Monografia – PROGETTO PILOTA DI MUSICOTERAPIA A VICENZA

Centro Musicoterapia Benenzon Italia
Torino
2004 - 2006
CORSO DI FORMAZIONE IN
“MUSICOTERAPIA DIDATTICA”
- Modello Benenzon -
MONOGRAFIA
“Progetto Pilota di
Musicoterapia in Conservatorio:
un’esperienza con bambini disabili ”
Laura Vasta
Sandra Foschiatto
“La mera esistenza della musica è stupenda…miracolosa.
Il suo dominio è tra il pensiero ed i fenomeni.
Come mediatore crepuscolare, essa si libra tra spirito e materia, relazionata da entrambi,
eppure differente da ognuno di essi..
E’ spirito, ma è spirito soggetto alle misure del tempo.
E’ materia, ma è materia che può fare a meno dello spazio.”
(Heinriche Heine)
Introduzione: accenni sulla musicoterapia
S
in dalle origini della civiltà, sciamani, sacerdoti e musicisti del mondo antico
conferivano al suono un potere magico nei riti di guarigione e riconoscevano alla musica la capacità
di restituire all'uomo la sua "purezza sonora originaria" risplendente e luminosa.
Dai primi metodi empirici sviluppatesi nei secoli sono stati elaborati in seguito modelli di
trattamento testati attraverso criteri di ricerca scientifica, attribuendo così sempre più alla
musicoterapia valore scientifico e non più “magico”.
L’utilizzo del suono e della Musica a fini non solo estetici, ludici o ricreativi ma riabilitativi e
terapeutici, ha la facoltà di migliorare l'espressività, le capacità comunicative e relazionali; apre
nuovi sistemi di comunicazione, favorendo percorsi riabilitativi, incrementando processi cognitivi e
di crescita, migliorando la qualità della vita.
La Musica è un linguaggio non verbale ed una forma di comunicazione immediata, istintiva
e subliminale.
Ultimamente l'interesse si è indirizzato sempre più all'utilizzo della musicoterapia come
tecnica relazionale utilizzata non solamente nelle patologie, ma anche come modalità comunicativa
applicabile sia in situazioni di disagio sociale, sia nella "normalità, rivestendo così un ruolo
importante anche a livello di prevenzione primaria.
La musicoterapia si rivolge a tutti indistintamente: proprio come modalità di trattamento
non verbale agisce positivamente su ogni tipo di personalità, soprattutto ove siano presenti
disarmonie dell'individuo nell'espressività, nel linguaggio, sia gestuale che verbale, o nell’attività
psico-fisica. Lo stimolo sonoro, in particolare se associato a movimento del corpo e gestualità, ed il
carattere stesso vibratorio della musica, influiscono direttamente la psiche ed il corpo qualsiasi sia
il livello di ricezione conscia o la situazione anche patologica del soggetto: come tale stimola i
sensi, suscita sensazioni ed emozioni ed infonde energie vitali nel corpo e nella mente contribuendo
a destare, aumentare ed espandere la consapevolezza di sé, degli altri e dell’ambiente e restituendo
all’individuo un senso di completezza.
"Comprendere l'immediatezza dell'effetto multisensoriale della Musica sull'organismo è
capire il significato essenziale e la bellezza di questo metodo di trattamento" (Alvin)
“La musicoterapia è un'attività che tende a normalizzare, socializzare ed umanizzare: in una
parola, la musicoterapia è VITA.” (Boxill)
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“La musica esprime ciò che non può essere detto
e su cui è impossibile rimanere in silenzio”
(Victor Hugo)
Come è nato questo Progetto
Nel maggio del 2005 ho assistito a dei saggi di alcuni corsi del Conservatorio “A. Pedrollo”
di Vicenza.
Sfogliando il programma dei vari saggi mi ha colpito molto vedere che esistevano corsi
particolari ed unici, come per esempio quello di canto indiano, così diversi da quelli accademici di
un tempo.
Ho pensato allora che il Direttore del Conservatorio doveva essere una persona molto
aperta ed interessata alle innovazioni e questa considerazione ha risvegliato un desiderio che da
qualche tempo si affacciava nei miei pensieri: portare la musicoterapia in Conservatorio e più
precisamente, in un più ampio obiettivo di integrazione, riuscire a far cantare e suonare nella
struttura musicale accademica per eccellenza, anche bambini con problemi o handicap.
Tempo addietro quest’idea mi era sembrata troppo ambiziosa e lontana ma dopo aver fatto
il terzo livello del corso di Musicoterapia Didattica, lo scorso giugno, il mio entusiasmo è stato tale
da stimolarmi ancora di più alla realizzazione di questo progetto.
Fasi preliminari
Verso la fine di luglio finalmente siamo riuscite ad incontrare il Direttore del Conservatorio
di Vicenza, per presentargli il nostro progetto.
L’eccitazione e la tensione erano altissime.
Il colloquio è stato costruttivo ma il Direttore pensava che noi offrissimo un progetto di
formazione, non di applicazione: inserire la Musicoterapia all’interno delle attività del
Conservatorio era una della sue priorità ma avrebbe voluto dare la precedenza ad un corso di
formazione.
In particolare ci è parso in difficoltà quando noi abbiamo specificato che quel progetto era
rivolto a bambini con handicap: ci ha spiegato che, per statuto, il Conservatorio non può occuparsi
di terapia e riabilitazione e quindi sarebbe stato eventualmente necessario il supporto di un Ente
preposto.
Pertanto abbiamo cercato altri contatti fino a trovare l’assessore ai Servizi Sociali di un
Comune in provincia molto interessato al progetto: questi ha coinvolto altri tre Comuni della zona,
scuole e l’ Ulss ed ha organizzato la prima riunione con tutti i responsabili e dirigenti dei vari enti
interessati per l’approvazione del Progetto e dei fondi da destinare.
Il Progetto è stato accolto da tutti con molto interesse ed è stato approvato all’unanimità.
I tre Comuni coinvolti si sono occupati dell’organizzazione del servizio di trasporto che
avrebbe portato i bambini in Conservatorio, mentre la coordinatrice dell’Istituto Comprensivo delle
scuole coinvolte e gli insegnanti hanno individuato i soggetti che avrebbero beneficiato di ciò che
offriva il nostro Progetto: un gruppo di sei bambini, con certificato rilasciato dall’Ulss con diagnosi
di iper-attività (DDAI) e qualcuno con leggero ritardo mentale.
E’ stato inoltre stabilito che un insegnante di sostegno accompagnasse i bambini e
partecipasse alle sedute.
Il 19 gennaio è stata fatta una riunione con genitori ed insegnanti in cui Sandra ed io
abbiamo illustrato il progetto nei suoi contenuti ed obiettivi.
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Abbiamo chiarito cos’è la Musicoterapia, o meglio perché la musica può “curare”,
spiegando che la musica costituisce una risorsa terapeutica, oltre che educativa, di inestimabile
valore, grazie alla sua straordinaria capacità di penetrazione dell’essere umano.
Ogni individuo ha un’attitudine innata per la musica e questa costituisce un canale di
comunicazione universale al punto che nel cervello umano esistono zone specifiche dove viene
registrata l’esperienza musicale: esiste un atteggiamento di disponibilità del paziente, di fronte ad
una proposta terapeutica musicale adeguata, che può favorire l’apertura allo stimolo sonoro e
lasciare che la musica eserciti la sua influenza positiva sull’individuo senza che questi se ne renda
effettivamente conto, dando energia per potenziare ed armonizzare la persona e attivando, in
primis il sentimento, l’emozione.
In particolare per il bambino, la musica è un “oggetto attraente che seduce”, perché gli
rievoca affettivamente la prima infanzia, se non addirittura l’ambiente amniotico, in cui genitori ed
ambiente familiare gliel’hanno proposta per la prima volta.
Ma la musica oltre a evocare sentimenti, li crea, dando origine ad una rete di sensazioni ed
emozioni che si mettono in collegamento l’una con l’altra.
È una formidabile forma di linguaggio non-verbale che stimola e canalizza espressività e
creatività.
La metodologia scientifica d’intervento a cui abbiamo spiegato di far riferimento è quella
del “Modello Benenzon”, per la sollecitazione in ambito emozionale - fisico e per la stimolazione
all’espressività e creatività individuale, attraverso lo sviluppo della propria individualità e della
capacità relazionale.
