Unione Europea

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Unione Europea - UCRAINA
a cura di Gian Maria Donadio
Background storico
Come un atto finale di una commedia che si protrae ormai da
parecchi anni, il rifiuto del Primo Ministro ucraino Nikolaj Azarov
nel firmare l’Accordo di Associazione con l’Unione Europea il 23
novembre 2013 non ha mancato di sorprendere. Con questo
dietrofront, su un accordo che sembrava ormai concluso, l’Ucraina
intende invece rilanciare i propri rapporti commerciali con la Russia,
l’Unione Doganale Eurasiatica e i Paesi della CSI. Una decisione
fortemente criticata dall’Occidente e da gran parte della popolazione
ucraina stessa.
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Sembrava che ce l’avesse (quasi) fatta l’Ucraina ad iniziare una
cooperazione più stretta con l'Unione europea ma non ha saputo
schivare il colpo di martello sferratogli dalla Grande Madre Russia.
Oggi i colpi di martello non si danno più fisicamente col "pugno di
ferro" ma con ricatti economici, creando difficoltà doganali nello
scambio dei prodotti fino alla possibile, e tragica, chiusura dei
mercati, si danno con minacce più o meno dissimulate da
promesse aleggiate, e dissimulate anch’esse da ‘convenienze’
economiche.
Foto 1: territorio geografico ucraino
Obiettivo della Russia di Putin è stato di impedire all’Ucraina
l’adesione al DCFTA.
Per la sua posizione geografica, l'Ucraina ha sempre giocato un ruolo
piuttosto importante fra le egemonie dell’Est-europeo e l'impero
Ottomano, ma che poi, nello scontro con l'Impero Russo, dovette
cedere i suoi territori lungo il Mar Nero. Ma anche che, nonostante le
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ripetute promesse di autonomia, l’Ucraina non ricevette mai le libertà
che attendeva, e, forse, come per una contropartita politica gli
ucraini, in cambio, poterono arrivare ai gradi più alti della gerarchia e
della Chiesa ortodossa russa.
L'influenza russa sulla vita politica e sociale sull'Ucraina si
manifestano già dal 1600, per esattezza nel 1654, quando col trattato
di Perejaslav gran parte dell'Ucraina passa sotto il controllo russo
firmando un Trattato. Si pensi che al tempo l'ucraina era conosciuta
come "la piccola Russia" che venne poi integrata nella Grande Russia
a livello amministrativo, economico e sociale. Mentre i cosacchi
vedevano in questo accordo una alleanza militare per Mosca invece
era il primo passo per l'annessione dell'Ucraina sotto il dominio
dello zar.
Con la rivoluzione del 1917, che metteva fine a tre secoli di governo
della dinastia dei Romanov, l'Ucraina perse ancora una volta
l'occasione per ottenere l'autonomia. Il suo vertice governativo fu
troppo debole nella lotta contro un altro assalto. Quello della nuova
Russia rivoluzionaria.
Così, gli Ucraini, di fatto il popolo non russo più numeroso
dell'Unione Sovietica, ma con una affinità linguistica, una comune
appartenenza alla religione ortodossa e una storia in parte in comune,
sono stati considerati, semplicemente, parte della nazione russa.
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Il destino dell'Ucraina sembra già essere condizionato dal suo nome.
Difatti etimologicamente Ucraina deriva dall'etimo slavo antico
orientale ‘U-krayi-na" formato da ‘u’ cioè ‘vicino’ e la radice slava
‘kraj’, ‘territorio’. Cioè una terra di confine tra Est e Ovest.
Nella sua Storia si intrecciano entità culturali diverse, quella
occidentale, l’altra più asburgica e mitteleuropea, la cultura russa e
ortodossa, gli ebrei, i polacchi, gli armeni. Eterno stato periferico
considerato appartenente al confine russo.
Oggi l’Ucraina, come altri paesi dell’ex URSS, sembrerebbe ancora
schiava di un’irrequietezza profonda, radicata nel conflitto tra il
desiderio del proprio popolo, quello di marcare la propria
indipendenza nei confronti di Mosca con relazioni sempre più forti e
costanti con l'UE che potrebbero portarla un giorno a diventare paese
membro dell'Unione europea.
Foto 2: immagine scattata durante la rivoluzione del 1917 in Ucraina
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I RAPPORTI UE- UCRAINA
La Rivoluzione arancione del 2004 ha, di fatto, migliorato i
rapporti tra Kiev e l’Unione Europea, ma non abbastanza da segnare
una vera e propria svolta, né tantomeno da portare ad una situazione
diversa oggi, situazione che avrebbe visto l’Ucraina diventare Paese
associato dell’UE. Prima del successo della Rivoluzione arancione,
infatti, i dubbi erano molti, probabilmente troppi, e le perplessità
pesavano eccessivamente sul futuro europeo dell’Ucraina.
Basta pensare che l'allora Commissario europeo all'allargamento
Günter Verheugen che, nel 2002, pur non escludendo nel futuro la
possibilità di una eventuale adesione dell’Ucraina, riteneva che
bisognava esplorare prima ad altre forme di cooperazione con questo
Paese.
