Review n. 12 - Italus Hortus 17 (4), 2010: 57-70 Tecniche di diagnosi innovative per i principali patogeni delle specie ornamentali Alessandro Infantino1*, Francesco Faggioli1, Luca Ferretti1, Stefania Loreti1, Laura Tomassoli1 e Anita Haegi1,2 1 CRA-PAV, Centro di Ricerca per la Patologia vegetale, via C.G. Bertero 22, 00156, Roma 2 CRA-VIV Unità di Ricerca per il vivaismo e la gestione del verde ambientale ed ornamentale, via dei Fiori 8, 51012 Pescia (PT) Ricezione: 2 giugno 2010; Accettazione: 5 luglio 2010 Modern diagnostic techniques for pathogens of ornamental crops Abstract. The production of ornamental plants plays an important role for Italian agriculture, accounting for about 6% of the whole agricultural production, with some local areas particularly devoted to these activities. Diseases caused by fungi, bacteria, viruses, viroids and phytoplasmas represent a major threat for the quality and yield along almost every step of the production chain. The phytopathological scenario of many ornamental species is rapidly changing due to several factors, among which are the import and cultivation of new species from exotic countries, cultivars lacking genetic disease resistance, the changes in the cultivation practices, the introduction of pathogens causing new diseases, and finally, the climatic changes. For many years, chemical control has represented the only solution for the management of the diseases, but the strategies for their application have been sometimes not efficient and rational. Environmental pollution, human health risks, high cost of agrochemicals and treatments are some of the drawbacks whose consequences are often underestimated. The correct and rapid diagnosis of a disease represent the first step for any successful control strategies. Diagnosis of plant diseases has witnessed huge progress in the last years due to the development of serological and molecular-based techniques. The development of new diagnostic techniques allowed to overcome many limiting factors of conventional ones, i.e. the need for well-trained personnel, the long time required for results, the difficulties in the detection of non-cultivable organisms. The complexity and high cost of some innovative diagnostics have often limited their application to specialized laboratories. However, new techniques and more user-friendly devices are being developed for diagnostic purposes, also for in situ application. In this paper, innovative techniques for the diagnosis of diseases of ornamental plants are reviewed with many examples of their practical application. * [email protected] Key words: plant diseases, serology, polymerase chain reaction, hybridization. Introduzione Il comparto florovivaistico rappresenta un’importante voce del settore agricolo italiano, contribuendo con circa il 6% del valore totale della produzione agricola nazionale. Il settore contribuisce al mantenimento di elevati livelli occupazionali in varie provincie con quote spesso superiori al 20% degli occupati in agricoltura. Dati recenti presentati nel Piano del settore florovivaistico 2010-2012 del MiPAAF riportano valori annui di produzione da parte del settore di circa 3.000 milioni di euro, di cui circa 1.700 costituito da fiori e piante in vaso e 1.400 dal settore vivaistico (alberi ed arbusti). Le superfici destinate alla produzione per fiore reciso ammontavano nel 2005 a circa 6.500 ettari, mentre quelle per foglie e fronde recise si attestavano su circa 3.200 ettari. Tale diversificata realtà produttiva è costituita da centinaia di generi di piante coltivate in pien’aria ed in serra. L’impatto negativo che le malattie hanno sulle produzioni di molte specie florovivaistiche è legato principalmente a fattori di ordine economico-produttivo e ambientale. Il mancato reddito che esse determinano può essere dovuto alla morte o, più frequentemente, alla minore qualità delle piante che ne impedisce la loro commercializzazione o che ne riduce il loro prezzo di vendita. La gestione fitosanitaria con prodotti chimici, da un lato consente di ottenere produzioni valide dal punto di vista qualitativo, dall’altro incide sensibilmente nella composizione del prezzo finale del prodotto, sia per il costo delle sostanze attive utilizzate, sia per quello di esecuzione dei trattamenti. Il mancato rispetto dei tempi di carenza, non essendo l’alimentazione l’utilizzo finale delle produzioni di fiore o foglia recisa, determina spesso un uso massiccio e irrazionale dei trattamenti fitosanitari, con scarsi risultati pratici. Ciò determina un ulteriore rischio per 57 Infantino et al. l’ambiente (aumento dell’inquinamento atmosferico e delle falde) e per la salute degli operatori (maggiori incidenze di alcune patologie di interesse umano nelle zone ad elevata concentrazione produttiva). Il controllo delle malattie costituisce, quindi, una delle criticità emergenti nel settore florovivaistico, la cui attuazione presenta problematiche di difficile soluzione. In questo contesto, una corretta e rapida diagnosi degli agenti patogeni invalidanti la qualità sia del prodotto finale, sia del materiale di propagazione, assume un ruolo di primaria importanza. La necessità di poter disporre di metodi diagnostici rapidi ed affidabili, che non determinino rallentamenti della circolazione dei prodotti e che consentano parallelamente un razionale ed efficiente utilizzo dei fitofarmaci, costituisce un requisito importante per lo sviluppo del comparto florovivaistico. Scopo della presente rassegna è quello di fornire un quadro aggiornato sulle tecniche diagnostiche attualmente disponibili e di quelle di possibile futura utilizzazione nel campo florovivaistico, al fine di garantire un utile strumento agli operatori del settore per la messa a punto di strategie di controllo e di lotta compatibili con l’ambiente ed in grado di garantire al contempo l’ottenimento di profitti remunerativi e stabili. Impatto delle malattie sul comparto florovivaistico Il florovivaismo è un settore caratterizzato da estrema dinamicità, sia per quanto concerne il numero e la tipologia delle specie coltivate, sia per le tecniche di coltivazione utilizzate. Negli ultimi anni, la necessità di diversificare le produzioni per adeguarle alle richieste del mercato e per contrastare la concorrenza sempre più agguerrita di paesi in via di sviluppo come quelli Africani (Kenya, Zimbabwe, Etiopia) Sudamericani (Colombia, Ecuador), ed Asiatici (Cina, Corea, Tailandia), ha determinato in Italia una maggiore introduzione di nuove specie esotiche e di nuove cultivar di specie già coltivate, facilitata anche dalla maggiore rapidità ed efficienza dei trasporti. In tale contesto, è notevolmente aumentato il rischio di introduzione, attraverso il materiale di propagazione (semi e organi di moltiplicazione) o quello finito (piante e fiori), di patogeni da quarantena (tab. 1) o dei loro vettori (in particolare per virus e fitoplasmi), nonchè di specie vegetali esotiche molto suscettibili a patogeni già endemici ma pregiudizievoli la qualità commerciale (tab. 2). A titolo di esempio, si ricorda l’intercettazione in Europa della razza 3, biovar 2 di Ralstonia solanacearum in talee di Pelargonium zonale prodotte in Kenia e destinate al mercato europeo (Janse et al., Tab. 1 - Principali patogeni di piante ornamentali sottoposti a regolazione di quarantena presenti nelle liste dell’European Plant Protection Organization (EPPO). Tab. 1 - Most important pathogens of ornamental crops under quarantine regulation included into the European Plant Protection Organization (EPPO). Lista A1 Lista A2 Alert list Procarioti Palm lethal yellowing phytoplasma Dickeya dianthicola Ralstonia solanacearum Xanthomonas axonopodis pv. dieffenbachiae Xanthomonas axonopodis pv. poinsettiicola Funghi Diaporthe vaccinii Guignardia citricarpa Gymnosporangium clavipes Gymnosporangium globosum Melampsora farlowii Phytophthora lateralis Puccinia hemerocallidis Ciborinia camelliae Didymella ligulicola Fusarium foetens Phialophora cinerescens Puccinia horiana Chrysanthemum stem necrosis virus Chrysanthemum stunt viroid Impatiens necrotic spot virus Potato spindle tuber viroid Citrus tristeza virus Virus 58 Melampsora euphorbiae Phytophthora kernoviae Phytophthora ramorum Diagnosi di patogeni delle specie ornamentali Tab.2 - Organismi nocivi e malattie che interessano la qualità di specie ornamentali, inclusi nel D.L. 19.5.2000 n.151, pubblicato nella G.U. 8.11.2000 n.261. Tab. 2 - Specific harmful organisms and diseases affecting quality of ornamental crops, included in the Italian D.L. 19.5.2000 n.151, published in the G.U. 8.11.2000 n.261. Generi e specie vegetali Begonia x hiemalis Organismi nocivi e malattie specifiche Batteri Erwinia chrysanthemi; Rhodococcus fascians; Xanthomonas campestris pv. begoniae Citrus Dendranthema × Grandiflorum Agrobacterium tumefaciens; Erwinia chrysanthemi Dianthus caryophyllus e ibridi Euphorbia pulcherrima Erwinia chrysanthemi Gerbera Gladiolus Pseudomonas marginata; Rhodococcus fascians Lilium Erwinia carotovora subsp. carotovora; Rhodococcus fascians Rosa Virus ed organismi patogeni virus-simili Oidio; Agenti di marciume (Phytophthora spp., Pythium spp. e Rhizoctonia spp.) Leafcurl disease; Tospoviruses (Tomato spotted wilt virus (TSWV); Impatiens necrotic spot virus) Phytophthora spp. Virus: Citrus psorosi virus (CPsV); Citrus infective variegation virus (CIVV); Citrus leaf rugose (CLRV) Viroidi: Citrus exocortis viroid (CEVd); Hop stunt viroid (HSVd) isolato cachexia-xyloporosis Fusarium oxisporum sp. chrysanthemi; Puccinia chrysanthemi; Pythium spp.; Rhizoctonia solani; Verticillium spp.. Alternaria dianthi; Alternaria dianthicola; Fusarium oxisporum f. sp. dianthi; Uromyces dianthi; Mycosphaerella dianthi;Phytophthora nicotianae sp. parasitica; Rhizoctonia solani; Fusarium spp.. e Pythium spp. agenti di marciume; Fusarium spp.; Pythium ultimum; Phytophthora spp.; Rhizoctonia solani; Thielaviopsis basicola Fusarium spp.; Phytophthora cryptogea; Oidio; Rhizoctonia solani; Verticillium spp. Botrytis gladiolorum; Curvularia trifolii; Fusarium oxisporum sp. gladioli; Penicillium gladioli; Sclerotinia spp.; Septoria gladioli; Urocystis gladiolicola; Uromyces trasversalis Cylindrocarpon destructans; Fusarium oxisporum f. sp. lilii; Pythium spp.; Rhizoctonia spp.; Rhizopus spp.; Sclerotium spp. Fusarium oxysporum f. sp. narcissi; Sclerotinia spp.; Sclerotium bulborum Narcissus Pelargonium Funghi Rhodococcus fascians; Xanthomonas campestris pv. pelargonii Puccinia pelargonii zonalis; Verticillium spp.; agenti di marciume Botrytis spp.; Pythium spp. Agrobacterium tumefaciens Chondrostereum purpureum; Coniothyrium spp.; Diplocarpon rosae; Peronospora sparsa; Phragmidium spp.; Rosellinia necatrix; Sphaeroteca pannosa; Verticillium spp. Chrysanthemum B mosaic virus; Tomato aspermy cucumovirus Carnation etched ring caulimovirus; Carnation mottle carmovirus; Carnation necrotic fleck closterovirus Tospoviruses (Tomato spotted wilt virus (TSWV); Impatiens necrotic spot virus Tospoviruses (Tomato spotted wilt virus (TSWV); Impatiens necrotic spot virus Tospoviruses (Tomato spotted wilt virus (TSWV); Impatiens necrotic spot virus Aster yellow mycoplasm; Corky pit agent; Cucumber mosaic virus (CMV); Gladiolus ringspot virus (syn. Narcissus latent virus); Tobacco rattle virus Cucumber mosaic virus (CMV); Lily symptomless virus; Lily virus x; Tobacco rattle virus; Tulip breaking virus Tobacco rattle virus; Narcissus white streak agent; Narcissus yellow stripe virus Pelargonium flower break carmovirus; Pelargonium leaf curl tombusvirus; Pelargonium line pattern virus; Tospoviruses (Tomato spotted wilt virus (TSWV); Impatiens necrotic spot virus Apple mosaic virus; Arabis mosaic virus; Prunus necrotic ringspot virus 59 Infantino et al. 2004), la rapida diffusione in Europa di Tomato spotted wilt virus (TSWV) e Impatiens necrotic spot virus (INSV) a seguito della introduzione del vettore Frankliniella occidentalis dagli Stati Uniti, tripide rinvenuto su piante importate di violette africane (Baker et al., 1993) ed, ancora, la segnalazione, in Germania ed Olanda nel 2006 e successivamente anche in vivai dell’Italia centrale e meridionale, della presenza del viroide del tubero fusiforme della patata (Potato spindle tuber viroid – PSTVd) su Solanum jasminoides, S. rantonnetti e Brugmansia spp. (Di Serio, 2007; Verhoeven et al., 2008). Questo patogeno da quarantena, in particolare, sebbene presente in maniera latente all’interno di solanacee ornamentali, sta provocando gravi danni economici al settore florovivaistico, in quanto, essendo potenzialmente molto dannoso per le solanacee eduli quali patata e pomodoro, il rinvenimento anche di una sola pianta all’interno di partite di S. jasminoides e/o Brugmansia spp, comporta la distruzione dell’intero lotto. Negli ultimi anni si è assistito all’aumento delle segnalazioni di danni, spesso di elevata entità, causati da patogeni già presenti sul territorio nazionale ma osservati per la prima volta su diverse specie ornamentali. A titolo di esempio, si possono citare danni da mal bianco su nuove specie da giardino o nuove cultivar, marciumi radicali e malattie fogliari causate da varie specie di Phytophthora, marciumi basali da Sclerotinia sclerotiorum, Sclerotium rolfsii, Armillaria mellea e Rhizoctonia solani (Garibaldi et al., 2004), tracheomicosi causate da Fusarium oxysporum e Verticillium dahliae (Gullino e Garibaldi, 2007), alterazioni fogliari su Euphorbia pulcherrima da Xanthomonas axonopodis pv. poinsettiicola (Stravato et al., 2004), anomalie di crescita e proliferazione di germogli in coltivazioni di ranuncolo (Ranunculus asiaticus) indotte dal fitoplasma ‘Candidatus