ma in alta montagna tale situazione può verificarsi di frequente quando ci si trova all’interno delle nuvole!). La visibilità fornisce indicazioni sul contenuto di umidità dell'aria. Il cielo è azzurro e limpido con aria secca e fresca, bianco e torbido con aria calda e umida. o Whiteout in certe condizioni di nebbia su neve o ghiacciaio può verificarsi la completa confusione cromatica di cielo e terra che provoca un totale disorientamento. Pericolosissimo in caso di presenza di crepacci. Conviene fermarsi e attendere un miglioramento. o La tormenta (o scaccia neve) è il sollevamento e il trasporto della neve da parte del vento: unisce tutti i caratteri negativi del vento, della bassa temperatura e della perdita di visibilità. LA PIOGGIA Di seguito alcune definizioni comuni riferite alla pioggia: Pioviggine: precipitazione con gocce d’acqua di diametro inferiore a 0.5 mm; Pioggia: precipitazione con gocce d’acqua di diametro superiore a 0.5 mm; Definizione di intensità pioggia: Intensità Debole Moderata Forte Molto forte mm/6h 0-5 5-15 15-30 >30 mm/12h 0-10 10-30 30-60 >60 mm/24h 0-15 15-45 45-90 >90 LE NUVOLE Nuvole, o più correttamente nubi, secondo il linguaggio meteorologico: “piccoli frammenti alla deriva nel cielo” o “imponenti torri di acqua liquida, alte fino a 13 km”. Le nubi sono prodotte dalla condensazione del vapore generato dall'evaporazione dell'acqua sulla superficie terrestre (contenuta nei mari, laghi, fiumi, ecc.) a causa del riscaldamento solare. Il fenomeno, per quanto complesso, si può riassumere come segue: a causa dell'irraggiamento solare la superficie terrestre si scalda e questa a sua volta scalda (per conduzione) l'aria a contatto con essa. Essendo l'aria calda più leggera, questa si solleva in una corrente ascensionale, portando con sé l'umidità contenuta (ovvero il vapore che in questo stato risulta invisibile). Salendo l'aria si espande e quindi si raffredda, raggiungendo il punto di saturazione del vapore, il quale a questo punto si trasforma in minuscole goccioline di acqua, che galleggiano nell'aria, formando per l'appunto le nubi. Se la temperatura è particolarmente bassa, queste si trasformano in microscopici cristalli di ghiaccio. Quindi, la formazione della nuvola avviene per condensazione del vapore contenuto dell’aria. Ciò avviene per i seguenti motivi: 1. quando l'aria arriva a contatto con una superficie fredda, come un fronte meteorologico ( caldo o freddo). In questo caso l'aria fredda, più densa, scorre sotto l'aria calda, con la conseguente formazione di ammassi nuvolosi. 2. quando viene raffreddata adiabaticamente, quando cioè l'aria, muovendosi verso l'alto, si espande e di conseguenza si raffredda. 3. quando l'aria soffia lungo il versante di una montagna e si raffredda progressivamente mentre sale verso gli strati più alti dell'atmosfera. L'acqua in una nube tipica può avere una massa fino a parecchi milioni di tonnellate. Comunque, il volume di una nube è anch'esso molto grande e la densità dell'aria relativamente calda che trattiene le goccioline d'acqua è più bassa di quelle sottostante, per cui l'aria scorre al di sotto di essa ed è capace di tenerla in sospensione. Le condizioni all'interno di una nube non sono comunque stabili: le goccioline (che hanno un raggio dell'ordine di 10 µm) si formano ed evaporano in continuazione. Le goccioline si formano principalmente quando una particella di pulviscolo agisce da nucleo di condensazione. Le goccioline possono formare precipitazioni solo quando diventano sufficientemente grandi e pesanti da cadere giù dalla nube. Questo può avvenire in due modi. Il principale, responsabile della maggior quantità delle precipitazioni alle medie latitudini, si chiama processo Bergeron-Findelsen, nel quale le goccioline d'acqua e cristalli di ghiaccio in una nube interagiscono per formare un rapido accrescimento del cristallo di ghiaccio: questi cristalli cadono dalla nube e possono sciogliersi mentre cadono. Il processo avviene nelle nubi che hanno una sommità con una temperatura inferiore a -15°C. Il secondo processo, detto di coalescenza, più comune nelle zone tropicali, avviene in nubi più calde ed è prodotta dalla collisione delle goccioline d'acqua più grandi con goccioline più piccole che vengono così inglobate. Il processo risulta efficace soprattutto quando la nube ha un'elevata densità. Finché le correnti d'aria nella nube e quelle che scorrono sotto riescono a mantenere in sospensione le