In effetti, le istituzioni europee a vari livelli hanno sempre nutrito
perplessità ci sono sempre state perplessità dovute alla forte
influenza russa sull'ucraina. La Rivoluzione arancione ha contribuito
ad avviare un dialogo più forte perché cominciava a delinearsi una
volontà del popolo a ribellarsi all'ingerenza sovietica a vantaggio
della
condivisione
dei
valori
democratici
europei,
sebbene
condizionato, come espresso dal suo leader dell’opposizione, Viktor
Juščenko, da quattro punti ritenuti fondamentali per il proseguo del
dialogo con l'Europa: il riconoscimento dell’Ucraina come economia
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di mercato; l’entrata nell’Organizzazione Mondiale del Commercio;
la condizione di membro associato dell’Unione europea ed infine la
condizione di membro a tutti gli effetti.
Le relazioni tra l'UE e l'Ucraina risalgono al 1998 e sono disciplinate
dall'accordo di partenariato e di cooperazione. Da allora la questione
Ucraina ha sempre fatto parte dell'agenda politica europea. Nel corso
degli anni, infatti, si sono svolti diversi summit, meeting ad alto
livello, conferenze internazionali per monitorare i progressi
dell'Ucraina verso quelli che sono i principi fondanti dell'UE: uno
stato democratico e di diritto, il riconoscimento dei diritti
fondamentali, una economia di mercato.
In occasione del 13° vertice UE-Ucraina tenutosi nel 2008 a Parigi, i
leader dell'UE e dell'Ucraina hanno raggiunto un accordo in base al
quale, l'accordo vigente di partenariato e di cooperazione poteva
evolversi in una cooperazione più importate e più forte cioè un
accordo di associazione.
I negoziati per l' accordo di associazione UE-Ucraina sono iniziati a
marzo del 2007. Nel febbraio 2008, l'Ucraina decide di aderire
all'OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio), condicio sine
qua non per avviare i negoziati su una zona di "libero scambio
globale e approfondito" (DCFTA).
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L'importanza dell'accordo di associazione risiede nel fatto che
attraverso di esso si ha la possibilità di approfondire le relazioni
politiche ed economiche tra l'Ucraina e l'UE, creando le condizioni
per un avvicinamento del Paese a certe parti del mercato interno
dell'UE. Quindi una sorta di "anticamera" prima di un'eventuale
integrazione come Paese membro dell'UE, per la quale è previsto un
piano di riforme per avvicinare la legislazione ucraina alla normativa
dell'UE. Nel cammino verso l'allineamento alle norme europee,
l'Ucraina sarebbe stata accompagnata da una task force della
Commissione europea che avrebbe fornito un'assistenza tecnica
mirata a sviluppare un piano di riforme definito nell'accordo, in
particolare la modifica del potenziamento istituzionale.
In occasione del 15° vertice Ucraina-UE del 19 dicembre 2011, l'UE
e il presidente dell'Ucraina hanno preso atto dell'intesa raggiunta sul
testo dell'accordo di associazione, firmato il 30 marzo del 2012 dai
capi negoziatori dell'Unione europea e dell'Ucraina mentre l'accordo
commerciale, il DCFTA era già firmato il 19 luglio 2012.
Nella riunione del Consiglio europeo Affari esteri tenutosi il 10
dicembre 2012, l'UE ha ribadito l'impegno e la volontà di procedere
alla ratifica definitiva dell'accordo di associazione e di quello
commerciale a condizione che le autorità ucraine dimostrino
un'azione determinata e progressi tangibili in tre settori considerati
prioritari: elezioni, giustizia selettiva e riforme globali definite
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nell'agenda di associazione. Era anche stato indicato un termine entro
il quale procedere con l'avvio delle riforme e siglare l'accordo
previsto per il 28 e 29 novembre 2013 per il vertice del partenariato
orientale di Vilnius sotto presidenza Lituana. Un'occasione che
avrebbe potuto essere storica, in quanto il Consiglio dell'UE aveva
già dichiarato la disponibilità dell'apertura provvisoria di parti
dell'accordo, dettata sia dalla necessità di conciliare gli interessi
economici reciproci e i valori condivisi che dalla volontà comune
dell'UE e dell'Ucraina di cominciare ad applicare e ad attuare diverse
parti dell'accordo per accelerare l'impatto delle riforme su questioni
settoriali specifiche prima della conclusione dell'accordo.
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Sintesi dell'accordo UE-Ucraina
Gli obiettivi generali dell'accordo di associazione sono:
- promuovere il graduale ravvicinamento tra le Parti sulla base di valori comuni;
- intensificare il dialogo politico; promuovere, tutelare e rafforzare la pace e la
stabilità a livello regionale e internazionale;
- creare le condizioni di un rafforzamento delle relazioni economiche e commerciali
per un graduale accesso dell'Ucraina a certe parti del mercato interno dell'UE;
- potenziare la cooperazione in materia di giustizia, libertà e sicurezza (GLS), con
l'obiettivo di rafforzare lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani e delle libertà
fondamentali, e creare le condizioni per una cooperazione sempre più stretta in altri
settori di reciproco interesse.