Phytoplasma asteris’ (Parrella et al., 2008). Tra gli altri fattori che contribuiscono al mutamento dei principali quadri fitopatologici delle colture ornamentali, si ricordano l’ampliamento della base genetica del germoplasma di essenze ornamentali spesso non dotate di resistenze genetiche nei confronti delle principali malattie, la diffusione di insetti vettori, particolarmente per fitoplasmi e virus, l’intensificazione colturale e l’avvicendamento di specie suscettibili allo stesso patogeno, nonché l’introduzione di nuove tecniche colturali. Ad esempio, l’adozione di sistemi di coltivazione fuori suolo, in particolare di quelli che prevedono il ricircolo della soluzione nutritiva, determina condizioni ambientali favorevoli per alcune specie patogene di scarsa o nulla importanza in 60 coltivazione convenzionale per l’assenza dell’attività antagonistica di microrganismi naturalmente presenti nel terreno (Stanghellini e Rasmussen, 1994; Rumine e Infantino, 1994). Nel lungo periodo, anche i mutamenti climatici possono avere un impatto negativo sulle produzioni agricole, agendo in vario modo nei processi di interazione tra le piante e le popolazioni dei patogeni (Chakraborty et al., 2000). Aspetti generali della diagnosi fitopatologica La diagnosi di agenti fitopatogeni di specie di interesse agrario è considerata uno strumento di fondamentale importanza per lo sviluppo di strategie di controllo e lotta. Nel corso degli anni si è assistito a profondi e rapidi cambiamenti delle procedure e delle tecniche che sono alla base della diagnostica fitopatologica. Sino agli ultimi decenni del secolo scorso, la diagnosi fitopatologica poteva a pieno titolo essere considerata come un’arte, appresa ed esercitata presso le Università o Centri di Ricerca specializzati, basata essenzialmente sull’osservazione macroscopica e microscopica dei sintomi e sul riconoscimento su base morfologica o biochimica dell’agente/i causale/i. La necessità di lunghi tempi di esecuzione e di personale specializzato hanno costituito per anni un fattore limitante per l’applicazione su larga scala di queste tecniche diagnostiche. Inoltre, nel caso specifico dei fitoplasmi, agenti patogeni non coltivabili in vitro e di difficile osservazione al microscopio, tali tecniche si sono rivelate di scarsa attendibilità ed applicabilità, limitando fortemente le conoscenze su questi patogeni. Accanto alle metodologie più tradizionali che ancora oggi consentono lo studio e la scoperta di nuove malattie e dei loro relativi agenti eziologici mediante metodologie diagnostiche dirette, si è di recente assistito allo sviluppo di tecniche diagnostiche indirette, che mirano cioè all’individuazione ed identificazione di alcuni componenti biochimici dei patogeni stessi, quali gli acidi nucleici, i componenti proteici e quelli lipidici. L’utilizzo di tali tecniche, che si affiancano ed in parte sostituiscono le più convenzionali, hanno permesso di risolvere alcune delle sopraccitate limitazioni, consentendo a questa branca della patologia vegetale di potersi adeguare alle mutate esigenze del comparto florovivaistico. Per facilitare la trattazione dei principali metodi diagnostici innovativi utilizzati o utilizzabili nel settore florovivaistico, nel presente lavoro essi verranno suddivisi in: a) metodi immunoenzimatici (o sierologici), che si basano sul riconoscimento dei componenti proteici o lipidici e b) metodi molecolari, basati sul Diagnosi di patogeni delle specie ornamentali riconoscimento degli acidi nucleici (RNA e DNA) del genoma dei patogeni vegetali. Per ciascun metodo verranno fornite le principali caratteristiche tecniche ed esempi della loro applicazione pratica nella diagnosi di patogeni di specie vegetali di interesse florovivaistico. Metodi immunoenzimatici Le prime tecniche diagnostiche immunoenzimatiche utilizzate nel campo della fitopatologia risalgono agli anni ‘70 quando è stato messo a punto il metodo Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay (ELISA) per il rilevamento dei virus vegetali. Esse si basano sulla possibilità di individuare una molecola bersaglio (antigene) del patogeno (ad es.: la proteina del capside dei virus, la proteina della parete cellulare per batteri, fitoplasmi e funghi), mediante l’utilizzo di anticorpi specifici policlonali (popolazione eterogenea di anticorpi verso tutti i siti antigenici “epitopi” di una proteina) e/o monoclonali (popolazione omogenea di anticorpi specifici verso un solo epitopo). Il rilevamento del composto biochimico antigene/anticorpo avviene su base colorimetrica nel campo del visibile mediante l’utilizzo di enzimi (es: perossidasi, fosfatasi alcalina, complesso avidina-biotina,) coniugati agli anticorpi stessi che mettono in evidenza la reazione su un supporto solido (piastre di polipropilene o polistirene a 96 pozzetti, membrane di nitrocellulosa o nylon). A tutt’oggi queste tecniche sono di largo impiego in tutti i laboratori che si occupano di diagnosi fitosanitaria. Nel corso degli anni sono state sviluppate numerose varianti di queste tecniche allo scopo di estendere la loro applicabilità a molte specie vegetali (monocotiledoni, dicotiledoni erbacee e arboree), di conferire specificità nella identificazione di singole specie e ceppi di un determinato patogeno, di migliorare la sensibilità per l’individuazione di patogeni presenti in basse concentrazioni nei tessuti vegetali ed, infine, di aggiungere praticità d’uso e rapidità di reazione per diagnosi su campo. L’ELISA è sicuramente la tecnica più utilizzata nel settore della diagnosi di agenti patogeni virali delle piante ornamentali. Le metodologie utilizzate per l’ELISA si suddividono in dirette ed indirette a seconda se l’enzima sia legato direttamene (DAS-ELISA: Double Antibody Sandwich) o meno (TAS-ELISA: Triple Antibody Sandwich) all’anticorpo specifico per l’antigene che si vuole identificare. Tra i metodi indiretti, ACP-ELISA (Antigen Coated Plate) è un metodo che prevede invece l’adsorbimento dell’antigene direttamente nel pozzetto di reazione e viene utilizzato per alcune combinazioni virus/ospite vegetale (Guaragna et al, 2006). L’uso di anticorpi monoclonali ha conferito alla tecnica ELISA una maggiore accuratezza per l’assenza di reazioni aspecifiche, spesso frequenti con gli anticorpi policlonali, e specificità nella diagnosi dei ceppi esistenti per un determinato fitopatogeno. Un esempio in tal senso è l’uso dell’anticorpo selettivo monoclonale MCA 13 per la discriminazione di ceppi del Citrus tristeza virus - CTV (Permar et al., 1990). La produzione di kit commerciali per saggi ELISA verso agenti virali e batterici delle piante ornamentali è molto sviluppata in quanto è uno degli strumenti diagnostici più idonei ad effettuare analisi massali in tempi relativamente brevi (24-48 ore) in tutte le fasi operative dell’attività vivaistica: fase di breeding (sanità dei parentali), fase di moltiplicazione vegetativa (sanità delle piante madri) o fase di commercializzazione del prodotto finito (passaporto per la vendita). Per tale motivo, oltre a disporre di kit per virus tipici delle piante di interesse agrario, di cui molti risultano essere patogeni anche di ornamentali (e.g. TSWV, INSV, Cucumber mosaic virus - CMV, Citrus tristeza virus -CTV, Plum pox virus -PPV), è sorto un settore specializzato per i virus delle ornamentali (es: alstroemeria, garofano, geranio, bulbose). Nella diagnostica batterica è molto utilizzata la tecnica IFAS (Immuno Fluorescent Assay) in cui gli anticorpi sono legati ad un composto fluorescente (es. fluoresceina, rodamina) e la reazione antigene/anticorpo può essere osservata anche su poche cellule direttamente al microscopio a fluorescenza (Mazzucchi, 1995). Rispetto all’ELISA, l’IFAS unisce il vantaggio di poter osservare, oltre alla intensità della reazione fluorescente, anche la morfologia delle cellule batteriche al microscopio. Il fattore critico per l’affidabilità dell’esito dell’analisi è la qualità dell’antisiero; solo un antisiero ad alto titolo (minimo 1:2.000) è accettabile per le analisi e generalmente viene usato il metodo indiretto. L’IFAS è una delle metodiche più indicate come saggio di selezione preliminare, nonché come saggio di conferma, nei protocolli ufficiali (Direttiva 2006/63/CE) per la diagnosi ed identificazione di Ralstonia solanacearum da talee di Pelargonium. Altre tecniche immunoenzimatiche che hanno riscosso un certo successo nella diagnosi fitopatologica sono quelle che prevedono l’uso di membrane come supporto solido. In base alle modalità di adsorbimento dell’antigene, esse vengono denominate: Dot Blot Immunoassay - DBIA se vengono utilizzate gocce di succo vegetale da estratto grezzo, Direct Tissue Blot Immunoassay - DTBIA se il tessuto vegetale, opportunamente sezionato, viene direttamente appoggiato sulla membrana con leggera pressione (impronta di tessuto) (Lin et al., 1990; Makkouk et 61 Infantino et al. al., 1993) e Western Blot - WB quando si utilizza la proteina-target purificata e separata elettroforeticamente (Gershoni e Palade, 1982). Per il rilevamento della reazione tra antigene e anticorpo specifico, questi saggi necessitano di sistemi quali il complesso avidina-biotina, i sistemi immuno-chemioluminescenti e immuno-fluorescenti o, nel caso specifico del WB, di coloranti capaci di legarsi alle proteine (blu coomassie o nitrato di argento). Nel settore dei patogeni delle piante ornamentali, tali tecniche sono state utilizzate per la diagnosi di CTV (Garnsey et al., 1993), per alcuni virus su gladiolo (Katocha et al., 2003) e su Lilium (Kim et al., 1996). La reazione immunoenzimatica su membrana è alla base anche della tecnica del Lateral Flow Assay (LFA), sviluppatasi recentemente nel settore fitodiagnostico (Danks and Barker, 2000), ma già ampiamente utilizzata nella diagnostica umana. Tra tutte le tecniche immunoenzimatiche, LFA, anche conosciuta come ImmunoStrip Assay, risulta la più semplice e rapida al punto da poter esser utilizzata direttamente in campo. Al momento, il saggio LFA nel settore florovivaistico, è stato messo a punto ed utilizzato per la diagnosi di virus, batteri e funghi. In particolare per le specie virali appartenenti ai generi Tospovirus, Tobamovirus, e CMV (Salomone e Roggero, 2002), per alcuni virus delle Orchidee [Forsite Diagnostics (www.forsitediagnostics.com)], per CTV, (Salomone et al., 2004) e per Calibrachoa mottle virus su Calibrachoa sp. Il saggio LFA è stato inoltre utilizzato per la diagnosi di alcuni batteri, quali Xanthomonas hortorum pv. pelargonii e Ralstonia solanacearum su Pelargonium ed Erwinia amylovora (Alvarez, 2004) e di alcuni agenti fungini, tra cui Botrytis spp., Pythium spp., Rhizoctonia spp. e Phytophthora spp. (Thornton et al., 2004; Lane et al., 2007; Dewey e Yohalem, 2007). Per questi patogeni esistono kit commerciali in vendita presso le più importanti ditte di prodotti di diagnosi fitosanitaria. Diagnosi molecolare I principali metodi di diagnosi molecolare si basano sull’analisi degli acidi nucleici (DNA e RNA) attraverso l’utilizzo di due diversi approcci metodologici: l’amplificazione mediante PCR e l’ibridazione molecolare. Per ciascuna metodologia sono state sviluppate innumerevoli varianti, la cui evoluzione è progredita notevolmente negli ultimi anni. Uno step comune a tutti i metodi diagnostici molecolari è rappresentato dall’estrazione degli acidi nucleici (DNA o RNA) che compongono i genomi dei patogeni target. L’ottenimento di acidi nucleici di ottima qualità e poco degradati è un prerequisito fon62 damentale per qualsiasi metodo di biologia molecolare. Esistono in letteratura diversi protocolli, la cui complessità dipende dal substrato sul quale si opera; nei casi più semplici, si possono impiegare metodi che utilizzano l’estratto grezzo di foglie o comunque di tessuti molli (Osman e Rowhani, 2006). Nel caso di substrati più difficili, quali terreno, tessuti legnosi o nel caso di alcuni particolari patogeni (fitoplasmi), si utilizzano protocolli con un maggior numero di passaggi e reagenti al fine di eliminare fattori e sostanze che vanno ad interferire con la PCR o l’ibridazione. Nonostante siano disponibili in letteratura numerosi protocolli di estrazione sperimentali, che spesso richiedono il ricorso all’uso di solventi organici quali fenolo e cloroformio, nella realtà pratica è consigliabile l’utilizzo di kit commerciali specifici per ciascun substrato in quanto più pratici e riproducibili. Un’eccezione del tutto particolare è rappresentata dai fitoplasmi, patogeni localizzati nei tessuti floematici della pianta e tipicamente presenti in concentrazioni molto basse, per i quali la quantità iniziale e la qualità dell’estratto di DNA è determinante sull’esito del successivo saggio diagnostico adottato. Per questo motivo, per tali patogeni, sono stati messi a punto specifici protocolli di estrazione che mirano a coniugare alte rese in DNA totale e qualità dell’estratto. In questo caso i kit commerciali non offrono le stesse garanzie ed il loro uso risulta, pertanto, molto più limitato. Metodi basati sulla amplificazione degli acidi nucleici La reazione a catena dell’enzima polimerasi (Polymerase Chain Reaction – PCR) è un metodo di amplificazione enzimatica esponenziale di una regione specifica di DNA, (sequenza bersaglio), nel quale si utilizzano due oligonucleotidi (primer), che innescano la reazione, e di un enzima (Taq polimerasi) in grado di lavorare ad elevate temperature. L’amplificazione della sequenza bersaglio avviene attraverso una serie di cicli successivi, ciascuno comprendente tre fasi: separazione dei due filamenti del DNA (denaturazione), l’appaiamento dei primer con le porzioni complementari del DNA e la sintesi