Università degli Studi di Roma “Sapienza” Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Dipartimento di Fisica Dissertazione Laurea Triennale Dinamica Hamiltoniana-Relativistica sul Fronte-Luce Relatore: Prof. Giovanni Salmè Candidato: Riccardo Biondi matricola 1153954 Anno Accademico 2008-2009 Indice 1 Introduzione 1 2 Richiami di Relatività 2 3 Il Gruppo di Poincaré 5 4 Invarianza Relativistica in Meccanica Quantistica 4.1 Operatori di Casimir . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 12 5 Forme di Dinamica Hamiltoniana-Relativistica 5.1 La Forma Istante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.2 La Forma Fronte (Fronte-Luce) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3 La Forma Punto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 16 16 17 6 I Boost sul Fronte-Luce 18 7 Il Momento Angolare sul Fronte-Luce 20 8 Conclusioni 22 0 Capitolo 1 Introduzione In un articolo fondamentale del 1949, P. A. M. Dirac [1] gettò le basi per costruire una teoria quantistica-relativistica per un sistema interagente e con un numero fisso di costituenti, utilizzando il linguaggio Hamiltoniano, offrendo cosı̀ uno strumento teorico da affiancare a quello basato sulla matrice di scattering. Come è ben noto, la Matrice S è l’ingrediente fondamentale della Teoria Relativistica dei Campi (dove i gradi di libertà sono infiniti). In particolare, l’interesse per una formulazione Hamiltoniana di una teoria quantistica-relativistica, risiede nel fatto che in linea di principio si può affrontare in modo non perturbativo la descrizione di un sistema interagente, legato. Infine, va ricordato che il formalismo Hamiltoniano, seguendo Dirac, risulta il più appropriato per introdurre una descrizione quantistica di un sistema, attraverso la sostituzione delle parentesi di Poisson con il corrispondente commutatore, cioè [A, B]P P → i (AB − BA) h̄ Allora, le equazioni del moto di Hamilton, scritte in termini di parentesi di Poisson, diventano quelle di Heisenberg, a meno di un fattore i/h̄, ed utilizzando il principio di corrispondenza: variabili dinamiche → operatori. In questa dissertazione si presenterà brevemente uno dei possibili approcci suggeriti da Dirac, la cosiddetta Dinamica Hamiltoniana-Relativistica sul Fronte-Luce 1 poiché, tale approccio permette, da una parte di inglobare la descrizione della diffusione profondamente anelastica e dall’altra di sviluppare un analisi fenomenologia accurata sia in Fisica Nucleare che in Fisica Adronica, fino alle recenti applicazioni alla QCD non perturbativa, approssimata come una teoria di gauge che gode della simmetria conforme[2]2 . Seguendo la presentazione del materiale esposto in questa Dissertazione offerta dai lavori di rassegna [3] e [4], dopo alcuni richiami di relatività speciale, si illustrerà il “Gruppo di Poincaré”, e quindi si procederà, sulla base del teorema di Wigner sulle rappresentazioni unitarie irriducibili del “Gruppo di Poincaré”[5], a trasferire il concetto di invarianza relativistica nella meccanica quantistica. Di grande rilievo sarà la separazione dei generatori del “Gruppo di Poincaré” in generatori cinematici e generatori dinamici (o Hamiltoniani) che producono l’evoluzione temporale dello stato quantistico, a partire da una data ipersuperficie iniziale. 1 Il Fronte-Luce, come spiegato in dettaglio nel seguito, è l’ipersuperficie su cui descrivere lo stato iniziale del sistema interagente. 2 Le trasformazioni conformi lasciano invariato l’angolo tra due versori 1 Capitolo 2 Richiami di Relatività In generale le leggi della Fisica devono sottostare al principio di relatività nella sua forma più generale che prevede anche la presenza del campo gravitazionale e la trattazione degli effetti che questo induce sulla metrica dello spazio-tempo. Tuttavia, su scala atomica l’influenza del campo gravitazionale è del tutto trascurabile. Quindi durante la seguente trattazione ci limiteremo ad usare la teoria della relatività speciale governata dall’omonimo principio. Il principio di relatività speciale stabilisce che non c’è niente nelle leggi della Fisica che ci permette di distinguere un sistema di riferimento inerziale dall’altro. Seguendo l’articolo di rassegna [4] si può affermare che: Un sistema soddisfa il principio di relatività speciale, se i valori delle grandezze, scalari, che lo descrivono sperimentalmente, non variano con il riferimento inerziale dove vengono eseguite le misure. Una teoria è consistente con la relatività speciale se le predizioni ottenute nell’ambito della suddetta teoria per un dato esperimento, rimangono invariate passando da un riferimento inerziale ad un altro. Come è ben noto il principio di relatività speciale conduce alla teoria della relatività speciale di cui daremo un breve cenno. In questa teoria si lavora in uno spazio quadri-dimensionale nel quale tre delle quattro dimensioni x1 , x2 e x3 rappresentano le usuali coordinate spaziali mentre la componente x0 rappresenta la coordinata temporale (nel seguito porremo la velocità della luce c = 1). Il prodotto scalare tra due vettori è definito da x · y = xµ y ν gµν (2.1) dove gµν è detto tensore metrico. Nella relatività speciale si usa la metrica di Minkowski per la quale il tensore metrico non ha segno definito. In questa dissertazione si userà la convenzione: 1 0 0 0 0 −1 0 0 gµν = 0 0 −1 0 0 0 0 −1 In uno spazio tempo piatto si ha: gµν = gνµ = g µν Le coordinate xµ sono dette controvarianti, mentre le coordinate xµ sono dette covarianti e sono legate le une alle altre dalle relazioni: xµ = gµν xν (2.2) xµ = g µν xν (2.3) 2 Una trasformazione di Lorentz omogenea è una trasformazione lineare delle coordinate che lascia invariato il prodotto scalare, Eq. (2.1), del tipo x′µ = Λµ ν xν (2.4) dove Λµ ν è una matrice 4×4. Il gruppo di tutte le trasformazioni che hanno questa proprietà è chiamato: Gruppo di Lorentz Omogeneo L’invarianza della (2.1) implica che x·y = x′ ·y ′, cioè: gµν x′µ y ′ν = gρσ xρ y σ gµν Λµ ρ xρ Λµ σ y σ = gρσ xρ y σ (2.5) da cui si ottiene la relazione che deve essere soddisfatta dalle matrici di trasformazione, cioè gµν Λµ ρ Λµ σ = gρσ (2.6) Questa equazione matriciale corrisponde a 16 equazioni e impone 10 vincoli alla Λµ ν , data simmetria del tensore metrico, perciò si avranno 6 parametri liberi. Ciò significa che per identificare univocamente una trasformazione di Lorentz occorrono 6 parametri. la (2.6) può essere scritta anche come: Λν α Λν σ = δ α σ ⇒ Λν α = (Λ−1 )α ν (2.7) Dal determinante della (2.6) si ottiene: (det Λ)2 = 1 cioè: det Λ = ±1. Da questo si deduce che esistono due sottogruppi di trasformazioni di Lorentz: Il primo, con det Λ = +1, è il gruppo speciale ortogonale nello spazio di Minkowski, SO(3, 1), che contiene come sottogruppo (vedi più sotto) il gruppo proprio di Lorentz, formato dalle trasformazioni che si connettono con continuità alla identità, mentre il secondo con: det Λ = −1 contiene trasformazioni o con inversione temporale o con inversione di parità. Dalla (2.6) risulta inoltre che (Λ0 0 )2 = 1 + (Λ0 1 )2 + (Λ0 2 )2 + (Λ0 3 )2 .Questo ulteriore risultato porta a suddividere i due sottogruppi precedenti, ciascuno in altri due sottogruppi corrispondenti a Λ0 0 ≥ 1 e Λ0 0 ≤ −1. Le trasformazioni di Lorentz aventi det Λ = +1 e Λ0 0 ≥ 1 formano il gruppo che si indica con il simbolo L↑+ , ed è chiamato gruppo proprio di Lorentz. D’ora in poi ci occuperemo solo delle trasformazioni appartenenti a questo gruppo. Vogliamo ora costruire in modo esplicito la matrice Λ. Consideriamo una trasformazione di Lorentz infinitesima della forma: x′µ = (δ µ ν + ω µ ν )xν (2.8) quindi: Λµ ν = δ µ ν + ω µ ν , dove ω µ ν è un tensore infinitesimo Applicando la (2.6) si ha: gµν (δ µ ρ + ω µ ρ )(δ ν σ + ω ν σ ) = gρσ gµν (δ µ ρ δ ν σ + δ µ ρ ω ν σ + ω µ ρ δ ν σ + ω µ ρ ω ν σ ) = gρσ (2.9) L’ultimo termine tra parentesi è un infinitesimo di ordine superiore e può essere trascurato. 3 gρσ + gµν δ µ ρ ω ν σ + gµν ω µ ρ δ ν σ = gρσ ωµσ δ µ ρ + ωνρ δ ν σ = 0 ⇒ ωµν = −ωνµ (2.10) Quindi la matrice ω deve essere antisimmetrica (ω = −ω T ). Dato che gli elementi diagonali di una matrice antisimmetrica sono necessariamente nulli e che stiamo lavorando in uno spazio a 4 dimensioni, ω ha solo 6 elementi non nulli invece di 16. I sei parametri indipendenti che descrivono una trasformazione di Lorentz omogenea, sono in corrispondenza con i 6 elementi di ω non nulli. Si può ottenere una trasformazione di Lorentz finita applicando N volte quella infinitesima: x′ = lim (I + ω)N x = lim (I + N →∞ N →∞ L N ) x = eL x = Λ x N (2.11) dove L è una matrice 4x4 a traccia nulla poichè det Λ = +1. La matrice L è composta da una parte antisimmetrica spaziale, che corrisponde alle usuali rotazioni in un riferimento inerziale fisso, e da una parte simmetrica spazio-temporale che corrisponde ad un trasformazione chiamata boost, cioè una trasformazione di Lorentz che che collega due sistemi di riferimento inerziale in moto tra loro. Detto questo, L si può scrivere come: ~ J+~ ~ α·K) ~ ~ · J~ + α ~ ⇒ Λ = e−i(φ· L = −i(φ ~ · K) (2.12) Dove le matrici Ji sono i generatori delle rotazioni intorno all’asse i-esimo. Invece le matri~ eα ci Ki sono i generatori dei boost relativi all’i-esimo asse spaziale. I tri-vettori φ ~ sono costanti e le loro componenti sono i 6 parametri che definisco la trasformazione di Lorentz. Dunque la più generale trasformazione di Lorentz è composta da rotazioni spaziali e da boost. I sei generatori 0 0 J1 = 0 0 0 i K1 = 0 0 hanno la seguente rappresentazione quadri-dimensionale: 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 −i 0 0 0 i 0 0 0 J3 = J2 = 0 i 0 0 0 0 0 0 0 −i 0 0 0 0 −i 0 0 0 i 0 i 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 K2 = i 0 0 0 0 0 i 0 0 0 0 0 0 0 0 0 K3 = 0 i 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 i 0 0 0 (2.13) (2.14) e seguono le seguenti regole di commutazione: [J i , J k ] = iǫikl J l [K i , K k ] = −iǫikl J l [J i , K k ] = iǫikl K l (2.15) con ǫ123 = + 1 e ǫ123 = − 1. Queste regole di commutazione verranno dimostrate nel Capitolo 4. Si nota che i generatori J i soddisfano le stesse regole di commutazione del gruppo SU(2), come aspettato. 4 Capitolo 3 Il Gruppo di Poincaré Il gruppo di Poincaré riveste un ruolo fondamentale nella classificazione degli stati di singola particella nella Meccanica Quantistica Relativistica. Se aggiungiamo un termine aν alla trasformazione omogenea di Eq. (2.4) si ha x′µ = Λµ ν xν + aν (3.1) Questa trasformazione inomogenea lascia invariata la forma differenziale ds2 = gµν dxµ dxν ,e viene detta: trasformazione di Lorentz inomogenea. Può essere indicata in modo conciso tramite la coppia ordinata (Λ, a). Essa dipende da 10 parametri reali ed indipendenti in quanto è combinazione di una trasformazione di Lorentz omogenea Λ (che ha 6 parametri liberi) e una traslazione spazio-temporale aµ descritta da 4 parametri reali costanti, ovvero il prodotto cartesiano del gruppo di Lorentz e del gruppo delle traslazioni nello spazio di Minkowski. L’insieme delle trasformazioni di Lorentz inomogenee costituisce un gruppo che viene chiamato: Gruppo di Poincaré.[6] Mostriamo ora che le trasformazioni che si possono scrivere nella forma (3.1) soddisfano le proprietà di gruppo: 1. Esistenza di una legge di composizione interna: date due trasformazioni: (Λ1 , a1 ) (Λ2 , a2 ) La loro composizione è ancora un elemento del gruppo: x′ = (Λ1 , a1 ) x x′′ = (Λ2 , a2 ) x′ x′′µ = Λµ2 ν (Λν1 ρ xρ + aν1 ) + aµ2 = Λµ2 ν Λν1 ρ xρ + Λµ2 ν aν1 + aµ2 → (Λ2 Λ1 , Λ2 a1 + a2 ) Quindi: (Λ2 , a2 )(Λ1 , a1 ) = (Λ2 Λ1 , Λ2 a1 + a2 ) (3.2) 2. Esistenza dell’elemento neutro: La trasformazione identità (I,0) è un caso particolare di trasformazione di Lorentz inomogenea e quindi appartiene al gruppo di Poincaré ed è l’elemento neutro del gruppo. 