STRUTTURA DELL'ATOMO Vari esperimenti condotti fra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 dimostrarono che gli atomi non sono indivisibili, ma costituiti da particelle più piccole (elementari). PARTICELLE SUBATOMICHE: particelle fondamentali Gli atomi, e quindi tutta la materia, sono costituiti principalmente da tre particelle fondamentali: elettroni, protoni e neutroni. Particella Massa (uma) Carica (scala relativa) Elettrone (e-) 0.00054858 -1 Protone (p o p+) 1.0073 +1 Neutrone (n o n0) 1.0087 nessuna 1 La scoperta degli elettroni • Passaggio di corrente attraverso alcune sostanze decomposizione: gli elementi di un composto sono tenuti insieme da forze elettriche (H. Davy, inizio ‘800) • Elettrolisi: relazione tra quantità di elettricità e quantità di materia prodotta dalla reazione chimica (M. Faraday, 1832-1833) • G. Stoney nel 1874, esaminando gli esperimenti di Faraday, ipotizzò che unità di carica elettrica fossero associate agli atomi. Nel 1891 suggerì per queste il nome di elettroni. • La più convincente dimostrazione dell’esistenza degli elettroni fu fornita da esperimenti che utilizzavano tubi a raggi catodici 2 Tubo a raggi catodici Se a due elettrodi posti alle estremità di un tubo, contenente un gas a pressione ridotta, viene applicato un elevato voltaggio, dall'elettrodo negativo (catodo) si dipartono dei raggi detti raggi catodici. Thomson dimostrò che tali raggi sono costituiti da un flusso di particelle cariche negativamente che chiamò elettroni. Gli elettroni : (1) viaggiavano secondo linee rette; (2) erano indipendenti dalla composizione della materia da cui si originavano (catodo); (3) trasportavano una carica elettrica negativa. 3 4 4 5 ESPERIMENTO DI THOMSON (1897) S + N - Misura del rapporto carica/massa dell'elettrone: un fascio di raggi catodici attraversa un campo elettrico e un campo magnetico ortogonali tra loro. La deviazione provocata dal campo elettrico ha senso opposto rispetto a quella indotta dal campo magnetico. Regolando la differenza di potenziale agli elettrodi è possibile riportare gli elettroni su una traiettoria rettilinea. In tal caso sono uguali le forze che i due campi esercitano sulla carica in movimento. La velocità delle particelle è uguale al rapporto tra l’intensità del campo elettrico E e di quello magnetico H: v = E/H Coulomb/grammo Applicando ora solo il campo elettrico o magnetico e misurando la e/m=1,7588 108 C/g deflessione del fascio si può ricavare 6 e (carica)/m (massa) Quantizzazione della carica elettrica: esperimento di Millikan (1909) L’esperienza con cui Millikan misurò la carica elettrica dell’elettrone fu anche quella che confermò definitivamente l’esistenza dell’unità elementare di elettricità + Gocce di olio vengono fatte cadere in presenza di un campo elettrico. Gli elettroni (provenienti dall’aria ionizzata dai raggi x) si trasferiscono per collisione sulle gocce d’olio. - Aumentando la ddp la velocità di caduta delle gocce diminuisce. Ad un determinato valore di ddp la forza elettrica e la forza di gravità si bilanciano e la gocciolina si ferma. Dalla massa (volume x densità) nota delle goccioline e dal voltaggio applicato per mantenere ferme le gocce cariche fu possibile calcolare la carica presente sulle gocce. Tutte le cariche misurate da Millikan risultarono essere un multiplo intero dello stesso numero “carica elementare minima e” assunta come carica di un singolo elettrone. e = 1,60218 x 10-19 C (coulomb) 7 Dall’esperimento di Thomson: e/m = 1,7588 108 C/g in seguito alla determinazione di e fu dedotto il valore di m: m = 9,109410-28 g Questo valore è circa 1/1836 la massa dell’atomo di idrogeno, il più leggero di tutti gli atomi L’esperimento di Millikan fu il primo a suggerire che gli atomi contengono un numero intero di elettroni 8 Raggi canale e protoni Un tubo a raggi catodici genera anche un flusso di particelle con carica + che si muove verso il catodo (Eugen Golstein 1886). Tali raggi furono chiamati raggi canale perché capaci di passare attraverso dei fori praticati sul catodo. Questi raggi, ioni positivi, si generano perché gli atomi del gas all’interno del tubo perdono elettroni Atomo catione+ + e- X X+ + e- Elementi diversi producono ioni positivi con differenti rapporti e/m. La regolarità del valore e/m per diversi ioni portò a concepire l’esistenza di un’unità di carica positiva che risiede in una particella detta protone. La carica del protone è uguale e contraria a quella dell’elettrone, la sua massa è però circa 1836 volte più grande di quella dell’elettrone. 