PRiMo PiANo iL KoSoVo UN PRoBLEMA iNtERNAzioNALE Cartina del Kosovo e la sua Bandiera (fonte Wikipedia). ANtoN BEBLER (*) C ento anni addietro, pochissime persone in Europa, anche se istruite, avevano mai sentito parlare del Kosovo, nome di un’o- scura provincia ottomana nei Balcani. tale provincia comprendeva non solo l’odierno Kosovo, ma anche il Sandzhak (che, poi, (*) Professore nella Facoltà di Scienze Sociali dell’Università di Lubiana. Studioso di livello internazionale. Autore o curatore di libri e autore di articoli pregevoli di Sociologia Militare. È stato in passato, per anni, ambasciatore della Slovenia presso gli Uffici delle Nazioni Unite di Ginevra. Rivista Marittima-Gennaio/Febbraio 2011 19 il Kosovo un problema internazionale si spartirono la Serbia e il Montenegro) e la maggior parte della Macedonia del fiume Vardar (l’attuale Repubblica di Macedonia). A quei tempi, il Kosovo costituiva solo un capitolo minore della più ampia questione nazionale albanese, all’interno del decadente impero ottomano. Quel capitolo minore fu creato nel 1912 dal Regno di Serbia, come questione separata ed evanescente; l’aggressiva espansione del Kosovo nei paesi confinanti, con poca o nessuna popolazione serba, era stata per decenni attivamente incoraggiata e appoggiata, per suoi motivi geopolitici, dall’impero Russo. Altre potenze europee, come la Gran Bretagna, l’Austria-Ungheria, la Germania, la Francia e l’italia, contribuirono anche a creare un altro problema coloniale, permettendo alla Serbia di occupare il Kosovo come preda di guerra. Le grandi potenze coloniali agirono così, come è noto, contro le aspirazioni della maggioranza della popolazione del Kosovo, tanto che, fra il 1918 e il 1999, esso fu parte — in successione — di tre Stati iugoslavi, per la maggior parte come territorio non dotato di autogoverno, ma subordinato alla burocrazia serba di Belgrado. Durante la seconda guerra mondiale, la maggior parte del Kosovo, sotto occupazione italiana, venne incorporato nel «Regno di Albania», mentre la parte rimanente fu occupata dal terzo Reich e annessa dalla Bulgaria. Come cancro locale e fonte costante di conflitti politici e di sicurezza, il Kosovo, nel 1941, nel 1991 e nel 2003 contribuì a distruggere i tre Stati iugoslavi suddetti (il Regno, la Repubblica Federale Socialista di iugoslavia o SFRY, e la Repubblica Federale di iugoslavia o FRY). L’ondata di dimostrazioni nell’Europa orientale negli ultimi anni ottanta e nei primi anni Novanta del secolo scorso, portò al crollo dell’impero sovietico nel20 l’Est europeo e a quello della sua suprema espressione, il Patto di Varsavia, e — quindi — anche alla fine della stessa Unione Sovietica. La sanguinosa disintegrazione della SFRY attrasse allora la particolare attenzione della comunità internazionale. A causa delle esagerate preoccupazioni fra le potenze occidentali circa il suo effetto domino sull’ex spazio sovietico, il dramma balcanico proiettò la iugoslavia al livello massimo dei problemi internazionali più gravi e potenzialmente molto pericolosi. Seguirono parecchi avvenimenti straordinari: tra l’altro, la prima e, fino allora, la più grande operazione di mantenimento della pace dell’oNU in Europa e la prima azione di imposizione della pace «out of area» della NAto. La SFRY era scomparsa nel 1991-1992, ma la questione del Kosovo, ancora viva, era stata per parecchi anni quasi totalmente trascurata dalla comunità internazionale. il Kosovo riapparve come grande problema internazionale quando, principalmente da parte degli Stati Uniti d’America, si capì che la pacificazione dei Balcani sarebbe rimasta incompleta senza dare una soluzione anche a questo problema e senza fermare la brutale repressione della Serbia. Nella primavera del 1997, questa questione fu finalmente sollevata nei fori internazionali, ma diversi tentativi di risolvere il problema pacificamente attraverso negoziati con la FRY e l’ostinato regime serbo, con pressioni diplomatiche e minacce militari, non portarono a risultati positivi. Questi avvenimenti furono seguiti, nel marzo 1999, dal primo attacco armato della NAto contro uno Stato europeo membro dell’oNU (la FRY - Ndt); l’intervento, eseguito senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza, condusse a una seconda occupazione da parte della NAto, dopo quella della Bosnia Erzegovina, di una parte del terriRivista Marittima-Gennaio/Febbraio 2011 il Kosovo un problema internazionale torio dell’ex SFRY. Da allora, il Kosovo ha costituito una questione internazionale controversa. il contesto storico Situato al centro dei Balcani, il Kosovo — paese che non si affaccia sul mare — con circa 2,2 milioni di abitanti, non ha avuto, nella sua storia passata, alcuna tradizione di sovranità locale. Smembrato e fatto a pezzi, il Kosovo è stato unito molte volte a parti di terre confinanti, divise in parecchie zone, occupate da conquistatori stranieri, ed è, nella sua rozza forma attuale, un’unica unità amministrativa, esistente solo dal 1945. Nella iugoslavia governata dai comunisti, il Kosovo fu «una regione autonoma», nell’àmbito della Serbia unitaria, sempre contro i desideri della maggioranza albanese della sua popolazione. A esso venne dato il nome ufficiale di Kosovo & Metohia (K & M). Poiché i Kosovari albanesi non gradivano il doppio nome, considerato da loro un’offesa di tipo coloniale, venne introdotta, solo nel 1963, una designazione costituita da un unico nome, insieme a un ordinamento che prevedeva una maggiore