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Pubblicato il 02 Aprile 2017
Nel Teatro Nuovo di Ferrara si celebra con convinzione la Piccola Lirica
Operetta che passione!
servizio di Edoardo Farina
FERRARA - La programmazione invernale 2016/17 del Teatro Nuovo, edificio capolavoro dello stile
lib erty del secolo scorso, è oramai quasi terminata avendo visto in agenda diversi intrattenimenti
volti per lo più al musical, al cabaret o alla musica moderna. Curati dal direttore artistico Cinzia
Bonafede, nell’esporre la conferenza stampa d'inizio stagione aveva assicurato la futura buona qualità
degli spettacoli seguendo personalmente il periodo, cercando di dare allo storico teatro interamente
ristrutturato e tornato al suo antico splendore per quanto finalmente si merita. E a riprova, ci è riuscita
perfettamente ancora una volta soprattutto con tre interessanti proposte riguardanti il genere
dell’operetta inserita nelle serate dell’11 dicembre scorso, poi del 29 gennaio e 5 febbraio 2017.
L’Operetta è una forma teatrale musicale leggera, spensierata e sempre a lieto fine, nata verso la
seconda metà dell’800 con il debutto di “La Rose de Saint-Flour” composta nel 1856 dall’ebreo tedesco naturalizzato
francese Jacques Offenbach, “rivale” del compositore Florimond Ronger detto Hervé . Divenuta celebre più esattamente nel
1860, dapprima in Francia e successivamente in Austria ove fu portata alla massima espressione da Johann Strauss figlio
e, in pieno Novecento da Franz Lehár rappresenta il meglio della Belle Epoque, collocatasi in un periodo storico brillante ed
estremamente positivo, destinato a concludersi prematuramente con l’avvento della Prima Guerra Mondiale.
Ebbe dunque vita breve ma tra i suoi eredi si possono
annoverare gli spettacoli di varietà o rivista e il moderno
musical , che differiscono dal più tradizionale melodramma
per l'alternanza sistematica di brani musicali e parti
dialogate, genere spesso considerato frivolo e dal facile
effetto in contrasto e conflitto perenne con l’Opera, ove la
peculiarità non consiste nella presenza di parti recitate e di
trame complesse e inverosimili, né dalla sua sfarzosa
cornice scenica o nel gusto della parodia. Ciò che la
caratterizza è la vivacità musicale, l'immediata godibilità e,
soprattutto, l'aspetto coreografico: infatti sono proprio le
danze a costituire il nucleo fondamentale dello spettacolo e
ad esercitare sugli spettatori un interesse quasi estremo.
D'altra parte essa si identifica in modo particolare in un
gusto ed una dimensione culturale, quella della borghesia
francese, mitteleuropea e austro ungarica fin de siecle , con
la sua predilezione per le storie sentimentali ambientate
nella buona società del tempo. Sotto questo aspetto è
altrettanto vicina alla prosa o al genere del vaudeville,
anche se nell'Europa centrale, il teatro d'opera leggero o
comico presentava già in precedenza una simile alternanza
di canto e recitazione nell'opéra-comique e del singspiel .
L’Operetta torna quindi a Ferrara dopo anni di silenzio, e lo
fa con la presentazione di performance di altissimo livello,
partendo dalla ”Vedova Allegra” di Franz Lehár, da sempre il
primo e più importante titolo della storia di questa forma di
spettacolo, basti pensare che è a tutt’oggi uno dei più
rappresentati nelle stagioni teatrali di tutto il mondo, quasi
sinonimo dell’operetta stessa. Ambientata a Parigi, inizio
Novecento, all’Ambasciata del Pontevedro dove si sta
svolgendo la festa di compleanno dell’amato Sovrano:
l’attenzione è però concentrata sull’arrivo della giovane,
bella e ricca vedova del banchiere di Corte, Hanna Glavari ,
il cui fascino, unito all’immensa eredità, ha stregato molti giovani parigini. Per ragioni di stato, si deve procurare un marito
alla ricca ereditiera e il fatto che l’aspirante a tale compito sia Danilo, un uomo di vita, non semplifica certo il piano dei
diplomatici pontevedrini.
Grande impegno artistico sul palco da parte della “Compagnia Teatro Musica del Novecento”, formatasi nel 1995 a Reggio
Emilia per iniziativa di un gruppo di artisti affermati in campo teatrale lirico ed operettistico con importanti esperienze
maturate nelle più prestigiose Compagnie d’Operetta e di prosa, nonché in importanti Enti Lirici. Incoraggiata dai calorosi
consensi riscossi con la sua prima produzione della stessa “Vedova Allegra”, la Compagnia ha intrapreso un percorso di
ricerca, valorizzazione e modernizzazione nell’ambito del genere preposto ove nel cast brillano particolarmente Alessandro
Brachetti e Olga Kromov, supportati dalle coreografie di Salvatore Loritto per le scene, e i costumi di Artemio Cabassi.
