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Trascrizione a cura di
Alessandro Brazzoni
Dunque, io vorrei che poi alla fine le persone che sono venute qua andassero a
casa con qualcosa da portarsi dietro ed usare.
Vorrei fare qualche osservazione in proposito e siccome il tempo è poco mi
limito soltanto a dire tre cose.
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La prima cosa che voglio dire è che non dobbiamo stare a
sentire la propaganda di regime che impone, appunto, come
diceva Diego, il pensiero unico . Dobbiamo renderci conto che
dietro ogni istituzione, dietro ogni forma politica, ogni riforma,
come se ne stanno facendo adesso, ci sono delle scelte di
base che potrebbero anche essere diverse.
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Nessuno ha detto che debbano essere così, ed è nostro
compito di cittadini responsabili decidere che cosa
pensiamo e queste scelte sono scelte spesso fondamentali,
basilari come dicevo all'inizio del mio intervento.
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C'è un passo molto bello del “Diavolo veste Prada”, il film in cui Anna Hathaway
che rifiuta il mondo della moda, indossa un maglione azzurro preso da una
bancarella e Meryl Streep dice: “tu credi di ribellarti alla moda ma in realtà ti
posso dire io che questo particolare tono di azzurro, viene da una collezione di
Oscar de la Renta, dell'anno tale che poi è passato attraverso mille variazioni
fino ad arrivare alla bancarella dove l'hai comprato tu.
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Per dire altrimenti con le parole di Jacques Derrida la pena per chi
conosce la storia della filosofia è quella di ricapitolarla.
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Allora, Diego ci ha ricordato l'antropologia Hobbesiana. All'inizio del
“Leviatano” Hobbes ci da il meccanismo che per lui è un essere umano, ci
dice quali sono le motivazioni fondamentali dell'essere umano: Avidità,
Diffidenza e Gloria.
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Voi mettete in moto un automa guidato da questi tre istinti e viene fuori il mondo
Hobbesiano.
Qualche decennio successivo Jean Jacques Rousseau ci presenta un
altro modello antropologico. Un modello in cui l'essere umano
è guidato sostanzialmente da amore di sé, che non va confuso
con l'amor proprio e compassione.
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Quindi avidità, diffidenza e gloria sono il frutto di una corruzione
operata dalla società, non è dotazione genetica originaria.
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Allora, ciascuno di noi come essere umano farà una scelta,
deciderà da che parte sta, che tipo di antropologia preferisce.
Non è che ce lo devono dire necessariamente i padroni del vapore.
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Ciascuno di noi deciderà, perché hanno deciso anche loro, cioè non è che
questa cosa viene in un vuoto in cui c'è un pensiero unico, esistono delle
alternative, dobbiamo esserne consapevoli e fare una scelta
consapevole.
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La seconda cosa che voglio dire è: sono decenni che si parla di
“Antropologia” e di “Economia del dono”. Per carità, è una bellissima cosa,
sento un pericolo però, cioè in un'atmosfera dominata dal discorso edificante
di varie religioni, parlare di dono può sembrare un invito ad essere
delle brave persone, delle persone che danno del proprio per
meritarsi chissà che cosa. Invece, le cose stanno molto
diversamente è l'altro che è un dono per me. Ed è il dono più
grande, perché se io voglio arricchire il mio essere sarà l'altro
a darmi le modalità e gli strumenti per arricchirmi, più mi
chiudo in me stesso più misero divento.
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Quindi, se io gli do qualcosa, è soltanto all'interno di uno scambio
in quel mio essere che si arricchisce. Quindi non si tratta di
appartenenza a qualcosa di più grande, che anche qui sembra
molto edificante, molto astratto, si tratta di vivere ad un livello di
essere più intenso, più vero, più vivo.
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Pensate a come si vive in una coppia, quando la coppia funziona, pensate a
quanta intrinseca generosità si manifesta l'uno nei confronti dell’altro, pensate
quando la coppia si spezza è tutta in una volta quel modo di essere si frantuma.
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Noi apparteniamo ad una coppia? No! Noi non apparteniamo ad
una coppia, noi siamo una coppia, noi non apparteniamo ad
uno Stato noi siamo uno Stato. Quel marciapiede che sta la
fuori è mio, fa parte del mio essere, della mia persona come di
tutti noi.
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Noi siamo queste cose non gli apparteniamo, appartenere , io faccio il
logico di professione è quella cosa che c'è nella teoria degl’insiemi:
un elemento appartiene ad un insieme.
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Io non appartengo ad uno stato io sono lo stato, insieme con
tutti voi, io sono una coppia insieme con la persona che con
me è la coppia.
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L’ultima cosa che voglio dire è, quella cosa molto interessante che diceva prima
Diego a proposito della via di mezzo, che è molto importante per Aristotele.
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Aristotele arriva a queste considerazioni anche perché ragiona
come un biologo, Aristotele ci ha lasciato un “Corpus” immenso che è
soltanto una minima parte di quello che effettivamente aveva scritto e la lettura
del “Corpus Aristotelico” è una cosa che ogni essere umano educato
dovrebbe fare una volta nella sua vita.
Comunque, se lo fate vi rendete conto che il 25% di quello che c'è rimasto di
Aristotele sono opere ideologiche. Quindi Aristotele ragiona molto spesso come
un biologo, se vuoi ragionate come un fisico allora vi rendete conto
che ci possono essere stelle che sono miliardi di volte più grandi di
altre stelle, sempre stelle sono e così via.
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Se ragionate come un biologo, vi rendete conto che un
organismo funziona in certi ambiti, in certi limiti dimensionali.
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Nonostante le storielle che ci raccontavano da bambini, non ci possono essere
esseri umani alti 10 metri, perché lo scheletro non li terrebbe sù. Non ci possono
essere esseri umani alti 5 cm, perché la pressione li schiaccerebbe. Quindi gli
esseri umani sono un po' più alti e un po' più bassi, ma possono stare in quelle
dimensioni lì.
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Allora allo stesso modo, una città, una comunità, uno Stato,
dovranno interrogarsi su quali siano le dimensioni più
appropriate per mantenere la propria unità e funzionalità.
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Questo ci sta dicendo anche Aristotele, quando ci dice appunto, che una
città non deve essere né troppo grande, né troppo piccola, né
troppo ricca, ne troppo povera e via discorrendo.
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Allora, queste sono cose, strumenti di lavoro che io vorrei che vi portaste con voi
stasera, quando andate a casa e pensate, ragionate, discutete con i vostri amici
e colleghi.
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Le scelte teoriche sono scelte, non sono imposizioni e ciascuno
di noi fa una scelta che lo voglia o meno.
Il dono non lo facciamo perché siamo delle brave persone, ma
perché noi vogliamo vivere ad un livello diverso di intensità e di
grazia.
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Molto spesso, in politica soprattutto, un modello biologico funziona
meglio di un modello fisico.