Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
1. Le strutture tipiche di un mercato
Il mercato è il luogo economico in cui si svolge l’attività di scambio tra
venditori e acquirenti.
Tra le grandi forme o strutture nelle quali vengono tradizionalmente
classificati i mercati, nel seguito ci si limiterà a considerare la concorrenza
perfetta, il monopolio e l’ oligopolio.
Sul versante dell’offerta non si considererà la concorrenza
monopolistica, che è caratterizzata, come è noto, dalla presenza di un gran
numero di imprese che vendono varietà diversificate di un particolare
prodotto. Allo stesso modo, sul versante della domanda, non si
considereranno: il monopsonio, che si riferisce al caso in cui la domanda
proviene da un unico acquirente, l’oligopsonio, che si riferisce al caso in cui
vi sono pochi acquirenti che controllano una percentuale rilevante delle
transazioni complessive, e la concorrenza monopsonistica, che si riferisce al
caso in cui vi sono molti acquirenti, ma i venditori non sono indifferenti nei
confronti di coloro cui desiderano vendere.
Ciò precisato, si definisce perfettamente concorrenziale [Sloman, 2002]
un mercato caratterizzato dalla:
 esistenza di un considerevole numero di venditori e acquirenti, così che
il peso economico di ciascun operatore è relativamente trascurabile ai
fini della determinazione delle variabili di mercato (prezzi e quantità);
 omogeneità del prodotto, così che nessun compratore ha motivo di
preferire la merce posta in vendita dall’uno o dall’altro venditore;
 facilità e piena libertà di entrata e di uscita nel mercato, nel senso che
non esistono vincoli di natura istituzionale e di natura economicofinanziaria che lo impediscono;
290
Appendice B

informazione perfetta e simmetrica tra tutti gli agenti economici in
merito alle condizioni di mercato presenti e future.
Si assume inoltre che consumatori e produttori trattino direttamente
l’uno con l’altro senza alcuna intermediazione.
Dal soddisfacimento congiunto delle quattro condizioni precedenti
discende che, quantunque si parli di concorrenza perfetta, in effetti non vi è
rivalità tra i venditori. Ciascuno di questi può decidere la propria politica di
vendita senza preoccuparsi del comportamento degli altri e, poiché c’è
omogeneità del prodotto, ciascun produttore può vendere qualunque
ammontare di merce desideri al prezzo corrente di mercato, prezzo che egli
non può a sua volta influenzare in virtù del fatto che la sua quota di mercato
è infinitesima e che la possibilità di entrata è totale e perfetta
(comportamento da price taker). Non c’è dunque spazio, in un simile
mercato, per attività collusive da parte dei produttori i quali agiscono in un
contesto di completa indipendenza l’uno dall’altro [Zamagni, 1992].
Come si può intuire, la concorrenza perfetta costituisce una struttura di
mercato ideale, assunta a riferimento per sviluppare l’analisi delle altre
forme di concorrenza. Ogni deviazione da una o più delle condizioni di
mercato ideale enunciate conduce a situazioni di concorrenza non perfetta,
qual è il caso, ad esempio, del monopolio e dell’oligopolio.
Si ha una struttura di monopolio quando, nel periodo di tempo
considerato, opera sul mercato un solo venditore, in presenza, per quel che
interessa, di molti acquirenti.
Viene indicata invece con oligopolio la forma di mercato in cui opera un
numero ristretto di imprese produttrici, in presenza, per quel che interessa,
di molti acquirenti.
2. L’approccio marginalista per la determinazione delle variabili di
mercato
Qualunque sia la struttura di mercato, la teoria economica neoclassica
riconduce l’agire razionale dell’impresa venditrice all’obiettivo della
massimizzazione del profitto, dato dalla differenza, in un certo periodo, tra i
suoi ricavi ed i suoi costi correnti, più la variazione netta del valore delle sue
attività patrimoniali.
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
291
È questa, dunque, una massimizzazione del profitto di lungo periodo, da
distinguersi da una massimizzazione di breve, che non tiene conto delle
variazioni del valore delle attività patrimoniali.
I due tipi di massimizzazione non risultano in generale coerenti1. Lo
diventano se si assume – come fa la teoria tradizionale – che esiste
indipendenza ed uguaglianza dei singoli periodi: quanto accade in un
periodo non interferisce in alcun modo sui risultati economici dei periodi
successivi. Poiché ciascun periodo è a sé e tutti sono tra loro uguali dal
momento che in essi non si verificano mutamenti strutturali di sorta, il lungo
periodo si riduce semplicemente alla somma di tanti brevi periodi. È chiaro
allora che in un contesto di analisi del genere scompare ogni possibile
incompatibilità tra le due forme di massimizzazione; anzi la
massimizzazione del profitto di lungo periodo presuppone quella di breve.
La teoria economica neoclassica assume inoltre che:
 l’imprenditore è anche il proprietario dell’impresa: non c’è dunque
separazione tra proprietà e controllo;
 non esiste incertezza: l’impresa ha piena e perfetta conoscenza delle
condizioni presenti e future che la riguardano; in particolare, conosce le
sue condizioni di domanda e le sue curve di costo che sono a forma di U;
 l’impresa possiede un solo tipo di impianto e produce un unico tipo di
prodotto.
L’atteggiamento massimizzante porta a stabilire una sorta di intervallo
di distorsione nel sistema dei prezzi di mercato, che va da un minimo nel
caso di concorrenza perfetta, ad un massimo con il monopolio, passando
attraverso situazioni intermedie con l’oligopolio.
3. La concorrenza perfetta
3.1 Le offerte nel breve periodo
Il livello di produzione dell’impresa j-esima è determinato risolvendo il
problema di massimo, supposto non vincolato:
1 L’intraprendere azioni diverse dalla massimizzazione della differenza tra ricavi e costi correnti
potrebbe variare i guadagni futuri dell’impresa; ad esempio, un prezzo più elevato potrebbe
aumentare la differenza tra ricavi e costi correnti, ma allo stesso tempo attrarre nuove imprese
nell’industria e diminuire i profitti futuri previsti dall’impresa.
292
Appendice B
max  j ( Pg j )  max [ RT j ( Pg j )  CT j ( Pg j )] .
Pg j
Pg j
(1)
Nella (1), indicata con Pg j la quantità da produrre,  j è il profitto,
rappresentando RT j ( Pg j ) il ricavo totale e CT j ( Pg j ) il costo totale,
comprensivo del saggio normale di profitto.
Poiché il produttore non può influenzare il prezzo di mercato  , si ha:
RT j ( Pg j )    Pg j .
Ciò indica che il ricavo marginale R 'j 
specifico Rsp j 
RT j ( Pg j )
Pg j
(2)
dRT j ( Pg j )
dPg j
è uguale al ricavo
ed entrambi sono uguali al prezzo, qualunque esso
sia: la curva di domanda dell’impresa è, allora, quella di fig. B.1.
La (1) inoltre indica che il problema di massimo consiste nella ricerca
della quantità Pg j  Pg*j a cui corrisponde la massima distanza tra RT j e CT j
(fig. B.2).
FIG. B.1 Curva di domanda dell’impresa