9 Atomo: regioni di carica positiva e regioni di carica negativa Come sono distribuite queste cariche? Modello di Thomson L'esperimento di Rutherford Modello a panettone (Modello nucleare dell’atomo) Le particelle alfa sono una forma di radiazione corpuscolare altamente ionizzante e con un basso potere di penetrazione dovuto all'elevata sezione d’urto. Consistono di due protoni e due neutroni legati, si tratta quindi di nuclei 4He. Da un punto di vista chimico possono anche essere identificati con il simbolo 4He2+. “E’ stato l’evento più incredibile che mi sia mai capitato. E’ come se sparaste un proiettile da 15 pollici contro un foglio di carta e questo 10 rimbalzasse indietro a colpirvi” Atomo essenzialmente vuoto: poichè le particelle α hanno una massa notevolmente maggiore rispetto a quella di un elettrone, per passare indisturbate oltre la lamina (e ciò accade per più del 99% di esse) non devono trovare ostacolo nelle masse dei singoli atomi di oro. La massa di ciascun atomo d'oro deve essere concentrata in una regione particolare: il nucleo. Nucleo carico positivamente: il nucleo deve essere 104-105 volte più piccolo (diametro nucleare 10-15 m) di quello dell'atomo (diametro atomico 10-10 m), e deve essere carico positivamente: solo così si possono spiegare le notevoli deviazioni nella traiettoria (anche con riflessione indietro) di un numero limitato di particelle α. Modello planetario: dal momento che, in condizioni ordinarie, la materia è impenetrabile, bisogna supporre che gli elettroni impegnino comunque, in un qualche modo, la periferia dell'atomo (lo spazio intorno al nucleo). In prima approssimazione gli elettroni possono essere immaginati come i pianeti attorno al Sole. Atomo elettricamente neutro: il numero degli elettroni, carichi negativamente, deve essere uguale a quello delle cariche positive presenti nel nucleo, per cui l'atomo, nel suo complesso, è neutro. Lo stesso Rutherford aveva chiamato protoni le più piccole particelle positive: il nucleo di un atomo neutro doveva essere formato da tanti protoni quanti erano gli elettroni 11 Dimensioni atomiche: circa 1 Å = 10-10 m = 0.1 nm Dimensioni nucleari: circa 10-5 Å La maggior parte dell'atomo è vuoto Quasi tutta la massa atomica è quindi concentrata nel nucleo 12 I neutroni James Chadwick - 1932 Esperimento: bombardamento di campioni di Berillio o altri elementi con particelle ad elevata energia questi producevano neutroni, particelle che non risentivano né di un campo elettrico né di un campo magnetico, se colpiti con un fascio di particelle ad alta energia. Il neutrone è una particella neutra con massa poco più grande del protone. Gli atomi sono formati da piccolissimi nuclei molto densi con carica positiva, circondati da nuvole di elettroni poste a distanze relativamente grandi dai nuclei. • Tutti i nuclei contengono protoni; • Tutti i nuclei, ad eccezione di quello della forma più comune dell’idrogeno, contengono anche neutroni. 13 Dimensioni atomiche 14 STRUTTURA NUCLEARE Ogni elemento è caratterizzato da una carica nucleare tipica correlata alla carica elettronica e. Questo multiplo viene indicato con la lettera Z (numero atomico) e definisce pienamente l’identità di quell’elemento. Ad ogni Z corrisponde un atomo H Z=1 He Z=2 Li Z=3 Nell'atomo neutro attorno a tale nucleo si muovono Z elettroni. Ogni elemento differisce dall’elemento che lo precede per una carica positiva in più nel nucleo. Un nucleo è costituito da due tipi di particelle: Protoni carica +e massa 1836 volte quella dell'elettrone Neutroni carica 0 massa 1836 volte quella dell'elettrone 15 Un nucleo è quindi caratterizzato da due numeri Un numero di massa A numero di protoni + numero di neutroni Un numero atomico Z numero di protoni Un nucleo particolare caratterizzato da Z e da A è anche chiamato nuclide e rappresentato con la seguente notazione: Numero di massa Numero atomico Z=11 A=23 23 11 Na 11 protoni 23-11= 12 neutroni (definisce l'elemento Na) 16 NUMERO DI MASSA E ISOTOPI Atomi i cui nuclei hanno lo stesso numero di protoni ma diverso numero di neutroni sono detti isotopi. Ad esempio l'idrogeno ha tre isotopi: 1 1 2 1 3 1 H idrogeno 1 protone nessun neutrone H deuterio 1 protone 1 neutrone H trizio 1 protone 2 neutroni Gli elementi presenti in natura sono in genere miscele di isotopi: Cloro 75,8 % 35 17 Cl 24,2 % 37 17 Cl Abbondanza relativa: frazione del numero totale di atomi di un dato isotopo. 