elementi di statistica descrittiva

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LEZIONE
“ELEMENTI DI STATISTICA DESCRITTIVA”
PROF. CRISTIAN SIMONI
Università Telematica Pegaso
Elementi di statistica descrittiva
Indice
1
2
La statistica, i dati e altri concetti fondamentali ---------------------------------------------------- 3
1.1.
Popolazione -------------------------------------------------------------------------------------------- 3
1.2.
Campione ----------------------------------------------------------------------------------------------- 4
1.3.
Variabili (variabili quantitative, qualitative, casuali) -------------------------------------------- 5
1.4.
Scale di misurazione ---------------------------------------------------------------------------------- 5
Ordinare, raggruppare e rappresentare graficamente i dati ------------------------------------- 8
2.1 Le tabelle -------------------------------------------------------------------------------------------------- 8
2.2 L’istogramma --------------------------------------------------------------------------------------------- 9
2.3 L’aerogramma -------------------------------------------------------------------------------------------- 9
2.4 Poligono di frequenza --------------------------------------------------------------------------------- 10
3
Misure di tendenza centrale --------------------------------------------------------------------------- 12
3.1 Media aritmetica---------------------------------------------------------------------------------------- 12
3.2 Mediana-------------------------------------------------------------------------------------------------- 12
3.3 Moda ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
3.4 Quartile, decile e percentile --------------------------------------------------------------------------- 13
4
Misure di dispersione ----------------------------------------------------------------------------------- 15
4.1 Intervallo di variazione -------------------------------------------------------------------------------- 15
4.2 Deviazione standard o scarto quadratico medio o sigma ( ) ------------------------------------ 15
4.3 Il coefficiente di variazione (CV) -------------------------------------------------------------------- 16
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Elementi di statistica descrittiva
1 La statistica, i dati e altri concetti fondamentali
Con il termine statistica intendiamo quella disciplina
che si occupa della raccolta,
dell’organizzazione, della sintesi e dell’analisi di dati.
I dati sono pertanto il materiale di base della statistica, ossia delle cifre numeriche risultanti
o da un conteggio o da una misura (ad es. la rilevazione della temperatura corporea di un paziente o
il conteggio di pazienti dimessi dal nosocomio).
Le fonti dei dati possono essere:
1. le rilevazioni periodiche (ad es. le informazioni periodiche sui pazienti);
2. le indagini, ovvero l’ottenimento di nuovi dati attraverso specifici quesiti;
3. le strategie messe in campo dall’operatore sanitario al fine di ottenere la massima
collaborazione del paziente.
4. La letteratura già disponibile su un certo argomento o quesito analogo al nostro, al quale
qualcuno abbia già dato risposta e conservato dati.
Se prendiamo in considerazione esclusivamente gli aspetti di raccolta, organizzazione,
sintesi e presentazione di dati di un collettivo, siamo di fronte ad una procedura di statistica
descrittiva. Quando si studiano fenomeni per i quali non è possibile prendere in considerazione un
numero elevato di individui, si procede estraendo casualmente un gruppo di essi (campione) e si
cerca così di risalire alle caratteristiche del gruppo più grande: in questo caso siamo di fronte ad una
procedura di statistica inferenziale.
Gli strumenti della statistica sono utilizzati in molti campi, se tali strumenti sono impiegati
nel campo medico, assumono la denominazione di biostatistica, ovvero la raccolta e l’analisi dei
dati provenienti dalle scienze biologiche e dalla medicina.
1.1.
Popolazione
Con popolazione in ambito statistico s’intende un collettivo di elementi cui siamo interessati
in un particolare momento. La popolazione è definita dalla nostra sfera d’interesse e può essere di
due tipologie: finita o infinita, a seconda se una popolazione di valori consiste in un numero fissato
di valori o se la popolazione è costituita da una serie interminabile di valori.
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1.2.
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Campione
Poiché non è sempre possibile esaminare tutti coloro che compongono una data popolazione
statistica, se ne analizza una parte di quest’ultima. Il campione riflette dunque fedelmente, ma in
numero ridotto, la popolazione presa in esame.
Le tipologie di campioni che si possono estrarre da una popolazione sono molteplici,
prendiamo in considerazione: il campionamento casuale semplice, il campionamento sistematico, il
campionamento stratificato e il campionamento a grappoli.