Il principio che caratterizza il modello Benenzon è il concetto di ISO (Identità Sonora) che
si struttura in ogni essere umano seguendo una legge ben precisa ma che dal punto di vista
energetico è diversa tra un essere umano e l’altro; esso rappresenta l’insieme delle energie che
caratterizzano l’individuo partendo dalle esperienza sonore intrauterine nel periodo della
gestazione e da quelle fatte dalla nascita fino al presente, caratterizzando ogni tipo di relazione ed
interazione.
Pertanto abbiamo sottolineato che avremmo prediletto il linguaggio non-verbale e stimolato
la vocalità e l’uso della voce cantata: il canto e i vocalizzi o le sperimentazioni vocali, persino al
livello più elementare, mobilizzano l’energia e la focalizzano in modo da creare un sentimento di
piena consapevolezza di sé e del momento presente, sia negli individui che nel gruppo, offrendo
ulteriore alternativa di comunicazione ed un’esperienza profondamente liberatoria.
Il canto precede il linguaggio strutturato, ci accompagna sin dai primi suoni da neonati.
Diventa filastrocca, compagno di giochi, fratello del movimento.
Il canto alleggerisce dal peso delle parole, trasformandole in suoni più significativi, più
diretti. Ha il potere di calmare la paura e l’ansietà. Canta il quotidiano.
Conferisce struttura alla personalità offrendo nuovi punti di riferimento; riporta l’individuo
al presente pur annullando nel contempo il senso del tempo e dello spazio, proiettandolo in
un’emozione profonda e conducendolo a diversi stati di coscienza.
E’ il prezioso ausiliario del ricordo, perché spesso ad una canzone si associa un evento
importante della vita.
Il canto inoltre stabilisce il dialogo; lo ristabilisce nell’individuo afasico, chiuso, ripiegato in
se stesso.
Stimola l’energia radicando l’individuo alla Terra e collegandolo al Cielo: sia io che Sandra,
essendo cantanti, siamo testimoni in prima persona dello straordinario potere di guarigione del
canto.
Altro punto fondamentale che abbiamo spiegato ai genitori è che la musica per le sue
caratteristiche, influisce sulla persona attivando o neutralizzando certi comportamenti.
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La Musica che “cura”, pertanto, è quella che va incontro ai bisogni o alle carenze della
persona, che si armonizza con il suo modo di essere, che è capace di sollecitarla e farla progredire.
In questa riunione abbiamo consegnato le schede dell’ “anamnesi sonoro-musicale”
spiegando ai genitori come compilarle, e le schede sulla privacy, per l’autorizzazione a fare foto e
video, che i genitori hanno firmato senza difficoltà.
Qualche giorno dopo abbiamo incontrato anche i singoli genitori per una conoscenza
reciproca più diretta ed approfondita.
Nell’ultima riunione, svoltasi in Conservatorio il 2 Febbraio, erano presenti tutti i
rappresentanti degli enti coinvolti alla realizzazione del Progetto: la Responsabile della Sezione
disabili dell’Ulss, l’Assessore ai Servizi Sociali, la Coordinatrice dell’Istituto Comprensivo delle
Scuole, un rappresentante degli insegnanti di sostegno ed il Direttore del Conservatorio con la sua
segretaria, per stabilire il calendario delle 14 sedute in programma e l’assegnazione del locale
adatto: l’ ex-palestra, ora adibita a sala prove e concerti, quindi un ambiente piuttosto grande,
molto luminoso, col pavimento in legno, ottima acustica (grazie alle apposite modifiche apportate)
e grossi tendaggi blu lungo tre lati.
Inoltre il Direttore ci ha messo a disposizione un armadio dove poter riporre lo
strumentario ed un impianto stereo.
Finalmente il 13 febbraio abbiamo iniziato.
Laura Vasta
“Sono cresciuta con il canto fin da bambina giocando con i suoni che spontaneamente
uscivano dalla mia bocca.
Ho sempre percepito una grandissima libertà d'espressione che compensava i limiti del mio
linguaggio verbale: infatti, se da una parte avevo paura di esprimermi, cantando tutto mi era molto
più facile ed istintivo.
Crescendo, la voce mi ha aiutato ad avere un contatto sempre più profondo con me stessa,
con le mie emozioni, scavando in profondità e nello stesso tempo lenendo le mie sofferenze.
Ho percepito la sua straordinaria forza di scuotere gli animi più chiusi, far piangere i cuori
più aridi e donare un attimo di serenità.
E' una parte di me sempre più viva, vibrante..è il mio universo.”
Sandra Foschiatto
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“La musica è la stenografia dell’emozione.
Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà
sono direttamente trasmesse…nella musica,
ed in questo sta il suo potere
ed il suo significato”
(Lev Tostoj)
Presentazione dei casi: le schede dell’anamnesi sonoro-musicale
COSTANTINO
La sua scheda è stata compilata dalla madre adottiva; età 11 anni; iperattivo.
Nato a Bucarest (Romania) è stato adottato e portato in Italia all’età di un anno.
Ai genitori adottivi piace la musica classica, pop e leggera.
La madre scrive che durante i primi mesi di vita il bambino ha vissuto in uno stato di abbandono ed
assenza di qualsiasi stimolo e guida, persino per la sviluppo della prima motricità: infatti il
bambino nonostante avesse un anno ancora non era in grado di camminare.
Appena adottato la mamma gli cantava ninne-nanna cullandolo.
Radio e televisione sono stati il suo nuovo ambiente sonoro.
La madre non ama il rumore, in particolare quello della televisione a volume troppo alto, al
contrario di Costantino, che ascolta anche la musica a volume alto.
I genitori non suonano alcuno strumento e non conoscono la musica ma durante i ritrovi familiari
spesso si divertono a cantare e suonare il pianoforte e la chitarra.
Costantino va d’accordo con la sorella perché entrambi amano la musica moderna.
Il bambino è dotato di uno spiccato senso ritmico e musicale, suona il pianoforte a orecchio, canta
molto ed è molto intonato. Spesso intona motivetti con ritmo e carattere molto allegro e di sapore
folkloristico.
NICOLAS
Scheda compilata dalla madre; età 11 anni ; iperattivo.
Italiano (veneto). Ai genitori piace la musica pop, rep, classica, rock.
La madre ricorda la stanchezza e lo stress da lavoro in stireria, durante la gravidanza e riferisce che
ascoltava musica classica per rilassarsi.
Il bambino veniva cullato in carrozzina (probabilmente per i frequenti dolori alla schiena della
mamma), aveva un carillon con le api rotanti e la mamma spesso le raccontava filastrocche al
momento della nanna.
L’ambiente sonoro dell’infanzia è stato caratterizzato dal disturbo dei vicini, con musica a volume
molto alto e “rumore dell’aspirapolvere sempre acceso”.
Nicolas non appare infastidito dai suoni generalmente sgradevoli e mal tollerati dai genitori.
Anche l’ambiente sonoro quotidiano è caratterizzato da suoni fastidiosi: la madre scrive di rumori
di scavatori, camion, sirene di ambulanze, auto che frenano bruscamente e rumori notturni
provenienti dalla strada e dai vicini.
La madre riferisce inoltre che per Nicolas è molto sgradito il pianto di un bambino.
Gli piace particolarmente la canzone di Bovia “ I bambini fanno oh”.
I genitori non suonano nessun strumento e non conoscono la musica.
VALENTINA
Scheda compilata dalla madre; età 11 anni ; iperattiva.
E’ italiana (veneta). Frequenta un corso di ballo latino-americano, ama molto i suoni forti.
E’ particolarmente timida ed ha atteggiamenti di totale rifiuto di parlare o rispondere, anche per
dire il proprio nome.
Ai genitori piace qualsiasi musica, “tranne la lirica” (specifica la madre).
Ricordi sonori della gravidanza: la madre ascoltava molta musica perché la rilassava; ricorda il
battito del cuore attraverso il tracciato e i lamenti delle donne che stavano male, nelle stanze
dell’ospedale vicine alla sua.
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Ricordi sonori della nascita e dei primi giorni di vita: il pianto, il sorriso il suono di un gioco, il
canto di una ninna-nanna i primi passi.
La bambina veniva cullata, coccolata , abbracciata e la mamma le cantava tante canzoni.
Ambienti sonori dell’infanzia: suoni della Natura (cicale, uccellini, ruscello… per i primi tre anni
vissuti in una casa in campagna).