autonomia. Quando, nel 1989, l’autonomia del Kosovo venne di fatto abolita dal regime di Milosevic, il doppio nome venne riesumato e, da allora, è rimasto come designazione ufficiale serba. il doppio nome K & M viene usato oggi, tra l’altro, dal Ministero serbo, dalle amministrazioni municipali trapiantate sul territorio della «Serbia vera e propria» e da membri ribelli di organizzazioni della minoranza serba in Kosovo, i quali ancora rifiutano di riconoscere l’indipendenza del Kosovo dalla Serbia e dall’autorità di Pristina. Per la maggior parte del suo passato, il Rivista Marittima-Gennaio/Febbraio 2011 territorio del Kosovo è stato controllato da governanti stranieri da capitali distanti; sebbene una più ampia area abbia avuto, sotto i Romani, i Bizantini, i Greci e i Bulgari, parecchi antichi nomi, quello slavo di Kosovo venne dato dagli antenati dei Serbi di oggi. Essi colonizzarono la zona e si installarono nelle sue fertili pianure nei secoli Xi e Xii; contrariamente a quanto ripetutamente proclamato dalla propaganda ufficiale serba, i Serbi non sono stati l’antica popolazione della regione e nemmeno gli Slavi che si installarono anticamente su quella terra. inoltre, ancora diversamente da un altro slogan propagandistico serbo, il Kosovo non fu «la culla» dello Stato serbo del Medio Evo. La prima Banovina «serba» (Banovina = territorio governato da un ban - Ndt) e vecchie chiese furono costruite a Raška (nell’odierna Sandzhak) intorno all’anno 1000; i feudatari serbi conquistarono il Kosovo più di un secolo dopo e, verso il 1216, approfittando della crudele conquista di Costantinopoli da parte dei Crociati, essi estromisero la burocrazia provinciale bizantina. Per circa 250 anni, il Kosovo rimase una colonia della Corona del Regno «di Serbia» medievale. Al culmine della sua importanza e del suo potere, il più potente tra i monarchi serbi, Dušan, fu incoronato nel 1347 come «imperatore dei Serbi, dei Greci, dei Bulgari e degli Albanesi». Da notare che la sua capitale non fu nel Kosovo, ma Skopje, nell’attuale Repubblica di Macedonia. tuttavia, il più traumatico evento della storia medievale serba ebbe luogo nel Kosovo: la sconfitta storica nella vallata di Kosovo Polje (presso Pristina), il 15 giugno del 1389, che dette inizio alla distruzione dello Stato serbo da parte ottomana e che dette vigore a quel governo nei Balcani per più di 450 anni. il penoso ricordo 21 il Kosovo un problema internazionale della battaglia del Kosovo divenne un elemento centrale dell’identità nazionale serba: è stato coltivato per secoli dalla Chiesa ortodossa Serba che, con insistenza e con grande successo, ha alimentato nei suoi fedeli il desiderio di rivincita contro i musulmani (turchi, Slavi islamizzati e Albanesi). Gli assassinî in massa degli anni Novanta, a Srebrenica e in molti altri luoghi della Bosnia, del Kosovo e di Serbia, non possono spiegarsi senza questo indottrinamento all’odio, durato per generazioni e ingigantito dai moderni mezzi di comunicazione di massa. il mito Kosovo è stato largamente sfruttato dai nazionalisti serbi di tutti i colori ideologici come uno strumento politico facile, e dalle classi superiori serbe come utile copertura alle ambizioni egemoniche nei Balcani. Dal 1459 al 1912 il territorio dell’odierno Kosovo ha fatto parte dell’impero ottomano, che ha impresso una forte impronta orientale alla sua cultura e alla sua vita sociale e religiosa. L’etnìa serba diventò una minoranza nel Kosovo, già nella prima metà del XiX secolo, a causa della repressione dopo ogni sollevazione serba, dell’esodo di massa nel XViii secolo, guidato dalla Chiesa ortodossa Serba, e della colonizzazione da parte dell’Albania settentrionale, oltre che del molto più alto tasso di fertilità fra gli Albanesi. Poiché i Serbi emigrarono in massa nel nord e nell’ovest del Kosovo, il ruolo avuto dalla loro vita politica, culturale e religiosa divenne conseguentemente marginale, mentre il contrario era vero per gli Albanesi. Una delle più importanti organizzazioni politiche albanesi, la Lega di Prizren, venne creata in Kosovo, e i Kosovari erano in maggioranza fra i fondatori dell’Albania indipendente nel novembre 1912. La Serbia, la Grecia e il Montenegro, ostili all’emancipazione nazionale albane22 se, cospirarono con la Russia per occupare e spartirsi i possedimenti ottomani con popolazione interamente o prevalentemente albanese. Esse intendevano, così, prevenire la nascita di uno Stato albanese indipendente. Nell’ottobre 1912, secondo piani di guerra sincronizzati, l’Esercito serbo invase il Kosovo, quest’ultimo sul punto di conquistare l’intera Albania settentrionale. L’occupazione del Kosovo servì allora solo come obiettivo collaterale e la sua «liberazione» come slogan propagandistico utile per ingannare i Serbi e il pubblico internazionale. il principale piano geostrategico serbo era infatti volto a ottenere con la forza un accesso territoriale permanente al Mediterraneo, attraverso il porto di Durazzo. il progetto fu frustrato dall’AustriaUngheria, che resisté alle incursioni della Russia e a quelle, per delega, della Serbia, nell’Adriatico. Nel 1913, essendosi piegato a un ultimatum di guerra dell’AustriaUngheria, l’Esercito serbo fu costretto a ritirarsi dall’Albania settentrionale. Successivamente, i possedimenti coloniali serbi acquisiti di recente, compreso il Kosovo, vennero incorporati nel 1918-1919 nel Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni (poi denominato Regno di iugoslavia). Dal 