“Umanesimo planetario

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“Umanesimo planetario. La fratellanza universale dei
popoli. Valorizzare l’interazione solidale tra le
comunità locali, la società civile, le minoranze.
Promuovere eguaglianza per assicurare equità”.
La mia riflessione si accentra particolarmente sull‟Umanesimo, inteso, in senso
storico, come movimento culturale tendente alla scoperta degli studia humanitatis,
contro cui s‟infrange il complesso delle certezze acquisite sui banchi di scuola e
accreditate dai libri di testo. La mente corre subito al XIV – XV secolo per riscontrare
quegli elementi che caratterizzano il continuo e progressivo cammino della raggiunta
consapevolezza della propria dignità personale. L‟uomo, cioè, trova il coraggio di
superare le proprie debolezze, derivanti dalla sottomissione al peccato, prende in mano
il proprio destino e si sente forte. Questa forza (vis) interiore esprime l‟eccellenza
dell‟uomo (vir) stesso e del suo pensiero e si esplica come virtus e/o come vezzo1.
Sembra, però, assente quell‟eterno femminino ( virgo) che, oggi tanto di moda solo
perché è stato riproposto in chiave di una falsa e consumistica teologia della storia,
ricorre invece nella generazione della vita e nel compimento di tutta la realtà umana.
L‟ideale umanistico è dato dalla rivalutazione 2 della natura dell‟uomo. L‟uomo comune
dell‟Umanesimo, però, è ancora schiavo della sua condizione economica, culturale,
sociale e religiosa: i movimenti pauperistici e la repubblica savonaroliana ne
esprimono tutta la valenza reazionaria. La Stanza della Segnatura di Raffaello, in
Vaticano, rappresenta, invece, la liberazione e la rinascita dell‟uomo moderno: la
visione antropocentrica, che comincia ad affermarsi, della Scuola di Atene è parallela a
quella teocentrica della Disputa sul Sacramento, ovvero, non più philosophia ancilla theologiae,
ma ognuna delle due è libera ed autonoma nel perseguire il proprio Vero. Completano
il tutto l‟Etica con le virtù e l‟Estetica con Apollo e le Muse sul Parnaso. Nella società
civile ad ognuno compete il ruolo che gli è proprio, come nella mente i pensieri non
sono al servizio di alcuna autorità se non a quello di chi li produce. Tale concezione
paradisiaca contrasta, però, con la realtà machiavellica, per cui il fine giustifica il mezzo.
Occorre una nuova interpretazione antropologica per ridare dignità all‟uomo e
riconoscere il valore della persona umana. Compito che Kant fa suo nella Metafisica dei
Costumi, dopo aver affermato l‟universalità e l‟autonomia della legge morale: “Agisci in
modo da considerare, nello stesso tempo, l’umanità nella tua persona e nella persona di ogni altro,
sempre come fine e mai come mezzo”. Kant non si limita alla legge morale, ma va oltre ed
afferma che: “L’uomo è determinato dalla sua ragione a vivere in società con uomini e in essa a
coltivarsi con l’arte e con le scienze, a civilizzarsi, a moralizzarsi …”3, cioè, a produrre la società
civile universale, il cui fondamento sono : la libertà, l‟uguaglianza, l‟indipendenza. Al fine di
Occorre rimarcare che vitium non deriva da vis , ma da vetare (vietato).
Cfr.: Pico della Mirandola, De dignitate hominis ed Erasmo da Rotterdam, L’elogio della follia.
3 I. Kant, Antropologia pragmatica, Paravia, Torino, 1921, pag. 256.
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garantire la pace tra i popoli, il filosofo di Königsberg propone che: 1) la costituzione
civile di ogni Stato deve essere repubblicana; 2) il diritto internazionale deve essere
fondato su un federalismo di Stati liberi; 3) il diritto cosmopolitico deve essere
limitato alle condizioni di universale ospitalità4: “il limite geografico della nostra terra
impone ai suoi abitanti il principio di ospitalità universale”.
A questo punto viene da sé riflettere su quanto segue: qualche settimana fa, un
personaggio pubblico italiano, per giustificare i respingimenti di migranti e
calpestando millenni di storia e di cultura, ha proclamato che l‟Italia non è un paese
multietnico né è votato a tal fine.
Anzitutto bisogna vedere cosa s‟intenda con la parola “multietnico”per poi cercare di
sapere se le cose stiano veramente così. Multietnico vuol dire semplicemente: costituito
da più etnie (popoli o gruppi razziali). Non c‟è bisogno di ricorrere a Lucy o all‟uomo di
Neanderthal, di Cro Magnon o di Altamura per spiegare i movimenti migratori nei
diversi continenti. Nella penisola italica hanno convissuto abbastanza pacificamente,
se non per futili motivi a causa di una secchia rapita, padani con Liguri e Valdostani,
Friulani, Ladini e Altoatesini, Umbri, Romagnoli e abitanti della Tuscia, Piceni e
Bruzii, Messapi, Japigi, Sanniti, Liburni e italioti in genere: un vero mosaico di etnie 5.