goccioline, esse continueranno a ingrandirsi; raggiunta la sommità della nube, dove le correnti ascendenti divergono, le goccioline ricadono verso il basso a causa della forza di gravità e poi vengono nuovamente portate verso l'alto, creando continui saliscendi, che fanno ulteriormente incrementare le dimensioni delle goccioline. Quando esse raggiungono dimensioni di circa 200 µm, le correnti ascensionali non possono più sostenerle e quindi possono solo cadere: se la nube è molto alta e il numero di goccioline urtate è elevato, le goccoline possono raggiungere un diametro di 0,5-2 mm o anche di più e allora cadono direttamente come pioggia. Ma quanta acqua sta sospesa sopra la nostra testa in una nube? In ogni cm3 di nube ci sono circa 100 goccioline d’acqua del raggio di 0.01 mm, ognuna del minuscolo volume di 0.000004 mm3 d’acqua. In un modesto cumulo estivo del volume di 1 km3 ci sono dunque 400.000 litri d’acqua allo stato liquido, più o meno quanto il contenuto di una piscina olimpionica: tutta insieme pesa 400 tonnellate, ma ogni gocciolina è così leggera che bastano i moti dell’aria a tenerla in sospensione. • La classificazione delle nuvole Nel XIX secolo esisteva un metodo di classificazione più complesso e articolato dell'attuale che prevedeva nomi latini per le nubi e che sta alla base di quello odierno. Attualmente la classificazione prende in considerazione 2 caratteristiche principali: o il tipo (o forma); o l’altezza rispetto il suolo. Classificazione delle nubi per altitudine tipica (dal sito Wikipedia.com) Nella loro pressoché infinita varietà (di forme, trasparenza, altezza, ecc.) si possono individuare quattro tipi fondamentali di nubi, i cui nomi sono poi usati per una classificazione più precisa: • i cirri: che appaiono come filamenti lunghi e bianchi; sono costituiti da cristalli di ghiaccio che li rendono traslucidi, e grazie alla loro disposizione si può sapere la direzione del vento in quota; • i cumuli (o cumoli): che appaiono come grumi o globuli, isolati o a gruppi, di dimensioni e forme diversissime, bianchissimi ove colpiti dalla luce del sole, grigiastri ove all'ombra; sovrastano una corrente ascensionale; • gli strati: spesso di estensioni notevoli; • i nembi: la cui base appare grigia scura e che sono portatori di pioggia. Sulla base dei tipi fondamentali sopra visti, si conviene classificare le nubi secondo l'altezza della loro base dal suolo in tre gruppi e dieci tipi: • • • • Nubi alte: situate a quote superiori ai 8000 m (prefisso cirro-); Nubi medie: situate fra i 2000 e i 8000 m di quota (prefisso alto-); Nubi basse: situate sotto i 2000 m di quota (prefisso strato-); Nubi a sviluppo veticale (prefisso cumulo-). 1. Nuvole alte Formazioni nuvolose con base (nelle regioni temperate) tra gli 8000 ed i 14000 m, sono le nubi più fredde, composte essenzialmente da cristalli di ghiaccio che le rendono traslucide; dalla loro disposizione si può sapere la direzione del vento in quota (perpendicolarmente alle strisce, verso la direzione delle gobbe); sono caratterizzate del prefisso "cirro-". a) Cirri (Ci). Nubi isolate trasparenti, con aspetto filamentoso, disposte orizzontalmente a ciuffi, a striscie, a piume, a nastri. In meteorologia, il cirro è una nube del livello superiore della troposfera che appare come dei filamenti bianchi, formati da cristalli di ghiaccio. I cirri sono trasparenti a causa della grande dispersione di questi cristalli; pertanto la luce del sole attraversa i cirri senza praticamente essere attenuata. I cirri assumono una colorazione rosa o rosso immediatamente dopo il tramonto del sole, quanto essi risultano ancora irradiati ma le parti basse dell'atmosfera ormai non vengono più raggiunte dai raggi solari. L'apparizione dei cirri in un cielo blu annunciano generalmente l'arrivo di un fronte caldo accompagnato da pioggia o da neve, oppure la fine di un'attività temporalesca. Vari tipi di cirri (Ci): Cirrus Fibratus (Ci fib) Cirrus Uncinis (Ci unc) Cirrus Spissatus (Ci spi) Cirrus Castellanus (Ci cas) b) Cirrocumuli (Cc). Queste nuvole sono strati bianchi e sottili con una struttura che dà loro l'aspetto di pezzi di cotone o increspature senza ombre. Contengono goccioline d'acqua molto fredde. Il cirrocumulo è una nube piccola, simile all'altocumulo ma di dimensioni inferiori e senza ombra propria, la cui forma ricorda una pecorella. I cirrocumuli fanno parte delle nubi alte (6-7000 m d'altezza) e di solito compaiono in banchi. La loro