L`INTERCULTURA 1. DA DOVE VENGO? All`inizio invito tutti ad

L’INTERCULTURA
1. DA DOVE VENGO?
All’inizio invito tutti ad alzarsi e a cercare nella stanza un oggetto – di loro proprietà o simbolico- in
grado di illustrare una caratteristica importante di se stessi. Una volta trovato l’oggetto si torna
seduti in cerchio.
A questo punto dispongo sul pavimento, nel mezzo del cerchio, un cartellone con al centro una foto
del Duomo di Novara e, in direzione dei quattro lati della fotografia, i simboli dei quattro punti
cardinali: Nord, Sud, Est e Ovest. Poi invito i partecipanti a depositare, uno alla volta, l’oggetto che
hanno scelto nel mezzo del cerchio, scegliendo un punto le cui coordinate geografiche
corrispondano a quelle del loro luogo di provenienza (es. parrocchia di Bellinzago, parrocchia di
Castelletto Ticino, ecc.). Mentre si deposita l’oggetto si spiega anche agli altri cosa rappresenta di
noi il tale oggetto. Dopodiché ciascuno dovrà scrivere su dei post-it ogni cosa che gli viene in mente
rispetto alle provenienze degli altri e appiccicarle sulla parrocchia di riferimento: ad es. “i
bellinzaghesi sono un po’ paesani”; oppure “i novaresi sono mangiatori di riso”… Ognuno è libero
di scrivere, in forma anonima e sincera, tutti i biglietti che desidera.
Quando tutti hanno terminato spiego loro che questa prima fase termina qui e che verrà ripresa
l’ultimo giorno. Il mio scopo infatti (che non dirò ora ai ragazzi) è quello di valutare se gli stereotipi
che si hanno verso gli abitanti di un paese differente dal proprio, mutano col passare dei giorni in
cui si trascorre del tempo insieme.
2. GLI STEREOTIPI
Per introdurre il tema degli stereotipi utilizzo la tecnica della cipolla: costruisco una palla (la
cipolla) con carta di giornale in cui inserisco dei biglietti fra gli strati. Metto la musica (un po’
africana, un po’ araba, un po’ italiana, un po’ americana…) e faccio girare la cipolla nel senso del
cerchio (senza mai saltare il vicino). Quando interrompo la musica, colui che ha in mano la cipolla ,
toglie il primo strato, legge ad alta voce il biglietto ed esprime il suo parere ( è d’accordo o
contrario al contenuto del biglietto?) .
Ecco la lista dei biglietti:
a) La condizione della donna, nei paesi islamici, è di netta inferiorità rispetto all’uomo su tutti i
piani.
b) In Europa e negli Stati Uniti le donne hanno le stesse opportunità di scelta e di realizzazione
personale degli uomini.
c) Gli ebrei sono particolarmente portati per gli affari e gli investimenti finanziari.
d) Gli albanesi sono piuttosto violenti.
e) I francesi sono un popolo molto romantico.
f) I genovesi sono piuttosto avari.
g) Gli spagnoli sono molto confusionari e simpatici.
h) Gli abitanti del Mediterraneo sono persone socievoli, passionali ed accoglienti.
i) I milanesi sono senza dubbio precisi ed efficienti, ma un po’ antipatici.
j) I napoletani sono amichevoli, ma piuttosto chiassosi e un tantino imbroglioni.
k) I siciliani sono gentili, ma piuttosto gelosi delle loro donne.
l) I popoli europei sono fortunati: vivono in democrazia e sono ricchi e sviluppati.
Segue una discussione generale sulle frasi lette. In realtà, molte delle affermazioni lette, fanno
ormai parte stabilmente dell’immaginario collettivo e occorre fare qualche riflessione per non
correre il rischio di percepirne qualcuna come vera. Naturalmente sono tutte generalizzazioni, che
hanno prodotto stereotipi consolidati ed hanno lo stesso valore statistico delle affermazioni che
capita di ascoltare sugli italiani: “Gli italiani sono un popolo di evasori fiscali”; “La famiglia per gli
italiani è tutto”; “Gli italiani la mentalità mafiosa ce l’hanno dentro”.
