Introduzione
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di Piero Leanza
SOMMARIO: 1. Caratteri generali del processo civile di cognizione. – 2. Gli interventi legislativi
dal 1950 ad oggi. – 3. Lo svolgimento del processo. – 3.1. L’atto di citazione e la costituzione dell’attore. – 3.2. La comparsa di risposta e la costituzione del convenuto. – 3.3. La
trattazione. – 4. La fase istruttoria nel processo civile ordinario, nel processo del lavoro e
nei procedimenti speciali. Cenni e rinvio.
1. Caratteri generali del processo civile di cognizione
La juris dictio si attua, in materia civile, attraverso una serie di atti preordinati
alla risoluzione delle controversie tra privati, che costituiscono appunto il “processo”.
In esso una parte (l’attore) si rivolge al giudice per far valere una domanda nei
confronti di un’altra parte (il convenuto), dando inizio così a un procedimento
1
che culminerà nella decisione del giudice (la sentenza) .
Le teorie proposte dalla dottrina sulla giurisdizione sono numerose e non è
questa la sede per affrontare un’analisi approfondita delle diverse concezioni.
È tuttavia doveroso accennare alla tradizionale bipartizione tra la concezione
“oggettiva”, di chiovendiana memoria, secondo cui la giurisdizione è l’attuazione
della volontà concreta della legge da parte dello Stato, e quella “soggettiva”, che la
descrive come l’attività di composizione delle controversie attraverso l’attuazione
della norma. All’interno della concezione soggettiva si rinvengono ulteriori distinzioni: la concezione “dinamica”, secondo cui l’ordinamento realizza se stesso trami2
te un organo (il giudice) che attua lo jus dicere ; quella che la definisce come una
funzione statale, espressione della sovranità popolare, che provvede alla tutela giu1
Autorevole dottrina ha identificato la giurisdizione col processo, quale actus trium personarum
(S. SATTA-C. PUNZI, Diritto processuale civile, Cedam, Padova, 1996, p. 16).
2
S. SATTA-C. PUNZI, Diritto processuale civile, cit., p. 14.
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Piero Leanza
3
risdizionale dei diritti soggettivi ; quella che la descrive come l’attività volta ad assi4
curare e garantire il «vigore pratico del diritto, per chiunque e contro chiunque» .
Autorevole dottrina ha inoltre osservato come solo la giurisdizione civile possa
definirsi giurisdizione “ordinaria”, distinta dalla giurisdizione penale, da quella
5
amministrativa e dalle altre giurisdizioni speciali .
L’art. 1 c.p.c. afferma che «la giurisdizione civile, salvo speciali disposizioni di
legge, è esercitata dai giudici ordinari secondo le norme del presente codice», disposizione da leggersi unitamente a quella contenuta nell’art. 2907, comma 1, c.c., ai
sensi del quale «alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l’autorità giudiziaria
su domanda di parte e, quando la legge lo dispone, anche su istanza del pubblico
ministero o d’ufficio».
Qualsiasi concezione sulla giurisdizione si voglia accogliere, pacifico è comunque il principio secondo cui l’attuazione in concreto della norma debba avvenire
attraverso lo svolgimento di una serie di formalità che costituiscono appunto il
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“processo” (in materia civile, il “giudizio di cognizione”) , il quale si articola nelle fasi dell’introduzione, dell’istruzione probatoria e della decisione.
Il giudizio di cognizione ordinaria – il quale è pacificamente considerato come
il modello di giudizio ordinario, rispetto al quale tutti gli altri procedimenti si
pongono come “speciali” – è retto dall’impulso di parte e fondato sul c.d. “prin7
cipio della domanda”, espresso agli artt. 99, 101 e 112 c.p.c. .
Il principio della domanda è espresso nel codice di rito dall’art. 99 c.p.c., a
mente del quale «chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda
al giudice competente», e ribadito dall’art. 2907, comma 1, c.c., ai sensi del quale
«alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l’autorità giudiziaria su domanda di
parte e, quando la legge lo dispone, anche su istanza del pubblico ministero o d’ufficio». L’art. 101 c.p.c., nel confermare l’eccezionalità delle ipotesi in cui il giudice
può decidere a prescindere da un’espressa domanda di parte, disciplina il principio del contraddittorio, richiedendo che la domanda sia necessariamente portata
a conoscenza della controparte: «Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti,
non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è
3
A. PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, Jovene, Napoli, 1996, p. 10.
E. REDENTI, Diritto processuale civile, Giuffrè, Milano, 1995, p. 6.
5
Si veda, in tal senso, S. SATTA-C. PUNZI, Diritto processuale civile, cit., p. 16 ss.
