Bruno Bartoletti e Liliana Cavani insieme per il nuovo Macbeth del Festival Verdi 2006 Teatro Regio di Parma martedì 6 e giovedì 8, ore 20.00, domenica 11 ore 15.30 martedì 13 e giovedì 15 ore 20.00, sabato 17 giugno 2006 ore 17.00 Un nuovo allestimento di Macbeth, realizzato dal Teatro Regio di Parma in coproduzione con Fondazione Arena di Verona, debutta il 6 giugno per il Festival Verdi 2006 (repliche giovedì 8, ore 20.00 turno B, domenica 11, ore 15.30 turno D, martedì 13, ore 20.00 turno C, giovedì 15, ore 20.00 fuori abbonamento, sabato 17 giugno 2006, ore 17.00 turno F). Il melodramma verdiano ispirato alla sanguinaria tragedia di Shakespeare vede impegnata la regista Liliana Cavani nello spettacolo con le scene firmate da Dante Ferretti, i costumi di Alberto Verso, le luci di Sergio Rossi e le coreografie di Amedeo Amodio che vedranno impegnati i danzatori del Balletto di Roma. Al Teatro Regio di Parma Macbeth sarà il baritono Leo Nucci, affiancato dal soprano Sylvie Valayre nelle vesti della Lady Sul podio dei complessi del Teatro Regio di Parma, maestro del coro Martino Faggiani, sarà il direttore artistico del Festival Verdi, il Maestro Bruno Bartoletti. “Malgrado possa sembrare il contrario, Macbeth è un dramma interiore – racconta la regista Liliana Cavani. Un dramma sul male che vediamo nascere dentro dal profondo dell’animo dei protagonisti. Il luogo ideale per il dramma psicologico è il teatro. Perciò ho voluto che la vicenda si svolgesse in un teatro elisabettiano, con costumi elisabettiani. Macbeth si svolge per me attorno al 1944, gli anni più bui dell’ultimo conflitto mondiale. Ma forse né Shakespeare né Verdi avrebbero immaginato un conflitto simile. La drammaturgia di Shakespeare e di Verdi prevede la Tragedia. Ma perché ci sia tragedia è necessaria la coscienza, è necessario un barlume di senso di colpa. I criminali nazisti hanno rifiutato la colpa. È stata la fine del senso del tragico?” La regista, celebre per i suoi film, torna a collaborare il maestro Bruno Bartoletti, nel segno di un sodalizio artistico che si è recentemente rinnovato la scorsa stagione, proprio a Parma, con una fortunata edizione di Alceste di Gluck. Ricorda il maestro che festeggia a giorni il suo ottantesimo compleanno: “A Firenze molti ani fa diressi Wozzeck di Alban Berg e quello spettacolo segnò l’esordio nella regia lirica di Liliana Cavani. Da allora ho collaborato con lei in altre tappe importanti della sua carriera nel mondo del teatro musicale. Liliana Cavani è una donna di teatro straordinaria, rispettosa delle esigenze della musica e sensibile al richiamo della tradizione. Eppure ogni volta mi sorprendo per quanto questa tradizione con lei abbia un sapore nuovo”. Sotto la bacchetta di Bartoletti, oltre ai due protagonisti, gli altri interpreti di Macbeth saranno Enrico Iori (Banco), Tiziana Tramonti (La dama), Roberto Iuliano (Macduff), Nicola Pascoli (Malcom), Enrico Turco (Il medico), Davide Ronzoni (Un Araldo), Riccardo di Stefano (Un domestico), Noris Borgogelli (Un sicario). Giuseppe Garra prenderà il posto di Leo Nucci nel ruolo di Macbeth nelle recite del 15 e 17 giugno. A pochi giorni dalla prima, sabato 3 giugno alle ore 16.30, il Maestro Bartoletti parteciperà all’incontro di presentazione dell’opera presso il Ridotto del Teatro Regio di Parma, nell’ambito del consueto appuntamento con Prima che si alzi il sipario, realizzato in collaborazione con il Conservatorio di Musica “Arrigo Boito” di Parma. L’opera sarà