Tecniche di diagnosi innovative per i principali patogeni delle

Review n. 12 - Italus Hortus 17 (4), 2010: 57-70
Tecniche di diagnosi innovative per i principali patogeni delle specie
ornamentali
Alessandro Infantino1*, Francesco Faggioli1, Luca Ferretti1, Stefania Loreti1, Laura Tomassoli1 e
Anita Haegi1,2
1 CRA-PAV, Centro di Ricerca per la Patologia vegetale, via C.G. Bertero 22, 00156, Roma
2 CRA-VIV Unità di Ricerca per il vivaismo e la gestione del verde ambientale ed ornamentale, via dei
Fiori 8, 51012 Pescia (PT)
Ricezione: 2 giugno 2010; Accettazione: 5 luglio 2010
Modern diagnostic techniques for
pathogens of ornamental crops
Abstract. The production of ornamental plants plays
an important role for Italian agriculture, accounting for
about 6% of the whole agricultural production, with
some local areas particularly devoted to these activities. Diseases caused by fungi, bacteria, viruses,
viroids and phytoplasmas represent a major threat for
the quality and yield along almost every step of the
production chain. The phytopathological scenario of
many ornamental species is rapidly changing due to
several factors, among which are the import and cultivation of new species from exotic countries, cultivars
lacking genetic disease resistance, the changes in the
cultivation practices, the introduction of pathogens
causing new diseases, and finally, the climatic
changes. For many years, chemical control has represented the only solution for the management of the
diseases, but the strategies for their application have
been sometimes not efficient and rational.
Environmental pollution, human health risks, high cost
of agrochemicals and treatments are some of the
drawbacks whose consequences are often underestimated. The correct and rapid diagnosis of a disease
represent the first step for any successful control
strategies. Diagnosis of plant diseases has witnessed
huge progress in the last years due to the development of serological and molecular-based techniques.
The development of new diagnostic techniques
allowed to overcome many limiting factors of conventional ones, i.e. the need for well-trained personnel,
the long time required for results, the difficulties in the
detection of non-cultivable organisms. The complexity
and high cost of some innovative diagnostics have
often limited their application to specialized laboratories. However, new techniques and more user-friendly
devices are being developed for diagnostic purposes,
also for in situ application. In this paper, innovative
techniques for the diagnosis of diseases of ornamental plants are reviewed with many examples of their
practical application.
*
[email protected]
Key words: plant diseases, serology, polymerase
chain reaction, hybridization.
Introduzione
Il comparto florovivaistico rappresenta un’importante voce del settore agricolo italiano, contribuendo
con circa il 6% del valore totale della produzione agricola nazionale. Il settore contribuisce al mantenimento di elevati livelli occupazionali in varie provincie
con quote spesso superiori al 20% degli occupati in
agricoltura. Dati recenti presentati nel Piano del settore florovivaistico 2010-2012 del MiPAAF riportano
valori annui di produzione da parte del settore di circa
3.000 milioni di euro, di cui circa 1.700 costituito da
fiori e piante in vaso e 1.400 dal settore vivaistico
(alberi ed arbusti). Le superfici destinate alla produzione per fiore reciso ammontavano nel 2005 a circa
6.500 ettari, mentre quelle per foglie e fronde recise si
attestavano su circa 3.200 ettari. Tale diversificata
realtà produttiva è costituita da centinaia di generi di
piante coltivate in pien’aria ed in serra.
L’impatto negativo che le malattie hanno sulle produzioni di molte specie florovivaistiche è legato principalmente a fattori di ordine economico-produttivo e
ambientale. Il mancato reddito che esse determinano
può essere dovuto alla morte o, più frequentemente,
alla minore qualità delle piante che ne impedisce la
loro commercializzazione o che ne riduce il loro prezzo di vendita. La gestione fitosanitaria con prodotti
chimici, da un lato consente di ottenere produzioni
valide dal punto di vista qualitativo, dall’altro incide
sensibilmente nella composizione del prezzo finale
del prodotto, sia per il costo delle sostanze attive utilizzate, sia per quello di esecuzione dei trattamenti. Il
mancato rispetto dei tempi di carenza, non essendo
l’alimentazione l’utilizzo finale delle produzioni di
fiore o foglia recisa, determina spesso un uso massiccio e irrazionale dei trattamenti fitosanitari, con scarsi
risultati pratici. Ciò determina un ulteriore rischio per
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Infantino et al.
l’ambiente (aumento dell’inquinamento atmosferico e
delle falde) e per la salute degli operatori (maggiori
incidenze di alcune patologie di interesse umano nelle
zone ad elevata concentrazione produttiva). Il controllo delle malattie costituisce, quindi, una delle criticità
emergenti nel settore florovivaistico, la cui attuazione
presenta problematiche di difficile soluzione. In questo contesto, una corretta e rapida diagnosi degli
agenti patogeni invalidanti la qualità sia del prodotto
finale, sia del materiale di propagazione, assume un
ruolo di primaria importanza. La necessità di poter
disporre di metodi diagnostici rapidi ed affidabili, che
non determinino rallentamenti della circolazione dei
prodotti e che consentano parallelamente un razionale
ed efficiente utilizzo dei fitofarmaci, costituisce un
requisito importante per lo sviluppo del comparto florovivaistico.
Scopo della presente rassegna è quello di fornire
un quadro aggiornato sulle tecniche diagnostiche
attualmente disponibili e di quelle di possibile futura
utilizzazione nel campo florovivaistico, al fine di
garantire un utile strumento agli operatori del settore
per la messa a punto di strategie di controllo e di
lotta compatibili con l’ambiente ed in grado di garantire al contempo l’ottenimento di profitti remunerativi e stabili.
Impatto delle malattie sul comparto florovivaistico
Il florovivaismo è un settore caratterizzato da
estrema dinamicità, sia per quanto concerne il numero
e la tipologia delle specie coltivate, sia per le tecniche
di coltivazione utilizzate. Negli ultimi anni, la necessità di diversificare le produzioni per adeguarle alle
richieste del mercato e per contrastare la concorrenza
sempre più agguerrita di paesi in via di sviluppo come
quelli Africani (Kenya, Zimbabwe, Etiopia)
Sudamericani (Colombia, Ecuador), ed Asiatici (Cina,
Corea, Tailandia), ha determinato in Italia una maggiore introduzione di nuove specie esotiche e di nuove
cultivar di specie già coltivate, facilitata anche dalla
maggiore rapidità ed efficienza dei trasporti. In tale
contesto, è notevolmente aumentato il rischio di introduzione, attraverso il materiale di propagazione (semi
e organi di moltiplicazione) o quello finito (piante e
fiori), di patogeni da quarantena (tab. 1) o dei loro
vettori (in particolare per virus e fitoplasmi), nonchè
di specie vegetali esotiche molto suscettibili a patogeni già endemici ma pregiudizievoli la qualità commerciale (tab. 2). A titolo di esempio, si ricorda l’intercettazione in Europa della razza 3, biovar 2 di Ralstonia
solanacearum in talee di Pelargonium zonale prodotte
in Kenia e destinate al mercato europeo (Janse et al.,
Tab. 1 - Principali patogeni di piante ornamentali sottoposti a regolazione di quarantena presenti nelle liste dell’European Plant Protection
Organization (EPPO).
Tab. 1 - Most important pathogens of ornamental crops under quarantine regulation included into the European Plant Protection
Organization (EPPO).