  R 'j
Pg j
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
293
FIG. B.2 Interpretazione grafica della massimizzazione del profitto
RT j

CT j
Pg*j
Pg j
Le condizioni di ottimo, che prevedono che nel punto Pg j  Pg*j sia:
R 'j 
dR 'j
dPg j
dRT j ( Pg j )
dPg j


dCT j ( Pg j )
d 2 RT j ( Pg j )
dPg2j
dPg j

  j ( Pg j )
d 2 CV j ( Pg j )
dPg2j
(3)
,
si specificano dunque nelle condizioni:
   j ( Pg )
j
d j ( Pg j )
dPg j
0 ,
(4)
(5)
avendo indicato con CV j e  j il costo variabile ed il costo marginale di
produzione, rispettivamente.
La (4) indica che la potenza ottima Pg*j è tale per cui il prezzo,
qualunque esso sia, eguaglia il costo marginale; la (5), che la quantità
294
Appendice B
venduta si deve trovare nel tratto crescente della curva del costo marginale
stesso.
Tutto ciò, posto che all’impresa convenga produrre.
Infatti, all’impresa, conviene sospendere l’attività quando il profitto che
deriva dal non produrre nulla, sostenendo comunque i costi fissi C F j , è
superiore a quello che si ottiene in corrispondenza del prezzo pari al costo
marginale, quando cioè:
 CFj    Pg j  CV j ( Pg j )  CFj .
(6)
Riscrivendo la (6) nella forma:
CV , sp j ( Pg j ) 
CV j ( Pg j )
Pg j

si può affermare, in altre parole, che se i costi variabili specifici CV , sp j sono
maggiori di  , all’impresa conviene non produrre affatto, poiché i ricavi
derivanti dalla vendita della potenza Pg j non coprono nemmeno i costi
variabili di produzione: non producendo nulla, deve sostenere comunque i
costi fissi, ma evita le perdite ancora maggiori che avrebbe se continuasse a
produrre.
La curva di offerta dell’impresa è allora determinata dalla (4), dalla (5) e
dall’ulteriore condizione:
CV , sp j ( Pg j ) 
CV j ( Pg j )
Pg j
 .
(
7)
Poiché la curva dei costi marginali interseca la curva del costo variabile
specifico nel punto di minimo di questo ultimo, si può concludere che la
curva di offerta di un’impresa in concorrenza perfetta coincide con il tratto
crescente della curva del costo marginale al di sopra del punto di minimo
della curva del costo variabile specifico (fig. B.3). A prezzi minori di  ' ,
invece, il produttore non offre nulla.
FIG. B.3 La curva di offerta
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
295
CV , sp j ,  j , 
j

CV , sp j
'
Pg j
Pg' j
Evidentemente, coprire i costi variabili non è sufficiente a realizzare un
profitto positivo, che è garantito solo se si ha   CT , sp j ( Pg j ) .
Se il prezzo cade infatti tra le due curve CT , sp e CV , sp , l’impresa incorre
in una perdita poiché il prezzo è inferiore al costo totale specifico. Ma essa
perderebbe ancora di più se decidesse di non produrre.
Per un’offerta Pg*j al prezzo  * , la differenza tra l’area  *  Pg*j e l’area
 '  Pg* rappresenta il profitto (oltre quello normale) (fig. B.4).
j
FIG. B.4 Profitto del produttore
CT , sp j
Csp j ,  j , 
*
j
profitto
CV ,sp j
'
Pg*j
Pg j
La differenza tra i ricavi ed i costi variabili, cioè la quantità
296
Appendice B
(
S g j   *  Pg*j  CV j ( Pg*j ) ,
8)
si definisce, invece, surplus del produttore, graficamente rappresentato dalla
differenza tra l’area dei ricavi e l’area Pg*j  CV ,sp j ( Pg*j ) .
Poiché l’area al disotto della curva del costo marginale rappresenta i
costi variabili, il surplus del produttore può essere visto graficamente anche
sottraendo l’area al di sotto della curva del costo marginale dall’area dei
ricavi, come si vede nella fig. B.5.
FIG. B.5 Surplus del produttore
Csp j ,  j , 
CT , sp j
j
*
CV ,sp j
surplus del
produttore
Pg*j
Pg j
Si possono infine combinare questi due metodi, impiegando la prima
definizione per il tratto della curva fino al punto in cui il costo marginale è
uguale ai costi variabili specifici, e successivamente l’area al di sopra della
curva del costo marginale, come nella fig B.6.
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
297
FIG. B.6 Surplus del produttore
CT , sp j
Csp j ,  j , 
j
*
CV ,sp j
surplus del
produttore
Pg*j
Pg j
Questo ultimo metodo è il più adatto in molte applicazioni, poiché il
valore che ne risulta corrisponde alla superficie a sinistra della curva di
offerta.
Spesso è utile evidenziare non tanto il surplus del produttore, ma
piuttosto la sua variazione che si ha passando da un livello di produzione
Pg*j ad un livello Pg**j . Essa è rappresentata da una regione di forma
trapezoidale, come quella di fig B.7.
FIG. B.7 Variazione del surplus del produttore
298
Appendice B
j
*
 **
variazione del
surplus del
produttore
Pg**j
Pg*j
Pg j
Poiché i costi fissi non variano, la variazione del surplus del produttore
corrisponde alla variazione del profitto che si ha per la stessa variazione, da
Pg*j a Pg**j , del livello dell’output. È quindi possibile misurare l’effetto sul
profitto di una variazione del livello dell’output impiegando solamente la
curva del costo marginale, senza fare riferimento alla curva del costo
specifico.
Per quanto riguarda gli acquirenti, si assume che ciascuno di essi sia
capace di esprimere una domanda decrescente in funzione del prezzo.
Ogni punto della curva di domanda rappresenta la disponibilità a pagare
la quantità corrispondente al prezzo corrispondente, così che l’area sottesa
dalla curva rappresenta il beneficio, Bd j ( Pd j ) , del consumatore, essendo2:
dBd j
dPd j
 .
(9)
Se, ad esempio, la relazione tra prezzo e quantità è lineare (fig B.8),
ovvero del tipo   b1 j  b2 j Pd j , si ha:
1
Bd j ( Pd j )   b2 j Pd2j  b1 j Pd j  b0 j .
2
2
(10)
La (9) deriva dal fatto che il consumatore tende a massimizzare la differenza tra i benefici e i
costi e che non può influenzare il prezzo di mercato.
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
299
FIG. B.8 Curva di domanda del j-mo consumatore