6
Si veda, in questo senso, A. NASI, Lezioni di diritto processuale civile, Libreria dell’Università,
Pescara, 1993, p. 183.
7
Il processo civile segue uno schema, che potremmo definire “tipico”, secondo cui in seguito
alla domanda proposta dall’attore ed alla vocatio in jus da parte di costui del convenuto (effetti realizzati con l’atto di citazione), si instaura il rapporto processuale tra le parti ed il giudice, il quale – in
esito a tutta un serie di attività processuali, in parte rette dall’impulso di parte ed in parte da quello
d’ufficio – perviene alla decisione. In dottrina si è rilevato come una differenza fondamentale tra
l’attuale modello (pur dopo le tante modifiche attuate nel corso degli anni) e il modello precedente
al codice di procedura civile del 1940, nonché i modelli di altri Paesi, sia costituita dalla distinzione
netta tra la fase dell’istruzione e quella della decisione (E.T. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, II, Giuffrè, Milano, 1981, p. 4 ss.).
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Introduzione
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stata regolarmente citata e non è comparsa». L’art. 112 c.p.c., infine, esprime sia il
principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato («Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa ...»), che il principio della proponibilità delle eccezioni solo dalle parti («... e non può pronunciare d’ufficio su
eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti»).
Diretta conseguenza del principio dispositivo è il generale principio generale
dell’onere della prova, posto dall’art. 2697 c.c. a carico della parte che vuol far
valere il proprio diritto in giudizio, e la conseguente eccezionalità delle ipotesi di
8
esercizio di poteri istruttori d’ufficio da parte del giudice .
Tale principio, per cui «chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i
fatti che ne costituiscono il fondamento» e «chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda» (art. 2697 c.c.) trova un suo completamento nella disposizione di
cui al comma 1 dell’art. 115 c.p.c., a norma del quale «salvi i casi previsti dalla
legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero» (art. 115, comma 1, c.p.c.).
Principio dispositivo e principio del contraddittorio costituiscono pertanto i
cardini e, allo stesso tempo, i limiti entro i quali operano le norme che regolano
9
lo svolgimento del processo civile .
Le norme che disciplinano il processo sono contenute nel codice di procedura civile, il quale si compone di quattro libri, dedicati, rispettivamente, alle disposizioni
generali, al giudizio di cognizione, al processo di esecuzione, ai procedimenti speciali.
2. Gli interventi legislativi dal 1950 ad oggi
Il codice di procedura civile ha subito, dalla sua introduzione nel 1942, numerose modifiche, che nel tempo hanno fortemente alterato carattere e struttura del
10
processo civile .
Approvato con r.d. 28 ottobre 1940, n. 1443, in vigore a far data dal 21 aprile
1942, il codice di rito è stato modificato radicalmente appena dieci anni dopo, con
8
Il principio è espresso dai noti brocardi latini «onus probandi incumbit actori» e «onus probandi incumbit ei qui dicit., non ei qui negat».
9
In ossequio al principio dispositivo, tutto lo svolgimento del processo è dipendente dall’attività delle parti, tanto nella determinazione, sulla base delle domande ed eccezioni proposte, dell’oggetto del giudizio (thema probandum e thema decidendum), quanto nel suo svolgimento e nelle altre
vicende del procedimento (cancellazione della causa dal ruolo, interruzione, riassunzione, estinzione, ecc.). Condivisibile dottrina afferma che il principio del contraddittorio è il fondamento stesso
del carattere dispositivo del processo civile, discendendo da esso «la dipendenza del giudizio dall’azione, la dipendenza del giudice dalle parti in ordine alla produzione della prova, l’impossibilità
del giudizio di non liquet, tutto ciò che si indica, in una parola, col carattere dispositivo del processo» (così, S. SATTA-C. PUNZI, Diritto processuale civile, cit., p. 174).
