Il dialogo costante tra melodia e densità armonica raggiunge il culmine nella seconda parte del brano che contrappone, alla robusta ritmicità del gesto percussivo, «un clima espressivo» più intimo dove le ampie arcate e il portamento della linea melodica enfatizzano, questa volta, la dimensione timbrica del violoncello che, nelle parole di Berio, «è uno dei pochi strumenti ad essere stati attraversati tanto profondamente e lungamente dalla storia della musica».4 La tecnica dello strumento, la ricerca di ‘nuovi linguaggi’ e la dimensione didattica strettamente connessa all’esperienza violinistica ritornano come motivi conduttori anche nella composizione dei 34 Duetti per due violini, scritti da Berio tra il 1979 e il 1983. L’occasione per questa collezione di ‘aforismi musicali’ si delinea nel clima amichevole di una serata che il compositore passa in compagnia del musicologo Lorenzo Pinzauti e del violinista Chiarappa: i tre discutono della Scuola musicale di Fiesole – dove Pinzauti nel 1979 lavorava come insegnante di violino – e soprattutto della difficoltà di tanti giovani musicisti ad entrare in contatto con i ‘nuovi linguaggi’ della musica e soprattutto a ‘sopportare’ sfiancanti ore studio sullo strumento:5 132 Con Berio parlai perciò della mia nuova esperienza di insegnante di violino e in particolare di certe astuzie didattiche dei violinisti del Settecento che, consapevoli di quanto sia poco gratificante, specialmente all’inizio, lo studio di uno strumento ad arco, ricorrevano nei loro Metodi all’espediente di scrivere gli esercizi, da quelli sulle corde a vuoto per i principianti fino ai più complessi nelle posizioni alte, su due righi: uno per l’allievo e l’altro per il maestro che suona pari passo con lui qualcosa di musicalmente più compiuto, dandogli così l’illusione che anche la scala più faticosa e prevedibile possa trasformarsi in un pezzo di musica. Questo orientamento settecentesco aveva trovato naturale continuazione nei duetti di Béla Bartók, ultimo compositore a scrivere, con intenti pedagogici, una serie di brevissimi capolavori nei quali il discorso musicale coniugasse perfettamente la progressiva difficoltà tecnica alla sostanziale dissoluzione del linguaggio tonale. La provocazione di Pinzauti è colta immediatamente da Berio che, la notte stessa di quel 10 novembre 1979, incomincia a scrivere i ‘suoi’ Duetti per due violini intitolandone il primo proprio con il nome del maestro ungherese. La curiosità didattica e la freschezza dell’idea compositiva rimangono legate alle circostanze ‘familiari’ che videro la nascita di questi pezzi. 4 Luciano Berio, Sequenza XIV, nota dell’autore, ora in http://www.lucianoberio.org/ node/1490?361915791=1. 5 Lorenzo Pinzauti, I “Duetti” per due violini, in Sequenze per Luciano Berio, a cura di Enzo Restagno, Milano, Ricordi BMG 2000, pp. 210-211.