17 18 Abbondanza di alcuni isotopi naturali Elemento Massa Atomica (uma) Isotopo % abbondanza naturale Massa (uma) boro 10.881 10B 19.91 80.09 10.01294 11.00931 99.762 0.038 0.200 15.99492 16.99913 17.99916 75.770 24.230 34.96885 36.96590 0.0055 0.720 99.2745 234.0409 235.0439 238.0508 11B ossigeno 15.9994 16O 17O 18O cloro 35.4527 35Cl 37Cl uranio 238.0289 234U 235U 238U 19 20 Quali tra i seguenti atomi: A X B X C X D X E X 90 37 90 39 88 37 92 35 89 36 sono isotopi dello stesso elemento? o o o o ABCD- AeB AeC AeD AeE 21 Peso Atomico, Peso Molecolare e Mole Massa di riferimento: la massa dell’isotopo 12 del carbonio (12C) fu posta uguale a 12, numero esatto. Massa atomica relativa o peso atomico di un nuclide: è un numero adimensionale dato dal rapporto, moltiplicato per 12, tra la sua massa e la massa del nuclide 12C. Massa 6Li/massa 12C = 0.5012607 0.5012607 x 12 = 6.015121 Il Peso Atomico (PA) di un elemento è un numero adimensionale ed è la media pesata delle masse atomiche relative degli isotopi che costituiscono l'elemento naturale, per la loro abbondanza relativa. 6Li 7Li = 7.5%, peso atomico = 6.015121 = 92.5%, peso atomico = 7.016003 Peso Atomico (PA) dell'elemento Litio = (7.5/100) x 6.015121 + (92.5/100) x 7.016003 = 6.94 22 Peso Atomico, Peso Molecolare e Mole Peso Molecolare (PM): è uguale alla somma dei pesi atomici degli atomi che costituiscono la molecola ciascuno moltiplicato il proprio coefficiente stechiometrico. PM (O2) = 2 x PA (O) = 2 x 16 = 32 Peso Formula dei composti ionici:è la somma dei pesi atomici degli atomi che compaiono nella formula minima di un composto ionico. PF (NaCl) = 22.9 + 35.5 = 68.07 Unità di massa atomica unificata (uma) = 1.660539 x 10-27 kg. In fisica nucleare è l'unità di misura delle particelle subatomiche e dei nuclidi e corrisponde a 1/12 esatto della massa del nuclide 12C. 23 Peso Atomico, Peso Molecolare e Mole Coefficienti stechiometrici: sono i numeri posti davanti alle formule molecolari. 2H2 + O2 H 2O Mole: è la quantità di sostanza che contiene tante unità chimiche elementari (atomi, molecole, ioni) quanti sono gli atomi contenuti in 12 grammi esatti del nuclide 12C. Numero o costante di Avogadro = esprime il numero di unità chimiche elementari contenute in una mole di sostanza = 6.022 x 1023 mol-1 La massa, misurata in grammi, di una mole di elemento è uguale al suo Peso Atomico espresso in grammi. La massa, misurata in grammi, di una mole di sostanza, è uguale al suo Peso Molecolare espresso in grammi. 24 Massa atomica e scala delle masse atomiche uma: esattamente 1/12 della massa dell’isotopo 12 del carbonio (12C) (Unione Internazionale per la Chimica Pura ed Applicata: IUPAC 1962) E’ approssimativamente la massa di un atomo di 1H, l’atomo più leggero Una mole di atomi di qualunque elemento contiene il Numero di Avogadro (N=6.022 x 1023) di atomi di quell’elemento massa atomica di un elemento (uma) = la massa (g) di una mole di atomi dell’elemento es: massa di un atomo di 12C = 12 uma massa di una mole di 12C = 12 g Per mostrare la relazione tra uma e grammi calcoliamo la massa, in uma, di 1.000 g di 12C 1.000 g/12 g = 0.083 moli 12C 0.083 x 6.022 x 1023 = 5.018 x1022 atomi 12C 5.018 x 1022 x 12 = 6.022 x 1023 uma 1 g = 6.022 x 1023 uma 1 uma = 1.660 x 10-24 g 25 LA TAVOLA PERIODICA L’esigenza di ordinare gli elementi secondo uno schema logico che mettesse in evidenza possibili regolarità nelle loro proprietà fu sentita dai chimici non appena fu percepita la distinzione tra elementi e composti. • Lavoisier nel 1787 stilò un elenco che comprendeva 33 elementi noti all’epoca, tra cui la luce ed il calorico; • Berzelius nel 1818 elencò 47 elementi; • Mendelev nel 1869 formulò la prima versione, coerente con l’attuale, della tavola periodica contenente 63 elementi. 