10
Il codice di procedura civile è stato approvato con r.d. 28 ottobre 1940, n. 1443, in vigore dal
21 aprile 1942.
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Piero Leanza
la legge 14 luglio 1950, n. 581 (e, per quanto concerne le disposizioni di attuazione, col d.p.r. 17 ottobre 1950, n. 857).
Con la legge 11 agosto 1973, n. 533 è stato introdotto il rito del lavoro, improntato a principi di celerità ed immediatezza che – almeno nei primi tempi – lo carat11
terizzavano come un modello processuale alquanto diverso dal rito ordinario .
Sono state poi introdotte rilevanti modifiche in materia di arbitrato, con legge
9 febbraio 1983, n. 28 e legge 5 gennaio 1994, n. 25 e modifiche in materia di diritto internazionale privato, con legge 31 marzo 1995, n. 218.
Il modello originario del processo, già stravolto negli anni ’50, è stato nuova12
mente rivisitato, per effetto della legge 26 novembre 1990, n. 353 e dalla legge
13
20 dicembre 1995, n. 534 , nonché della legge 21 novembre 1991, n. 374 (e suc14
cessive modifiche) , istitutiva della figura del giudice di pace.
Rilevanti innovazioni sono state apportate dall’introduzione del “giudice unico
di primo grado” da parte del d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, e dall’istituzione del
cosiddetto “rito societario” per effetto del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 (e successive modifiche), il quale è stato tuttavia di recente abrogato da parte della legge
15
18 giugno 2009, n. 69 .
Conseguenza di tali ripetute operazioni di “chirurgia legislativa” è stata, principalmente, l’introduzione di più rigide preclusioni nella fase di introduzione e
trattazione e la concentrazione della fase istruttoria e di quella decisoria.
In questo senso, grande rilievo venne dato, inizialmente, alla nuova struttura
procedimentale introdotta dalla legge n. 353/1990, la quale, incidendo profondamente sullo svolgimento del processo, introdusse rilevanti modifiche in materia
16
di giurisdizione e competenza , in tema di cancellazione ed estinzione della
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Col tempo, tuttavia, il rito del lavoro ed il rito civile ordinario hanno visto attenuarsi le principali differenze, finendo con l’assomigliarsi sempre più, in particolare in seguito alle più recenti
“mini-riforme” del codice di procedura civile, come si vedrà più avanti.
12
Intitolata «Provvedimenti urgenti per il processo civile» (c.d. “miniriforma del processo civile”), pubblicata in G.U. 1 dicembre 1990, n. 281. Per un esame della legge, si vedano, tra i tanti, F.
TOMMASEO, Appunti di diritto processuale civile, Giappichelli, Torino, 1991; A. PROTO PISANI, La
nuova disciplina del processo civile, Jovene, Napoli, 1991; G. TARZIA, Lineamenti del nuovo processo
di cognizione, Giuffrè, Milano, 1991.
13
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 18 ottobre 1995, n. 432, recante interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353.
14
Un commento alla legge sull’istituzione del giudice di pace è offerto da A. BONSIGNORI-A.
LEVONI-G.F. RICCI, Il giudice di pace, Giappichelli, Torino, 1995. Si vedano anche M. BARBUTO, Il
processo civile davanti al giudice di pace, Giuffrè, Milano, 1994; P. LEANZA-R. VAIRO, Il processo
civile davanti al giudice di pace, Utet, Torino, 2005.
15
Ai sensi dell’art. 54, comma 5, legge 18 giugno 2009, n. 69 («Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile»), «gli articoli da 1 a
33, 41, comma 1, e 42 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, sono abrogati»; il comma 6 prevede che «gli articoli da 1 a 33, 41, comma 1, e 42 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, continuano ad applicarsi alle controversie pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge».
16
Si pensi, ad esempio, all’art. 5 c.p.c., sul momento determinante della giurisdizione e della
competenza e all’art. 40 c.p.c., in materia di connessione.
