Umanesimo ateo, un Manifesto italiano

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Umanesimo ateo,
un Manifesto italiano
agione, etica, passione, compassione, consapevolezza.
Una nuova generazione di non credenti.
Generazione Atei Agnostici Umanisti propone un Manifesto di Umanesimo ateo, sintesi di valori e intenti nei
quali le persone non credenti possono specchiarsi e ritrovarsi insieme. È forse il primo in lingua italiana
rivolto primariamente agli atei e agli agnostici italiani, sulla scia di iniziative simili già in atto in tanti Paesi
del mondo (cfr. Secular Humanism). In essi, il numero di non credenti che hanno abbracciato i princìpi
dell’Umanesimo ateo è già notevole, sì che la presenza, l’opera e le opinioni delle relative associazioni hanno
una rilevanza crescente nella società e fra le istituzioni.
Con il presente Manifesto, figlio di quella sensibilità, intendiamo informare e coinvolgere la generazione di
atei e agnostici italiani che è oggi in fermento per motivi etici, che è insoddisfatta e preoccupata di come
vanno le cose ed è convinta che una rivoluzione culturale pacifica è ancora possibile. La generazione che è
pronta a fare, o vuole sapere come.
Manifesto di Umanesimo ateo :: Ateiumanisti.it / 2014
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Umanesimo ateo, un Manifesto italiano :: Generazione Atei e Agnostici Umanisti, http://www.ateiumanisti.it/
FRONTESPIZIO
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Umanesimo ateo, un Manifesto italiano
Capire, godere e proteggere il nostro mondo
Il moderno Umanesimo secolare è la filosofia secondo cui gli esseri umani sono pienamente
responsabili della qualità della loro vita e della tutela della natura, entro la quale essi possono realizzare sé stessi in libera e pacifica convivenza, per mezzo delle loro più nobili e
distintive facoltà.
Dalla storia e dalle migliori esperienze umane si evince non solo che questo realizzarsi è di fatto possibile,
ma anche per quali princìpi e sotto quali influenze può esserlo. Ragione, etica, passione, compassione,
consapevolezza, sono qualità naturali che vanno coltivate in equilibrio, al fine di godere appieno del presente e costruire insieme un futuro di giustizia e benessere per tutti, nel rispetto reciproco e della natura.
L’Umanesimo ateo è dunque una concezione del mondo completa, al contempo realistica e
capace di ispirare. Non una religione — gli mancano infatti dèi, dogmi, libri sacri, vicari, intermediari,
rivelazioni e riferimenti al soprannaturale — ma una filosofia di vita che restituisce agli Uomini valore e
dignità in quanto Uomini, evidenziandone e sviluppandone le potenzialità, e permettendo a ciascuno di
percorrere la propria strada in pari libertà.
Le tesi dell’Umanesimo ateo
Al contrario di quanto si potrebbe immaginare pensando alla complessità delle religioni, l’Umanesimo
ateo non ha che un piccolo numero di princìpi essenziali. Non dettami assoluti, ma linee-guida fondate su
osservazione ed esperienza.
Essi non riguardano il cosa fare, ma il perché farlo. Le ragioni, cioè, che ispireranno scelte pratiche successive. In breve:
→ Natura. La natura è tutto ciò che esiste, e tutto ciò che esiste esiste in natura. L’essere umano e
quanto gli attiene fanno parte di essa.
→ Responsabilità. Da esseri umani — in quanto dotati di autocoscienza, sensibilità e intelligenza
superiori — assumiamo consapevolmente non il dominio ma la responsabilità del mondo in cui
viviamo.
→ Ragione. A tutt’oggi il sistema più affidabile per avvicinarsi alla verità delle cose.
→ Etica. L’insieme dei più alti valori umani, per una convivenza pacifica e un comune progresso in
libertà e rispetto reciproco.
→ Piacere. Realizzare sé stessi e godere appassionatamente della vita.
→ Equilibrio. Per evitare gli estremismi, anche fra questi princìpi. Nessuno vale più dell’altro, ed è
nell’armonia fra essi che nasce l’Umanesimo.
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I cardini della filosofia umanista spiegati per esteso
→ Si tratta di un movimento di pensiero relativamente nuovo — nella sua attuale forma internazionale
ha circa un secolo - sebbene ve ne siano segni precursori nell’opera e nel pensiero di filosofi, scienziati,
artisti e semplici persone di ogni tempo. Rispetto all’Umanesimo rinascimentale non fa della classicità un
mito, non è un movimento di élite, e perde ogni dipendenza dal Cristianesimo. Ovvero da qualsiasi religione e fede dogmatica, come da ogni idea di ‘soprannaturale’: non solo perché, esistendo, farebbe parte
della natura, ma perché non ve ne è prova concreta, sì che per fede l’una o l’altra idea può essere creduta
con pari sentimento, le cattive azioni vi trovano facile giustificazione, e le buone non sono un’esclusiva di
una qualsiasi fra esse. La semplice fede dunque non serve ad accertare ciò che è vero né a fare del bene
quanto ad avvalorare preconcetti, ed è per questo che l’Umanesimo prescinde completamente da
entrambe le cose, preferendovi la natura come tale e la verifica razionale, logica e scientifica
dei fatti — un metodo dai risultati osservabili e ripetibili, dunque il più affidabile. In questo senso,
l’Umanesimo abbracciato fino in fondo non può essere che secolare, cioè esplicitamente ateo e agnostico,
e sebbene di esso sia possibile una forma ancora religiosa e una volutamente neutrale, è così che lo intendiamo in questa sede.
