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ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA
Sabato 7 Novembre 2015
In Germania. L’allarme lanciato da Der Spiegel: Die gekaufte Schule, la scuola comprata
La pubblicità invade la scuola
Con la scusa che scarseggiano le risorse è entrata nelle aule
la rivista, ben sedici distribuiscono materiale scolastico
gratuito. L’87% degli studenti
fino a 15 anni frequenta una
scuola «influenzata» dalla
grande industria.
da Berlino
ROBERTO GIARDINA
S
ulle copertine dei miei
quaderni alle elementari si illustrava la
«storia del pane», dalle spighe dorate alle pagnotte
sfornate dal fornaio. O seguivo
la «strada del latte» dai pascoli
alpini, fiabeschi visti dalla mia
Palermo, alla bottiglia del lattaio. Oggi, leggo, molti bambini
credono che il latte nasca direttamente in tetrapack, o che
i polli abbiano sei cosce come
nelle confezioni dei supermarket. Sospetto che i quaderni in
cui imparavo a scrivere, prima
a matita poi con pennini che
schizzavano inchiostro, venissero da fondi di magazzini
dell’era fascista. Il materiale
scolastico non abbondava nel
dopoguerra. Neanche nella
scuola di mia nipote, ma per
altre ragioni.
La scuola tedesca ha più
fondi della nostra ma, a quanto pare, non abbastanza. E intervengono le industrie, con
doni e sponsorizzazioni. Niente
di male, pensavo, se la Daimler
regala computer ai ragazzini,
invece di comprare giocatori di
calcio per far vincere lo scudetto allo Stoccarda. Mi sbaglia-
Il cioccolato rende felici
vo. Der Spiegel denuncia: «Die
gekaufte Schule», la scuola
comprata. Le industrie approfittano dello stato di necessità
delle scuole per influenzare le
menti dei bambini attraverso il
materiale scolastico. Gli scolari
utilizzano materiale unilaterale o incompleto.
«La scienza ha dimostrato
che la cioccolata rende felici», si
legge in un libro delle elementari che illustra la strada dalle
piante di cacao alle tavolette
avvolte nella carta stagnola. E’
trascorso mezzo secolo, anzi di
più, ma lo stile è rimasto quello
dei miei quaderni. E’ vero, la
cioccolata stimola la seroto-
nina, considerata «l’ormone
del benessere». Mozart ne
era goloso, e forse per questo
compose un capolavoro come
il Don Giovanni. Si dovrebbe
aggiungere, che è una droga. Chi ne abusa ingrassa,
rischia il diabete, e la carie.
Il manuale scolastico è stato
finanziato dalla Ritter che,
appunto, vende cioccolata.
Il messaggio giunge in
forma anche indiretta. Nelle
tavole da colorare, si trovano
immagini di polli negli allevamenti intensivi, o stalle di
maiali costretti a vivere sul
cemento in spazi angusti.
Questa è la realtà presentata dai grandi allevatori
insensibili alle proteste degli
animalisti. L’ associazione dei
costruttori d’auto sponsorizza una pubblicazione in cui si
assicura che «il controllo sui
gas di scarico rende possibile
la mobilità senza inquinare
l’ambiente». Non proprio, o
non del tutto, si scopre dopo
lo scandalo della Volkswagen.
Ma, probabilmente, anche gli
scolari guardano il telegiornale, e avranno qualche dubbio.
O cominceranno a dubitare
di tutto quello che insegna la
maestra? Sulle venti più forti imprese tedesche, denuncia
L’associazione delle
agenzie di pubblicità, cerca di migliorare la competenza dei ragazzini per gli spot.
Non per decifrare e prendere
le distanze dal messaggio
pubblicitario, ma per diventare esperti nella creazione
degli slogan. «Ich als Werbestar», è il titolo di un videogioco distribuito nelle scuole,
«io star della pubblicità». Gli
insegnanti possono organizzare gare tra i bambini, e
vince chi riesce a sviluppare la migliore campagna. La
metà delle scuole ha richiesto
il materiale «Augen auf Werbung», occhio sulla pubblicità. Il sociologo Engartner
si indigna: «La scuola viene
degradata a superficie pubblicitaria». Si indottrinano i
bambini perché diventino i
pubblicitari di domani. Una
specializzazione con un futuro. Il ministero della pubblica
istruzione non si allarma, e
non cerca di limitare l’influenza delle industrie.