Pd j
Per una domanda Pd*j al prezzo  * , la misura del vantaggio
che deriva
al consumatore dallo scambio, detta surplus del consumatore, è data dalla
quantità
S d j  Bd j ( Pd*j )   *  Pd*j .
(
11)
Con riferimento alla fig B.9, il surplus è rappresentato dall’area
punteggiata.
FIG. B.9 Surplus del consumatore
300
Appendice B
Per una variazione di prezzo da  * a  ** , con  **   * , si ha una
variazione di surplus rappresentata nella fig B.10. L’area del rettangolo A
rappresenta la perdita di surplus dovuta al fatto che il consumatore paga un
prezzo più elevato per le unità di potenza che continua a consumare; ma
questa perdita non rappresenta l’intera riduzione del benessere del
consumatore, perché, a causa dell’aumento del prezzo, egli ora consuma una
quantità minore del bene, con una conseguente perdita misurata dall’area
indicata con B.
FIG. B.10 Variazioni di surplus del consumatore
3.2 L’equilibrio competitivo di breve periodo
Si indichi con  d l’insieme dei consumatori. La loro domanda
aggregata, ricavata sommando orizzontalmente, a parità di prezzo, le singole
curve di domanda, è pari a:
PD   
 P   .
jd
dj
(
12)
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
301
Si indichi, invece, con  g l’insieme delle imprese produttrici. L’offerta
aggregata, ricavata sommando orizzontalmente, a parità di prezzo, le singole
curve di offerta, è pari a:
PG   
 P   .
j g
(
gj
13)
Il prezzo di equilibrio (Market Clearing Price) è il prezzo in
corrispondenza del quale si ha l’eguaglianza tra quantità complessivamente
domandata e quantità complessivamente offerta. Esso è dato, dunque,
dall’interse-zione tra la curva di domanda inversa,  PD  , e la curva di
offerta inversa,  PG  , ovvero è quello che risolve l’equazione:
 PD    PG    PD 
(14)
essendo  PD  il costo marginale equivalente di tutto il sistema di
produzione.
Nell’ipotesi di curve continue strettamente monotone, quanto detto è
illustrato in fig. B.11.
FIG. B.11 Equilibrio in un mercato perfettamente concorrenziale

 ( PD )
*
 ( PG )
P*
P
302
Appendice B
La condizione di equilibrio (14) costituisce la soluzione del problema di
massimizzazione del benessere sociale:
PD
 PD

   PD dPD    PD dPD  .

0
 0
Il primo integrale rappresenta, infatti, il beneficio totale BT 
(
15)
B
j d
dj
( Pd j )
di tutti i consumatori; il secondo, dato il tipo di offerta (curva dei costi
marginali), il costo variabile aggregato CV di tutti i produttori
CV 
C
j g
Vj
( Pg j ) .
La condizione di equilibrio è quindi efficiente da un punto di vista
allocativo: in corrispondenza del prezzo e della quantità di equilibrio, il
valore delle risorse addizionali necessarie per produrre l’ultima unità di
quantità venduta è esattamente uguale al valore dell’ultima unità di quantità
acquistata, significando ciò che non possono verificarsi ulteriori scambi
reciprocamente vantaggiosi.
Determinata la condizione di equilibrio caratterizzata dal prezzo di
equilibrio  * , le quantità accettate dal mercato per ciascun consumatore e
per ciascun produttore si ricavano sulle singole curve, rispettivamente, di
domanda e di offerta:
Pg*j  Pg j  * 
 j  g
P  Pd j 
 j  d ,
*
dj
 
*
(
16)
essendo ovviamente esclusi i consumatori e i produttori per i quali  * non è
compreso nell’intervallo di definizione dei prezzi, rispettivamente,
domandati e offerti.
Con riferimento alla fig. B.12, l’area A rappresenta il surplus dei
consumatori mentre l’area B rappresenta il surplus dei produttori.
Infatti si ha:
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
Sd 

S
jd
dj
[ B
dj
j d
e
Sg 
S
j g
*
G
[ B
dj
j d
( Pd*j )   *  Pd*j ] 
(
( P )]    P  BT ( P )    P
*
dj
gj
  P 
*

303

*
[ 
j g
[C
j g
Vj
*
*
D
*
D
*
*
D
17)
 Pg*j  CV j ( Pg*j )] 
( Pg*j )]   *  PG*  CV ( PG* ) .
(18)
FIG. B.12 Surplus dei consumatori e dei produttori
La condizione di equilibrio è quella che massimizza il surplus totale
(dato dalla somma delle aree A e B).
Ciò assicura la minimizzazione dei costi di quanto prodotto, ossia
l’efficienza produttiva, e la massimizzazione di quanto consumato.
Nel caso di domanda anelastica, si ha invece la situazione di fig. B.13.
FIG. B.13 L’equilibrio nel caso di domanda anelastica
304
Appendice B