Come “suoni in casa” sono riportati il camminare, lo sbattere le pentole sul fornello l’acqua del
rubinetto, ma anche il cantare, ballare e saltare.
Rumori notturni: a volte i cani che abbaiano e le automobili.
In generale i rumori sgraditi sono i frastuoni e quelli graditi la musica preferita.
I genitori non hanno studiato musica, solo il flauto a scuola.
MATTIA
Scheda compilata dalla madre; età 11 anni; iperattivo; ha difficoltà nella motricità fine.
E’ italiano (veneto). Ascolta la musica di Era e a scuola ama la Storia.
Ai genitori piace la musica ed il bambino ascolta in prevalenza la radio.
La madre non ha dei ricordi sonori particolari, del periodo della gravidanza, ricorda solo il carillon,
dopo la nascita del bambino, ninna-nanne e canzoncine inventate al momento.
Ambiente sonoro dell’infanzia: suoni normali di una casa e la radio.
Ai genitori non piacciono i suoni forti e le grida, anche se volte le usano per far zittire i ragazzi che
giocano rumorosamente.
La madre riferisce che Mattia non è molto attratto dalla musica e che, in particolare, il suono del
carillon gli suscita una reazione di panico e pianto angosciato.
Suoni tipici in casa: i rumori tipici di una casa con elettrodomestici i giochi chiassosi di tre bambini
un gatto e un cane e le sgridate della madre per farli star calmi.
Come rumori sgraditi sono indicati quelli dei bambini che giocano urlando.
La madre ascolta la radio a volume basso; non conosce la musica ma canta nel coro parrocchiale.
Mattia aveva tentato verso i 7/8 anni di avvicinarsi allo studio della tastiera ma avendo difficoltà
nella motricità fine ha dovuto rinunciare.
BEATRICE
Scheda compilata dal padre; età 11 anni; è nata prematura ed è stata a lungo in incubatrice;
iperattiva ; ha problemi di concentrazione; le piacciono le canzoni di Cristina d’Avena.
E’ italiana (veneta). Ai genitori piace la musica, in particolar modo quella moderna.
Ricordi sonori in gravidanza: suono delle campane.
Ricordi sonori della nascita nei primi giorni di vita: carillon.
Movimenti fatti e ninna-nanne cantate dalla madre: Beatrice veniva tenuta in braccio o nel
marsupio.
Ambiente sonoro dell’infanzia:canzoni per bambini, i rumori domestici, campane.
Suoni tipici in casa: abbaiare del cagnolino, televisione, grida.
Non sono stati riferiti rumori notturni, mentre i rumori particolarmente sgraditi sono i latrati dei
cani o in genere i rumori forti.
I genitori non hanno studiato musica e non suonano nessun strumento.
IBRAHIMA
La sua scheda è stata compilata dal padre ma i genitori non sono venuti a nessuno degli incontri
svolti nella fase preliminare.
E’ africano, originario della Repubblica di Guinea.
Ai genitori piace la musica in generale, infatti il bambino ha sempre ascoltato musica fin da piccolo;
ascoltano musica e cantano nei momenti di preghiera.
Per quanto riguarda i ricordi sonori della gravidanza, nascita e primi giorni di vita, la mamma ha
riportato il ricordo delle ninne-nanne africane.
La reazione di Ibrahima verso i suoni è quella di ballare e saltare; ama molto Michael Jackson; per
lui i rumori sgraditi sono i bambini dei vicini che urlano.
I genitori non suonano alcun strumento, solo lo zio di Ibrahima suona la musica del suo paese, con
djembè e chitarra.
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“La musica è la voce che ci dice che la razza umana
è più grande di quanto lei stessa sappia.”
(Marion C. Garretty)
Le prime nove sedute e la supervisione
Prima seduta
Abbiamo accolto i ragazzi con la canzone dello Zecchino d’Oro “Sette note”, usata anche
nelle sedute successive.
Gli strumenti erano disposti tutti al centro della stanza, attorniati da un materassino
piegato per ogni bambino. (foto 1)
La musicoterapeuta ha dato la prima consegna, “non-verbale, semidirettiva”, indicando con
le mani tutti gli strumenti, in segno di invito al prenderli e provarli.
I bambini si sono dimostrati molto attratti ed incuriositi dagli strumenti e dopo il primo
minuto di sperimentazione è comparso già il ritmo binario, seguito da un altro momento di
sperimentazione e produzione sonora aleatoria.
I ragazzi si sono subito rivelati piuttosto aggressivi nell’atteggiamento, usando gli strumenti
anche con violenza, infatti abbiamo deciso di togliere alcuni strumenti per il rischio che si facessero
male o che venissero rotti (grancassa argentina, bastoncino con conchiglie, tubo per il vento…)
Dopo circa 10 minuti si sono formati due gruppi: da una parte gli strumenti a frequenza alta
(flauti, cimbali ecc…) dall’altra Ibrahima con le percussioni (che aveva scelto sin dall’inizio).
Verso la fine di questa prima seduta abbiamo notato i primi atteggiamenti di conflittualità
tra Nicolas e Mattia: Mattia vorrebbe avvicinarsi a Nicolas ma questi lo rifiuta.
In generale è apparso evidente il bisogno di questi bambini di muovere il corpo e così dalla
seconda sessione abbiamo deciso di aprire le sedute con libera espressione corporea, utilizzando
musiche piuttosto ritmate, “musiche-fuoco” e “musiche-terra”, per accendere stimolare ed ispirare
al movimento e sostenerlo; a tale scopo abbiamo usato sia brani di musica classica, sia musiche del
musicologo-musicoterapeuta Fortini, sia musica etnica-folcloristica.
Pertanto abbiamo aperto la seconda seduta proponendo di danzare attorno al “fuoco” (il
setting) come una tribù di uomini primitivi, aggiungendo anche il suono “HU” con la voce; per
questo momento abbiamo utilizzato il brano di musica classica“Marte”, da”I Pianeti” di Holst.
(foto 2).
Prima dell’inizio della sessione la coterapeuta, accogliendo i ragazzi, ha rammentato loro
gentilmente che gli strumenti dovevano essere maneggiati con cura e suonati in modo appropriato.
La formazione circolare, come pure i giochi di girotondo dei bambini, permettono al gruppo
di sentirsi di più sicuro e protetto, oltre a favorire il fenomeno di aggregazione. (foto 3)
I bambini hanno accolto la consegna, anche se dopo qualche minuto si è verificata una
situazione un po’ caotica in quanto correvano e si aggredivano fra loro.
Da questa seduta in poi il setting era composto generalmente da 28 strumenti e 9 battenti:
- 3 djembè di diverse misure, piccolo, medio e grande
- 1 bonghetto
- 1 tamburello
- 1 xilofono di legno grande
- 1 metallofono piccolo
- 1 triangolo
- 1 cimbalo
- 3 flauti
- 1 kazoo
- 1 fischietto a 4 toni
- 1 armonica a bocca
- 4 maracas di diverse forme (due ovetti, una banana, un ananas)
- 2 sonagli a caviglia
- 4 bastoncini di legno
- 1 bastone della pioggia piccolo
- 1 “onda etnica”
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Come seconda fase abbiamo proposto un dialogo sonoro a coppie, accolto con interesse e
partecipazione da tutti, anche da parte dagli altri bambini che a turno facevano da “osservatori”,
seppur con qualche difficoltà a stare fermi e mantenere il silenzio.
Le terapeute, per le prime sedute, hanno cercato di mantenere il linguaggio non verbale ed
un atteggiamento di “partecipazione-osservazione”.
Per la terza seduta, a causa di lavori in corso, abbiamo dovuto spostarci in un’altra aula,
molto più piccola della palestra; abbiamo dovuto accostare tutti i banchi alle pareti e lo spazio a
disposizione era piuttosto ristretto.
Il fatto di sentire suoni esterni e quindi il timore di arrecare disturbo alle aule confinati, ha
creato in Laura, musicoterapeuta, preoccupazione e ansia: la seduta ha risentito forse di una
limitazione della libera espressività, anche se tutti i ragazzini hanno dimostrato partecipazione.
L’uso del linguaggio non verbale, non è stato sempre accolto dai ragazzi, che hanno trovato
molte resistenze nel riuscire a rispettarlo.
Durante la terza sessione è apparso più evidente l’atteggiamento provocatorio di Mattia
verso Nicolas: gli batteva insistentemente prima le mani poi il cimbalo sopra la testa, finché Nicolas
ha reagito e si sono aggrediti.