→ Un terzo aspetto essenziale, accanto a naturalismo e razionalismo, è quello della responsabilità.
Nel prendere atto della propria intelligenza e della propria sensibilità — in natura le più ampie, sviluppate
e complesse — gli atei umanisti sostengono che l’essere umano possiede non solo la capacità di modificare il proprio ambiente, ma la massima responsabilità nei confronti di quest’ultimo. Abbracciandola
appieno, si assumono il dovere di salvaguardarlo non solo e non tanto per propria convenienza, ma per
l’inestimabile valore intrinseco che possiede. La natura non è proprietà dell’uomo, e non è al suo servizio.
L’uomo vi nasce dentro e ne fa parte, e in questo senso non vi è che parità.
Allo stesso modo, è nostra la responsabilità del benessere personale e sociale, la cui qualità non può
essere lasciata al caso, né al ripetersi di modalità relazionali disfunzionali e criteri di riferimento palesemente erronei. La grandezza delle nostre facoltà non fa che obbligarci a uno sviluppo sostenibile e a una
convivenza soddisfacente per tutti.
→ Si rende quindi necessaria — non solo in via di principio, ma anche perché connaturata e interiormente appagante — l’attenzione per l’etica. Etica è l’insieme di quei princìpi e regole di comportamento che consideriamo migliori e più giusti perché favoriscono le relazioni umane e con
l’ambiente, anziché opporvisi o esservi indifferenti.
Riteniamo fondatamente — sulla base dei cospicui successi di cui la nostra storia e l’esperienza quotidiana sono costellate — che la psicologia umana ne sia fonte e modello, laddove una ragione capace e un
cuore libero possano apertamente fiorire. L’essere umano non nasce cattivo e non tende al male per
natura, né ha bisogno di comandamenti e giudici altri da sé e dalla sua coscienza, quando essa si sia formata in un ambiente di fiducia e rispetto reciproco nel quale i bisogni psico-emotivi siano stati soddisfatti
quanto quelli materiali. Vi sono dunque strade naturali — ovvero niente affatto ‘soprannaturali’, e
slegate da moralismi creduti ‘assoluti’ e ‘divini’ — per sviluppare e vivere l’etica, e ciò al di là del
carico genetico (sul quale non possiamo intervenire, e che tuttavia non va sopravvalutato) e degli evidenti
errori del passato, che non sono né un marchio né una condanna, e possiamo smettere di fare.
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Alla base della scelta etica umanista c’è consapevolezza, sensibilità, empatia, così come
apertura mentale, obiettività, capacità critica: qualità naturali e umane, che possono essere
facilitate ed espresse da subito, o risvegliate e accresciute. Ragione e sentimento. La prima, usata correttamente e fino in fondo. Il secondo, libero da condizionamenti e facili frenesie; insieme, perché l’una
trattenga dalle illusioni, l’altro riscaldi la ricerca. Mente e cuore in armonia. Umanesimo.
Gli umanisti abbracciano l’etica e il senso di responsabilità personale consapevolmente e dal
profondo, ovvero per desiderio e libera scelta piuttosto che per obbedienza o imitazione, delle
quali — con questi presupposti — non vi è alcuna necessità. È nostra opinione, anzi, che l’etica esista soltanto se scelta in quanto tale: non vi è alcuna nobiltà nell’aiutare il prossimo o conformarsi a una legge
per paura, dovere, tradizione o profitto ulteriore, né invero per compiacere e soddisfare terzi.
L’etica umanista è uguaglianza nei diritti e nella considerazione di fondo, accettando le differenze in tutto il resto. È altruismo, collaborazione, mutuo supporto — tanto quanto amor proprio e
rispetto per sé stessi, ugualmente essenziali. È elezione della nonviolenza e della mediazione
non-competitiva nella soluzione dei conflitti, ovunque e ogniqualvolta possibile. È pace senza sopraffazione, né indottrinamento, né discriminazione. È libertà e indipendenza — fisica, morale e intellettuale — nel rispetto reciproco. È impegno all’equità, alla giustizia, all’onestà; al benessere, interiore e
materiale; alla libertà di coscienza, di scelta e di opinione; all’unione e all’inclusione; a mezzi, regole e
soluzioni efficaci e condivisi; a relazioni paritarie e non abusive fin dall’infanzia, quando si forma senza
difese la nostra idea di noi stessi e dell’altro; alla tutela dei diritti animali e della natura tutta, nonché
della facoltà del singolo di realizzare sé stesso a suo piacere — entro i soli limiti posti dalla convivenza fra
persone col medesimo diritto e sulla stessa terra.