Lista A1
Lista A2
Alert list
Procarioti
Palm lethal yellowing phytoplasma
Dickeya dianthicola
Ralstonia solanacearum
Xanthomonas axonopodis pv. dieffenbachiae
Xanthomonas axonopodis pv. poinsettiicola
Funghi
Diaporthe vaccinii
Guignardia citricarpa
Gymnosporangium clavipes
Gymnosporangium globosum
Melampsora farlowii
Phytophthora lateralis
Puccinia hemerocallidis
Ciborinia camelliae
Didymella ligulicola
Fusarium foetens
Phialophora cinerescens
Puccinia horiana
Chrysanthemum stem necrosis virus
Chrysanthemum stunt viroid
Impatiens necrotic spot virus
Potato spindle tuber viroid
Citrus tristeza virus
Virus
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Melampsora euphorbiae
Phytophthora kernoviae
Phytophthora ramorum
Diagnosi di patogeni delle specie ornamentali
Tab.2 - Organismi nocivi e malattie che interessano la qualità di specie ornamentali, inclusi nel D.L. 19.5.2000 n.151, pubblicato nella
G.U. 8.11.2000 n.261.
Tab. 2 - Specific harmful organisms and diseases affecting quality of ornamental crops, included in the Italian D.L. 19.5.2000 n.151,
published in the G.U. 8.11.2000 n.261.
Generi e specie
vegetali
Begonia x hiemalis
Organismi nocivi e malattie specifiche
Batteri
Erwinia chrysanthemi;
Rhodococcus fascians;
Xanthomonas campestris
pv. begoniae
Citrus
Dendranthema ×
Grandiflorum
Agrobacterium tumefaciens; Erwinia chrysanthemi
Dianthus
caryophyllus e ibridi
Euphorbia pulcherrima
Erwinia chrysanthemi
Gerbera
Gladiolus
Pseudomonas marginata;
Rhodococcus fascians
Lilium
Erwinia carotovora
subsp. carotovora;
Rhodococcus fascians
Rosa
Virus ed organismi patogeni virus-simili
Oidio; Agenti di marciume
(Phytophthora spp., Pythium spp. e
Rhizoctonia spp.)
Leafcurl disease; Tospoviruses
(Tomato spotted wilt virus (TSWV);
Impatiens necrotic spot virus)
Phytophthora spp.
Virus: Citrus psorosi virus (CPsV);
Citrus infective variegation virus
(CIVV); Citrus leaf rugose (CLRV)
Viroidi: Citrus exocortis viroid
(CEVd); Hop stunt viroid (HSVd) isolato cachexia-xyloporosis
Fusarium oxisporum sp. chrysanthemi;
Puccinia chrysanthemi; Pythium spp.;
Rhizoctonia solani; Verticillium spp..
Alternaria dianthi; Alternaria dianthicola; Fusarium oxisporum f. sp.
dianthi; Uromyces dianthi;
Mycosphaerella dianthi;Phytophthora
nicotianae sp. parasitica; Rhizoctonia
solani; Fusarium spp.. e Pythium spp.
agenti di marciume;
Fusarium spp.; Pythium ultimum;
Phytophthora spp.; Rhizoctonia solani;
Thielaviopsis basicola
Fusarium spp.; Phytophthora cryptogea; Oidio; Rhizoctonia solani;
Verticillium spp.
Botrytis gladiolorum; Curvularia
trifolii; Fusarium oxisporum sp.
gladioli; Penicillium gladioli;
Sclerotinia spp.; Septoria gladioli;
Urocystis gladiolicola;
Uromyces trasversalis
Cylindrocarpon destructans; Fusarium
oxisporum f. sp. lilii; Pythium spp.;
Rhizoctonia spp.; Rhizopus spp.;
Sclerotium spp.
Fusarium oxysporum f. sp. narcissi;
Sclerotinia spp.; Sclerotium bulborum
Narcissus
Pelargonium
Funghi
Rhodococcus fascians;
Xanthomonas campestris
pv. pelargonii
Puccinia pelargonii zonalis;
Verticillium spp.; agenti di marciume
Botrytis spp.; Pythium spp.
Agrobacterium tumefaciens
Chondrostereum purpureum;
Coniothyrium spp.; Diplocarpon rosae;
Peronospora sparsa;
Phragmidium spp.;
Rosellinia necatrix; Sphaeroteca
pannosa;
Verticillium spp.
Chrysanthemum B mosaic virus;
Tomato aspermy cucumovirus
Carnation etched ring caulimovirus;
Carnation mottle carmovirus;
Carnation necrotic fleck closterovirus
Tospoviruses (Tomato spotted wilt
virus (TSWV); Impatiens necrotic spot
virus
Tospoviruses (Tomato spotted wilt
virus (TSWV); Impatiens necrotic spot
virus
Tospoviruses (Tomato spotted wilt
virus (TSWV); Impatiens necrotic spot
virus
Aster yellow mycoplasm; Corky pit
agent; Cucumber mosaic virus (CMV);
Gladiolus ringspot virus (syn.
Narcissus latent virus); Tobacco rattle
virus
Cucumber mosaic virus (CMV); Lily
symptomless virus; Lily virus x;
Tobacco rattle virus; Tulip breaking
virus
Tobacco rattle virus; Narcissus white
streak agent; Narcissus yellow stripe
virus
Pelargonium flower break carmovirus;
Pelargonium leaf curl tombusvirus;
Pelargonium line pattern virus;
Tospoviruses (Tomato spotted wilt
virus (TSWV); Impatiens necrotic
spot virus
Apple mosaic virus; Arabis mosaic
virus; Prunus necrotic ringspot virus
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Infantino et al.
2004), la rapida diffusione in Europa di Tomato spotted wilt virus (TSWV) e Impatiens necrotic spot virus
(INSV) a seguito della introduzione del vettore
Frankliniella occidentalis dagli Stati Uniti, tripide
rinvenuto su piante importate di violette africane
(Baker et al., 1993) ed, ancora, la segnalazione, in
Germania ed Olanda nel 2006 e successivamente
anche in vivai dell’Italia centrale e meridionale, della
presenza del viroide del tubero fusiforme della patata
(Potato spindle tuber viroid – PSTVd) su Solanum
jasminoides, S. rantonnetti e Brugmansia spp. (Di
Serio, 2007; Verhoeven et al., 2008). Questo patogeno da quarantena, in particolare, sebbene presente in
maniera latente all’interno di solanacee ornamentali,
sta provocando gravi danni economici al settore florovivaistico, in quanto, essendo potenzialmente molto
dannoso per le solanacee eduli quali patata e pomodoro, il rinvenimento anche di una sola pianta all’interno di partite di S. jasminoides e/o Brugmansia spp,
comporta la distruzione dell’intero lotto.
Negli ultimi anni si è assistito all’aumento delle
segnalazioni di danni, spesso di elevata entità, causati
da patogeni già presenti sul territorio nazionale ma
osservati per la prima volta su diverse specie ornamentali. A titolo di esempio, si possono citare danni
da mal bianco su nuove specie da giardino o nuove
cultivar, marciumi radicali e malattie fogliari causate
da varie specie di Phytophthora, marciumi basali da
Sclerotinia sclerotiorum, Sclerotium rolfsii,
Armillaria mellea e Rhizoctonia solani (Garibaldi et
al., 2004), tracheomicosi causate da Fusarium oxysporum e Verticillium dahliae (Gullino e Garibaldi,
2007), alterazioni fogliari su Euphorbia pulcherrima
da Xanthomonas axonopodis pv. poinsettiicola
(Stravato et al., 2004), anomalie di crescita e proliferazione di germogli in coltivazioni di ranuncolo
(Ranunculus asiaticus) indotte dal fitoplasma
‘Candidatus Phytoplasma asteris’ (Parrella et al.,
2008).