di nuove copie (ampliconi) della sequenza compresa fra i due primer. Il processo di amplificazione si svolge in una apparecchiatura automatizzata, chiamata termociclatore, che consente di programmare i valori di temperatura ed il numero di cicli di amplificazione. Per poter essere evidenziati, gli ampliconi devono essere sottoposti a elettroforesi in gel d’agarosio opportunamente “colorati” con un agente intercalante (etidio bromuro, GelRed, ecc.) che emettendo fluorescenza se sottoposto agli UV permette la visualizzazione del prodotto di amplificazione. La specificità Diagnosi di patogeni delle specie ornamentali della PCR dipende essenzialmente dai primer, che devono essere unici e specifici per l’organismo da diagnosticare. In tabella 3 sono elencate le principali regioni genomiche utilizzate per il disegno di primer specifici. La regione genica maggiormente utilizzata per la selezione di primer per la diagnosi di patogeni fungini, batterici e fitoplasmali, è quella del DNA ribosomale, regione molto stabile, presente in tutti gli organismi in copie multiple e che contiene sequenze variabili e conservate. I geni dell’rDNA (18S/5,8S/28S per i funghi, 16S/23S/5S per batteri e fitoplasmi) sono separati da regioni interne trascritte ma non tradotte, chiamate regioni spaziatrici interne trascritte (ITS) di particolare interesse per lo sviluppo di primer specifici perché altamente variabili. Anche le regioni comprese tra due cluster di geni ribosomali (inter genic Spacers – IGS) possono essere utilizzate per lo stesso scopo. In taluni casi (vedi per esempio il caso dei Fusarium), queste regioni possono tuttavia risultare inadeguate per la distinzione di taxa molto vicini fra loro o per la diagnosi a livello intraspecifico; pertanto, l’attenzione è stata rivolta anche ad altre regioni genomiche. Normalmente una singola reazione di PCR è sufficiente per ottenere, in campioni infetti, ampliconi visibili dopo corsa elettroforetica. Quando la concentrazione dei patogeni nei tessuti dell’ospite è molto bassa, come ad esempio nel caso dei fitoplasmi, alla prima reazione di PCR (PCR-diretta) si fa, generalmente, seguire una seconda (o addirittura una terza) amplificazione (PCR-nested) effettuata con coppie di primer che si legano a regioni interne a quelle amplificate in PCR-diretta che fungono da sequenze target. Per l’amplificazione a partire da RNA target, come nel caso dei viroidi e della maggior parte dei virus fitopatogeni, è necessario far precedere alla PCR uno step di trascrizione inversa da RNA a cDNA (RTPCR), utilizzando l’attività di enzimi specifici purificati da retrovirus, i quali svolgono tale processo durante il loro ciclo vitale. La trascrittasi inversa del virus della leucemia murina di Moloney (M-MLV) o di quello della mieloblastosi aviare (AMV) sono gli enzimi che maggiormente vengono utilizzati per tale processo. Generalmente, l’RNA target per la diagnosi dei virus è quello codificante per il capsidio proteico, mentre per i viroidi, essendo entità molto semplici e di piccole dimensioni (singolo filamento di acido nucleico di 250-400 nucleotidi) l’RNA target è costituito dall’intero genoma del patogeno. Il processo completo di amplificazione genica a partire da RNA target, che è quello principalmente utilizzato nella diagnosi di virus e viroidi, è chiamato RT-PCR. L’ottenimento del cDNA può avvenire contestualmente (one-step RT-PCR) con la reazione di PCR, utilizzando o un primer complementare alla sequenza target di RNA, o primer aspecifici (degenerati o random), oppure il cDNA prodotto diviene il target del successivo step di amplificazione (double-step RT-PCR). PCR e RT-PCR convenzionali La semplice PCR consente l’identificazione della presenza del patogeno all’interno del campione senza la necessità di dover effettuarne l’isolamento. Per quanto riguarda le ornamentali è stata messa a punto per l’individuazione di diverse specie di Phytophthora, quali ad esempio la P. ramorum su rododendro e viburno con i primer Phyto1 e Phyto2 disegnati sulla regione ITS (Hayden et al., 2004) o per la diagnosi di Neonectria galligena su melo con i primer Ch1 o Ch2 (Langrell et al., 2002). Per la dia- Tab. 3 - Regioni di DNA usate per il disegno di primer specifici per la diagnosi di funghi, batteri e fitoplasmi. Tab. 3 - DNA regions useful for the design of specific primers for the diagnosis of fungi, bacteria and phytoplasmas. Sigla ITS SSU LSU B-tub mtSSU RPB1, RPB2 TEF CaM COX1 IGS Geni a singola copia, introni rpS3, rpL22 Sec Y Nome del gene per esteso Internal Transcribed Spacer of nuclear ribosomal DNA Small SUbunit of nuclear ribosomal DNA Large SUbunit of nuclear ribosomal DNA β -tubulin Small SUbunit of the mitochondrial ribosomal DNA Ribosomal Polymerase B-1 and B-2 Translation Elongation Factor Calmodulin Mitochondrial Cytochrome Oxidase 1 Inter Genic Spacers (es. RAS-like,GPA1, ASF-like, TRP1) Ribosomal protein S3 e L22 63 Infantino et al. gnosi di Erwinia amylovora agente causale del colpo di fuoco batterico di molte rosacee ornamentali, una regione del plasmide pEA29 è stata ampiamente utilizzata come target molecolare per la messa a punto di vari protocolli di PCR convenzionale e nestedPCR (Bereswill et al., 1992; McManus e Jones, 1995; Llop et al., 2000). Nell’ambito dei fitoplasmi, questa tecnica è stata messa a punto per la diagnosi di ‘Candidatus Phytoplasma palmae’, patogeno da quarantena agente dell’ingiallimento letale (LY – lethal yellowing) in differenti tipi di palma fra cui quelle del Genere Phoenix cui appartengono molte specie di uso ornamentale (Harrison et al., 2002) e per l’individuazione di fitoplasmi di specie floricole quali Lilium (Kaminska e Korbin., 2002), Gladiolus (Bertaccini et al., 1994), Hydrangea e Crysanthemum (Bertaccini et al., 1992). Per quanto riguarda la RT-PCR, questa è stata messa a punto ed utilizzata per la diagnosi di virus e viroidi da quarantena e di qualità che colpiscono le piante ornamentali (Tomassoli et al., 2004; Ragozzino et al., 2004, Ragozzino et al., 2005; Verhoeven et al., 2008), e anche per la diagnosi di CTV in piante di Citrus spp.. Questa tecnica può essere condotta sia in reazione singola (Hung et al., 2000), sia in reazione multipla (multiplex-RT-PCR) per la diagnosi simultanea di CTV e di virus di qualità (Roy et al., 2005). La PCR e RT-PCR è la tecnica diagnostica più semplice ed immediata per tutti quei virus delle specie floricole di recente identificazione per i quali non sono ancora disponibili kit sierologici (Gera e Zeidan, 2006; Guaragna et al., 2006). PCR-RFLP La PCR-RFLP (Restriction Fragment Length Polymorphism) è una tecnica diagnostica che abbina alla normale PCR l’analisi dei polimorfismi dei frammenti di restrizione originati dopo digestione enzimatica degli ampliconi e successiva separazione elettroforetica su gel di agarosio o acrilammide. Questa tecnica, è stata alla base del sistema di classificazione dei fitoplasmi (Lee et al., 1998) ed è tipicamente utilizzata per la diagnosi e caratterizzazione molecolare di questi agenti patogeni. Questa tecnica è anche applicata per la diagnosi di patogeni fungini, ad esempio per la discriminazione delle tre specie di Seiridium che causano il cancro del cipresso, S. cardinale, S. cipressi e S. unicorne (Krokene et al.,2004);il metodo consiste nell’amplificare il gene per la â–tubulina, nella digestione degli ampliconi con un solo enzima di restrizione (HaeIII) e nell’analisi dei profili elettroforetici caratteristici per ciascuna delle tre specie. 