Quando un campione viene estratto da una popolazione in modo tale che ciascuno di tutti i
possibili campioni (della medesima dimensione) abbiano la stessa probabilità di essere estratti,
parliamo di campione casuale semplice. Casualità, dunque, non significa “scelto a caso”, ma
possibilità uguali affinché ogni elemento della popolazione possa essere scelto (ad esempio il
metodo di sorteggio di numeri rappresentanti ogni individuo del campione).
Il campionamento sistematico è possibile quando siamo in possesso di elenchi completi di
una popolazione, da cui estrarre il nostro campione. Si parte da un individuo qualsiasi della
popolazione, scelto a caso, poi si aggiungono tutti gli individui che cadono in un intervallo, da noi
stabilito, all’interno dell’elenco. Se stabiliamo dunque di scegliere un individuo ogni 10, partendo
dalla posizione 3, ecco che il nostro campione sarà formato da tutti gli individui in posizione 13, 23,
33 etc…, fino al raggiungimento del numero necessario, prefissato in precedenza, per comporre il
campione stesso.
Il campionamento stratificato. Poniamo il caso che nel nostro ospedale vi siano 500 pazienti
di età diverse: bambini, adulti, anziani. Per creare un campione stratificato da questa popolazione
dobbiamo innanzi tutto, oltre che definire delle classi, accertare che ogni individuo sia presente in
una sola classe, affinché non compaia più di una volta. In un secondo momento procediamo
estraendo, all’interno di ciascuna classe, un campione casuale semplice. La somma di tutti i
campioni casuali semplici, estratti dalle classi, vanno a comporre un campione stratificato (nel
nostro esempio la somma dei tre campioni casuali estratti dalle classi: bambini, adulti e anziani) . Se
ci troviamo di fronte a delle classi con una distribuzione diversificata di individui, ad es.: 50
bambini, 200 adulti e 250 anziani, possiamo creare un campione stratificato proporzionale. Tale
tipologia di campione stratificato consiste nel mantenere, appunto nel campione, le stesse
proporzioni della popolazione totale (nel nostro esempio: 10% bambini, 40% adulti, 50% anziani).
Il campione può essere però anche non proporzionale e dunque, in questo secondo caso, da ogni
classe estraiamo lo stesso numero di individui che, nell’esempio preso in esame in precedenza,
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significa comporre il campione con 1/3 di dati provenienti dalla classe bambini, 1/3 da quella adulti
e 1/3 da quella anziani.
Concludiamo con il campionamento a grappoli (cluster). Anche in questo campionamento
bisogna suddividere la popolazione in classi, ma, al contrario del campionamento stratificato, non si
estraggono gli individui da più classi ma si prende in considerazione, come campione, direttamente
una o più classi intere.
Potremmo dividere, ad esempio, tutti i pazienti dell’ospedale per reparto di degenza
(poniamo che i reparti siano 10) e prelevare casualmente solo 3 classi, ossia tre soli reparti
ospedalieri. I tre gruppi sorteggiati diventeranno così il nostro campione a grappoli.
1.3.
Variabili (variabili quantitative, qualitative, casuali)
Con variabile indichiamo la possibilità che una data caratteristica possa assumere valori
diversi in soggetti diversi. La frequenza cardiaca o la pressione sistolica sono esempi di variabili,
ossia caratteristiche che non sempre assumono gli stessi valori.
Le variabili possono essere di diversa natura: sono variabili quantitative se forniscono
informazioni sulla grandezza (ad. es. peso dei pazienti). Sono variabili qualitative quelle
caratteristiche che non possono essere misurate come ad esempio le diagnosi dei malati. Le variabili
qualitative dunque, più che con la misurazione, hanno
a che fare con la classificazione o
categorizzazione.
Infine una variabile può essere casuale quando i valori sono generati da fattori casuali, non
possono essere pertanto predetti (ad esempio numero ricoveri in una giornata).
1.4.
Scale di misurazione
La misurazione è l’attribuzione di un valore numerico ad un evento o ad un oggetto, secondo
regole che consentono di rappresentare importanti proprietà degli eventi/oggetti stessi. Ai fini della
misurazione possiamo utilizzare diversi tipi di scale.