Abbiamo proposto ai bambini di suonare individualmente a turno uno strumento prescelto,
e in questo momento abbiamo potuto notare la difficoltà di Valentina di esprimersi da sola, sia con
lo strumento sia con la voce.
Valentina comunica volentieri solo Beatrice, che risponde per lei: tra le due bambine
sembra ci sia un rapporto di simbiosi, sono sempre insieme e fanno le stesse cose, usano gli stessi
strumenti, producono formule ritmiche molto simili.
Lo strumento che suonano più di frequente è il tamburello, in particolare abbiamo notato,
nella produzione sonora di Valentina in questa sessione, l’insistenza della stessa formula ritmica
molto regolare (1 quarto,1 quarto, 2 ottavi, 1 quarto) per cinque minuti.
In questa seduta Mattia ci è sembrato più caotico e scoordinato ritmicamente e fisicamente,
in difficoltà nella manipolazione degli strumenti, in particolare dei bastoncini delle percussioni, che
non ha voluto suonare con le mani.
Questi momenti di dialogo sonoro ci sono stati molto utili per osservare sia la capacità di
comunicazione attraverso gli strumenti , sia il senso ritmico di ognuno.
Alla fine di questa seduta abbiamo distribuito ai bambini il testo della canzone, che nelle
prime sessioni avevamo usato come apertura, da cantare tutti insieme come saluto; anche questa
consegna è stata accettata con partecipazione.
Anche nella quarta seduta ci sono stati dei cambiamenti: un'altra sala (la sala concerti) ed
il nuovo insegnante di sostegno (quello di Mattia).
Dopo la prima fase di movimento corporeo su musiche di Fortini, abbiamo dato la consegna
verbale ad Ibrahima di intonare un ritmo con il djembè, che tutti gli altri avrebbero poi seguito con
lo strumento prescelto: sia Ibrahima sia poi tutto il gruppo ha accolto con molta partecipazione
questa consegna. Inizialmente il gruppo ha seguito il ritmo battendo le mani, poi Costantino ha
proposto un motivetto con la voce (vocali “A-E” cantate in intervallo di quarta discendente)
adeguato al ritmo tribale avviato da Ibrahima.
Ibrahima ha mantenuto il ritmo costante per ben dieci minuti, suonando prima un djembè
poi due, sia con i battenti sia, nell’ultimo minuto, solo con le mani, con partecipazione ritmo ed
intensità crescente fino al momento catartico.
Dopo il dialogo sonoro abbiamo proposto un altro momento di espressione corporea,
imitando gli animali sulle musiche del “Carnevale degli animali” di Saint-Saens (leoni, canguri,polli
pesci e elefanti).
Durante la fase di rilassamento, ascoltando la cullante “Barcarola” di Hoffenbach (in
versione orchestrale), verso la fine della sessione, uno dei bambini ha strappato un angolo di un
materassino di gomma e questo è stato il motivo per cui abbiamo deciso di interrompere la
sessione un poco anticipatamente, cercando di spiegare l’importanza del rispetto delle cose, degli
strumenti e dell’ambiente in cui siamo ospiti.
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Dalla quinta seduta siamo ritornati in palestra.
La prima fase di movimento corporeo è stata particolarmente attiva; abbiamo utilizzato un
brano di musica etnica tribale africana.
Poi abbiamo proposto un “gioco musicale”: la consegna era di simulare una danza tribale
del fuoco, alternandola a momenti di “congelamento”, quando la musica si fermava.
Anche in quest’occasione i ragazzi hanno dimostrato divertimento ed entusiasmo, anche se
si sono verificati momenti di dispersione del gruppo.
Nella seconda fase abbiamo fatto un dialogo sonoro a coppie, ma questa volta la
musicoterapeuta ha stabilito le coppie per stimolare una maggiore interazione tra soggetti in
conflitto (in particolare la coppia Mattia e Nicolas) e con difficoltà di comunicazione.
Dopo questo momento è seguito un dialogo sonoro collettivo con gli strumenti e piccole
frasi cantate sui temi della quotidianità. (foto 4)
Costantino, in questi momenti, ha confermato la sua personalità molto fantasiosa creativa e
musicale.
Anche Mattia si è dimostrato partecipativo.
Invece, come accaduto anche nella seduta successiva, Nicolas e Ibrahima hanno mantenuto
un insistente atteggiamento provocatorio verso la musicoterapeuta (per esempio con espressioni di
scherno) e in particolar modo verso le bambine, con frasi anche offensive e con un modo di suonare
gli strumenti piuttosto impetuoso e violento.
Valentina ha mantenuto invece il rifiuto di comunicare con la voce, anche se ha continuato a
sussurrare le sue risposte solo a Beatrice, la quale spesso le ha anticipate per lei.
Al momento di cantare il proprio nome in maniera fantasiosa Nicolas e Ibrahima hanno
manifestato tutta la loro aggressività, con irruenza sia gestuale che verbale.
Sesta seduta
Per questa sessione la coterapeuta era assente, per impegni artistici.
Questa volta, per evitare che il gruppo si disperdesse scorrazzando e saltando per tutta la
palestra in modo eccessivo, come spesso accaduto nella prima fase, la musicoterapeuta ha dato la
consegna di saltare sul posto e spostarsi in quello affianco solo al “cambio!”: in effetti il gruppo in
questo modo è rimasto compatto intorno al setting.
Al termine di questo primo momento di movimento corporeo, su musiche di percussioni
Fortini, la terapeuta ha proposto un “gioco” che consisteva nel cantare una “HA” liberatoria
sull’espirazione e “suonare” il battito accelerato del cuore battendo il palmo della mano per terra e
tenendo l’altra sul petto, in ascolto.
Tutti hanno partecipato ed in questo modo è stata stimolata l’attenzione e l’ascolto di sé stessi.
Dopo circa 15 minuti anche nel momento del dialogo sonoro collettivo tutto il gruppo ha
collaborato ed è riuscito a seguire a tratti il ritmo proposto da Costantino.
Nonostante la difficoltà di rimanere nel linguaggio non-verbale e i vari atteggiamenti
provocatori in particolare di Nicolas ed Ibrahima, il gruppo è rimasto compatto, seppur non tutti
corrispondessero al cantare piccole frasi su temi della quotidianità.
Durante questa fase di vocalità ho cercato di stimolare molto Valentina, la quale è tuttavia
rimasta nel suo silenzio, rispetto al resto del gruppo, ed ha risposto alla sollecitazione con qualche
colpo al tamburello, pur sempre sussurrando risposte all’orecchio di Beatrice, la quale spesso con
invadenza le anticipa per lei.
Ci siamo sentite poco supportate dall’insegnante di sostegno, che spesso non ha colto la
necessità di ricomporre il gruppo, quando i ragazzi si rincorrevano intorno alla palestra.
D’altronde comprendiamo la loro difficoltà, dovuta alla turnazione degli insegnanti ogni tre
sedute, stabilita dalle scuole per esigenze di servizio.
Questa turnazione, tuttavia, ci ha messo difficoltà, come spiegheremo più avanti: riteniamo
che la presenza di una nuova persona ogni tre incontri possa modificare l’equilibrio che via via si
stabilisce nel gruppo, oltre al fatto che l’insegnante che arriva non è quasi mai al corrente di quanto
accaduto nelle sessioni precedenti.
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La settima seduta è stata molto interessante.
Valentina era assente perché ammalata ma sua mamma aveva telefonato alla coterapeuta
anticipandole che forse la bambina non sarebbe più venuta perché non si trovava bene con i
ragazzini. In realtà, dopo questa assenza, la bambina è tornata.
Abbiamo proposto un nuovo gioco l’ “umanofono” (foto 5): dopo aver distribuito ad ognuno
una cordicella colorata ogni ragazzino doveva scegliere un suono da cantare ogni volta che il
musicoterapeuta, che le teneva tutte insieme, avrebbe tirato la sua corda.
Il gioco è stato accolto con molto entusiasmo: Beatrice ha scelto un suono cantato,
Costantino un verso, Ibrahima una pernacchia, Nicolas un urlo molto acuto (ripreso da Sandra nel
tentativo di mediarlo: infatti dopo un po’ si è placato), Mattia un urlo pronunciando “Miao”.