1945 al 1999, essi fecero parte dei due Stati successivi denominati iugoslavia. Nel XX secolo, il Kosovo fu governato dalla Serbia, con due interruzioni dovute a guerre, per meno di 80 anni. Nonostante tutti gli sforzi fatti dalla Serbia, compresi il terrore, la totale discriminazione, la repressione poliziesca, l’impoverimento voluto dei Kosovari albanesi, le pressioni su di essi perché emigrassero, l’introduzione di quarantamila «coloni» slavi finanziati dallo Stato, l’etnìa serba rimase una minoranza separata in Kosovo. La loro quota nella popolazione del Kosovo è progressivamente diminuita da circa il venti per Rivista Marittima-Gennaio/Febbraio 2011 il Kosovo un problema internazionale cento a circa il dieci per cento nel 1999 e al cinque per cento nel 2010. Dall’altra parte, la quota della popolazione albanese del Kosovo è aumentata, nonostante la considerevole emigrazione in turchia e nell’Europa occidentale, per motivi economici e politici. Verso gli ultimi anni ottanta del secolo XX, i Kosovari albanesi erano la terza maggiore nazionalità in iugoslavia (dopo i Serbi e i Croati), il che rese insostenibile la loro posizione, perché ineguali nei diritti rispetto alla popolazione di una nazione slava (il Montenegro) parecchie volte più piccola. il problema del Kosovo era costituito, nelle sue linee essenziali, dal fatto che i Kosovari albanesi desideravano eguaglianza, emancipazione nazionale e autodeterminazione mentre, dall’altro lato, la Serbia si sforzava di continuare a governarli da Belgrado. Per le classi elevate, culturali e politiche, serbe e per una parte considerevole del pubblico serbo, il Kosovo è rimasto un prezioso simbolo della gloria passata della Serbia e dell’anima stessa della Serbia. Dal 1945 sono stati provati diversi modelli di relazioni fra Serbia e Kosovo, spazianti dalla totale occupazione militare alla brutale repressione poliziesca e all’autonomia piuttosto benevola: tutti sono falliti e non hanno portato a una durevole coesistenza pacifica fra le due comunità nel Kosovo stesso e fra i Kosovari albanesi e la Serbia. Nell’ultima costituzione della SFRY, del 1974, venne introdotta un’insolita e assurda soluzione che prevedeva un ampio autogoverno del Kosovo, col doppio status di parte autonoma della Serbia e, contemporaneamente, di membro a tutti gli effetti della Federazione iugoslava. Questa soluzione non funzionò, a causa del desiderio dei Kosovari di eguaglianza con gli Slavi e, dall’altra parte, fu violentemente attaccata dai Rivista Marittima-Gennaio/Febbraio 2011 nazionalisti serbi, per cui lo storico compromesso fu alfine annullato, nel 1989, da Belgrado. Queste modifiche costituzionali operate dalla Serbia furono accompagnate da brutali minacce della polizia ai deputati kosovari, uniti per la presenza di carri armati iugoslavi nelle strade di Pristina; con la sua azione unilaterale, la Serbia minò gravemente l’ordine costituzionale iugoslavo, turbò le sue relazioni con la Croazia e la Slovenia e scatenò una serie di eventi che, entro due anni, portarono alla seconda iugoslavia (la FRY - Ndt). La Serbia perse i suoi diritti di legittimo governante del Kosovo nel 1989 quando essa, ignorando l’ancora valida costituzione iugoslava, annullò l’applicazione delle libertà fondamentali nel Kosovo, sottopose la maggioranza di detta popolazione a un regime di arbitraria e dura oppressione poliziesca ed escluse i Kosovari albanesi da tutte le cariche statali e pubbliche. inoltre, nel 1998-1999, le autorità serbe della FRY cominciarono a sradicare ed espellere dal Kosovo quasi l’intera popolazione albanese, il che fu equivalente a un atto di genocidio. i crimini serbi compresero allora, tra l’altro, sommarie esecuzioni e assassinî di parecchie migliaia di Kosovari, le cui tombe comuni furono scoperte in seguito in Kosovo e in Serbia. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), nel 1998, circa 350.000 Kosovari e turchi vennero obbligati dalle autorità serbe, con breve preavviso e spesso con la pistola puntata, a lasciare le loro case. Nel 1999 circa 800.000 Kosovari e turchi vennero espulsi dalla FRY e la maggioranza dei loro documenti d’identità fu distrutta al confine. La Serbia non si è mai scusata e nessun alto funzionario serbo è mai stato processato in Serbia per aver commesso questi reati. il cambio di regi23 il Kosovo un problema internazionale me non assolse la Repubblica di Serbia per le sue responsabilità circa queste gravi e massicce violazioni dei diritti umani e per gli obblighi della FRY come membro del Consiglio d’Europa e dell’oNU. Queste violazioni fornirono legittimazione all’«intervento umanitario» della NAto nel 1999 e giustificarono pienamente il distacco del Kosovo dalla Serbia come «secessione correttiva». La dissoluzione della SFRY, durata quasi due decenni, è stata forse completata con tre proclamazioni d’indipendenza: quelle del Montenegro e della Serbia, nel 2006, e del Kosovo, nel 2008. tutte le altre repubbliche iugoslave, eccetto la Serbia (Croazia, Slovenia, Bosnia Erzegovina, Macedonia - Ndt), e una ex provincia autonoma (la Vojvodina - Ndt) avevano abbandonato la SFRY e la FRY, alcune con pesanti perdite di vite e di beni. La Serbia aveva resistito a quattro su sei secessioni: essa, con gradualità e riluttanza, riconobbe l’indipendenza e stabilì relazioni diplomatiche con tutte le altre parti della SFRY, ad eccezione del Kosovo. La Serbia fu l’ultima e la sola ex repubblica iugoslava che divenne sovrana contro la sua