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I DUE CONTENDENTI HANNO SEMPRE MENO MEZZI. SI TRATTA MEGLIO
Il presidente Putin, impegnato a bombardare i terroristi
dell’Isis in Siria, sta mollando la presa sull’Ucraina
DI
Russia ora li abbandoni, mentre tra
i volontari di Kiev è scemata l’aura
di eroismo patriottico che una volta
teneva su il morale e comincia perfino a serpeggiare il sospetto che il loro
governo li abbia in qualche modo traditi. Colpi di testa «autonomi» da militari irrequieti da ambe le parti sono
dunque ancora possibili. L’economia
ucraina, un po’ a sorpresa, dà deboli segni di sopravvivenza. Il budget
dello stato è leggermente in positivo
(un miracolo della contabilità) e la
Banca mondiale prevede un ritorno
alla crescita per il 2016, per quanto
solo sull’ordine dell’1%.
JAMES HANSEN
Q
uando la Russia ha cominciato i suoi raid aerei sulla Siria
il 30 di settembre, l’Ucraina
era ancora in cima alla lista
delle preoccupazioni della diplomazia internazionale, specialmente per
gli echi della Guerra Fredda che la
crisi pareva rievocare. Si temeva che
l’acuirsi del contrasto siriano tra i
russi da una parte e gli americani e
i loro alleati europei dall’altra potesse
generare effetti negativi per le prospettive di pace nel paese.
Non è successo niente di tutto ciò.
L’Ucraina e suoi guai sono sempre lì,
ma non sembrano ormai importare
molto a nessuno, nemmeno ai russi,
che ora sono impegnati nella tremenda fatica di mantenere il ritmo
della guerra aerea in Siria contro gli
oppositori di Assad. Infatti, ad analizzare i dati forniti dal ministero della
difesa russo, ci si accorge che, mentre
fino a poche settimane fa, le missioni
d’attacco condotte dalle forze aeree
di Mosca arrivavano anche a 88 al
giorno, la cadenza è ormai scesa a
55 sortite quotidiane, probabilmente per problemi di logistica e d’usura
umana.
Il disinteresse generale per
l’Ucraina è forse un segno positivo. Il fatto di non coinvolgere più la
«Giù le mani dall’Ucraina»: gli slogan indirizzati a Putin che nel frattempo
ha rivolto la sua attenzione militare ai bombardamenti contro l’Isis, in Siria
«faccia» delle parti che sponsorizzano
il conflitto potrebbe agevolare il raggiungimento di un accordo, almeno
tacito, per cominciare a sanare la
ferita. La poca attenzione è anche
un segno di stanchezza. Le guerre
costano, molto, e non solo in soldi.
C’è un prezzo da pagare pure in termini dell’effetto sulle economie, sugli
uomini, sui mezzi e sulla disponibilità strategica di muoversi su altre
scacchiere.
Così, l’impegno di Mosca in Siria
ha distolto non solo l’attenzione oc-
cidentale dall’Ucraina, ma anche
quella russa. Entrambe le parti in
causa nel Donbas (Kiev e i separatisti
filo-russi) hanno cominciato a ritirare l’artiglieria pesante. Scontri quotidiani e bombardamenti sono quasi
cessati. Per sfinimento più che altro,
l’accordo «Minsk II» per il cessate il
fuoco comincia a essere rispettato nei
fatti.
Non è scoppiata la pace. La
gioia e l’amore fraterno scarseggiano. I separatisti temono molto che la
Resta soprattutto aperta la
questione del destino del Donbas,
la (una volta) ricca regione industriale e mineraria al confine est del
paese, contesa tra le truppe di Kiev
e i separatisti appoggiati da Mosca.
Stefan Hedlund, un esperto di affari russi all’università di Uppsala,
riferisce che la devastazione del tessuto produttivo del Donbas è tale che
c’è chi a Kiev propone semplicemente
di regalarlo alla Russia, di modo che
tocchi ai nemici pagare il conto per
rimetterlo in sesto. I cinici occidentali, che calcolavano di lasciare i russi
impantanati in una costosissima palude, potrebbero non dispiacersene
più di tanto.
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