presenza può indicare aria fredda e instabile in quota e, in determinati casi, è un antesignano del temporale o del rovescio, da dove il proverbio popolare cielo a pecorelle, acqua a catinelle. Vari tipi di Cirrocumulus (Cc) • Cirrocumulus stratiformis (Cc str) • Cirrocumulus lenticularis (Cc len) • Cirrocumulus floccus (Cc flo) • Cirrocumulus castellanus (Cc cas) cirrocumulus_stratiformis_undulatus c) Cirrocumulus Cirrostrati (Cs). Queste nuvole sono degli strati sottili, trasparenti e biancastri formati da cristalli di ghiaccio. Possono coprire totalmente o parzialmente il cielo e possono anche creare una specie di alone intorno al sole. Cirrostrati Cirrostrati Un cirrostrato è una nube della stessa natura del cirro ma formato da un velo continuo traslucido che copre totalmente o parzialmente il cielo. Il suo spessore è molto limitato e il suo colore è normalmente biancastro lattiginoso, lasciando talvolta intravedere una trama fibrosa. Nel caso in cui lo spessore sia ridotto ad un velo e la copertura si estenda a tutto il cielo visibile, il cirrostrato risulta veramente difficile da discernere, attenuando solamente il colore azzurro del cielo di giorno, o rendendo lattiginoso il cielo di notte; in questo caso si può anche parlare di velo. Il cirrostrato si colora di tinte cangianti che variano dal giallo al rosso, sia durante ed immediatamente prima dell'alba, sia durante ed immediatamente dopo il tramonto. Il cirrostrato è formato da cristalli di ghiaccio ad un'altitudine compresa tra 6.000 e 12.000 metri, ed è spesso accompagnato da altre altre nubi stratiformi quali gli altostrati a medie altitudini, ed i nembostrati e gli strati a basse altitudini. La formazione di un cirrostrato può avvenire per condensazione e successiva cristallizzazione di vapore proveniente dagli strati più bassi dell'atmosfera, oppure dalla progressiva estensione di cirri quali il Cirrus Fibratus; in tale caso la formazione del cirrostrato è dovuta all'avanzamento di un fronte. Nessun tipo di precipitazione è associato al cirrostrato. I cirrostrati si possono dividere in: o Cirrostratus fibratus radiatus o Cirrostratus fibratus undulatus o Cirrostratus lenticularis o Cirrostratus nebulosus Cirrostrato ondulato Cirrostrato stratiforme Cirrostrato Curioso cirrostrato Nuvole medie Formazioni nuvolose con base (nelle regioni temperate) tra i 2000 ed gli 8000 m. Sono essenzialmente composte da gocce d'acqua o da un miscuglio di gocce d'acqua e cristalli di ghiaccio. Sono caratterizzate dal prefisso "alto-". a) Altocumuli (Ac). Queste nuvole sembrano onde del mare con colori e ombre bianchi e grigie. Contengono soprattutto goccioline d'acqua o cristalli di ghiaccio. Grande distesa di grossi globuli disposti talora a fasci, che fanno ombra al sole. Altocumulo Altocumulus lenticularis Un altocumulo è una nube media che si presenta sotto forma di fiocchi globulari compatti che si estendono su vaste estensioni planari situate ad una altitudine che può variare tra i 3000 ed i 6000 metri. L'ampiezza di questo fenomeno nuvoloso può estendersi a tutto il cielo visibile oppure a grandi settori di questo, ben delineate e marcate rispetto ad un cielo sereno; in altri casi gli altocumuli si alternano ad altostrati, oppure a fenomeni nuvolosi di altitudine più elevata, quali cirrostrati o veli. Frequentemente l'altocumulo si presenta come una serie parallela di cilindri compatti, oppure di strisce di fiocchi allineati in ranghi di conformazione ondosa. Lo spessore dello strato nuvoloso è molto ridotto e regolare. Gli elementi individuali (fiocchi) che compongono gli altocumuli sono più grandi e scuri di quelli dei cirrocumuli ma più piccoli di quelli degli stratocumuli. La colorazione e la luminosità subiscono l'effetto delle ombre portate e quindi possono variare dal bianco al grigio durante il giorno, fino ad assumere le colorazioni più spettacolari durante l'alba o il tramonto, quando sono illuminate da sotto dalla luce radente del sole. L'altocumulo è composto da piccole gocce d'acqua o da cristalli di ghiaccio, formati da un'ascensione di una consistente massa calda e umida, il cui vapore si condensa in un'atmosfera instabile, a circa -25 gradi. La presenza di altocumuli può indicare l'approssimarsi di un fronte e di un cambiamento del tempo, anticipando l'arrivo di temporali. Un tipo particolare di altocumulo è l'altocumulo lenticolare, caratteristica di fenomeni di onda. I cristalli di ghiaccio al suo interno si formano