Tra gli altri fattori che contribuiscono al mutamento dei principali quadri fitopatologici delle colture
ornamentali, si ricordano l’ampliamento della base
genetica del germoplasma di essenze ornamentali
spesso non dotate di resistenze genetiche nei confronti delle principali malattie, la diffusione di insetti vettori, particolarmente per fitoplasmi e virus, l’intensificazione colturale e l’avvicendamento di specie suscettibili allo stesso patogeno, nonché l’introduzione di
nuove tecniche colturali. Ad esempio, l’adozione di
sistemi di coltivazione fuori suolo, in particolare di
quelli che prevedono il ricircolo della soluzione nutritiva, determina condizioni ambientali favorevoli per
alcune specie patogene di scarsa o nulla importanza in
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coltivazione convenzionale per l’assenza dell’attività
antagonistica di microrganismi naturalmente presenti
nel terreno (Stanghellini e Rasmussen, 1994; Rumine
e Infantino, 1994). Nel lungo periodo, anche i mutamenti climatici possono avere un impatto negativo
sulle produzioni agricole, agendo in vario modo nei
processi di interazione tra le piante e le popolazioni
dei patogeni (Chakraborty et al., 2000).
Aspetti generali della diagnosi fitopatologica
La diagnosi di agenti fitopatogeni di specie di
interesse agrario è considerata uno strumento di fondamentale importanza per lo sviluppo di strategie di
controllo e lotta. Nel corso degli anni si è assistito a
profondi e rapidi cambiamenti delle procedure e delle
tecniche che sono alla base della diagnostica fitopatologica. Sino agli ultimi decenni del secolo scorso, la
diagnosi fitopatologica poteva a pieno titolo essere
considerata come un’arte, appresa ed esercitata presso le Università o Centri di Ricerca specializzati,
basata essenzialmente sull’osservazione macroscopica e microscopica dei sintomi e sul riconoscimento su
base morfologica o biochimica dell’agente/i
causale/i. La necessità di lunghi tempi di esecuzione
e di personale specializzato hanno costituito per anni
un fattore limitante per l’applicazione su larga scala
di queste tecniche diagnostiche. Inoltre, nel caso specifico dei fitoplasmi, agenti patogeni non coltivabili
‘in vitro’ e di difficile osservazione al microscopio,
tali tecniche si sono rivelate di scarsa attendibilità ed
applicabilità, limitando fortemente le conoscenze su
questi patogeni.
Accanto alle metodologie più tradizionali che
ancora oggi consentono lo studio e la scoperta di
nuove malattie e dei loro relativi agenti eziologici
mediante metodologie diagnostiche dirette, si è di
recente assistito allo sviluppo di tecniche diagnostiche
indirette, che mirano cioè all’individuazione ed identificazione di alcuni componenti biochimici dei patogeni stessi, quali gli acidi nucleici, i componenti proteici
e quelli lipidici. L’utilizzo di tali tecniche, che si
affiancano ed in parte sostituiscono le più convenzionali, hanno permesso di risolvere alcune delle sopraccitate limitazioni, consentendo a questa branca della
patologia vegetale di potersi adeguare alle mutate esigenze del comparto florovivaistico.
Per facilitare la trattazione dei principali metodi
diagnostici innovativi utilizzati o utilizzabili nel settore florovivaistico, nel presente lavoro essi verranno
suddivisi in: a) metodi immunoenzimatici (o sierologici), che si basano sul riconoscimento dei componenti proteici o lipidici e b) metodi molecolari, basati sul
Diagnosi di patogeni delle specie ornamentali
riconoscimento degli acidi nucleici (RNA e DNA) del
genoma dei patogeni vegetali. Per ciascun metodo
verranno fornite le principali caratteristiche tecniche
ed esempi della loro applicazione pratica nella diagnosi di patogeni di specie vegetali di interesse florovivaistico.
Metodi immunoenzimatici
Le prime tecniche diagnostiche immunoenzimatiche utilizzate nel campo della fitopatologia risalgono
agli anni ‘70 quando è stato messo a punto il metodo
Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay (ELISA) per
il rilevamento dei virus vegetali. Esse si basano sulla
possibilità di individuare una molecola bersaglio (antigene) del patogeno (ad es.: la proteina del capside dei
virus, la proteina della parete cellulare per batteri, fitoplasmi e funghi), mediante l’utilizzo di anticorpi specifici policlonali (popolazione eterogenea di anticorpi
verso tutti i siti antigenici “epitopi” di una proteina)
e/o monoclonali (popolazione omogenea di anticorpi
specifici verso un solo epitopo). Il rilevamento del
composto biochimico antigene/anticorpo avviene su
base colorimetrica nel campo del visibile mediante
l’utilizzo di enzimi (es: perossidasi, fosfatasi alcalina,
complesso avidina-biotina,) coniugati agli anticorpi
stessi che mettono in evidenza la reazione su un supporto solido (piastre di polipropilene o polistirene a 96
pozzetti, membrane di nitrocellulosa o nylon). A
tutt’oggi queste tecniche sono di largo impiego in tutti
i laboratori che si occupano di diagnosi fitosanitaria.
Nel corso degli anni sono state sviluppate numerose
varianti di queste tecniche allo scopo di estendere la
loro applicabilità a molte specie vegetali (monocotiledoni, dicotiledoni erbacee e arboree), di conferire specificità nella identificazione di singole specie e ceppi
di un determinato patogeno, di migliorare la sensibilità per l’individuazione di patogeni presenti in basse
concentrazioni nei tessuti vegetali ed, infine, di
aggiungere praticità d’uso e rapidità di reazione per
diagnosi su campo. L’ELISA è sicuramente la tecnica
più utilizzata nel settore della diagnosi di agenti patogeni virali delle piante ornamentali. Le metodologie
utilizzate per l’ELISA si suddividono in dirette ed
indirette a seconda se l’enzima sia legato direttamene
(DAS-ELISA: Double Antibody Sandwich) o meno
(TAS-ELISA: Triple Antibody Sandwich) all’anticorpo specifico per l’antigene che si vuole identificare.