La scala può essere nominale, ossia consistente in una classificazione delle osservazioni
effettuate in varie categorie: a es. uomo-donna; bambino-adulto. Trattasi del livello più basso di
misurazione, con questa scala attribuiamo “etichette” alle varie classi.
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H
L
A
I
B
F
C
N
D
M
G
B
Gli individui contenuti nell’insieme hanno le stesse caratteristiche (proprietà transitiva
della scala nominale , se A=B e B=C allora A=C e proprietà simmetrica: se A=B allora B=A).
Quelli fuori invece non presentano le stesse caratteristiche e dunque sono esclusi.
Vi è poi la scala ordinale: qui le osservazioni possono essere classificate in base ad un
qualche criterio oltre che in base alla loro categoria. Ad es. un paziente, dopo una cura, può
risultare: 1) non migliorato, 2) migliorato, 3) molto migliorato. La scala ordinale dunque ha lo
scopo di classificare le osservazioni in modo progressivo (dal valore più basso a quello più alto) e
permette di creare delle graduatorie.
A
+
B
C
D
E
F
G
H
I
L
In questa scala le distanze non sono regolari, possiamo desumere semplicemente che il
paziente “I” sia migliorato molto di più del paziente “B”.
La scala ad intervalli: questa scala specifica non soltanto la posizione in graduatoria
ma anche la distanza tra ciascuna delle modalità. Possiamo dunque ordinare le unità in relazione al
fatto che possiedano in misura maggiore o minore una determinata caratteristica e possiamo, inoltre,
indicare l'esatta distanza tra esse. Esempi classici sono la misurazione della temperatura in gradi
Celsius o i battiti cardiaci al minuto. La scala ad intervalli non è dotata però di un cosiddetto zero
assoluto ma esso è arbitrario, come appunto nel caso della misurazione della temperatura.
A
B
C
D
E
F
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In questa scala BC=EF etc..; è possibile qui attribuire un valore quantitativo alla distanza
tra due posizioni della scala.
Se invece è possibile individuare uno zero assoluto, ci troviamo di fronte ad una scala a
rapporti, attraverso la quale si può mettere a confronto quantità diverse calcolandone il rapporto (
ad esempio una certa rilevazione è di entità doppia rispetto ad un’altra). La statura, il peso e la
lunghezza sono misurate ad esempio con scale a rapporti.
0
1
2
3
4
5
6
7
In questa scala siamo in grado di dire ad esempio che 4 è il doppio di due o che 3 è la metà
di 6.
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2 Ordinare, raggruppare e rappresentare
graficamente i dati
Lo spoglio dei dati è sostanzialmente un’ operazione di conteggio il cui risultato è definito
distribuzione statistica. I numeri ottenuti per ogni classificazione, che vanno a definire la
distribuzione, sono detti frequenze.
Con frequenza di un dato, dunque, s’intende il numero di volte in cui il dato stesso compare.
La frequenza è detta assoluta quando determina il numero di osservazioni che appartengono a una
certa classe (frequenza assoluta della classe). Con frequenza relativa, invece, s’intende il rapporto
tra la frequenza assoluta e la totalità della popolazione statistica su cui si sta svolgendo l’indagine
(rapporto tra la sua frequenza n e la somma N di tutte le frequenze).
Per calcolare la frequenza relativa bisogna dunque dividere ogni frequenza assoluta per la
somma di tutte le frequenze; se poi moltiplichiamo per 100 ciascuna delle frequenze relative
ottenute, troviamo le percentuali.
Guariti
malati
Deceduti
Totale
popolazione
Frequenze
assolute
98
39
53
190
Frequenze
relative
0,5158
0,2053
0,2789
1,0000
Percentuali
51,58
20,53
27,89
100,00
Esempio di popolazione con frequenze riscontrate .
2.1
Le tabelle
La tabella è una riproduzione semplificata del fenomeno osservato, che rende
l’informazione statistica sintetica e rapidamente leggibile. Se prendiamo in considerazione più di un
dato carattere qualitativo, otteniamo una tabella di contingenza (o a doppia entrata).