Fra i principi generali dell'accordo figura una serie specifica di "elementi
essenziali":
- il rispetto dei principi democratici, dei diritti umani e delle libertà fondamentali,
definiti negli strumenti internazionali pertinenti;
- il rispetto dello Stato di diritto; la promozione del rispetto dei principi di sovranità e
integrità territoriale, inviolabilità delle frontiere e indipendenza;
- la lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, dei loro
componenti e dei relativi vettori.
Principi generali relativi all'economia di mercato, al buon governo, alla lotta contro
la corruzione, alla criminalità organizzata transnazionale e al terrorismo, nonché
alla promozione dello sviluppo sostenibile e al multilateralismo efficace.
Politica estera rafforzamento del dialogo politico per promuovere una graduale
convergenza sulle questioni di politica estera e di sicurezza, nella prospettiva di un
sempre
maggiore coinvolgimento dell'Ucraina nello spazio europeo di sicurezza; la
promozione della pace e della giustizia a livello internazionale attraverso la ratifica e
l'attuazione dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale e azioni comuni
in materia di stabilità regionale, prevenzione dei conflitti, gestione delle crisi,
cooperazione tecnologica/militare, lotta al terrorismo e alla proliferazione, disarmo e
controllo degli armamenti.
Giustizia, libertà e sicurezza particolare attenzione é rivolta allo Stato di diritto e al
rafforzamento delle istituzioni e delle prassi giudiziarie. L'accordo definisce il quadro
della cooperazione in materia di migrazione, asilo e gestione delle frontiere,
protezione dei dati personali, riciclaggio del denaro, finanziamento del terrorismo e
politica antidroga. Sono altresì contemplati il trattamento e la mobilità dei lavoratori,
nonché l'impegno a sviluppare ulteriormente la cooperazione giudiziaria in materia
civile e penale, avvalendosi appieno dei pertinenti strumenti internazionali e
bilaterali.
L'accordo comprende la cooperazione rafforzata in oltre 30 ambiti, tra cui:
energia, trasporti, tutela dell'ambiente, cooperazione in materia di politica industriale
e delle piccole e medie imprese, sviluppo e protezione sociale, pari diritti, tutela dei
consumatori, istruzione, formazione, gioventù e
cultura.
La cooperazione tra l'ucraina e l'UE si baserà su calendari specifici per il
recepimento e l'attuazione, da parte dell'Ucraina, di parti selezionate dell'acquis
dell'UE, a cui sarà improntato anche il programma di riforme interne e di
modernizzazione dell'Ucraina.
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L'accordo comprende inoltre disposizioni relative al monitoraggio, all'adempimento
degli obblighi e alla risoluzione delle controversie (comprese disposizioni specifiche
sulle questioni commerciali).
DCFTA: l'accordo commerciale darà un notevole impulso alla crescita economica
del paese con un ravvicinamento della legislazione ucraina, alle norme e agli
standard dell'UE. DCFTA creerà opportunità commerciali per entrambe le Parti.
La questione Tymoshenko
Nel lungo periodo di negoziati, l'UE ha chiesto espressamente
al Presidente ucraino Yanukovych diverse riforme politiche ed
economiche, come condizioni necessarie per poter firmare l’accordo
bilaterale d’associazione e libero scambio. In particolare un sistema
giudiziario sicuro e attendibile, con reali riforme carcerarie, di
abbassare i metodi repressivi e gendarmeschi con i quali mette a
tacere le manifestazioni dei dissidenti, di permettere l’accesso ai
media dell’informazione, e l’annullamento delle condanne per motivi
politici. Solo con queste trasformazioni di principio (e di fatto) si può
garantire il rispetto delle libertà fondamentali. L’Unione Europea ha,
in più, precisato in modo inequivocabile che l’ex primo ministro
Yulia Tymoshenko, condannata a sette anni di reclusione per
controversie politiche, è tra i prigionieri che devono essere liberati.
Questa liberazione consentirebbe all’ex eroina della rivoluzione
arancione di poter andare a curarsi a Berlino.
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Foto. 2: L’ex primo ministro Yulia Tymoshenko
Non si può dire in questo senso che Yanukovych abbia fatto molto
per soddisfare le richieste dell’Unione europea.
Dopo aver annunciato la possibilità di concedere alla Tymoshenko di
recarsi all’estero per cure mediche, si è limitato a graziare alcuni
detenuti, rifiutandosi però di rilasciare l’ex leader dell’opposizione
ucraina, sotto le esplicite pressioni di Mosca.
Questo anche per non mettere a rischio il suo obiettivo principale:
vincere le prossime elezioni presidenziali nel 2015. Nonostante la
sua crescente impopolarità, infatti, l’attuale presidente ucraino non
sembra voler correre il rischio di veder diminuire ulteriormente il
proprio potere, rimettendo in gioco un avversario politico che per
poco non l'ha battuto alle ultime elezioni per la presidenza.