e si disfano continuamente perché sono generati dal raffreddamento adiabatico dell'aria che sale verso la cresta dell'onda, e spariscono alla successiva discesa. Queste nubi hanno forma a lente e un profilo simile a quello di un'ala. l'altocumulo lenticolare l'altocumulo lenticolare Gli altocumuli si possono dividere in: o Altocumulus stratiformis (Ac str) o Altocumulus floccus (Ac flo) o Altocumulus lenticularis (Ac len) o Altocumulus castellanum (Ac cas) b) Altostrati (As). Queste nuvole formano un velo bluastro o grigiastro che copre il cielo parzialmente o totalmente. La luce del sole può essere vista attraverso queste nuvole ma non c'è un effetto di alone. L'altostrato è una nube media (3-4000 m d'altezza), di colore bianco opaco o traslucido, talvolta tendente all'azzurrognolo. Essa si forma quando una massa di aria calda ai livelli medi dell'atmosfera si scontra con una massa di aria fredda, molto spesso è un precursore di un fronte caldo in avvicinamento. L'altostrato tende a coprire uniformemente la volta celeste e puó dare origine a pioviggine, o anche trasformarsi in nembostrato e dare origine a pioggia. Occasionalmente l'altostrato è messaggero di temporali in avvicinamento. Cirrus e Altostratus_undulatus 3. Nuvole basse Formazioni nuvolose con base (nelle regioni temperate) sotto i 2000 m, sono essenzialmente composte da gocce d'acqua. Quando le nubi basse giungono in contatto col terreno si parla di nebbia. Sono caratterizzati dai prefissi e suffissi "nembo-" e "strato-". )a Stratocumuli (Sc). Queste nuvole sono grigie o di colore biancastro. La base di queste nuvole tende ad essere più tondeggiante che liscia. Possono essere formate da vecchi strati di nuvole o da cumuli che si sono estesi. La loro cima tende anche ad essere piatta. Larghe distese di nubi cumuliformi riunite da una comune base orizzontale Lo stratocumulo è una nube bassa e scura, moderatamente sviluppata verticalmente. Essa è un'altra nube da fronte caldo che precede le schiarite del settore caldo. Nonostante il loro inquietante aspetto producono solo pioggia leggera. Gli stratocumuli si possono dividere in: o Stratocumulus stratiformis (Sc str) o Stratocumulus lenticularis (Sc len) o Stratocumulus castellanum (sc cas) Stratocumulus-cylinders Strati (Sc). Queste nuvole sono grigie e stanno molto vicine alla superficie della terra. Di solito sembrano uno strato di lamiera ma qualche volta si trovano in chiazze. Raramente producono precipitazioni. )b )c Nembostrati (Ns). Questo è uno strato di nuvole molto scuro e grigio, che oscura la luce del sole, la classica nube da maltempo. E' compatto ed ha una continua caduta di precipitazioni. È simile allo strato ma è più spesso e origina precipitazioni e venti più forti. Segnala l'arrivo del fronte caldo e di precipitazioni persistenti, che possono anche durare per più giorni, prima dell'arrivo delle schiarite.Talvolta, sotto la base del nembostrato, a causa dei forti venti in quota e dell'umidità, si possono formare delle nubi piccole e sfrangiate, i pannus. Nuvole a sviluppo verticale Formazioni nuvolose verticali. Sono le nubi più turbolente e sovrastano le correnti ascensionali. Nelle loro forme più grandi (cumulonembi), possono raggiungere dimensioni enormi, coprendo intere regioni e portando violente precipitazioni e temporali. Questo tipi di nubi non sono classificate insieme alle altre per altezza perché hanno appunto un grande sviluppo verticale. Cumuli (Cu). Il cumulo è una nube a piccolo o medio sviluppo verticale, ha una base piatta e densa, si espande con moto ascendente, in cupole o a cavolfiore. Sono frequenti nelle ore pomeridiane dei mesi caldi. Dove il sole colpisce queste nuvole esse sono bianche e brillanti. La base tende ad essere di colore più scuro. Generalmente non producono precipitazioni. I cumuli si formano a causa delle correnti convettive create dalla radiazione solare e in genere sono indice, se poco sviluppate, di bel tempo stabile. Alcune volte, però, queste nubi si sviluppano molto in verticale formando i cumuli congesti che possono provocare rovesci anche forti e che sono lo stadio del cumulo prima della trasformazione a cumulonembo. Se le correnti ascensionali sono molto intense, alla sommità del cumulo congesto si può scorgere un piccolo cappuccio, denominato "pileus", indicatore di estrema instabilità atmosferica e precursore di intensi temporali. I cumuli, come tutte le nubi a sviluppo verticale, sono indice di aria