Dopo il debutto nel 2005 di “Ballo al Savoy” di Paul Abraham, ambientato negli anni ’30 concretizzando un impegno atto ad
aprirsi ad uno stile più vicino al Musical, la Compagnia decide di affrontare le grandi pagine dell’operetta francese di Jacques
Offenbach: “La Vie Parisienne” e “La Belle Hélène”. Seguono “Fiore d’Hawaii” ancora di Abraham, “La Danza delle Libellule”
di Lehár, “La Bajadera” di Emmerich Kálmán, titoli meno rappresentati ma allo stesso tempo veri capolavori, spesso
trascurati a favore dei più celebri titoli operettistici. Elemento sicuramente distintivo della Compagnia è la musica dal vivo
essendo infatti una delle pochissime in Italia in grado di vantare la presenza dell’orchestra in ogni suo spettacolo grazie alla
stretta collaborazione con l’”Orchestra Cantieri d’Arte”. “Cin-Ci-Là”, “Al Cavallino Bianco”, “La Principessa della Czarda”,
“Scugnizza” e “L’Acqua Cheta”, sono solo alcuni dei titoli di punta che l’hanno portata ad esibirsi nelle migliori piazze e teatri
d’Italia in più di venti anni di piena attività, ciò che fin da subito ha connotato la formazione reggiana, fortemente apprezzata
dalle platee e dalla critica fornendo una visione corale dello spettacolo, in cui tutti gli elementi, creando una peculiare
caratterizzazione di specifico rilievo, in virtù anche di sapienti piccoli ritocchi in chiave più moderna ai copioni tradizionali.
Con il successivo appuntamento “Gran Galà dell’Operetta”, interprete principale il soprano Elena D’angelo in duo con il
tenore Alessandro Dimasi supportati dal pianoforte di Andrea Albertini, abbiamo assistito ad una divertente cronistoria
ponendosi soprattutto come atto d’amore verso questa forma di teatro musicale, sempre molto amata e oggetto ultimamente
di una notevole riscoperta. Un viaggio a ritroso nel tempo, in un mondo di fiaba animato da granduchesse e fiumi di
champagne, ussari a cavallo e giapponesine innamorate, misteriose leggende di carillon e campanelli, uomini in frac e
violini tzigan , quindi le arie più belle, i duetti e le scenette tratte dalle famose operette amate dal pubblico.
Caratterista fondamentale dello spettacolo è stata la sua forma interattiva, interessando i numerosi spettatori presenti in sala
attraverso la straordinaria capacità espressiva di Elena D’angelo, con al seguito decine di abiti uno più sfarzoso dell’altro, nel
coinvolgere assolutamente tutti, grandi e piccini ponendo domande curiose, raccontando aneddoti, storielle divertenti e
appassionanti. Il primo interrogativo che ci si è posto nell’assistere ad una performance per così dire “in miniatura” gestita da
soli tre artisti, è stato come fossero in grado di compiere tutto ciò… e lo chiedo a lei stessa, rispondendomi:
- Un’operetta eseguita solamente in tre rappresenta sicuramente una sfida, dal momento in cui due voci e un pianoforte non
sono di sicuro pari ad un cast scenico teatrale o un’orchestra, mancando anche le danze, però se b en coordinata come
ab b iamo cercato sempre di fare nei recitativi e nei dialoghi, direi che funziona sempre piacevolmente creando uno
straordinario senso dell’intrattenimento davvero molto coinvolgente…! Poi, aggiungo, il Teatro Nuovo è particolarmente
adatto alle scenografie d’epoca in quanto è stato edificato proprio durante il massimo splendore della commedia musicale,
rappresentando quindi una cornice autentica.
- Operetta che passione, quindi... ! Come nasce in lei l’interesse per questo genere musicale raramente proposto nelle
comuni stagioni teatrali?
- Ho iniziato ad occuparmene sino dagli inizi della carriera concertistica, per un gusto assolutamente personale ed estetico
cercando di dare credib ilità ad una forma d’arte spesso ingiustamente estromessa rispetto alle altre tipologie normalmente in
cartellone, prob ab ilmente anche a causa del repertorio particolarmente ristretto o per lo meno in parte sconosciuto tolti i
classici noti a tutti. In Italia dopo la prematura scomparsa di Sandro Massimini, il genere purtroppo ha sub ìto un certo
ab b andono, come tale il nostro impegno è cercare di recuperare una forma d’arte deliziosa dall’esecuzione a volte però
assai difficile anche per via e dell’allegria estrema e incondizionata che occorre costantemente trasmettere.