volontà, nonostante tutte le parti della SFRY che si erano staccate, lo avessero fatto principalmente per gli stessi motivi. il Kosovo, sotto molti aspetti, è stato un caso molto speciale. Questa ex provincia serba è stata, tra l’altro, la sola parte della SFRY che venne liberata dal governo serbo e occupata da forze straniere internazionali.. Come per la Bosnia Erzegovina, il problema del Kosovo non sarebbe stato per metà risolto, senza un’azione decisa degli Stati Uniti d’America e della NAto. Nel 1999 il Kosovo fu posto sotto amministrazione temporanea dell’oNU (UNMiK = United Nations Mission in Kosovo - Ndt), mentre da allora vari organi specialistici con compiti, 24 ciascuno, di sicurezza, sorveglianza, controllo, assistenza e altro, forniti da varie organizzazioni internazionali (NAto, oSCE, EU, Consiglio d’Europa, Banca Mondiale, ecc.), hanno collaborato con le autorità locali provvisorie del Kosovo. Fu, così, creato fra i Kosovari un sistema complicato e rozzo di protettorato internazionale incrociato, combinato con un limitato autogoverno provvisorio e ampio ordinamento informale. Questa situazione produsse un limbo legale nella maggior parte del Kosovo, nel quale tutte le leggi serbe ed ex iugoslave divennero non valide, mancavano molti archivi legali e altra documentazione amministrativa (perché evacuati nella Serbia propriamente detta) e la legislazione dell’UNMiK era largamente incompleta. Verso il 2007, la continuazione dello status legale non chiaro del Kosovo divenne, politicamente e per ciò che riguardava la sicurezza, insostenibile, data la crescente impazienza dei Kosovari e poiché le trattative con la Serbia si erano arenate. Dopo notevole esitazione, i componenti occidentali del Gruppo di Contatto conclusero che un’ampia autonomia del Kosovo, anche soltanto sotto una formale sovranità serba, sarebbe stata del tutto inaccettabile per la maggioranza della sua popolazione. il grave problema fu formalmente risolto nel febbraio 2008, permettendo la dichiarazione di indipendenza del Kosovo. Ciò venne eseguito senza un’apposita risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’oNU, ma quest’ultimo organo, successivamente, non annullò l’indipendenza del Kosovo, come chiedeva la Serbia. Avendo perso, fra il 1991 e il 1999, quattro guerre di successione iugoslava, la Serbia, nel febbraio 2008, non osò usare nuovamente le sue forze armate. il suo governo rispose in un primo tempo, chiudenRivista Marittima-Gennaio/Febbraio 2011 il Kosovo un problema internazionale do i suoi confini che consentivano traffici col Kosovo, più che tollerando la violenza della folla contro parecchie ambasciate straniere a Belgado e richiamando temporaneamente gli ambasciatori serbi dagli Stati che avevano riconosciuto il Kosovo. Quiest’ultimo provvedimento fu una versione serba alquanto mite della dottrina di Hallstein, usata in passato dalla Germania Federale. La Corte internazionale di Giustizia il governo serbo, allo scopo di ammorbi- dire la pubblica opinione, di guadagnar tempo e di rallentare le procedure per il riconoscimento del Kosovo, compì un’azione che sembrò una manovra diplomatica astuta. Ai primi di ottobre 2008, la delegazione serba riuscì a ottenere una risoluzione dell’Assemblea Generale dell’oNU che chiedeva il parere della Corte internazionale di Giustizia dell’Aja (iCJ) sulla «dichiarazione unilaterale d’indipendenza» del Kosovo, alla luce del diritto internazionale. Gli autori serbi, tuttavia, formularono male la richiesta, perché le dichiarazioni d’indipendenza sono fatti riguardanti gli ordinamenti politici e costituzionali degli Stati, mentre il diritto internazionale non tratta affatto questo argomento, né permette o proibisce tali dichiarazioni. inoltre, la dichiarazione non era sostanzialmente unilaterale, poiché le parole usate e i tempi furono coordinati da cinque potenze occidentali, di cui tre erano membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’oNU. Con l’adozione di quel documento, il Kosovo dichiarò quell’intenzione, ma di fatto non diventò uno Stato sovrano. Secondo la richiesta presentata dalla Serbia, l’illegalità derivava presumibilRivista Marittima-Gennaio/Febbraio 2011 mente da: (1) la sua violazione del principio del rispetto dell’integrità territoriale degli stati; (2) l’inapplicabilità del principio di autodeterminazione al Kosovo; (3) la sua violazione della Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell’oNU (che, presumibilmente, affermava che la Serbia dovesse continuare a esercitare la sua sovranità sul Kosovo). Per quanto riguarda il primo punto possono farsi tre osservazioni. in primo luogo, la stessa Serbia violò grossolanamente il principio dell’integrità territoriale di uno Stato confinante (l’impero ottomano), quando le sue forze armate nel 1912 attaccarono e occuparono il Kosovo. L’impero ottomano e il suo legale successore, la Repubblica di turchia, non riconobbero mai la cessione del Kosovo e nessun trattato fu concluso a questo proposito. Perciò, il possesso del Kosovo da parte della Serbia era in sé illegale. Era anche illegittimo, perché la Serbia attuò la conquista contro la volontà della maggioranza della sua popolazione albanese. La conquista fu accompagnata da massacri di massa e da gravi violazioni del diritto umanitario internazionale. Quelle atrocità contro la popolazione civile vennero descritte vividamente da Leon trotsky (giornalista, allora corrispondente russo dai Balcani) e furono accuratamente documentate dalla