La presa di posizione del presidente ucraino ha portato ad un
congelamento dell’accordo di associazione da parte dell’UE, che
considera la liberazione della Tymoshenko come una delle maggiori
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precondizioni per la stipula dell’accordo che avrebbe portato alla
liberazione degli scambi commerciali con l’Ucraina, eccezione fatta
per i prodotti agricoli. Ciononostante, l’Unione ha deciso di lasciare
le porte aperte a Kiev, offrendo aiuti economici, giudicati però
insufficienti da Yanukovych, che in questo modo non ha mancato di
indispettire l’Occidente, suscitando all’interno dell’Unione Europea
diverse reazioni polemiche rivolte alle pretese ucraine, giudicate in
modo tutt’altro che positivo.
In tale situazione di stallo, si è fatta avanti la Tymoshenko, che ha
invitato Bruxelles a firmare con l’Ucraina anche senza l’accordo
sulla sua liberazione. L’iniziativa della donna però non è servita,
dimostrando che la sua liberazione rappresenta probabilmente
soltanto uno tra i tanti problemi che esistono in questa faccenda,
quello più mediatizzato. Forse la realtà è peggiore di ciò che si vede
e di ciò che si sa.
A novembre prima del summit di Vilnius, Kiev ha annunciato di non
voler più firmare l'accordo suscitando contestazioni popolari e lo
sgomento della comunità internazionale e dei massimi rappresentanti
delle Istituzioni europee. Le motivazioni rese note dal governo
ucraino sono state addebitate alla natura strettamente economica
giudicate poco vantaggiose per il Paese cosi come dichiarato dal
Primo ministro ucraino Mykola Azaro.
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L’ATTUALITÀ E IL RUOLO DELLA RUSSIA NELLA
MANCATA SOTTOSCRIZIONE A VILNIUS DELL’ACCORDO
DI ASSOCIAZIONE
Nel quadro attuale, all’interno del quale i rapporti geopolitici
ed
economici
che
caratterizzano
la
posizione
dell’Ucraina
rappresentano ulteriori complicazioni, il ruolo della Russia diventa
un fattore determinante, capace di spostare gli equilibri instabili delle
trattative tra Kiev e Bruxelles.
Il presidente russo Vladimir Putin fa sapere che, aprendo il suo
mercato all’Unione europea, l’Ucraina andrebbe incontro ad un
default, diventando in un certo senso una seconda Grecia. Un
ammonimento, dovuto al fatto che la Russia vede l’integrazione dei
paesi dell’ex URSS con Bruxelles come una provocazione politica,
ma soprattutto come un pericolo che minaccerebbe la sua volontà di
dominare il territorio ex sovietico. Venendo integrata all’interno
dell’UE infatti, l’Ucraina diventerebbe automaticamente un ostacolo
per quelli che possono essere considerati i progetti d’integrazione
antagonisti a quelli europei, ovvero i progetti d’integrazione
eurasiatica promossi da Putin, e più precisamente l’Unione doganale
tra Russia, Bielorussia e Kazakistan.
Azarov, per ovviare al problema, ha affermato che nulla vieterebbe
all’Ucraina di sottoscrivere l’accordo di associazione con l’Unione
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europea, e al tempo stesso di creare un area di libero scambio con
l’Unione doganale. L’idea, che di fatti eviterebbe all’Ucraina di
dover decidere da che parte schierarsi in modo definitivo, e che
sembrerebbe la migliore soluzione per il Paese, non è però
applicabile a causa della qualità delle relazioni che esistono tra
Russia e Ucraina. Tra i due Paesi esiste infatti già un accordo di
libero scambio, e un’eventuale abolizione dei dazi tra UE e Ucraina
provocherebbe, secondo Mosca, un’invasione dei prodotti europei
non più gravati dalle imposte non solo nel mercato russo, ma
conseguentemente in tutti i mercati dell’Unione doganale.
Per Mosca, i pericoli maggiori derivanti da un accordo di libero
scambio tra Unione europea e Ucraina riguarderebbero soprattutto i
settori dell’agricoltura, dell’industria automobilistica e dell’aviazione
russi, con eventuali ripercussioni sul tasso di disoccupazione interno
in un mercato, quello russo, non ancora pronto ad aprire le porte alle
merci provenienti dall’Europa.
Questo è il timore di Putin, che prevede conseguenze nefaste
sull’economia russa dalla collaborazione tra Unione Europea e
Ucraina. In caso di affluenza dei prodotti europei liberi dai dazi, si
renderebbe necessaria, sempre secondo il Cremlino, l’introduzione di
misure protettive nei confronti di Kiev. Una minaccia abbastanza
esplicita, questa, che tiene in scacco il governo Ucraino, e che
rimanda ad un episodio non molto lontano. Mosca, infatti, proprio
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l’estate scorsa, ha deciso di chiudere il proprio mercato ad alcune
merci ucraine, in quella che può essere considerata una vera e propria
guerra doganale con Kiev (guerra impari, chiaramente). Il prezzo più
salato che l’Ucraina pagherebbe stavolta, nel caso di un accordo con
l’Unione Europea, è quello che riguarda il gas russo. La Russia,
infatti, ha promesso a Kiev di abbassare di quasi tre volte il prezzo
delle forniture di gas, nel caso in cui l’Ucraina decidesse di aderire
all’Unione doganale. Naturalmente, lo sconto sarebbe fuori
discussione se il governo ucraino firmasse un accordo di
associazione con l’UE.