26 Tavola periodica Mendeleev 1869: classificazione degli elementi noti sulla base delle proprietà chimiche. Ordinò gli elementi in una tabella secondo la loro massa atomica crescente. Pur di mantenere lungo le righe elementi con caratteristiche comuni invertì l’ordine di massa atomica crescente e lasciò vuote alcune posizioni assumendo che i corrispondenti elementi non fossero stati ancora scoperti. Assegnò a 3 elementi ancora da scoprire tre posizioni vuote in prossimità di boro, alluminio e silicio, i nomi di eka-boro, eka-alluminio ed eka-silicio (gallio 1875, scandio 1879, germanio 1886). Nel 1871 elaborò una nuova tavola in cui la massa atomica cresceva lungo le righe e gli elementi simili venivano posti nelle colonne. Meyer 1869: classificazione degli elementi noti sulla base delle loro proprietà fisiche. Regolare ripetizione periodica di alcune proprietà all’aumentare del peso atomico periodicità 27 TAVOLA PERIODICA (Mendeleev, 1869) Disposizione degli elementi in ordine di peso atomico crescente in sequenze successive tali che gli elementi con proprietà chimiche simili venissero a collocarsi nella stessa colonna. • Osservazione e correlazione di proprietà chimiche (reattività, colore, solubilità, acidità, etc.) Li, Na, K, Rb Mg, Ca, Sr, Ba F, Cl, Br, I • Ordinamento secondo Peso Atomico (non Numero Atomico Z: non si conosceva ancora la struttura elettronica della materia) Inversioni: Co/Ni; Te/I • Previsione dell’esistenza di nuovi elementi in base a ‘buchi’ nella classificazione 28 Proprietà Eka-silicio Germanio (1886) Peso atomico 72 g mole-1 72.6 g mole-1 Densità 5.5 g cm-3 5.5 g cm-3 Punto di fusione alto 937°C Aspetto grigio grigio Ossido EO2 GeO2 Aspetto Solido bianco Solido bianco Densità 4.7 g cm-3 4.23 g cm-3 Cloruro ECl4 GeCl4 Punto di ebollizione < 100°C 84°C Densità 1.9 g cm-3 1.84 g cm-3 29 TAVOLA PERIODICA Classificazione degli elementi secondo il numero atomico (Z) crescente Legge periodica: Le proprietà degli elementi sono funzioni periodiche dei loro numeri atomici Struttura atomica 4 30 Nei periodi gli elementi presentano numero atomico crescente e le proprietà chimiche e fisiche si ripetono periodicamente in ciascuna riga I gruppi comprendono elementi con proprietà chimiche simili a causa della somiglianza delle configurazioni elettroniche dati dell’elemento gruppo IV numero atomico periodo 2 6 12,011 C massa atomica relativa* 2,5 elettronegatività * carbonio 1s2,2s2p2 configurazione elettronica • numero atomico Z = numero protoni ed elettroni • gruppo = indica il numero elettroni nell’ultimo livello • periodo = indica il livello più esterno massa atomica relativa media pesata degli isotopi dell’elemento unità di misura: u.m.a. (1/12 isotopo 12C) Sistema IUPAC: i gruppi sono indicati con numeri progressivi da 1 a 18 Sistema CAS: si impiegano numeri romani da I a VIII seguiti dalla lettera A per i gruppi degli elementi principali e dalla lettera B per gli elementi di transizione I PROBLEMI DEL MODELLO PLANETARIO F v Secondo Rutherford l’elettrone si muoverebbe sulla sua orbita in equilibrio tra la forza elettrica di attrazione del nucleo e la forza centrifuga derivante dalla sua velocità Una particella elettrica in movimento perde energia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche L’elettrone che perde energia si avvicina sempre di più al nucleo fino a caderci sopra Nella realtà ciò non avviene Il modello di Rutherford non giustifica quindi la stabilità dell’atomo 35 STRUTTURA ELETTRONICA DEGLI ATOMI Limitazioni del modello atomico di Rutherford Non riesce a spiegare la stabilità dell’atomo e non consente di rispondere alle seguenti domande: • Perché diversi elementi hanno proprietà fisiche e chimiche così differenti? • Perché esistono i legami chimici? • Perché ogni elemento forma composti con formule caratteristiche? • Come possono gli atomi dei diversi elementi emettere o assorbire luce solo di colori ben precisi? La nuova teoria che riesce a spiegare l’organizzazione degli elettroni negli atomi, giustificandone la stabilità e le proprietà, si basa sullo studio della luce emessa ed assorbita dagli atomi e consente di sviluppare un modello dettagliato della configurazione elettronica dei diversi elementi utile per comprendere la tavola periodica e il legame chimico 36 LA RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA La materia è sempre associata ad un colore che è quello percepito dai nostri occhi (es. luci al neon, fuochi di artificio) Come si originano i diversi colori della luce? Quando gli atomi acquistano E in seguito all'esposizione alla luce sono detti eccitati e l'E acquistata è assorbita dagli elettroni che poi la riemettono come radiazione