 ( PD )
 ( PG )
*
P*
P
La condizione di equilibrio (14) costituisce, in tal caso, la soluzione del
solo problema di minimizzazione dei costi variabili di produzione.
Da quanto detto, nel breve periodo, le imprese produttrici possono sia
sopportare delle perdite che conseguire extraprofitti.
Le imprese che sopportano perdite e non possono modificare i loro
impianti cesseranno l’attività, mentre nuove imprese saranno attirate nel
mercato dagli extraprofitti esistenti.
Entrata ed uscita di imprese e aggiustamenti della capacità produttiva
delle rimanenti imprese del settore, determineranno un equilibrio di lungo
periodo nel quale le imprese conseguono solo profitti normali, non
verificandosi più alcuna entrata e/o uscita dal mercato.
In altre parole, nel lungo periodo l’uguaglianza tra prezzo di mercato e
costo marginale si avrà in corrispondenza del punto di minimo del costo
totale specifico.
4. Il monopolio
4.1 Monopolio e monopolio naturale
È il tipo di relazione tra la curva del costo specifico, determinata dalla
tecnologia, e la curva di domanda  ( PD ) che stabilisce l’esistenza o meno
di un mercato monopolistico [Varian, 2002], un mercato in cui il
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
305
meccanismo concorrenziale è impedito dall’esistenza di specifiche barriere
all’entrata.
L’elemento rilevante è costituito dall’entità della scala minima efficiente
(MES), cioè il livello di produzione che minimizza il costo specifico,
relativamente alle dimensioni del mercato.
Se la scala è grande rispetto alla dimensione del mercato (fig. B.14.a),
non c’è spazio per altre imprese e ci si può aspettare che il mercato funzioni
come monopolio; se è piccola, si avrà probabilmente un mercato
concorrenziale (fig. B.14.b).
FIG. B.14 Relazione tra scala minima efficiente e dimensione del mercato
CV ,sp , 
CV ,sp , 
 ( PD )
 ( PD )
CV , sp
CV , sp
MES
a)
PD
MES
PD
b)
Caso particolare di monopolio è il monopolio naturale. Si ha quando la
dimensione ottimale dell’impianto è tanto grande che il minimo del costo
specifico si trova a destra della curva di domanda (fig. B.15).
FIG. B.15 Monopolio naturale
306
Appendice B
CV ,sp , 
 ( PD )
CV , sp
MES
PD
Il monopolio naturale è dunque connotato da costi specifici decrescenti
al variare della produzione, e, quindi, essendo:
dCV , sp ( PD )
dPD

1  dCV ( PD ) CV ( PD ) 


0 ,
PD  dPD
PD 
(
19)
da costi marginali inferiori ai costi specifici.
In termini più rigorosi, un’industria costituisce un monopolio naturale,
se, nell’intero intervallo rilevante di produzione determinato dalla domanda,
la tecnologia di produzione è rappresentata da una funzione di costo
subadditiva [Tirole, 1988].
La condizione di subadditività dei costi si verifica qualora il costo totale
per produrre PD* è inferiore alla somma dei costi sostenuti dalle n imprese
che complessivamente producono PD* . Se è cioè:
n
CT ( PD* )   CT j ( Pg j )
(
20)
j 1
n
per ogni possibile n-pla ( Pg1 ,..., Pg n ), con n>1, tale che
P
j 1
gj
 PD .
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
307
Tale circostanza non consente a più di un’impresa di beneficiare delle
economie di scala3. Solo un’impresa, cioè, è in grado di produrre a
condizioni economiche più favorevoli rispetto a tutte le altre.
4.2 L’offerta nel breve periodo
La curva di domanda dell’impresa monopolistica è, per definizione, la
curva di domanda del mercato  ( PD ) , supposta completamente prevedibile.
Il monopolista, con riferimento ad un periodo di tempo breve a cui si
riferiscono le curve di costo, risolve il problema di massimo supposto non
vincolato:
max RT ( PD )  CT ( PD ) .
PD
(
21)
Poiché in monopolio si assume che il mercato sia disposto ad acquistare
ogni data quantità PD ad un prezzo  ben preciso, si ha:
RT PD    PD  PD
(
22)
Con l’espressione economie di scala vengono designati tutti quei fattori che fanno sì che i costi
unitari relativi alla produzione di livelli elevati di output siano inferiori a quelli che verrebbero
sostenuti per produrre livelli più bassi del medesimo output. Le economie di scala sono distinte in
pecuniarie e reali. Economie di tipo pecunario sono, ad esempio, quelle di cui beneficia l’impresa
allorché riesce a pagare prezzi più bassi per gli inputs che utilizza, e ciò in conseguenza del fatto che,
al crescere della scala aumenta la quantità richiesta di inputs. Prezzi più bassi per le materie prime,
costi minori per il finanziamento esterno sono esempi di economie di scala pecuniarie. Economie di
scala reali sono invece quelle associate a riduzione della quantità impiegata degli inputs all’aumentare
dei livelli di outputs dell’impresa: economie sui costi fissi (quanto più elevato è il livello di
produzione del bene tanto minore sarà l’incidenza dell’esborso iniziale per unità di prodotto);
economie di capacità di riserva (una piccola impresa dovrebbe quasi raddoppiare il macchinario per
garantirsi dal rischio di interruzione); economie di scorte (in generale l’ammontare delle scorte – il
cui mantenimento costituisce un costo per l’impresa – varia in misura meno che proporzionale
rispetto all’aumento dell’out-put); economie connesse ai rendimenti crescenti di scala.
3
308
Appendice B
indicando ciò che la curva di domanda  PD  coincide con il ricavo medio
R P 
o specifico Rsp  T D .
PD
Le condizioni di ottimo:
dR P  dC P 
R '  T D  V D   PD 
(23)
dPD
dPD
d 2 RT PD  d 2CV PD 

