CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori In questo capitolo spiegheremo cos’è e a cosa serve un oscillatore. Partiremo dalla definizione di oscillatore ideale e poi passeremo a quello reale spiegando quali sono gli effetti di disturbo che entrano in gioco nella pratica. Infine sceglieremo un modello e ne studieremo il rumore di fase. Come è già stato detto nell’introduzione, il rumore di fase è una figura di merito importante per garantire che l’oscillatore sia adatto a funzionare come LO in particolari applicazioni. La teoria del rumore di fase è un argomento che negli ultimi anni sta interessando particolarmente i ricercatori di tutto il mondo; la ragione di tale accanimento sta nel fatto che la teoria lineare tempo invariante, specialmente negli ultimi cinquanta anni, non si trova in perfetto accordo con i risultati ottenuti sperimentalmente dagli oscillatori realizzati. Quindi per aiutare i progettisti, sono stati introdotti dei fattori di correzione per aggiustare la teoria lineare a di conseguenza correggere le misure. Lo scopo di questo capitolo perciò sarà principalmente quello di esporre nel modo più chiaro possibile i concetti base della teoria del rumore di fase degli oscillatori, che ci sarà di grande aiuto nei capitoli successivi quando andremo a progettare il nostro oscillatore. CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori 1.1 – Gli oscillatori Gli oscillatori sono circuiti in grado di produrre un’oscillazione stabile, sia nello spettro che nell’ampiezza. Essi vengono utilizzati come sorgenti di clock per le varie temporizzazioni del sistema. Esistono vari tipi di oscillatori che differiscono tra loro per la modalità di funzionamento, per il campo operativo e per la stabilità. Volendo fare una prima classificazione possiamo distinguere: • oscillatori LC (serie – parallelo - al quarzo) • oscillatori ad anello • oscillatori a sfasamento • oscillatori a rilassamento di solito, nell’ambito delle radiofrequenze, si usano quelli del primo tipo. Gli oscillatori inoltre sono sistemi non lineari e perciò non potrebbero essere visti come sistemi a poli e zeri. Però nonostante tutto, volendoci semplificare la vita, possiamo vederli come sistemi a due poli immaginari. Nel caso in cui ci sia solo una coppia di poli, l’oscillatore verrà detto “sinusoidale”, altrimenti sarà detto “armonico”. 13 CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori 1.2 – Oscillatori LC Gli oscillatori LC non sono altro che dei circuiti basati su risonatori LC parallelo (o serie) che, idealmente, si comportano da oscillatori al seguito di un’eccitazione istantanea. L C Fig. 1.1 – Risonatore Ideale La frequenza di oscillazione ω0 di questi dispositivi si può ricavare dal criterio di Barkhausen, che sarà spiegato nel paragrafo successivo. ω 0 = 1 LC (1.1) Naturalmente nella realtà non esistono condensatori e capacitori privi di perdite, e perciò tale risonatore non oscillerà come abbiamo previsto, ma darà luogo ad un’oscillazione smorzata. Perciò quando passiamo al caso reale, condensatori e induttori devono essere modellizzati tenendo conto di una resistenza di perdita (Fig. 1.2) che varia con la frequenza. Vediamo sotto i modelli reali: 14 CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori Lreale Creale RLS Cideale RCP Lideale Fig. 1.2a - Modello di un induttore reale Fig. 1.2b - Modello di un condensatore reale Alle basse frequenze tali resistenze di perdita si possono considerare pressoché costanti. Alle alte frequenze invece, si presentano fenomeni non poco trascurabili quali l’effetto pelle, le resistenze tenderanno a crescere con la frequenza stessa. Per questi motivi, nell’ambito RF si preferisce parlare di Q associato all’induttore o al condensatore, piuttosto che di resistenza. Ad esempio, per l’induttore si ha: QL = ω ⋅ L R LS (1.2) all’aumentare di ω si ha un aumento di RLS quindi il valore di Q, in un range di frequenze, si mantiene costante. Contrariamente a quanto potrebbe apparire dall’equazione 1.2, un aumento di L comporta una diminuzione del Q, a causa di un conseguente aumento di RLS. Anche i condensatori sono classificati in base al Q (in genere molto