Fondazione Carnegie. il Kosovo, anche, non fu annesso alla Serbia adeguatamente dal punto di vista legale, secondo la costituzione serba del 1903 allora in vigore e, poi, secondo la costituzione del «Vidovdan» (ricorrenza religiosa che ricorda il martirio di San Vito - Ndt) del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. La terza conquista «liberazione» del Kosovo nel 1944 fu di nuovo accompagnata da violenza armata contro i Kosovari. L’atto di annessione venne approvato, per acclamazione, nell’aprile 25 il Kosovo un problema internazionale 1945, con in vigore la legge marziale, dall’ «Assembra Popolare Regionale Kosmet», senza una votazione, senza un discorso e anche senza, meno che mai, un dibattito. La composizione dell’Assemblea fu completamente non rappresentativa, poiché annoverava 142 membri nominati (non eletti), di cui solo 33 Kosovari albanesi. tutti i membri nominati erano comunisti, in maggioranza erano serbi e rappresentavano solo circa il 20% della popolazione del Kosovo. Non vi fu una precedente elezione o un referendum in Kosovo. Questa parodia stalinista di legalità, perciò, mancava totalmente di legittimazione. Secondariamente, la vera ed evidente violazione dell’integrità territoriale della Serbia non ebbe luogo nel febbraio 2008, ma circa nove anni prima, quando, nel marzo 1999, la NAto cominciò il suo intervento armato. La FRY presentò allora una protesta contro i Paesi componenti della NAto, per «uso illegale della forza». La iCJ (international Court of Justice) respinse la mozione e rifiutò di esaminare la legalità dell’«intervento umanitario» della NAto. Secondo quanto previsto dal protocollo di Kumanovo (Macedonia), firmato con la NAto nel giugno 1999, la FRY, e per essa la Serbia, ritirò dal Kosovo il suo Esercito, la sua Polizia e la sua amministrazione civile. Perciò, la Serbia perdette tre elementi della sovranità: il controllo sul territorio del Kosovo, sulla popolazione e sui confini. La dichiarazione del 18 febbraio 2008 legalizzò, solo ex- post facto, il distacco del Kosovo dalla Serbia. Per ciò che concerne la terza osservazione, possiamo dire che, rispecchiando il processo di decolonizzazione, il moderno diritto internazionale ha aggiornato il principio dell’integrità territoriale. E, quando in contrasto con il diritto di autodeterminazione dei popoli, a quest’ultimo 26 è stata consentita priorità. Questa evoluzione è stata espressa in un certo numero di documenti legali, compreso l’Accordo internazionale sui Diritti Politici e Civili e la Dichiarazione dell’Assemblea Generale dell’oNU sulla concessione dell’indipendenza a popoli coloniali. Nel suo Viii principio, l’Atto Finale di Helsinki consente anche un pacifico cambiamento dei confini di uno Stato, sulla base dell’autodeterminazione democraticamente espressa. La proclamazione d’indipendenza del Kosovo fu attuata in modo pacifico, ordinato e civile. i soli atti di violenza furono commessi allora dai Serbi, principalmente in Serbia. La Provincia Autonoma del Kosovo è stata, secondo l’ultima costituzione della SFRY, del 1974, parte integrante della Federazione iugoslava. Fu rappresentata alla pari nella Presidenza collettiva e, sotto molti aspetti, godé di diritti uguali alle sei repubbliche, compresa la Serbia. La Commissione d’Arbitraggio Badinter (Robert Badinter era un avvocato e politico francese che si batté con successo, negli anni Settanta-ottanta del Novecento, per fare abolire la pena di morte in Francia - Ndt) fece una distinzione, molto discutibile, fra le repubbliche e le due province autonome della Serbia (l’altra era la Vojvodina Ndt), come soggetti ai quali poteva essere applicato il diritto di autodeterminazione. La pronuncia serba usò questa distinzione per sostenere che il Kosovo non aveva titolo a godere del diritto (esterno) all’autodeterminazione, tra cui la secessione, e ciò era dovuto, in qualche modo, al fatto che le due province citate avevano uno status, nella ex iugoslavia, di livello federale inferiore. Agli autori della pronuncia era convenuto dimenticare che la FRY e la Serbia, precedentemente, per molti anni, avevano negato questo diritto Rivista Marittima-Gennaio/Febbraio 2011 il Kosovo un problema internazionale anche alle ex repubbliche iugoslave. La pronuncia serba, inoltre, a pagina 588, contestava che non vi fosse «alcuna evidenza… che il Kosovo abbia mai costituito una unità con autodeterminazione e che esso veniva riconosciuto come un territorio non dotato di autogoverno». Questa affermazione era affetta da una madornale contraddizione con avvenimenti ben noti; cioè, per la maggior parte del XX secolo, e particolarmente nel periodo 1989-1999, il Kosovo era stato un territorio non dotato di autogoverno, e la maggioranza della sua popolazione era stata soggetta, sotto certi aspetti, a un trattamento peggiore di quello esercitato dalle potenze coloniali europee in Africa e in Asia. La Corte internazionale di Giustizia ha emesso il suo parere non vincolante il 22 luglio 2010 (poche settimane prima di quando scriviamo - Ndt). La Corte ha evitato di trattare la maggioranza delle questioni sollevate nella richiesta della Serbia, nei commenti del Kosovo e di un’altra trentina di Stati. La iCJ ha limitato il suo compito, considerando solo strettamente la richiesta ricevuta. Ci si aspettava ampiamente che il parere della Corte si sarebbe posto a metà tra le due opposte posizioni, non soddisfacendo pienamente nessuna delle due parti. La Corte sorprese molti, con la sua semplice