Ma non è tutto. La Russia potrebbe spingersi oltre, chiudendo i
rubinetti all’Ucraina come è successo nel mese di gennaio del 2009.
Allora anche l’Europa, dove la maggior parte del gas russo arriva
tramite la rete di gasdotti ucraini, ne ha pagato le conseguenze,
rischiando di rimanere a secco.
La volontà della Russia di fare pressione sull’Ucraina viene
esercitata anche sul piano psicologico, e non solo su quello del
pragmatismo legato al commercio. A dimostrazione di questo fatto,
l’esempio più lampante risulta essere la ‘cerimonia’ del 24 novembre
(data probabilmente non casuale) avvenuta nel villaggio di Šajkaš, in
Serbia. In questo villaggio, infatti, proprio il giorno 24, sono stati
avviati nuovi scavi per il progetto South Stream da parte della
compagnia russa Gazprom. Manovra astuta da parte di Mosca, ma
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anche messaggio esplicito diretto al governo ucraino, attraverso il
quale la Russia intende mettere in chiaro che è l’Ucraina ad aver
bisogno di lei, e non il contrario.
Con una mano leva e con l’altra da. Nell'antica tradizione del bastone
e della carota. Così sembra fare Putin, se il suo governo si comporta
mettendo in pratica delle azioni dimostrative con lo scopo di
intimorire il governo ucraino e subito dopo sta già siglando accordi
per dimostrare che la Russia è pronta molto di più di quanto abbia
dimostrato l’UE fino ad oggi. Le misure per il sostegno
dell’economia ucraina sono concrete: alla Naftogaz, la compagnia
statale di olio e gas, è stato concesso di rinviare i pagamenti per le
forniture di gas alla primavera del 2014. Le cifre sono piuttosto
consistenti: solo per il mese di agosto la ‘bolletta’ che l’Ucraina deve
ancora pagare alla Gazprom si aggira intorno ai 564 milioni di euro.
Mentre l’’accordo raggiunto il 3 dicembre concerne il periodo che va
da ottobre a dicembre, e la cifra è molto maggiore.
L’Ucraina è indebitata per circa 44 miliardi di euro e nelle sue
riserve in valuta straniera sono rimasti soltanto circa 16 miliardi di
euro. La valutazione dei crediti poi è simile a quella di Cipro e della
Grecia. I funzionari europei, nonostante i prestiti in ballo attraverso il
Fondo Monetario Internazionale (FMI), si sono rifiutati di fare il
gioco del Presidente ucraino, che in qualche modo stava portando ad
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una trattativa al rialzo per il miglior offerente sugli accordi
commerciali, in competizione con la Russia.
Il motivo reale del cambio di rotta ucraino sembra essere dovuto
proprio alla ferma opposizione della Russia, che ha posto un vero e
proprio ultimatum al paese governato da Yanukovych: se Kiev
decide di associarsi all’UE, entrando a far parte dell’area di libero
scambio con i 28 paesi che la compongono, non solo non entrerà mai
a far parte dell’Unione doganale, non potendo quindi godere dei
benefici del libero scambio con la Russia, ma soffrirà anche la
‘vendetta’ russa, che minaccia di mettere in ginocchio il Paese.
Mosca ha fatto capire chiaramente a Kiev che deve fare una scelta tra
l’associazione con Bruxelles e l’Unione doganale eurasiatica, e che
solo una delle due scelte ha un futuro possibile.
Il dietrofront del governo ucraino, soggiogato dalla Russia e dai suoi
ricatti, ci porta all’attualità. La mancata firma dell’accordo di
associazione con l’Unione Europea, infatti, non è stata priva di
conseguenze interne per l’Ucraina. Al contrario, la decisione ha
scatenato l’ira di moltissimi cittadini, dimostrando che la maggior
parte del popolo ucraino è, e resta, favorevole all’ingresso del Paese
nel mercato libero europeo.
A Kiev, dal 24 novembre, si protesta. Si protesta contro
l’atteggiamento del governo, un governo che evidentemente non
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rispecchia quello che è il reale desiderio della maggior parte della
popolazione, il desiderio di uscire dalla sfera di influenza russa. Si
manifesta soprattutto a favore dell’Europa, patria di diritti e libertà.
A seguito del voltafaccia da parte del governo ucraino, migliaia di
manifestanti hanno fatto sentire la propria voce, dissociandosi dalla
decisione del loro presidente. A piazza Maidan, simbolo della
Rivoluzione arancione filo-occidentale nel cuore della capitale
ucraina, decine di migliaia di persone si sono riunite per protestare.