maggiore di quello degli induttori): QC = ωRCP C (1.3) Tornando al risonatore, detto QTOT il Q complessivo e supposto QC>>QL, si ha: 15 CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori 1 QTOT = 1 1 + ⇒ QTOT ≅ Q L QC Q L (1.4) Il Q del risonatore è perciò stabilito da quello dell’induttore. Si consideri quindi il modello di un risonatore ideale rappresentato in Fig. 1.3, L RLS C RCP L C RLC Fig. 1.3 – Risonatore reale La resistenza equivalente RP (sempre nell’ipotesi che QC >>QL) è data da: ( ) RLC = RCP // RLS QL ≅ RLS QL 2 2 (1.5) e dipende da quella di perdita dell’induttore. Il Q del risonatore è: Q = ω 0 RLC C = RLC ω0 L con ω0 = 1 LC (1.6) Per realizzare un oscillatore è necessario porre una resistenza negativa –Ra in parallelo (o in serie, nel caso di oscillatore LC serie) al risonatore, rappresentata da un circuito attivo che periodicamente fornisce energia per compensare le perdite del risonatore stesso. Bisogna però far si che questa resistenza abbia valore diverso man mano che le oscillazioni aumentano in ampiezza: inizialmente il parallelo tra RLC ed Ra dovrà essere negativo e, 16 CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori successivamente, di valore infinito (con –Ra=RLC) in maniera da annullare le perdite e realizzare un risonatore ideale. 17 CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori 1.3 – Modello a resistenza negativa Esistono diversi modelli teorici che vengono utilizzati per l’analisi degli oscillatori armonici. Tra di essi: • modello di Van Der Pol • modello a retroazione • modello a resistenza negativa Il nostro progetto farà riferimento al modello a resistenza negativa (Fig. 1.4). Circuito attivo Circuito risonatore -RA RT Fig. 1.4 – Modello a resistenza negativa In tale modello, l’oscillatore si compone di due parti: una denominata circuito attivo e l’altra denominata circuito risonatore. Il circuito attivo ha lo scopo di fornire l’energia necessaria per l’innesco ed il mantenimento delle oscillazioni del sistema; il circuito risonatore, costituito generalmente da un circuito RLC, ha lo scopo di fissare l’opportuna frequenza di lavoro dell’oscillatore. Nel nostro progetto il circuito attivo è realizzato tramite una coppia di transistori MOS con connessione incrociata delle gate che generano un’impedenza negativa; il circuito risonatore è costituito da un induttore, un varactor (capacità variabile in funzione di una tensione di controllo) e da 18 CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori ulteriori elementi parassiti essenzialmente resistivi dovuti alle perdite dei componenti reattivi. Utilizzando il modello ad impedenza negativa si ha che l’equazione caratteristica del nostro sistema è data dalla seguente espressione: f (s ) = Z A (s ) + Z T (s ) (1.7) Tale modello per l’analisi di un oscillatore risulta essere notevolmente vantaggioso quando si progettano oscillatori ad elevata frequenza in cui hanno un peso rilevante gli elementi parassiti dovuti tanto ai componenti attivi quanto a quelli passivi poiché in tal caso risulta semplice caratterizzare l’impedenza di una porta. 19 CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori 1.4 – Funzionamento di un oscillatore In questo paragrafo, tenendo presente il fatto che l’oscillatore è un circuito non lineare, vediamo quali sono le condizioni che devono essere verificate affinché esso funzioni in maniera corretta. Per prima cosa differenziamo le condizioni di oscillazione tra le condizioni d’innesco e le condizioni di oscillazione stabile. 1.4.1 – Condizioni di innesco Al fine di attivare la condizione di instabilità e quindi di innesco dello stato oscillante debbono essere verificate le seguenti condizioni: R A (ω 0 ) + RT (ω 0 ) < 0 X A (ω 0 ) + X T (ω 0 ) = 0 (1.8) dove ω0 risulta essere la frequenza di risonanza dell’oscillatore, valore di frequenza in cui la componente reattiva totale del circuito risulta essere uguale a zero. Nel caso ideale la ω0 risulta essere la effettiva frequenza di risonanza del circuito. In realtà, poiché entrano in gioco in tale struttura diversi fenomeni, la ω0 ricavata si discosta dal valore reale della frequenza di risonanza. 