instabile. Cumulus humilis Cumulus mediocris Gli cumuli si possono dividere in: o Cumulus humilis (Cu hum) o Cumulus mediocris (Cu med) o Cumulus congestus (Cu con) o Cumulus fractus (Cu fra) Cumulus congestus Il Cumulus humilis (Cu hum) è detto anche cumulo (nube) di bel tempo, perché porta giornate soleggiate e non è sintomo di significativi cambiamenti meteorologici. Si forma soprattutto durante le calde giornate estive, con la condensazione dell'aria calda, a quote relativamente basse, fra i 500 ed i 1000 metri raggiungendo raramente i 2000 metri. Tipicamente si forma al mattino per scomparire nelle ore serali. È indice di un modesto raffreddamento nella bassa atmosfera, tipico del bel tempo. Lo sviluppo verticale è piccolo perché al di sopra di esso la temperatura dell'atmosfera cala lentamente al salire di quota. Il cumulus humilis può essere accompagnato anche da altri tipi di nubi ma quando appare in una giornata con cielo chiaro ci si può aspettare bel tempo nelle ore successive. In condizioni di temperatura, umidità e stabilità dell'aria particolari si trasforma dapprima in cumulus congestus e poi in cumulonembo. Cumulus humilis (http://it.wikipedia.org/wiki/Cumulus_humilis) Il Cumulus mediocris (Cu med) rappresenta l'evoluzione del Cumulus humilis. Il Cumulus mediocris può formarsi solo con la convenzione a volte accentuata da una debole instabilità. Lunghezza e larghezza del cumulo sono pressocchè uguali. E' una nube tipica della tarda mattinata e del primo pomeriggio, non porta precipitazioni e se in situazioni di moderata instabilità può via via trasformarsi in Cumulus congestus iniziando a crescre in altezza. Il mediocris ha la base a 600 metri d'altezza. Cumulus mediocris(http://it.wikipedia.org/wiki/Cumulus_mediocris) Il Cumulus congestus (Cu con) è una nube a sviluppo verticale che rappresenta lo stadio evolutivo del cumulus mediocris. Essendo gonfiato da correnti ascendenti la nube raggiunge i 6000 metri d'altezza. Il cumulus congestus e più alto che largo e raramente si sviluppa con solo la convenzione, in quanto richiede una notevole instabilità. Il Cumulus congestus può trasformarsi in Cumulonimbus calvus solo se la convenzione è sufficentemente intensa o c'è una marcata instabilità. Il Cumulus congestus provoca forti rovesci ma non provoca elettrometeore (fulmini e lampi). In condizioni di particolare instabilità, forte umidità e alta temperatura, il cumulus congestus si trasforma in cumulonembo, o cumulus nimbus, la nube che origina i temporali. Cumulus congestus Cumuli-Nembi (Cb). Queste sono a sviluppo verticale ed è la più spettacolare e imponente tra le nubi. Vista a distanza si presenta grosso modo come una torre che dalla base piatta e relativamente non molto alta dal suolo (mediamente intorno ai 2000 mt alle nostre latitudini). Si erge per alcuni chilometri, sino ad arrivare al limite della troposfera, ovvero, alle nostre latitudini, intorno ai 12000 m (meno ai poli e di più all'equatore). Raggiunto tale limite, si espande orizzontalmente, dando luogo ad una sommità a forma di incudine, e non più verticalmente, in quanto a partire da quella quota l'aria comincia a diventare più calda mano a mano che si sale e, quindi, il vapore acqueo in essa presente non riesce più a condensarsi. La base del cumulonembo è scura, a volte quasi nera, con sfumature che possono andare dal verde al giallo soprattutto quando causa la formazione di grandine. Queste nuvole sono spesso associate a fulmini, tuoni e a volte grandine; possono anche produrre un tornado. Il cumulonembo è la nube tipica dei temporali, anche violenti, e si presenta prevalentemente nelle ore più calde dei mesi estivi in quanto la sua formazione necessita di una grande quantità di energia termica. All'interno del cumulo si hanno fenomeni meteorologici molto violenti, con correnti ascensionali di forte intensità (anche di 40m/s) ed analoghe correnti discendenti al loro esterno, nonché grossi accumuli di elettricità statica, che possono dare luogo ai fulmini. Allo scoppiare del temporale, nella zona interna si forma una fortissima discendenza, mentre nelle zone circostanti prosegue l'ascendenza, quindi si verifica un forte vento al suolo che spesso solleva visibilmente foglie e polvere nella zona circostante al fenomeno. Il cumulonembo calvus si eleva a forma di montagna o di "panna montata" e presenta contorni in genere lisci e ben delineati. Questo cumulonembo non ha raggiunto ancora il massimo stadio di sviluppo