Arie e duetti tratti dalle pagine più note anche dalle meno conosciute come “La danza delle libellule”, “Madame di Tebe”, “Il
Paese del sorriso”, seppure in versione poutpourri , non hanno mai annoiato neppure per un istante, trasportandoci nel
secolo romantico brillantemente gestito dalla splendida Elena e dalla corposa voce di Alessandro Dimasi, supportati dagli
accompagnamenti pianistici e sketch di Andrea Albertini, regalandoci un pomeriggio di totale spensieratezza.
Ma è con l’ultimo appuntamento, “Il Paese dei Campanelli” che è stato raggiunto il tutto esaurito, altro capolavoro e pietra
miliare per antonomasia del teatro inizio secolo scorso. La Compagnia “Le Delizie Armoniche” diretta da Sandra Mongardi,
di provenienza emiliana tra i comuni di Bologna e Ferrara, si è particolarmente distinta anche grazie alla presenza e regia di
Cristina Miriam Chiaffoni, già nota al grande pubblico tra l’altro per la collaborazione pubblicitaria televisiva di vari prodotti
dolciari in duo con il celebre attore cinematografico Antonio Banderas.
Una delle ultime operette della storia, fu composta nel 1923 in tre atti da Carlo Lombardo con la musica di Virgilio Ranzato ed
andata in scena con successo il 23 novembre del medesimo anno al Teatro Lirico di Milano diretta dallo stesso autore con
gli allora protagonisti Lina Di Sambon, Dina Evarist, Piero Zacchetti, Riccardo Massucci e Carlo Rizzo.
L’intreccio è molto semplice e ruota intorno ad una vicenda di incroci multipli di coppie, peraltro trattata con leggerezza e
bonaria ironia: in una località olandese governata da un borgomastro e consiglieri comunali creduloni, le abitazioni hanno
sopra la porta un campanello magico inattivo da sempre ma per motivi misteriosi secondo una leggenda potrebbe suonare
nel caso in cui all’interno della casa l’angelo del focolare cadesse nella tentazione di compiere un adulterio. Le cose si
complicano quando al porto approda una nave di aitanti marinai, presto conquistati dalle signore del villaggio allietate dalla
novità. I campanelli cominciano a fare il loro dovere allertando la popolazione maschile che potrà a sua volta rifarsi quando
con un’altra nave, giungeranno in paese le mogli dei marinai le quali, prima di riprendersi i maritini, potranno ripagarli di
egual moneta concedendosi una vacanza di distrazione con gli abitanti del luogo. Lo scampanellio, a quel punto, sarà totale,
la quadratura del cerchio e il lieto fine complice la languidezza della musica sono dietro l’angolo.
Ottima interpretazione di tutti i personaggi dotati di effettiva credibilità coordinati sempre dalla Chiaffoni nel ruolo di
Pomerania, Elena Carlini coreografie e perfettamente inserita nella figura capricciosa, spigliata e maliziosa di Bon Bon.
Monica Malagolini nel simpatico ruolo di Bertha, Mara Paci nelle vesti di Nela, Simone Mastria è La Gaffe, Enrico Zagni il
Capitano Hans, ancora Nilo Grotti, Massimiliano Costantino nei panni dei marinai pasticcioni per citarne solo alcuni; poi
l’Ensemble dei Colli Morenici, tutti insomma in grado di svolgere una recitazione dinamica ma al tempo stesso gestita con
grazia ed eleganza come si usava allora, dotati di ritmo, sicurezza e coerenza nei dialoghi senza dubbi e mancanze
nonostante la compagnia si definisca dal carattere amatoriale, ma a giudicare dal risultato ottenuto non farebbe mai
pensare ad una collocazione artistica limitata o tecnicamente inesperta, complice una scenografia decisamente sopra le
righe senza alcun dubbio superiore ad ogni aspettativa e dal divertimento assicurato.
Orchestra sul palco costituita da sette elementi tra archi e fiati con accompagnamento al pianoforte del Maestro concertatore
Carlo Ardizzoni, hanno saputo fare il resto nelle pregevoli esecuzioni de “Il duetto del ricamo, Il fox-trot dei campanelli, Il fox
della luna” tra i brani più noti, ricostruendo assai egregiamente l’atmosfera e le sonorità di allora in modo incondizionato e
filologico.
Crediti fortografici: Ufficio stampa del Teatro Nuovo di Ferrara
Nella miniatura in alto: il soprano Elena D'angelo, protagonista assoluta del "Gran Galà dell'Operetta"
Al centro: Cinzia Bonafede, direttore artistico del Teatro Nuovo di Ferrara
Sotto, in sequenza: la Compagnia Teatro Musica del Novecento e la Compagnia Le Delizie Armoniche