Tra i metodi indiretti, ACP-ELISA (Antigen Coated
Plate) è un metodo che prevede invece l’adsorbimento
dell’antigene direttamente nel pozzetto di reazione e
viene utilizzato per alcune combinazioni virus/ospite
vegetale (Guaragna et al, 2006). L’uso di anticorpi
monoclonali ha conferito alla tecnica ELISA una
maggiore accuratezza per l’assenza di reazioni aspecifiche, spesso frequenti con gli anticorpi policlonali, e
specificità nella diagnosi dei ceppi esistenti per un
determinato fitopatogeno. Un esempio in tal senso è
l’uso dell’anticorpo selettivo monoclonale MCA 13
per la discriminazione di ceppi del Citrus tristeza
virus - CTV (Permar et al., 1990). La produzione di
kit commerciali per saggi ELISA verso agenti virali e
batterici delle piante ornamentali è molto sviluppata
in quanto è uno degli strumenti diagnostici più idonei
ad effettuare analisi massali in tempi relativamente
brevi (24-48 ore) in tutte le fasi operative dell’attività
vivaistica: fase di breeding (sanità dei parentali), fase
di moltiplicazione vegetativa (sanità delle piante
madri) o fase di commercializzazione del prodotto
finito (passaporto per la vendita). Per tale motivo,
oltre a disporre di kit per virus tipici delle piante di
interesse agrario, di cui molti risultano essere patogeni
anche di ornamentali (e.g. TSWV, INSV, Cucumber
mosaic virus - CMV, Citrus tristeza virus -CTV, Plum
pox virus -PPV), è sorto un settore specializzato per i
virus delle ornamentali (es: alstroemeria, garofano,
geranio, bulbose). Nella diagnostica batterica è molto
utilizzata la tecnica IFAS (Immuno Fluorescent
Assay) in cui gli anticorpi sono legati ad un composto
fluorescente (es. fluoresceina, rodamina) e la reazione
antigene/anticorpo può essere osservata anche su
poche cellule direttamente al microscopio a fluorescenza (Mazzucchi, 1995). Rispetto all’ELISA,
l’IFAS unisce il vantaggio di poter osservare, oltre
alla intensità della reazione fluorescente, anche la
morfologia delle cellule batteriche al microscopio. Il
fattore critico per l’affidabilità dell’esito dell’analisi è
la qualità dell’antisiero; solo un antisiero ad alto titolo
(minimo 1:2.000) è accettabile per le analisi e generalmente viene usato il metodo indiretto. L’IFAS è
una delle metodiche più indicate come saggio di selezione preliminare, nonché come saggio di conferma,
nei protocolli ufficiali (Direttiva 2006/63/CE) per la
diagnosi ed identificazione di Ralstonia solanacearum
da talee di Pelargonium.
Altre tecniche immunoenzimatiche che hanno
riscosso un certo successo nella diagnosi fitopatologica sono quelle che prevedono l’uso di membrane
come supporto solido. In base alle modalità di adsorbimento dell’antigene, esse vengono denominate: Dot
Blot Immunoassay - DBIA se vengono utilizzate
gocce di succo vegetale da estratto grezzo, Direct
Tissue Blot Immunoassay - DTBIA se il tessuto vegetale, opportunamente sezionato, viene direttamente
appoggiato sulla membrana con leggera pressione
(impronta di tessuto) (Lin et al., 1990; Makkouk et
61
Infantino et al.
al., 1993) e Western Blot - WB quando si utilizza la
proteina-target purificata e separata elettroforeticamente (Gershoni e Palade, 1982). Per il rilevamento
della reazione tra antigene e anticorpo specifico, questi saggi necessitano di sistemi quali il complesso avidina-biotina, i sistemi immuno-chemioluminescenti e
immuno-fluorescenti o, nel caso specifico del WB, di
coloranti capaci di legarsi alle proteine (blu coomassie o nitrato di argento). Nel settore dei patogeni delle
piante ornamentali, tali tecniche sono state utilizzate
per la diagnosi di CTV (Garnsey et al., 1993), per
alcuni virus su gladiolo (Katocha et al., 2003) e su
Lilium (Kim et al., 1996). La reazione immunoenzimatica su membrana è alla base anche della tecnica
del Lateral Flow Assay (LFA), sviluppatasi recentemente nel settore fitodiagnostico (Danks and Barker,
2000), ma già ampiamente utilizzata nella diagnostica
umana. Tra tutte le tecniche immunoenzimatiche,
LFA, anche conosciuta come ImmunoStrip Assay,
risulta la più semplice e rapida al punto da poter esser
utilizzata direttamente in campo. Al momento, il saggio LFA nel settore florovivaistico, è stato messo a
punto ed utilizzato per la diagnosi di virus, batteri e
funghi. In particolare per le specie virali appartenenti
ai generi Tospovirus, Tobamovirus, e CMV
(Salomone e Roggero, 2002), per alcuni virus delle
Orchidee [Forsite Diagnostics (www.forsitediagnostics.com)], per CTV, (Salomone et al., 2004) e per
Calibrachoa mottle virus su Calibrachoa sp. Il saggio
LFA è stato inoltre utilizzato per la diagnosi di alcuni
batteri, quali Xanthomonas hortorum pv. pelargonii e
Ralstonia solanacearum su Pelargonium ed Erwinia
amylovora (Alvarez, 2004) e di alcuni agenti fungini,
tra cui Botrytis spp., Pythium spp., Rhizoctonia spp. e
Phytophthora spp. (Thornton et al., 2004; Lane et al.,
2007; Dewey e Yohalem, 2007). Per questi patogeni
esistono kit commerciali in vendita presso le più
importanti ditte di prodotti di diagnosi fitosanitaria.
Diagnosi molecolare
I principali metodi di diagnosi molecolare si basano sull’analisi degli acidi nucleici (DNA e RNA)
attraverso l’utilizzo di due diversi approcci metodologici: l’amplificazione mediante PCR e l’ibridazione
molecolare. Per ciascuna metodologia sono state sviluppate innumerevoli varianti, la cui evoluzione è
progredita notevolmente negli ultimi anni.
Uno step comune a tutti i metodi diagnostici molecolari è rappresentato dall’estrazione degli acidi
nucleici (DNA o RNA) che compongono i genomi dei
patogeni target. L’ottenimento di acidi nucleici di
ottima qualità e poco degradati è un prerequisito fon62
damentale per qualsiasi metodo di biologia molecolare. Esistono in letteratura diversi protocolli, la cui
complessità dipende dal substrato sul quale si opera;
nei casi più semplici, si possono impiegare metodi che
utilizzano l’estratto grezzo di foglie o comunque di
tessuti molli (Osman e Rowhani, 2006). Nel caso di
substrati più difficili, quali terreno, tessuti legnosi o
nel caso di alcuni particolari patogeni (fitoplasmi), si
utilizzano protocolli con un maggior numero di passaggi e reagenti al fine di eliminare fattori e sostanze
che vanno ad interferire con la PCR o l’ibridazione.
Nonostante siano disponibili in letteratura numerosi
protocolli di estrazione sperimentali, che spesso
richiedono il ricorso all’uso di solventi organici quali
fenolo e cloroformio, nella realtà pratica è consigliabile l’utilizzo di kit commerciali specifici per ciascun
substrato in quanto più pratici e riproducibili.
Un’eccezione del tutto particolare è rappresentata dai
fitoplasmi, patogeni localizzati nei tessuti floematici
della pianta e tipicamente presenti in concentrazioni
molto basse, per i quali la quantità iniziale e la qualità
dell’estratto di DNA è determinante sull’esito del successivo saggio diagnostico adottato. Per questo motivo, per tali patogeni, sono stati messi a punto specifici
protocolli di estrazione che mirano a coniugare alte
rese in DNA totale e qualità dell’estratto. In questo
caso i kit commerciali non offrono le stesse garanzie
ed il loro uso risulta, pertanto, molto più limitato.
Metodi basati sulla amplificazione degli acidi nucleici
La reazione a catena dell’enzima polimerasi
(Polymerase Chain Reaction – PCR) è un metodo di
amplificazione enzimatica esponenziale di una regione specifica di DNA, (sequenza bersaglio), nel quale
si utilizzano due oligonucleotidi (primer), che innescano la reazione, e di un enzima (Taq polimerasi) in
grado di lavorare ad elevate temperature.