Introduzione
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causa , in materia di provvedimenti provvisori di ingiunzione di pagamento in
18
corso di causa , in materia di provvisoria esecutorietà della sentenza di primo
19
grado , in tema di procedimenti cautelari (introducendo il c.d. “processo caute20
lare uniforme”) . Modifiche radicali alla struttura degli organi giudiziari – nonché, ovviamente, ai caratteri del processo – sono state attuate con la soppressione
delle Preture e l’introduzione del c.d. “giudice unico di primo grado”, per effetto
del d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
21
Più di recente, con la legge 14 maggio 2005, n. 80 , di conversione del d.l. 14
marzo 2005, n. 35, con la legge 28 dicembre 2005, n. 263 e con le leggi 24 febbraio
2006, n. 52 e 8 febbraio 2006, n. 54, sono state introdotte novità ancora più incisive,
22
che hanno comportato ulteriori modifiche alla struttura portante del processo .
Appena quattro anni dopo, con la citata legge 18 giugno 2009, n. 69 («Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile»), il processo civile ha subito nuove modifiche, relative sia
alla fase istruttoria che a quella decisoria (per le quali si veda più in dettaglio, infra, Cap. 2).
3. Lo svolgimento del processo
Il processo civile è – come s’è detto – un processo di parti, incentrato sul principio della domanda e retto dall’impulso di parte, salvi i casi in cui sono attribuiti
al giudice poteri di direzione e controllo sullo svolgimento del processo, nonché
poteri istruttori d’ufficio, nelle ipotesi eccezionali previste dalla legge.
Tralasciando il giudizio di esecuzione (estraneo alla presente trattazione) ed i
procedimenti speciali (sui quali si veda, infra, Cap. 4), va subito osservato come il
giudizio di cognizione si strutturi, essenzialmente, in due fasi principali, logicamente distinte, ma costituenti parte dell’unica attività di jus dicere: la fase istrut23
toria e quella della decisione .
17
Art. 181 c.p.c.
Artt. 186-bis, 186-ter e 186-quater.
19
Artt. 282 e 283 c.p.c.
20
Art. 669-bis e ss. c.p.c.
21
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale,
nonché «deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di
cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali».
22
Le principali novità introdotte dalla legge n. 80/2005 e successive modifiche sono relative all’accentuazione dei caratteri dell’oralità e della concentrazione del giudizio, con conseguente maggiore somiglianza del processo civile ordinario a quello del lavoro. Per un’analisi dettagliata di tali
modifiche, con particolare riferimento alla fase di trattazione ed istruttoria del giudizio di cognizione ordinaria, si veda, infra, Cap. 2, par. 2.1.
23
Cfr., in tal senso, S. SATTA-C. PUNZI, Diritto processuale civile, cit., pp. 333-336; contra, vedi
E.T. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, II, cit., p. 4.
18
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Piero Leanza
L’unitarietà del procedimento risulta accentuata in seguito alle riforme di cui
alla legge n. 353/1990 e alla legge n. 51/1998, le quali hanno mantenuto la distinzione tra la figura del giudice istruttore e quella del collegio in un limitato numero di ipotesi e hanno, da ultimo, introdotto la figura del c.d. “giudice unico” di primo grado.
Giova sottolineare che una delle conseguenze più rilevanti della riforma del
1990 fu la soggezione del processo civile ad una serie di preclusioni fino ad allora
estranee alla sua struttura originaria (ci si riferisce, più precisamente, alla struttu24
ra processuale risultante dopo gli interventi operati negli anni ’50) . Tali preclusioni furono l’effetto della modifica degli artt. 164 e 166, 167 c.p.c. in materia di
nullità dell’atto di citazione e costituzione del convenuto e, soprattutto, dell’introduzione dell’udienza di “trattazione” ex art. 183 c.p.c., pur coi correttivi dati dalla possibilità di richiedere i doppi termini per il deposito di memorie ai sensi dell’art. 183, comma 5 (30 giorni più 30), c.p.c., per la precisazione o modifica delle
domande, eccezioni e conclusioni già prese.
Tale modello non incontrò tuttavia i favori della dottrina, la quale ben presto
obiettò che le numerose udienze (quella di verifica del contraddittorio ex art. 180,
quella di comparizione delle parti e trattazione ex art. 183, quelle di assunzione delle prove e quella di precisazione delle conclusioni) e la possibilità di scambio di
numerose comparse scritte (ex artt. 170 e 180, 183, comma 5, 184, comma 1) avevano comportato la nascita di un procedimento eccessivamente formale, con conseguente vanificazione delle finalità originariamente perseguite dalla riforma.