elettromagnetica, parte della quale cade nella regione del visibile. (es. radiazione elettromagnetica: luce del sole, fari delle auto, forni a microonde, onde radio etc.) L’insieme di tutte le possibili lunghezze d’onda o frequenze della radiazione Elettromagnetica costituisce lo SPETTRO ELETTROMAGNETICO Spettro della luce 38 Le teorie relative all'energia ed alla disposizione degli elettroni all'interno degli atomi sono basate su studi sperimentali dell'interazione della materia con le Radiazioni elettromagnetiche (es. luce visibile), in modo particolare dallo studio degli spettri di emissione atomica formati da linee o bande impresse su pellicole fotografiche da radiazioni fatta passare attraverso un prisma di vetro dopo essere state prodotte da atomi eccitati per effetto termico od elettrico. 39 Tutti i tipi di radiazione elettromagnetica possono essere descritti da onde e consistono di campi elettrici e magnetici, perpendicolari tra loro, che variano in modo ripetitivo. 40 periodo T: intervallo di tempo in cui l’onda compie un’oscillazione completa (sec) ampiezza dell’onda A: corrisponde al massimo della grandezza che oscilla lunghezza d’onda λ: la distanza (m) che intercorre tra due punti consecutivi dell’onda che si trovino nelle stesse condizione (es. 2 min o 2 max) frequenza : numero di oscillazioni complete che l’onda compie in una secondo. Essendo c = λ, per tutte le onde elettromagnetiche, frequenza e lunghezza d’onda sono tra loro inversamente proporzionali. 41 LE ONDE Lunghezza d’onda λ Ampiezza A λ λ λ 42 Ad ogni evento di natura ondulatoria sono associati due fenomeni: INTERFERENZA L'interferenza è dovuto alla sovrapposizione, in un punto dello spazio, di due o più onde. Ciò che si osserva è che l'intensità dell'onda risultante in quel punto può essere diversa rispetto alla somma delle intensità associate ad ogni singola onda di partenza: essa può variare tra un minimo, in corrispondenza del quale non si osserva alcun fenomeno ondulatorio, ed un massimo coincidente con la somma delle intensità. In generale, si dice che l'interferenza è COSTRUTTIVA quando l'intensità risultante è maggiore rispetto a quella di ogni singola intensità originaria, e DISTRUTTIVA in caso contrario. DIFFRAZIONE E' un fenomeno fisico che si verifica quando un’onda oltrepassa un’apertura o un ostacolo di dimensioni paragonabili alla sua lunghezza d’onda: l’onda si propaga in tutte le direzioni e la fenditura agisce come una sorgente di onde sferiche. Se la dimensione della fenditura è maggiore della lunghezza d’onda, la radiazione si propaga in linea retta. Interferenza di onde elettromagnetiche Interferenza costruttiva Interferenza distruttiva Diffrazione Esempi di figure di diffrazione sinistra: forma apertura destra: immagine sullo schermo ad apertura piccole corrispondono picchi centrali più estesi Posizione del primo minimo: sin θ = λ/d LA TEORIA QUANTISTICA Finora la luce è stata descritta in termini di comportamento ondulatorio. In certe condizioni è possibile descriverla come fosse composta da particelle. Nel 1900 Max Planck propone la quantizzazione dell’energia. L’energia non si trasferisce in modo continuo, ma per quantità discrete, dette quanti Per le onde elettromagnetiche l’energia dei vari quanti dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione associata Legge di Planck E = h 46 Planck era tuttavia un fisico teorico e non approfondì quindi le possibili applicazioni della sua rivoluzionaria teoria Nel 1905 Einstein utilizza la teoria quantistica per spiegare l’effetto fotoelettrico A qualsiasi onda luminosa è associabile un quanto, la cui energia dipende dalla frequenza, secondo la legge di Planck E = h Albert Einstein (1879 – 1955) Un quanto di sufficiente energia, che colpisce un elettrone del metallo, lo mette in movimento come avviene in un urto tra le palle di un biliardo 47 48 Einstein spiegò questo effetto assumendo che i QUANTI di Planck fossero FOTONI, particelle di luce la cui energia è data da hν. Fu così possibile descrivere la luce come un fascio di fotoni che avevano al tempo stesso proprietà sia ondulatorie che corpuscolari Un’onda elettromagnetica può essere in certi casi pensata come una particella, cui viene dato il nome di fotone La luce ha quindi una doppia natura: ondulatoria e corpuscolare 49 Solidi incandescenti, liquidi o gas ad elevata pressione e fortemente riscaldati emettono luce producendo spettri continui. Facendo passare corrente elettrica in un gas a bassa pressione in un tubo sottovuoto e la luce emessa dal gas viene scomposta da un prisma otteniamo uno spettro di emissione a righe 50 Facendo passare luce bianca (costituita da una distribuzione continua di lunghezze d’onda) in un gas ed analizzando il fascio che emerge otterremo uno spettro di assorbimento in cui alcune lunghezze d’onda sono state assorbite. Queste ultime sono proprio le lunghezze d’onda emesse negli esperimenti di emissione. 