Quando ordiniamo i dati in tabelle, possiamo raggruppare un insieme di osservazioni
selezionando dei gruppi d’intervalli contigui (non sovrapponibili), in modo tale che ciascuna
osservazione possa essere collocata in uno solo degli intervalli, detti anche classi.
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[Fonte: Istituto tumori di Milano]
2.2
L’istogramma
Se vogliamo rappresentare graficamente la distribuzione di frequenze attraverso un
istogramma, collochiamo sull’asse delle ascisse (orizzontale) i valori della variabile; sull’asse delle
ordinate (verticale) invece rappresentiamo le frequenze assolute. Su ogni classe dell’asse
orizzontale collochiamo una barra rettangolare alta quanto l’effettiva frequenza riscontrata.
peso pazienti
frequenza
60
40
20
0
2.3
L’aerogramma
Si divide una circonferenza in settori, ciascuno dei quali ha un’area proporzionale
alla frequenza corrispondente in percentuale.
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13%
13%
17%
1° Trim.
2° Trim.
3° Trim.
4° Trim.
57%
2.4
Poligono di frequenza
È utile quando le classi da rappresentare sono molte. Sull’asse orizzontale vengono
rappresentati gli intervalli di classe; sull’asse verticale invece rappresentiamo le frequenze. Per
costruire un poligono di frequenza può essere necessario stabilire il valore centrale di ogni classe di
valori e posizionarlo sull’asse orizzontale, poi si deve segnare con un punto la frequenza di ogni
classe stessa sull’asse verticale. I vari punti vanno poi uniti in una linea che si conforma come
spezzata.
Si preferisce l’istogramma al poligono di frequenza quando si vuole evidenziare bene
il numero di casi che cadono in ogni intervallo di classe; mentre è preferibile il poligono di
frequenza quando si vuole illustrare con maggior chiarezza l’andamento dei dati. Tuttavia si
possono sovrapporre entrambi per avere un quadro più preciso sulla distribuzione.
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Causes of death - standardised death rate per 100 000 inhabitants, males.In questo esempio,
tratto dal sito ufficiale Eurostat, osserviamo le più comuni cause di morte in Europa. Sulle ordinate
vi sono le frequenze relative a ciascuna causa di morte, mentre sulle ascisse gli anni dal 2000 al
2008.
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3 Misure di tendenza centrale
3.1
Media aritmetica
Si calcola sommando tutti i valori di un campione o di una popolazione o di una
semplice distribuzione di risultati, dividendo la somma ottenuta per il numero dei valori sommati.
Vantaggi: l’immediatezza e semplicità del calcolo; inoltre l’unicità del dato che riassume un
insieme di dati. Svantaggi: il limite principale è dovuto al fatto che nella media aritmetica i dati
estremi influenzano la media stessa, ciò può risultare talvolta non opportuno e non rappresentativo
dell’insieme intero di dati.
M( o )=(x1 + x2 + x3 + xn)/n
Dove:
= media del campione;
osservazioni del campione;
3.2
oppure
= i-esima osservazione della variabile X; n = numero di
= sommatoria di tutti gli
del campione.
Mediana
Se prendiamo un insieme ordinato di dati (in ordine crescente o decrescente), la
mediana è quel valore che divide in due parti uguali l’insieme stesso. Se queste sono dispari la
mediana è il valore centrale (ad esempio su 11 valori la mediana è rappresentato dal sesto valore).
Nel caso i valori siano pari, la mediana è rappresentata dalla media aritmetica dei due valori centrali
(se abbiamo 10 valori si procede alla media aritmetica tra il quinto e il sesto valore). La mediana
presenta vantaggi analoghi alla media, ovvero l’unicità del valore e la semplicità e, in più, non è
influenzata dai valori estremi come la media.
2 4 4 8 10 12 15
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3.3
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Moda
Con moda intendiamo quel valore che compare più frequentemente all’interno del
nostro campione. Può verificarsi tuttavia il caso in cui tutti i valori siano diversi e pertanto l’insieme
delle nostre osservazioni non hanno moda; oppure può verificarsi al contrario che vi sia più di un
valore “moda” all’interno delle nostre rilevazioni.