Al fine di porre rimedio a tali inconvenienti, nel 2005 e nel 2006 il legislatore
colse l’opportunità di introdurre nuove rilevanti modifiche al processo civile, prevedendo meccanismi di preclusione più incisivi e tempi più incalzanti.
Anche tale riforma suscitò tuttavia, nell’immediatezza della sua entrata in vigore, non poche perplessità, in particolare con riguardo alla reale possibilità che
il pressante ritmo dettato dal nuovo sistema di udienze e comparse nella fase di
trattazione potesse, di per sé solo, risolvere i problemi del “sistema giustizia” del
nostro Paese e degli ormai notori lunghi tempi di definizione dei processi (nonché della cronica carenza di mezzi e di personale), oltre a comportare seri rischi
di compromissione del diritto di difesa del cittadino.
Deve probabilmente ricollegarsi alla disillusione causata da tale ennesima “mini-riforma” il nuovo importante intervento del legislatore, a pochi anni di distanza, con la citata legge n. 69/2009, alla quale sono seguite altre modifiche alla
struttura del processo civile da parte di successivi interventi del legislatore, a volte contenuti in “leggi-calderone”, aventi ad oggetto le più svariate modifiche legislative. Tra questi, ad esempio, merita un cenno la recente legge 12 novembre
25
2011, n. 183 (c.d. “Legge di stabilità 2012”) , la quale contiene le seguenti disposizioni di interesse per il processo civile: artt. 25 («Impiego della posta elettro24
25
Legge 14 luglio 1950, n. 581 e d.p.r. 17 ottobre 1950, n. 857.
Approvata dal Parlamento il 12 novembre 2011 e pubblicata in G.U. 14 novembre 2011, n. 265.
Introduzione
7
nica certificata nel processo civile»); 26 («Misure straordinarie per la riduzione del
contenzioso civile pendente davanti alla Corte di cassazione e alle corti di appello»);
27 («Modifiche al codice di procedura civile per l’accelerazione del contenzioso civile pendente in grado di appello»).
3.1. L’atto di citazione e la costituzione dell’attore
L’atto di citazione svolge, nel processo civile, la duplice funzione di proposizione della domanda (editio actionis) e di chiamata in causa di colui nei cui con26
fronti la domanda è proposta (vocatio in jus) .
27-28
Il suo contenuto è indicato all’art. 163 c.p.c.
e la norma è completata dalla
26
In questo senso, si veda, tra i tanti, C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, II, Giappichelli,
Torino, 2005, p. 15. Si considerino, poi, tutta una serie di ipotesi in cui è prevista per l’introduzione
del giudizio la forma del “ricorso”, il quale, a differenza della citazione, consiste in un atto rivolto al
giudice (e non direttamente alla parte) e contenente la domanda, al quale segue un provvedimento
di fissazione dell’udienza e la notifica di entrambi alla controparte (si pensi, ad esempio, al ricorso
nel processo del lavoro, ai procedimenti in materia di volontaria giurisdizione, a talune forme di
opposizione all’esecuzione, ecc.).
27
L’art. 163 c.p.c. recita: «La domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa.
Il presidente del Tribunale stabilisce al principio dell’anno giudiziario, con decreto approvato dal
primo presidente della corte di appello, i giorni della settimana e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti.
L’atto di citazione deve contenere:
1. l’indicazione del Tribunale davanti al quale la domanda è proposta;
2. il nome, il cognome, la residenza e il codice fiscale dell’attore, il nome, il cognome, il codice fiscale, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono (n.d.r.: l’aggiunta dell’indicazione del codice fiscale, oltre alle altre generalità dell’attore e del convenuto, sono state aggiunte dal d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella
legge 22 febbraio 2010, n. 24.). Se attore o convenuto è una persona giuridica, un’associazione non
riconosciuta o un comitato la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l’indicazione
dell’organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio;
3. la determinazione della cosa oggetto della domanda;
4. l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni;
5. l’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione;
6. il nome e il cognome del procuratore e l’indicazione della procura, qualora questa sia stata già rilasciata;
7. l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione; l’invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166, ovvero di
dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e a comparire, nell’udienza indicata, dinanzi al
giudice designato ai sensi dell’art. 168-bis, con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 (n.d.r.: il riferimento all’art. 38 c.p.c. è stato introdotto con la legge n. 69/2009).