Non solo ma l‟identità europea, come messo recentemente in rilievo da un eccellente
saggio di Ceruti e Bocchi (Una e molteplice. Ripensare l’Europa, Tropea Editore, 2009),
nasce dalle quattro colonne: le tre religioni monoteiste e il mondo classico latino e
greco. Tutto ciò, a sua volta, è stato originato da una nuova forma di umanesimo, dato
dalla simbiosi tra l‟amore evangelico e l‟autonomia del cittadino greco. L‟Europa risulta
come in perenne metamorfosi, l‟ultima della quale è l‟UE. L‟Europa, cioè, deve essere
pensata nella sua molteplice diversità e nella sua unità, per accedere all‟unità nella
multiculturalità, non solo, quindi, economico-finanziaria qual è quella prodotta
dall‟euro. Lo stesso concetto di nazione è figlio dell‟Europa che ha prodotto due
malattie: la purificazione unificatrice e la sacralizzazione delle frontiere. Oggi si assiste al
ripetersi di una nuova fase epidemiologica con la purificazione etnica o etnicoreligiosa nei confronti dei migranti respinti, anche se il cammino verso l‟unione ha
prodotto l‟integrazione polietnica delle nazioni monoetniche, l‟eliminazione della
purificazione religiosa e la desacralizzazione delle frontiere. Dicono Bocchi e Ceruti:
“Il ruolo dell‟Europa nel governo dei processi di globalizzazione è unico e
irrinunciabile: non più centro del mondo, volto a esercitare il controllo degli scenari
internazionali, ma sua „provincia‟, tesa ad affrontare le difficoltà e le controversie che i
processi di globalizzazione comportano, e nella condizione di sperimentarne soluzioni
innovative, attraverso la specificità della sua storia e della sua identità, che è una e
molteplice.” L‟Europa non è tanto un territorio quanto un progetto, nato dalla sua
storia, dalle due guerre mondiali e dal totalitarismo. L‟era planetaria è partita da essa con
Cfr I. Kant, Per la pace perpetua, Laterza, Bari,
Erodoto sostiene che gli Etruschi, provenienti dall‟Asia minore e guidati dal loro capo Tirreno, si sono stanziati tra
il Lazio e la Toscana.
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i processi di occidentalizzazione e globalizzazione, fondati sul quadrinomio scienza –
tecnica – economia – profitto. Se si vuole, quindi, che l‟Europa aiuti l‟Italia
sull‟immigrazione clandestina, bisogna che l‟Italia accetti la realtà di fatto che vede la
società antropologicamente fondata su aspetti valoriali multietnici.
Queste considerazioni portano a riflettere sulla legittima aspirazione ad un nuovo
umanesimo che non potrà essere solo economico o politico, ma, nel contempo, anche
culturale, sociale e giuridico, e non limitato ad un contesto territoriale se non di
ampiezza universale.
Le religioni storiche o rivelate hanno espresso la pretesa di essere ognuna superiore
all‟altra o depositaria dell‟unica verità; ed è stata proprio questa presunzione a generare
lotte, inquisizioni, e guerre. G. Lessing, in Nathan il Saggio o Favola dei tre anelli, sostiene
che l‟importante non è credere nella religione assoluta, unica e vera (Hegel parlerà di
assolutezza del cristianesimo), ma nel ritenere che la propria fede sia quella autentica, quasi
a ripetere con Spinoza: “non praesumo me optima invenisse philosophiam sed veram scio
intelligere”. Il carattere di esclusività delle religioni deve essere superato dal
riconoscimento della convivenza delle diversità e della convivialità delle differenze. La
crisi dell‟universalismo planetario, scaturito dall‟attacco alle torri gemelle, ha
alimentato il conflitto di civiltà che potrà essere superato solo se si riconosce l‟unità
nella molteplicità. L‟umanità potrà sopravvivere a condizione che venga realizzata (E.
Morin): questo è il nuovo umanesimo, fondato sull‟etica della responsabilità e
dell‟alterità 6. Sapere che l‟essere è sempre un inter-esse, cioè un essere (soggetto) tra altri
soggetti, è il compito per una cittadinanza planetaria, intesa come unitas multiplex. Tale
espressione deve essere compresa non come l‟uno-tutto (en kai pan) della filosofia
romantica della natura, scaturita dall‟interpretazione di Jacobi nelle Lettere sulla dottrina
di Spinoza, ma come semplice unità, data dal molteplice che la costituisce. Occorre che
l‟uomo venga educato ad una nuova etica costituita da: 1) sapere; 2) saper fare; 3)
saper essere; 4) saper essere insieme. Queste, d'altronde, sono le nuove mete educative
che, oggi, la scuola si propone di conseguire per la formazione del cittadino.
La filosofia contemporanea ha affrontato il tema dell‟umanesimo sotto diversi
aspetti, ma evidenziando sempre la necessità di superare l‟egoismo individualistico a
favore del bene concreto della comunità delle persone umane. Testimoni di tali
prospettive, intese a superare anche la crisi economica e materiale del tempo, sono, E.
Mounier e J. Maritain.
Michele Ciliberti
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L‟etica dell‟alterità e l‟intersoggettività sono temi molto cari a E. Levinas e a M. M. Olivetti.
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