L’amplificazione della sequenza bersaglio avviene
attraverso una serie di cicli successivi, ciascuno comprendente tre fasi: separazione dei due filamenti del
DNA (denaturazione), l’appaiamento dei primer con
le porzioni complementari del DNA e la sintesi di
nuove copie (ampliconi) della sequenza compresa fra
i due primer. Il processo di amplificazione si svolge
in una apparecchiatura automatizzata, chiamata termociclatore, che consente di programmare i valori di
temperatura ed il numero di cicli di amplificazione.
Per poter essere evidenziati, gli ampliconi devono
essere sottoposti a elettroforesi in gel d’agarosio
opportunamente “colorati” con un agente intercalante
(etidio bromuro, GelRed, ecc.) che emettendo fluorescenza se sottoposto agli UV permette la visualizzazione del prodotto di amplificazione. La specificità
Diagnosi di patogeni delle specie ornamentali
della PCR dipende essenzialmente dai primer, che
devono essere unici e specifici per l’organismo da diagnosticare. In tabella 3 sono elencate le principali
regioni genomiche utilizzate per il disegno di primer
specifici. La regione genica maggiormente utilizzata
per la selezione di primer per la diagnosi di patogeni
fungini, batterici e fitoplasmali, è quella del DNA
ribosomale, regione molto stabile, presente in tutti gli
organismi in copie multiple e che contiene sequenze
variabili e conservate. I geni dell’rDNA
(18S/5,8S/28S per i funghi, 16S/23S/5S per batteri e
fitoplasmi) sono separati da regioni interne trascritte
ma non tradotte, chiamate regioni spaziatrici interne
trascritte (ITS) di particolare interesse per lo sviluppo
di primer specifici perché altamente variabili. Anche
le regioni comprese tra due cluster di geni ribosomali
(inter genic Spacers – IGS) possono essere utilizzate
per lo stesso scopo. In taluni casi (vedi per esempio il
caso dei Fusarium), queste regioni possono tuttavia
risultare inadeguate per la distinzione di taxa molto
vicini fra loro o per la diagnosi a livello intraspecifico;
pertanto, l’attenzione è stata rivolta anche ad altre
regioni genomiche. Normalmente una singola reazione di PCR è sufficiente per ottenere, in campioni
infetti, ampliconi visibili dopo corsa elettroforetica.
Quando la concentrazione dei patogeni nei tessuti dell’ospite è molto bassa, come ad esempio nel caso dei
fitoplasmi, alla prima reazione di PCR (PCR-diretta)
si fa, generalmente, seguire una seconda (o addirittura
una terza) amplificazione (PCR-nested) effettuata con
coppie di primer che si legano a regioni interne a
quelle amplificate in PCR-diretta che fungono da
sequenze target.
Per l’amplificazione a partire da RNA target, come
nel caso dei viroidi e della maggior parte dei virus
fitopatogeni, è necessario far precedere alla PCR uno
step di trascrizione inversa da RNA a cDNA (RTPCR), utilizzando l’attività di enzimi specifici purificati da retrovirus, i quali svolgono tale processo
durante il loro ciclo vitale. La trascrittasi inversa del
virus della leucemia murina di Moloney (M-MLV) o
di quello della mieloblastosi aviare (AMV) sono gli
enzimi che maggiormente vengono utilizzati per tale
processo. Generalmente, l’RNA target per la diagnosi
dei virus è quello codificante per il capsidio proteico,
mentre per i viroidi, essendo entità molto semplici e di
piccole dimensioni (singolo filamento di acido nucleico di 250-400 nucleotidi) l’RNA target è costituito
dall’intero genoma del patogeno. Il processo completo
di amplificazione genica a partire da RNA target, che
è quello principalmente utilizzato nella diagnosi di
virus e viroidi, è chiamato RT-PCR. L’ottenimento
del cDNA può avvenire contestualmente (one-step
RT-PCR) con la reazione di PCR, utilizzando o un
primer complementare alla sequenza target di RNA, o
primer aspecifici (degenerati o random), oppure il
cDNA prodotto diviene il target del successivo step di
amplificazione (double-step RT-PCR).
PCR e RT-PCR convenzionali
La semplice PCR consente l’identificazione della
presenza del patogeno all’interno del campione senza
la necessità di dover effettuarne l’isolamento. Per
quanto riguarda le ornamentali è stata messa a punto
per l’individuazione di diverse specie di
Phytophthora, quali ad esempio la P. ramorum su
rododendro e viburno con i primer Phyto1 e Phyto2
disegnati sulla regione ITS (Hayden et al., 2004) o
per la diagnosi di Neonectria galligena su melo con i
primer Ch1 o Ch2 (Langrell et al., 2002). Per la dia-
Tab. 3 - Regioni di DNA usate per il disegno di primer specifici per la diagnosi di funghi, batteri e fitoplasmi.
Tab. 3 - DNA regions useful for the design of specific primers for the diagnosis of fungi, bacteria and phytoplasmas.
Sigla
ITS
SSU
LSU
B-tub
mtSSU
RPB1, RPB2
TEF
CaM
COX1
IGS
Geni a singola copia, introni
rpS3, rpL22
Sec Y
Nome del gene per esteso
Internal Transcribed Spacer of nuclear ribosomal DNA
Small SUbunit of nuclear ribosomal DNA
Large SUbunit of nuclear ribosomal DNA
β -tubulin
Small SUbunit of the mitochondrial ribosomal DNA
Ribosomal Polymerase B-1 and B-2
Translation Elongation Factor
Calmodulin
Mitochondrial Cytochrome Oxidase 1
Inter Genic Spacers
(es. RAS-like,GPA1, ASF-like, TRP1)
Ribosomal protein S3 e L22
63
Infantino et al.
gnosi di Erwinia amylovora agente causale del colpo
di fuoco batterico di molte rosacee ornamentali, una
regione del plasmide pEA29 è stata ampiamente utilizzata come target molecolare per la messa a punto
di vari protocolli di PCR convenzionale e nestedPCR (Bereswill et al., 1992; McManus e Jones,
1995; Llop et al., 2000). Nell’ambito dei fitoplasmi,
questa tecnica è stata messa a punto per la diagnosi
di ‘Candidatus Phytoplasma palmae’, patogeno da
quarantena agente dell’ingiallimento letale (LY –
lethal yellowing) in differenti tipi di palma fra cui
quelle del Genere Phoenix cui appartengono molte
specie di uso ornamentale (Harrison et al., 2002) e
per l’individuazione di fitoplasmi di specie floricole
quali Lilium (Kaminska e Korbin., 2002), Gladiolus
(Bertaccini et al., 1994), Hydrangea e
Crysanthemum (Bertaccini et al., 1992). Per quanto
riguarda la RT-PCR, questa è stata messa a punto ed
utilizzata per la diagnosi di virus e viroidi da quarantena e di qualità che colpiscono le piante ornamentali
(Tomassoli et al., 2004; Ragozzino et al., 2004,
Ragozzino et al., 2005; Verhoeven et al., 2008), e
anche per la diagnosi di CTV in piante di Citrus spp..