3. Esistenza dell’elemento inverso: x′µ = Λµ ν xν + aν ⇒ Λµ ν xν = x′µ − aν 5 Moltiplichiamo entrambi i membri per (Λ−1 )ρ µ : xρ = (Λ−1 )ρ µ x′µ − (Λ−1 )ρ µ aµ → (Λ−1 , −Λ−1 a) Quindi: (Λ, a)−1 = (Λ−1 , −Λ−1 a) (3.3) Una traslazione è data semplicemente da: x′µ = xν + aν → (I, a) mentre le usuali trasformazioni di Lorentz della relatività speciale si esprimono nella forma: x′µ = Λµ ν xν → (Λ, 0). Mostriamo ora che le traslazioni e le trasformazioni di Lorentz non commutano, cioè: (I, a)(Λ, 0) 6= (Λ, 0)(I, a) Per dimostrarlo, applichiamo ad uno stesso quadri-vettore le trasformazioni che appaiono a destra e a sinistra. Iniziamo con (I, a)(Λ, 0) ′′µ x x′µ = Λµ ν xν = x + aµ = Λµ ν xν + aµ → (Λ, a) ′µ Quindi, una trasformazione di Lorentz seguita da una traslazione spazio-temporale corrisponde alla trasformazione di Poincaré indicata dalla coppia ordinata seguente: (I, a)(Λ, 0) = (Λ, a). Ora applichiamo la trasformazione a sinistra: (Λ, 0)(I, a) ′′µ x x′µ = xν + aµ = Λ ν x = Λµ ν (xν + aν ) = Λµ ν xν + Λµ ν aν → (Λ, Λa) µ ′ν In questo caso abbiamo:(Λ, 0)(I, a) = (Λ, Λa) Confrontando con il risultato precedentemente ottenuto si dimostra quanto voluto: (I, a)(Λ, 0) = (Λ, a) 6= (Λ, 0)(I, a) = (Λ, Λa) D’ora in poi come era già stato fatto per le trasformazioni di Lorentz, indicheremo come gruppo di Poincaré P = L↑+ ⊗ T 4 , solo il sottogruppo che si trasforma con continuità nell’identità cioè con detΛ = +1 e Λ0 0 ≥ 1. Come è stato fatto per il gruppo di Lorentz, vogliamo ora trovare i generatori del gruppo di Poincaré. Costruiamo una traslazione spazio-temporale infinitesima: T (ǫ) = I − i ǫµ Pµ (3.4) dove I è la matrice identità , ǫµ è il quadri-vettore di traslazione infinitesimale ed infine gli P i sono i generatori della traslazione spaziale, cioè gli operatori impulso mentre la componente P 0 è il generatore delle traslazioni temporali, cioè l’operatore Hamiltoniano. è da notare che Dirac in [1], in analogia con il caso familiare della Meccanica Quantistica non relativistica, estende il termine Hamiltoniani a tutti i generatori del gruppo di Poincaré che modificano la variabile tempo (in seguito questo punto verrà discusso ulteriormente. Una traslazione finita può essere espressa in termini dei generatori attraverso l’esponenzializzazione: µP T (a) = e−ia 6 µ (3.5) Anticipiamo che i generatori delle traslazioni spazio-temporali soddisfano le seguenti regole di commutazione: [P i, P j ] = 0 [P i, P 0 ] = 0 [P 0 , K i ] = iP i [J i , P 0] = 0 (3.6) i k 0 i [P , K ] = iδik P [J , P k ] = iǫikl P l I generatori delle traslazioni commutano tra di loro poiché le traslazione sono un gruppo abeliano. Le altre regole di commutazione verranno dimostrate nel Capitolo seguente. 7 Capitolo 4 Invarianza Relativistica in Meccanica Quantistica La costruzione di una teoria quantistica e relativistica deve rispettare due criteri fondamentali: • Bisogna garantire il principio di sovrapposizione lineare della Meccanica Quantistica. Per fare ciò la teoria deve essere lineare ed operare in uno spazio vettoriale complesso H (spazio di Hilbert). Come nell’ordinaria Meccanica Quantistica gli stati del sistema fisico in oggetto sono rappresentati dagli elementi |Ψi di H. • Si deve rispettare il requisito dell’invarianza relativistica, cioè che le probabilità osservate siano le stesse in ogni sistema di riferimento inerziale. Per capire meglio questo concetto, consideriamo un sistema fisico studiato da due osservatori posizionati in diversi sistemi di riferimento inerziali. Entrambi associano al sistema fisico uno spazio di Hilbert H e ne descrivono gli stati con gli elementi |Ψi ∈ H (i vettori sono assunti normalizzati e con fase arbitraria). Per garantire l’indipendenza della Meccanica Quantistica dall’osservatore, Wigner, in un famoso teorema [5], afferma che: ”Un modello di Meccanica Quantistica formulato su di uno spazio di Hilbert, preserva le probabilità in ogni sistema di coordinate inerziale, se e solo se le trasformazioni tra stati in differenti sistemi inerziali possono essere realizzate tramite rappresentazioni unitarie irriducibili del gruppo di Poincaré, definite a meno di una fase arbitraria.” Cioè: i due osservatori inerziali diversi, devono essere in grado di compiere uguali predizioni sui valori delle osservabili del sistema. Consideriamo: P = |hΦ|Ψi|2 (4.1) dove P è la probabilità che il sistema preparato nello stato |Ψi si trovi dopo una misura nello stato |Φi per uno dei due osservatori. L’altro osservatore (indichiamo con un apice gli stati relativi a questo osservatore) osserverà: P ′ = |hΦ′ |Ψ′ i|2 . In accordo con il teorema di Wigner, se la teoria deve essere relativisticamente invariante, dovrà essere soddisfatta la seguente relazione: P = |hΦ|Ψi|2 = |hΦ′ |Ψ′ i|2 = P ′ (4.2) 8 Tale richiesta è soddisfatta se i ket nei due riferimenti inerziali sono legati da operatori unitari: |Ψ′ i = U(Ω)|Ψi e |Φ′ i = U(Ω)|Φi (4.3) Con: U † U = I L’operatore U(Ω) dipende dalla trasformazione di coordinate Ω per passare da un riferimento all’altro. Nel nostro caso sono le trasformazioni di Poincaré (Λ, a) e quindi la (4.3) si può riscrivere come segue: |Ψ′ i = U(Λ, a)|Ψi (4.4) Poichè U(Λ, a) è una rappresentazione unitaria irriducibile del gruppo di Poincaré, essa soddisfa le seguenti proprietà(che si deducono dalle proprietà gruppali in (3.2) e (3.3)) U(Λ2 , a2 )U(Λ1 , a1 ) = U[(Λ2 , a2 )(Λ1 , a1 )] = U(Λ2 Λ1 , Λ2 a1 + a2 ) U † (Λ, a) = U −1 (Λ, a) = U[(Λ, a)−1 ] = U(Λ−1 , −Λ−1 a) La costruzione esplicita di U(Λ, a) nello spazio di Hilbert, H, definisce un nuovo modello quantistico e relativistico. I generatori che modificano il tempo (nell’approccio familiare, P 0 e K i ) costituiscono i generatori dinamici del gruppo di Poincaré che permettono di costruire gli operatori U(Λ, a) responsabili dell’evoluzione temporale. Va sottolineato che nel caso non relativistico esiste un solo generatore dinamico: l’Hamiltoniano H. Questa diversità discende dal fatto che non-relativisticamente non abbiamo limiti superiori alla velocità, e quindi possiamo avere traiettorie s(t) parallele all’asse temporale. La struttura generale degli operatori unitari U(Λ, a) è la seguente (ricordiamo che il gruppo di Poincaré è il prodotto cartesiano delle traslazioni per il gruppo di Lorentz omogeneo): µ i U(Λ, a) = eiaµ P e− 2 ωµν M µν (4.5) Dove M µν è un tensore antisimmetrico, con solo 6 componenti indipendenti ed è legato a J i e K i nel modo seguente: ~ = (M 01 , M 02 , M 03 ) J~ = (M 23 , M 31 , M 12 ) K (4.6) Ricordiamo che l’unitarietà di U(Λ, a) implica che i 10 generatori siano operatori Hermitiani. Nel seguito ricaveremo le regole di commutazione tra i 10 generatori del gruppo di Poincaré, per fare questo utilizzeremo trasformazioni infinitesime. Una generica trasformazione di Poincaré può essere scritta come una trasformazione di Lorentz seguita da una traslazione spazio-temporale, cioè: U(Λ, a) = T (a)U(Λ). Possiamo quindi sviluppare in serie l’operatore U(I + ω, ǫ) al primo ordine nei parametri infinitesimi ǫ e ω, ottenendo µ i U(I + ω, ǫ) = eiǫµ P e− 2 ωµν M µν i ≈ 1 − ωµν M µν + iǫµ P µ 2 (4.7) Prima di tutto ricaviamo le proprietà di trasformazione dei 10 generatori. Dalle Eq.ni (3.2) e (3.3) otteniamo le seguenti espressioni: U(Λ, a)U(I + ω, ǫ)U −1 (Λ, a) = = U(Λ + Λω, Λǫ + a)U(Λ−1 , −Λ−1 a) = = U(I + ΛωΛ−1, −a − ΛωΛ−1a + Λǫ + a) = i ≈ I − (ΛωΛ−1)µν M µν + i(−ΛωΛ−1 a + Λǫ)µ P µ 2 9 (4.8) Esplicitando gli indici, si ottiene: U(Λ, a)U(I + ω, ǫ)U −1 (Λ, a) − I = + i −Λµ ρ ωρσ (Λ−1 )σ ν aν + Λµ ρ ǫρ P µ = i ≈ − Λµ ρ ωρσ (Λ−1 )σ ν M µν 2 i = − ωρσ Λµ ρ Λν σ (M µν + aν P µ − aµ P ν ) + iΛµ ρ ǫρ P µ 2 (4.9) Dove si è utilizzata la (2.7) e si è presa la parte antisimmetrica del tensore aν P µ , data la presenza del tensore antisimmetrico ωρσ . D’altra parte, applicando direttamente U(Λ, a) e U −1 (Λ, a) all’espansione (4.7) si ottiene: U(Λ, a)U(I + ω, ǫ)U −1 (Λ, a) = i = I − − ωµν U(Λ, a)M µν U −1 (Λ, a) + iǫµ U(Λ, a)P µ U −1 (Λ, a) 2 (4.10) Confrontando (4.9) con (4.10) ed eguagliando i coefficienti di ωµν e di ǫµ otteniamo le proprietà di trasformazione cercate: U(Λ, a)P µ U −1 (Λ, a) = Λρ µ P ρ (4.11) U(Λ, a)M µν U −1 (Λ, a) = Λρ µ Λσ ν (M ρσ − aρ P σ + aσ P ρ ) (4.12) Quindi per trasformazioni di Lorentz omogenee (T (a) = 1) M µν e P µ , si trasformano rispettivamente come un tensore ed un vettore. Inoltre per sole traslazioni (Λ(ω) = I) P µ è invariante, mentre M µν non lo è. Ricaviamo ora le regole di commutazione del gruppo di Poincaré. Per fare questo consideriamo nella (4.11) e (4.12) delle trasformazioni infinitesime. Sostituendo la (4.7) nella parte sinistra dell’Eq. (4.11) si ottiene: U(I + ω, ǫ)P αU −1 (I + ω, ǫ) ≈ i i ≈ (1 − ωµν M µν + iǫµ P µ )P α (1 + ωµν M µν − iǫµ P µ ) = 2 2 i i = (P α − ωµν M µν P α + iǫµ P µ P α )(1 + ωµν M µν − iǫµ P µ ) = 2 2 i i = P α − ωµν M µν P α + iǫµ P µ P α + ωµν P αM µν − iǫµ P α P µ = 2 2 i = P α + iǫµ [P α , P µ ] − ωµν [M µν , P α ] 2 (4.13) Avendo trascurato i termini infinitesimi di ordine superiore al primo. Consideriamo una trasformazione infinitesima di Lorentz: Λρ α (ω) ≈ δ α ρ − ω α ρ (4.14) Se utilizziamo l’equazione precedente nella parte destra della (4.11) si ha: Λρ α P ρ = (δ α ρ − ω α ρ )P ρ = P α − ω α ρ P ρ (4.15) Uguagliando i coefficienti di ǫµ nella (4.13) e nella (4.15): [P µ , P ν ] = 0 10 (4.16) Possiamo utilizzare la natura antisimmetrica di ωµν per riscrivere il secondo membro della (4.15) 1 P α − ω α ρ P ρ = P α − ωρν (P ρ g αν − P ν g αρ ) 2 (4.17) Uguagliando i coefficienti di ωµν nella (4.13) e nella (4.17): 1 i µν α [M , P ] = (P µ g αν − P ν g αµ ) 2 2 (4.18) che possiamo riscrivere, ottenendo la regola di commutazione mista tra M µν e P α : [M µν , P α] = i(g να P µ − g µα P ν ) (4.19) Per ricavare l’ultima regola di commutazione sostituiamo (4.7) nella (4.12). La parte sinistra della (4.12) si approssima nel modo seguente: ≈ M αβ U(I + ω, ǫ)M µν U −1 (I + ω, ǫ) = i i = (1 − ωµν M µν + iǫµ P µ )M αβ (1 + ωµν M µν − iǫµ P µ ) ≈ 2 2 i i − ωµν M µν M αβ + iǫµ P µ M αβ + ωµν M αβ M µν − iǫµ M αβ P µ 2 2 (4.20) Dove nell’ultima riga abbiamo trascurato i termini di ordine superiore al primo. Inoltre possiamo riscrivere le espressioni precedenti usando i commutatori: ≈ M αβ U(I + ω, ǫ)M µν U −1 (I + ω, ǫ) = i − ωµν [M µν , M αβ ] + iǫµ [P µ , M αβ ] 2 (4.21) Utilizzando il secondo membro dell’Eq (4.12) otteniamo: Λρ α Λσ β (M ρσ − ǫρ P σ + ǫσ P ρ) = (δ α ρ − ω α ρ )(δ β σ − ω β σ )(M ρσ − ǫρ P σ + ǫσ P ρ ) = = (δ α ρ δ β σ − δ α ρ ω β σ − ω α ρ δ β σ + ω α ρ ω β σ )(M ρσ − ǫρ P σ + ǫσ P ρ ) ≈ ≈ M αβ − ǫα P β + ǫβ P α − ω β σ M ασ − ω α ρ M ρβ = = M αβ − ǫα P β + ǫβ P α − g βµ ωµν M αν − g αµ ωµν M νβ = ωµν βµ αν = M αβ − ǫα P β + ǫβ P α − (g M − g βν M αµ + g αµ M νβ − g αν M µβ ) 2 (4.22) dove si è tenuto conto dell’antisimmetria di ωµν per selezionare le appropriate parti antisimmetriche di g βµ M αν e g αµ M νβ . Uguagliando i coefficienti di ωµν delle’Eq (4.21) e (4.22) e ricordando che M µν = −M νµ otteniamo: [M µν , M ρσ ] = i(g µσ M νρ − g µρ M νσ + g νρM µσ − g νσ M µρ ) (4.23) Le regole di commutazione (4.19) e (4.23), tra M µν e P µ , possono, alla luce delle definizioni (4.6), essere riscritte come visto in precedenza nei Capitoli 2 (Eq. 2.15) e 3 (Eq. 3.6) anche in termini dei generatori delle rotazioni tridimensionali e dei boost come segue: [P 0, K i ] = iP i [J i , P 0 ] = 0 i k i [P , K ] = iδik H [J , P k ] = iǫikl P l [J i , J k ] = iǫikl J l [K i , K k ] = −iǫikl J l [J i , K k ] = iǫikl K l 11 (4.24) 4.1 Operatori di Casimir A partire dai dieci generatori del gruppo di Poincaré possiamo costruire altri due operatori non lineari, detti operatori di Casimir. Questi operatori commutano con tutti i generatori e quindi i loro autovalori possono essere utilizzati per classificare le rappresentazioni irriducibili del gruppo di Poincaré. Essi sono: M 2 = P µ Pµ = (P 0 )2 − P~ 2 (4.25) dove M 2 è l’operatore massa al quadrato del sistema e W 2 = W µ Wµ (4.26) con W µ il quadri-vettore di Pauli-Lubanski definito come segue 1 W µ = − ǫµνρσ Mρσ Pν 2 (4.27) In Eq.