cioè il cumulonembo ad incudine <incus>, ad esso sono associati rovesci anche di forte intensità e manifestazioni temporalesche. I cumulonembi si formano se l'aria è calda, umida e instabile. Si distinguono numerose specie di cumulonembi: o Cumulonimbus calvus o Cumulonimbus capillatus o Cumulonimbus incus (ad incudine) Cumulonimbus calvus Cumulonimbus capillaris Cumulonimbus incus Cosa si può prevedere dall’osservazione delle nuvole? • I manuali di meteorologia propongono spesso come elemento predittivo dell'arrivo di un fronte l'osservazione di vari tipi di nubi in regolare sequenza (per esempio, un fronte caldo può essere preceduto di una decina d'ore da cirri uncini, cirrostrati , cirrocumuli, altostrati e cosi via). Non fidatevi, si tratta di una previsione molto incerta. • Cumuli al mattino, temporale vicino. Generalmente i cumuli si formano a partire dal primo pomeriggio, quando l'aria riscaldata dal soleggiamento sui versanti risale sotto forma di brezza o termiche. Se già poco dopo il sorgere del sole si individuano i primi cumuli, c'è un'elevata probabilità che l'atmosfera sia instabile e favorisca l'ulteriore crescita dei cumulonembi associati a temporali nelle ore successive. • Nubi lenticolari: se già dalla pianura si notano sui rilievi nubi lenticolari (forma affusolata, a pesce), ad alta quota si ha certamente vento di forte intensità. Attenzione agli itinerari esposti su vette e creste. Definizione di nuvolosità nei bollettini meteo Quelle che seguono sono terminologie relative sia alla copertura nuvolosa che ad alcuni tipi di nubi: sono spesso usate in meteorologia, ed è possibile incontrarle anche nei bollettini. • Irregolarmente (o parzialmente) nuvoloso: indica una copertura nuvolosa irregolare, ad esempio con cumuli lungo i rilievi ed ampi spazi di sereno altrove, e in ogni caso inferiore al 50%; • Variabile: è un termine che si cerca di evitare, ma al quale talvolta è necessario ricorrere per riferirsi a condizioni meteorologiche molto mutevoli, quando momenti soleggiati possono, in breve tempo e ripetutamente, alternarsi a condizioni di cielo molto nuvoloso o coperto. Nota: quando il cielo si mantiene tutto il giorno per circa la metà coperto da nubi e per circa la metà sereno, la giornata va correttamente archiviata come caratterizzata da tempo “nuvoloso” (vedi tabella sotto), e non “variabile”! • Nubi stratificate: nubi estese e con limitato sviluppo verticale, devono la loro formazione ad un sollevamento graduale dell’aria; • Nubi cumuliformi: tipiche della stagione estiva, si formano in seguito ad un innalzamento più o meno brusco dell’aria, quindi con velocità ascensionali abbastanza pronunciate; • Cumuli: nubi che sulle Alpi sono tipiche della stagione calda, tendono a formarsi specialmente sui rilievi. Nella nostra regione sono più frequenti nel settore sudorientale, più esposto alle correnti calde ed umide provenienti dalla Pianura Padana. A meno che non evolvano in cumulonembi, sono innocue ed anche chiamate “nubi del bel tempo”, in quanto spesso si formano al pomeriggio nelle belle e calde giornate estive in condizioni anticicloniche, per poi dissiparsi dopo il tramonto; • Cumulonembi (nubi a forte sviluppo verticale): nubi tipiche dei temporali. Fenomeno tipicamente estivo, possono raggiungere e superare i 10000 m di quota, e danno quasi sempre origine a violente piogge e rovesci, talvolta anche a grandine e colpi di vento, ma il loro ciclo vitale è generalmente breve (30 minuti – 1 ora); • Nubi orografiche: s’intendono quelle nuvole che devono la loro forma e la loro stessa esistenza alla presenza dei rilievi. Si formano, con atmosfera stabile, per l’interazione del vento in quota, che deve essere sostenuto, con i rilievi: ciò dà luogo ad una cosiddetta “onda orografica” che favorisce la formazione della nuvola, apparentemente ferma talvolta per ore nella stessa posizione. Per quel che riguarda la copertura nuvolosa, questa viene comunemente valutata immaginando di dividere il cielo in otto parti, secondo la seguente tabella: CIELO Sereno Quasi sereno Poco nuvoloso Nuvoloso Molto nuvoloso Coperto Velato COPERTURA (OTTAVI) 0 1 2 3-4–5 6–7 8 Nubi alte e sottili LE SITUAZIONI METEOROLOGICHE PIU FREQUENTI Diamo alcune definizioni che troviamo nei bollettini meteo: Subsidenza: lento movimento dell'aria dall'alto verso il basso, che provoca compressione, dissoluzione delle nubi e divergenza dei venti dal centro verso la periferia. Tipico fenomeno