Includiamo qui l’onestà intellettuale. Atei e agnostici umanisti non hanno fini nascosti o in contrasto con
gli ideali fin qui descritti, si impegnano a sostenerli con obiettività e chiarezza per la forza che hanno, e a
non usare in alcun caso metodi coercitivi — fisici, psicologici o espressivi, diretti o impliciti, duri o morbidi — per ottenere consenso sulle proprie idee.
→ Per sua natura, l’Umanesimo tiene in alta considerazione il piacere della vita, che non è un passaggio verso altrove, ma tutto il tempo che abbiamo. È dunque legittimo e anzi doveroso fare in modo che
tutti, in sintonia con le particolari aspirazioni personali e secondo i propri tempi, possano godere della
bellezza, l'arte, la poesia, gli agi, i piaceri - fisici e intellettuali - laddove si trovino; dare spazio all'allegria,
il gioco, la creatività, il viaggio, la meraviglia; nutrire la propria cultura, ed emanciparsi; trovare tempo per
i propri cari, e per sé stessi; concedersi emozioni, viverle, esplorarle, conoscersi, e crescere interiormente;
serenamente apprezzarsi, per valore individuale e dignità specifica, e celebrare sforzi e successi; indulgere
in hobby, interessi, passioni ed anche nell'ozio ricreativo.
Liberamente esprimere sé stessi, definire autonomamente il senso e lo scopo della propria vita, poter
impiegare il talento e il potenziale che si sa di avere, sentirsi appieno felici e realizzati è un desiderio
esistenziale la cui attualizzazione va assecondata e non repressa, guardando ciascuno la sua singolarità
e interezza. I doveri che la vita ci impone o che scegliamo di assumere non sono l’unica cosa che conta, e
la possibilità di un sacrificio per ‘gli altri’ va bilanciata con quella — altrettanto importante — di rispetto
per sé stessi, restando una decisione personale.
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→ Risulta poi essenziale una precisazione: la forza di ciascun principio è senza dubbio imponente, ma è
nell’equilibrio dell’insieme che si raggiunge l’eccellenza.
In questo elenco non ve n’è uno superiore, e sebbene vi sia un momento in cui all’uno o all’altro nel suo
campo si concede precedenza, nessuno va scordato o tralasciato, affinché si diano fra loro equilibrio,
limite, lucidità. È l’essere un tutt’uno, è l’armonia fra tutti che permette di evitare il fanatismo, la bigotteria, la superficialità.
Conseguentemente, l’Umanesimo non può prescindere dal concetto pratico di flessibilità: ogni legge o
intento, ogni strumento o metodo, ogni programma o incarico, ogni attività sociale o ulteriore aspirazione
andranno scelti, verificati, ridiscussi, completati, migliorati o eliminati ogniqualvolta sia necessario, perché siano questi al nostro servizio, e non viceversa.
Possiamo dire che, se non fossero orientati al bene individuale e comune attraverso il rispetto reciproco,
la parità di diritti e la libertà di coscienza e d’azione, ma piuttosto al privilegio di alcuni e non liberamente
condivisi, sarebbero inaccettabili, per quanto amore, certezza e fedeltà vi avessimo riposto.
Persino questa classe di princìpi che chiamiamo necessari e sufficienti, che ci sembrano
universali e indifferibili, non è assoluta, né immodificabile, né indiscutibile. Nel momento e
nella misura in cui si ritengono giusti non potrà che esserci un impegno alla coerenza — a un’azione in
aperto e trasparente accordo con essi, il loro spirito, il loro significato — eppure non vanno considerati
validi a priori o stabiliti per sempre, meta-fisici, ma riconfermati giorno dopo giorno finché si dimostreranno funzionali, soddisfacenti, sensati e massimamente utili per tutti. C’è un motivo per cui nascono,
uno scopo per cui li abbiamo scelti, una priorità che li determina: vivere meglio, insieme.
“”
Ecco dunque espressa e chiarita la visione atea e umanista, la sua mappa del mondo, il quadro teorico di
riferimento.
Siamo qui per sostenere e incoraggiare una ‘filosofia dell’uomo’ terrena eppure elevata e
degna — sorprendentemente semplice eppure impegnativa — sensata e verificabile, feconda,
positiva.
Essa si aggiunge all’ateismo e all’agnosticismo, cioè a considerazioni sugli dèi, per rivelare integralmente — sia detto con il giusto orgoglio — la ricchezza interiore e i buoni propositi di chi, da non credente, condivide e pratica questi alti ideali.
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Generazione Atei Agnostici Umanisti
e tesi dell’Umanesimo ateo sono poche e relativamente semplici, ma — vissute e condivise — possono avere un grande impatto sulla nostra vita. È ciò che vogliamo.
Se ne parlassimo senza unirle in una definizione di comodo, molti si troverebbero d’accordo sulla loro
qualità e necessità, in un mondo che sembra spesso regolarsi altrimenti, con esiti infelici.
Se è vero, dunque, che attraverso di esse una società migliore è possibile, tenerle insieme risulta funzionale a renderle presenti alla nostra coscienza, e a facilitarne la comprensione, la diffusione, l’esperienza.
L’Umanesimo ateo nasce da questa consapevolezza, e dal desiderio di agire diversamente, di
vivere meglio, di contribuire a migliorare la qualità della propria esistenza. E quella di tutti.