conclusione che la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo non violava le norme del diritto internazionale, né la Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell’oNU, né l’intelaiatura Costituzionale decretata dall’Amministrazione Provvisoria dell’oNU. Sorprendente fu anche la forte maggioranza di dieci a quattro voti dei giudici, con cui il parere fu adottato. L’effetto politico della decisione della Corte fu immediatamente chiaro: una sconfitta per la diplomazia serba e una giustezza della posizione del Kosovo. Rivista Marittima-Gennaio/Febbraio 2011 il Kosovo indipendente Dall’estate del 1999 il Kosovo è stato legalmente un protettorato internazionale su mandato dell’oNU, controllato oggi da diecimila militari statunitensi, tedeschi, francesi, italiani, turchi e di altri paesi, facenti parte della KFoR, la forza di mantenimento della pace a guida NAto. Sorvegliato e assistito da personale civile che conta circa 2.500 elementi, prima dell’UNMiK e poi dell’EULEX (European Union Rule of Law Mission in Kosovo = Missione in Kosovo dell’Unione Europea), il Kosovo, dal 1999, è completamente separato e indipendente dalla Serbia. il Paese ha sviluppato un sistema politico parlamentare separato, un libero mercato in economia e ha adottato una valuta diversa, l’Euro. La situazione economica, sociale e politica del Kosovo è, da allora, molto migliorata. il progresso è stato largamente dovuto all’assistenza internazionale (circa il 21% del PiL) e alle rimesse dei Kosovari dall’estero (approssimativamente il 15% del PiL). Statisticamente, il PiL del Kosovo è aumentato di più di sei volte, a circa 1.760 Euro pro capite. È, tuttavia, più basso che negli stati balcanici vicini. intorno alla fine di luglio 2010, cioè subito dopo la decisione della Corte, il Kosovo era stato riconosciuto da 69 stati, tra cui tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’oNU, più di due terzi dei componenti del Consiglio d’Europa, tutti gli immediati stati vicini e tutte le ex repubbliche iugoslave, eccettuate la Serbia e la Bosnia Erzegovina. A seguito della decisione dell’iCJ, questi numeri dono destinati a salire, ed entro il 2011 il loro totale potrebbe superare la metà dei componenti dell’oNU. Nonostante l’esistenza del Kosovo sia protetta da forze internazionali e 27 il Kosovo un problema internazionale la sua sopravvivenza sia assicurata, questo giovanissimo Stato europeo è ancora una struttura incompleta, manca di controllo sull’intero territorio e sull’intera popolazione, ha delle deficienze nell’attuabilità dell’autosostentamento economico ed è eccessivamente dipendente, sotto l’aspetto finanziario, dall’esterno. tutto ciò è aggravato da problemi di corruzione regionale e dalla presenza di criminalità organizzata. Dal 1216, i governanti serbi hanno conquistato il Kosovo cinque volte, e cinque volte le loro truppe e i loro funzionari civili hanno lasciato libero il Paese in seguito a una pressione militare straniera, quelle — in successione — ottomana, austro-ungarica, bulgara, tedesca, italiana, di nuovo bulgara, e della NAto. oggi, a quasi cento anni dalla conquista del 1912, è chiaro che l’avventura nell’Albania settentrionale e nel Kosovo non ha avuto buone conseguenze per la Serbia. Senza il peso del Kosovo, la Serbia sarebbe, senza alcun dubbio, oggi un Paese più sviluppato, più prospero e più forte. Nella sua scalata al potere, Slobodan Milosevic sfruttò abilmente l’ossessione nazionale della storica gloria della Serbia, con l’idea di possedere il Kosovo e di avere tutti i Serbi in un unico Stato. Questo concetto aveva goduto in realtà, per molti anni, di ampio appoggio pubblico fra tutti i Serbi. Sotto il governo di Milosevic, tuttavia, la Serbia, in buona parte per la sua politica nel Kosovo, distrusse il grande successo nazionale (la maggior parte dei Serbi viveva in iugoslavia) e subì perdite economiche, umane e intellettuali. il governo serbo sull’intero Kosovo cessò fortunatamente nel luglio 1999 e non potrà mai più essere ristabilito pacificamente in qualsiasi forma, e anche se ciò fosse possibile, danneggerebbe per parecchi decenni la maggioranza dei Serbi sul territorio della Serbia, nei suoi confini 28 antecedenti al 1999, e metterebbe a repentaglio il suo sistema politico unitario attuale. Vi sono indicazioni che il vero obiettivo attuale del governo della Serbia non è il riacquisto della sua sovranità sulla provincia perduta, ma quello di ritracciare l’attuale confine tra stati Serbia Kosovo, forse scambiando i territori e le popolazioni minoritarie su entrambi i lati. Questa soluzione, sostenuta da vari eminenti Serbi, molto probabilmente non verrebbe accettata dalle autorità del Kosovo e dalla comunità internazionale. Per la Serbia di oggi, il Kosovo rappresenta, in via principale, un problema di riadattamento psicologico. La sua attuale politica di rifiuto e di ostruzionismo procura danni ai reali interessi politici ed economici serbi, alla minoranza serba in Kosovo, ai profughi serbi e alla minoranza albanese in Serbia. È nell’obiettivo interesse del popolo serbo e della minoranza serba in Kosovo riconoscere e accettare l’irreversibile realtà. Almeno una normalizzata coesistenza de facto della Serbia e del Kosovo, senza un riconoscimento formale dell’indipendenza della ex provincia, avrebbe effetti positivi sul clima politico interno nelle vicine Macedonia, Bosnia Erzegovina e Montenegro. Con il suo comportamento ragionevole e costruttivo, la Serbia potrebbe