(4.27), ǫµνρσ è la generalizzazione allo spazio di Minkowski del tensore di Levi-Civita. è completamente antisimmetrico ed è uguale a +1(-1) se [µ, ν, ρ, σ] è una permutazione pari(dispari) di [0,1,2,3] (ad esempio: ǫ0123 = +1), mentre è zero se almeno due indici hanno valore uguale. L’operatore W µ è autoaggiunto ed è ortogonale a P µ , W µ Pµ = 0 (4.28) come si ottiene immediatamente dall’Eq. (4.27). Questa importante proprietà impone che non tutte le componenti di W µ siano indipendenti. La loro espressione esplicita è la seguente: W 0 = P~ · J~ , ~ = P 0 J~ − P~ ∧ K ~ W (4.29) Per capire il significato fisico di W µ consideriamo una particella massiva nel suo riferimento di riposo, dove P~ = 0 e P 0 = M. Allora le componenti di W µ diventano: ~ = M J~ W0 = 0 , W (4.30) Come si vede dall’Eq (4.30) la parte spaziale di W µ è proporzionale al momento angolare della particella massiva. Quindi il Casimir costruito a partire dall’operatore di Pauli-Lubanski è dato da W 2 = −M 2 J~ · J~ (4.31) Gli autovalori del Casimir w 2 sono proporzionali agli autovalori del Casimir di SO(3). Accenniamo al fatto che nel caso di particella a massa nulla l’operatore di Pauli-Lubanski si riduce all’elicità della particella. Le rappresentazioni unitarie irriducibili del gruppo di Poincaré possono essere classificate sulla base dei valori assunti da P 2 = M 2 a seconda che P µ sia di tipo tempo o di tipo spazio nel modo seguente: 1. (a) P 2 = M 2 > 0, P 0 > 0 (b) P 2 = M 2 > 0, P 0 < 0 2. (a) P 2 = 0, P 0 > 0 (b) P 2 = 0, P 0 < 0 3. (a) P 2 = M 2 < 0 12 Il caso (1.a) è quello più interessante perché lo si può utilizzare per la descrizione fisica delle particelle massive reali. Per tali particelle esiste un riferimento di quiete (~p = 0) dove l’autovalore di P µ in questo sistema di riferimento è pµ = (m, ~0), pertanto P µ deve essere di tipo tempo. Si fà notare che il caso (2.a) corrisponde a particelle prive di massa come i fotoni mentre l’ultimo caso corrisponde a particelle superluminali (tachioni) mai osservate. In conclusione, per rappresentare una particella reale l’operatore autoaggiunto M 2 deve soddisfare la condizione spettrale, cioè i suoi autovalori devono essere non negativi. Lo stesso vale anche per l’operatore massa: 1 M = [(P 0 )2 − P~ 2 ] 2 (4.32) Se con j(j + 1) indichiamo l’autovalore di J~2 allora, possiamo uitlizzarlo per scrivere gli autovalori di W 2 , ovvero: w 2 = −m2 j(j + 1) (4.33) Le rappresentazioni unitarie irriducibili del gruppo di Poincaré per una particella massiva sono classificate utilizzando i valori di m e j. Per la particelle a massa nulla al posto di J si deve introdurre l’elicità definita nel seguente modo: H= J~ · P~ P0 dove P 0 = |P~ |. 13 (4.34) Capitolo 5 Forme di Dinamica Hamiltoniana-Relativistica La Meccanica Analitica ci insegna che lo stato di un sistema dinamico è descritto in termini di un certo numero di grandezze fisiche: le variabili dinamiche, ciascuna delle quali viene definita rispetto ad un sistema di coordinate nello spazio-tempo. Studiando ad esempio un sistema di particelle, ad un dato valore della variabile tempo (istante), si possono scegliere come variabili dinamiche le coordinate spaziali e gli impulsi coniugati; nel caso quantistico si aggiunge anche lo spin. Inoltre, se è presente un campo di forze, si dovranno introdurre delle opportune variabili dinamiche. Come mostrato da Dirac in [1], in un ambito relativistico si possono costruire diversi modelli di dinamica. La possibilità di avere più di un modello di dinamica relativistica è dovuta all’esistenza di un limite superiore per le velocità ovvero la velocità della luce. Questo vincolo, come vedremo nel seguito, permette di scegliere l’insieme delle variabili dinamiche con maggiore libertà che nel caso non relativistico, poiché tale possibilità è legata a come scegliamo la ipersuperficie (tridimensionale) iniziale, sulla quale viene descritto il sistema dinamico. Nel caso non relativistico, poiché non esiste nessun vincolo sulle velocità , possiamo avere traiettorie che si sviluppano anche parallelamente all’asse dei tempi, e quindi si ha una sola ipersuperficie iniziale ammissibile, quella con t = 0. L’evoluzione dinamica non relativistica fa passare ipersuperfici con t = cost . In conclusione, in ambito non relativistico è possibile costruire un solo modello di dinamica. Nella costruzione delle dinamiche relativistiche vanno rispettati due criteri fondamentali: 1. Le condizioni iniziali di un sistema relativistico devono essere specificate su una ipersuperficie Σ, che venga intersecata da ogni linea di universo una e una sola volta. 2. La dinamica relativistica deve essere specificata da operatori Hamiltoniani (secondo la terminologia di Dirac in [1]), che fanno evolvere dinamicamente lo stato del sistema in esame a partire dallo stato definito sulla ipersuperficie iniziale. Inoltre tali operatori, in generale combinazioni dei generatori del gruppo di Poincaré, dovranno necessariamente avere rappresentazioni unitarie irriducibili, in modo da soddisfare il teorema di Wigner (cfr. [5] e Capitolo 4). Il primo criterio ci dice che per rispettare la causalità, si deve scegliere un insieme di variabili dinamiche indipendenti che siano definite su una ipersuperficie Σ non contenente direzioni di tipo tempo. Il che significa che la distanza tra due punti appartenenti a Σ non deve essere di tipo tempo, ovvero due punti sulla ipersuperficie devono soddisfare il vincolo: (c ∆t)2 ≤ (∆~x)2 e quindi non essere connessi attraverso alcun tipo di scambio di informazione. Tale ipersuperficie assume quindi il significato di istante in corrispondenza del quale, 14 vengono fissate le variabili che caratterizzano lo stato del sistema. Le proprietà di simmetria di Σ permettono di separare in due categorie i generatori di Poincaré , o loro opportune combinazioni lineari: quelli che generano trasformazioni che lasciano invariata Σ e quelli che non lo fanno. In particolare, le trasformazioni del gruppo di Poincaré che trasformano Σ in se stessa formano il gruppo di stabilità e i generatori corrispondenti