Abbiamo fatto tre diversi cicli di sperimentazione vocale; nell’ultimo, dopo aver
sperimentato suoni “disordinati” e versi più o meno provocatori (pernacchie, smorfie…), ho
proposto di sperimentare dei suoni cantati o “ordinati”: tutti hanno modificato la loro risposta,
tranne Mattia che ha mantenuto il suo urlo catartico; inoltre, per tutta la durata del gioco ha
trovato difficoltà a tenere la corda, che gli scappava sempre di mano.
Il gioco è durato circa 25 minuti il gruppo è rimasto sempre compatto e partecipe.
E’ stato interessante anche sperimentare i vari suoni in diverse combinazioni, accoppiati o
tutti insieme, a seconda di come la musicoterapeuta tirava le corde.
Dopo questo gioco c’è stato un breve momento di danza su musica folkloristica Balcanica
(che a Costantino è piaciuta molto, fedele al suo ISO Culturale): hanno partecipato tutti, seppure
con qualche momento di dispersione.
Una terza fase è stata un breve dialogo sonoro-strumentale, finché Mattia ha rotto il
tamburello: in seguito a ciò noi siamo rimaste in silenzio per diversi minuti, e così tutto il gruppo,
per la prima volta, dapprima stando seduti poi anche qualche istante in piedi prima del saluto.
Costantino è stato l’unico che ha mantenuto atteggiamento provocatorio, continuando a
parlare in tono ironico, suonare diversi strumentini e muoversi con irrequietezza.
Qualche giorno dopo questa sessione mi ha telefonato a casa il papà di Mattia scusandosi
per il tamburello che il figlio aveva rotto e raccontandomi che Mattia era in lacrime, molto
dispiaciuto per l’accaduto, riferito al padre il giorno stesso.
Con l’occasione, il padre mi ha raccontato che da piccolo Mattia ha subìto un trauma, in
seguito ad una dolorosa aspirazione ad un orecchio, avvenuta con modalità piuttosto violenta: al
bambino era stata messa una camicia di forza per poter eseguire questo intervento e non appena
tolta ha emesso un urlo di terrore e ha corso disperato nella stanza.
Questo racconto ci ha fatto molto pensare, suscitandoci il dubbio che quell’urlo liberatorio
mantenuto da Mattia per tutta la durata del gioco sia stato una sorta di regressione collegata a
questo vissuto traumatico, forse mediato da quel “Miao” che il bambino aveva pronunciato (il
padre mi ha riferito anche della sua adorazione per il suo gatto).
Inoltre la madre, durante il colloquio preliminare, ci aveva riferito che Mattia al suono del
carillon ha sempre una reazione di pianto disperato: questo ci ha fatto supporre che quel suono
evochi nel bambino quel periodo di vita in cui ha subito questo profondo trauma, anche se il padre
ha detto che i medici psichiatri con cui ne hanno parlato, hanno escluso questo collegamento
inconscio.
L’ottava seduta
Per questa seduta il setting è stato completamente cambiato, in funzione della strategia che
avevamo stabilito: un racconto immaginario con riproduzione di suoni della Natura.
Dopo la prima consueta fase di “riscaldamento” corporeo, ancora con musica folkloristica
balcanica, la musicoterapeuta ha mostrato ai ragazzi una serie di fischietti e richiami da caccia per
gli uccelli, in legno, metallo e plastica.
Interessanti sono stati gli interventi di Mattia, che ci ha fatto delle domande cantando.
Utilizzando anche l’ocean-drum ed il bastone della pioggia, la musicoterapeuta ha costruito
il racconto di un viaggio all’interno di un bosco ed ogni ragazzino poteva interagire, a seconda di ciò
che veniva raccontato, evocando suoni e versi di uccelli con il fischietto prescelto.
Tutti i bambini si sono divertiti molto e hanno dimostrato viva attenzione e partecipazione
al racconto, durato più di 35 minuti.
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Il racconto era l’allegoria del bosco visto e vissuto non come ambiente che incute paura ed
abbandono ma come luogo dove scoprire suoni e vite diverse, da raccontare quando si torna “a
casa”, portandosi con sé il ricordo di un nuovo ambiente sonoro, divenuto ora familiare.
Alla fine del racconto abbiamo utilizzato delle “musiche-aria” di Fortini, con un flauto
giapponese e suoni della natura: ognuno poteva stare sdraiato supino, ad occhi chiusi, ancora
interagendo con un diverso fischietto.
Anche in questo momento c’è stata una buona partecipazione, nonostante la difficoltà di
tenere gli occhi chiusi; in particolare Mattia è rimasto molto concentrato su di sé, suonando la
piccola rana di legno appoggiata al petto, disteso in posizione quasi fetale, così come Ibrahima i
legnetti e Beatrice un fischietto.
Al termine della sessione abbiamo cantato tutti insieme la consueta canzone di chiusura, un
paio di volte. Tutti hanno cantato, tranne Valentina.
Al momento del saluto, come accaduto quasi sempre, Costantino ha fatto fatica a lasciare le
musicoterapeute, esprimendo atteggiamenti affettuosi con baci e abbracci.
La supervisione: 06.04.2006
La supervisione è una tappa importante nel percorso evolutivo del musicoterapeuta, in
quanto gli dà la possibilità di mettersi a confronto e di chiarire eventuali dubbi, frustrazioni o
incertezze che si manifestano durante le sedute.
Il supervisore deve essere una persona esperta e con una certa esperienza in campo
musicoterapeutico ed estraneo alla relazione che sta visionando.
La sua funzione è quella di garantire un supporto obiettivo, attenendosi alla coerenza e
lasciando piena libertà al terapeuta di interpretare i suggerimenti che gli vengono proposti.
Molto importante è la documentazione che viene portata in supervisione, come i protocolli
che rappresentano la testimonianza più immediata e fedele delle sedute; in essi sono contenuti tutti
i riferimenti a reazioni, transfert e contro-transfert, disposizione del setting, strategia e
svolgimento delle sedute.
Inoltre, attraverso la visione dei video, il supervisore riesce ad avere un quadro più generale
e immediato delle sedute, riconoscendo subito i punti più significativi.
A Torino la nostra supervisione è stata fatta con il Dott. Roberto Messaglia e con la Sig.ra
Cinzia Manfredi.
Già dai primi minuti della nostra esposizione sono emersi importanti punti di confronto:
1 – Gruppo troppo numeroso
un gruppo di sei bambini è troppo numeroso per questo tipo di attività.
Questo problema era già sorto durante le prime riunioni preliminari, ma abbiamo
riscontrato la difficoltà dell’ente scolastico di dover soddisfare le esigenze delle tre scuole coinvolte
nel progetto.
Pertanto abbiamo creduto di sopperire al problema chiedendo la partecipazione-supporto
di un insegnante di sostegno ma questo in seguito si è rivelato controproducente in quanto, per una
questione burocratica di ore di servizio da espletare, è stata stabilita una turnazione dei vari
insegnanti ogni tre sessioni.
Quindi, su consiglio del supervisore, durante la prima riunione di verifica tenutasi il 27
aprile, abbiamo deciso di proseguire la seconda parte del percorso senza la partecipazione diretta
degli insegnanti alle sedute.
2 – Troppi obiettivi
altro punto che il supervisore ci ha fatto notare è stato che nel nostro progetto avevamo inserito
troppi obiettivi.
In realtà, quelli elencati erano gli obiettivi in generale del tipo di attività proposta: siamo
ben coscienti che i tempi biologici e di cambiamento sono a lungo termine, non certo raggiungibili
in 14 sedute.
In ogni caso, il Dott. Messaglia ci ha detto che dovevamo ritenerci soddisfatte perché la
presenza dei bambini a tutte le sessioni costituisce già il primo e importante obiettivo raggiunto.
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Oltre a ciò noi abbiamo riferito di aver constatato, dopo le prime otto sessioni svolte, anche
una migliore interazione del gruppo, una diminuzione di situazioni dispersive e caotiche, meno
volgarità verbale e un atteggiamento generale di maggior autocontrollo dei bambini anche nel
modo di utilizzare gli strumenti.
3 – Strumenti “distruttibili”
Quello degli strumenti è stato un altro punto discusso durante la supervisione: non è stata
una buona decisione quella di togliere alcuni strumenti dopo la prima sessione, sebbene solo
quattro.
Vista la caratteristica di questi bambini ci è stato consigliato di usare strumenti costruiti con
materiali molto robusti.