tangibilmente contribuire alla stabilità, prosperità e sicurezza della regione balcanica. Più presto tale normalizzazione avverrà, meglio sarà per la regione balcanica e per l’Europa. il principale socio nella creazione del problema del Kosovo, la Russia, ha pagato caro l’appoggio alle politiche della Serbia nei Balcani. Nel 1913, essa non ottenne ciò che voleva, cioè tra l’altro una base navale militare nel Mediterraneo, da cui la Marina Russa potesse operare senza il controllo dei turchi nei Dardanelli. Nel Rivista Marittima-Gennaio/Febbraio 2011 il Kosovo un problema internazionale 1914, dopo l’omicidio di Sarajevo, si fece trascinare, anche se poco preparata, nella prima guerra mondiale. Successivamente, la Russia ebbe gravi perdite, sperimentò due rivoluzioni e il crollo del suo impero. Nel 1999, i capi russi non ripeterono l’errore: essi respinsero la richiesta di appoggio militare da parte di Slobodan Milosevic, e anche la sua proposta di creare una federazione tripartita con la Bielorussia. Al culmine della campagna per il Kosovo, la Federazione Russa rifiutò di essere coinvolta in una guerra con la NAto e lasciò la Serbia sola nel confronto militare, provocato intenzionalmente dal presidente Milosevic. il tentativo azzardato dai militari russi di occupare l’aeroporto di Pristina prima dell’arrivo delle truppe NAto, fallì sciaguratamente. La Federazione Russa, poi, si disimpegnò militarmente dal Kosovo; inoltre, essa si esentò praticamente dal risolvere in modo pragmatico il problema del Kosovo e dall’appoggiare l’intransigenza della parte serba. i Russi, tuttavia, sfruttarono l’occasione per riguadagnare la loro influenza politica in Serbia e per mettere sotto controllo russo il settore dell’energia in Serbia. La dipendenza della Serbia dall’appoggio russo nel Consiglio di Sicurezza dell’oNU è stata usata come leva per impedire troppo strette relazioni serbe con potenze occidentali, particolarmente con gli Stati Uniti d’America e con la NAto. Dal 1998-1999 la questione del Kosovo ha spaccato la comunità internazionale, tagliandola secondo la divisione Est-ovest. Essa pose una seria minaccia alla coesione politica interna della NAto e peggiorò le relazioni della NAto e dei singoli Paesi appartenenti alla NAto con la Federazione Russa. L’Alleanza poté allora attenuare le differenze fra i suoi membri, raggiungere il consenso riguardante l’azione militaRivista Marittima-Gennaio/Febbraio 2011 re contro la FRY e il conseguente schieramento della KFoR. La comunità internazionale ha aiutato notevolmente il Kosovo e spende annualmente circa due miliardi di Euro. Però, solo una parte dei fondi internazionali fluisce direttamente nell’economia del Kosovo, poiché la maggior parte di tali fondi viene spesa per fornire sicurezza e mantenere il personale internazionale. L’efficacia dell’assistenza internazionale potrebbe certamente essere migliorata, attraverso uno snellimento del sistema, ottenendo più chiare autorizzazioni di attori internazionali e raggiungendo un migliore coordinamento regionale. otto anni dopo la creazione del protettorato, il problema del Kosovo divise di nuovo le Nazioni che compongono l’Unione Europea e la NAto. Nel 2007, una forte maggioranza di membri della NAto e dell’UE accettò le raccomandazioni dell’ex presidente finlandese Martii Ahtisaari, che erano sostenute dal Segretario Generale dell’oNU, Ban Ki-moon. La proposta, che consisteva nella limitazione della sovranità del Kosovo, combinata con il decentramento e la forte protezione delle minoranze, venne considerata, dalle potenze occidentali importanti e dai maggiori contribuenti della KFoR, come minimo, la meno sfavorevole, fra le alternative disponibili. Successivamente, ventidue Stati membri della NAto e dell’UE riconobbero l’indipendenza del Kosovo. Una minoranza tra detti membri — in particolare la Grecia, Cipro, la Spagna, la Slovacchia e la Romania — seguirono, per motivi propri, la posizione di rifiuto della Serbia. il disaccordo fra i componenti dell’UE su questa questione, nel 2008, fu più profondo della discordia fra gli appartenenti alla Comunità Economica Europea (CEE), nel 1991, circa il riconoscimento dell’indipendenza della Croazia e della Slovenia. Que29 il Kosovo un problema internazionale sto paragone non fece apprezzare, nel 2008, la coerenza della Politica Estera e di Sicurezza Comune dell’Unione Europea, quindici anni dopo che essa era stata lanciata, nel novembre 1993. il Kosovo, per decenni, ha rappresentato solo uno dei numerosi conflitti politici nel mondo, strettamente collegati a divisioni fra gli Stati di carattere etnico, nazionale, linguistico, culturale e religioso. Soltanto nell’area euro-atlantica, la loro geografia abbraccia il Quebec, la Groenlandia, la Scozia, l’irlanda del Nord, la Catalogna e i Paesi baschi in Spagna, la Fiandra in Belgio, la Corsica in Francia, la Slovacchia, l’Estonia, l’Ucraina occidentale, la Bosnia e l’Erzegovina, la Macedonia occidentale, la Moldavia orientale, la Russia meridionale e Cipro. inoltre, in Asia, luoghi con dispute simili si estendono dalla Palestina all’iraq settentrionale e, quindi, al tibet, a taiwan, allo Sri-Lanka, alle Filippine e all’indonesia. il numero totale dei problemi che minacciano la stabilità interna di molti Stati multietnici e multireligiosi in Africa è anche alto. Ciascuno di questi casi è stato trattato o, più spesso, osservato e diffuso dalla comunità internazionale. in passato, molti conflitti di questa natura sono stati risolti con