Ciò ha dato vita nel mondo intero, nella nostra epoca, a un movimento di pensiero e d’azione, secolare e
organizzato, che raccoglie formalmente già milioni di persone non credenti in gruppi e associazioni. In
Italia ancora manca. Vogliamo raccogliere il testimone e — come atei e agnostici italiani — dare
senso e consenso agli ideali umanisti nella nostra società, a maggior ragione in un momento in
cui per molti versi è abbandonata a sé stessa e moralmente alla deriva.
Le ragioni di questa eccezionale assenza tutta italiana sono varie. Tra esse, l’ingombrante vicinanza del
Vaticano; l’acritica e interessata condiscendenza politica e mediatica di cui gode; il lungo digiuno popolare
di cultura e consapevolezza; l’incapacità, l’apatia o lo scoramento della maggioranza rispetto alla realtà
vissuta, e all’idea di effettivo cambiamento.
Vi concorrono anche: la diffusione dei termini laicità e laicismo usati impropriamente — come sinonimi
di un progetto ateo e anticlericale — anziché nel senso legittimo di autonomia ed equidistanza dello Stato
dalle tesi preordinate e faziose di religioni e ideologie; lo stato embrionale del coordinamento dei nostri
sforzi con le realtà atee umaniste all’estero; una certa resistenza della stessa comunità dei non credenti
italiani — nutrita, visibile e spesso impegnata in forza dei medesimi princìpi — a prendere coscienza
della necessità di andare oltre l’ateismo - che in sé è semplice non credere, non un credo ma assenza di
un credo — di arricchirlo di princìpi vitali — razionalità, certo, ma non solo — ed aspirare a più che alla
laicità - un termine dalla forma ambigua, a volte connotato di alcuni valori e altre no, usato a sproposito
per definire gli atei (come in ‘laici e cattolici’) e invece proprio anche di tutti i/le credenti che sostengono
del pari la laicità della Stato, e tipico peraltro del mondo clericale (‘laici’ sono i credenti non ordinati) nell’intimo e pubblicamente.
Alle prime vogliamo rispondere nel tempo attraverso iniziative specifiche come atei umanisti, sulle quali
ci auguriamo il nostro Manifesto farà da apripista. Le seconde vanno affrontate subito, dal momento che
riguardano il modo in cui il movimento considera sé stesso, e viene considerato.
Vogliamo dunque sia chiaro innanzitutto che:
Sono, i non credenti, davvero insensibili? Tutti ignoranti, superficiali, nichilisti? Indifferentemente
egoisti, arroganti e superbi? Privi di valori, di passione, di aspirazioni? Soli e infelici? Immorali e
malvagi?
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Molti atei, al contrario, hanno alti ideali, e desiderano che il mondo sia migliore. Hanno princìpi
etici secondo i quali vivono e convivono. Hanno lucida passione per la vita e sostengono i diritti
umani, gli altrui come i propri. Molti atei ritengono che l’uomo abbia la piena responsabilità del suo
mondo, e che sia capace di darsi e dare benessere — interiore e materiale — pur senza — e a maggior
ragione senza — una legge divina. Molti atei sostengono che un cambiamento reale in meglio della
società e della cultura è possibile, e intendono parteciparvi. Molti atei, sono umanisti.
Ateismo e agnosticismo, ma anche libertà, indipendenza, uguaglianza, razionalità, laicità, rispetto reciproco, responsabilità personale, giustizia, etica, dialogo, tolleranza, nonviolenza, salute, cultura, ecologia… È uno specifico approccio alla vita e alle relazioni, qualcosa che viene da dentro per particolare sensibilità e interesse al cambiamento sociale e alla felicità delle persone. Valori come questi, che singolarmente in molti già sosteniamo, per numero e significato eccedono l’ateismo/agnosticismo, mentre è dell’Umanesimo che fanno parte naturale. Non è
l’ateismo
che
include
o
esprime
l’umanesimo, ma viceversa. E non è ovvio?
Allora è importante connotare il nostro non credere, perché non è soltanto ‘non credere’, né un non credere qualsiasi.
L’Umanesimo ateo come modello di cambiamento
Oggi più che mai è essenziale a nostro avviso non solo criticare gli errori delle religioni, non solo
opporci agli immeritati privilegi della Chiesa e alla sua invadenza nella vita dei non credenti e nelle istituzioni, non solo batterci per la libertà di tutte le forme di pensiero messe sullo stesso piano, ma andare
alla fonte, prevenire il problema, mettere nuove radici, cambiare la mentalità. Prendere
netta posizione a favore di cosa sappiamo essere più vero, giusto, funzionale.
È possibile, e necessario, che in Italia ci si muova in questa direzione positiva in modo sistematico. Noi —
atei e agnostici umanisti — possiamo offrire un grande contributo al cambiamento facendoci esempio e
portavoce di un modo di vivere coerente, legittimo e virtuoso, che rilanci l’essere umano quale
portatore sano di civiltà. Un messaggio forte con il quale toccare il cuore e la mente delle singole persone,
ispirandole alla reale possibilità di trasformare la disillusione, lo sdegno, il dolore, il conflitto in progressivo miglioramento.