Dopo la fase della rivoluzione arancione l’Ucraina, non è più scesa in
piazza. Quella stessa piazza, che per l’Europa orientale era stata il
luogo del ‘plebiscito obbligatorio’ al regime, ora, per le generazioni
più giovani e meno legate al ricordo del periodo socialista, diventa
luogo e momento di democrazia. E sono proprio i più giovani quelli
che avrebbero potuto trarre beneficio dall’inizio di un percorso di
adesione all’Unione Europea, per questo occorre considerare che le
manifestazioni avvenute, e che avvengono, non sono fatti irrilevanti
o secondari.
Altre manifestazioni si sono svolte nelle città dell’Ucraina
occidentale: a Lutsk, Lepoli, Ivano-Frankivsk, Uzhgorod, zone meno
saldate alla Russia sia culturalmente che linguisticamente, ma anche
nella regione dell'Ucraina orientale, come Donetsk, la sua maggiore
città industriale, la capitale storica, e amministrativa, del Bacino del
Donec.
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Le manifestazioni avvenute nel territorio occidentale, quello
dell’Ucraina storica dove forte è il retaggio nazionalista e la
russificazione è stata meno incisiva, sono ancora una volta
testimonianza di come esistano due opposte tendenze di pensiero.
Due teste, una rivolta verso Mosca, l’altra verso Bruxelles.
Le proteste per la mancata adesione all’area di libero scambio con
l’Unione europea sono andate avanti per oltre un mese, nonostante il
divieto di manifestare imposto dal governo. La voce europea del
popolo ucraino si è riunita in piazza Maidan (e non solo) con
continue dimostrazioni, in un numero sempre più importante di
manifestanti. Dalle poche migliaia dell’inizio, infatti, i manifestanti
sono diventati decine di migliaia in poco tempo, e hanno chiesto
elezioni anticipate e le dimissioni dell’attuale presidente ucraino.
Foto 3: proteste a Kiev
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Rifiutando di firmare l’accordo di associazione tra Ucraina e UE, il
presidente ucraino ha di fatto dato il via ad una vera e propria ondata
di manifestazioni spontanee e pacifiche che hanno coinvolto in
ultimo più di un milione di dimostranti, accampati giorno e notte a
Kiev e in altre città del Paese. Purtroppo però, da una situazione
pacifica si è passati ad una situazione di violenza quando, durante
una protesta nella capitale, centinaia di persone hanno cercato di
raggiungere il palazzo presidenziale, provocando una reazione della
polizia che ha risposto con cariche, granate stordenti e gas urticanti.
Questo primo episodio di violenza ha dato il là, come spesso accade,
ad una serie di atti brutali sui manifestanti da parte della polizia
ucraina. Queste ripetute e violente azioni repressive sono state
immediatamente condannate dall’UE, che ha espresso pubblicamente
il proprio disappunto: con la violenza, niente integrazione. Questo il
monito dell’Unione, che sarebbe anche pronta rimettere in
discussione l’integrazione dell’Ucraina, alla luce delle repressioni
forzate da parte della polizia al diretto comando del presidente
ucraino Yanukovych.
Molto dure sono state anche le reazioni degli Stati Uniti riguardo alla
gestione delle manifestazioni da parte del governo ucraino. John
Kerry, Segretario di Stato americano, ha definito la violenza delle
forze dell’ordine ucraine come un atto contrario al rispetto dei Diritti
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Umani,
sottolineando
l’immaturità
democratica
dimostrata
dall’Ucraina.
Se, da una parte, il Presidente del Parlamento Europeo, Martin
Schulz, invita Kiev a rispettare la libertà di espressione sulla
popolazione, il Capo di Stato ucraino contesta i manifestanti
incolpandoli di azione sovversive.
Da parte sua, infatti, il Presidente Yanukovych ha tentato di
difendersi accusando i manifestanti di aver pianificato azioni volte a
minare la stabilità dell’Ucraina in vista delle Elezioni Presidenziali
del 2015. Putin si è subito schierato dalla parte dell’amico ucraino,
ribadendo il concetto espresso da Yanukovych e criticando gli atti
violenti compiuti da alcuni dimostranti pro-UE.
Il Presidente russo però sembra aver intenzionalmente omesso una
notizia che ha una certa rilevanza. Molti media, infatti, tra cui
l’Ukrayinska Pravda, hanno dichiarato che diversi attacchi da parte
dei dimostranti, che hanno scatenato la violenta reazione della
polizia, sono stati provocati da agenti infiltrati dell’Amministrazione
Presidenziale di Yanukovych. La manovra sarebbe stata organizzata
con un duplice intento, quello di giustificare la repressione e quello
di screditare la protesta in favore dell’Unione Europea.