sono detti generatori cinematici. Gli altri generatori invece trasformano Σ in un altra ipersuperficie Σ′ e quindi fanno passare da un istante all’altro tramite: i) traslazioni temporali come si ha in Meccanica Quantistica non relativistica (cfr. e−iHt ) o ii) con altre trasformazioni che comunque coinvolgono la variabile tempo (come, p.e., i boost canonici, nel caso familiare della relatività ristretta, vedi anche più sotto). Questi generatori dinamici sono quindi responsabili dell’evoluzione temporale del sistema, che può essere vista come moto di allontanamento dall’ipersuperficie Σ attraverso una sequenza di ipersuperfici successive, raggiunte sotto l’azione di questi generatori. Per questo motivo tali operatori vengono chiamati Hamiltoniani, in analogia con l’ambito non relativistico. Il secondo criterio è alla base del problema di costruire in modo esplicito i dieci generatori del gruppo di Poincaré, o le loro combinazioni, come richiesto dall’insieme di variabili dinamiche indipendenti, dettate dalla scelta della ipersuperficie iniziale. Come abbiamo visto nel Capitolo precedente, ogni sistema dinamico, quantistico-relativistico, è caratterizzato canonicamente dai dieci generatori M µν e P µ , che come richiesto dal secondo criterio, devono avere rappresentazioni unitarie irriducibili. Ciascuno di essi è associato a un tipo di trasformazione infinitesima del gruppo di Lorentz inomogeneo: P 0 è l’energia totale del sistema e genera le traslazioni temporali, P r (r=1,2,3) sono le componenti del tri-impulso totale, e generano le traslazioni spaziali, infine la parte spaziale del tensore M µν , cioè M rs , è il momento angolare, generatore delle rotazioni spaziali. Mentre le restanti componenti, M r0 , sono i generatori delle trasformazioni di boost che consentono di passare da un sistema di riferimento inerziale all’altro. Teoricamente, sarebbe possibile scegliere di far partire l’evoluzione dinamica da una qualsiasi ipersuperficie che non contenga direzioni tempo, modificando di conseguenza e in modo opportuno l’insieme delle variabili dinamiche. Tuttavia, le simmetrie note: invarianza spaziale (3 generatori) e isotropia (3 generatori), ci suggeriscono di ricercare delle ipersuperfici che abbiano un un numero di generatori cinematici ≥ 6. Con questa motivazione, Dirac in [1] ha suggerito tre ipersperfici iniziali, illustrate i in Fig. 5.1, che danno poi il nome alla forma della dinamica: istante, fronte e punto. 15 Figura 5.1: Le due frecce che partono dall’ipersuperficie in grigio indicano l’evoluzione della variabile “tempo”. (Adattato da [7]) 5.1 La Forma Istante Quando parliamo di forma istante, ci riferiamo alla dinamica costruita utilizzando come ipersuperficie iniziale Σ, l’iperpiano x0 = 0. In questo caso l’insieme iniziale delle le variabili dinamiche che descrivono lo stato del sistema sono le coordinate e gli impulsi all’istante x0 = 0. Dato che le traslazioni e le rotazioni spaziali lasciano inalterata la coordinata x0 , il gruppo di stabilità è formato dai sei generatori P 1 , P 2, P 3 , J 1 , J 2 e J 3 . I rimanenti quattro generatori: P 0 che genera le traslazioni temporali, e K 1 , K 2 e K 3 , i boost, sono gli operatori Hamiltoniani. Durante l’evoluzione dinamica si passerà attraverso piani paralleli a quello iniziale. 5.2 La Forma Fronte (Fronte-Luce) In questo caso l’iperpiano iniziale ha equazione x+ ≡ x0 + x3 = 0, ed è un iperpiano tangente al cono-luce. In elettromagnetismo l’iperpiano x+ = 0 costituisce un fronte d’onda piano che si muove nella direzione negativa sull’asse ẑ = x3 . Da qui deriva il nome dell’iperpiano x+ = 0 (e quindi della dinamica), che viene indicato con il termine Fronte-Luce (in [1] si usa ”Light Front”). L’iperpiano x+ = 0 è invariante per le trasformazioni prodotte dai generatori del gruppo di Poincaré : P 1 , P 2 , K 3 , J 3 e dalle loro combinazioni: P + = P 0 + P 3 , E 1 = K 1 + J 2 e E 2 = K 2 − J 1 . Quindi si hanno ben sette generatori cinematici, il massimo numero possibile 1 . In particolare, i generatori cinematici K 3 , E 1 ed E 2 producono i boost LightFront, che differentemente dal caso della dinamica Istante non inducono una evoluzione dinamica, producendo solo trasformazioni di simmetria di x+ = 0. Gli altri tre generatori: P − = P 0 − P 3 , F 1 = K 1 − J 2 e F 2 = K 2 + J 1 sono gli operatori Hamiltoniani che governano l’evoluzione in funzione del tempo Light-front. definito da x− = x0 − x3 . In particolare P − genera traslazioni del tempo Light-front e F 1 e F 2 , combinazioni delle rotazioni e dei boost 1 L’analisi delle dinamiche relativistiche è stato completato negli anni sessanta, con l’aggiunta di sole altre due dinamiche con 4 e 5 generatori cinematici rispettivamente. 16 canonici sono chiamati: Rotazioni Light-Front. Questi Hamiltoniani generano trasformazioni che portano i punti appartenenti alla ipersuperficie iniziale x+ = 0 in un altra ipersuperficie x+ = costante. Infine notiamo che reintroducendo la velocità della luce c si può facilmente vedere che l’ipersuperficie x+ ≡ cx0 + x3 = 0 della Forma Fronte si riduce alla ipersuperficie x0 = 0 della Forma Istante nel limite non relativistico (c → ∞) 5.3 La Forma Punto Infine, per la Forma Punto si sceglie come ipersuperficie iniziale Σ la falda dell’iperboloide xµ xµ = (x0 )2 − ~x · ~x = costante con x0 > 0. Tale ipersuperficie resta invariata per trasformazioni di boost (3 generatori), poiché ovviamente lasciano invariato l’iperboloide, e le tre rotazioni spaziali, che lasciano invariata la parte spaziale, ~x · ~x. Quindi i generatori cinematici, le componenti indipendenti del tensore M µν , sono 6. Va ricordato che la Forma Punto deriva il suo nome dal fatto che il punto xµ ≡ {0, 0, 0, 0} rimane invariato per trasformazioni cinematiche. I generatori dinamici, gli Hamiltoniani, sono le componenti del quadri-impulso, P µ , poiché le traslazione portano i punti dell’iperboloide al di fuori di esso. 17 Capitolo 6 I Boost sul Fronte-Luce In questo