Questa tecnica può essere condotta sia in reazione
singola (Hung et al., 2000), sia in reazione multipla
(multiplex-RT-PCR) per la diagnosi simultanea di
CTV e di virus di qualità (Roy et al., 2005). La PCR
e RT-PCR è la tecnica diagnostica più semplice ed
immediata per tutti quei virus delle specie floricole di
recente identificazione per i quali non sono ancora
disponibili kit sierologici (Gera e Zeidan, 2006;
Guaragna et al., 2006).
PCR-RFLP
La PCR-RFLP (Restriction Fragment Length
Polymorphism) è una tecnica diagnostica che abbina
alla normale PCR l’analisi dei polimorfismi dei frammenti di restrizione originati dopo digestione enzimatica degli ampliconi e successiva separazione elettroforetica su gel di agarosio o acrilammide. Questa
tecnica, è stata alla base del sistema di classificazione
dei fitoplasmi (Lee et al., 1998) ed è tipicamente utilizzata per la diagnosi e caratterizzazione molecolare
di questi agenti patogeni. Questa tecnica è anche
applicata per la diagnosi di patogeni fungini, ad esempio per la discriminazione delle tre specie di
Seiridium che causano il cancro del cipresso, S. cardinale, S. cipressi e S. unicorne (Krokene et al.,2004);il
metodo consiste nell’amplificare il gene per la
â–tubulina, nella digestione degli ampliconi con un
solo enzima di restrizione (HaeIII) e nell’analisi dei
profili elettroforetici caratteristici per ciascuna delle
tre specie.
64
PCR –SSCP
La tecnica del Single Strand Conformation
Polymorphism PCR (PCR-SSCP) si basa sul fatto che
filamenti singoli di DNA assumono una conformazione tridimensionale unica in base alla loro sequenza;
questa proprietà permette di distinguere le diverse
sequenze con una corsa elettroforetica perché ogni
conformazione ha una diversa mobilità in elettroforesi. La tecnica prevede una normale reazione di PCR o
RT-PCR, a cui si fa seguire la denaturazione dei
doppi filamenti di DNA mediante incubazione a 95100 °C, in presenza di una miscela denaturante. I singoli filamenti di DNA generati vengono, quindi, separati mediante corsa elettroforetica a freddo su gel di
acrilammide e visualizzati sotto luce UV dopo opportuna colorazione. Il confronto fra i profili SSCP ottenuti e quelli di isolati di riferimento, utilizzati come
controllo, consente l’identificazione di un determinato
patogeno e/o di suoi eventuali ceppi. Nell’ambito
della diagnosi di patogeni fungini la PCR-SSCP viene
generalmente effettuata utilizzando primer fungini
generici che amplificano una zona dell’ITS (ad es.
ITS2), direttamente da micelio (colony direct) o a partire da DNA genomico. Questa tecnica è stata utilizzata per identificare e distinguere tra loro circa sessanta
specie di Phytophthora (Gallegly e Hong, 2008) e per
il rilevamento di specie di Phytophora in bacini di
acque di irrigazione di vivai utilizzando specie trappola come Camellia japonica, Ilex crenata e
Rhododendron catawbiense (Ghimire et al. 2009). In
ambito virale, l’analisi SSCP è stata messa a punto
per la discriminazione di isolati diversi di CTV in
piante di Citrus spp. (Rubio et al., 1996).
Rep-PCR
La tecnica rep-PCR, descritta da Rademaker e de
Bruijn (1997), si basa sull’analisi di tre diverse famiglie di sequenze ripetute e conservate nel genoma
della maggior parte dei batteri Gram-negativi e in
quello di diversi batteri Gram- positivi. Queste tre
famiglie di sequenze prendono il nome di REP
(Repetitive Extragenic Palindromic) lunghi circa 3540 pb, ERIC (Enterobacterial Repetetive Intergenic)
di 124-127 pb e l’elemento BOX di 154 pb. Mediante
utilizzo di primers universali scelti sulle suddette
sequenze si ottengono profili elettroforetici caratteristici (fingerprint) il cui confronto con quello di ceppi
di riferimento, eventualmente elaborati mediante analisi statistiche, può fornire informazioni sia per l’identificazione della specie sia per stabilire relazioni tassonomiche tra i vari ceppi. Standardizzando il metodo
in modo tale da garantirne la riproducibilità, è possibile effettuare l’analisi da cellule batteriche intere o lisa-
Diagnosi di patogeni delle specie ornamentali
te al calore (95-100°C) eventualmente in presenza di
NaOH, evitando la purificazione del DNA. La repPCR ha permesso l’identificazione di alcuni isolati di
Xanthomonas translucens pv. undulosa patogeni di
piante di asparago ornamentale (Rademaker et al.,
2006). È stata inoltre utilizzata per la caratterizzazione
di popolazioni di specie di Erwinia agenti di marciume molle, responsabili di ingenti perdite in piante
ornamentali in Florida (Norman et al., 2003). La repPCR (primer Box) è indicata nel protocollo EPPO
come saggio di identificazione di Burkolderia
caryophylli agente dell’avvizzimento del garofano
(Anonymous, 2006).
Real-Time PCR
La PCR in tempo reale o PCR quantitativa (real
time PCR o q-PCR) si basa sulla misurazione dell’intensità di fluorescenza emessa da molecole fluorescenti detti fluorocromi, che possono essere agenti
intercalanti aspecifici del DNA come il SYBR Green,
oppure possono essere legate a sonde molecolari
insieme ad un quencher (ad es. metodo TaqMan), che
ha la funzione di assorbire l’energia emessa dal fluorocromo stesso. In quest’ultimo caso, la polimerizzazione innescata dai primer specifici causa il distacco
della sonda legata al DNA target; il conseguente
allontanamento del fluorocromo dal quencher genera
un segnale fluorescente che è proporzionale al numero di ampliconi di DNA prodotti. Tale tecnica permette di monitorare l’andamento della reazione di
amplificazione in tempo reale e di effettuare una
determinazione quantitativa del campione seguendo
la reazione durante la fase esponenziale di amplificazione.
Real Time PCR con SYBR Green è stata utilizzata
per l’identificazione e quantificazione di P. ramorum
(Hayden et al., 2004). Pasquali et al. (2004) hanno
sviluppato un metodo di real-time PCR basato sulla
chimica TaqMan per l’identificazione di un nuovo
gruppo di isolati di F.oxysprum f.sp. chrysanthemi
patogeno della margherita (Argyranthemum frutescens). La real time è stata anche utilizzata per l’identificazione e la quantificazione di batteri fitopatogeni,
come ad esempio Erwinia amylovora (Salm e Geider,
2004; De Bellis et al., 2007, Mohammadi et al.,
2009). Protocolli di real time con metodo TaqMan,
infine, sono stati messi a punto per la diagnosi universale e gruppo-specifica di fitoplasmi (Hodgetts et al.,
2009).
La tecnica real time RT-PCR è stata messa a punto
per la diagnosi di TSWV su crisantemo (Boonham et
al., 2002), di due virus dell’orchidea (Eun et al.,
2000), del PSTVd, (Boonham et al., 2004), per la dia-
gnosi quantitativa di CTV in piante di Citrus spp. e
afidi vettori (Bertolini et al., 2008).