1.4.2 – Condizione di oscillazione stabile (criterio di Barkhausen) Una volta innescato lo stato oscillante a causa delle non linearità di funzionamento del sistema si raggiunge una condizione di equilibrio descritta dalle seguenti espressioni: 20 CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori R A (ω 0 ) + RT (ω 0 ) = 0 X A (ω 0 ) + X T (ω 0 ) = 0 (1.9) Tale condizione di equilibrio è dovuta alla dipendenza della RA dall’ampiezza delle oscillazioni del circuito, infatti ricordiamo che l’ampiezza del segnale può crescere sino a portare i transistori in regioni di funzionamento quali la saturazione provocando quindi decremento del guadagno della parte attiva. Ciò implica che raggiunto un massimo dell’ampiezza di oscillazione il sistema si stabilizza. 21 CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori 1.5 – Rumore in un oscillatore Uno dei problemi degli oscillatori, specialmente in ambito RF, è quello del rumore. Idealmente si vorrebbe produrre un segnale con una sola armonica, ma in realtà quello che viene fuori è uno spettro che solo approssimativamente può essere assimilabile ad una riga. 1.5.1 – Calcolo della densità spettale in uscita Per poter calcolare il rumore in un oscillatore, consideriamo il circuito base (vedi Fig. 1.5), costituito da un risonatore LC parallelo comprensivo degli effetti parassiti (sintetizzati dalla gp) e un circuito attivo (rappresentato dalla Gm). Circuito attivo Risonatore V0 Gm L C gp IX Fig. 1.5 – Oscillatore eccitato da un tono di corrente Supponiamo di eccitare l’oscillatore con un tono di corrente IX(jω) e vediamo che la tensione al nodo V0 è data dalla seguente espressione: 22 CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori V 0 ( jω ) = I X ( jω ) 1 ⎞ ⎛ g p − G m + j ⎜ ωC − ⎟ ωL ⎠ ⎝ Dalla (1.10), si deduce che ogni volta che gp=Gm e ω 0 = 1 (1.10) LC , ovvero ogni volta che sono verificate le condizioni di Barkhausen, la tensione al nodo V0 sarà un tono sinusoidale alla frequenza ω0. Adesso supponiamo di studiare lo stesso circuito di prima, nell’ipotesi che siano note le condizioni di Barkhausen e che stavolta IX sia una corrente di rumore definita dalla relativa densità spettrale di potenza Sin(ω). Lo spettro della densità di potenza associata alla tensione di rumore SV0(ω) è data dalla seguente espressione: SVO (ω ) = S in (ω ) 1 ⎞ ⎛ j ⎜ ωC − ⎟ ωL ⎠ ⎝ (1.11) 2 se ω=ω0+∆ω, dove ∆ω<<ω0, allora abbiamo che: (ω 0 + ∆ω )C − 2(∆ωω 0 )LC + (∆ω ) LC 1 = ≈ 2C∆ω (ω 0 + ∆ωL ) (ω 0 + ∆ω )L 2 sostituendo la (1.12) nella (1.11), si avrà: 23 (1.12) CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori SVO (ω ) = S in (ω ) (1.13) (2∆ωC )2 Dall’equazione (1.13) possiamo concludere che: la densità spettrale di tensione di un oscillatore scende di 6dBs per ottava ogni volta che viene applicato del rumore bianco. 1.5.2 – Amplitude Noise e Phase Noise Adesso supponiamo di applicare un tono solamente ad un lato dell’uscita dell’oscillatore come mostrato in Fig. 1.6. LO Noise Tone LO AM Tone LO + PM Tone Fig. 1.6 – Decomposizione del rumore additivo In questo caso, il tono di rumore può essere visto come la somma di due contributi, uno legato alla modulazione d’ampiezza e uno alla modulazione di fase. Inoltre possiamo dividere il rumore d’ingresso in un termine dovuto alla modulazione d’ampiezza ed uno legato alla modulazione di fase: 24 CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori S in (ω ) = S inAM (ω ) + S inPM (ω ) = 4kTg p (1.14) S inAM (ω ) = S inPM (ω ) = 1 4kTg p 2 avendo considerato che tutto il rumore sia dovuto alla conduttanza parallelo gp, ovvero ipotizzando che essa includesse le perdite della cella LC e gli effetti di carico di entrambi gli stadi attivi. Nella realtà però le cose non funzionano come è stato detto nella (1.14), poiché esiste un meccanismo di limitazione dell’ampiezza dovuto alla saturazione dei dispositivi attivi. La Fig. 1.7 mostra la caratteristica della transconduttanza ed evidenzia in modo chiaro la differenza fra uno stadio attivo ideale ed un circuito reale. I Ideale Reale +Io -Ao +Ao V -Io Fig. 1.7 – Comportamento della transconduttanza 25 CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori È facile capire dal grafico che quando la corrente d’uscita dell’oscillatore reale satura a +/-I0, un rumore additivo non è amplificato in ampiezza. Quindi, nelle vicinanze della portante, ω ≈ ω 0 , la densità spettrale della tensione dovuta al rumore d’ampiezza è data dall’equazione (1.15). ad elevati offset invece vale la (1.13) e perciò la densità spettrale della tensione d’uscita dovuta al rumore di fase sarà data dall’equazione (1.16). S voAM (ω ) = g p S inAM (ω ) = 2 S voPM (ω ) = S inPM (2∆ωC )2 gp 2 2 4kTg p 1 4kTg p = 2 (2∆ωC )2 (1.15) (1.16) Le equazioni (1.15) e (1.16) mostrano che: ad un basso offset dalla portante, lo spettro della portante è dominato dal rumore di modulazione di fase, mentre appena l’offset si avvicina idealmente alla larghezza di banda del risonatore, ω0/(2Q), il rumore d’ampiezza è paragonabile al rumore di fase. Quanto detto è mostrato in Fig. 1.8. 26 CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori Phase Noise Amplitude Noise ωo/Q Fig. 1.8 – Contributi di rumore allo spettro d’uscita Possiamo inoltre affermare, riferendoci allo spettro mostrato in Fig. I.4, che l’appiattimento della potenza della portante ad un offset grande è dovuto al rumore bianco aggiunto da eventuali stadi di amplificazione o da buffer aggiunti in cascata all’oscillatore. Ogni volta che il progettista va a fare una stima grossolana del rumore di fase dell’oscillatore, deve nuovamente studiare la (1.16). La conduttanza di perdita parallelo gp viene legata al Q del risonatore dalla seguente espressione: gp ≈ ωC 1 = 0 ω 0 QL Q (1.17) e perciò, sostituendo nella (1.16), si ha: 1 4kTg p kT ω 0 2 S voPM (ω ) = = 2 (2∆ωC ) 2C Q(∆ω )2 27 (1.18) CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori Se rievochiamo la definizione di Phase Noise data nell’introduzione e se identifichiamo l’ampiezza della portante con A0, avremo che il Phase Noise ad un offset ∆ω dalla portante sarà dato dalla seguente espressione: L(∆ω ) = S voPM (ω ) kT ω 0 1 = 2 1 2 C A0 Q (∆ω )2 A0 2 (1.19) 1.5.3 – Contributo del rumore Flicker sul Phase Noise Per fare un’analisi precisa è necessario considerare il contributo di rumore all’uscita fornito dai dispositivi attivi. Per fare ciò basta considerare nella densità spettrale di rumore in ingresso un piccolo fattore di correzione F che tiene conto del rumore Flicker: S inPM (ω ) = 1 4kTg p (1 + F ) 2 (1.20) Una volta considerato il rumore Flicker, possiamo correggere il Phase Noise: L(∆ω ) = S voPM (∆ω ) kT ω 0 1 + F = 1 2 C A0 2 Q (∆ω )2 A0 2 28 ⎛ ω flic ker ⎜⎜1 + ∆ω ⎝ ⎞ ⎟⎟ ⎠ (1.21) CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori L(Δω) Pendenza: 9dBs/ottava 1 (∆ω )3 1 ω flic ker (∆ω )2 Pendenza: 6dBs/ottava Δω Fig. 1.9 – Influenza del rumore Flicker sul Phase Noise Il parametro ωflicker è di solito l’offset al quale i dispositivi attivi mostrano il loro angolo di flicker. Nella Fig. 1.9 è mostrato l’SSB Phase Noise. Ad un offset molto basso dalle portante, il Phase Noise scende con una pendenza di 9dBs per ottava a causa del contributo del rumore flicker; dopo l’angolo di flicker, il Phase Noise scende di 6dBs per ottava. 1.5.4 – Consigli utili per la progettazione L’equazione (1.21) fornisce ai progettisti delle ottime dritte per migliorare la progettazione di un oscillatore LC parallelo. Innanzitutto, l’ampiezza dell’oscillazione e il Q del risonatore potrebbero essere massimizzati. È anche dimostrato che, data una certa frequenza di oscillazione ω0 = 1 LC , il progettista può scegliere un valore per la capacità, il più alto possibile. 29 CAPITOLO I – Teoria di base sugli oscillatori Attualmente si può dimostrare che la dissipazione di potenza di un oscillatore aumenta con C così che spesso i progettisti hanno messo in commercio dispositivi che danno ottime prestazioni sul rumore ma solo per applicazioni a bassa dissipazione di potenza. Dopo aver spiegato abbastanza dettagliatamente come funzionano gli oscillatori e come si misurano le loro prestazioni, nei prossimi capitoli descriveremo nel dettaglio i singoli componenti che li compongono (condensatori, induttori e coppie differenziali) e poi passeremo alla progettazione del nostro VCO a 24GHz. 30