dPD2
dPD2
(
24)
impongono l’uguaglianza tra ricavo marginale, R ' , e costo marginale,  , e
richiedono, inoltre, che la pendenza della curva dei costi marginali sia
maggiore della pendenza della curva del ricavo marginale nel punto in cui le
curve si intersecano o, in altre parole, che la curva del costo marginale
intersechi dal basso la curva del ricavo marginale.
Nel caso di legame lineare tra prezzo e quantità domandata, si ha:
   0  1 PD
(25)
RT PD    PD   PD   0 PD  1 PD2
(26)
R '   PD   PD
d PD 
  0  2 1 PD
dPD
Rsp PD    0  1 PD ,
(27)
(28)
mostrando ciò che il ricavo specifico coincide con la curva di domanda e
che la retta del ricavo marginale ha pendenza doppia rispetto alla curva di
domanda.
Le condizioni di ottimo consentono di individuare il valore di output PD*
che massimizza il profitto, ma non anche il prezzo di vendita  * che deve
essere letto sulla curva di domanda.
Le considerazioni fatte sono evidenziate nelle figure B.16 e B.17 per il
monopolio e per il monopolio naturale, rispettivamente.
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
309
L’area tratteggiata, ottenuta come differenza tra l’area  *  PD* ,
rappresentativa del ricavo, e l’area  '  PD* , rappresentativa dei costi, indica
il profitto.
FIG. B.16 L’equilibrio di breve periodo nel monopolio


*
CT , sp
'
  Rsp
R'
PD*  0 / 2 1
 0 / 1
PD
FIG. B.17 L’equilibrio di breve periodo nel monopolio naturale


CT , sp
*
'
R'
PD*
  Rsp
PD
310
Appendice B
Una volta note le condizioni di costo e di domanda, il monopolista
possiede un unico prezzo ed un’unica quantità ottimali e non ha, dunque,
senso chiedersi quale quantità egli offrirebbe in corrispondenza di ciascun
livello di prezzo (come avviene in concorrenza perfetta).
In definitiva non esiste in monopolio una curva di offerta, ma solo un
punto di offerta (supply point).
Si introduca ora la nota definizione di elasticità della domanda:
 PD  dPD
.
 PD  

(29)
PD d PD 
Si vede facilmente che4:
 1
R '     1  
 
(
30)
di modo che il margine percentuale di extraprofitti (scostamento relativo dal
costo marginale), misurato dal cosiddetto indice di Lerner, risulta pari a:
 
1


(31)


Esso è tanto più elevato quanto meno elastica è la domanda di mercato e
quindi più elevate sono le possibilità di sfruttamento dell’utenza, dato che
essa non dispone di soluzioni alternative o beni sostituti.
Per una domanda anelastica (=0), l’indice è infinito; in tal caso il valore
di potenza è fissato dalla domanda PD0 , R ' è indeterminato e  può essere
qualsiasi.
4.3 La regolamentazione del monopolio
Nei casi di monopolio è frequente l’intervento dell’autorità pubblica, che
agisce o gestendo in proprio l’attività in questione oppure regolamentando il
prezzo che il monopolista (privato) è autorizzato a praticare.
Si ricorda che il segno dell’elasticità è negativo, perché la curva di domanda ha generalmente
andamento decrescente. Il segno è positivo se l’elasticità si riferisce alla curva di offerta.
4
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
311
Se la regolamentazione avviene imponendo che il prezzo sia pari a
quello concorrenziale, imponendo cioè:
 PD    PD  ,
(32)
si ha la situazione illustrata in fig. B.18.
FIG. B.18 Regolamentazione del monopolio


*
 **
A
CV , sp
B
C
R'
PD* PD**
 ( PD )
PD
Passando dal livello di output PD* , che massimizza il profitto in
monopolio, a quello, PD** , che corrisponde all’equilibrio in concorrenza, il
surplus del monopolista diminuisce dell’area contrassegnata con A, poiché
diminuisce il prezzo delle unità che già vendeva, e aumenta dell’area C, a
causa dei profitti provenienti dalla vendita delle unità addizionali.
Il surplus del consumatore, invece, aumenta di A, poiché ora è possibile
acquistare ad un prezzo inferiore le unità che erano acquistate in precedenza,
ed aumenta anche di B perché il consumatore ottiene un surplus dalle unità
addizionali ora in vendita.
La somma delle aree B e C rappresenta l’aumento del surplus totale.
Se si è di fronte ad una situazione di monopolio naturale, essendo questo
caratterizzato dal fatto che il costo marginale risulta inferiore al costo
specifico, la condizione (32) comporta una perdita netta per il monopolista
che non potrebbe coprire i suoi costi totali.
312
Appendice B
Due sono i rimedi usualmente suggeriti per finanziare la perdita dovuta
alla fissazione del prezzo pari al costo marginale: il ricorso a forme diverse
di tassazione, da un lato, e la modificazione delle condizioni di ottimo in
modo da tener conto del vincolo di extraprofitti nulli per l’impresa
monopolistica, dall’altro. La prima soluzione viene criticata perché spesso la
sua attuazione introduce ulteriori distorsioni nel sistema economico oppure
perché comporta conseguenze non accettabili sulla distribuzione del reddito
(ad esempio, perché viene costretto a pagare per il servizio offerto dal
monopolista anche chi non usufruisce affatto del servizio). Per questi
motivi, particolare attenzione è stata dedicata ai tentativi di soluzione del
problema del prezzo ottimo di monopolio, che evitino il ricorso a fonti di
finanziamento esterne al settore, tanto che tale problema è divenuto il caso
esemplare di analisi di secondo ottimo (second best), cioè di quelle analisi
che cercano di avvicinarsi quanto più possibile alla soluzione che
massimizza il benessere, data la presenza di qualche vincolo considerato
non eliminabile [Zamagni, 1992].
La soluzione di second best è quella illustrata in fig. B.19: se il
monopolista naturale producesse in corrispondenza di un prezzo uguale al
costo marginale, il suo livello PD* sarebbe efficiente dal punto di vista
allocativo, ma non sarebbe in grado di coprire i costi; gli si impone allora di
produrre PD** a cui corrisponde un prezzo pari al costo specifico; in tal caso,
riuscirà a coprire i costi, ma produrrà una quantità inferiore a quella
efficiente.
FIG. B.19 Monopolio naturale
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami


313
CV , sp
 **
*
Perdita in corrispondenza
del prezzo uguale al
costo marginale
PD** PD*
PD
5. L’oligopolio
5.1 L’interdipendenza oligopolistica
La posizione di equilibrio di un’impresa è individuabile se si è in grado
di definire per quell’impresa una curva di offerta oppure una curva di
domanda, o entrambe.
Così avviene in monopolio ed in concorrenza perfetta. E questo perchè
sia l’impresa monopolistica che quella concorrenziale sanno come il
mercato reagirà alle loro decisioni.
Nel caso dell’oligopolio, invece, le imprese sono strategicamente
collegate fra loro e la politica ottimale di un’impresa dipende anche dalla
politica seguita da ciascun rivale sul mercato. Anche l’oligopolista, al pari
del monopolista e dell’impresa concorrenziale, conosce la sua curva di
costo; ma mentre questi ultimi possono confrontare tale curva con una curva
di domanda, all’oligopolista ciò non è consentito, dato che egli può non
sapere con certezza quale quota della domanda di mercato gli spetta
[Zamagni, 1992].
Naturalmente questo non significa che il mercato oligopolistico non
raggiunga, nella realtà, una determinata configurazione, vale a dire che non
si stabiliscano una certa quantità ed un certo prezzo. Vuol dire, piuttosto,
che i valori di queste variabili non sono univocamente determinabili
314
Appendice B
mediante gli strumenti di analisi (curve di costo e curve di domanda) che
invece sono sufficienti nelle altre forme di mercato.
Come si vedrà, i fenomeni di interdipendenza sono di vario tipo. Per
trattarli, molti sono stati gli studi tendenti a ricavare i modelli di
comportamento più adeguati.
L’analisi, inizialmente impostata con l’ausilio degli strumenti
tradizionali già in uso per la concorrenza perfetta e il monopolio, è stata
successivamente generalizzata e potenziata con strumenti fondati sulla
teoria dei giochi, materia nata proprio per analizzare in astratto le situazioni
di interdipendenza strategica.
5.2 L’oligopolio simmetrico
È definito dalla presenza sul mercato di imprese dalla dimensione
essenzialmente simile.
Le imprese possono decidere il livello di produzione e lasciare che sia il
mercato a determinare il prezzo di vendita, oppure fissare il prezzo e
vendere qualunque quantità di prodotto venga richiesta a quel prezzo.
Al momento di effettuare le proprie scelte, ciascuna impresa non
conosce le decisioni prese dalle altre e, per poter prendere decisioni
ragionevoli, dovrà esprimere congetture circa le scelte delle altre.
L’interazione strategica avrà la forma di un gioco simultaneo.
Tra i modelli classici di oligopolio simmetrico, si accenna ora solo al
modello della determinazione simultanea delle quantità (modello di
Cournot).
Consideriamo che nel mercato operino n imprese, costituenti l’insieme
g, senza che altre abbiano possibilità di entrata.
Sia    PD  , con PD 
P
j g
gj
, la funzione inversa della domanda
complessiva, supposta nota, relativa ad un determinato periodo di tempo.
Poiché le imprese scelgono simultaneamente le proprie quantità, al
momento della decisione ogni impresa non conosce le quantità scelte dalle
altre; di conseguenza decide in base alle scelte che prevede che le altre
facciano.
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
315
Assumiamo che la j-esima impresa si aspetti che le altre imprese
producano le quantità Pge1 , Pge2 ,..., Pge, j 1 , Pge, j 1 ,...Pgen . Allora, essa decide di
produrre la quantità Pg j che massimizza il profitto:
 j ( Pge1 , Pge2 ,..., Pgen )   ( PD )  Pg j  CT j ( Pg j ) ,
ovvero la potenza Pg j ottenibile dalla relazione:
 ( PD )  Pg
j
d ( PD ) dPD dCT j ( Pg j )


0 .
dPD
dPg j
dPg j
(
33)
n
Nella (33) è PD  Pg j   Pgei .
i 1
i j
La funzione:
Pg j  f j ( Pge1 , Pge2 ,..., Pgej 1 , Pgej 1 ,..., Pgen ) ,
(34)
ricavata dalla (33), è detta curva di reazione: essa esprime, infatti, la scelta
ottima della j-ma impresa come funzione delle sue aspettative circa la scelta
delle altre imprese.
In modo analogo si comportano le altre imprese: ciascuna di esse decide
di produrre la potenza che massimizza il suo profitto assumendo un certo
livello di output delle altre. È generato, così, l’insieme delle curve di reazione:

Pg1  f1 Pge2 ,..., Pgen
...

P

Pg j 1  f j 1 Pge1 , Pge2 ,..., Pgej  2 , Pgej ,..., Pgen
Pg j 1  f j 1
...

e
g1
, Pge2 ,..., Pgej , Pgej  2 ,..., Pgen

Pg n  f n Pge1 , Pge2 ,..., Pg n 1 .


(35)
316
Appendice B
Si può dimostrare che esiste una soluzione di equilibrio (equilibrio di
Nash5) rappresentata dalla combinazione di potenza ricavabile dalla
soluzione del sistema delle curve di reazione:

Pg*1  f1 Pg*2 ,..., Pg*n
...