L’atto di citazione, sottoscritto a norma dell’art. 125, è consegnato dalla parte o dal procuratore
all’ufficiale giudiziario, il quale lo notifica a norma degli artt. 137 ss.».
28
La legge n. 69/2009 ha apportato a tale norma un’unica modifica, consistente nell’aggiunta
dell’avvertimento che la costituzione oltre i termini comporta, oltre alle decadenze di cui all’art. 167
c.p.c., anche quelle di cui all’art. 38 c.p.c. L’art. 38 c.p.c. è stato peraltro riformulato dalla legge n.
8
Piero Leanza
29
più generale disposizione di cui all’art. 125 c.p.c. .
Elementi essenziali dell’atto di citazione sono, quindi, l’indicazione del giudice
davanti al quale è proposta la domanda, le generalità (nome, cognome e residenza) dell’attore e del convenuto, l’indicazione dell’oggetto della domanda (peti30
tum) , l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto posti a fondamento della
domanda (causa petendi) e le relative conclusioni, l’indicazione dei mezzi di prova
e dei documenti, l’indicazione del difensore e della relativa procura, l’indicazione
del giorno dell’udienza con l’invito al convenuto a costituirsi nei termini di legge.
La necessaria indicazione degli elementi di cui ai nn. 3, 4 e 5 riflette l’esigenza
di individuare una prima barriera preclusiva nei confronti dell’attore (al quale fa
da contrappeso, come vedremo, quella gravante sul convenuto, in particolare do69/2009 nei seguenti termini: «1. L’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio
sono eccepite, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta tempestivamente depositata. L’eccezione
di incompetenza per territorio si ha per non proposta se non contiene l’indicazione del giudice che la
parte ritiene competente. 2. Fuori dei casi previsti dall’articolo 28, quando le parti costituite aderiscono
all’indicazione del giudice competente per territorio, la competenza del giudice indicato rimane ferma
se la causa è riassunta entro tre mesi dalla cancellazione della stessa dal ruolo. 3. L’incompetenza per
materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previsti dall’articolo 28 sono rilevate d’ufficio
non oltre l’udienza di cui all’articolo 183. 4. Le questioni di cui ai commi precedenti sono decise, ai
soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e, quando sia reso necessario dall’eccezione del convenuto o dal rilievo del giudice, assunte sommarie informazioni».
29
L’art. 125 c.p.c. recita: «Salvo che la legge disponga altrimenti, la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l’ufficio giudiziario, le parti, l’oggetto, le ragioni della
domanda e le conclusioni o la istanza, e, tanto nell’originale quanto nelle copie da notificare, debbono
essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore che indica il
proprio codice fiscale. Il difensore deve, altresì, indicare l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine e il proprio numero di fax (n.d.r.: il comma 1 della disposizione in esame
è stato modificato da ultimo dalla legge 12 novembre 2011, n. 183 [in particolare, mediante il riferimento specifico all’indirizzo di posta certificata del difensore, quale «comunicato al proprio ordine»]).
La procura al difensore dell’attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata.
La disposizione del comma precedente non si applica quando la legge richiede che la citazione sia
sottoscritta dal difensore munito di mandato speciale».
30
Sia in dottrina che in giurisprudenza si suole distinguere tra petitum immediato, ovvero il
provvedimento giudiziale richiesto, e petitum mediato, ovvero il bene concretamente richiesto. Parte della dottrina ritiene che la norma in esame si riferisca al solo petitum mediato (cfr., per tutti, C.
MANDRIOLI, Diritto processuale civile, II, cit., p. 17), ma alcuni Autori ritengono invece che la norma contempli sia il petitum mediato che quello immediato, nonché la causa petendi (cfr. A. CERINOCANOVA, Dell’introduzione della causa, in Commentario del codice di procedura civile, diretto da E.