Una filosofia propriamente non religiosa, che sia percepita quale alternativa esistente e possibile,
viva e vivibile, razionale ed etica, fondata e nobile, pur essendo — e proprio essendo —
completamente naturale.
Quando ci chiederanno «ma l’ateismo che ha da offrire?» possiamo così rispondere che ha tanto da
offrire, nella misura in cui lo abbiamo reso parte di una idea di vita capace di riempire il vuoto lasciato da
un’altra spontanea, profonda domanda: «se non la religione, cosa?».
È giusto affermare il diritto a non credere e difendere la nostra dignità di non credenti. Meglio ancora è
dare un buon motivo per farlo. E ancora, impegnarci affinché le cose migliorino per tutti.
Con l’Umanesimo, noi non credenti pretendiamo e facciamo nostra la straordinaria responsabilità di
una vita migliore. Sentendoci degnamente rappresentati da questa filosofia del vivere — e del vivere
insieme - che è la summa di princìpi già nostri, per scelta autonoma, libera e consapevole la
abbracciamo e sosteniamo apertamente. Perché con l’esempio e — finalmente — con i numeri di un
movimento internazionale si possa agire positivamente sulla società, e lasciarvi il segno.
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Ci proponiamo quindi che se ne parli in questi termini, che sia offerto, incoraggiato, ricordato, discusso e
riscoperto in quanto tale — Umanesimo ateo — perché:
A) Coerente descrizione del nostro modo di vivere, appropriato ‘contenitore’ delle nostre
ragioni nel loro insieme.
B) Proposta di valori solida e visibilmente positiva, che riveli una coscienza comune, un interesse sociale, un approccio organico e globale, una possibilità nuova per tutti, quindi un interlocutore effettivamente all’altezza delle istituzioni politiche e religiose riguardo ai grandi temi.
C) Cifra, richiamo e costante espressione di iniziative mirate a cambiamenti essenziali
nella mentalità dei singoli e nei costumi.
Poiché concordano sui singoli princìpi e agiscono di conseguenza, è senz’altro vero che anche in Italia
molti non credenti sono già umanisti ‘di fatto’. Ma se non lo diciamo come si sa, come si capisce?
Con questo Manifesto intendiamo presentarci, per esserci e restare. E rilanciando l’insieme di quei valori
stimolare una presa di coscienza, richiamare a un senso di responsabilità globale, produrre un miglioramento sociale reale e duraturo. Vogliamo anche ricordare a noi stessi chi siamo, e il piacere di esserlo.
Unirci, agire sotto questi princìpi, vorrà dire far tacere i pregiudizi infondati su cui si basa
la percezione comune del nostro modo di essere non credenti, e invece fanno ancora di chi crede
un privilegiato — non per le sue scelte e l’efficacia delle loro conseguenze, ma per il solo fatto di credere.
Di più: facciamoci gruppo, sosteniamoci e ispiriamoci a vicenda, costruiamo una rete di voci, gruppi, programmi e amicizie, sviluppiamo quel senso potente di comunità unita in un alto scopo.
E ancora: coordiniamo e ottimizziamo le nostre forze per realizzare insieme di più e meglio, per noi
stessi e questo nostro mondo, per i credenti delusi o non più convinti, e per chi presto si troverà a scegliere.
Facciamolo con progetti ispirati a una prospettiva di ampio respiro, che vada oltre la singola
critica e il suggerimento a sé stante, mirando apertamente all’autonomia individuale di pensiero e sentimento, alla maturazione interiore e al risveglio delle coscienze, alla ridefinizione dei modelli di convivenza — basati stavolta su chiarezza, rispetto e mediazione, e non su autorità, forza o manipolazione. Alla
scelta di ciò che funziona. A una evoluzione culturale.
Pensiamo che oggi ce ne sia veramente bisogno — fra gli Stati fin dentro i rapporti familiari, fra Persone.
Fare gruppo intorno a una rosa di princìpi così funzionali a una convivenza virtuosa è un forma di protesta, ma soprattutto di proposta: l’idea è quella di occupare uno spazio sociale finora lasciato a chi ha fatto
solo i suoi interessi, causando — con altri mezzi e per altri princìpi — la sua sola ricchezza, e il nostro
scontento. Per via dell’Umanesimo ateo possiamo alzare il livello e la qualità del confronto.
In pieno accordo con le Tesi esposte, intendiamo
perciò:
a. Promuovere una filosofia di vita atea e umanistica quale alternativa seria, sensata,
etica e appagante a religioni e ideologie;
b. Promuovere una cultura di inclusione, tolleranza e rispetto reciproco nella diversità;
c. Diffondere le idee di uguaglianza nei diritti umani di base, convivenza pacifica e
responsabilità personale.