Questo è stato il motivo per cui, come ha notato Cinzia, nel setting non abbiamo inserito il
cordofono che avremmo a disposizione: la cetra di legno, che sicuramente sarebbe stata
danneggiata.
L’alternativa proposta è stata quella di usare strumenti creati artigianalmente con scatole
grandi di cartone, carta, cellofan colorati, pasta e riso, dando ai ragazzi la possibilità di poterli usare
liberando tutta la loro energia, anche distruttiva.
4 – I quattro “lutti”
Il Dott. Messaglia ha così definito quattro cambiamenti a suo parere molto importanti:
- la riduzione degli strumenti dopo la prima sessione
- il cambiamento della sala, nella terza e quarta sessione
- la sospensione della quarta seduta dopo la rottura di un materassino
- il silenzio durato sette minuti in seguito alla rottura del tamburello da parte di Mattia e lo
atteggiamento “colpevolizzante”nostro e del gruppo
La definizione di “lutto” rispetto a queste situazioni a noi è sembrata un po’ eccessiva, perché,
almeno per quanto riguarda le prime tre, i bambini hanno manifestato la stessa partecipazione ed
entusiasmo all’attività.
Effettivamente nell’episodio di Mattia, quello che ci è sembrato un momento di silenzio in
rispetto e dispiacere per l’accaduto, ha provocato nel bambino con senso di colpa che sarebbe stato
meglio contenere e ridimensionare.
In relazione a ciò, il supervisore ha posto il problema sulla nostra scelta della strategia:
terapeutica o di tipo comportamentista.
Sarà certamente un aspetto che studieremo e capiremo meglio, seppure ci è sembrato che la
coesistenza della linea comportamentale con quella musicoterapica possa andare incontro, in
questa esperienza, anche alle esigenze e alle carenze dei bambini in ambito sociale-scolastico.
5 – il linguaggio non-verbale
Abbiamo spiegato la nostra difficoltà di mantenere il linguaggio non- verbale con questi
bambini perché loro stessi hanno forti difficoltà a mantenerlo.
Il Dott. Messaglia ha evidenziato che l’impulsività, la verbalità incalzante e l’incapacità ad
attendere rappresentano modi d’interazione caratteristici e difficoltà tipiche dei ragazzi iperattivi e
per questo non devono essere bloccati. Ci ha anche consegnato della documentazione dove sono
specificati i vari elementi sintomatici caratteristici del “Disturbo da Deficit di
Attenzione/Iperattività (DDAI)” sottolineando che spesso si tende a vedere nell’iperattività solo il
“deficit” e non le grandi qualità e potenzialità creative ed espressive del bambino, entusiasta e
pieno di slanci verso la sperimentazione.
Oltre ai protocolli, abbiamo portato anche le cassette con le riprese video di tutte le sessioni
svolte; abbiamo visto qualche minuto di una sessione (quando Valentina ha suonato col tamburello
per diversi minuti la stessa formula ritmica, durante la terza sessione).
Il supervisore ha avuto un impressione generalmente positiva dell’interazione del gruppo ed
ha notato una buona attenzione da parte dei bambini.
Abbiamo chiesto altri consigli su ciò che il “Modello Benenzon” propone in casi simili.
Ci chiedevamo cos’altro poter fare di più, pur ricordando il consiglio rassicurante del Dott.
Benenzon stesso che aveva scritto alla terapeuta di non farsi prendere dal “furor curandis”.
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Il supervisore ci ha fatto notare che in questa esperienza non stiamo applicando
“rigidamente” il Modello, principalmente per il fatto che usiamo delle musiche preregistrate.
Tuttavia il nostro utilizzo della musica preregistrata, peraltro limitato, non è indiscriminato ma
finalizzato per lo più a stimolare il libero movimento corporeo o momenti di rilassamento e ascolto.
Inoltre riteniamo di poter dare più spazio all’ “intuizione” di strategie alternative adatte
della situazione del momento, se constatiamo, com’è infatti accaduto, che ciò favorisce
ulteriormente l’espressività e comunicatività di questi bambini. Secondo la nostra opinione la
terapia si deve arricchire di ogni strumento o metodologia che possa favorire il raggiungimento
degli obiettivi.
In conclusione ci siamo anche confrontate con l’aspetto delle provocazioni dei bambini nei
nostri riguardi, che a volte ci provocano frustrazione ed timore di attuare situazioni di “acting-out”.
Il punto di riflessione proposto è chiedersi “perché mi sento provocato?” e “quali sono i
contro-transfert in cui m’identifico?”.
Al termine della supervisione, eravamo molto stanche e piene di nuovi spunti di critica e
osservazione e riflessione.
Tuttavia, osservando il nostro stato d’animo, non nascondiamo di aver provato entrambe
anche un lieve senso di frustrazione perché in qualche modo abbiamo sentito frenato il nostro
entusiasmo e slancio iniziale.
La nona seduta
Come ci era stato consigliato durante la supervisione, abbiamo deciso di inserire nel setting
uno scatolone, che i bambini avrebbero potuto usare in piena libertà e senza limitazioni: infatti è
stato utilizzato, in particolare da Valentina, come strumento a percussione catartico, vista la forza e
la violenza con cui lo ha “suonato”, fino a sfondarlo.
Valentina in questa sessione ha spaccato anche la maraca a forma di banana percotendola
con forza con un battente: ricordando i consigli del supervisore, la terapeuta non ha sottolineato
questo gesto con alcuna reazione, anche perché la bambina in quel momento, aveva già avuto
atteggiamento dispiaciuto e c’era stato uno scambio di sguardi eloquenti.
Già nei primi minuti di questa seduta i bambini, soprattutto Nicolas, Ibrahima e Mattia,
hanno manifestato atteggiamenti particolarmente irrequieti ed aggressivi (calci, pugni ed altre
reazioni molto impulsive): è stato difficile mantenere la consueta posizione in cerchio e stimolarli
al movimento; inoltre abbiamo dovuto intervenire spesso per dividerli.
Dopo la prima fase di “riscaldamento”, abbiamo proposto un esercizio di respirazione con
vocalizzazione della “A” durante l’espirazione unita ad un ampio e lento movimento delle braccia,
per favorire il contatto con sé stessi attraverso una stimolazione del sistema respiratorio, per il
quale questo esercizio è particolarmente indicato.
Ci siamo disposti in cerchio, ma ancora una volta l’atteggiamento di Nicolas
(particolarmente provocatorio nei confronti della coterapeuta) e di Ibrahima non ha permesso al
gruppo di concentrare l’attenzione sull’esercizio.
Quindi abbiamo dato una nuova consegna: un esercizio di “verbalizzazione irrazionale” cioè
un sorta di gioco che consiste nel pronunciare parole che non esistono, che non hanno significato
un linguaggio verbale inesistente: per questo motivo questa tecnica è definita “no-mind” ed ha
origini molto antiche, nelle pratiche meditative orientali.
I ragazzi all’inizio hanno risposto con divertimento ed interesse; tuttavia dopo pochi istanti
il gruppo si è nuovamente disperso.
Pertanto abbiamo proposto il dialogo sonoro con gli strumenti.
Mattia ancora una volta ha manifestato atteggiamenti provocatori e aggressivi nei confronti
di Nicolas togliendogli i battenti.
Nonostante la coterapeuta abbia cercato di attirare l’attenzione di Mattia porgendogli altri
strumenti il bambino era sempre più determinato a stare vicino a Nicolas provocandolo.
Nel frattempo il resto del gruppo si è seduto in cerchio e visto che i tentativi della
coterapeuta di dividere Mattia e Nicolas erano vani, la terapeuta le fatto cenno di lasciarli stare ed
unirsi al dialogo sonoro del resto del gruppo.
Alla fine Mattia ha accettato un cimbalo che la terapeuta le ha offerto, ma Mattia e Nicolas
hanno cominciato a rincorrersi, ma qualcosa era accaduto: il loro rincorrersi ed aggredirsi non
aveva più modalità offensiva e violenta ma appariva ora quasi in una danza ludica, intorno al
setting, durata quasi venti minuti, accompagnata dalla produzione ritmica del gruppo.
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“La musica ha il fascino di placare un cuore selvaggio,
di intenerire le rocce o di raddrizzare una quercia contorta.”