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L’atteggiamento del governo ucraino riguardo alle manifestazioni
non ha indignato soltanto al di fuori dei confini dell’ex Paese
sovietico. Le azioni repressive delle forze di polizia hanno, di fatti,
inasprito i rapporti con i manifestanti che, rabbiosi nella loro protesta
pacifica, hanno abbattuto la statua di Lenin a Kiev, monumento che,
dalla caduta dell’Unione Sovietica, non era mai stato nemmeno
danneggiato. Azione che ha una valenza simbolica, quella dei
manifestanti,
per
dimostrare
il
loro
rifiuto
nei
confronti
dell’oppressione russa, sentimento che è sempre più presente. I
rapporti tra Ucraina e Russia, alla luce delle manifestazioni che
hanno fatto seguito al mancato accordo con l’Unione Europea, si
sono intensificati, come lo dimostra l’incontro tra Yanukovych e
Putin, avvenuto il 7 dicembre.
L’incontro in questione, durante il quale il presidente ucraino ha fatto
visita al presidente russo, ha sollevato diversi dubbi. Secondo
indiscrezioni, fornite dall’autorevole Economist, i due si sarebbero
accordati in segreto sull’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Doganale
Eurasiatica, concepita da Putin per estendere l’egemonia della Russia
sui paesi dell’ex-URSS e tagliare fuori l’Unione europea dalla
competizione a livello mondiale. Queste indiscrezioni rivelerebbero
che Yanukovych avrebbe concesso l’incorporazione di Kiev nel
progetto di integrazione russo, in cambio di uno sconto sul prezzo del
gas importato dalla Russia.
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La reazione, da parte dell’Opposizione, alla notizia del presunto
accordo commerciale tra Kiev e Mosca, non si è fatta attendere.
Yulia Tymoshenko, leader e simbolo del dissenso ucraino, fa sapere
dal carcere in cui è detenuta che ha messo fine allo sciopero della
fame che stava portando avanti in segno di protesta, invitando i
manifestanti a battersi per ottenere le dimissioni del Premier Azarov
e del Presidente Yanukovych. Le proteste si sono intensificate, e i
dimostranti hanno chiesto immediate nuove elezioni per far decadere
l’attuale Governo.
Il numero di manifestanti ha presto raggiunto il milione. Un milione
di persone che protesta non solo in favore dell’Europa, ma che
denuncia ugualmente l’incapacità del proprio governo nel risolvere la
crisi economica del Paese, e la brutalità delle repressioni dei cortei da
parte della polizia.
L’Opposizione ucraina, interessata all’ingresso nell’UE, teme la
svendita degli interessi nazionali, tra cui i gasdotti di Kiev. Votaly
Klichko, leader di UDAR, ha sostenuto l’esistenza di possibili patti
segreti, secondo i quali Yanukovych avrebbe acconsentito ad
aggregare l’Ucraina con l’Unione Doganale Eurasiatica, e la firma di
accordi clandestini che rimettono alla Russia il dominio e la
disciplina dei gasdotti del Paese. Un regalo questo. Un vero ‘saldo’
dei redditi dello stato ucraino che getta il Paese sotto il diretto
controllo del potere russo, che, in questo modo, prende possesso e
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del gas venduto a Kiev e delle infrastrutture che distribuiscono il
combustibile in Europa. E proprio l’Europa, per questi nuovi scenari,
che potrebbe essere esposta ad un alto rischio, in quanto lo stesso
Paese che vende il carburante controlla anche il suo transito; fino ad
ora controllato, invece, da soggetti privati, svincolati da rapporti di
sudditanza col leone russo, e che, nella gestione del commercio sulla
piazza europea, hanno in una certa misura evitato possibili ricatti
energetici nei confronti dell’UE. Cosa non più controllabile se gli
interessi si trasformano in politici e non più solo in quelli di mercato.
Dalla violenza psicologica che ha caratterizzato le relazioni sul piano
della politica, dalle insinuazioni agli avvertimenti, dalle minacce più
o meno velate a quelle esplicite, si è passati ad una violenza
puramente fisica che, nel suo totale, ha portato a diverse centinaia di
feriti e arrestati. Tra questi non ci sono soltanto manifestanti, ma
anche giornalisti, e addirittura deputati dell’Opposizione. Fatti
incresciosi questi, che hanno indignato l’Occidente, e non hanno
fatto altro che aggravare la posizione di Kiev, che grazie al suo
voltafaccia dell’ultimo minuto di certo non aveva aumentato la stima
dell’UE ne suoi confronti.
Così, intorno alle vicende legate alle manifestazioni in Ucraina si è
creato un dibattito di proporzione globale, che riguarda il diritto di
manifestare e la protesta pacifica di una popolazione, quella ucraina,
che sogna e desidera l’Europa. Il Presidente del Parlamento Europeo,
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Martin Schulz, invita a non chiudere le porte del mercato unico
dell’UE all’Ucraina, per non tradire il milione di dimostranti che da
oltre un mese sta lottando, e portando nelle strade portando la
bandiera europea. È parere di Schulz che la delusione nei confronti di
Yanukovych, ovvero di un Presidente che non ascolta la voce del
proprio popolo, non debba influenzare la politica di apertura che
l’UE deve avere nei riguardi dell’Ucraina e della sua popolazione.