Pg*n  f n Pg*1 ,..., Pg*n 1 .
In altri termini, in equilibrio, ciascuna impresa massimizza il profitto,
date le aspettative circa la scelta di output delle altre. Tali aspettative si
realizzano in equilibrio: la scelta ottima di ciascuna impresa è uguale a
quella che le altre si aspettano. In equilibrio, nessuna impresa ritiene utile
variare l’output quando viene a conoscenza delle scelte effettive delle altre.
Si fa notare che nel caso di carico anelastico il modello non ha significato.
Come nel caso del monopolio, è possibile calcolare anche ora, per
ciascuna impresa, l’indice di Lerner. Stante la (33), si ha:
j 
   j  Pg PD



j
j  1,..., n .
(36)
L’indice, inversamente correlato, come in monopolio, all’elasticità della
domanda, è a parità di  (assunto diverso da zero e da infinito), tanto più
elevato quanto maggiore è la quota di mercato (market share) s j  Pg j / PD
acquisita dall’impresa. Esso mostra, poi, che, quando il numero di imprese
5
Sia n il numero di giocatori e si indichi con S j l’insieme delle strategie accessibili al giocatore
j-mo. Se H j è la funzione obiettivo (il cosiddetto pay-off del giocatore), si dice che il vettore ndimensionale
S*
è un equilibrio di Nash se, per tutte le j,

s*j  S j

e, per ogni
 .
s j  S j , risulta:
H j s1* , s2* ,..., s*j1, s j , s*j1,..., sn*  H j S *
*
In altri termini S è una soluzione di Nash se, tra le strategie accessibili ai giocatori, date le scelte
degli altri (n-1) giocatori, nessun giocatore può ottenere un risultato migliore scegliendo una strategia
diversa.
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
317
tende a crescere all’infinito, la configurazione di equilibrio tende alla
configurazione efficiente.
Moltiplicando la (36) per  Pg j PD e sommando per tutte le imprese,
l’indice di Lerner medio risulta:
n
P
j 1
gj
PD .
Pg j / PD

 Pg
  j

j 1  PD
n
2
 1
  .
 

(
37)
5.3 L’oligopolio asimmetrico
La seconda tipologia di oligopolio è quella caratterizzata dalla presenza
di un’impresa dominante, che è leader nella determinazione del prezzo o
della quantità.
Si tratta in questo caso di un gioco sequenziale.
La caratteristica precipua di un’impresa dominante è da ritenersi nel
grado di indipendenza delle strategie poste in essere da detta impresa, senza
essere condizionata dai rischi di reazione.
L’impresa dominante può essere leader di prezzo o leader di quantità, a
seconda che fissi il prezzo o la quantità.
Nel seguito si illustra il modello relativo alla leadership di prezzo.
Il modello prevede la coesistenza di un’impresa dominante leader di
prezzo e di un numero, più o meno grande, di piccoli produttori che si
comportano da price taker, massimizzando il profitto a prezzo dato e fissato
dal leader.
Se si indicano con Pt j la potenza offerta dal generico price taker e con
PDt (  ) e PDR (  ) le curve di domanda, rispettivamente, degli n price taker
aggregati e dell’impresa leader, il processo che porta alla determinazione
dell’equilibrio di mercato si sviluppa ricavando successivamente:
Pt j  f j (  )
j  1,..., n
(
38)
n
PDt (  )   Pt j
j 1
(39)
318
Appendice B
PDR (  )  PD (  )  PDt (  )
(40)
(
   ( PD ) .
41)
R
Nota la curva di domanda residua relativa all’impresa dominante, questa
determina la quantità Pg*R dalla relazione che esprime l’uguaglianza tra
ricavo marginale e costo marginale:
 ( Pg )  Pg
R
d ( Pg R )
R
dPg R

dCTR ( Pg R )
dPg R
0 .
(42)
Determinato Pg*R , si ricavano  * e quindi le Pt*j .
Il processo descritto è illustrato graficamente nella fig. B.20.
Sia  ( PDt ) la curva di offerta complessiva dell’insieme dei price taker,
ottenuta sommando orizzontalmente le curve del loro costo marginale e si
supponga che l’impresa dominante imponga il prezzo  0 . A quel prezzo le
imprese price-taker offriranno Pt0
e la domanda soddisfatta
complessivamente, determinata sulla curva  ( PD ) , sarà PD0 ; la quantità che
l’impresa dominante dovrà offrire sarà Pg R , 0  PD0  Pt0 .
Se PDR   indica la curva di domanda residua dell’impresa dominante,
ottenuta sottraendo l’offerta delle imprese price taker dalla domanda del
mercato per ogni livello di prezzo, e  la curva del suo costo marginale, è
possibile ottenere la curva del ricavo marginale R’. Il livello produttivo
ottimale per l’impresa dominante è quello in cui il suo costo marginale è
uguale al ricavo marginale, cioè PR1 ; per produrre fino a quel punto,
l’impre-sa dominante dovrà imporre il prezzo 1 ; così la produzione
complessiva dell’industria sarà PD1 e la quantità offerta dalle piccole
imprese sarà Pt1  PD1  PR1 .
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
319
FIG. B.20 Determinazione del prezzo e della quantità prodotta con il
modello dell’impresa dominante leader di prezzo
 PD 

 PD
t
1
R
'
 PD
R


0

Pt0
Pt1
Pg R ,1
Pg R , 0 PD1
PD0
PD
5.4 La collusione
Altra forma di interazione è quella collusiva: alcune imprese,
riconoscendo che l’interdipendenza strategica che le lega conduce ad un
equilibrio che non è ottimale per il loro comune interesse, possono operare
in maniera non conflittuale al fine di guadagnare insieme una posizione di
dominanza.
È una situazione questa che è un esempio di gioco cooperativo.
Il coordinamento della strategia d’impresa può essere esplicito, cioè
sancito attraverso accordi diretti (i cosiddetti cartelli), spesso segreti in
quanto in molti paesi non sono legali6; ma può essere anche tacito, cioè
derivante da comportamenti razionali individuali senza richiedere regole e
meccanismi vincolanti.
6
Act.
Come, ad esempio, negli USA ove sono ancora ufficialmente vietati dallo Scherman Antitrust
320
Appendice B
Si fa osservare che, a prima vista, la via più diretta per stabilire un
cartello sembra quella della fusione orizzontale tra imprese, che in tal modo
cessano di competere e agiscono come una sola unità, eliminando la rivalità
più efficacemente e stabilmente di quanto faccia la stessa collusione.
Ma occorre considerare che, sebbene, la fusione sia uno strumento
potenzialmente utilizzabile per assicurarsi il controllo del mercato, questa
può risultare anche in favore della concorrenza: una fusione tra piccoli
produttori può infatti contribuire a limitare il potere delle grandi imprese. In
secondo luogo, non è detto che una fusione che permetta ad una singola
impresa di possedere una quota rilevante del mercato si traduca
necessariamente nella capacità di quest’ultima di fissare prezzi a livelli
monopolistici [Petretto, 2002].
Se un cartello raggruppa tutti i venditori di un prodotto omogeneo, esso
è, di fatto, assimilabile ad un’impresa monopolistica con impianti multipli.
Se l’obiettivo è la massimizzazione dei profitti congiunti, allora, sotto certe
condizioni, il cartello può considerare la curva di domanda del mercato
come la sua curva di domanda e la somma orizzontale delle curve di costo
marginale delle singole imprese come la sua curva del costo marginale. A
questo punto il cartello procede a determinare quantità e prezzo applicando
la regola monopolistica che eguaglia costo marginale e ricavo marginale,
ripartendo poi tra le varie imprese la quantità così individuata secondo la
regola dell’uguaglianza dei costi marginali di tutte le imprese.
Considerando il caso di due imprese, esse, cioè dovrebbero scegliere i
livelli di output, Pg1 e Pg 2 , che massimizzano il profitto totale dell’industria:

 
 
max  PD   PD  CT1 Pg1  CT2 Pg 2
Pg1 , Pg 2
con il vincolo:
PD    Pg1  Pg 2 .
Le condizioni necessarie del primo ordine:

 
dC1 Pg1
dPg1
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami

321
 
dC2 Pg 2
dPg 2
  R' 
d PD 
PD   PD 
dPD
Pg1  Pg 2  PD  
mostrano appunto che, nell’ottimo, il ricavo marginale è uguale al costo
marginale di ciascuna delle due imprese. Se una delle due imprese ha un
vantaggio in termini di costo, per cui la curva del costo marginale si trova
sempre al di sotto di quella dell’altra impresa, nell’equilibrio corrispondente
alla soluzione di cartello produrrà necessariamente una quantità maggiore di
output.
In realtà, la cosiddetta distribuzione ideale della produzione
complessiva, ovvero dei profitti complessivi, tra i membri del cartello quasi
mai viene raggiunta nella pratica. Molto spesso l’allocazione viene decisa
sulla base del livello delle vendite passate, ovvero sulla base della capacità
produttiva del momento in cui l’accordo collusivo viene siglato. In altri casi
si seguono criteri di spartizione del mercato di natura geografica. In
generale, comunque, la ripartizione dei profitti è problema essenzialmente
conflittuale per la cui soluzione sono inevitabili laboriosi processi di
negoziazione. Per questa e simili ragioni i cartelli sono intrinsecamente
instabili.
Come è stato detto, il coordinamento delle strategie collusive d’impresa
può essere anche tacito7.
Incentivano la collusione tacita molti fattori, tra cui il grado di
trasparenza delle informazioni (quanto maggiore è la trasparenza sulle
principali variabili di mercato tanto più facile è modulare il proprio
comportamento tenendo conto della possibile reazione degli altri operatori),
la stabilità dell’offerta e della domanda, l’omogeneità del prodotto, la
simmetria delle imprese in termini di quote di mercato e di livello di
capacità produttiva.
7
Può essere intesa come collusione tacita anche la leadership di prezzo o di quantità.
322
Appendice B
I due possibili assetti ritenuti ugualmente collusivi da un punto di vista
economico (in quanto in grado di definire livelli dei prezzi superiori a quelli
competitivi) richiedono però diverse analisi ove si voglia valutare la
collusione in un’ottica antitrust, quindi di liceità o meno.
6. La concorrenza potenziale
Il concetto di concorrenza potenziale si afferma all’interno della teoria
dei mercati contendibili.
Secondo tale teoria, è contendibile un mercato caratterizzato dal fatto
che l’entrata è libera e l’uscita è assolutamente senza costi [Baumol et al.,
1982].
È presupposta quindi l’assenza di barriere all’entrata e all’uscita del
settore, sia di tipo legale e regolamentare, sia di tipo economico-finanziario.
Così, perché l’entrata sia libera, occorre che tutti i potenziali concorrenti
abbiano accesso alla medesima tecnologia di produzione; occorre inoltre che
i potenziali entranti possano valutare l’opportunità di entrata fondando la
loro decisione sulla certezza che il comportamento di chi già opera nel
mercato (incumbents) non vari, soprattutto nei riguardi delle politiche di
prezzo (come l’attuazione di politiche che tengano artificiosamente il prezzo
basso per poi innalzarlo successivamente).
Perché l’uscita sia libera, essa non deve comportare costi: possono
esserci economie di scala (e quindi costi fissi), ma devono essere assenti
investimenti strategici irrecuperabili (i cosiddetti sunk costs).
In un mercato contendibile una configurazione industriale è definita
sostenibile se esiste un vettore di prezzi ed un insieme di vettori di outputs,
uno per ogni impresa operante, tale che siano soddisfatte le seguenti
proprietà [Zamagni, 1992]:
a) la produzione complessiva uguaglia la domanda;
b) nessuna impresa incorre in perdite;
c) un potenziale entrante, che consideri fissi i prezzi delle imprese già
operanti, non ha convenienza ad entrare nel mercato.
Dalle definizioni di mercato contendibile e di configurazione industriale
sostenibile si trae che in tali mercati solo configurazioni sostenibili sono
anche di equilibrio. Infatti, in presenza di mercati contendibili, la non
sostenibilità di una certa struttura di mercato innescherebbe un processo di
entrata, con la conseguenza di alterare la configurazione industriale finale.
Mercati e variabili di mercato: alcuni richiami
323
Se le condizioni di contendibilità e di sostenibilità sono verificate,
l’operare della concorrenza assicura il conseguimento di risultati allocativi
ottimali.
Tale teoria si pone quindi come alternativa e/o come generalizzazione
del modello di concorrenza perfetta: all’assunzione di comportamento pricetaking, peculiare del regime di concorrenza perfetta, qui subentra l’enfasi
sul ruolo delle rapide entrate ed uscite dal mercato. Trattandosi di una
nozione di concorrenza potenziale, essa è compatibile anche con situazioni
di oligopolio e monopolio.
Se dunque le condizioni di contendibilità e sostenibilità sono verificate,
non è giustificato alcun intervento di regolazione diretto, ma soli interventi
volti ad impedire che gli incumbents possano sfruttare il loro di potere di
mercato.