(William Congreve)
La prima riunione di verifica - 27.04.2006
Come stabilito nel progetto, a circa metà percorso si è svolta la prima riunione di verifica
dell’attività presso la sede dell’Istituto Comprensivo del Comune di Longare; erano presenti gli
insegnanti di sostegno dei bambini (ad eccezione degli insegnanti di Nicolas e di Valentina) e la
Vice Preside della scuola.
Abbiamo descritto in generale l’attività svolta finora e abbiamo chiesto agli insegnanti che
hanno partecipato, di scrivere una breve relazione su quanto hanno vissuto durante le tre sessioni a
cui hanno partecipato e di segnalare eventuali cambiamenti notati nei bambini.
Anche gli insegnanti, come ci aveva detto il Dott. Messaglia in supervisione, hanno
sottolineato sorpresi, la costante presenza dei bambini alle sessioni ed il loro entusiasmo ogni
settimana, riferendo anche il rammarico di Ibrahima, dispiaciuto per la lunga pausa dovuta alle
varie festività del mese di aprile.
L’insegnante di sostegno di Costantino, che ha partecipato per più di tre sedute, ha
affermato che per lei è stata un’esperienza molto bella e che a suo parere la musicoterapia
rappresenta per i bambini “un mondo liberatorio dove ognuno può esprimersi indipendentemente
attraverso gli strumenti, il corpo e la voce”.
Inoltre ha affermato che, anche se non è possibile, nell’immediato, riscontrare dei
cambiamenti, la musicoterapia “getta i semi per un nuovo percorso di vita che si rivelerà nel
tempo, con la crescita dei ragazzi, per ciò che si porteranno dentro da questa esperienza”.
Rispetto al contesto scolastico ha anche riferito che in Costantino è diminuita la tendenza a
distrarsi e disturbare i compagni.
Anche lei ha notato una diminuzione di atteggiamenti di scontro, di offese verbali ed un
maggiore autocontrollo.
Inoltre a suo parere Ibrahima, che ha difficoltà legate principalmente a fattori socioculturali, se inizialmente era riluttante all’idea di essere inserito in un gruppo di bambini con
problematiche e patologie più importanti, invece poi si è gradualmente sempre più immerso nei
suoni, nei movimenti, nei gesti liberatori e nel contesto musicale inserendosi bene col in resto del
gruppo.
L’insegnante di sostegno di Ibrahima, che accompagnerà i ragazzi alle prossime tre sessioni,
ci ha riferito che il ragazzo è cieco nell’occhio sinistro (cosa che noi non sapevamo) in seguito ad
un’infezione curata male quando viveva in Africa.
Ha segnalato inoltre che il bambino ha difficoltà di lettura e di concentrazione.
L’insegnante di Mattia ha notato che, durante le sedute, proprio Mattia si è messo in gioco
più di tutti, sperimentando tutto ed accogliendo ogni consegna con entusiasmo e curiosità.
Abbiamo ricordato anche l’esperienza dell’ “umanofono” che ha suscitato in Mattia un
momento di regressione molto forte e significativa.
L’insegnante di Beatrice ha riferito delle cose molto interessanti: infatti, anche
confrontandosi con i genitori, ha notato che la bambina contiene molto meglio i consueti quotidiani
stati d’ansia nel modo di affrontare la scuola: da quando segue l’attività di musicoterapia la
bambina è più serena e sono anche scomparsi anche i tic all’occhio e alla bocca (che infatti noi
terapeute non abbiamo mai visto durante le sessioni),
Tutti gli insegnanti hanno riscontrato che dopo la seduta di musicoterapia i ragazzi sono
più tranquilli ed entusiasti; anche il loro rapporto interpersonale è più sereno e giocoso, senza
atteggiamenti di aggressività e volgarità offensiva.
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Nel corso della riunione abbiamo affrontato il problema della turnazione degli insegnanti
spiegando non solo le nostre difficoltà ma soprattutto lo squilibrio che ogni nuova entrata può
creare nel gruppo, condizionando l’autonomia e la libertà di espressione dei bambini.
Pertanto, seguendo il consiglio ricevuto durante la supervisione, abbiamo deciso di non far
partecipare più gli insegnanti alle sessioni; abbiamo invece proposto loro di assistere come
“osservatori”, in posizione da non essere visti o non costituire per i ragazzi un elemento di
distrazione né tanto meno un elemento persecutorio.
L’insegnante di Mattia ha riferito la sua difficoltà di inserimento nel gruppo e ha
evidenziato l’utilità, per il futuro, di un piccolo percorso “propedeutico” di musicoterapia rivolto
agli insegnanti stessi affermando che “potrebbe essere utile per inserirsi in maniera più tranquilla
nel setting, senza l’ ansia di dover controllare i ragazzi”.
Le brevi relazioni scritte degli insegnanti che avranno partecipato sia attivamente sia in
qualità da osservatori, verranno inserite nella relazione finale, dopo la seconda riunione di verifica
conclusiva.
La Conferenza Stampa: 04.05.2006
Durante l’ultima riunione preliminare, il Direttore dei Servizi Sociali aveva espresso
l’intenzione di convocare televisioni e giornali locali per rendere noto questo progetto pilota.
La conferenza stampa si è svolta nella sala riunioni della Direzione Generale dell’Ulss n. 6
“Vicenza”.
Per l’occasione abbiamo preparato un manifesto.
Erano presenti il Direttore Sanitario, il Direttore dei Servizi Sociali, gli Assessori ai Servizi
Sociali dei tre comuni coinvolti, il Dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo, il Direttore del
Conservatorio, i responsabili delle Unità Organizzative Infanzia Adolescenza e Famiglia e Disabilità
del Distretto Sud-Est di Vicenza ed il Presidente Conferenza dei Sindaci.
Prima dell’inizio della conferenza stampa alcuni giornalisti ci hanno intervistato ponendoci
domande sulla funzione della musicoterapia; nei giorni seguenti diverse emittenti televisive locali
hanno trasmesso queste interviste nei telegiornali.
Durante la conferenza tutti i partecipanti hanno espresso entusiasmo e vivo interesse per
l’avvio di questo progetto sottolineando l’importanza di tecniche non-verbali che lavorano in
ambito emozionale e relazionale.
Noi abbiamo spiegato i contenuti e gli obiettivi del progetto, accennando alla metodologia
del Modello Benenzon.
Inoltre è stato evidenziato il fatto che per la prima volta c’è stata una collaborazione che ha
unito, a partire dalle famiglie, scuole, comuni, Ulss, Conservatorio e specialisti privati, affermando
l’intenzione di proseguire l’attività e questa collaborazione anche in avvenire.
Riportiamo gli articoli usciti il giorno dopo su “Il Giornale di Vicenza” e “Il Gazzettino” nella
versione tratta da internet.
Allegheremo alla copia stampata, copia degli articoli dei giornali.
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“La musica può compiere la più elevata di tutte le missioni:
essa può essere un legame tra nazioni, razze e stati che sono stranieri le une agli altri in molti modi;
essa può unire ciò che è disunito e portare pace a ciò che è ostile.”
(Dr. Max Bendiner)
Osservazioni conclusive
La coppia terapeutica
Avevamo già avuto un’esperienza come coppia terapeutica l’anno scorso; visti gli esiti
positivi del lavoro svolto insieme e l’ottima sintonia ed equilibrio che c’è fra noi abbiamo scelto di
condurre insieme anche questo progetto.
L’esperienza che stiamo vivendo ha confermato infatti gli aspetti fondamentali del ruolo
della coppia terapeutica:
- evita il verificarsi dell’ “acting-out”, in quanto le ansie dei terapeuti sono diluite, condivise e
contenute nel lavoro a due: c’è un sostegno costante e reciproco oltre che un affinamento
dell’osservazione, dell’intesa e della complicità;
- permette un incontro di riflessione dopo le sedute, attraverso il confronto e lo scambio
d’informazione per la compilazione dei protocolli;
- costituisce una cornice di contenimento forte e decisa per il paziente;
- riduce l’effetto del “burn-out” dei terapeuti, per stanchezza, frustrazione e ferite
narcisistiche.
La prima gratificazione dell’attività svolta finora, come ci ha anche detto il Dott. Messaglia alla
supervisione, è che i bambini sono stati sempre tutti presenti; questo ci testimonia
quell’atteggiamento di disponibilità grazie al quale l’individuo si apre allo stimolo sonoro
permettendo così alla musica i suoi influssi terapeutici.