riuscite secessioni, accompagnate da proclamazioni unilaterali o altri simili gesti o atti simbolici. Fra i popoli che si sono separati da Stati e imperi più grandi possono essere annoverati i Serbi e, prima e dopo di loro, gli Svizzeri, i Russi, i Portoghesi, i Nordamericani, i Sudamericani, i Belgi, i Cechi e gli Slovacchi, i Polacchi, i Finlandesi, gli Estoni, i Lettoni, i Lituani, gli indonesiani, i Vietnamiti, gli Sloveni, i Croati, e altri. inoltre, dalla fine della «Guerra Fredda», vi sono stati una ventina di cambiamenti di confini internazionalmente riconosciuti nell’area euro-atlantica, in massima parte 30 senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’oNU. Ciascuno di questi cambiamenti — in Germania, nella ex iugoslavia, in Cecoslovacchia e nell’Unione Sovietica — fece il suo corso. Perciò, la soluzione del problema del Kosovo, sotto un certo numero di aspetti sui generis, non deve essere replicata altrove. Da questo punto di vista, non era assolutamente necessario che la Federazione Russa citasse il riconoscimento del Kosovo da parte dell’occidente come giustificazione per il suo riconoscimento dell’indipendenza dell’Abkazia e dell’ossezia meridionale. in questi tre eventi, simili tra loro per molti aspetti, diversi stati componenti della NAto e dell’UE e la Federazione Russa non usarono un unico criterio, quando onorarono il diritto all’autodeterminazione in un caso e non ne tennero conto in altri. Durante parecchi periodi del passato, gli italiani e l’italia hanno giocato un ruolo importante, o anche essenziale, nel Kosovo, o relativamente a esso. Alla storica battaglia per il Kosovo, nel giugno del 1389, i balestrieri mercenari della Repubblica di Genova contribuirono considerevolmente alla vittoria ottomana, che alla fine decretò il destino del Kosovo per i successivi quattro secoli e mezzo. Fin dalla sua unità (1861), l’italia, come potenza europea geograficamente vicina al Kosovo e ancora più vicina sotto molti aspetti all’Albania, è stata comprensibilmente interessata e coinvolta negli affari balcanici; il suo ruolo, però, è cambiato radicalmente nel tempo. Nel 1912-1913 il Regno d’italia cooperò strettamente con l’Austria-Ungheria, poi con i suoi alleati nella triplice intesa (inghilterra, Francia e Russia) obbligò la Serbia a ritirare le sue truppe dal nord dell’Albania. insieme ad altre potenze europee che parteciparono alla Conferenza di Londra del luglio 1913, l’italia, Rivista Marittima-Gennaio/Febbraio 2011 il Kosovo un problema internazionale tuttavia, diede il suo consenso alla spartizione fra diversi stati confinanti delle terre con maggioranza di popolazione albanese e all’occupazione del Kosovo da parte della Serbia. Questa decisione, confermata nel 1921, separò il destino del Kosovo da quello dell’Albania. Nell’aprile 1941, l’italia, con Benito Mussolini capo del governo, unitamente al terzo Reich, all’Ungheria e alla Bulgaria, attaccò, sconfisse, occupò e si spartì il Regno di iugoslavia. La zona di occupazione italiana comprese per due anni e mezzo, tra l’altro, la maggior parte del Kosovo, dove le truppe italiane venivano acclamate come liberatrici. il territorio del Kosovo venne allora incorporato nel «Regno di Albania», che aveva come capo dello Stato il Re d’italia. La riunificazione del Kosovo con l’Albania fu accolta calorosamente dalla maggioranza dei Kosovari albanesi, i quali preferivano l’occupazione italiana, anche se sotto il fascismo, al precedente governo serboslavo. Questo fatto spiega la resistenza in Kosovo, praticamente inesistente. Durante l’operazione Allied Force nel 1999, l’italia ha ospitato e appoggiato sul suo territorio centinaia di aerei alleati. L’Aeronautica e la Marina italiana hanno partecipato alla campagna militare della NAto contro la FRY con 50 aerei da combattimento, tra cui gli «AV-8B» del Giu- seppe Garibali. L’italia, successivamente, si è unita agli Stati Uniti, alla Gran Bretagna, alla Francia e alla Germania e ad altre Nazioni nella forza di stabilizzazione in Kosovo, la KFoR. Da allora, gli italiani, esecutori del mantenimento della pace, sono responsabili della sicurezza nel Kosovo occidentale. il Comando del Contingente italiano è situato nel «Villaggio italiano», nei pressi di Peć. Migliaia di ufficiali, sottufficiali e soldati italiani dal 1999 hanno prestato servizio in Kosovo; l’italia ha anche contribuito con circa 700 carabinieri ai reparti multinazionali specializzati della KFoR e, dal 2008, anche all’EULEX. L’italia è stata membro importante del Gruppo di Contatto per il Kosovo e un diplomatico italiano, l’ambasciatore Lamberto zannier, presta servizio oggi come Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell’oNU e Capo dell’UNMiK. Dodici anni dopo la sua riemersione nella politica internazionale, il Kosovo rimane un problema controverso. Esso richiede attenzione e assistenza da parte della comunità internazionale, per fare in modo che i suoi sforzi di pacificazione, in atto dal 1992 nei Balcani occidentali, contribuiscano alla causa della libera, democratica e prospera Europa, alla quale tutti i Paesi balcanici, compreso il Kosovo, legittimamente appartengono. n Esclusivo per la RiViStA MARittiMA; traduzione dall’inglese di Franceso PASCAzio. BiBLioGRAFiA ESSENziALE Anufrieva, i.V., et al., the Albanian Factor in the Crisis Development on the territory of Former Yugoslavia (in Russian), Documents, Vol. i (1878-1997), iNDRiK, Mosca, 2006. 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