La risposta del Presidente del Parlamento Europeo alla decisione di
Viktor Yanukovych, che ha firmato accordi segreti con Putin durante
la trattativa con l’Unione Europea, è sicuramente confortante per il
popolo ucraino. Ciononostante, lo stesso Martin Schulz ha dichiarato
di non riporre più alcuna fiducia nel Presidente ucraino, che ha
dimostrato al mondo, attraverso le sue scelte politiche, di non essere
realmente interessato all’avvicinamento dell’Ucraina all’Europa.
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La posizione del gruppo S&D
Il
gruppo
dell'Alleanza
progressista
dei
socialisti
e
democratici del Parlamento europeo ha da sempre sperato e insistito
affinché si addivenisse alla firma dell'accordo che ha avuto una lunga
gestazione, e questo non per i vantaggi di natura economica che ne
potrebbero scaturire per entrambe le Parti quanto piuttosto per
iniziare un cammino democratico e la istituzione di uno stato di
diritto al momento carente nel Paese. Gli accordi di associazione che
hanno portato nel corso del tempo a integrare nell'UE i Paesi dell'est
ha contribuito a "esportare" un modello di sviluppo economico e
sociale che ha permesso a quei Paesi di far parte dell'Unione europea,
e affermare quei valori fondanti che hanno ispirato negli anni '50 i
padri fondatori della Comunità europea.
Il Presidente del gruppo S&D, Hannes Swoboda ha invitato a più
riprese il Presidente ucraino a ascoltare il suo popolo e a riflettere per
dare ai cittadini ucraini la chance di conoscere uno sviluppo
democratico del Paese.
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Foto 4: Hannes Swoboda, Presidente Gruppo dei Socialisti & Democratici al Parlamento
Europeo
Il parlamento europeo e in particolare il gruppo socialista si sono
adoperati intensamente per contribuire al dialogo e al rafforzamento
della democrazia in Ucraina. L'ha recentemente ricordato il
Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz nel discorso tenuto
dinanzi al Consiglio europeo del 19 dicembre 2013 in cui ha
dichiarato la massima disponibilità di adoperarsi per riaprire il
dialogo con il governo ucraino. Schulz ha altresì detto: "Crediamo
tuttavia che sia meglio lasciare aperta all'Ucraina la porta dei
negoziati, se non altro, per i movimenti democratici nel paese, che
non dobbiamo lasciare soli".
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Conclusioni
Lo scenario non è dei più semplici per l’UE. Anche se le richieste
dell’Ucraina si fanno sempre più esigenti, il mancato accordo con
Kiev significa un rafforzamento della Russia, sia in termini
economici che in termini politici. Senza l’accordo di associazione
con l’Unione europea, Yanukovych sarà probabilmente costretto a
cedere alle pressioni economiche di Mosca aderendo all’Unione
doganale eurasiatica, e quindi anche all’Organizzazione del Trattato
di Sicurezza Collettiva (CSTO). Attraverso la firma di questi due
accordi, l’Ucraina contribuirebbe drasticamente all’aumento di
potere del Cremlino, che eserciterebbe a questo punto una forte
influenza economica e finanziaria, avrebbe più autorità nella politica
estera e di difesa dei suoi membri, e con esse il diritto di intervento
militare.
Un’alternativa per l’UE, in questa situazione così delicata, potrebbe
essere quella di un accordo di libero scambio senza una vera e
propria
associazione
con
Kiev,
attraverso
il
Deep
and
Comprehensive Free Trade Area (DCFTA). Si tratterebbe di una
cooperazione con l’Ucraina su specifici settori, soprattutto per quello
energetico, una maggiore cooperazione politica e una graduale
integrazione economica, che non prevedrebbe, di fatto, la firma di un
accordo di associazione, e conseguentemente una eventuale futura
adesione all’UE in quanto membro.
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Anche con questo diverso tipo di accordo, per gli ucraini potrebbe
non esserci più l’obbligo di un visto per entrare nel territorio
dell’Unione europea. Tutto questo darebbe all’ex Paese sovietico un
motivo importante in più per non cedere alle pressioni della Russia,
che sta cercando di sfruttare il prezzo del suo gas per obbligare
l’Ucraina ad entrare a far parte dell’Unione doganale.
Va ricordato che, oltre ai negoziati sul gas, il presidente russo
Vladimir Putin ha parallelamente messo in atto un’ulteriore
mediazione in questi ultimi tempi, il cui obbiettivo sarebbe stato
quello di far sedere ad un tavolo comune i tre protagonisti della
vicenda, per instaurare un’unica trattativa.
La volontà di Putin si è espressa attraverso il governo ucraino, che ha
proposto di creare una commissione tripartita tra Ucraina, Unione
Europea e Russia, per risolvere i conflitti di natura commerciale che
si sono venuti a creare.
La proposta è stata però respinta dall’UE, cosciente del fatto che la
tripartizione non farebbe altro che difendere gli interessi del
Cremlino.
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La disponibilità delle istituzioni europee di non voler lasciare soli i
cittadini ucraini lascia ben sperare in una ripresa del dialogo.
Nonostante quanto successo, l'UE ha dimostrato ancora una volta di
credere nei suoi principi fondanti e di lottare per affermare la
democrazia.
A cura di
Gian Maria Donadio
18/12/2013
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