Multiplex real time PCR
La disponibilità in real-time PCR di cinque coloranti fluorescenti diversi permette di usare fino a cinque sonde (multiplex) nella stessa reazione. Tali sonde
possono identificare altrettanti patogeni oppure regioni geniche diverse dello stesso patogeno. In genere i
saggi Taqman in multiplex sono meno sensibili rispetto alle singole reazioni separate, tuttavia l’utilizzo per
l’identificazione di regioni geniche multiple aumenta
l’affidabilità nel rilevamento del patogeno, requisito
fondamentale nel caso di patogeni di quarantena. Ad
esempio nel caso di P. ramorum (Bilodeau et al.,
2009) hanno messo a punto un metodo che prevede
una singola reazione con tre diverse sonde Taqman
basate sui geni β-tubulina, elicitina e la regione ITS,
più una quarta specifica per il genere Phytophthora. Il
vantaggio principale di questa tecnica risiede sicuramente nel fatto di essere quantitativa e molto sensibile; essa permette inoltre di ridurre i rischi di contaminazione per la ridotta manipolazione dei prodotti di
amplificazione e di avere una elevata specificità. Tra
gli svantaggi, si ricordano la difficoltà di identificazione e sviluppo di primer e sonde, e gli elevati costi
relativi (Saldarelli, 2007).
Oltre la PCR
Accanto alla PCR classica sono in fase di sviluppo
diverse alternative che cercano di adattare l’amplificazione a diversi usi: il sistema OpenArray ™
(Biotrove), ad oggi mai applicato a specie ornamentali, permette l’esecuzione di numerose reazioni di realtime PCR in volumi ridottissimi mediante un sistema
di array. Il metodo LAMP (loop-mediated isothermal
amplification), è un’amplificazione a temperatura
costante (65°C) svolta da una polimerasi che discosta
il filamento complementare senza necessità di denaturazione; l’amplificazione utilizza da 4 a 6 primers
(primers interni, primers esterni, loop primers) ed è
mediata dalla formazione di loop (uncini) che facilitano l’innesco della polimerasi (http://loopamp.eiken.
co.jp/e/lamp/anim.html). Poiché si svolge a temperatura costante, la reazione non necessita di termociclatore, essendo sufficiente un blocco o un bagnetto termostatato; se il rilevamento viene eseguito mediante
una reazione colorimetrica visibile ad occhio nudo o
incorporata in un sistema Lateral Flow, tale tecnica
può essere adattata all’uso diretto in campo. Il metodo
LAMP è stato messo a punto per la diagnosi di P.
ramorum e della nuova specie Phytophthora kernoviae (Tomlinson et al., 2010). Questa tecnica può
65
Infantino et al.
essere utilizzata anche per l’amplificazione di RNA
aggiungendo una trascrittasi inversa, come nel lavoro
di Fukuda et al. (2004), su crisantemo. In ambito italiano si segnala l’applicazione del metodo LAMP per
la diagnosi della ruggine su anemone, causata da
Tranzschelia discolor (Catarsi et al., 2009).
Metodi basati sull’ibridazione molecolare
La tecnica dell’ibridazione molecolare è basata
sull’interazione specifica che avviene naturalmente
tra le basi puriniche e pirimidiniche complementari
degli acidi nucleici (AT e GC), che si traduce in un
ibrido stabile formato da una zona (o la totalità) della
sequenza di acido nucleico del patogeno da rilevare
(molecola target) e da una sequenza complementare
generalmente marcata (sonda). Esistono differenti
approcci disegnati su questa tecnica, tutti basati sugli
stessi principi ma differenti nel modo in cui la molecola bersaglio è applicata e immobilizzata sul supporto solido. Di seguito si riportano differenti metodologie di ibridazione molecolare, descrivendo le principali applicazioni su funghi, batteri, virus e viroidi che
colpiscono le piante ornamentali: dot-blot, tissue printing, DNA array.
Dot blot hybridization
La procedura classica del dot-blotting consiste nel
prelievo di una soluzione acquosa di acido nucleico
bersaglio denaturato (DNA o RNA) che viene semplicemente fatta adsorbire ad una membrana di nitrocellulosa o di nylon che viene successivamente asciugata. Una volta immobilizzate sulla membrana, le
sequenze di acido nucleico bersaglio sono “ibridate”
con una soluzione contenente un singolo filamento di
acido nucleico marcato (sonda a cDNA o cRNA) che
è complementare alla sequenza target. Dopo un
tempo sufficiente per la formazione di heteroduplex
sonda-target, la soluzione della sonda viene eliminata
e la membrana viene lavata per rimuovere la sonda in
eccesso che potrebbe legarsi in modo non specifico
alla membrana. Successivamente, la membrana viene
asciugata e l’avvenuta ibridazione target/sonda viene
visualizzata per mezzo di reazioni enzimatiche o chemiluminescenti tramite una pellicola film autoradiografica. Questa tecnica è utilizzata per la diagnosi di
viroidi (pospiviroidi in particolare) e virus che infettano le piante ornamentali (Tomassoli et al., 2004; Di
Serio et al., 2007, Ivars et al., 2004, Barbarossa e
Savino 2006; Loconsole et al., 2009).
Tissue printing hybridization
Per le analisi di routine, uno degli obiettivi è quello di ridurre al minimo la manipolazione del campio66
ne. Questo obiettivo può essere facilmente raggiunto
utilizzando la tecnica di ibridazione molecolare per
impronta di tessuto. Tale metodo evita l’estrazione
degli acidi nucleici dai campioni da saggiare e richiede solo il trasferimento diretto del materiale vegetale
(fusto, foglia, frutto) ad una membrana di nylon o
nitrocellulosa attraverso una semplice pressione della
matrice verde sulla membrana dove viene rilasciato il
succo vegetale contenente il patogeno target. La tecnica di ibridazione per impronta di tessuto può essere
applicata non solo per la diagnosi, con l’ovvio vantaggio di ridurre i tempi del saggio, ma anche per studiare la distribuzione del patogeno all’interno della pianta infetta.. La tecnica del “tissue printing” è stata
applicata per diagnosi massali sia di campo che di
laboratorio per la diagnosi di CSVd e PSTVd
(Tomassoli et al., 2004; Di Serio et al., 2007).
DNA array
La tecnica del DNA array è un metodo di ibridazione inversa in cui oligonucleotidi specifici vengono
immobilizzati sul supporto solido mentre l’acido
nucleico del campione da identificare viene marcato e
ibridizzato al supporto in condizioni di stringenza. A
seconda della sua natura, il rilevamento del segnale
viene effettuato su lastra autoradiografica o tramite
lettore di immagini. In base alle dimensioni e alla
distribuzione degli oligonucleotidi, gli array a si
distinguono in 1) macroarray, con bassa densità di
distribuzione (ordine delle centinaia), con supporto
costituito tipicamente da una membrana di nylon o
nitrocellulosa; 2) microarray, con una elevata densità
di distribuzione (ordine delle migliaia), nei quali il
supporto può essere un vetrino o silicio poiché in
grado di permettere lo screening contemporaneo di
molti patogeni.
In patologia vegetale, i macroarray sono stati utilizzati con successo per la diagnosi di patogeni fungini del pomodoro (Lievens et al. 2005; Zhang et al.