51 SPETTROSCOPIA Intorno alla metà dell’800 Kirchoff inizia l’analisi spettroscopica Gas e vapori riscaldati producono spettri di emissione a righe Gustav Kirchoff (1824 – 1884) Gas e vapori freddi producono spettri di assorbimento a righe Gli spettri di emissione e di assorbimento sono complementari Le righe hanno una posizione (e quindi una lunghezza d’onda) caratteristica 52 della sostanza Lo spettro dell’idrogeno INADEGUATEZZA DEL MODELLO ATOMICO DI RUTHERFORD L’esistenza di spettri atomici a righe, che presentavano solo radiazioni elettromagnetiche con frequenza ben definita era incompatibile con il modello atomico di Rutherford secondo cui un elettrone in moto su un’orbita attorno al nucleo avrebbe dovuto emettere una radiazione elettromagnetica e perdere continuamente energia finendo per cadere sul nucleo in tempi brevissimi. Inoltre, l’atomo avrebbe dovuto emettere uno spettro continuo, formato da tutte le lunghezze d’onda corrispondenti a tutte le possibili posizioni occupate dall’elettrone nella sua traiettoria a spirale verso il nucleo. 54 IL MODELLO ATOMICO DI BOHR (1913) Nils Bohr (1885 – 1962) L’elettrone non può stare a una distanza qualsiasi dal nucleo, perché ruota intorno ad esso solo su orbite circolari determinate Il raggio delle orbite può assumere solo valori fissati, definiti da n (numero quantico principale, che assume solo valori interi) Maggiore è n, tanto più lontani dal nucleo ruotano gli elettroni e tanto più alta è la loro energia Quando l’elettrone percorre una di queste orbite, dette orbite stazionarie, non emette, né assorbe energia: ecco perché non può cadere sul nucleo, come conseguiva invece dal modello di Rutherford 55 L’elettrone assorbe o emette energia solo quando passa da un’orbita all’altra (salto quantico) Gli elettroni di ogni elemento scambiano (assorbono/emettono) solo l’energia esattamente necessaria per passare da una all’altra delle proprie orbite Salto quantico (caratteristico di ogni elemento) Energia (solo quella necessaria) Frequenza E = h Colori degli spettri Gli spettri di emissione e di assorbimento sono complementari L’energia dell’elettrone è quantizzata 56 MODELLO ATOMICO DI BOHR PER L’ATOMO DI IDROGENO • • • • • • • • • • • L’unico elettrone dell’atomo di idrogeno può occupare solo alcuni livelli energetici; l’energia dell’elettrone è quantizzata; i livelli energetici sono definite orbite e la differenza di energia tra due qualsiasi orbite adiacenti sono rappresentate da un unico quanto di energia; a ciascuna orbita consentita è assegnato un numero intero, n, definito numero quantico principale il cui valore per le possibile orbite varia da 1 all’infinito; i raggi delle orbite aumentano all’aumentare di n; l’orbita più vicina la nucleo è quella con n=1 e l’elettrone dell’atomo di idrogeno normalmente occupa questa; ogni atomo i cui elettroni occupano i livelli energetici più bassi si trova nello stato fondamentale; per allontanare l’elettrone dal nucleo bisogna fornire energia per vincere la forza attrattiva tra il nucleo positivo e l’elettrone negativo; quando l’elettrone dell’atomo di idrogeno occupa l’orbita con n>1 l’atomo possiede energia maggiore rispetto al suo stato fondamentale e si diche che si trova in uno stato eccitato; lo stato eccitato di qualsiasi atomo è instabile; l’energia acquistata da un atomo eccitato viene emessa quando l’elettrone ritorna al suo stato fondamentale e l’energia del fotone emesso, hν, dall’atomo eccitato corrisponde alla differenza tra i due livelli energetici. 