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d. Promuovere il metodo logico-scientifico, il pensiero critico, la ricerca libera,
l’opinione personale, e una corretta ed efficace comunicazione;
e. Promuovere la riflessione, il confronto, la mediazione e la sinergia sui temi etici ed
esistenziali;
f. Promuovere metodi più funzionali e vantaggiosi per tutti in ogni ambito delle relazioni interpersonali;
g. Monitorare e difendere la laicità dello Stato e la libertà di tutti da forme di indottrinamento, manipolazione e privilegi unilaterali;
h. Difendere la libertà della scienza non dall’etica, ma da limiti ideologici o
‘soprannaturali’;
i. Difendere la libertà e sviluppare la capacità delle persone di realizzarsi secondo propria natura, scelta e desiderio, posti i limiti minimi della convivenza;
j. Promuovere benessere, materiale e interiore, cultura, crescita, e una coscienza ecologica di rispetto — non di sottomissione o sacrificio — per la natura, gli animali, le
cose, gli altri, e sé stessi.
k. Interagire e cooperare con realtà simili nel raggiungimento di obiettivi comuni.
Attività e iniziative potranno così estendersi ad ogni campo d’azione, a partire dal quotidiano, passando
per le comunità di quartiere o città fino a grandi progetti nazionali e al rapporto con media e istituzioni. A
seconda delle preferenze, delle competenze e delle possibilità di ciascuno di noi, innumerevoli iniziative
d’ogni sorta possono partire, valutandone semplicemente la conformità ai nostri princìpi di base.
Alcune idee?
Politica — Laicità; uguaglianza e non discriminazione; garanzia della massima libertà personale
effettivamente possibile; giustizia rapida e certa, sicurezza ben indirizzata; ideale rinuncia alla forza
ed impiego della mediazione nonviolenta; misurazione del livello di felicità nel Paese; abbattimento
dei sistemi di potere, influenza e privilegio di multinazionali, lobby e oligarchie; controllo dei risultati, rendiconto sui programmi e giudizio sulle responsabilità; ottimizzazione dei sistemi decisionali
e snellimento di quelli burocratici; massima trasparenza sulla gestione dei soldi pubblici, tagli a
sprechi e privilegi e reinvestimento in qualità e servizi; finanziamenti alla ricerca medico-scientifica,
a sanità, scuola e cultura; rientro e gestione del settore socio-assistenziale; rilancio della partecipazione sociale diretta alla democrazia; promozione della salute fisica, psicologica, emotiva; tutela dei
gruppi sociali deboli, perseguitati e/o ingiustamente stigmatizzati; istituzione del registro delle
volontà di fine vita e del registro unioni civili; equiparazione dei diritti relativi a eterosessuali e omosessuali; abolizione del concordato Stato-Chiesa cattolica e revisione del sistema 8×1000; (…)
Scienza e medicina — Ricerca libera e indipendente; progresso etico; prevenzione; sorveglianza
sulle speculazioni; equa e certa disponibilità di tecnologia e servizi sanitari senza confini territoriali
o distinzioni fra persone; garanzia dei diritti del paziente; divieto di accanimento terapeutico; (…)
Economia — Capitalismo etico; riduzione della povertà e ridistribuzione equa dei profitti; diffusione del benessere materiale; condivisione delle risorse; fine dello sfruttamento indiscriminato di
luoghi, persone e animali; garanzia dei diritti dei consumatori, consumo critico, gruppi d’acquisto;
(…)
Cultura — Informazione libera; disponibilità delle fonti; possibilità di critica aperta e ragionata;
divulgazione e discussione dei grandi temi; produzione, diffusione e accessibilità di eventi culturali e
artistici; metodo razionale e debunking di asserzioni pseudo-scientifiche; qualità televisiva, indipen-
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dentemente dagli ascolti; pubblicità comparativa, disponibilità di analisi di qualità indipendenti;
de-massificazione; (…)
Ambiente — Diritti degli animali e antispecismo; tutela della natura; etica dell’alimentazione;
materiali eco-compatibili ed energie rinnovabili nell’uso quotidiano e industriale; sistemi di risparmio e riciclo, lotta agli sprechi; aree verdi e pedonali cittadine, parchi e piste ciclabili; (…)
Educazione e istruzione — Princìpi positivi delle relazioni familiari e sociali; genitorialità consapevole; intelligenza emotiva, ascolto e comunicazione efficace; coscienza dei rapporti di potere espliciti o indiretti e prevenzione dell’abuso fisico e psicologico; diritti umani; riforma della scuola e della
didattica a tutti i livelli; risveglio e sviluppo del proprio senso etico e dell’empatia; logica, capacità
argomentativa, pensiero filosofico autonomo, identificazione di fallacie e trucchi della
comunicazione; scienza, piacere della scoperta, creatività; arti, hobby e mestieri; educazione civica,
sessuale, ambientale, di primo soccorso; (…)
Sociale — Solidarietà mirata alla risoluzione della cause; opzioni e strumenti per l’arricchimento
della vita; formazione sul dialogo nonviolento di tipo vinci-vinci; reti di scambio, compartecipazione
e auto-aiuto; aree, strumenti e occasioni di incontro, condivisione, apprendimento; equa valorizzazione del non-profit e del volontariato; servizi di utilità sociale; promozione e partecipazione ad
eventi di interesse umanista; interculturalismo, tolleranza e integrazione, stante l’accordo sul fine e
sui mezzi; prevenzione del disagio e della violenza in qualsiasi tipo di relazione; accesso facilitato ad
assistenza psicologica ed emotiva; riforma del sistema penitenziario finalizzandolo alla riabilitazione; assistenza non religiosa alla sofferenza; (…)
Interiorità - Benessere psicofisico; profondità, significato, consapevolezza, auto-ascolto; indipendenza di pensiero, percezione della propria unicità e del proprio valore, autostima; senso del bello e
del gioco; cura e realizzazione di sé, sviluppo di abilità e potenzialità; (…)
Queste e altre idee potranno essere essere ulteriormente raffinate e scomposte dando vita ad ampi progetti o micro-obiettivi definiti e particolari — che sia una campagna per la rimozione di madonnine e croci
cristiane sulla cima delle montagne o il far dipingere le classi di colorati murales agli studenti di un liceo,
da una nuova Onlus nazionale a qualche ora di volontariato settimanale, da un convegno sull’etica alla
pazienza con un figlio dopo una giornata stressante, a una mano offerta senza chiedere niente in cambio.