trasmessa in diretta su RadioTre Suite e ripresa dalle telecamere Rai. Inoltre, Prima della Prima, la trasmissione di Rosaria Bronzetti in onda su Rai Tre, realizzerà una puntata interamente dedicata al Macbeth, l’opera che Enìa, la multiutility attiva nella ricerca di qualità del servizio, efficienza, innovazione e tutela dell'ambiente nel territorio di Parma, Reggio Emilia e Piacenza, ha voluto particolarmente sostenere. Teatro Regio martedì 6 giugno 2006, ore 20.00 turno A giovedì 8 giugno 2006, ore 20.00 turno B domenica 11 giugno 2006, ore 15.30 turno D martedì 13 giugno 2006, ore 20.00 turno C giovedì 15 giugno 2006, ore 20.00 fuori abb. sabato 17 giugno 2006, ore 17.00 turno F MACBETH Melodramma in quattro parti su libretto di Francesco Maria Piave, da Shakespeare Musica di GIUSEPPE VERDI Edizione critica a cura di David Lawton, The University of Chicago Press e G. Ricordi & C., Milano Personaggi Interpreti LEO NUCCI Macbeth GIUSEPPE GARRA (15,17) Banco ENRICO IORI Lady Macbeth SYLVIE VALAYRE La sua dama TIZIANA TRAMONTI Macduff ROBERTO IULIANO Malcolm NICOLA PASCOLI Il medico ENRICO TURCO L'Araldo DAVIDE RONZONI Un Domestico RICCARDO DI STEFANO Il Sicario NORIS BORGOGELLI Apparizioni, streghe, messaggeri del re, nobili e profughi scozzesi, sicari Maestro concertatore e direttore BRUNO BARTOLETTI Regia LILIANA CAVANI Scene DANTE FERRETTI Costumi ALBERTO VERSO Luci SERGIO ROSSI Coreografia AMEDEO AMODIO Maestro del coro MARTINO FAGGIANI ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA COMPAGNIA BALLETTO DI ROMA Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma in coproduzione con Fondazione Arena di Verona Spettacolo con sopratitoli Una tragedia sussurrata A colloquio con Bruno Bartoletti a cura di Alessandro Taverna Dopo aver ascoltato Macbeth, un critico arrivò ad accusare Verdi di non aver capito Shakespeare… E Verdi, si sa, si offese moltissimo e scrisse una lettera infuocata e appassionata. Replicava pressappoco così: «Ditemi che sono un cane, che sono un cattivo musicista, ma non ditemi che non conosco Shakespeare perché lo leggo da quando ero ragazzo ed è l’autore che amo di più!». E aveva perfettamente ragione: se c’è un compositore che riesce a ricreare il clima shakespeariano del Macbeth è proprioVerdi. Ma che cosa Shakespeare ha saputo suggerire a Verdi? In Shakespeare Verdi ha trovato un dramma straordinario a cui ispirarsi. Così basterebbe una scena per capire quantoVerdi sia stato un lettore attentissimo dei valori drammatici del testo shakespeariano: la scena del sonnambulismo, che è certamente una delle scene più belle, dal punto di vista drammatico e da quello strumentale, che Verdi abbia scritto in assoluto. Il clarinetto, gli archi con sordina, il duetto con il corno inglese: tutta la scena è immersa in questo clima allucinato, sempre sottovoce, senza mai forzare, sempre pianissimo; tutti cantano piano, poi pianissimo, con un effetto drammatico veramente straordinario, di grande, estrema suggestione. È una delle scene più belle, una scena assolutamente nuova nella drammaturgia verdiana, ma anche in tutta la drammaturgia di quei tempi. L’opera ne contiene ovviamente altre mirabili, ma questa le sorpassa tutte. Un altro momento straordinario è quello del passaggio del re e dei nobili al seguito.Verdi ha curato la strumentazione della musica di questa scena con una precisione inusitata, prevedendo due oboi, sei clarinetti in la, due fagotti e un controfagotto, e indicandone anche la posizione sotto il