A questo punto introdurrei la differenza fra stereotipo e pregiudizio e i pericoli di cui sono portatori.
VARIANTE: se il tempo disponibile è poco, posso far pescare i biglietti da un cappello contenitore,
anziché utilizzare la cipolla..
3 DALLA TEORIA ALLA PRATICA: L’INCIDENTE CRITICO
Margalit Cohen-Emerique, dottore e ricercatrice in psicologia sociale, esperta di relazione e
comunicazione interculturale, si occupa da molti anni dell'immigrazione e delle sue differenti
manifestazioni. Le sue ricerche dimostrano che, nell'approccio interculturale, le conoscenze teoriche
dell'Altro non sono sufficienti, per due ragioni che qui riassumiamo.
a) Il percorso alla scoperta dell'Altro è troppo spesso marchiato da stereotipi (tipo: "gli africani sono
grandi amatori della musica e della danza"). Capita di proiettare meccanicamente su un individuo o
su un gruppo le conoscenze a volte troppo scarne che si hanno della sua cultura, senza tener conto
del carattere unico della sua persona. Questo avviene specialmente quando ci si sente
colpiti/minacciati nella propria identità, e si reagisce emotivamente, replicando, magari
aggressivamente, e riaffermando le false immagini che si hanno dell'Altro. Il conflitto è allora
inevitabile. Così, l'approccio che si limita a diffondere informazioni sullo Straniero è insufficiente:
l’accento deve essere messo sulla relazione tra me e l’Altro.
b) Si ritiene che l'incontro interculturale sia tra culture e identità nazionali. In realtà a entrare in
contatto sono le persone, le persone portatrici di culture tra loro differenti.
Il modo di procedere che propone Margalit Cohen-Emerique si basa sul presupposto che in tutti gli
incontri interculturali ci sono degli attori in gioco che sono tutti portatori di cultura. Nell'interazione
con l'altro-diverso c'è la possibilità di vivere o di provocare degli "shock culturali" che bisogna
imparare ad attutire, a disinnescare. L'altro, proprio in virtù della sua più o meno marcata diversità,
rappresenta una minaccia identitaria per cui ciascuno reagisce di “pancia” di fronte ad alcuni
comportamenti dell’altro che mettono in discussione o sembrano attaccare alcuni pilastri valoriali
dell’identità (es.: la libertà dall'individuo, il ruolo della donna nella famiglia e nella società;
l'educazione dei figli; ecc.). Allora essere interculturali significa anche e soprattutto saper gestire le
proprie emozioni, sospendere il giudizio e interrogarsi/interrogare l'altro, facendo lo sforzo di
andare a capire il proprio quadro di riferimento culturale e quello dell'altro.
Margalit Cohen-Emerique, attraverso l’incidente critico rappresenta esempi di situazioni
interculturali nel quotidiano, caratterizzate da incomprensioni e da shock culturali provocati o subiti
(che quindi hanno visto l'assenza del modo di procedere interculturale) nei quali si cercherà di
affrontare ciò che riguarda la rappresentazione delle differenze e del cambiamento culturale. Questi
tratti culturali (personali, familiari, professionali, nazionali, di classe, ecc.) non sono fissati una
volta per tutte. Essi evolvono, si accentuano o si ammorbidiscono secondo i contesti, seguendo il
filo delle storie personali, degli incontri realizzati, delle scelte fatte, sempre con la storia delle
relazioni tra i popoli come tela di fondo. Che gli shock culturali succedano non deve stupire
nessuno. Ma l’inventario dei fatti che ne stanno alla base è ampio. Così lo shock può diventare fonte
di apprendimento e di nuova attribuzione di senso a condizione di essere convenientemente
analizzato. Perché è in tali situazioni di attrito che alcuni tratti fondamentali (e non sempre
coscienti) della propria cultura emergono e si chiariscono, così conia la comprensione di chi siamo
noi.