2008), e per patogeni batterici della patata (Fessehaie
et al., 2003). Recentemente è stata messa a punto una
tecnica basata sul macroarray, denominata “DNA
Multiscan”, in grado di identificare e diagnosticare
più di 40 patogeni batterici e fungini di piante ornamentali, tra i quali diverse specie di Phytophthora,
Pythium, Sclerotinia, Fusarium, Colletotrichum e
Verticillium (www.DNAmultiscan.com). Questa tecnologia viene usata da compagnie che effettuano servizio di diagnosi e consulenza ai vivaisti ed agli agricoltori. Un DNA array, messo a punto per l’identificazione e il rilevamento di diverse specie di Pythium da
suolo (Tambong et al., 2006), potrebbe trovare applicazioni anche per l’identificazione di questo patogeno
Diagnosi di patogeni delle specie ornamentali
in terreni utilizzati per la coltivazione di piante ornamentali.
Nei microarray, l’ acido nucleico target viene marcato con una chimica fluorescente e disperso sul vetrino contenente le sonde per l’ibridazione. L’avvenuta
reazione sonda/campione viene visualizzata attraverso
uno scanner ottico che evidenzia quale delle sonde
legate al vetrino reagisce con il campione mediante
una colorazione fluorescente. La tecnologia dei DNA
microarray ha già avuto un forte impatto su molti
campi della biologia e recentemente si è anche molto
discusso del suo potenziale utilizzo per la diagnosi di
agenti patogeni delle piante (Hadidi et al., 2004). In
particolare, a conferma della sua potenzialità nella diagnostica fitopatologica, negli ultimi anni tale tecnica è
stata utilizzata con successo per la diagnosi di diversi
agenti patogeni di specie di interesse agrario (tab. 4).
Recentemente, Frey et al. (2009) hanno sviluppato un
sistema di microarray universale il cui chip contiene
brevi sequenze casuali di oligo lunghe 13 mer.
L’identificazione è ottenuta comparando il pattern di
ibridazione dell’organismo ignoto con i pattern di riferimento depositati in un database contenente vari fingerprinting. Questo sistema fornisce pattern di
microarray altamente riproducibili in grado di arrivare
all’identificazione di specie e sottospecie batteriche;
risulta, inoltre, particolarmente interessante in quanto
non necessita di informazioni genetiche presistenti
sugli organismi oggetto di identificazione. In generale,
la potenzialità della tecnica dei DNA arrays è quella di
poter diagnosticare simultaneamente centinaia di patogeni in un campione con una singola reazione. Questa
prospettiva potrebbe essere di grande interesse anche
per i patogeni delle piante ornamentali.
Sviluppi futuri
Recentemente sono stati realizzati termociclatori
portatili relativamente poco costosi, pratici e veloci,
adatti per poter effettuare la diagnosi in situ (Cacciola
e Faedda, 2007). Un problema cruciale per l’impiego
di questo tipo di apparecchiature è rappresentato dall’estrazione di acidi nucleici. In un saggio sviluppato
per la diagnosi in campo di P. ramorum,viene utilizzato un metodo di estrazione rapida del DNA in cui i
reagenti sono liofilizzati e l’analisi viene completata
in 1h con un apparecchio SmartCyclerII (Cepheid)
(Tomlinson et al., 2005). Appare, infine, promettente
la prossima disponibilità a fini diagnostici di nanoparticelle funzionalizzate, cioè particelle di metallo attivate biologicamente con sonde oligonucleotidiche o
anticorpi. Queste nanosfere aumentano la specificità
dei saggi e ne rendono possibile la miniaturizzazione
e l’automazione (www.nanosphere.us). (Cacciola e
Faedda, 2007).
Conclusioni
Uno strumento diagnostico “ideale” dovrebbe
garantire elevata specificità, sensibilità, rapidità,
riproducibilità e ripetibilità, semplicità di esecuzione,
economicità, minimo rischio per l’operatore, la possibilità di effettuare diagnosi multiple, anche direttamente da matrice infetta (tessuto vegetale e terreno)
(Infantino e Loreti, 2002). La popolarità e l’ampio utilizzo di uno strumento diagnostico è sicuramente
legato alla capacità che tale strumento ha di rispondere a tutti questi requisiti. Tuttavia, è spesso l’applicazione pratica che orienta nella scelta del mezzo diagnostico.. La real-time PCR, ad esempio, è da preferirsi nel caso della diagnosi di patogeni da quarantena,
in quanto tecnica che presenta una sensibilità tale da
permettere il rilevamento del patogeno anche su materiale infetto asintomatico. Quando risulti necessaria
una diagnosi a livello di specie/forma speciale, strumenti che garantiscano elevata specificità (PCR e
real-time PCR) sono da preferire, mentre sono disponibili strumenti di diagnosi rapidi che consentono l’identificazione a livello di genere direttamente in
campo (lateral-flow). In caso di malattie ad eziologia
complessa, esistono strumenti in grado di identificare
un ampio spettro di patogeni possibili (macro e
microarrays), mentre attraverso il sequenziamento
diretto di determinate regioni conservate del genoma è
possibile individuare patogeni nuovi.
L’elevato valore di molte coltivazioni floricole
Tab. 4 - Esempi di applicazione della tecnica microarray per la diagnosi di agenti patogeni di specie di interesse agrario.
Tab. 4 - Examples of use of microarrays for the diagnosis of phytopathogens affecting important agricultural crops.
Ospite
Malattia / Agente patogeno
PSTVd e altri virus
TSWV, INSV, CMV, altri virus
vaiolatura – PPV
fusariosi della spiga
fitoplasmi
Patata
Pomodoro
Susino
Frumento
Vari
Riferimento
Bystricka et al.,2005
Tiberini et al., 2010
Pasquini et al., 2008)
Nicolaisen et al., 2005
Nicolaisen e Bertaccini, 2007
67
Infantino et al.
deve determinare una maggiore sensibilità degli operatori del settore riguardo ai danni causati dalle malattie. Tale consapevolezza si accompagna alla necessità
di poter disporre di strumenti per la diagnosi rapida
ed accurata dei patogeni ad esse associati. In tal
senso, la ricerca continua a sviluppare e mettere a
disposizione tecniche sempre più sofisticate e, al contempo, di facile applicazione anche da parte di personale non altamente specializzato. In un prossimo futuro è quindi auspicabile che, accanto ad un approccio
diagnostico convenzionale che consenta l’individuazione e la descrizione di nuove specie fitopatogene,
l’applicazione di strumenti diagnostici molecolari
possa aiutare il settore florovivaistico ad affrontare le
continue sfide dovute all’apertura degli scambi commerciali verso nuovi mercati.
Riassunto
Le malattie causate da funghi, batteri, virus, viroidi e fitoplasmi rappresentano un fattore limitante le
produzioni di molte specie ornamentali. I cambiamenti nella tecnica colturale, la ricerca di nuove specie
vegetali e varietà, l’introduzione di nuovi patogeni
sono solo alcune delle cause alla base della rapida e
continua evoluzione dei quadri fitopatologici di
numerose specie ornamentali. In tale contesto, la
disponibilità di strumenti diagnostici rapidi ed efficaci
consente agli operatori del settore di fronteggiare il
danno causato dalle malattie mediante l’attuazione di
valide e razionali strategie per il loro contenimento.
Nel presente lavoro sono descritte le principali tecniche diagnostiche innovative e verranno forniti esempi
della loro applicazione pratica.
Parole chiave: malattie delle piante ornamentali, sierologia, amplificazione genica, ibridazione.
Lavoro parzialmente finanziato dal MiPAAF nell’ambito delle
attività dei progetti ARON-ARNADIA e FLORIS.
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