palco: una marcia lentissima, lugubre, sullo sfondo come un’eco di timpani lontani. Fra Macbeth e la Lady qual è il vero protagonista dell’opera? A mio avviso la vera protagonista è Lady Macbeth; è lei che, anche dal punto di vista vocale, viene trattata in modo straordinario. Ripeto, nella scena del sonnambulismo,Verdi la fa cantare come non aveva mai fatto cantare nessun altro suo protagonista. Si pensi ancora al duetto con Macbeth, tutto svolto su dei toni di pianissimo, più piano, ancora più piano, sussurrato. È quanto abbiamo già detto prima. La caratteristica dell’opera è proprio il cantare piano, il sussurrare e produrre così un clima drammatico assolutamente fuori da ogni canone. In questo modo Verdi fa sentire sempre, ovunque, anche la disperazione di Macbeth – perché Macbeth è un uomo disperato – nelle arie, nei recitativi… Le sarà capitato di ritornare spesso su quest’opera nel corso degli anni. Quali sono le occasioni che ricorda più volentieri? Non ricordo, ma certo non è un’opera che ho diretto tanto. La prima volta che l’ho diretta ero direttore stabile al Teatro dell’Opera di Roma, con la bellissima regia di Giorgio De Lullo e le scene di Pier Luigi Pizzi. Era un allestimento semplicissimo, ma pieno di effetti e di carica drammatica. Un altro Macbeth che ricordo volentieri è quello diretto a Firenze con Leyla Gencer. Poi ricordo con piacere lo spettacolo che ho diretto a Genova, dove ho conosciuto Sylvie Valayre, la Lady Macbeth che poi ho ritrovato al Regio di Torino, insieme con un altro grande, grandissimo protagonista: Leo Nucci. Nucci rappresenta secondo me il punto di riferimento in questi anni per il ruolo di Macbeth. È l’interprete ideale. Basta pensare alla grandissima prova che ne ha dato alla Scala e poi ovunque.Ho avuto la fortuna di dirigere Macbeth sempre con delle grandissime compagnie, ma ora poterlo fare al Teatro Regio di Parma con questi interpreti è per me un ulteriore motivo di gioia. A Parma torna a collaborare con Liliana Cavani, una regista con cui si può parlare, per lei, di un lungo sodalizio teatrale. A Firenze molti anni fa diressi Wozzeck di Alban Berg, spettacolo che segnò l’esordio nella regia lirica di Liliana Cavani, e ho collaborato con lei in altre tappe importanti della sua carriera nel mondo del teatro musicale. Più di quindici anni fa collaborammo di nuovo insieme per Cardillac di Hindemith, che mi parve uno spettacolo bellissimo, dove Liliana aveva raggiunto una maturità nel suo rapporto con l’opera. Sono stato contento anche quando mi è capitato di dirigere riprese di suoi precedenti allestimenti, come con la Manon Lescaut realizzata per la Scala o Cavalleria e Pagliacci, ideati originariamente per Ravenna Festival e riproposti con grande successo qualche tempo fa a Firenze. Così ho voluto che fosse lei la regista dell’Alceste, l’opera di Gluck presentata la passata stagione qui al Teatro Regio di Parma, nell’originaria versione italiana. E per questo Macbeth? Voglio solo dire che Liliana Cavani è una donna di teatro straordinaria. È rispettosa delle esigenze della musica e sensibile al richiamo della tradizione. Eppure ogni volta mi sorprendo per quanto questa tradizione con lei abbia un sapore nuovo. L’incubo delle lavandaie a colloquio con la regista Liliana Cavani a cura di Alessandro Taverna Verdi era molto fiero di rappresentare, per la prima volta nella storia del melodramma, un coro di donne con la barba. Lei come ha immaginato le streghe? In apparenza sembrano streghe