64 PCR SSCP La tecnica del Single Strand Conformation Polymorphism PCR (PCR-SSCP) si basa sul fatto che filamenti singoli di DNA assumono una conformazione tridimensionale unica in base alla loro sequenza; questa proprietà permette di distinguere le diverse sequenze con una corsa elettroforetica perché ogni conformazione ha una diversa mobilità in elettroforesi. La tecnica prevede una normale reazione di PCR o RT-PCR, a cui si fa seguire la denaturazione dei doppi filamenti di DNA mediante incubazione a 95100 °C, in presenza di una miscela denaturante. I singoli filamenti di DNA generati vengono, quindi, separati mediante corsa elettroforetica a freddo su gel di acrilammide e visualizzati sotto luce UV dopo opportuna colorazione. Il confronto fra i profili SSCP ottenuti e quelli di isolati di riferimento, utilizzati come controllo, consente l’identificazione di un determinato patogeno e/o di suoi eventuali ceppi. Nell’ambito della diagnosi di patogeni fungini la PCR-SSCP viene generalmente effettuata utilizzando primer fungini generici che amplificano una zona dell’ITS (ad es. ITS2), direttamente da micelio (colony direct) o a partire da DNA genomico. Questa tecnica è stata utilizzata per identificare e distinguere tra loro circa sessanta specie di Phytophthora (Gallegly e Hong, 2008) e per il rilevamento di specie di Phytophora in bacini di acque di irrigazione di vivai utilizzando specie trappola come Camellia japonica, Ilex crenata e Rhododendron catawbiense (Ghimire et al. 2009). In ambito virale, l’analisi SSCP è stata messa a punto per la discriminazione di isolati diversi di CTV in piante di Citrus spp. (Rubio et al., 1996). Rep-PCR La tecnica rep-PCR, descritta da Rademaker e de Bruijn (1997), si basa sull’analisi di tre diverse famiglie di sequenze ripetute e conservate nel genoma della maggior parte dei batteri Gram-negativi e in quello di diversi batteri Gram- positivi. Queste tre famiglie di sequenze prendono il nome di REP (Repetitive Extragenic Palindromic) lunghi circa 3540 pb, ERIC (Enterobacterial Repetetive Intergenic) di 124-127 pb e l’elemento BOX di 154 pb. Mediante utilizzo di primers universali scelti sulle suddette sequenze si ottengono profili elettroforetici caratteristici (fingerprint) il cui confronto con quello di ceppi di riferimento, eventualmente elaborati mediante analisi statistiche, può fornire informazioni sia per l’identificazione della specie sia per stabilire relazioni tassonomiche tra i vari ceppi. Standardizzando il metodo in modo tale da garantirne la riproducibilità, è possibile effettuare l’analisi da cellule batteriche intere o lisa- Diagnosi di patogeni delle specie ornamentali te al calore (95-100°C) eventualmente in presenza di NaOH, evitando la purificazione del DNA. La repPCR ha permesso l’identificazione di alcuni isolati di Xanthomonas translucens pv. undulosa patogeni di piante di asparago ornamentale (Rademaker et al., 2006). È stata inoltre utilizzata per la caratterizzazione di popolazioni di specie di Erwinia agenti di marciume molle, responsabili di ingenti perdite in piante ornamentali in Florida (Norman et al., 2003). La repPCR (primer Box) è indicata nel protocollo EPPO come saggio di identificazione di Burkolderia caryophylli agente dell’avvizzimento del garofano (Anonymous, 2006). Real-Time PCR La PCR in tempo reale o PCR quantitativa (real time PCR o q-PCR) si basa sulla misurazione dell’intensità di fluorescenza emessa da molecole fluorescenti detti fluorocromi, che possono essere agenti intercalanti aspecifici del DNA come il SYBR Green, oppure possono essere legate a sonde molecolari insieme ad un quencher (ad es. metodo TaqMan), che ha la funzione di assorbire l’energia emessa dal fluorocromo stesso. In quest’ultimo caso, la polimerizzazione innescata dai primer specifici causa il distacco della sonda legata al DNA target; il conseguente allontanamento del fluorocromo dal quencher genera un segnale fluorescente che è proporzionale al numero di ampliconi di DNA prodotti. Tale tecnica permette di monitorare l’andamento della reazione di amplificazione in tempo reale e di effettuare una determinazione quantitativa del campione seguendo la reazione durante la fase esponenziale di amplificazione. Real Time PCR con SYBR Green è stata utilizzata per l’identificazione e quantificazione di P. ramorum (Hayden et al., 2004). Pasquali et al. (2004) hanno sviluppato un metodo di real-time PCR basato sulla chimica TaqMan per l’identificazione di un nuovo gruppo di isolati di F.oxysprum f.sp. chrysanthemi patogeno della margherita (Argyranthemum frutescens). La real time è stata anche utilizzata per l’identificazione e la quantificazione di batteri fitopatogeni, come ad esempio Erwinia amylovora (Salm e Geider, 2004; De Bellis et al., 2007, Mohammadi et al., 2009). Protocolli di real time con metodo TaqMan, infine, sono stati messi a punto per la diagnosi universale e gruppo-specifica di fitoplasmi (Hodgetts et al., 2009). La tecnica real time RT-PCR è stata messa a punto per la diagnosi di TSWV su crisantemo (Boonham et al., 2002), di due virus dell’orchidea (Eun et al., 2000), del PSTVd, (Boonham et al., 2004), per la dia- gnosi quantitativa di CTV in piante di Citrus spp. e afidi vettori (Bertolini et al., 2008). Multiplex real time PCR La disponibilità in real-time PCR di cinque coloranti fluorescenti diversi permette di usare fino a cinque sonde (multiplex) nella stessa reazione. Tali sonde possono identificare altrettanti patogeni oppure regioni geniche diverse dello stesso patogeno. In genere i saggi Taqman in multiplex sono meno sensibili rispetto alle singole reazioni separate, tuttavia l’utilizzo per l’identificazione di regioni geniche multiple aumenta l’affidabilità nel rilevamento del patogeno, requisito fondamentale nel caso di patogeni di quarantena. Ad esempio nel caso di P. ramorum (Bilodeau et al., 2009) hanno messo a punto un metodo che prevede una singola reazione con tre diverse sonde Taqman basate sui geni β-tubulina, elicitina e la regione ITS, più una quarta specifica per il genere Phytophthora. Il vantaggio principale di questa tecnica risiede sicuramente nel fatto di essere quantitativa e molto sensibile; essa