concomitante all’alta pressione. Ascendenza: lento movimento dell'aria dal basso verso l’alto, che provoca espansione, raffreddamento e formazione di nubi. Tipico fenomeno concomitante alla bassa pressione. Avvezione: lo spostamento in senso orizzontale di una massa d'aria. Convezione: lo spostamento verticale di una massa d'aria generalmente resa più leggera di quella circostante dal riscaldamento solare in prossimità del suolo. Anticiclone (o alta pressione): la pressione atmosferica è superiore a quella presente nella zona circostante. Impedisce il transito alle perturbazioni che scorrono sui suoi fianchi ed è una struttura ampia e lenta nei movimenti, che una volta instauratasi dura molti giorni. In un anticiclone le correnti si muovono attorno al massimo della pressione in senso orario nell'emisfero nord, in senso antiorario in quello sud. Tuttavia, non sempre l'alta pressione è garanzia di assoluto bel tempo: spesso il barometro tradisce ... dipende sia dai valori relativi circostanti, sia dalla struttura in quota. Tipicamente in Italia si hanno due tipi di anticiclone: • L'anticiclone caldo di origine subtropicale (Azzorre) è di tipo dinamico, cioè interessa tutta la struttura verticale dell'atmosfera, e per questo lo si ritrova sia sulle carte della pressione al suolo, sia in quota (500 hPa). In estate evita l'ingresso di grandi perturbazioni, assicura tempo sereno al mattino, ma non esclude la formazione di cumuli pomeridiani con nebbia sui versanti, a causa della risalita delle brezze di valle calde e umide. • L'anticiclone freddo continentale (Siberiano), è di tipo termico, cioè limitato ad una massa d'aria fredda e pesante che interessa solo gli strati più bassi dell'atmosfera (può quindi anche non rivelarsi in quota). Tipico della stagione invernale, con nebbia in pianura (mare di nubi) e cielo sereno con aria calma e secca in montagna. Ciclone (o depressione): la pressione atmosferica è più bassa rispetto alle aree circostanti, l'aria tende a sollevarsi, si espande, si raffredda, il vapore acqueo condensa e si formano le nubi. Il movimento vorticoso attorno al minimo depressionario (punto dove la pressione più bassa) avviene in senso antiorario nell'emisfero nord, orario nell'emisfero sud. Le perturbazioni hanno generalmente origine in un ciclone. La depressione permanente d'Islanda è la fucina di molti vortici depressionari che dal nord Atlantico si spostano generalmente verso Sud-Est, con le annesse perturbazioni che colpiscono anche l'arco alpino. Alcune depressioni si formano sul Mediterraneo e sono molto attive: tipica quella del Golfo di Genova che è causa di prolungato maltempo sulle Alpi e sull'Italia centrale. Le depressioni atlantiche e mediterranee, dopo aver interessato l'Italia, continuano a muoversi verso Sud-Est (Balcani e Grecia), dove si esauriscono. Nel caso in cui un anticiclone sbarri loro il cammino si bloccano sulla medesima area per più giorni, provocando precipitazioni di eccezionale durata che possono anche attivare fenomeni alluvionali o, se sotto forma di neve, situazioni favorevoli alla caduta di valanghe. Raramente si hanno depressioni che si muovono da Est verso Ovest. Nelle zone di alta pressione (A) il flusso d'aria è discendente (subsidenza), si ha compressione, riscaldamento e dissoluzione delle nubi. Nelle basse pressioni (B) le correnti tendono a salire (ascendenza), si ha espansione, raffreddamento e formazione di nubi. Ristagno barometrico: situazione con basso gradiente barico (poca differenza di pressione su grandi distanze). I venti sono deboli o assenti, salvo le brezze termiche giornaliere. Non ci sono perturbazioni organizzate, ma l'atmosfera è spesso instabile e favorevole alla formazione di temporali pomeridiani. In montagna si può contare su cielo sereno solo nelle prime ore del mattino, prima che inizi la formazione dei cumuli. Goccia fredda: si tratta di un nucleo di aria fredda (sempre in senso relativo, cioè più fredda di quella circostante) che si isola ad alta quota, e per questo non è riscontrabile dalle osservazioni e dalla carta meteo al suolo. In estate è causa di forti temporali, anche notturni, attivati dall'instabilità convettiva. Fronte caldo: l'aria calda scorre sopra quella fredda. Nubi estese e stratificate, piogge continue su vaste aree con intensità moderate, sequenza di annuvolamento piuttosto schematica: iniziano i cirri, seguiti da cirrostrati, cirrocumuli, altostrati, nembostrati e strati. I venti sono deboli