57 Energie permesse per l’elettrone nell’atomo di idrogeno Spettri dell’atomo di idrogeno Bohr dimostrò che non era possibile ricostruire la struttura dell’atomo utilizzando solo la fisica classica, ma che era necessario ricorrere alla teoria quantistica Tuttavia il suo modello atomico valeva solo per il più semplice degli atomi (quello di idrogeno), mentre non era più capace di spiegare gli spettri degli appena più complessi L’ELETTRONE: PARTICELLA O ONDA? Nel 1924 il fisico francese de Broglie sostiene che, se un’onda luminosa corrisponde ad una particella (fotone), allora anche una particella (elettrone) corrisponde ad un’onda elettromagnetica Lunghezza dell’onda L. de Broglie (1892 – 1987) h λ cm Massa dell’elettrone mc = h/λ = p mc2 = hc/λ = h = E 60 La teoria quantistica moderna La meccanica quantistica è la teoria delle interazioni tra le particelle elementari. Finora non è stata smentita da alcuna osservazione sperimentale. Essa è nata tra il 1923 e il 1927, con il contributo di diversi fisici. Inizialmente apparve in due formulazioni apparentemente diverse: la meccanica delle matrici (Heisenberg, Born, Jordan) e la meccanica ondulatoria (Schrödinger). Successivamente fu lo stesso Schrödinger a dimostrare l’equivalenza delle due formulazioni. La messa a punto del formalismo generale della teoria quantistica si deve a Dirac. L’interpretazione e la coerenza interne della teoria sono state pienamente comprese grazie ai lavori di Bohr, Born e Heisenberg. Meccanica quantistica Se la luce può essere interpretata in termini di proprietà sia ondulatorie che corpuscolari, perché le particelle di materia, come ad esempio gli elettroni, non possono essere trattati allo stesso modo? De Broglie: dualismo onda-particella h λ mv h = costante di Planck = 6.626x10-31 g m2 s-1 La lunghezza d’onda, λ, caratteristica di un elettrone dipende dalla sua massa m e dalla sua velocità v Esempio: elettrone che si muove alla velocità di 1.00x10-6 m s-1 : λ h mv = 6.626x10-34 Kg m2 s-1/(9.109x10-31 Kg)(1.00x10-6 m s-1) = 7.27 Å = 7.27x10-10 m λ diminuisce all’aumentare della velocità dell’elettrone Gli elettroni hanno anche un comportamento ondulatorio e quindi godono delle proprietà delle onde (es. interferenza e diffrazione) Diffrazione di particelle Raggi x Fascio di fotoni Foglio metallico policristallino o cristallo Fascio di elettroni Elettroni, 1927 Davisson e Germer Come stabilire la posizione dell’elettrone-onda? Bohr aveva fatto un primo passo in avanti, sostenendo la quantizzazione dell’energia dell’elettrone; tuttavia continuava a immaginare il suo moto regolare e prevedibile, come quello dei pianeti intorno al Sole. La realtà dell’atomo richiedeva invece passi ulteriori verso una nuova fisica. Nel mondo macroscopico, ad esempio, non abbiamo problemi nel calcolare contemporaneamente sia la velocità (e quindi l’energia), che la posizione di un qualsiasi corpo. 64 IL PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE (1927) Non è possibile conoscere, in modo esatto, sia la posizione che l’energia posseduta da un elettrone Se si misura con molta precisione una delle due grandezze, allora si commette un grosso errore nella misurazione dell’altra x p > h Ciò accade perché misurando si interferisce W. Heisemberg (1901 – 1976) con la grandezza del sistema che vogliamo misurare Questo porta al definitivo superamento della concezione meccanicista dell’atomo, ove l’elettrone percorre traiettorie fisse con moto regolare. 65 La meccanica quantistica I grandi oggetti seguono le leggi della meccanica classica (leggi di Newton), ma il comportamento di particelle piccolissime come elettroni, atomi e molecole non è descrivibile in maniera accettabile attraverso queste leggi. Il comportamento di particelle piccolissime è descritto molto meglio dalla meccanica quantistica, che si basa sulle proprietà ondulatorie della materia. La quantizzazione dell’energia è proprio una conseguenza di tali proprietà. La meccanica quantistica è in grado di spiegare tutti i fenomeni finora osservati su scala atomica. In particolare, essa ha consentito: • di descrivere correttamente il moto di particelle soggette a campi di forza; • di determinare i livelli energetici dell’atomo di idrogeno e le corrispondenti funzioni d’onda dell’elettrone (orbitali); • di ottenere la configurazione elettronica degli atomi più complessi; • di ottenere, quando integrata con una teoria quantistica della radiazione elettromagnetica, le probabilità di transizione tra due diversi livelli energetici di un atomo. La meccanica quantistica non è stata finora contraddetta da alcun fatto sperimentale. La teoria