da favola. Ma è diverso. Secondo la mia interpretazione sono donne del popolo che si tramandano una sapienza antica che è la chiaroveggenza, con i suoi riti e le sue magie. Chiaroveggenza che è poi sapienza psicologica. Le streghe conoscono a fondo la natura e il comportamento degli uomini e ne percepiscono le loro ambizioni e i vizii. Perciò sanno anticipare le loro mosse e per questo giocano col destino di Macbeth, del quale avvertono l’ambizione e la sete di potere. Gli sottopongono enigmi che lui fraintende e quando gli saranno chiari sarà troppo tardi. Come le farà apparire in scena? Come un gruppo di lavandaie occupate nelle loro faccende. Le streghe lavandaie osservano quanto accade attorno a loro, vedono più lontano degli altri. Da qui una naturale diffidenza nei loro riguardi. È una diffidenza che si trasforma in un marchio indelebile di diversità. La facoltà delle streghe di leggere il futuro è il loro potere di penetrare a fondo nella mente umana. Le streghe hanno una sapienza psicologica in un’epoca precedente all’avvento della psicanalisi. Alcune hanno la barba, una barba finta che si mettono dispettosamente per provocare. Cosa prevedono le streghe? Il corso della Storia E qui la Storia - intendo quella con la esse maiuscola - è un incubo. Si brancola alla ricerca di una via d’uscita. I personaggi vagano nel buio più fitto perché, in tutti i sensi, Macbeth è un’opera al nero, un dramma nero che si consuma in una notte della mente dove i due protagonisti sono divorati dalla sete di potere e dall’egoismo. Macbeth e la Lady sono una coppia sterile alla ricerca della propria affermazione, che si avvera solo attraverso la distruzione degli altri. Lady mette il delitto al posto dell’amplesso e la capacità di uccidere a sangue freddo come prova di virilità. Sarebbe questa la banalità del male? La STORIA non è un meccanismo razionale, come si può capire in Erodoto o in Tacito, ma un incubo che confonde la ragione. In questo Shakespeare e Verdi hanno saputo leggere meglio degli storici le tragedie della STORIA. Quali sono le differenze fra il Macbeth di Verdi e la tragedia di Shakespeare? Non riesco a individuarne nessuna che abbia qualche rilievo. Verdi, che ammirava Shakespeare, ha voluto restare il più possibile fedele allo spirito e al testo dell’originale shakesperiano. E vi è perfettamente riuscito. In Macbeth c’è tutta la capacità di Shakespeare di scavare nel profondo dell’animo umano e c’è Verdi con la capacità di esprimere tutto ciò con la musica. Verdi ha dimostrato di essere un drammaturgo degno di Shakespeare. Sono sempre colpita dalla sua forza teatrale, da quel dinamismo scenico che prende in certi momenti alla gola. Come renderà percepibile per il pubblico l’identità di intenti fra musicista e drammaturgo? Malgrado possa sembrare il contrario, Macbeth è un dramma interiore. Un dramma sul male che vediamo nascere dentro dal profondo dell’animo dei protagonisti. Il luogo ideale per il dramma psicologico è il teatro. Perciò ho voluto che la vicenda si svolgesse in un teatro elisabettiano, con costumi elisabettiani. Macbeth si svolge per me attorno al 1944, gli anni più bui dell’ultimo conflitto mondiale. Ma forse né Shakespeare né Verdi avrebbero immaginato un conflitto simile. La drammaturgia di Shakespeare e di Verdi prevede la TRAGEDIA. Ma perché ci sia tragedia è necessaria la coscienza, è necessario un barlume di senso di colpa. I criminali nazisti hanno rifiutato la colpa. È stata la fine del senso del tragico?