Allorio, II, I, Utet, Torino, 1980, p. 243 ss.). In giurisprudenza, si vedano, ex multis, Cass. 2 luglio
2002, n. 9568, in Giust. civ. Mass., 2002, p. 1153; Cass. 16 luglio 1997, n. 6476, in Giust. civ. Mass.,
1997, p. 1205; Cass. 3 novembre 2004, n. 21069. La Suprema Corte, nel riaffermare il principio secondo cui il giudicato «fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa» (art. 2909 c.c.)
entro limiti oggettivi, che sono dati dagli elementi costitutivi dell’azione giudiziaria sulla quale il
giudicato si forma, precisa che tali elementi sono il titolo sul quale si fonda la stessa azione (causa
petendi) e il bene della vita che ne forma l’oggetto (petitum mediato), a prescindere dal tipo di sentenza adottato (petitum immediato) (Cass. n. 5925/2004, Cass. n. 14414/2002, Cass. n. 14477/1999,
e numerose altre).
Introduzione
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po le modifiche apportate all’art. 167 c.p.c.), ponendo a suo carico l’onere di una
completa allegazione degli elementi di fatto e di diritto e dei mezzi di prova posti
a sostegno della domanda.
Tale preclusione non è tuttavia assoluta, in quanto sia le domande ed eccezioni che i mezzi di prova possono essere precisati ed integrati nei termini e con le
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modalità di cui all’art. 183 c.p.c. .
Ai sensi dell’art. 163, n. 6, c.p.c., è richiesta, a pena di nullità, oltre all’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione, anche l’invito al convenuto a costituirsi nel termine di legge prima dell’udienza indicata, con l’avvertimento che in caso di costituzione oltre i termini si verificheranno le decadenze di cui agli artt. 38
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e 167 c.p.c. .
Va sul punto osservato che la Corte di Cassazione ha più volte precisato che
non occorre indicare anche l’ora dell’udienza, essendo sufficiente la chiara menzione del giorno, mese ed anno dell’udienza. L’indicazione deve essere tuttavia inequivoca, con la conseguenza che va considerato ininfluente un eventuale errore
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materiale , purché facilmente riconoscibile dalle parti .
Ulteriore accorgimento del legislatore nel garantire il pieno rispetto del diritto
di difesa è la previsione di un termine dilatorio minimo, fissato dalla novella del
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2005 in giorni 90 (e 150 se il convenuto si trova all’estero) tra la notifica dell’atto di citazione e la data della prima udienza, con l’evidente funzione di concedere al convenuto un più ampio lasso di tempo per la predisposizione delle proprie difese.
Per il calcolo di tali termini vale la sospensione feriale così come previsto dalla
legge 7 ottobre 1969, n. 742.
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Così la Cassazione la quale richiama il consolidato orientamento secondo cui:
La sospensione dei termini processuali (di cui all’art. 1 L. 7 ottobre 1969 n. 742) durante il periodo
feriale si applica a tutti i termini processuali, senza distinzioni: essa vale, perciò, anche per i termini
dilatori e, in particolare, per il termine a comparire che deve essere assegnato al convenuto a norma
dell’art. 163 bis cod. proc. civ.: ne consegue che per giudicare della congruità di esso occorre detrarre i giorni compresi tra l’1 agosto ed il 15 settembre (Cass. 3 giugno 1999 n. 5435).
Non sono invece previsti termini massimi per la citazione del convenuto, ma nel
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Non potranno invece essere modificate le domande, essendo ammessa solo una emendatio libelli e mai una mutatio libelli.
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La novella del 2009 ha aggiunto la previsione dell’art. 38 c.p.c.
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Cass. 10 dicembre 2003, n. 18877.
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Cass. 27 agosto 2002, n. 12546.
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Il testo precedente alla riforma del 2005 prevedeva invece, rispettivamente, un termine di 60 e
di 120 giorni. È rimasta ferma la disposizione di cui all’art. 163-bis c.p.c., ai sensi del quale il Presidente del Tribunale può disporre la riduzione dei termini alla metà, ove sussistano particolari ragioni d’urgenza.
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Orientamento consolidato delle Cassazioni Unite, cfr. anche Cass. n. 888/1977; Cass. n.
2928/1973; Cass. n. 3665/1971.