quantistica moderna La funzione d’onda Invece di descrivere il moto di una particella tramite una traiettoria, che corrisponde a conoscere in ogni istante di tempo t le coordinate x, y, z della particella stessa, Schrödinger associò ad essa una funzione d’onda ψ(x, y, z) tale che il suo quadrato esprimesse la densità di probabilità, cioè le probabilità, per unità di volume, di trovare la particella nel punto dello spazio di coordinate (x, y, z). Schrödinger ha sviluppato la formulazione ondulatoria della meccanica quantistica, basata sul concetto di funzione d’onda; la celebre equazione di Schrödinger (1925) è in grado di descrivere perfettamente lo spettro dell’atomo di idrogeno e, in generale, il comportamento di una particella in un potenziale. Tenendo conto che anche l’elettrone possiede natura oscillatoria, nel 1926 il fisico austriaco Erwin Schröedinger (1887-1961) formulò un’equazione matematica che descrive il comportamento ondulatorio degli elettroni nell’atomo In essa compare la funzione Ψ chiamata funzione d’onda, il cui quadrato Ψ2 corrisponde alla densità di probabilità di trovare l’elettrone, in base all’energia che esso possiede, in una certa regione dello spazio intorno al nucleo 2 2 2 8 2m E V x , y , z x , y , z 0 2 2 2 2 x y z h Equazione di Schröedinger La funzione d’onda Equazione d’onda di Schrödinger Schrödinger dimostrò che l’espressione di de Broglie, che permetteva di prevedere il comportamento di una particella che si muove liberamente, poteva essere applicata ad una particella vincolata, come l’elettrone nell’atomo (es. particella in una scatola) -h2/8π2m • d2Ψ/dx2 + VΨ = EΨ h = costante di Planck m = massa della particella V = energia potenziale E = energia quantizzata (permessa) per la particella Ψ = funzione d’onda L’equazione d’onda applicata a sistemi reali può essere risolta solo se E assume certi valori che sono correlati a numeri interi. La quantizzazione dell’energia e i relativi numeri quantici sono una conseguenza diretta della teoria di Schrödinger e derivano dalla risoluzione dell’equazione d’onda. Risolvendo l’equazione per il moto nella direzione x di una particella in una scatola di lato L [vincoli: Ψ (x=0) = 0 e Ψ (x=L) = 0] -h2/8π2m • d2Ψ/dx2 + VΨ = EΨ si ottiene En = n2h2/8mL2 n = 1,2,3,……….. valori di energia permessi (quantizzati) per la particella (livelli energetici) Ψn = (2/L)1/2 sen (nπx/L) funzione d’onda IL MODELLO ATOMICO QUANTOMECCANICO Schrödinger combinò l’ipotesi di De Broglie con le equazioni della meccanica classica che descrivono il movimento delle onde e derivò da queste una nuova equazione chiamata EQUAZIONE D’ONDA per descrivere il comportamento di un elettrone nell’atomo di idrogeno Le soluzioni dell’equazione d’onda, chiamate FUNZIONI D’ONDA, prevedono gli stati energetici permessi per un elettrone e la probabilità di trovare quell’elettrone in una data regione dello spazio Ogni funzione d’onda è una complessa equazione matematica. Il quadrato della funzione d’onda rappresenta, graficamente, la regione dell’atomo in cui vi è la maggiore probabilità di trovare un elettrone avente un determinato stato energetico. Le superfici limite tridimensionali sono dette ORBITALI e non corrispondono alle ORBITE del modello di Bohr Il numero quantico principale, n, è una misura della distanza più probabile dell’elettrone dal nucleo (quindi indica il valore dell’energia dell’orbitale) e non la misura del raggio di un’orbita ben definita Un orbitale viene descritto dai numeri quantici (n, l, ml). Quando n=1 è possibile un solo tipo di orbitale detto s. Quando n=2 sono possibili gli orbitali s e p. Quando n=3 sono possibili gli orbitali s, p, e d. Quando n=4 sono possibili gli orbitali s, p, d ed f Un insieme di orbitali avente lo stesso numero quantico principale è detto GUSCIO o STRATO o LIVELLO e viene indicato con la lettera maiuscola K se n=1, L se n=2, M se n=3, N se n=4 e così via Ciascuno strato è diviso in SOTTOSTRATI o SOTTOGUSCI o SOTTOLIVELLI caratterizzati dal valore del numero quantico secondario. Il numero di sottostrati è uguale al valore di n per quello strato. STRATO Numero quantico principale Sottostrato Orbitali del sottostrato K 1 s 1 (orbitale 1s) L 2 s p 1 (orbitale 2s) 3 (orbitali 2p) M 3 s p d 1 (orbitale 3s) 3 (orbitali 3p) 5 (orbitali 3d) N 4 s p d f 1 (orbitale 4s) 3 (orbitali 4p) 5 (orbitali 4d) 7 (orbitali 4f)