La musica in genere non suscita resistenze in chi è in grado di mostrare, attraverso di essa,
la parte più profonda di sé, e la disponibilità è il primo presupposto fondamentale perché avvenga
una trasformazione e soprattutto perché si instauri una comunicazione.
Nell’arco di tempo di questi primi due mesi di attività abbiamo notato una maggiore
coesione del gruppo ed una sempre maggiore dimestichezza all’uso della voce cantata e degli
strumenti, oltre che un maggior rispetto per gli strumenti stessi.
Ma ciò che è più importante è che è cambiato qualcosa nel loro modo di relazionarsi: sia fra
loro, interagendo con meno aggressività offensiva e nuovo spirito di gruppo, sia con gli insegnanti
che li accompagnano, divenuti quasi dei compagni di gioco con cui stanno condividendo questa
esperienza importante.
Gli insegnanti raccontano che anche il momento del ritorno a casa in pulmino è diventato
un momento di condivisione, durante il quale interagiscono fra loro giocando allegramente ed in
maniera equilibrata, o riposando appoggiandosi l’uno sulla spalla dell’altro, persino fra i bambini e
le due bambine, inizialmente oggetto di sbeffeggiamenti e offese.
Abbiamo anche notato come la relazione tra i ragazzi e noi terapeute si sia evoluta ed
approfondita: sono sempre più presenti atteggiamenti di considerazione, ascolto ed attenzione
verso di noi e le nostre consegne; ci è sembrata migliorata anche la capacità di attesa e tolleranza
nei momenti di silenzio.
Ci auguriamo che questo sia effettivamente l’inizio di un percorso di crescita e di evoluzione
della capacità relazionale sia per questi bambini che per noi terapeute, sperando, il prossimo anno
di portare avanti questo viaggio in continua scoperta di noi stessi.
Vicenza, 8 maggio 2006
Laura Vasta
Musicoterapeuta
Sandra Foschiatto
Co -musicoterapeuta
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Foto 1: setting della 1° sessione
Foto 2: danza del fuoco
Foto 3
Foto 4
Foto 5: l’ “umanofono”
L’inserimento delle foto e dei nomi relativi ai pazienti è stato regolarmente autorizzato dai genitori ai sensi della
vigente normativa sulla tutela della privacy.
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Manifesto per la Conferenza Stampa del 3 Maggio 2006
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Giovedì, 4 Maggio 2006
ASL 6
(l.lor.) Già Pitagora aveva capito i grandi poteri della musica, in grado di modificare perfino i processi cognitivi. Eppure per
decenni la musicoterapia è stata tacciata di essere poco scientifica. Ora però qualcosa sta cambiando, se è vero che Asl 6,
tre comuni (Longare, Nanto e Castagnero), un distretto socio -sanitario (Sud-Est) e il conservatorio di Vicenza si sono messi
insieme per dare vita a una sperimentazione che sta dando ottimi frutti. Il nome del progetto è Musicoterapia 2006, è nato
per riabilitare bimbi con problemi di handicap lieve tra i dieci e dodici anni ed è partito in febbraio, con sessioni a cadenza
settimanale che si concluderanno in giugno. Sei i bimbi coinvolti, iscritti all'istituto comprensivo Bizio di Longare, che grazie
agli stimoli musicali stanno compiendo già notevoli progressi nella capacità di comunicazione e nei rapporti con gli altri. Il
progetto è totalmente finanziato dalla legge Turco mirata a favorire bimbi, famiglie e adolescenti. Laura Vasta e Sandra
Foschiatto sono le musicoterapeute che stanno conducendo la serie di 15 incontri con i bambini: «Lavoriamo con strumenti
musicali di semplice approccio, per sollecitare in ambito emozionale e fisico i partecipanti - spiegano -. La musica ha una
grande forza di stimolazione della sfera emozionale e sensoriale». Il metodo seguito dalle due insegnanti è il Modello
Benenzon, che predilige l'uso del linguaggio non verbale e fa perno anche sull'utilizzo di strumenti musicali e sulla
riproduzione di suoni e ambienti della natura. Un intervento che viene riconosciuto di grande interesse anche dal
conservatorio, che attiverà un corso per musicoterapeuti in collaborazione con l'università Ca' Foscari: «A noi piacerebbe precisa il direttore Troncon - creare delle equipe di medici, musicisti e compositori per dare vita a dei progetti innovativi».
Soddisfazione anche dell'istituto cui sono iscritti i sei bimbi («La scuola non è solo un luogo di educazione ma anche di
formazione e confronto», ha detto l'insegnante Nadia Zaramella), così come dai tre comuni partecipanti, di cui Longare è
capofila: «Questa sinergia è molto importante - dice l'assessore Laura Guidolin -, perché può offrire un'integrazione
scolastica ai bambini più svantaggiati e un bell'esempio di co llaborazione tra pubblico e privato». Non sarà l'ultimo: «Il
progetto si inserisce nel mondo della domiciliarità dove l'Asl sta investendo - ha rimarcato Paolo Fortuna, direttore dei
servizi sociali -. Valuteremo se estenderlo ad altre realtà».
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Giovedì 4 Maggio 2006
Il Giornale di
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La musicoterapia supera l’handicap
L’Ulss presenta il progetto-pilota con Conservatorio e tre Comuni berici
(f. p.) Un progetto: la musicoterapia. La musica come strumento ludico e “arma” riabilitativa, utilizzata nel suo
magico potere di guarire, di far superare l’handicap. Un intervento a più voci e più mani dedicato a bambini
disabili fra i 10 e i 12 anni, che si sta realizzando con la collaborazione dei Comuni di Longare, Castegnero e
Nanto, dell’istituto comprensivo Bizio di Longare, del conservatorio Pedrollo di Vicenza, del distretto sud-est e
delle unità organizzative che si interessano di infanzia e adolescenza. A fianco dei ragazzi due “docenti”
specialiste. È un progetto-pilota, il primo del Veneto, un’esperienza inedita anche in ambito nazionale, che verrà
portata all’attenzione degli addetti ai lavori a un convegno sulla materia che si terrà nelle prossime settimane a
Torino. Ma è anche un primo esperimento fatto di 15 incontri iniziati all’interno del Pedrollo a febbraio e ora
giunti a metà del percorso. Un’ora pomeridiana di “lezione” di gruppo una volta la settimana con un numero
massimo di 8 partecipanti in cui si adotta il modello Benenzon per sollecitare l’emozione e il fisico e stimolare
l’espressività e la creatività, utilizzando strumenti di semplice approccio, suoni riprodotti, brandi di musica
classica, leggera, etnica, folcloristica che diventano linguaggio gestuale e verbale.
Ieri mattina, il progetto, che fra l’altro costa solo 1500 euro, è stato presentato ufficialmente nella palazzina uffici
del S. Bortolo alla presenza del direttore sanitario Eugenio Fantuz, del direttore dei servizi sociali Paolo Fortuna,
del direttore del Pedrollo Paolo Troncon, e di tutti i coprotagonisti di una nuova avventura terapeutica che risale
alla notte dei tempi, quando sciamani, sacerdoti e filosofi del mondo antico riconoscevano alla musica la capacità
di restituire all’uomo una purezza sonora originaria fatta di luce piena in grado di socializzare e umanizzare.
«È un progetto innovativo - ha spiegato Fortuna - che si inserisce in quel mondo della domiciliarità in cui l’Ulss
vuole investire molto. La ratio - ha ancora detto - è di valorizzare esperienze che consentano al disabile di vivere
a proprio agio a casa sua». Un servizio, dunque, nel quale sono coinvolti tutti i distretti.
Laura Guidolin, assessore al sociale del Comune di Longare capofila dell’iniziativa, ha rivisitato il decollo di
un’idea che già lo scorso anno era stata proposta da una delle due musicoterapeute impegnate nel progetto, Laura
Vasta. «Abbiamo aderito con entusiasmo pensando a due obiettivi. È un’occasione di integrazione scolastica in
un ambiente e in un clima molto sereni da dare a ragazzi svantaggiati anche per migliorare il rapporto con le
famiglie. Ed è un momento di collaborazione fra pubblico e privato che il Comune pone fra le priorità».
«Da anni - ha aggiunto la Guidolin - fra i nostri 3 Comuni, il Bizio di Longare e il distretto sud-est è in atto una
cooperazione molto stretta in una rete di scambi proficua. La musicoterapia, grazie all’apporto eccellente del
conservatorio e dei volontari, amplia ancora di più questo rapporto».
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