NASCITA E AVVENTO DEL FASCISMO (SINTESI) 1. L'economia italiana negli anni di guerra e nell'immediato dopoguerra (1914-1921) 2. L'Italia politico-sociale nell'immediato dopoguerra 3. Ex combattenti e fascismo: 1'antipartito 4. Il biennio rosso 1919-1920 5. L'avventura fiumana e la Caporetto liberale 6. Ultimo ministero Giolitti 7. Dall'occupazione delle fabbriche ai Blocchi nazionali 8. Dal ministero Bonomi e Facta alla Marcia su Roma L'apparato industriale italiano, a lungo mobilitato per fornire gli eserciti di armi, mezzi ed equipaggiamenti, esce dalla prima guerra mondiale notevolmente rafforzato. Cessata la risorsa delle commesse statali, la riconversione delle industrie alla produzione necessaria nei tempi di pace costituisce però un problema gravissimo, e comporta l'espulsione dalle fabbriche di un gran numero di operai. Massiccia sindacalizzazione dei lavoratori, vistosa crescita del Partito Socialista, nascita del Partito Popolare e intensa partecipazione dei cattolici alla vita politica, formazione di movimenti nazionalisti piccolo-borghesi (e in particolare del movimento fascista), crisi dei gruppi liberali, nettamente sopraffatti dai partiti di massa: questi sono i processi salienti della storia italiana negli anni immediatamente successivi alla Grande Guerra. Disoccupazione, carovita, delusione per le molte promesse non mantenute spingono le masse popolari a manifestare la propria rabbia con le vaste e anarcoidi agitazioni del biennio rosso (1919-1920), mentre l'esasperato nazionalismo piccolo-borghese fa da supporto all'avventura di Gabriele D'Annunzio, che nel settembre 1919 suborna alcuni reparti dell'esercito e li guida alla conquista di Fiume, rischiando di provocare un conflitto fra l'Italia e la Iugoslavia. Fra la metà del '20 e la metà del '21 Giolitti, tornato quasi ottantenne alla presidenza del Consiglio, tenta di arginare il marasma risolvendo la questione di Fiume e progettando riforme democratiche intese a mitigare la lotta di classe e a battere il massimalismo socialista. La ripresa della politica mediatrice giolittiana fallisce però di fronte alla violenza dello scontro fra padronato e proletariato, che culmina nel settembre 1920 con l'occupazione delle fabbriche. Questa rischiosa iniziativa rivoluzionaria della Federazione Italiana Operai Metallurgici (FIOM) si risolve peraltro in un fallimento, e la sconfitta dei lavoratori facilita la successiva violenta reazione antiproletaria delle squadre fasciste, finanziate dagli agrari, e in misura minore anche dagli industriali. Alle occupazioni di fabbriche e latifondi - che spesso assumono toni insurrezionali che quindi inquietano quella media borghesia già terrorizzata degli eventi della Rivoluzione russa - rispondono le violenze squadriste dei Fasci di Combattimento, fondati a Milano nel marzo 1919 dall’ex socialista Benito Mussolini. Da qui in poi il Fascismo batterà con insistenza sul nazionalismo dei reduci delusi, dai trattati di pace e dalla “vittoria mutilata” che ne è conseguita, conquistandosi l’appoggio delle classi possidenti, allarmate dalla“minaccia rossa”. All'indebolimento del proletariato contribuiscono altresì la crescente disoccupazione, determinata dalla crisi del 1920-1921, e la scissione del Partito Socialista, da cui si staccano nel gennaio del 1921 i fondatori del Partito Comunista d'Italia, a Livorno. Fra il '21 e il '22, mentre al governo si succedono Bonomi e Facta, le violenze fasciste si fanno più gravi e sistematiche, e si concludono infine con la cosiddetta Marcia su Roma (28 ottobre 1922), dopo la quale Vittorio Emanuele III affida a Mussolini l'incarico di formare un nuovo governo.