Capitolo illustreremo con un certo dettaglio i boost sul Fronte-luce, che appartengono all’insieme dei generatori cinematici della corrispondente dinamica, cioè lasciano invariato l’iperpiano x+ = 0. Iniziamo, richiamando alcune generalità dei boost canonici, che sono generatori dinamici della Forma Istante. In questo caso, i boost sono le trasformazioni di Lorentz, senza rotazioni, che collegano tra loro due riferimenti inerziali in moto relativo. Essi sono individuati dalle tre componendi indipendenti della quadri-velocità v µ = pµ /m con cui si muove un riferimento rispetto all’altro. Poiché pµ pµ = m2 , si ha: v 2 = v µ vµ = m2 pµ pµ = =1 m2 m2 (6.1) ~ e v µ risulta noto se si conosce ~v ≡ γ β: vµ = β~ pµ 1 1 ~ ,q ) = (γ, γ β) = (E; p~) ⇒ v µ = ( q m m 2 2 ~ ~ 1−β 1−β (6.2) Il boost è allora definito dalla trasformazione B(~v ) e deve soddisfare le seguenti proprietà: ~ µ ν (1, ~0)µ = v µ B(β) B(~0)µ ν = δ µ ν (6.3) (6.4) ~ ad un sistema in La (6.3) ci dice che applicando un boost, caratterizzato dalla velocità β, µ quiete, questo acquista quadri-velocità v . Mentre la (6.4) dice che un boost di velocità nulla è uguale all’identità. Consideriamo un boost diretto ad esempio lungo l’asse z, in questo caso β~ ≡ {0, 0, β = 6 0}, allora la trasformazione di Lorentz può essere scritta nel modo seguente: ′0 x = γ(x0 + βx3 ) x′1 = x1 (6.5) ′2 2 x = x ′3 x = γ(x3 + βx0 ) ovvero: 0 ′0 x γ 0 0 γβ x x′1 0 1 0 0 x1 ′2 = (6.6) x 0 0 1 0 x2 x3 γβ 0 0 γ x′3 18 ~ Dove la matrice 4 × 4 è il boost canonico lungo l’asse z, che indichiamo con: BzC (β). Se combiniamo, sommando e sottraendo, la prima e la quarta linea dell’Eq. 6.5,si ottiene: ′0 (x + x′3 ) = γ(1 + β)(x0 + x3 ) x′1 = x1 (6.7) ′2 2 x = x ′0 (x − x′3 ) = γ(1 − β)(x0 − x3 ) Ovvero + x γ(1 + β) 0 0 0 x′+ x1 x′1 0 1 0 0 2 ′2 = (6.8) x x 0 0 1 0 x− 0 0 0 γ(1 − β) x′− Con semplici passaggi algebrici abbiamo diagonalizzato la matrice di trasformazione, ma abbiamo anche introdotto nuove variabili. Questa diagonalizzazione, fa si che la variabile x+ ≡ x0 + x3 e x− ≡ x0 − x3 si trasformano in modo separato, differentemente da quello che che accade per x0 e x3 nella (6.5). Inoltre si vede immediatamente che l’iperpiano x+ = 0 rimane invariato per questo tipo di trasformazione. La matrice 4 × 4 dell’Eq. 6.8 definisce il boost light-front longitudinale, B LF (β3 ) + v 0 0 0 0 1 0 0 B LF (β3 ) = (6.9) 0 0 1 0 0 0 0 v1+ dove è stata utilizzata la relazione v − = 1/v + poiché con le coordinate light-front v · v = 1 = 2 v + v − − ~v⊥ = 1 e noi siamo nel caso ~v⊥ = 0. Nel caso generale, è possibile mostrare che un boost sul Fronte-luce è dato dà: + v 0 0 0 1 0 0 ~ = vx B LF (β) (6.10) vy 0 1 0 |v⊥ |2 v+ 2vx v+ 2vy v+ 1 v+ La trasformazione inversa può essere ottenuta sostituendo ~v⊥ con −~v⊥ /v + e v + con 1/v + . Da (6.10) si vede di nuovo che un quadri-vettore che ha componente x+ = 0 continua ad avere x+ = 0, anche dopo avere applicato B LF . Riassumendo la combinazione di coordinate adottate nella dinamica sul Fronte-luce è: aµ = {a0 , a1 , a2 , a3 } → {a+ , a1 , a2 , a− } dove a± = a0 ± a3 , e il prodotto scalare tra due generici vettori aµ e bµ è dato dà: 1 a · b = [a− b+ + a+ b− ] − ~a⊥ · ~b⊥ 2 o in termini tensoriali: a · b = aµ bν gµν con: gµν 0 0 0 1/2 0 −1 0 0 = 0 0 −1 0 1/2 0 0 0 19 (6.11) (6.12) (6.13) Capitolo 7 Il Momento Angolare sul Fronte-Luce Nella sezione 5.2, quando si sono introdotte alcune generalità della dinamica sul Fronte-Luce, partendo dal momento angolare nella Forma Istante (momento angolare canonico), si sono introdotti i generatori delle rotazioni sul Fronte-Luce: J 3 , F 1 = K 1 − J 2 e F 2 = K 2 + J 1 , notando che il primo generatore è cinematico, mentre gli altri due sono dinamici (nella Forma Istante, tutti e tre i generatori sono cinematici). Inoltre, come deve essre, le regole di commutazione, ottenute dalle 4.24, sono quelle di SU(2). Come è già stato detto nella sezione 4.1, in una descrzione relativistica, possiamo introdurre il momento angolare di una particella massiva in termini del quadri-vettore di Pauli-Lubanski, (4.27), che soddisfa la condizione (4.28), ed ha quindi solo tre componenti indipendenti. Inoltre, le tre componenti, a meno di uno scalare coincidono con le componenti del momento angolare intrinseco dellla particella, nel sistema di riposo. Vogliamo ora trovare la relazione che lega il momento angolare sul Fronte-Luce con il momento angolare canonico. Questa relazione ha un grande rilievo nelle applicazioni, poichè permette di costruire la parte angolare della funzione d’onda del sistema interagente, quando si adotta il Fronte-Luce. Il quadri-vettore di Pauli-Lubanski in un riferimento qualsiasi è legato al suo valore nel sistema di riposo,(0, ~jC ), attraverso un boost. In particolare nel caso canonico (ovvero la Forma Istante) si ha ν W C ~ −1 µ ~ (0, jC ) = {[B (β)] } ν (7.1) M Possiamo definire il momento angolare sul Fronte-Luce, applicando un boost sul Fronte-Luce al quadri-vettore di Pauli-Lubanski: ν W LF −1 µ ~ (0, ~jLF ) = {[B (β)] } ν (7.2) M La relazione tra ~jC e ~jLF si ricava sostituendo W ν /M ottenuto dalla (7.1) nella 7.2. Allora si ottiene: ~ −1 }µ α {B C (β)} ~ α ν (0, ~jC ) (0, ~jLF ) = {[B LF (β)] (7.3) che possiamo riscrivere anche come: (0, ~jLF ) = Rµ ν (0, ~jC ) (7.4) ~ −1 }µ α {B C (β)} ~ αν Rµ ν = {[B LF (β)] (7.5) dove: 20 è chiamato Operatore di Melosh o anche Rotazione di Melosh (cfr., p.e. [4]). Per ottenere la matrice 4 × 4 Rµ ν , riscriviamo la matrice che da l’inverso di un boost sul Fronte luce, utilizzando le coordinate cartesiane invece delle coordinate Light-front. Quindi ~ −1 diventa: [B LF (β)] [B ~ = ] (β) LF −1 v0 1 − v0v+v3 2 − v0v+v3 1 −v 0 + v0 +v 3 −v 1 −v 2 −v 3 1 1 0 − v0v+v3 2 0 1 − v0v+v3 1 v1 v 2 v 3 + v0 +v 3 ~ Ricordando l’espressione di B C (β) 0 1 v v2 v3 v 1 2 1 (v ) v1 v3 v1 v2 v 1 + 1+v0 0 0 1+v 1+v 2 2 ~ = 2 3 2 1 B C (β) 2 (v ) v v v v 1 + 1+v v 0 1+v0 1+v0 3 2 ) v3 v2 v3 v1 3 1 + (v v 1+v0 1+v0 1+v0 si ottiene: 1 0 R= 0 0 0 