Il fatto è che siamo umanisti ogni giorno, e il nostro comportamento cambia il mondo un po’
alla volta.
Utopia? Finché la riterremo tale, sarà tale.
Nel momento in cui realizzeremo che non è un sogno matematicamente irraggiungibile, il sogno diventerà progetto, e il progetto si farà realtà. È infondato, e insensato, credere che non sia possibile
cambiare le cose.
Lo è anche credere che cambiarle sia facile, ed aspettarsi di vedere presto risultati vasti e strabilianti. Ma
fra questi due opposti, c’è la certezza che migliorare e migliorarci è sempre possibile, che nulla è ancora
veramente perduto, che domani può seriamente essere diverso. Nella misura in cui siamo disposti a
prenderne coscienza e a sudare il cambiamento per mezzo degli strumenti più efficaci, una società —
un mondo — migliore è possibile.
Se siamo giunti fin qui — ad una situazione sociale che per tanta parte ci vede sdegnati, delusi e addolorati
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— è stato poco a poco. E allora poco a poco possiamo uscirne. Non sarà facile, nessuna illusione su questo,
ma desistere e lasciare andare le cose come vanno, o sudare lungo una strada chiaramente meno efficace, non è nelle nostre intenzioni. Lo è invece apprezzare e valorizzare il buono che ancora senz’altro c’è,
partecipando a cambiare il resto con il meglio che anche noi possiamo offrire. Pensiamo in grande,
cominciamo dal nostro quotidiano, affiniamo le abilità necessarie, diamo l’esempio e
muoviamoci insieme!
E ricordiamo che anche dietro ai fenomeni sociali più aberranti, persino dietro ad astrazioni quasi magiche come ‘i grandi poteri’, ‘gli interessi internazionali’ e ‘il sistema’, ci sono persone. Persone cresciute in
un certo modo. Che succederà quando a prendere il loro posto sarà la prossima generazione? La risposta
sta anche nella scelta che faremo oggi, noi di questa.
Perciò la domanda è: ci piace o no, lo sentiamo giusto o no, ed è socialmente utile, questo ‘Umanesimo
ateo’?
Siamo la prima generazione italiana di non credenti pronta a rispondere di sì.
In prospettiva, dunque, ‘Umanesimo ateo’ è l’insieme minimo di riferimenti e capacità interamente umane grazie alle quali nel gruppo ciascuno può realizzarsi responsabilmente nella
vita che vuole. Il termine non ha valore in sé, serve semplicemente a descrivere queste idee: è una
comodità per intendersi e per comunicare, un mezzo, non il fine, non Verità astratta e a sé. Ciò che conta
è quello che significa, ciò che rappresenta, ciò che ispira.
È una definizione calzante, facile, positiva, capace di incuriosire e interessare, una che avanza immediatamente l’idea fondante di un’umanità protagonista — e proprio per questo è già la più largamente usata nel
mondo (cfr. Secular humanism) — ma potremmo sceglierne un’altra. L’importante per noi atei e agnostici umanisti è parlare in maniera diretta di filosofia di vita, di visione naturalistica del mondo e
dell’uomo, di griglia di valori, di felicità raggiungibili e opportunità reali, di miglioramento, mentalità,
cultura: della ‘via umana’ — quale ricca, sana e profonda alternativa al dogmatismo e all’estremismo — e
non di questo o quel principio come frammenti isolati e scomposti, sotto l’ala dell’effettivo ma insufficiente non credere.
Non ha senso dire ‘lo penso e lo faccio in nome dell’ateismo’.
Lo ha in nome dell’umanesimo.
C’è fra i non credenti chi, pur condividendo questi valori e propositi, si impunta sulla necessità di restare
liberi e ciascuno per sé, e di non prediligere un modo o l’altro di vedere le cose. Ci vede omologazione,
propaganda, discriminazione. Non è questo il caso.
Ad esempio siamo già d’accordo sulla necessità di ragione e laicità, quindi sull’idea di accompagnare l’ateismo ad alcuni valori essenziali. Questi soli bastano, se il nostro scopo è imprimere una svolta
alla società?
In secondo luogo, già operiamo una discriminazione, nel momento in cui condanniamo gli eccessi
di certa religione, la creduloneria, l’ignoranza, il bigottismo, l’arroganza, la manipolazione, la sottomissione e la violenza. Il fatto è che da valori di base diversi derivano scelte ed opinioni diverse, e non tutte
hanno conseguenze positive. Quali meglio funzionano, se il nostro scopo è imprimere una svolta alla
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società?