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Piero Leanza
caso in cui l’attore fissi un termine troppo avanti nel tempo, il convenuto può costi37
tuirsi e chiedere con ricorso al Presidente l’anticipazione della prima udienza .
Ai sensi dell’art. 70-bis disp. att. c.p.c., i termini a comparire di cui sopra vanno rispettati anche in caso di rinvii della prima udienza.
Dopo la notifica dell’atto di citazione, l’attore deve costituirsi in giudizio mediante il deposito dell’atto notificato, nel termine perentorio di dieci giorni dalla
notifica, unitamente al proprio fascicolo e alla richiesta di iscrizione a ruolo, pres38
so la cancelleria del giudice adito .
Il convenuto, invece, deve costituirsi nel termine di giorni 20 prima dell’udienza
fissata, e il mancato rispetto di tale termine ha conseguenze maggiormente rilevanti
di quelle discendenti per l’attore, essendo lo stesso imposto a pena di decadenza
dalle domande riconvenzionali, dalla possibilità di chiamare un terzo in causa, dalla
proposizione delle eccezione non rilevabili d’ufficio.
Ai sensi dell’art. 171 c.p.c., infine, se una delle parti si è costituita nei termini,
l’altra può anche costituirsi alla prima udienza, ma restano ferme le decadenze in
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cui sia eventualmente incorso il convenuto .
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Ai sensi dell’art. 163-bis, comma 3, c.p.c.: «Se il termine assegnato dall’attore eccede il minimo
indicato dal primo comma, il convenuto, costituendosi prima della scadenza del termine minimo, può
chiedere al presidente del Tribunale che, sempre osservata la misura di quest’ultimo termine, l’udienza
per la comparizione delle parti sia fissata con congruo anticipo su quella indicata dall’attore. Il presidente provvede con decreto, che deve essere comunicato dal cancelliere all’attore, almeno cinque giorni
liberi prima dell’udienza fissata dal presidente». La disposizione di cui all’art. 163-bis, comma 3,
c.p.c. è integrata da quella di cui all’art. 70 disp. att.: «L’istanza di abbreviazione dei termini di comparizione, prevista nell’articolo 163-bis ultimo comma del codice, è proposta con ricorso diretto al presidente del Tribunale, ovvero, se la causa è stata già assegnata ad una sezione, al presidente di questa.
Il decreto del presidente, scritto in calce al ricorso, fissa l’udienza di prima comparizione e deve essere
comunicato, insieme col ricorso stesso, ai procuratori delle parti costituite almeno cinque giorni liberi
prima dell’udienza fissata dal presidente. Alle parti non costituite il decreto e il ricorso debbono essere
notificati personalmente in un congruo termine stabilito dal presidente. Se all’udienza fissata dal presidente non compariscono tutte le parti alle quali deve essere fatta la comunicazione o la notificazione,
il giudice istruttore verifica la regolarità della comunicazione o della notificazione, e ne ordina, quando
occorre, la rinnovazione, fissando una nuova udienza di prima comparizione. In tal caso deve essere
osservato per la comunicazione lo stesso termine stabilito nel comma precedente; per la notificazione
delle parti non costituite il giudice istruttore stabilisce un nuovo termine congruo». La Corte di Cassazione ha precisato sul punto che il decreto del Presidente del Tribunale di abbreviazione dei termini di comparizione ex art. 163-bis, comma 2, c.p.c., non vale anche ai fini della sospensione dei
termini nel periodo feriale, con l’effetto che, in caso di allegazione di motivi di particolare urgenza,
la causa potrà essere trattata anche in periodo feriale, per evitare alle parti di subire un grave pregiudizio (Cass. 9 marzo 1990, n. 1938, in Giust. civ. Mass., 1990, fasc. 3).
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L’art. 165 c.p.c. recita: «L’attore, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, ovvero entro cinque giorni nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma
dell’articolo163-bis, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando in cancelleria la nota d’iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contenente l’originale della citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione.
Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove
ha sede il Tribunale. Se la citazione è notificata a più persone, l’originale della citazione deve essere
inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall’ultima notificazione».
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L’art. 171 c.p.c. dispone: «Se nessuna delle parti si costituisce nei termini stabiliti, si applicano