L’uso tipico della moda nell’ambito sanitario consiste nella possibilità di rilevazione
di quali diagnosi risultano più frequenti fra i ricoveri. La diagnosi maggiormente riscontrata in un
gruppo di pazienti è detta diagnosi modale.
6 8 10 10 10 13 15 17
3.4
Quartile, decile e percentile
A conclusione di questa sezione accenniamo a quei valori medi simili alla mediana. I
Quartili dividono la serie ordinata in quattro parti contenenti ciascuna lo stesso numero di dati. Il
primo quartile Q1 è il valore che supera un quarto dei termini mentre il secondo quartile Q2 è la
mediana, ed infine, il terzo quartile Q3 è il valore che supera tre quarti dei dati.
I decili sono i valori che dividono l’insieme dei dati in dieci parti uguali, mentre i percentili
sono i novantanove valori che dividono l’insieme in cento parti uguali.
Il primo quartile è sul valore 7 (25% dei valori cumulati); il secondo sul 13 (50%); il terzo
su circa il 21 e il quarto è rappresentato dal valore finale.
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0
1
Frequ.
relativa %
4,2%
2
2
8,3%
12,5%
4
1
4,2%
16,7%
5
1
4,2%
20,8%
7
1
4,2%
25,0%
9
1
4,2%
29,2%
10
1
4,2%
33,3%
11
1
4,2%
37,5%
12
2
8,3%
45,8%
13
1
4,2%
50,0%
14
1
4,2%
54,2%
16
1
4,2%
58,3%
19
1
4,2%
62,5%
21
4
16,7%
79,2%
22
1
4,2%
83,3%
24
1
4,2%
87,5%
25
1
4,2%
91,7%
26
1
4,2%
95,8%
29
1
4,2%
100,0%
Punteggio Frequenza
Frequ.
Cumulata
4,2%
= Q1
=Q2
=Q3
=Q4
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4 Misure di dispersione
Le rilevazioni possono assumere valori diversi: tale fenomeno è detto variabilità o
dispersione. La variabilità può essere di dimensioni ridotte, quando i valori sono molto simili tra
loro, o viceversa molto pronunciata nel caso in cui i dati siano tra loro molto diversi.
La media, da sola, può non essere dunque sufficiente a descrivere la distribuzione di
alcuni dati; pertanto è necessario fare riferimento ad operazioni più complesse come l’intervallo di
variazione (range), la deviazione standard e il coefficiente di variazione.
4.1
Intervallo di variazione
Esso costituisce l’indicatore più semplice della variabilità dei punteggi. Al punteggio
massimo ottenuto si sottrae quello più basso. L’ IV o range, indica dunque la variabilità dei
punteggi di una serie di misure.
IV= valore più grande – valore più piccolo
Limiti: dal momento in cui vengono presi in considerazione solamente i valori più grandi e
più piccoli si finisce per tralasciare i valori intermedi.
4.2
Deviazione standard o scarto quadratico medio o sigma ( )
Più i risultati si discostano dalla media, più è elevato il grado di variabilità dei dati. È
necessario calcolare così una misura di variabilità che tenga conto della dispersione dei valori
attorno alla loro media.
Per calcolare la deviazione standard si sottrae il valore della media da ciascuno dei
singoli valori di una distribuzione; si elevano poi al quadrato le differenze ottenute e si sommano tra
loro. Tale somma dovrà essere poi divisa per il numero dei valori presenti nella distribuzione.
Infine, dovrà essere calcolata la radice quadrata del risultato ottenuto.
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Il valore della deviazione standard aumenta più i valori sono distanti dalla media;
diminuisce più i valori della serie sono vicini alla media.
  2 
x1  M 2  x2  M 2  ...  xn  M 2
Dove: = deviazione standard;
n
= rappresenta un singolo valore della distribuzione; n=
numero totale valori; M= media.
Se il valore della deviazione standard è ridotto, ciò significa che i punteggi della
distribuzione sono vicini alla media; se invece il suo valore è ampio, i punteggi si dimostreranno
lontani dalla media.
4.3
Il coefficiente di variazione (CV)
Per mettere a confronto due distribuzioni di dati, i cui valori delle deviazioni standard sono
diversi, dobbiamo dividere i valori delle deviazioni standard (σ) stesse per le rispettive medie
aritmetiche.
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