Non meno importante, è il fatto che proprio la libertà di coscienza, di scelta e di opinione sono
fra i fondamentali dell’Umanesimo ateo, che li garantisce esplicitamente.
Intendiamoci, è bellissima l’idea del ‘cane sciolto’, ma che succede quando questo cane deve interagire?
Come si comporterà? In base a cosa? Impulsivamente? A caso? O si atterrà ai suoi personali princìpi? E
quali faranno la differenza? L’unione, a quel punto, fa la forza?
Il giusto concetto che ogni uomo debba essere governo a sé stesso non implica la disunione e il caos, ma
indipendenza di giudizio e tanta saggezza e sensibilità personali quanto basta per vivere bene insieme.
Questa base, in realtà, ci accomuna. Si tratta ora per noi di fare un passo ulteriore e parlare di come ottenere, e di come poi si può scegliere di usare, quell’indipendenza interiore, se è vero che libertà di scelta
non implica qualità di scelta.
Difendere la propria autonomia da ideologie imposte non esclude affatto l’avere idee condivise su come
sarebbe meglio che andassero le cose al mondo. Smettiamola, su questo, di essere imparziali. Alcune non
ci piacciono affatto, in altre crediamo profondamente: semplicemente, se siamo in tanti a sostenere una
certa linea e non un’altra, consideriamola una forza, non una debolezza.
Non è che indipendenti, saggi e in gamba si diventa per caso, c’è bisogno tanto di evitare cattivi maestri quanto di trovare buoni insegnamenti. E qui c’è di mezzo il benessere delle persone. Lo stesso
principio laico ha origine in tale linea di pensiero, e per la stessa non arriva a garantire libertà a certi credo
chiaramente antisociali indiscriminatamente. Esso consente a tutti la libertà di essere: come essere è altra
cosa, ed è una scelta capitale.
Una scelta che comunque si fa.
Consapevolmente o meno, raffinata o disfunzionale, tutti abbiamo la nostra visione del mondo. E non è
che tutti gli atei siano razionalisti, laici, etici e insomma gran bravi ragazzi solo perché atei: nulla di tutto
questo è implicito nella definizione di non credente. C’è modo e modo di vivere, e l’ateo/a che aspira a
una vita più libera, appagante e pienamente etica per sé e per tutti entra in una dimensione umanista.
Se questo è vero, l’invito è a smettere di pensare che non esista una filosofia comune che riteniamo migliore. Esiste se concordiamo sulla libertà nella responsabilità, sul buon uso della ragione e
su relazioni efficaci. Sulla felicità nella consapevolezza, sui diritti umani. Sulle grandi potenzialità
dell’uomo e su uno sviluppo sociale sostenibile. Virtù e prospettive di una vita senza dèi.
Si tratta di questo, e di lavorarci e di proporlo non al solo scopo di tutelare i nostri diritti di non credenti,
ma per allargare a tutti e a chiunque un modo di vivere nei fatti più sano di quello che critichiamo e non
tolleriamo nelle peggiori forme di religiosità. E non solo in esse!
Certi modelli di potere e sfruttamento, di pensiero monolitico e cecità emotiva, di moralismo e vaniloquio, di baronismo e coercizione, di indottrinamento e illusione, infatti, tornano nella politica, in economia, nei media, nei rapporti sociali e di lavoro, nella famiglia…
Chi ad oggi ancora ritiene che ‘in fondo’ non sia importante unirsi intorno a princìpi come quelli qui proposti, rigettare ufficialmente quelli che riteniamo distorti e disfunzionali, e lavorare per sradicare non
solo i privilegi di pochi ma le stesse cause provate di ignoranza, incoscienza, infelicità e violenza fisica e
mentale provando a creare il contrario, faccia pure. Noi continueremo a lanciare un appello più
generale, e a proporre un’idea d’azione più completa che siamo convinti molti apprezze-
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ranno e condivideranno con grande piacere. Forse lo farà anche quel solitario non credente, prima
o poi, quando ne avrà abbastanza.
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Una filosofia comune che riteniamo migliore esiste, diciamocelo.
Diciamo anche che i fatti parlano chiaro. E allora, nella consapevolezza dei nostri limiti e nessuna
intenzione di credere assoluti e indiscutibili certi princìpi di vita, facciamoli nostri senza
paura, con fierezza, e pubblicamente. Tutti insieme.
Su questioni particolari avremo idee e soluzioni anche diverse, certo, e ci sarà da dialogare e accordarsi
per bene. Ma se siamo d’accordo su questi princìpi, strumenti e scopi di massima, andiamo nella stessa
direzione.
Per iniziare, ecco un sito e un Manifesto: qualcosa di concreto, limpido, essenziale, nero su bianco, in cui
poterci specchiare e riconoscere. Per riordinare le idee, prendere coscienza. Per ritrovarci, e cominciare a
contarci come atei e agnostici umanisti. Per farci notare, e capire. Per iniziare una straordinaria
avventura. Comunque, per esserci.
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