o moderati. Un lento abbassamento della pressione preannuncia l'arrivo del fronte. Pericoli: precipitazioni di lunga durata, neve, scarsa visibilità. Facilmente prevedibile. Fronte freddo: l'aria fredda invade una zona occupata da aria più calda, s'incunea sotto questa e la solleva violentemente. Pochi segni premonitori. Manca la nuvolosità alta e sottile che precede il fronte caldo. Poco tempo di preannuncio. Fenomeni intensi, vento a raffiche, temporali e rovesci, forte variabilità spaziale. Il passaggio del fronte freddo è rapido, la pressione risale in fretta, la visibilità migliora rapidamente, ma spesso rimane instabilità con nuovi sviluppi cumuliformi. Pericoli: rovesci, grandine, fulmini, rapido abbassamento temperatura, con formazione di ghiaccio. La pressione si abbassa in fretta e contemporaneamente compaiono altocumuli, cumuli e cumulonembi. In presenza di un fronte freddo in montagna, è sempre prudente rientrare al più presto o cercare un riparo sicuro. Fronte occluso: fase di invecchiamento di una perturbazione. Permane una intensa nuvolosità ma le precipitazioni tendono ad esaurirsi. Le perturbazioni sono superfici di contatto (fronti) tra masse d'aria con diversa origine e diverse caratteristiche di temperatura e umidità. Stabilità e instabilità atmosferica: spesso si sente dire nei bollettini meteo che l'atmosfera è stabile o instabile. Questi termini hanno un preciso riferimento ai caratteri termodinamici del profilo verticale dell'atmosfera che possono consentire o meno l'ascesa dell'aria e il conseguente sviluppo di temporali. Si possono allora formare violenti temporali nel giro di poche ore anche in una giornata serena, senza che ci sia avvezione di nubi. La formazione di temporali dipende anche dalla umidità dell'aria. Uno dei motivi per i quali una bolla d'aria si mette in movimento verso l'alto, va ricercato nelle "termiche". Si tratta di ascendenze di masse d'aria che si riscaldano in modo diverso sulla superficie del terreno (per esempio l'aria sopra una pietraia assolata sarà molto più calda di quella sopra un bosco). Se la bolla contiene sufficiente umidità e sale fino al livello di condensazione, prende forma un cumulo, dapprima del tipo humilis, poi in ulteriore sviluppo se l'alimentazione d'aria calda dal suolo prosegue. Se non c'è sufficiente umidità il cumulo non si forma e ci si trova alle prese con una "termica secca o blu", che spesso si percepisce su un versante assolato come una improvvisa raffica di brezza seguita da calma. Per conoscere se l'atmosfera è stabile o instabile, serve il radiosondaggio, ovvero la misura di temperatura, pressione, umidità, velocità del vento, lungo un profilo verticale dell'atmosfera, spesso superiore a 20 km d'altitudine, effettuato da uno strumento trasportato da un pallone gonfiato con elio. Fulmini: scariche elettriche tra terreno e nube della durata di millesimi di secondo, con tensioni fino a 100 milioni di volt e intensità fino a 25000 ampère. Lungo il percorso della scarica l'aria viene riscaldata fino a 30000 °C e l'immediata espansione che ne consegue crea il tuono. In montagna, chi non è al riparo durante un temporale, prova forte disagio psicologico per il timore di essere colpito: i fulmini rappresentano quasi sempre un pericolo mortale. Se la corrente non provoca arresto cardiaco, si possono avere comunque perdite di coscienza, paralisi, gravi ustioni, lesioni del timpano e della cornea. Alla vista di un cumulonembo temporalesco, evitare tutti i luoghi culminanti (vette, creste) o in prossimità di alberi isolati o tralicci. Si scelgano come ripari fitti boschi, grotte, depressioni nel terreno, ma senza appoggiarsi a pareti rocciose, specie se umide. Baite o altri edifici: rifugiarsi solo in centro a un locale e mai sulla soglia delle aperture. Depositare tutti gli oggetti metallici (piccozza, ramponi, bastoncini) a qualche metro di distanza, mettersi in posizione accosciata (non seduti o sdraiati) con i piedi uniti (la distanza dei piedi aumenta il pericolo in quanto il gradiente del potenziale elettrico sul suolo in vicinanza della scarica è elevatissimo). Allo stesso modo, non appoggiare le mani su rocce o altri oggetti né tenersi per mano. Bisogna evitare che la corrente passi attraverso il corpo reso conduttore. In generale è opportuno rimanere in posizione "a palla". Un bivacco metallico offre un buon riparo se il pavimento è asciutto. A valle, chiudersi in auto assicura un'eccellente protezione.