841096790 2-3 ottobre 1529: Lutero e Zwingli discutono sulla “presenza reale” Il significato dell’eucarestia non era identico per la chiesa romana e per quella riformata. Anzi, all’interno della seconda si aprì una netta divergenza fra le tesi di Lutero e quelle di Zwingli, accolte poi dai calvinisti. Alla fine furono tre le dottrine dell’eucarestia che si contrapposero durante l’età della Riforma. La dottrina cattolica e quella di Lutero L’eucarestia (“rendimento di grazie”, secondo il significato letterale della parola greca) è, accanto al battesimo, uno dei sacramenti che continuarono a restare comuni a cattolici e protestanti (i primi lo denominavano anche “comunione”, i secondi “santa cena”). La dottrina cattolica si serviva dei concetti della filosofia aristotelico-scolastica per spiegare che cosa accade con la consacrazione del pane e del vino. Le loro proprietà esteriori e percepibili con i sensi (gli “accidenti”, nel linguaggio filosofico) restano immutate, ma al posto della loro “sostanza” originaria subentra quella del corpo e del sangue di Gesù. Si parla perciò di “transustanziazione”, e cioè di una trasformazione della sostanza. Lutero affermava la “presenza reale” del corpo e del sangue di Cristo nel pane e nel vino, ma respingeva il ricorso ai concetti di un filosofo pagano; la dottrina della transustanziazione correva anzi il rischio di far pensare che, dopo la consacrazione, pane e vino diventassero solo un’apparenza. Al contrario, questi mantenevano la loro piena realtà. Il mistero della presenza reale restava inspiegabile alla ragione umana e poteva essere soltanto rappresentato attraverso una metafora: quando un ferro diventa incandescente, il metallo e il calore sono l’uno e l’altro realmente presenti. Le inconciliabili differenze tra Lutero e Zwingli Le differenze fra Lutero e Zwingli erano più gravi, perché riguardavano la stessa “presenza reale”. Nel luglio 1529 Filippo d’Assia, uno dei primi principi tedeschi ad aderire alla Riforma, tentò di creare un fronte comune fra le diverse confessioni riformate; a questo scopo, convocò a Marburgo i maggiori teologi protestanti. I colloqui avvennero in ottobre e, sui quindici articoli che esponevano i temi in discussione, giunsero a un ampio accordo su quattordici e su cinque dei sei punti in cui era diviso il quindicesimo. Il sesto punto aveva come oggetto proprio la presenza reale. Il 2 e il 3 ottobre 1529 si svolsero fra Lutero e Zwingli i colloqui decisivi sulla questione. I due riformatori concordavano nel negare che l’eucarestia comportasse la ripetizione del sacrificio di Cristo, come invece volevano i cattolici, e vi vedevano invece una commemorazione. Ma secondo Lutero le parole di Cristo «Hoc est corpus meus» (Questo è il mio corpo) andavano prese alla lettera; subito all’inizio della discussione egli chiarì che questa espressione lo teneva come «prigioniero». Zwingli, al contrario, sosteneva che la parola «est» (è) del versetto evangelico andava interpretata in senso figurato e simbolico (nel senso cioè di “significa” o “rappresenta”). Il pane e il vino erano soltanto un segno commemorativo indirizzato a rafforzare i legami fra i membri della comunità ecclesiale durante la sacra cena. Lo spirito di Cristo discende fra di loro, ma gli elementi materiali restano quello che sono: «L’anima è spirito, l’anima non mangia carne, lo spirito mangia lo spirito». A questa rigida distinzione fra carne e spirito, Lutero rispose: «Io non sono a conoscenza di alcun altro Dio se non di quello che si è fatto uomo». Spinti dalla polemica i due teologi stavano per toccare temi sempre più scottanti. I colloqui dovettero pertanto essere interrotti. 1