permette inoltre di ridurre i rischi di contaminazione per la ridotta manipolazione dei prodotti di amplificazione e di avere una elevata specificità. Tra gli svantaggi, si ricordano la difficoltà di identificazione e sviluppo di primer e sonde, e gli elevati costi relativi (Saldarelli, 2007). Oltre la PCR Accanto alla PCR classica sono in fase di sviluppo diverse alternative che cercano di adattare l’amplificazione a diversi usi: il sistema OpenArray ™ (Biotrove), ad oggi mai applicato a specie ornamentali, permette l’esecuzione di numerose reazioni di realtime PCR in volumi ridottissimi mediante un sistema di array. Il metodo LAMP (loop-mediated isothermal amplification), è un’amplificazione a temperatura costante (65°C) svolta da una polimerasi che discosta il filamento complementare senza necessità di denaturazione; l’amplificazione utilizza da 4 a 6 primers (primers interni, primers esterni, loop primers) ed è mediata dalla formazione di loop (uncini) che facilitano l’innesco della polimerasi (http://loopamp.eiken. co.jp/e/lamp/anim.html). Poiché si svolge a temperatura costante, la reazione non necessita di termociclatore, essendo sufficiente un blocco o un bagnetto termostatato; se il rilevamento viene eseguito mediante una reazione colorimetrica visibile ad occhio nudo o incorporata in un sistema Lateral Flow, tale tecnica può essere adattata all’uso diretto in campo. Il metodo LAMP è stato messo a punto per la diagnosi di P. ramorum e della nuova specie Phytophthora kernoviae (Tomlinson et al., 2010). Questa tecnica può 65 Infantino et al. essere utilizzata anche per l’amplificazione di RNA aggiungendo una trascrittasi inversa, come nel lavoro di Fukuda et al. (2004), su crisantemo. In ambito italiano si segnala l’applicazione del metodo LAMP per la diagnosi della ruggine su anemone, causata da Tranzschelia discolor (Catarsi et al., 2009). Metodi basati sullibridazione molecolare La tecnica dell’ibridazione molecolare è basata sull’interazione specifica che avviene naturalmente tra le basi puriniche e pirimidiniche complementari degli acidi nucleici (AT e GC), che si traduce in un ibrido stabile formato da una zona (o la totalità) della sequenza di acido nucleico del patogeno da rilevare (molecola target) e da una sequenza complementare generalmente marcata (sonda). Esistono differenti approcci disegnati su questa tecnica, tutti basati sugli stessi principi ma differenti nel modo in cui la molecola bersaglio è applicata e immobilizzata sul supporto solido. Di seguito si riportano differenti metodologie di ibridazione molecolare, descrivendo le principali applicazioni su funghi, batteri, virus e viroidi che colpiscono le piante ornamentali: dot-blot, tissue printing, DNA array. Dot blot hybridization La procedura classica del dot-blotting consiste nel prelievo di una soluzione acquosa di acido nucleico bersaglio denaturato (DNA o RNA) che viene semplicemente fatta adsorbire ad una membrana di nitrocellulosa o di nylon che viene successivamente asciugata. Una volta immobilizzate sulla membrana, le sequenze di acido nucleico bersaglio sono “ibridate” con una soluzione contenente un singolo filamento di acido nucleico marcato (sonda a cDNA o cRNA) che è complementare alla sequenza target. Dopo un tempo sufficiente per la formazione di heteroduplex sonda-target, la soluzione della sonda viene eliminata e la membrana viene lavata per rimuovere la sonda in eccesso che potrebbe legarsi in modo non specifico alla membrana. Successivamente, la membrana viene asciugata e l’avvenuta ibridazione target/sonda viene visualizzata per mezzo di reazioni enzimatiche o chemiluminescenti tramite una pellicola film autoradiografica. Questa tecnica è utilizzata per la diagnosi di viroidi (pospiviroidi in particolare) e virus che infettano le piante ornamentali (Tomassoli et al., 2004; Di Serio et al., 2007, Ivars et al., 2004, Barbarossa e Savino 2006; Loconsole et al., 2009). Tissue printing hybridization Per le analisi di routine, uno degli obiettivi è quello di ridurre al minimo la manipolazione del campio66 ne. Questo obiettivo può essere facilmente raggiunto utilizzando la tecnica di ibridazione molecolare per impronta di tessuto. Tale metodo evita l’estrazione degli acidi nucleici dai campioni da saggiare e richiede solo il trasferimento diretto del materiale vegetale (fusto, foglia, frutto) ad una membrana di nylon o nitrocellulosa attraverso una semplice pressione della matrice verde sulla membrana dove viene rilasciato il succo vegetale contenente il patogeno target. La tecnica di ibridazione per impronta di tessuto può essere applicata non solo per la diagnosi, con l’ovvio vantaggio di ridurre i tempi del saggio, ma anche per studiare la distribuzione del patogeno all’interno della pianta infetta.. La tecnica del “tissue printing” è stata applicata per diagnosi massali sia di campo che di laboratorio per la diagnosi di CSVd e PSTVd (Tomassoli et al., 2004; Di Serio et al., 2007). DNA array La tecnica del DNA array è un metodo di ibridazione inversa in cui oligonucleotidi specifici vengono immobilizzati sul supporto solido mentre l’acido nucleico del campione da identificare viene marcato e ibridizzato al supporto in condizioni di stringenza. A seconda della sua natura, il rilevamento del segnale viene effettuato su lastra autoradiografica o tramite lettore di immagini. In base alle dimensioni e alla distribuzione degli oligonucleotidi, gli array a si distinguono in 1) macroarray, con bassa densità di distribuzione (ordine delle centinaia), con supporto costituito tipicamente da una membrana di nylon o nitrocellulosa; 2) microarray, con una elevata densità di distribuzione (ordine delle migliaia), nei quali il supporto può essere un vetrino o silicio poiché in grado di permettere lo screening contemporaneo di molti patogeni. In patologia vegetale, i macroarray sono stati utilizzati con successo per la diagnosi di patogeni fungini del pomodoro (Lievens et al. 2005; Zhang et al. 2008), e per patogeni batterici della patata (Fessehaie et al., 2003). Recentemente è stata messa a punto una tecnica basata sul macroarray, denominata “DNA Multiscan”, in grado di identificare e diagnosticare più di 40 patogeni batterici e fungini di piante ornamentali, tra i quali diverse specie di Phytophthora, Pythium, Sclerotinia, Fusarium, Colletotrichum e Verticillium (www.DNAmultiscan.com). Questa tecnologia viene usata da compagnie che effettuano servizio di diagnosi e consulenza ai vivaisti ed agli agricoltori. Un DNA array, messo a punto per l’identificazione e il rilevamento di diverse specie di Pythium da suolo (Tambong et al., 2006), potrebbe trovare applicazioni anche per l’identificazione di questo patogeno Diagnosi di patogeni delle specie ornamentali in terreni utilizzati per la coltivazione di piante ornamentali. Nei microarray, l’ acido nucleico