1− (v1 )2 (v0 +v3 )(1+v0 ) v2 v1 (v0 +v3 )(1+v0 ) 1 v3 v1 + (v0 +vv3 )(1+v 0) v0 +v3 0 0 v1 v2 (v0 +v3 )(1+v0 ) 2 )2 1 − (v0 +v(v3 )(1+v 0) v2 v2 v3 + (v0 +v3 )(1+v0 ) v0 +v3 v1 v3 (v0 +v3 )(1+v0 ) 2 2 v3 − v0v+v3 − (v0 +vv3 )(1+v 0) (v3 )2 1 v3 + v0 +v3 + (v0 +v3 )(1+v0 ) v0 +v3 1 − v0v+v3 − (7.6) (7.7) (7.8) Questa espressione esplicita della matrice di Melosh non si trova in letteratura, dove invece è utilizzata l’espressione 2×2 che compete al gruppo SL(2,C) (gruppo speciale lineare che ha come rappresentazione fondamentale una 2 × 2 con numeri complessi, ed è in corrispondenza con SO(3,1)). Tale rappresentazione 4 × 4 rende più trasparente la relazione tra i momenti angolari propri di ogni forma di dinamica, come mostrato da (7.4) e quindi il significato di Rµν . La Rotazione di Melosh permette di scrivere la funzione d’onda angolare per un sistema interagente utilizzando gli usuali coefficienti di Clebsh-Gordan [4], quando si applica la costruzione esplicita dei generatori per un sistema interagente come suggerito da Bakamjian e Thomas [8]. Come ultima osservazione, notiamo che dalle regole di commutazione delle componenti di W µ , considerato come operatore quantistico, e dei generatori dei boosts (per qualunque forma di dinamica), si ricavano le consuete regole di commutazione per il momento angolare: [jiq , jkq ] = iǫikl jlq i, k, l = x, y, z (7.9) dove q indica la forma della dinamica in considerazione. In conclusione si ottiene che lo spettro di ~jq2 è necessariamente del tipo j(j +1), con j intero o semi-intero, e ogni componente di jq ha autovalori compresi tra −j e +j. 21 Capitolo 8 Conclusioni In questa Dissertazione si è descritta la formulazione Hamiltoniana della Dinamica Relativistica per sistemi quantistici interagenti e con un numero fisso di costituenti, come proposta da Dirac in un lavoro fondamentale del 1949 [1]. Tale teoria deve essere invariante per trasformazioni appartenenti al Gruppo di Poincaré, ed inoltre in base ad un teorema dimostrato da Wigner [5], le descrizioni quantistiche del sistema in due diversi riferimenti inerziali devono essere in relazione attraverso operatori unitari U(Λ, a). Tali operatori realizzano rappresentazioni unitarie e irriducibili del Gruppo di Poincaré. Seguendo Dirac, il punto iniziale è fornito dall’insieme dei 10 generatori del Gruppo di Poincaré , che nel caso canonico sono le quattro componenti del qudri-momento, le tre com~ che soddisfano ponenti delle rotazioni spaziali e i tre generatori dei boost, cioè P 0 , P~ , J~ e K, le regole di commutazione (4.24). Va notato che potremmo parimenti considerare combinazioni lineari dei generatori canonici. Nella teoria di Dirac, le condizioni iniziali del sistema sono definite su un’ipersuperficie tridimensionale Σ, che non contenga direzioni di tipo tempo. La superficie iniziale, attraverso le sue simmetrie, suggerisce la combinazione dei generatori da considerare. In particolare, il sottogruppo del Gruppo di Poincaré che trasforma Σ in se stessa è detto gruppo di stabilità. Per esempio, nel caso canonico ha sei generatori: le traslazioni spaziali e le rotazioni, e questa osservazione ha portato Dirac a considerare gruppi di stabilità con almeno sei generatori. Mentre i generatori appartenenti a questo sottogruppo definiscono le simmetrie di Σ, i generatori rimanenti, detti Hamiltoniani del sistema, producono l’evoluzione temporale, e sono quindi i responsabili della dinamica. Dirac propose, in base alla scelta della ipersuperficie iniziale, tre dinamiche Hamiltoniane Relativistiche: la forma Istante (quella canonica), La forma Fronte-Luce, la forma Punto. La dinamica sul “Fronte-Luce”, oggetto di questa Dissertazione, usa come ipersuperficie iniziale il piano x+ ≡ x0 + x3 = 0 , tangente al cono di luce, inoltre, ha i dieci generatori ottenuti come combinazione dei generatori canonici del Gruppo di Poincaré . Tra i vantaggi di questa dinamica, va menzionato il fatto che ha il gruppo di stabilità più ampio (contiene 7 generatori). In particolare le proprietà dei boost sul Fronte-luce, che appartengono a gruppo di stabilità (diversamente da quanto accade nella forma Istante), sono state discusse con un certo dettaglio. Si è mostrato esplicitamente, per un boost longitudinale, che la combinazione x+ e x− si trasformano indipendentemente, e , dopo aver introdotto la forma generale dei boost, si è mostrato che i quadrivettori con x+ = 0, non vengono modificati dai boost sul Fronte-luce, come deve essere. Uno svantaggio è dato dal fatto che i generatori sul Fronte-Luce, che operano sulle variabili trasverse, contengono l’interazione. In particolare si è illustrata la relazione tra il momento angolare canonico e quello sul Fronteluce, ricavata utilizzando la definizione del quadrivettore di Pauli-Lubanski che porta alla 22 costruzione dell’operatore chiamato Rotazione di Melosh. Questo operatore lega il momento angolare sul Fronte-luce con quello canonico. Inoltre va sottolineato che, nella dinamica sul Fronte-luce, la Rotazione di Melosh permette di scrivere la funzione d’onda angolare per un sistema interagente utilizzando gli usuali coefficienti di Clebsh-Gordan, quando si applica la costruzione esplicita dei generatori come suggerito da Bakamjian e Thomas [8]. Questa fortissima analogia con la trattazione non relativistica ha motivato le molteplici applicazioni della dinamica sul Fronte-Luce sia in Fisica Nucleare che in Fisica Adronica, per introdurre effetti relativistici in modo non perturbativo in sistemi interagenti con un numero fisso di costituenti. 23 Bibliografia [1] P. A. M. Dirac, Forms of Relativistic Dynamics. Rev. of Mod. Phys. 21, 392 (1949). [2] J. Erdmenger, N. Evans, I. Kirsch, and E. Threlfall, Eur. Phys. J. A 35, 81 (2008). [3] S. Boffi, Le Forme di Dirac. Bibliopolis 2006 - Quaderni di Fisica Teorica. [4] B.D. Keister, W. N. Polyzou, Relativistic Hamiltonian Dynamics in Nuclear and Particle Physics. 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