target viene marcato con una chimica fluorescente e disperso sul vetrino contenente le sonde per l’ibridazione. L’avvenuta reazione sonda/campione viene visualizzata attraverso uno scanner ottico che evidenzia quale delle sonde legate al vetrino reagisce con il campione mediante una colorazione fluorescente. La tecnologia dei DNA microarray ha già avuto un forte impatto su molti campi della biologia e recentemente si è anche molto discusso del suo potenziale utilizzo per la diagnosi di agenti patogeni delle piante (Hadidi et al., 2004). In particolare, a conferma della sua potenzialità nella diagnostica fitopatologica, negli ultimi anni tale tecnica è stata utilizzata con successo per la diagnosi di diversi agenti patogeni di specie di interesse agrario (tab. 4). Recentemente, Frey et al. (2009) hanno sviluppato un sistema di microarray universale il cui chip contiene brevi sequenze casuali di oligo lunghe 13 mer. L’identificazione è ottenuta comparando il pattern di ibridazione dell’organismo ignoto con i pattern di riferimento depositati in un database contenente vari fingerprinting. Questo sistema fornisce pattern di microarray altamente riproducibili in grado di arrivare all’identificazione di specie e sottospecie batteriche; risulta, inoltre, particolarmente interessante in quanto non necessita di informazioni genetiche presistenti sugli organismi oggetto di identificazione. In generale, la potenzialità della tecnica dei DNA arrays è quella di poter diagnosticare simultaneamente centinaia di patogeni in un campione con una singola reazione. Questa prospettiva potrebbe essere di grande interesse anche per i patogeni delle piante ornamentali. Sviluppi futuri Recentemente sono stati realizzati termociclatori portatili relativamente poco costosi, pratici e veloci, adatti per poter effettuare la diagnosi in situ (Cacciola e Faedda, 2007). Un problema cruciale per l’impiego di questo tipo di apparecchiature è rappresentato dall’estrazione di acidi nucleici. In un saggio sviluppato per la diagnosi in campo di P. ramorum,viene utilizzato un metodo di estrazione rapida del DNA in cui i reagenti sono liofilizzati e l’analisi viene completata in 1h con un apparecchio SmartCyclerII (Cepheid) (Tomlinson et al., 2005). Appare, infine, promettente la prossima disponibilità a fini diagnostici di nanoparticelle funzionalizzate, cioè particelle di metallo attivate biologicamente con sonde oligonucleotidiche o anticorpi. Queste nanosfere aumentano la specificità dei saggi e ne rendono possibile la miniaturizzazione e l’automazione (www.nanosphere.us). (Cacciola e Faedda, 2007). Conclusioni Uno strumento diagnostico “ideale” dovrebbe garantire elevata specificità, sensibilità, rapidità, riproducibilità e ripetibilità, semplicità di esecuzione, economicità, minimo rischio per l’operatore, la possibilità di effettuare diagnosi multiple, anche direttamente da matrice infetta (tessuto vegetale e terreno) (Infantino e Loreti, 2002). La popolarità e l’ampio utilizzo di uno strumento diagnostico è sicuramente legato alla capacità che tale strumento ha di rispondere a tutti questi requisiti. Tuttavia, è spesso l’applicazione pratica che orienta nella scelta del mezzo diagnostico.. La real-time PCR, ad esempio, è da preferirsi nel caso della diagnosi di patogeni da quarantena, in quanto tecnica che presenta una sensibilità tale da permettere il rilevamento del patogeno anche su materiale infetto asintomatico. Quando risulti necessaria una diagnosi a livello di specie/forma speciale, strumenti che garantiscano elevata specificità (PCR e real-time PCR) sono da preferire, mentre sono disponibili strumenti di diagnosi rapidi che consentono l’identificazione a livello di genere direttamente in campo (lateral-flow). In caso di malattie ad eziologia complessa, esistono strumenti in grado di identificare un ampio spettro di patogeni possibili (macro e microarrays), mentre attraverso il sequenziamento diretto di determinate regioni conservate del genoma è possibile individuare patogeni nuovi. L’elevato valore di molte coltivazioni floricole Tab. 4 - Esempi di applicazione della tecnica microarray per la diagnosi di agenti patogeni di specie di interesse agrario. Tab. 4 - Examples of use of microarrays for the diagnosis of phytopathogens affecting important agricultural crops. Ospite Malattia / Agente patogeno PSTVd e altri virus TSWV, INSV, CMV, altri virus vaiolatura – PPV fusariosi della spiga fitoplasmi Patata Pomodoro Susino Frumento Vari Riferimento Bystricka et al.,2005 Tiberini et al., 2010 Pasquini et al., 2008) Nicolaisen et al., 2005 Nicolaisen e Bertaccini, 2007 67 Infantino et al. deve determinare una maggiore sensibilità degli operatori del settore riguardo ai danni causati dalle malattie. Tale consapevolezza si accompagna alla necessità di poter disporre di strumenti per la diagnosi rapida ed accurata dei patogeni ad esse associati. In tal senso, la ricerca continua a sviluppare e mettere a disposizione tecniche sempre più sofisticate e, al contempo, di facile applicazione anche da parte di personale non altamente specializzato. In un prossimo futuro è quindi auspicabile che, accanto ad un approccio diagnostico convenzionale che consenta l’individuazione e la descrizione di nuove specie fitopatogene, l’applicazione di strumenti diagnostici molecolari possa aiutare il settore florovivaistico ad affrontare le continue sfide dovute all’apertura degli scambi commerciali verso nuovi mercati. Riassunto Le malattie causate da funghi, batteri, virus, viroidi e fitoplasmi rappresentano un fattore limitante le produzioni di molte specie ornamentali. I cambiamenti nella tecnica colturale, la ricerca di nuove specie vegetali e varietà, l’introduzione di nuovi patogeni sono solo alcune delle cause alla base della rapida e continua evoluzione dei quadri fitopatologici di numerose specie ornamentali. In tale contesto, la disponibilità di strumenti diagnostici rapidi ed efficaci consente agli operatori del settore di fronteggiare il danno causato dalle malattie mediante l’attuazione di valide e razionali strategie per il loro contenimento. Nel presente lavoro sono descritte le principali tecniche diagnostiche innovative e verranno forniti esempi della loro applicazione pratica. Parole chiave: malattie delle piante ornamentali, sierologia, amplificazione genica, ibridazione. Lavoro parzialmente finanziato dal MiPAAF nell’ambito delle attività dei progetti ARON-ARNADIA e FLORIS. Bibliografia ALVAREZ A.M., 2004 Integrated approaches for detection of plant pathogenic bacteria and diagnosis of bacterial diseases .Ann. Rev. Phytopath. 42: 339-366. ANONYMOUS, 2006. EPPO StandardsPM7/58 (1). Diagnostics. Burkolderia caryophylli. Bulletin OEPP/EPPO Bulletin 36: 95-98. BAKER C.R.B., BARKER I., BARTLETT P.W., WRIGHT D.M., 1993. 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